Il giovane Scheler e l’epistemologia

1. Introduzione. Un tema da indagare

Quella epistemologica è una dimensione poco esplorata della riflessione filosofica giovanile di Max Scheler (1874-1928) la quale precede l’adesione all’orientamento di ricerca della fenomenologia databile fra il 1907 ed il 1908-1909.1 La prima produzione d’interesse filosofico dell’autore è compresa nell’arco temporale che va dal 1899 al 1906: dalla pubblicazione cioè della tesi di dottorato Beiträge zur festellung der Beziehungen zwischen den logischen und ethischen Prinzipien,2 discussa due anni prima presso la facoltà di filosofia dell’Università di Jena sotto la supervisione di R. Eucken (1846-1926), al 1906, anno in cui Scheler si trasferisce da Jena a Monaco e prosegue nell’ateneo della città natale bavarese la carriera di libero docente iniziata a Jena.3 Risale al 1906 il ritiro dalle stampe del primo libro della Logik, un’opera sulla logica d’impostazione neocriticista, come si vedrà specificamente marburghese, organizzata in due volumi nell’intenzione originaria dell’autore.4 Un primo approfondimento del tema epistemologico è rintracciabile già nei Beiträge. Significativamente, dal successivo scritto di abilitazione Versuch über die philosophische Methode (1899), pubblicato nel 1900 con il titolo Die transzendentale und die psycologische Methode,5 alla Logik il tema acquista via, via sempre maggiore centralità nella riflessione giovanile dell’autore: quest’evoluzione testimonia il progressivo intensificarsi del confronto teorico stabilito dal promettente allievo di Eucken con il contemporaneo neocriticismo che, come noto, all’epistemologia riserva grande attenzione. Le lezioni tenute da Scheler a Jena prima del trasferimento a Monaco confermano l’interesse maturato per questioni epistemologiche.6

Un percorso di studio incentrato sul tema epistemologico può fornire dunque una chiave di lettura interessante dei primi scritti scheleriani, utile per portarne alla luce, in una prospettiva analitica di tipo storiografico, le principali fonti e alcuni fra i temi più rilevanti affrontati. Prima di avviare la ricostruzione dell’epistemologia nel giovane Scheler mi sembra opportuno chiarire che cosa intendo qui per «epistemologia»: intendo quella disciplina filosofica e logica interessata allo studio dei metodi della conoscenza scientifica, vale a dire di quei metodi che garantiscono un valore di scientificità alla conoscenza. L’epistemologia, in questo senso, non è filosofia della conoscenza, cioè «gnoseologia», che indaga infatti la conoscenza in generale anche nelle sue basi psicologiche nella mente umana. Non è neppure metalogica e metamatematica, discipline che studiano i fondamenti della logica e della matematica «quindi nozioni semantiche come la “coerenza” o la “verità” dei linguaggi formali».7

L’articolo ha la seguente struttura: nei §§ 2-4 si presenterà l’epistemologia del giovane Scheler a partire dai tre scritti in cui il tema è trattato più approfonditamente, vale a dire i Beiträge (§ 2), lo scritto sul metodo (§ 3) e il frammento superstite del primo libro della Logik (§ 3). Conclusivamente (§ 5), si traccerà, nelle sue linee fondamentali, lo sviluppo del tema epistemologico nella prima e l’ultima filosofia fenomenologica dell’autore.

2. L’epistemologia nei Beiträge

Come anticipato in sede introduttiva, Scheler tratta del tipo di conoscenza messa in atto nelle scienze già nei Beiträge, lo scritto con cui consegue nel dicembre del 1897 il titolo di dottore in filosofia magna cum laude. I Beiträge sono un’opera influenzata dalla prima filosofia critica dei valori di W. Windelband (1848-1915):8 per Windelband e per il giovane Scheler suo seguace, «valore» non è un oggetto assiologicamente qualificato, ma un principio extra-categoriale, il «valere» (gelten), preordinato alle stesse forme o categorie predicative. «Principio» è qui un apriori sintetico puramente concettuale della coscienza giudicante («normativa»), il quale struttura i tre fondamentali giudizi logico, etico ed estetico, nei quali l’oggettività ─ rispettivamente logica, etica ed estetica ─ conosce espressione tematica. Scheler indica in H. Lotze (1817-1881) un’altra fonte della propria filosofia critica dei valori.9 Nella sezione sistematica dell’opera è centrale infatti un tema estraneo al primo Windelband, rintracciato dal Nostro in Lotze:10 il tema di un’indagine trascendentale dell’esperienza soggettiva (erleben) del valere, articolata, in particolare, come indagine genetica. Come studio, cioè, di formazioni generali (Allgemeinvorstellungen; Allgemeingefühle) astratte da processi psico-genetici effettivi, concreti (lebendige Synthese), formazioni che Scheler pone alla base delle attività di sintesi oggettiva della coscienza giudicante.11 Nei Beiträge sono indagate alla luce di quella che indicherei come una «psicologia genetica trascendentale» solo due attività di sintesi, la sintesi logica (urteilen) e quella assiologica (werten): in riferimento alla principale questione sollevata nell’opera, la questione cioè dei rapporti fra valori etici e logici, Scheler conclude ad una netta distinzione fra Urteil e Wertung entro uno stringente confronto critico con l’opera di C. Sigwart (1830-1904).12 Sull’aspetto di psicologia genetica trascendentale dei Beiträge influisce, oltre a Lotze, anche il neoidealismo spiritualista di Eucken con, in particolare, l’idea di «spirito» (Geist) come unità diveniente passibile di concrezione e differenziazione storica in «sistemi di vita» spirituale.13 A prescindere dalla figura di Windelband, questo aspetto è certo estraneo all’interpretazione neocriticista della filosofia trascendentale: infatti, benché molto diversificati fra di loro, i percorsi interni al neocriticismo tedesco di fine Ottocento ed inizio Novecento conoscono un’unità programmatica di fondo nel modo di intendere il «ritorno a Kant», in sostanza il ritorno alla distinzione analitico vs sintetico, dopo la parentesi dell’idealismo classico tedesco.14 Volendo semplificare al massimo, quest’unità riguarda non solo un comune rifiuto delle interpretazioni fisiologica e psicologica dell’apriori sintetico proposta da autori neokantiani quali F.A. Lange (1828-1875), E. Zeller (1814-1908) e H. von Helmholtz (1821-1894),15 ma anche una comune fondazione della conoscenza, dell’etica e dell’estetica ─ nonché, infine, della cultura in toto ─ sull’unico apriori sintetico dei principi.16 Come si è visto, il giovane Scheler individua invece un livello dell’apriori non puramente concettuale.

Riguardo al tema dell’epistemologia i rappresentanti del neocriticismo tedesco condividono un programma di studio critico della conoscenza scientifica che concerne, in particolare, le scienze matematiche e le scienze matematizzate fisico-naturali. È noto infatti come un’epistemologia critica delle scienze storiche, di quelle umane e culturali, nei suoi aspetti di continuità-distinzione rispetto all’epistemologia delle scienze matematiche e fisico-naturali, venga elaborata quasi esclusivamente dalla scuola sud-occidentale del Baden. Il programma epistemologico neocriticista tenta di adeguare il metodo critico di origine kantiana agli avanzamenti della scienza (all’epoca) contemporanea in campi fondamentali come l’aritmetica, con gli sviluppi in teoria dei numeri, la geometria, con la scoperta delle geometrie non-Euclidee, la meccanica, con la nascita della meccanica quantistica e la fisica fondamentale dello spazio-tempo, con le teorie della relatività generale e speciale: a seguito di questi avanzamenti la nozione tradizionale, quella cioè kantiana, di «apriori sintetico» entra in crisi.17 In generale, i rappresentanti delle scuole neocriticiste del Baden e di Marburgo propongono una ripresa del criticismo reinterpretando in termini strettamente formali l’apriori sintetico, individuato nei principi del pensiero puro: questo apriori formale consente di interpretare, nella sua natura non più matematica ma logico-matematica, la legalità naturale nella nuova scienza non-classica a fondamento ipotetico-deduttivo dove le teorie scientifiche interpretano sistemi formali assiomatici .18

Scheler, che come si è visto nei Beiträge abbozza una teoria dell’apriori non puramente formale ─ se paragonata con quella dei neocriticisti ─, non mostra di comprendere il nuovo significato di «legge di natura» problematizzato invece dai rappresentanti del neokantismo del Baden e di Marburgo. Un confronto testuale mi pare aiuti a chiarire la distanza del Nostro dallo stesso Windelband, fonte privilegiata della prima opera scheleriana.

Nel saggio del 1884 Normen und Naturgesetze Windelband espone in modo molto chiaro il «cuore» teorico della propria epistemologia critica: la regolarità nella successione dei rapporti fra fenomeni naturali è un postulato, un «assioma di intellegibilità della natura» assunto per un «bisogno» di spiegazione razionale degli eventi/processi reali. È sul «voler sapere», su un’istanza cioè pratica, che si basa allora la spiegazione scientifica nel suo nuovo fondamento ipotetico:

Come in generale il principio della legalità causale non è altro che l’espressione assertoria per il nostro postulato di spiegazione, niente altro che «l’assioma di intellegibilità della natura» (Axiom der Begreiflichkeit der Natur ─ ndr), così anche l’uso particolare che ne facciamo – nelle scienze, come nella vita pratica – all’interno dell’ambito dell’attività psichica, è solamente un prodotto di questo nostro bisogno, derivare (abzuleiten ─ ndr) il particolare dal generale e vedere in questo generale la forza che determina l’individuale.19

Nella citazione è il verbo «ableiten» ad esprimere la «deduzione» del particolare dal generale tipica della scienza nomologica dove si stabiliscono, anzitutto, le condizioni formali che determinano l’esistenza in senso logico dell’oggetto, la sua appartenenza cioè ad una classe di predicazione. Nelle scienze fisico-naturali che indagano eventi/processi reali, per es. stati/processi psichici effettivi nel caso della psicologia scientifica a cui Windelband fa riferimento nel passo citato, segue a questa fase semantico-formale una fase osservativo-sperimentale: procedure di manipolazione empirica rendono allora possibile, date preliminari operazioni di misura, la deduzione/predizione del singolo evento/processo reale. Windelband, come in generale tutti i rappresentanti del neocriticismo, si attestano su una posizione anti-realista nell’interpretazione degli osservativi e dell’oggetto scientifico. I termini non-teorici di una teoria scientifica, per l’appunto gli «osservativi», così come gli oggetti che li istanziano sono ritenuti essere «costituiti» logicamente. Si può parlare in questo caso di «idealismo scientifico» in quanto è l’attività prescrittiva, «legiferante» del pensiero ad essere indicata quale fondamento della struttura cosmica, della regolarità cioè che identifica i fenomeni naturali.

Il giovane Scheler dei Beiträge identifica spiegazione scientifica e spiegazione causale, un’identificazione lecita solo nel contesto della scienza classica: nella scienza non-classica, post-riemanniana i processi causali reali sono infatti mere instances di variabili misurate in sistemi assiomatici di calcolo. Per il Nostro invece «nessuna proposizione gode di un riconoscimento più generale all’interno di tutti i settori della scienza che la proposizione: la scienza ha per fine la conoscenza dell’essere».20

Polemizzando con Sigwart e la sua difesa del «concetto di scopo» (Zweckbegriff) in scienza, Scheler argomenta a favore dell’eliminazione dei finalismi nella spiegazione scientifica: mi sembra che qui agisca l’influsso decisivo di Eucken e della sua concezione strettamente meccanicista del cosmo extra-spirituale.21 Articolato in questi termini, al contempo ingenui e radicali, il meccanicismo non si rintraccia infatti nelle altre due fonti principali dei Beiträge, i neocriticisti, da un lato, Lotze, dall’altro.22 Il giovane Scheler critica sulle suddette basi i sostenitori della teoria dell’evoluzione: «il pensiero dell’evoluzione non è in particolare alcun risultato della scienza esatta, ma un risultato della proiezione di certe suggestioni storiche e sociali su una serie di conoscenze esatte come tali altamente stimabili».23 Fornisce infine uno spaccato dello stato della ricerca nei principali ambiti della scienza (all’epoca) contemporanea il quale, a suo parere, dimostra come la teleologia non sia in scienza un principio euristico bensì un principio pre-euristico: un principio, cioè, non di soluzione ma di posizione degli stessi problemi scientifici.24

3. L’epistemologia in Die transzendentale und die psycologische Methode

Nel terzo scritto pubblicato,25 la tesi cioè di abilitazione edita nel 1900 con il titolo Die transzendentale und die psycologische Methode, il giovane Scheler supera l’ingenuità d’approccio ai temi epistemologici che contraddistingue i Beiträge. Lo scritto si prefigge come obbiettivo principale una presentazione ed una critica del metodo trascendentale e del metodo psicologico svolte alla luce del metodo noologico del maestro Eucken. Questo metodo consente un’indagine di scienza, morale, arte e cultura come espressioni spirituali. Secondo il giovane Scheler, il metodo noologico esprime una sintesi costruttiva delle due suddette soluzioni metodologiche, dominanti nell’allora contemporaneo contesto della filosofia accademica tedesca.26

I passaggi del testo più rilevanti ai fini della mia proposta interpretativa sono contenuti nell’Introduzione e nelle Parti speciali del secondo capitolo, dedicato all’esposizione e alla critica del metodo trascendentale. Qui, infatti, l’autore introduce alcune specifiche questioni epistemologiche, come per es. il rapporto fra metodologia scientifica generale e metodologie particolari delle singole discipline, i mutamenti di paradigma teorico nella storia delle scienze, il problema della complessità dell’oggetto scientifico e della connessa esigenza di adottare un approccio alla ricerca di tipo interdisciplinare.27 A monte di questi nuovi, più circoscritti interessi va a mio avviso ravvisato un mutamento nell’impostazione di fondo della prima epistemologia scheleriana. Come chiarisce il seguente passo, dove Scheler mostra una consapevolezza in precedenza assente riguardi agli sviluppi neocriticisti dell’analisi trascendentale.

Il punto di partenza del metodo trascendentale per questo problema è il sistema di giudizi contenuti nella scienza geometrica. Esso costituisce, finché il metodo non rinuncia alla sua unità, il suo unico punto di partenza. Né il metodo psicologico-trascendentale, come lo troviamo in Kant, né il metodo che Kant propone nella sua discussione dei principi antinomici dello spazio stanno a disposizione del metodo trascendentale […] Se ci sia qualcosa che corrisponda effettivamente a questo concetto ricavato per reductionem, o al di fuori o all’interno della coscienza umana, è una questione che non è risolta con il concetto stesso.28

La critica al «realismo concettuale» con cui si chiude la citazione è critica a quello che in precedenza ho chiamato idealismo scientifico: Scheler rifiuta la costituzione logica degli osservativi e dell’oggetto scientifico. Il «regresso» ai principi logici realizzabile in base al metodo critico non esaurisce così per lui il compito dell’epistemologo, dal momento che i fenomeni naturali non hanno uno status puramente logico.

Esponendo la sua «critica del metodo trascendentale» Scheler insiste sull’importanza di una contestualizzazione storica e socio-culturale dei risultati scientifici, la quale diventa possibile per l’epistemologo solo qualora egli presti attenzione anche al lato soggettivo, vissuto dell’esperienza dell’uomo di scienza, non solo al lato oggettivo osservativo-sperimentale dell’esperienza in senso stretto scientifica.29 I principi logici che strutturano la componente teorica logico-matematica delle teorie scientifiche non vanno allora assunti come principi puramente formali, necessari in modo incondizionato.30 L’epistemologia deve per il Nostro estendere il proprio campo d’indagine, trattando anche di quei fattori che sono sì extra-scientifici, ma che condizionano lo svolgimento effettivo dell’indagine da parte dell’uomo di scienza e che sono, quindi, determinanti per la fase euristica della ricerca.31 Fattori come per es. applicazioni tecniche, conseguenze etiche delle conoscenze acquisite, profilo psicologico-professionale degli attori della ricerca scientifica ecc. devono essere indagati dall’epistemologo, diversamente da quanto pensano i neocriticisti.

Scheler affronta la questione fondamentale del rapporto fra aspetto strutturale ed aspetto dinamico delle teorie scientifiche: la soluzione avanzata è quella abbozzata già dal maestro Eucken con la sua teoria del sistema di vita spirituale scientifico («naturalismo») come struttura teorica complessa e mobile.32 In Eucken e nello Scheler dello scritto sul metodo la teoria è guadagnata in base ad un’analisi regressiva che risale dal fenomeno al nesso oggettivo di rapporti che lo struttura. Questo nesso oggettivo è indicato nel «mondo del lavoro» (Arbeitswelt), che fonda tutte le forme di razionalità teorica, pratica, artistica e tecnica espresse in un dato momento storico da una data formazione socio-culturale. Alla Arbeitswelt corrisponde una formazione soggettiva individuata attraverso una tecnica di riduzione che Scheler connota come «causale», tecnica con cui si riconduce il mondo del lavoro alla sua causa soggettiva concreta, alla sua cioè causa spirituale.33 Il sistema o formazione di vita spirituale scientifica è allora un «fenomeno ben fondato», una «reale possibilità di un mondo del lavoro circoscritto (inizialmente per tentativi)».34

Il rischio che la nuova epistemologia scheleriana corre è certo quello di una sottolineatura eccessiva del momento prassico comunque presente nella ricerca scientifica: secondo quanto evidenziato in particolare dai marburghesi, la conoscenza scientifica, in quanto conoscenza, è oggettiva e rigorosa, anche se fallibile e rivedibile perché eretta su fondamenta ipotetiche.35

4. L’epistemologia in Logik I

Gli avanzamenti compiuti riguardo alla comprensione della tematica epistemologica nello scritto sul metodo si rintracciano anche in una delle quattro pubblicazioni che precedono il lavoro biennale (dal 1904 al 1906) condotto da Scheler sulla Logik.36 In Kant und die moderne Kultur Scheler svolge infatti un interessante confronto fra il paradigma pre-moderno greco ed il paradigma moderno galileiano e kantiano di razionalità scientifica: Scheler parla di una «scienza contemplativa che raffigura» l’essere (reale) vs una «scienza creatrice che forma» l’essere (reale).37

Anche nel frammento pervenutoci del primo libro della Logik si riscontra una certa continuità con lo scritto sul metodo, sebbene qui il neokantismo scheleriano si mostri più «ortodosso».38 L’influsso esercitato sul Nostro dal maestro Eucken non traspare infatti più. Nel frammento Scheler prende a modello la Platos Ideenlehre.39 del marburghese P. Natorp (1854-1924) e, soprattutto, la Logik der reinen Erkenntnis40 di H. Cohen: fa propria non solo l’impostazione regressiva dell’analisi che risale ai principi logici strutturanti quei «sistemi di giudizi» che sono le teorie scientifiche ─ come teorie deduttivo-formali ─, ma anche l’idealismo scientifico caratteristico dei neocriticisti, nella forma specificamente marburghese dell’idealismo «non del soggetto, ma dell’idea»41 In questa forma l’idealismo prevede la costituzione logica dell’oggetto scientifico senza riferimento ad una soggettività legiferante. Cohen, in modo più consapevole Natorp e Cassirer, accentuano infatti l’aspetto funzionale nella semantica delle teorie scientifiche ─ come teorie deduttivo-formali: un aspetto che oggi indichiamo come «modellistico» e che prevede che una funzione, una relazione cioè binaria fra una collezione-dominio ed una collezione-codominio, «interpreti» la teoria, attribuisca cioè valori di verità alle sue formule. Cohen parla di una «categoria del concetto» che si è «sviluppata in categoria dell’oggetto».42 Parafrasando la nota metafora della conoscenza come equazione di Natorp, Scheler afferma che «pensare è essenzialmente «domandare» […] domandare in «modo corretto», nel senso dell’instaurazione di un riferimento, conforme a legge, alle conoscenze già date della scienza».43

Se questo è il quadro generale dell’epistemologia della Logik, diverse sono le questioni particolari di rilevanza epistemologica affrontate nello scritto, specificamente nei capitoli ottavo, nono e decimo che seguono i primi sette capitoli dedicati alla critica delle posizioni rivali.44 Tali questioni concernono la teoria del giudizio e le teorie del ragionamento deduttivo ed induttivo, teorie che Scheler sviluppa all’interno di un framework teorico di «logica trascendentale della correttezza» o della non-contraddizione. Sebbene il suo sia un programma trascendentale di fondazione della logica della scienza, Scheler nondimeno apprezza alcuni aspetti dell’allora neonato primo programma metalogico, il programma di algebra della logica.45 Innanzitutto, apprezza il primato concesso alla componente deduttiva della logica; apprezza inoltre la potenza computazionale della tecnica calcolatoria che permette di tradurre in brevi serie di calcoli le lunghe catene di sillogismi della logica tradizionale.46 Fra gli algebristi è specialmente E. Schröder ad essere menzionato, alla luce della critica che Husserl muove al primo volume delle sue Vorlösungen über die Algebra der Logik.47. La polemica Husserl-Schröder, in cui si inseriscono voci esterne come per l’appunto quella di Scheler o quella di Andreas Voigt, è incentrata intorno a due plessi problematici: 1) il problema dell’identificabilità o meno di calcolo (Folgerungskalkül) e logica; 2) il problema dell’identificabilità o meno di calcolo (= calcolo dei termini assoluti) e calcolo estensionale. Entrambe le identificazioni sono rifiutate da Husserl48 Nel primo caso, rivendicando per la logica uno scopo conoscitivo non soddisfatto da una mera tecnica calcolatoria e sottolineando l’impossibilità di ridurre all’ideale di calcolo schröderiano le diverse forme di ragionamento deduttivo scientifico. Nel secondo caso, proponendo una generalizzazione del calcolo estensionale: il calcolo estensionale sarebbe solo uno dei quattro (o cinque) casi possibili di un calcolo più generale.49 Scheler rifiuta con Husserl la prima identificazione. Identifica invece il calcolo dei termini assoluti con il calcolo estensionale, perseguendo due linee argomentative: la prima è quella della «circolarità» del calcolo intensionale, una critica che risale a Schröder;50 la seconda è quella dell’applicabilità del calcolo esclusivamente ad oggetti collettivi, come per es. l’oggetto «insieme», su cui sono definibili relazioni, specificamente relazioni d’ordine.51

Si noti che l’interpretazione epistemica tradizionale dell’enunciato scientifico come giudizio composto di soggetto, predicato e copula verbale è alla base del primo programma metalogico di algebra della logica, dove centrale è infatti il «problema della traduzione»: volendo semplificare al massimo, questo problema concerne la trasposizione in formule equazionali degli enunciati che costituiscono premesse e conclusione del sillogismo deduttivo scientifico, così da sostituire una tecnica di calcolo alla tecnica mnemonica delle figure. Schröder, per es., quando inverte il termine soggetto ed il termine predicato lo fa per «tradurre» la copula, distinguendo, classicamente, fra predicazione aggettivale o d’inerenza e predicazione nominale o di genere. Quest’ultima è tradotta dal primitivo dell’inclusione (subordinatio, Unterordnungszeichen).52 Il passaggio ad una nuova impostazione della teoria dell’enunciato scientifico lo compiono gli esponenti del programma metamatematico di logica matematica, G. Frege (1848-1925) e B. Russell (1872-1970) in particolare, grazie alla teorizzazione della nozione di «funzione proposizionale». Questa nozione implica un nuovo piano d’indagine, non più cioè il piano epistemico tradizionale ma un piano logico: il giudizio diventa proposizione, la proposizione una funzione. Intese quali classi di equivalenza.53 su insiemi dominio e codominio coerenti di una data funzione, queste collezioni non presuppongono più la relazione insiemistica di ordinamento maggiore/minore. Il predicato viene ridotto a un’intersezione fra membri di classi: quando le intersezioni sono «parziali» la predicazione è esistenziale; quando le intersezioni sono «complete» la predicazione è universale. Sebbene la teoria dell’enunciato scientifico proposta nella Logik sia formulata ancora in termini tradizionali come una teoria epistemica del giudizio ─ nel senso chiarito ─, seguendo i marburghesi, Cohen in particolare, Scheler abbozza un’interpretazione funzionale della predicazione: «Il concetto è un contenuto che sta in funzione predicativa o che viene inteso come qualcosa che può fungere da predicato. Si deve pertanto escludere la possibilità che si parli di un concetto che fa da soggetto nel giudizio. Il giudizio non è un collegamento di concetti, ma un’ulteriore determinazione di un oggetto per mezzo di un concetto».54

Scheler indica nel giudizio il vero e proprio «luogo» del pensiero conoscente, del pensiero cioè diretto (gerichtet) alla conoscenza di stati di cose. In questo contesto la deduzione è intesa come una mera tecnica di calcolo «al servizio di un giudizio».55 Per il giovane Scheler della Logik la sillogistica deduttiva tradizionale è una «mezza misura» fra una «scienza delle funzioni del pensiero conoscente» ed un’«arte del dedurre» e, come tale, va sostituita con un Folgerungskalkül che è la versione puramente calcolatoria della tecnica deduttiva.56 Questa teoria, alla cui esposizione è dedicato l’intero cap. IX del frammento superstite, è presentata entro un confronto critico non solo con la sillogistica deduttiva aristotelica, ma anche con quella dei logici di Port-Royal e con la teoria dell’inferenza di W. Schuppe (1836-1913).57

Alla teoria dell’induzione è dedicato il cap. X, che nel frammento pervenutoci si interrompe dopo appena poche pagine. Qui, menzionando l’«obbiezione scettica» di Carneade di Cirene (214 a.C.-129 a.C.), Scheler ribadisce che il sillogismo deduttivo scientifico non ha valore conoscitivo: porta come esempio un sillogismo con premessa minore singolare.58 A partire da questo esempio Scheler introduce il problema dell’induzione in polemica con J.S. Mill (1806-1873) e con i logici tedeschi suoi seguaci, recuperando una distinzione nozionale stabilita in precedenza nel testo, quella fra «genere naturale» e «classe»,59 fra la collezione reale di individui che condividono una denominazione comune e la componente estensionale del concetto. Il proprium della tematizzazione scheleriana di questa distinzione è che la classe, come oggetto logico, è lo stesso genere naturale in quanto sottoposto ad una procedura di codifica simbolica tramite cui la copula reale, in questo caso coinvolta in una predicazione nominale, viene «univocizzata» così da esprimere il solo significato dell’inclusione sottoclasse/classe.60 Dato il rapporto genere naturale/classe stabilito, il richiamo ad una procedura induttiva è per il giovane Scheler della Logik del tutto superfluo: nella premessa minore ─ singolare nell’esempio fatto ─ la predicazione del medio è implicata dalla nozione stessa di classe che universalizza la referenza del concetto. Conseguentemente, «se nella premessa maggiore Caio non ha con il concetto di uomo il rapporto tale per cui egli non è compreso sotto l’estensione di tale concetto, rapporto che egli sicuramente possiede nella premessa minore «Caio è uomo», è evidente che uomo non sarebbe quell’identico concetto medio il cui simbolo deve essere posto tuttavia due volte (nella premessa maggiore e nella premessa minore), se l’inferenza non deve essere una quaternio terminorum».61 L’induzione non «scopre» quindi le premesse vere del sillogismo scientifico. Con questa teoria dell’induzione pare che Scheler abbia definitivamente abbracciato il programma di epistemologia critica, aprioristica della scienza non-classica proposto da Cohen e dagli altri rappresentanti della scuola di Marburgo.

5. Conclusione. Dal pragmatismo allo strumentalismo: l’epistemologia nella prima e nell’ultima filosofia fenomenologica scheleriana

In questo breve articolo ho indagato la dimensione epistemologica nella riflessione giovanile di M. Scheler in una prospettiva analitica di tipo storiografico, concentrandomi sulla ricostruzione delle principali fonti e questioni da essa affrontate. In conclusione, vorrei tracciare schematicamente il percorso di sviluppo interno all’epistemologia dell’autore, che segue l’adesione all’orientamento di ricerca della fenomenologia.

Nella prima produzione fenomenologica, quella compresa fra il 1908-1909 ed il 1922, l’epistemologia scheleriana ha una connotazione marcatamente pragmatista e realista come rivela in particolare il saggio edito postumo Lehre von den drei Tatsache del 1911-1912.62 Le principali fonti della nuova epistemologia scheleriana sono Husserl, Schröder, Mach, James e H. Bergson (1859-1941). Dal confronto con le Ricerche logiche husserliane Scheler matura un nuovo programma epistemologico a fondazione fenomenologica: l’interpretazione funzionale delle teorie scientifiche acquisita dai neocriticisti non scompare, ma viene riformulata in accordo al nuovo programma.63 Da Schröder il Nostro assimila la semiotica dei linguaggi formali simbolici scientifici: già nella Logik l’autore aveva sottolineato come l’adozione in scienza di linguaggi simbolici fosse regolata da un principio di «economicità»,64 una posizione derivata dal matematico tedesco che la sviluppa, fra i vari luoghi testuali, anche nell’Introduzione al primo libro delle Vorlesungen letto dal giovane Scheler.65 In Lehre von den drei Tatsachen Scheler propone una nuova interpretazione realista del riferimento simbolico in quella che è la sua natura convenzionale: gli aspetti contenutistici del rinvio indessicale alla cosa esterna, ritenuto tipico del segno naturale (sensazione-indice), sono nel simbolo scientifico «ridotti», sospesi.66 Pur critico verso la deriva fenomenista dell’epistemologia degli empiriocriticisti, di Mach in particolare, è da questi che Scheler impara a distinguere fra, da un lato, la meccanica classica, il programma di ricerca scientifico che spiega i fenomeni meccanici meso- e macroscopici, dall’altro, il meccanicismo, l’ideologia scientifica che considera tutti i fenomeni naturali fisici e bio-psichici come fenomeni meccanici.67 L’istanza pragmatista in epistemologia, per cui esiste una profonda connessione fra conoscenza e prassi scientifiche, Scheler la deriva da James e Bergson: di entrambi critica tuttavia la radicalizzazione del pragmatismo, il tentativo cioè di spiegare la struttura delle teorie alla luce dei processi di manipolazione empirica tipici della fase osservativo-sperimentale della ricerca.68 Nella Lehre Scheler rileva come l’impresa conoscitiva scientifica, come impresa di una comunità di ricerca, origini da una pragmatica concreta della comunicazione; come impresa «pubblica», origini dall’osservanza da parte degli attori coinvolti nella ricerca di un metodo, il metodo scientifico. «“Universalità”, “verificabilità”, “comunicabilità”. I fatti che non soddisfano questa condizione […] esistono naturalmente tanto quanto i fatti scientifici. Ma non sono “fatti scientifici”».69

Dopo il 1922 questa epistemologia pragmatista matura progressivamente in uno strumentalismo, che identifica conoscenza scientifica e «dominio» degli eventi/processi reali. Il passaggio si compie in modo graduale.70 L’ultima versione, tipica degli scritti scheleriani più tardi, è una versione di strumentalismo «tecnocratico»: il valore strumentale della conoscenza scientifica è identificato con le potenziali applicazioni tecniche dei risultati della ricerca. «Il sapere di rendimento e controllo, è al servizio del potere tecnico che noi siamo in grado di esercitare su natura, storia e società. È il sapere delle scienze positive specialistiche […] Solo ciò che si presenta conforme ad una legge si può prevedere; e solo ciò che si può prevedere si può controllare».71


  1. Sul giovane Scheler si vedano: C. Bermes, W. Heckmann, H. Leonardy (hrsg. von), Denken des Ursprungs, Ursprung des Denkens. Schelers Philosophie und ihre Anfänge in Jena, Königshausen & Neumann, Würzburg 1998; G. Mancuso, Il giovane Scheler (1899-1906), LED, Milano 2007. La periodizzazione standard dell’opera filosofica scheleriana è la seguente: periodo produttivo giovanile (1899-1906); periodo produttivo centrale (1908/1909-1922); periodo produttivo finale (1923-1928). All’estate del 1907 risale una conferenza sulla fenomenologia dello spazio tenuta presso l’Akademischer Verein für Psychologie fondato da T. Lipps (1851-1914), della quale ci restano gli appunti compilati da A. Pfänder (1870-1941) e J. Daubert (1877-1947). Si veda: K. Schumann (a cura di), Max Scheler. Sulla fenomenologia dello spazio, in S. Besoli, L. Guidetti (a cura di), Il realismo fenomenologico. Sulla filosofia dei Circoli di Monaco e Gottinga, Quodlibet, Macerata 2000, pp. 89-92. All’estate del 1908 risalgono due conferenze tenute sempre presso il Verein, base del primo scritto di carattere esplicitamente fenomenologico dell’autore, l’articolo Über Selbsttäuschungen del 1912 ─ pubblicato nel 1915 in edizione riveduta ed ampliata con il nuovo titolo Die Idole der Selbsterkenntnis. Del 1908-1909 è il primo corso sulla biologia teorica tenuto presso l’università di Monaco, in cui Scheler, anche se critico verso la fenomenologia di E. Husserl (1859-1938), ne acquisisce e mette in pratica i principali strumenti teorico-metodologici. Si vedano: M. Scheler, Biologievorlesung (1908/09), in M.S. Frings (hrsg. von), Gesammelte Werke (da ora in poi citata con la sigla GW), vol. XIV, Bouvier, Bonn 1993, pp. 257-367; G. Mancuso, Lineamenti per un’ontologia generale della natura e per una teoria biologica della conoscenza: la «Biologievorlesung» del 1908-1909, in S. Besoli, G. Mancuso (a cura di), Un sistema, mai concluso, che cresce con la vita. Studi sulla filosofia di Max Scheler, Quodlibet, Macerata 2010, pp. 133-158. La crisi religiosa che allontana Scheler dal credo cattolico, annunciata pubblicamente nel 1922, influenzerà la sua successiva produzione filosofica, come testimonia il ciclo di lezioni tenuto nel 1923 all’Università di Colonia. Strumenti bio-bibliografici indispensabili su Scheler sono: W. Hartmann, Max Scheler. Bibliographie, Frommann, Stuttgart 1963; E. Avé-Lallemant, Bio-Bibliographischer Anhang, in P. Good (hrsg. von), Max Scheler in gegenwartgeschehen der Philosophie, Francke, Bern-München 1975, pp. 267-284; E. Avé-Lallement, Max Scheler, in E. Avé-Lallemant (hrsg. von), Die Nachläβe der Münchener Phenomenologen in der Bayerischen Staatsbibliotek, Harrassowitz, Wiesbaden 1975, pp. 41-125; G. Ferretti, Scheler. Introduzione bibliografica, in A. Bausola (a cura di), Questioni di storiografia filosofica. La storia della filosofia attraverso i suoi interpreti, vol. IV, La Scuola, Brescia 1978, pp. 93-101. Per una puntuale esposizione di struttura e contenuti della GW si veda: W. Henckmann, Die Gesammelte Werke Max Schelers, in “Zeitschrift für Philosophische Forschung”, 39, 1985, pp. 289-306. Per il lavoro sul Nachlaβ si vedano: M. Scheu Scheler, Bericht über die Arbeit am philosophischen Nachlaβ Max Schelers, in “Zeitschrift für Philosophische Forschung”, 2, 1949, pp. 597-602; M.S. Frings, Bericht über die Sachlage am philosophischen Nachlaβ Max Schelers, in “Zeitschrift für Philosophische Forschung”, 25, 1971, pp. 315-320; W. Henckmann, Geist und Buchstabe. Zur Edition von Schelers Nachlass in der Ausgabe der Gesammelten Werke, Traugott Bautz, Nordhausen 2017. Infine, per una visione complessiva della filosofia scheleriana si vedano: M. Dupuy, La philosophie de Max Scheler. Son évolution e son unité, 2 voll., Presses Universitaires de France, Paris 1963; G. Ferretti, Max Scheler, 2 voll., Vita e Pensiero, Milano 1972; W. Henckmann, Max Scheler, Beck, München 1998. ↩︎

  2. M. Scheler, Beiträge zur festellung der Beziehungen zwischen den logischen und ethischen Prinzipien, in M. Scheu Scheler, M.S. Frings (hrsg. von), GW, vol. I., Francke, Bern-München 1971, pp. 9-159. ↩︎

  3. Sullo spostamento da Jena a Monaco di Scheler si vedano: W. Henckmann, Die Anfänge von Schelers Philosophie in Jena, in Bermes, Heckmann, Leonardy (hrsg. von), Denken des Ursprungs, cit., pp. 11-33, pp. 30-32; Mancuso, Il giovane Scheler, cit., pp. 148-161. ↩︎

  4. Cf. M. Scheler, Logik I, Rodopi Amsterdam 1975; Logica I (1904-1906), trad. it. di G. Mancuso, Quodlibet, Macerata 2011. Questa edizione è basata sulla ristampa anastatica delle bozze del frammento superstite con a margine le correzioni a mano di Scheler. Il frammento è stato edito anche da M.S. Frings nel vol. XIV della GW, con alcune modifiche basate sulle correzioni dell’autore per agevolare la fruizione del testo. Si veda: M. Scheler, Logik I, in M.S. Frings (hrsg. von), GW XIV, cit., pp. 11-256. Per un commento critico di questa edizione si veda: W. Henckmann, Il problema della realtà nella filosofia di Scheler. Un tentativo ermeneutico, in Besoli, Guidetti (a cura di), Il realismo fenomenologico, cit., pp. 885-919, p. 887. ↩︎

  5. M. Scheler, Die transzendentale und die psycologische Methode. Eine grundsätzliche Erörterung zur philosophischen Methodik, in GW, vol. I, cit., pp. 197-337; Metodo trascendentale e metodo psicologico. Una discussione di principio sulla metodica filosofica, trad. it. di M. Manotta, Quodlibet, Macerata 2009. ↩︎

  6. Cf. U. Dathe, Material zu Max Schelers Leben und Werk in der Thüringer Universitäts- und Landesbibliothek Jena, in “Mitteilungen. Thüringer Universitäts- und Landesbibliothek Jena”, 7, 1997, pp. 1-18, p. 9. ↩︎

  7. G. Basti, Filosofia della natura e della scienza, vol. 1, LUP, Città del Vaticano 2002, p. 233. ↩︎

  8. Cf. Mancuso, Il giovane Scheler, cit., pp. 21-51. ↩︎

  9. Cf. Scheler, Beiträge, cit., p. 98. ↩︎

  10. Cf. ivi, p. 101. Il primo Windelband contrappone «metodo critico» e «metodo genetico». Si veda: W. Windelband, Kritische oder genetische Methode?, in Präludien. Aufsätze und Reden zur Einleitung in die Philosophie, Mohr, Freiburg im Breisgau-Tübingen 1884, pp. 247-279; Preludi. Saggi e discorsi di introduzione alla filosofia, trad. it. parziale di R. Arrighi, Bompiani, Milano 1947. ↩︎

  11. Cf. Scheler, Beiträge, cit., pp. 102-104. ↩︎

  12. Cf. ivi, pp. 69-112. ↩︎

  13. Cf. R. Eucken, Die Einheit des Geisteslebens in Bewuβtsein und That der Menschheit, De Gruyter, Berlin-Leipzig 1988; R. Eucken, Der Sinn und Wert des Lebens, Quelle, Leipzig 1907; Il significato e il valore della vita, trad. it. di G. Perticone, M. De Vincolis, Paravia, Torino 1925. Sul rapporto Scheler-Eucken si veda: R.J. Haskamp, Spekulativer und phänomenologischer Personalismus. Einflüsse J.G. Fichtes und Rudolf Euckens auf Max Scheler Philosophie der Person, Freiburg-München 1966. ↩︎

  14. Cf. G. Gigliotti, Il neocriticismo tedesco, Loescher, Torino 1983; G. Gigliotti, Il «ritorno a Kant» e la nuova critica della ragione, in P. Rossi, C. Viano (a cura di), Storia della filosofia, vol. V, Laterza, Roma-Bari 1997, pp. 465-483; M. Ferrari, Introduzione al neocriticismo, Laterza, Roma-Bari 1997. ↩︎

  15. Cf. L.R. Anderson, Neo-Kantianism and the Roots of Anti-Psychologism, in “British Journal for the History of Philosophy”, 13, 2005, pp. 287-323; S. Edgar, Paul Natorp and the Emergence of Anti-Psychologism in the Nineteenth Century, in “Studies in the History and Philosophy of Science”, 39, 2008, pp. 54-65. ↩︎

  16. Cf. E.W. Orth, Die Einheit des Neukantianismus, in E.W. Orth, H. Holzhey (hrsg. von), Neukantianismus. Perspektiven und Probleme. Königshausen & Neumann, Würzburg 1994, pp. 13-30. ↩︎

  17. Riflessioni significative sul tema restano quelle ormai classiche dei primi rappresentati dell’empirismo logico, fortemente critiche riguardo al programma di un’epistemologia critica, «aprioristica» della scienza non-classica. Si veda in particolare: M. Schlick, Erkenntnistheorie und moderne Physik, in “Scientia”, 45, 1929, pp. 307-316. Si veda anche: K. de Boer, Kant, Reichenbach, and the Fate of A Priori Principles, in “European Journal of Philosophy1”, 9, 2011, pp. 507-531. Per la nozione di «scienza classica» si veda in particolare: W.R. de Jong, A. Betti, The Classical Model of Science: a Millennia-old Model of Scientific Rationality, in “Synthese”, 174, 2010, pp. 185-203. ↩︎

  18. Questo tipo di scienza ha consentito nelle singole discipline gli avanzamenti menzionati ed è, come i neocriticisti ben comprendono, un sapere «nomologico», un sapere cioè «di leggi». Storicamente essa si è andata configurando a seguito del rivoluzionario contributo dato da B. Riemann (1826-1866) alla generalizzazione, quindi allo sviluppo su basi formali assiomatico-deduttive della geometria differenziale del maestro C.F. Gauss (1777-1855). Nozioni fondamentali per la fisica tardo Ottocentesca e primo Novecentesca come per es. la nozione di «curvatura», quella di «geodetica» e quella di «campo vettoriale» sono nozioni di geometria differenziale introdotte grazie a tecniche di calcolo infinitesimale. Sul tema si veda: L. Ji, A. Papadopoulos, S. Yamada (ed. by), From Riemann to Differential Geometry and Relativity, Springer, Cham 2017. Sui fondamenti logici e filosofici di tali tecniche neocriticisti come H. Cohen (1842-1918) e E. Cassirer (1874-1945) hanno, non a caso, a lungo riflettuto. Si veda: T. Mormann, M. Katz, Infinitesimals as an Issue of neo-Kantian Philosophy of Science, in “HOPOS”, 2, 2013, pp. 236-280. ↩︎

  19. W. Windelband, Normen und Naturgesetze, in Präludien, cit., pp. 211-246, p. 217; trad. nostra. ↩︎

  20. Scheler, Beiträge, cit., p. 61; trad. nostra. ↩︎

  21. Cf. Eucken, Die Einheit des Geisteslebens, cit., p. 8-18; Eucken, Il significato, cit., pp.13-14. ↩︎

  22. Cf. W.R. Woodward, R. Pester, From Romantic Naturphilosophie to a Theory of Scientific Method for the Medical Disciplines, in S. Poggi, M. Bossi (ed. by), Romanticism in Science, Kluwer, Dordrecht 1994, pp. 161-173. ↩︎

  23. Cf. Scheler, Beiträge, cit., pp. 62-63. ↩︎

  24. Cf. ivi, pp. 64-68. ↩︎

  25. Nel secondo scritto pubblicato Scheler non si affronta questioni epistemologiche. Si veda: M. Scheler, Arbeit und Ethik, in GW, vol. I, cit., pp. 161-197; Lavoro ed etica. Saggio di filosofia pratica, trad. it. di D. Verducci, Città Nuova, Roma 1997. ↩︎

  26. Scheler puntualizza che la sua ricostruzione del metodo trascendentale e del metodo psicologico considera gli aspetti essenziali dei due metodi, prescindendo dai diversi sviluppi imposti dalle singole scuole e/o dai singoli autori. Come nota Mancuso, la ricostruzione scheleriana del metodo trascendentale è però fortemente sbilanciata verso l’interpretazione marburghese. Si veda: Mancuso, Il giovane Scheler, cit., p. 84. Per il metodo psicologico, Scheler stesso richiama i principali autori di riferimento: T. Lipps, E. Laas (1837-1885), W. James (1842-1910), R. Avenarius (1843-1896), H. Cornelius (1863-1947). Si veda: Scheler, Metodo, cit., p. 123. ↩︎

  27. Cf. ivi, pp. 15-17, pp. 12-14, pp. 99-107. ↩︎

  28. Ivi, pp. 41-43. ↩︎

  29. Cf. ivi, pp. 51-52. ↩︎

  30. Cf. ivi, pp. 63-74. ↩︎

  31. Cf. ivi, pp. 74-82. ↩︎

  32. Cf. Eucken, Il significato, cit., p. 7. ↩︎

  33. Cf. Mancuso, Il giovane Scheler, cit., pp. 140-143; F. Bosio, Arbeitswelt und Geisteswelt im frühen Scheler, in Bermes, Henckmann, Leonardy (hrsg. von), Denken des Ursprungs, cit., pp. 184-189; S. Besoli, La “dottrina dello spirito” jenese come apertura al mondo della cultura e dedizione ad un compito infinito. Sugli esordi della riflessione di Max Scheler, in Scheler, Metodo, cit., pp. 157-207. ↩︎

  34. Ivi, p. 152. ↩︎

  35. Cf. P. Natorp, Kant und die Marburger Schule, in “Kant-Studien”, 17, 1912, pp. 193-206, p. 200. ↩︎

  36. Cf. M. Scheler, Selbstanzeige: Die transzendentale und die psycologische Methode, in “Kantstudien”, 5, 1901, p. 481; M. Scheler, Zur Religionsphilosophie. Eine Besprechung zu Rudolph Eucken «Der Wahrheitsgehalt der Religion», in “Deutsche Rundschau”, 29, 1903, pp. 152-154, ora con il titolo R. Euckens Religionsbegriff. Eine Besprechung zu Rudolph Eucken «Der Wahrheitsgehalt der Religion», in GW, vol. I, cit., pp. 339-343; M. Scheler, Kultur und Religion. Eine Besprechung zu Rudolph Eucken «Der Wahrheitsgehalt der Religion», in GW, vol. I, cit., pp. 343-354; M. Scheler, Kant und die moderne Kultur. Ein Gedenkblatt, in GW, vol. I, cit., pp. 354-371. ↩︎

  37. Ivi, p. 360; trad. nostra. ↩︎

  38. Cf. G. Mancuso, Un insospettabile idealista logico: Max Scheler, in M. Mori, S. Poggi (a cura di), La misura dell’uomo. Filosofia, teologia, scienza nel dibattito antropologico in Germania (1760-1915), Il Mulino, Bologna 2005, pp. 317-351; G. Mancuso, L’antipsicologismo del giovane Scheler (1899-1906), in G. Cusinato (a cura di), Max Scheler. Esistenza della persona e radicalizzazione della fenomenologia, Franco Angeli, Milano 2007, pp. 241-255. ↩︎

  39. P. Natorp, Platos Ideenlehre. Eine Einführung in den Idealismus, Dürr’schen Buchhandlung, Leipzig 1921; Dottrina platonica delle idee, trad. it. di V. Cicero, Vita e Pensiero, Milano 1999. ↩︎

  40. H. Cohen, Kants Theorie der Erfahrung, Dümmler, Berlin 1885; La teoria kantiana dell’esperienza, trad. it. di L. Bertolini, Franco Angeli, Milano 1990. ↩︎

  41. M. Brelage, Studien zur Transzendentalphilosophie, De Gruyter, Berlin 1965, p. 97. Si veda anche: Mancuso, Il giovane Scheler, cit., p. 82. ↩︎

  42. H. Cohen, Logik der reinen Erkenntnis, Bruno Cassirer, Berlin 1914, p. 324. ↩︎

  43. Scheler, Logica, p. 92. ↩︎

  44. Scheler contrappone una «logica trascendentale della correttezza» (transzendentale Richtigkeitslogik) della scienza allo psicologismo, a quella che sin dai Beiträge chiama «etica del pensiero» e che viene ravvisata ora anche in Windelband, allo strumentalismo, al «trascendentalismo soggettivo», alle concezioni teleologiche della logica come la logica biologica degli empiriocriticisti (Avenarius, E. Mach (1838-1916)) e la logica metafisica, alla concezione formale della logica della non-contraddizione. Nel settimo capitolo Scheler classifica come logiche metafisiche la logica aristotelica e quella hegeliana, ma anche la logica «della verità» di Husserl nei Prolegomena zur reinen Logik e quelle di Lotze, di F.A. Trendelenburg (1802-1872) e di F. Ueberweg (1826-1871). ↩︎

  45. Cf. J. Willer, Schröder – Husserl ─ Scheler: Zur formalen Logik, in “Zeitschrift für philosophische Forschung”, 39, 1985, pp. 110-121. ↩︎

  46. Scheler, Logica, cit., p. 295. ↩︎

  47. E. Schröder, Vorlesungen über die Algebra der Logik. Exakte Logik, vol. I, Teubner, Leipzig 1890. ↩︎

  48. Cf. E. Husserl, Besprechung von E. Schöder, «Vorlösungen über die Algebra der Logik (Exakte Logik)», in B. Rang (hrsg. von), Husserliana (da ora in poi citata con la sigla Hua), vol. XXII, Nijhoff, Den Haag 1979, pp. 3-43; E. Husserl, Der Folgerungskalkül und die Inhaltslogik, in Hua, vol. XXII, cit., pp. 44-72. ↩︎

  49. Cf. Husserl, Der Folgerungskalkül, cit., pp. 55-66. Husserl propone le seguenti cinque esemplificazioni del Folgerungskalkül: come calcolo delle classi, come calcolo dei contenuti ideali, come calcolo degli oggetti concettuali, come calcolo dei concetti e come calcolo proposizionale. ↩︎

  50. Cf. Willer, Schröder ─ Husserl ─ Scheler, pp. 113-116. Nell’Introduzione al primo libro delle Vorlesungen Schröder, dopo aver descritto il movimento «astrattivo» della conoscenza, stabilisce la distinzione fra estensione ed intensione concettuale, individuando due procedure per l’identificazione delle componenti del concetto: la prima procedura, finalizzata all’individuazione dell’estensione del concetto, è quella dell’«Einteilung» del concetto. La procedura consiste nella suddivisione del concetto in classi mutuamente esclusive. La seconda procedura è quella della «Begriffserklärung» ed è diretta all’individuazione del contenuto o intensione concettuale. Schröder distingue fra contenuto fattuale e contenuto ideale di un concetto ed argomenta su tale base a favore della circolarità del calcolo dei contenuti o calcolo intensionale: la connessione delle note di cui è costituito il contenuto ideale del concetto prevede l’uso di quelle stesse leggi che normano il pensiero deduttivo. Si veda: Schröder, Vorlesungen, cit., p. 89. ↩︎

  51. Cf. Scheler, Logica, cit., p. 289, p. 294. ↩︎

  52. Cf. Schröder, Vorlesungen, cit., p. 127. ↩︎

  53. Data una relazione R di equivalenza il cui campo è X e dato yX, si definisce classe di R-equivalenza di y l’insieme di tutti gli z in X tali che yRz. Diverse classi R-equivalenti non hanno elementi in comune: si dice allora che l’insieme X è diviso in classi di R-equivalenza. ↩︎

  54. Scheler, Logica, cit., p. 266, corsivi originari. ↩︎

  55. Cf. ivi, pp. 312-313. ↩︎

  56. Cf. ivi, p. 295. ↩︎

  57. Cf. ivi, pp. 314-336. ↩︎

  58. Cf. ivi, p. 344. ↩︎

  59. Cf. Ivi, pp. 334-335. ↩︎

  60. Cf. ivi, 317. ↩︎

  61. Ivi, 345. ↩︎

  62. M. Scheler, Lehre von den drei Tatsachen, in M.S. Frings (hrsg. von), GW, vol. X, Francke, Bern-München 19863, pp. 431-474; La dottrina dei tre fatti, trad. it. di V. D’Anna in Max Scheler. Scritti fenomenologici, Franco Angeli, Milano 2013, pp. 67-106. ↩︎

  63. Cf. M. Scheler, Reine Tatsache und Kausalbeziehung (Phänomenologie und Kausalerklärung), in GW, vol. X, cit., pp. 475-492; Fatto puro e relazione causale (fenomenologia e spiegazione causale), trad. it. di V. D’Anna in Max Scheler, cit., pp. 105-127; M. Scheler, Lehren über das Grundverhältnis der natürlichen und der wissenschaftlichen Tatsachen, in GW, vol. X, cit., pp. 493-505; Dottrine sul rapporto fondamentale dei fatti naturali e scientifici, trad. it. di V. D’Anna in Max Scheler, cit., pp. 128-133. ↩︎

  64. Scheler, Logica, cit., p. 337. ↩︎

  65. Schröder espone la propria analisi del segno simbolico nella prolusione Über das Zeichen del 1890, nell’Introduzione al primo volume delle Vorlesungen (1890) e nel successivo contributo Über Pasigraphie, ihren gegenwärtigen Stand und die pasigraphische Bewegung in Italien presentato al primo congresso internazionale di matematica tenutosi a Zurigo nel 1897. Il contributo verrà pubblicato anche in traduzione inglese. Si veda: E. Schröder, On pasigraphy. Its Present State and the Pasigraphic Movement in Italy, in “The Monist”, 9, 1899, pp. 45-62. In Schröder il principio di economia è tematizzato nel contesto del programma di sviluppo di una lingua concettuale ideografica delle scienze matematiche e matematizzate. Sul tema si veda: D. Bondoni, To Found or Not to Found? That is the Question!, in “Logic and Logical Philosophy”, 24, 2015, pp. 217-240. ↩︎

  66. Cf. Scheler, La dottrina, cit., p. 94. Nella prima fenomenologia della senso-percezione scheleriana l’elaborazione di un modello proto-biosemiotico della sensibilità ha alla base una rivisitazione in senso dinamico della nozione (neo)lamarckiana e (neo)darwiniana di «adattamento» come «doppio adattamento». Nel secondo quaderno della Biologievorlesung del 1926-1927 Scheler userà il verbo einpassen invece dell’usuale anpassen per sottolineare la suddetta rivisitazione. Si veda: W. Henckmann (hrsg. von), Schelers BiologieVorlesung von 1926/1927, in D. Gottstein, H.R. Sepp (hrsg. von), Polis und Kosmos. Perspektiven einer Philosophie des Politischen und einer philosophischen Kosmologie, Königshausen & Neumann, Würzburg 2008, pp. 251-271, pp. 266-267. Nella prima sezione della Biologievorlesung del 1908-1909 Scheler tenta una ridefinizione della nozione di «adattamento» contro i teorici dell’evoluzione lineare, H. Spencer (1820-1903) e E. Haeckel (1834-1919) in particolare, accentuando un principio della biologia evolutiva di C. Darwin (1809-1882), il principio del «carattere divergente». Le basi neurofisiologiche del modello, che Scheler acquisisce da Bergson, prevedono un’integrazione e selezione centrali a livello sub-corticale, specificamente encefalico, dei segnali bioelettrici e delle loro vie efferenti, rispettivamente. Diversamente da Bergson, Scheler applica il modello anche alla sensibilità organica, interpretando le risposte motorie involontarie alla luce delle più complesse risposte motorie volontarie che quelle servono. Si veda M. Scheler, Biologievorlesung, in GW XIV, cit., pp. 351-352. L’aspetto di discontinuità rispetto al francese è nell’interpretazione della componente di significato «naturale» coinvolta nella senso-percezione: il francese la interpreta nei termini moderni di «rappresentazione», sebbene sostituisca all’«universalità» del concetto un «valore d’uso». Scheler potenzia l’interpretazione proto-biosemiotica (= sensazione come segno-indice) proposta da I. Pavlov (1849-1936), fra i vari luoghi testuali, anche nella conferenza tenuta a Mosca nel 1909 in occasione del dodicesimo congresso degli scienziati e dei medici russi. La conferenza è citata da Scheler in Lehre von den drei Tatsachen, lì dove si esamina il carattere analizzatorio della sensibilità. Scheler intende con ciò la capacità propria della sensazione-indice di «puntare» alla cosa extra-cognitiva ed extra-linguistica (Sache) dell’ambiente (Umwelt, milieu) con cui l’organismo interagisce dinamicamente, presentificando allo stesso il contenuto qualitativo (“materia”) della Sache, fenomenizzata come «cosa dell’ambiente» (Milieuding). ↩︎

  67. Cf. Scheler, Biologievorlesung, cit., pp. 306-310. ↩︎

  68. Cf. Scheler, Versuche einer Philosophie des Lebens. Nietzsche-Dilthey-Bergson, in M. Scheu Scheler (hrsg. von), GW, vol. III, Francke, Bern-München 1955, pp. 313-339, p. 324; Tentativi per una filosofia della vita, trad. it. di R. Padellaro in La posizione dell’uomo nel cosmo e altri saggi, Fabbri Editori, Milano 1970, pp. 121-152, ripresa in La posizione dell’uomo nel cosmo, Armando Editore, Roma 1997, pp. 81-114; Scheler, Biologievorlesung, cit., p. 277. ↩︎

  69. Scheler, La dottrina, cit., p. 97. ↩︎

  70. Nel saggio del 1917 Vom Wesen der Philosophie la conoscenza scientifica è interpretata già alla luce del suo valore strumentale, ricondotto ad una «volontà d’ordine» (Ordnungswille), di dominio e di modificazione degli eventi/processi reali. Una matura esposizione di questa nuova prospettiva Scheler la svolge in Phänomenologie und Erkenntnistheorie, saggio pubblicato nel 1925 e integrato nel vol. X della GW con materiale della prima stesura risalente al 1913-1914. ↩︎

  71. M. Scheler, Philosophische Weltanschauung, in “Münchener Neuesten Nachrichten”, 81, 1928, pp. 1-3; Concezione filosofica del mondo, trad. it. di G. Mancuso in Formare l’uomo. Scritti sulla natura del sapere, la formazione, l’antropologia filosofica, Franco Angeli, Milano 2009, pp. 151-161, p. 153. Questa traduzione italiana si basa sull’edizione originale dell’articolo, non su quella del 1929 curata da M. Scheu Scheler ed inserita nel vol. IX della GW. A quest’ultima edizione si riferisce la precedente traduzione di R. Racinaro. Si veda: M. Scheler, Philosophische Weltanschauung, in M.S. Frings (hrsg. Von), GW, vol. IX, Bern-München 1979, pp. 75-85; Weltanschauung filosofica, trad. it. di R. Racinaro in Lo spirito del capitalismo e altri saggi, Guida Editori, Napoli 1988, pp. 243-255. ↩︎