Metafisica e fenomeno religioso

1. Una parola sullo spirito dell’«evento»

Ci piace apprendere dagli occhi del prof. P. Gilbert come è nato il desiderio di approfondire il tema del fenomeno religioso, magari con un evento che radunasse gli interessati. Gilbert racconta di un evento filosofico in Brasile,1 con cui ha preso parte insieme ad altri amici ed ex studenti brasiliani e ai professori João A. MacDowell, Ibraim Vitor de Oliveira ed Evanildo Costeski, i quali successivamente gli hanno fatto un omaggio.2 Uno di loro, il prof. MacDowell, nel suo testo di omaggio, ha domandato il motivo per il quale Gilbert non aveva ancora affrontato direttamente la questione del fenomeno religioso.3

Da questa «pro-vocazione» del prof. Mac Dowell cominciamo a pensare a un evento sul tema «Metafisica e fenomeno religioso». In altre parole, possiamo dire che la provocazione pervenuta dal Brasile è stata accolta da Gilbert il quale, a sua volta, l’ha consegnata al gruppo di studio Spostamenti filosofici4 come stimolo a una riflessione collettiva sull’argomento. Con l’intenzione di portare avanti la riflessione e anche di re-invitare il prof. Gilbert a donare una parola a riguardo, si è organizzato l’evento da cui nascono i testi del presente dossier.

Possiamo spiegare lo spirito dell’evento attraverso la parola dello stesso Gilbert. Un giorno al gruppo di studio, nel suo silenzio che indica la «semplicità del principio», ha affermato: «vedo la nascita di una vera Ereignis!». Forse, questa è la parola giusta per esprimere lo spirito che ha radunato i ricercatori in filosofia nella riflessione sul tema in questione.

Pertanto, dinanzi allo «spostamento» della «pro-vocazione» – dal Brasile a Roma – sarebbe ancora accettabile l’idea di Heidegger secondo la quale la filosofia si presenta come «filosofia di un popolo», cioè, per i greci e i tedeschi?5 Noi invece, scherzosamente, diciamo che anche con la lingua portoghese si pensa e si fa filosofia, benché questa venga spesso collegata alla letteratura e alla musica. Come si può vedere negli articoli, i relatori hanno tradotto i loro testi e l’evento ha radunato ricercatori di altri paesi: così abbiamo vissuto un’esperienza di Ereignis come l’aveva intravista Gilbert.

2. Pensare altrimenti: mistica, fenomeno e frontiera

Il tema «Metafisica e fenomeno religioso» è stato affrontato con la partecipazione dei professori Ibraim Vitor de Oliveira (PUC Minas) con la domanda «Pensare altrimenti? Nietzsche e Heidegger», Evanildo Costeski (UFC) con il tema «La questione religiosa in E. Weil», e anche Paul Gilbert (PUG) con il tema «Il fenomeno religioso secondo J. L. Marion».

Resta a noi ancora una domanda: come parlare di Dio senza la propria esperienza religiosa? Ma come viene dato questo «fenomeno»?

Come sappiamo, i concetti tendono a limitare, ma la ragione continua a spingerci verso il grande mare dei pensieri, come anche intende Kant, riguardo all’idea di «Dio». La ragione stessa ci mette in crisi e ci prova a fare un’esperienza originaria, anche se questa viene chiamata intuizione a modo fenomenologico. E allora, forse possiamo assumere la distinzione kantiana tra «limite» e «confine»:

Un limite (negli esseri stessi) presuppone sempre uno spazio che è al di là d’una certa superficie determinata e la include in sé; il confine non ha bisogno di questo, ma è una pura negazione che affetta una grandezza, in quanto essa non è una totalità assoluta e perfetta. Ora la nostra ragione vede in certo modo intorno a sé uno spazio per la conoscenza delle cose in sé, sebbene non possa mai averne concetti determinati e sia puramente limitati ai fenomeni.6

Lo scopo della tematica dell’evento è stato quello di toccare questo «confine». La domanda allora sembra essere quella di capire se nel «confine» vi è un senso pedagogico riguardo all’esperienza più originaria di apertura alla stessa «fede/credenza» (Glaube) che non si riduce al «limite» dello stesso fenomeno «religioso». Sembra infatti che vi è una tensione tra il visibile del fenomeno che si mostra e ciò che rimane nella sua invisibilità, e si direbbe alla maniera kantiana che ciò che mantiene oltre l’esperienza rimane noumenico.

Husserl anche nel § 24 delle Idee per una fenomenologia pura ha affermato l’intuizione originaria, ma aggiungendo che questa si dà dentro i «limiti» dei fenomeni: «che ogni intuizione originalmente offerente è una sorgente legittima di conoscenza, che tutto ciò che si dà originalmente nell’“intuizione” [Intuition] (per così dire in carne e ossa) è da assumere come esso si dà, ma anche soltanto nei limiti in cui si dà».7

A partire da questi due riferimenti, Kant e Husserl, possiamo riprendere l’argomento dell’evento a Roma che ha messo in rilievo la tematica non solo in modo teoretico, ma ha cercato anche di collegarla con la praxis di vita. Come si può vedere negli articoli, la riflessione filosofica è stata quella di uno sguardo intrecciato tra la filosofia e la «mistica popolare» spinta dalla praxis di vita, come spesso accade nell’esperienza latino-americana. A nostro avviso, la «mistica» qui è intesa come abbandono dei concetti meramente linguistici e come sforzo di un «salto» in un discorso capace di accennare «Dio», anche a modo di un «a-Dio».

I popoli fanno infatti la loro stessa esperienza religiosa. Questa scoperta più originaria è quella che viene chiamata qui mistica «popolare» e che ci spinge a dire Dio «in un altro modo che essere», un’esperienza al di là del Dio freddo dei concetti, ma con consapevolezza. Ciò non significa cadere nell’irrazionalismo, ma vuol dire anche uno sforzo di fare l’esperienza di un «Dio» che è «in-carne», al di là di un pensiero che si chiude nella sopravvalutazione della stessa natura umana e che svaluta l’apertura alla trascendenza dell’umano stesso. Perciò, il «mistico» del popolare è «ciò che dà a pensare», ma c’è anche un’incidenza sulla prassi politica e morale, come si può vedere nei testi di questo dossier. La prassi, profondamente stimolata dalla filosofia e supportata dall’atteggiamento sensibile del «mistico» popolare, rende possibile il dialogo tra la filosofia stessa e le religioni. Così, la secolarizzazione perde il suo carattere negativo e diventa un luogo di responsabilità.

Abbiamo la gioia di presentare qui i testi di questi professori, ma soprattutto loro stessi che non solo hanno attraversato l’Oceano Atlantico, alcuni forse le Alpi, ma ci fanno anche guardare il «terzo margine», a pensare altrimenti. L’Italia è diventata un luogo di incontro! Siamo stati invitati a spostarci nel tempo e nello spazio. Ma questo spostamento rischia di rimanere a livello meramente teoretico se non viene posta la domanda: oltre il «fenomeno» religioso, chi siamo «noi»?

3. Chi siamo?

Qui il «fenomeno» tocca ognuno di noi. Chi siamo?8 Chi è questo che domanda? Siamo «di-frontiera», coloro che pensano a partire dal «con-fine»9 nel «dif-ferire» e nel «far-fronte» della relazione con l’«altro», che presuppone alterità e non barriere, perciò già al di là – spostamento.

Anche il poeta ci interpella ad un vero spostamento! A titolo illustrativo, possiamo far riferimento al nostro poeta brasiliano del Grande Sertão Veredas che ci fa pensare alla «terza riva»:

Il nostro padre non è tornato. Non era andato da nessuna parte. Ha solo eseguito l’invenzione di rimanere in quegli spazi del fiume, da metà a metà, sempre all’interno della barca [canoa], per non saltare mai più. La stranezza di questa verità ha fatto terrorizzare la gente. Ciò che non era mai successo, succedeva. I nostri parenti, vicini e conoscenti si sono riuniti insieme, hanno preso consiglio insieme.10

Fino a qui si ha a che fare con la ragione, ma già al di là… perché anche noi siamo nella frontiera! Stiamo attraversando le «barriere» (Schranke) e cercando di lasciarci abitare dalla «stranezza» che ci raduna. Siamo in rete, nel «dif-ferire», ma verso una certa unità. Per ricordare Aristotele: l’essere si dice in vari modi, ma in rapporto ad un’unità.11

4. Una parola di ringraziamento

Prima di tutto, vogliamo ringraziare il professore Paul Gilbert al quale facciamo anche il nostro omaggio, condividendo qualcosa su di lui: per noi, Gilbert è un uomo dall’intuizione originaria, anche se lui non è solo intuizione, è «semplicità del principio», donazione per eccellenza. Sempre cercando la parola…, l’origine, il senso verso l’unità a partire da un «altro inizio». Vogliamo fare nostra la frase di Salomon Malka, nell’opera Lévinas: la vie et la trace, il quale citando Lévinas e facendo riferimento a Husserl – il suo maestro – afferma: «Non si separa un insegnamento ricevuto da un volto che è stato l’interlocutore necessario».12

Il nostro grazie agli amici brasiliani del Pontificio Collegio Pio Brasiliano nella persona del suo Rettore, Rev. Geraldo dos Reis Maia per aver dato ospitalità all’evento e soprattutto per aver permesso ai ricercatori e agli studenti di filosofia ore splendide nel momento in cui si sono proposti di pensare metafisica, fenomenologia e religione in un altro modo.

Ringraziamo i professori Ibraim ed Evanildo che sono stati i relatori dell’evento a Roma da cui è nato questo dossier che vi presentiamo.

Un grazie particolare al caro prof. Emilio Baccarini, direttore della rivista elettronica Dialegesthai del Dipartimento di Studi letterari, filosofici e di storia dell’arte presso l’Università di Roma Tor Vergata, in cui abbiamo trovato ospitalità per questi testi del secondo giorno del nostro evento a Roma.


  1. Si tratta del «IV Simpósio internacional sobre metafísica e filosofia contemporânea», organizzato dalla Pontificia Università Cattolica di Minas Gerais (Puc-Minas), a Belo Horizonte, Brasile nel 2013. ↩︎

  2. Si veda: «Dossiê: A permanência da metafísica. Homenagem a Paul Gilbert» che si trova nella rivista Argumentos. Revista de filosofia, ano 8, vol. 15, 2016. ↩︎

  3. «O tema é fugidio, porque Gilbert, a meu conhecimento, hesita em abordar sistematicamente essa questão nas suas publicações» (J.A. Mac Dowell, «A questão de Deus no pensamento de Paul Gilbert», in Argumentos. Revista de filosofia, ano 8, vol. 15, 2016, pp.145-158). ↩︎

  4. Cf. http://www.spostamentifilosofici.com↩︎

  5. Cf. M. Heidegger, Contributi alla filosofia, Adelphi, Milano 2007, §15, pp. 68-69. ↩︎

  6. I. Kant, Prolegomeni ad ogni metafisica futura, P. Martinelli, ed., Rusconi, Milano 1995, §57, p. 221. Anche se le traduzioni tendono a tradurre Grenze come «limite» e «Schranke» come «confine», noi capiamo Grenze come «confine» o «frontiera», e Schranke come «limite» o «barriera». A nostro avviso, il «confine» porta in sé tanto il «limite» quanto la «differenza» come «apertura» delle frontiere. ↩︎

  7. E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura, I, Einaudi, Torino 2002, pp. 52-53. ↩︎

  8. Cf. M. Heidegger, Contributi alla filosofia, cit., § 19, p. 73. ↩︎

  9. Cum finis, cioè, «avere il limite in comune» nel «con-fronto» della relazione con l’altro. ↩︎

  10.  «Nosso pai não voltou. Ele não tinha ido a nenhuma parte. Só executava a invenção de se permanecer naqueles espaços do rio, de meio a meio, sempre dentro da canoa, para dela não saltar, nunca mais. A estranheza dessa verdade deu para estarrecer de todo a gente. Aquilo que não havia, acontecia. Os parentes, vizinhos e conhecidos nossos, se reuniram, tomaram juntamente conselho» (J.G. Rosa, «A terceira margem do rio», in Primeiras estórias, Nova Fronteira, Rio de Janeiro 1988, 33). ↩︎

  11. Cf. Aristotele, Metafisica, a cura di G. Reale, Bompiani, Milano 2016, IV, 2, 1003a30-35. ↩︎

  12. «On ne sépare pas un enseignement reçu d’un visage qui a été l’interlocuteur nécessaire» (S. Malka, Lévinas, la vie et la trace, Albin Michel, Paris 2005, 15). ↩︎