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Le età e i limiti della filosofia

«Filosofia» è una parola greca che significa «amore di sapienza». Nell'Atene del 5º sec. a.C. essa divenne un termine tecnico per indicare una determinata attività di ricerca intellettuale, la cui tradizione è continuata nella cultura europea fino ai giorni nostri. Dare una definizione universale della filosofia è impossibile: il modo d'intenderla ha subìto nei secoli o anche nei diversi filosofi tra loro contemporanei oscillazioni molto ampie. Spesso c'è stato accordo nel considerare la ricerca filosofica come quella che, diretta verso ogni possibile campo d'indagine (la natura, l'uomo, la morale), tenta di stabilirne in modo critico i fondamenti, ma anche a questo riguardo ci sono numerose eccezioni da registrare. Ciò che rende unitaria la filosofia è dunque soprattutto la sua storia: il fatto cioè che si tratta di un'unica tradizione ininterrotta, in cui in ogni epoca sono stati raccolti e ripensati i problemi che si percepivano ancora aperti e irrisolti. La storia della filosofia si incrocia dunque inevitabilmente con la storia della società e di tutte le sue espressioni culturali: religione, politica, arte. 

Il legame con l'esperienza religiosa nelle sue diverse forme è uno dei criteri in base ai quali suddividere i due millenni e mezzo di storia della filosofia. È possibile così anzitutto individuare un'età greca, sotto il segno di una fusione tra istanze razionali e mistiche tipica della religiosità appunto greca; un'età fortemente caratterizzata dall'ingresso dei tre monoteismi (ebraismo, cristianesimo, islam) nella scena culturale occidentale, con la loro nuova attenzione al significato della storia; un'età «moderna» inaugurata dal desiderio di un confronto critico con la propria tradizione, che raggiunge il culmine nella riforma protestante; e infine l'epoca «contemporanea», in cui il grande sogno di un reciproco assorbimento tra religione e filosofia si frantuma sui temi della fragilità esistenziale e dei fallimenti della storia. Altri criteri potrebbero essere seguìti: ma in ogni caso è importante osservare come la filosofia non abbia creato dal proprio interno i problemi e i materiali per la riflessione, ma piuttosto abbia raccolto lo spirito della propria epoca, a volte forse assolutizzandolo, ma più spesso verificandolo in maniera critica. 

Le culture non occidentali (numericamente di gran lunga prevalenti nell'umanità del passato e di oggi) non saranno prese in considerazione, pur avendo anche loro, nel passato e nel presente, una loro «filosofia», cioè un modo di porre in maniera critica il problema dell'uomo e del mondo. Ma anche la storia della filosofia occidentale al suo interno è limitata ed estremamente discriminante: il caso più notevole è costituito dalle voci femminili, che sono rarissime e per lo più ovviamente nell'età contemporanea. Questa situazione solleva domande molto gravi sulla capacità che ha avuto la «filosofia» cominciata nell'Atene di due millenni e mezzo fa di dare voce ad esperienze esistenziali e storiche diverse dalla propria. È lecito anche il sospetto che proprio la filosofia, pure se nata sotto il segno del «dialogo», abbia contribuito a perpetuare varianti di monologo. Si tratta di temi oggi molto sentiti, ma la cui discussione non può prescindere dalla conoscenza della propria storia, da una riflessione sui suoi limiti e sulle potenzialità ancora inespresse.  

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Acquarello rappresentante un panorama stilizzato di città in colori verdi e azzurri.

Paul Klee [p] (1879-1940), Città di sogno. Sempre sulla soglia dell'astrattismo senza mai varcarla, al crocevia delle più feconde correnti artistiche dei primi decenni del Novecento, lo svizzero Paul Klee sintetizzò la sua estetica nella celebre dichiarazione: «L'arte non deve rappresentare il visibile, ma rendere visibile l'invisibile». Appassionato di musica oltre che di pittura, Klee produsse opere in cui una grande gamma di sentimenti viene tradotta in opere (spesso acquarelli) piene di ordinata semplicità.

L'arte di Paul Klee rappresenta in questo modo un ideale per il discorso filosofico: non una fuga dal mondo, ma il tentativo di guardare in modo nuovo la realtà per poterla trasformare grazie al dialogo tra gli uomini.


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