La «materia» della conoscenza e la forma dell’oggettività. Cassirer e l’empirismo machiano

1. Costruttivismo trascendentale versus teoria fenomenistica dell’oggetto fisico

All’empirismo fenomenistico di Mach, individuato come esponente particolarmente rappresentativo dell’«empirismo moderno»1, Cassirer si richiama in diversi luoghi delle sue opere, sia in quelle sistematiche, sia in quelle in cui è prevalente un interesse di carattere storiografico.2 Il dato che accomuna molti dei riferimenti cassireriani alla figura di Mach – da quelli presenti in Substanzbegriff und Funktionbegriff e nel terzo volume della Philosophie der symbolischen Formen, fino alla più articolata discussione e valutazione storico-critica contenuta nel quarto volume dell’Erkenntnisproblem – è che in essi prevale una evidente vis polemica nei confronti delle concezioni epistemologiche e gnoseologiche del fisico austriaco. Il fatto che la discussione di Cassirer, che si confronta non soltanto con alcuni aspetti della epistemologia machiana ma anche con alcune tesi di fondo della «filosofia naturale», sia mossa da una prevalente istanza polemica appare la diretta conseguenza di una impostazione teorica caratterizzata da un «costruttivismo trascendentale» che, attraverso un ripensamento originale del modello kantiano,3 enfatizza il ruolo svolto dalle componenti categoriali nella strutturazione della esperienza. Per chi, come Cassirer, insiste sulla «dipendenza reciproca» fra «leggi» e «oggetti», proponendo una forma di «idealismo logico» che pone in evidenza la specifica funzione ordinatrice svolta dai concetti matematici nella scienza della natura, l’epistemologia machiana appare come l’esempio, per quanto scientificamente aggiornato sulla base dei più recenti sviluppi della indagine fisiologica e psicologica, di un empirismo «ingenuo», incapace di rendere conto dell’intreccio inestricabile fra materia e forma, fra «oggettività» e «soggettività», che si realizza in modo particolare nella conoscenza scientifica Come è noto, infatti, una delle tesi centrali di Sostanza e Funzione è quella secondo cui la moderna scienza della natura può essere correttamente interpretata, nel suo effettivo sviluppo storico, soltanto a partire da una impostazione che riconosca con chiarezza le profonde implicazioni gnoseologiche connesse all’ampio ricorso alla matematizzazione che, a partire da Galileo, ha caratterizzato l’indagine del mondo fisico. L’introduzione dei concetti matematici nello studio scientifico della natura non ha avuto soltanto, come conseguenza, la diffusione dei processi di quantificazione e di misura, ma ha contribuito anche a ridefinire in modo radicale il rapporto fra «universale» e «particolare», fra apparato concettuale-categoriale e dati empirici.4 Uno degli elementi distintivi della scienza moderna è costituito dal fatto che essa, assumendo come modello le formazioni concettuali della matematica, ha progressivamente delimitato i propri ambiti di ricerca sulla base di concetti di carattere «seriale», che definiscono cioè specifiche «legalità» secondo le quali ordinare determinate classi di dati empirici. Nella parte conclusiva dell’ampio capitolo che l’opera del 1910 dedica alla «Formazione dei concetti nella scienza della natura», Cassirer espone con la massima chiarezza la tesi riguardante le implicazioni gnoseologiche dei processi di matematizzazione:

I concetti delle scienze esatte della natura non fanno che continuare un processo di pensiero che opera già nell’ambito della pura conoscenza matematica […] I concetti teorici della scienza della natura […] contengono sempre il rinvio a un esatto principio seriale che ci insegna a collegare in una maniera determinata il molteplice dell’intuizione e a percorrerlo secondo una legge stabilita […] Qui non si crea un abisso incolmabile tra l’«universale» e il «particolare», poiché l’universale stesso non ha altro significato e altra funzione che di rendere possibile e di rappresentare appunto la connessione e l’ordine del particolare stesso.5

L’interpretazione cassireriana di problemi e nozioni strettamente connessi allo sviluppo delle scienze della natura, dal «problema dell’induzione» a quello della «realtà», dipende direttamente dall’assunto secondo il quale i processi di concettualizzazione propri della fisica sono caratterizzabili secondo un modello di tipo matematico, che sostituisce al concetto-genere della logica aristotelica il concetto-seriale, consistente nella individuazione di un principio o legge di ordinamento di una classe di dati empirici.6 Così, l’induzione non deve essere intesa come un procedimento nel quale si perviene alla definizione di un concetto generale attraverso la semplice enumerazione di casi simili, ma come un metodo attraverso il quale il «singolo caso» viene riconosciuto come risultato dell’integrazione di differenti nessi funzionali.7 In questo modo, induzione e matematizzazione non si presentano, all’interno dell’indagine del mondo fisico, come procedimenti logicamente opposti ma complementari, poiché il ricorso al «pensiero matematico» costituisce il «correlato necessario della formazione induttiva dei concetti»8. La concezione cassireriana dell’induzione, che ne sottolinea la stretta correlazione con i procedimenti della matematica,9 si salda strettamente alla teoria dell’oggetto fisico, che viene delineata soprattutto nel capitolo che Sostanza e Funzione dedica al «concetto di realtà». A partire da una impostazione nella quale è ben presente l’influenza dell’«olismo epistemologico» duhemiano,10 Cassirer prospetta una concezione generale dell’esperienza come «sistema» dinamico di nessi funzionali, caratterizzato da una profonda integrazione fra elementi soggettivo-formali e elementi oggettivo-materiali, nel quale il termine «cosa» non possiede alcuna implicazione ontologico-metafisica, ma si limita a indicare il «punto di arresto relativo» del processo di definizione di determinate costanti che regolano rapporti di dipendenza funzionale. «Le “cose”, che ora nascono, – giunge ad affermare Cassirer – quanto più chiaramente vengono colte nel loro vero significato, tanto più si rivelano espressioni metaforiche per indicare le leggi permanenti che collegano i fenomeni, e quindi la costanza e la continuità dell’esperienza medesima»11.

La delineazione di un «idealismo logico rettamente inteso», che si caratterizza per una interpretazione funzionalistica dell’oggetto fisico concepito come espressione di una dipendenza funzionale di carattere matematico, avviene, nell’opera del 1910, attraverso un serrato confronto polemico con le posizioni dell’empirismo, compresi gli sviluppi più recenti della epistemologia ad indirizzo positivistico. All’interno di questa prospettiva, la riflessione epistemologica machiana costituisce indubbiamente per Cassirer un ineludibile punto di riferimento, per quanto, in Sostanza e Funzione, i richiami a Mach siano in più di un caso soltanto indiretti, facendo parte di un confronto più generale con l’empirismo a base «sensistica». Proprio nel già menzionato capitolo sul «concetto di realtà», infatti, la posizione dell’«idealismo critico» viene precisata in opposizione all’empirismo fenomenistico-sensistico, che riduce l’oggetto fisico, la «cosa», a un «complesso di sensazioni». La teoria funzionalistica dell’oggetto proposta da Cassirer si distingue da ogni interpretazione metafisica dell’«oggetto» della conoscenza, ma anche da ogni tentativo di individuare nelle sensazioni gli elementi fondanti del processo conoscitivo. «La concezione critica […] definisce l’oggetto della scienza della natura mediante il riferimento alla “totalità dell’esperienza”; al tempo stesso però si rende conto del fatto che questa totalità non può essere mai rappresentata e fondata come una semplice somma di dati sensibili»12. D’altra parte, per quanto il nome di Mach non compaia direttamente nelle pagine di Sostanza e Funzione dedicate alla teoria dell’oggetto fisico, appare indicativo il fatto che il capitolo in questione termini con un esplicito richiamo alle concezioni epistemologiche contenute nella conferenza Die Einheit des physikalischen Weltbildes, con la quale Max Planck ingaggiava una diretta polemica contro la «filosofia naturale» machiana.13 In ogni caso, già nell’opera del 1910, è presente quello che sarà, anche in seguito, il vero e proprio leitmotiv della critica cassireriana dell’empirismo di Mach, ovvero la contrapposizione fra la teoria funzionalistica dell’oggetto e quella empiristico-fenomenistica.14 Quest’ultima si rivela inadeguata, a giudizio di Cassirer, proprio in vista di quella epistemologia storica, che lo stesso Mach intendeva delineare. Se infatti è vero che, come è convinzione dello stesso Cassirer,15 una qualunque riflessione epistemologica deve tenere conto dei «dati di fatto» forniti dalla storia della scienza, deve cioè preoccuparsi di elaborare teorie della formazione dei concetti scientifici che siano in accordo con gli exempla offerti dal concreto sviluppo del sapere scientifico, è altrettanto vero che l’empirismo sensistico non riesce a fornire una prospettiva epistemologica in grado di rendere conto del reale processo storico attraverso il quale si è venuta costituendo la moderna scienza della natura. In questo modo, l’empirismo positivistico (compreso quello machiano) si trova in palese contrasto con i «fatti» della storia della scienza, che invece sono pienamente giustificabili alla luce di una concezione funzionalistica e relazionale della oggettività. «L’analisi che la fisica compie dell’oggetto risolvendolo nel complesso delle sue costanti numeriche non ha dunque affatto lo stesso significato della risoluzione di una cosa sensibile nella pluralità delle sue qualità sensibili […] Le qualità sensibili delle cose diventano oggetto della fisica in quanto si convertono in una determinatezza seriale. Da somma di proprietà, la “cosa” diventa ora un complesso di valori matematici, stabiliti in base a una scala di confronto»16. L’inadeguatezza della epistemologia storica a base empiristico-sensistica è una conseguenza dei limiti di una ontologia, ancora legata a una concezione elementistico-riduzionistica dell’oggetto fisico, che non corrisponde al reale sviluppo della moderna scienza della natura. La teoria dell’oggetto come «complesso di sensazioni» ha infatti come corrispettivo epistemologico l’idea secondo cui la scienza dovrebbe assolvere a un compito esclusivamente descrittivo dei fenomeni fisici, perseguendo allo stesso tempo, sia pure nella forma di un ideale-limite, l’obiettivo di una completa eliminazione di tutti i termini teorici che altro non sarebbero, in realtà, che abbreviazioni «economiche» di termini descrittivi. Al «descrittivismo» che caratterizza l’epistemologia machiana (ma anche le posizioni di un altro importante scienziato come Gustav Kirchhoff) e all’ideale epistemologico, di cui si ha riscontro nelle opere machiane,17 di una «descrizione completa dei fatti», Cassirer oppone il proprio «costruttivismo trascendentale», che trova ampia corrispondenza nella moderna scienza della natura, la quale attesta un rapporto fra «elementi teoretici» e «elementi di fatto» assai più complesso di come viene rappresentato, «in maniera semplicistica», dall’empirismo positivistico.18

2. L’empirismo machiano e la «fisica fenomenologica»

La critica del fenomenismo machiano fa parte di un più ampio confronto con le filosofie dell’empirismo che non caratterizza in modo esclusivo Substanzbegriff und Funktionsbegriff, ma risponde a una esigenza profonda della filosofia di Cassirer, il cui «costruttivismo trascendentale» richiede di essere chiarito proprio attraverso l’esame critico dei fraintendimenti insiti nella «soluzione» empiristica del problema della conoscenza. La polemica antiempiristica infatti non soltanto costituisce – come è stato rilevato19 – uno dei motivi ispiratori del grande progetto storiografico dell’Erkenntnisproblem, il cui primo volume era già stato pubblicato nel 1907, ma è ben presente anche in testi di carattere prevalentemente sistematico come la Philosophie der symbolischen Formen e Determinismus und Indeterminismus in der modernen Physik. In queste due ultime opere la critica di quello che è chiamato anche «empirismo dogmatico» si presenta in una forma particolarmente incisiva, che consiste nell’imputare alla gnoseologia empiristica un sostanziale fraintendimento, al pari del «razionalismo dogmatico», della reale struttura della conoscenza, che si presenta come un continuo processo dinamico nel quale «forma» e «materia», «pensiero» e «esperienza» sono inestricabilmente connessi. Tanto il «razionalismo dogmatico» quanto l’«empirismo dogmatico» sono accomunati, a giudizio di Cassirer, dalla incapacità di rendere conto di quella «polarità» insita nella conoscenza, che, oltre a essere ampiamente confermata dallo sviluppo storico della moderna scienza della natura, è ben espressa dalla celebre formula goethiana secondo la quale «ogni dato di fatto è già teoria»20. L’empirismo dogmatico e il razionalismo dogmatico falliscono entrambi lo scopo, in quanto non possono riconoscere esattamente nella conoscenza questo atto, questo puro carattere di processo. Essi sopprimono questo carattere negando la polarità, che è la vera forza motrice della conoscenza, il principio del suo movimento. Questa polarità viene distrutta, se, invece di mettere in relazione fra loro gli opposti elementi e di mediarli col pensiero, si cerca di ricondurli gli uni agli altri.21 L’empirismo, in particolare, realizza tale programma «riduzionistico» assolutizzando il valore epistemologico dei dati sensoriali e concependo la conoscenza come un processo di descrizione e «riproduzione» concettuale di ciò che costituirebbe la base fattuale di ogni processo conoscitivo. Ma, così facendo, «la semplice coincidenza si sostituisce alla vera e feconda correlazione» e viene in tal modo disconosciuta non soltanto la funzione dell’«elemento costruttivo e veramente creatore del concetto», ma anche quella della stessa «esperienza», dal momento che «concetto ed esperienza […] sviluppano le facoltà che possiedono solo in quanto vengono a confronto fra loro»22. In queste come in altre pagine della Philosophie der symbolischen Formen23 il richiamo al sensismo machiano si inserisce nella più ampia polemica che Cassirer va conducendo soprattutto nei confronti dell’empirismo di matrice positivistica, nell’intento di affermare la fecondità, anche sul piano della indagine storica, della propria «filosofia delle forme simboliche» di fronte agli esiti «riduzionistici» di tale empirismo. Non a caso, in quelle stesse pagine in cui prende le distanze da ogni concezione «imitativa» della conoscenza, da ogni idea di conoscenza come Abbildtheorie,24 Cassirer si preoccupa di precisare – in esplicito dissenso da Mach e dal suo «principio di economia» e riconoscendo invece il proprio debito nei confronti dell’analisi duhemiana delle teorie fisiche – la funzione svolta dal «simbolo» nella formazione dei concetti scientifici. Il ricorso alla simbolizzazione non risponde alla semplice esigenza di ottenere, attraverso formule, descrizioni «abbreviate» dei fatti osservati in ottemperanza al principio di economia, ma si configura come una mediazione formale che è essenziale per la definizione della «realtà» fisica volta a volta indagata.

La «filosofia delle forme simboliche» ci ha sempre mostrato che il «simbolo» non è mai un involucro semplicemente fortuito ed esteriore per il pensiero, ma nell’uso del simbolo si esprime un determinato orientamento, una fondamentale tendenza e una fondamentale forma del pensiero stesso […] Il cammino conduce anche qui oltre la concezione dei simboli, alla concezione della cosa, dell’oggetto simboleggiato: la considerazione e l’analisi dei simboli […] ci debbono rendere comprensibile la natura e il carattere dell’«oggettività fisica»25. La prevalente impostazione polemica non impedisce comunque a Cassirer di sviluppare, soprattutto nel quarto e ultimo volume dell’Erkenntnisproblem, una valutazione più articolata della epistemologia machiana, che non esclude l’esplicito riconoscimento della «grande fecondità metodica»26 di quella «fisica fenomenologica» che, già in parte delineata in Die Geschichte und die Wurzel des Satzes der Erhaltung der Arbeit del 1872, avrebbe trovato la propria formulazione più matura in Die Prinzipien der Wärmelehre, l’opera del 1896 nella quale Mach si impegnava in una esposizione «storico-critica» dei principi della termologia e della termodinamica. Con la Wärmelehre Mach non soltanto procedeva a una analisi della termodinamica e, in particolare, del principio di conservazione dell’energia secondo il metodo storico-critico già applicato alla esposizione della meccanica, ma delineava il programma di una «fisica fenomenologica» che si contrapponeva in modo esplicito al paradigma meccanicistico. Il tratto caratteristico fondamentale della «riforma» machiana della scienza fisica era costituito dalla programmatica esclusione di ogni impostazione di tipo «riduzionistico» e «sostanzialistico», secondo la quale esisterebbe un punto vista privilegiato dal quale sviluppare l’indagine del mondo fisico. La riflessione condotta in primo luogo sulle implicazioni epistemologiche del primo principio della termodinamica aveva contribuito in misura determinante alla delineazione di un modello di scienza della natura per il quale l’indagine del mondo fisico deve consistere nella ricerca di relazioni di dipendenza funzionale fra classi di fenomeni. Muovendo da una critica radicale di ogni interpretazione ontologico-metafisica del nesso di causalità, Mach intendeva proporre un nuovo «paradigma» della ricerca fisica che, in opposizione a una qualunque prospettiva che, come quella meccanicistica, intendesse assolutizzare un determinato tipo di fenomeni fisici, assumendoli come punto di riferimento privilegiato, si proponeva invece di individuare correlazioni costanti fra classi di fenomeni e, più specificamente, leggi empiriche di trasformazione fra forme di energia.27

Nelle pagine che il quarto volume dell’Erkenntnisproblem dedica all’esame dei principali sviluppi della fisica teorica della seconda metà dell’Ottocento, Cassirer attribuisce un particolare rilievo al nuovo programma epistemologico machiano, consapevole del fatto che in esso, come in quello per più di un motivo affine della «energetica» di Wilhelm Otswald e di Georg Helm, si assiste a una radicale messa in discussione del «valore ontologico» delle teorie fisiche. Attraverso le riflessioni di Mach e degli «energetisti» viene sollecitata un’ampia discussione, all’interno della stessa comunità dei fisici, intorno a ogni interpretazione «ingenuamente» realistica dei concetti fisici e al privilegiamento del paradigma meccanicistico, che Cassirer vede soprattutto esemplificato nella posizione espressa da Wilhelm Wundt nello scritto Die physikalische Axiome und ihre Beziehung zum Causalprinzip del 1866. In esso è presente, a giudizio di Cassirer, una sorta di «deduzione trascendentale» della «interpretazione meccanica della natura», secondo la quale il meccanicismo si presenterebbe come un «semplice corollario» dei concetti di «sostanza» e di «causalità», assunti come «primitivi concetti fondamentali di tutte le scienze naturali»28. Ai tentativi, come quello wundtiano, di procedere a una vera e propria «deduzione a priori» del punto di vista meccanicistico si oppone direttamente l’epistemologia machiana,29 della quale Cassirer riconosce la fecondità teorica, in quanto contributo decisivo alla eliminazione, dall’ambito della ricerca fisica, di prospettive teoriche e concetti ancora troppo compromessi in senso metafisico. Con Mach la fisica sembrò entrare in una nuova fase del suo sviluppo ontologico; qualcuno considerò questa nuova concezione della fisica non solo un progresso notevole, ma addirittura una conclusione finale […] Mach poteva vantarsi a ragione di aver liberato la scienza da tutta una congerie di problemi fittizi, grazie all’eliminazione del concetto metafisico di sostanza.30 Il merito principale di Mach è quello di aver spiegato che «quanto c’è di permanente nelle cose è rappresentato da determinate “equazioni” o “relazioni”, che dunque costituiscono la vera “sostanzialità”», in luogo di tutte «le ingenue rappresentazioni materiali che furono solidamente associate a tali relazioni nel corso della storia della fisica»31.

Nel ricostruire la genesi della critica machiana della nozione di causalità e del programma di una «fisica fenomenologica», Cassirer richiama opportunamente le pagine del saggio del 1872 nelle quali Mach, offrendo una prima importante testimonianza della fecondità del metodo storico-critico, si impegna nel tentativo di mostrare l’erroneità del punto di vista che intenda correlare strettamente il principio di causalità al modello di spiegazione meccanicistica. Proprio l’analisi storico-critica del principio di conservazione del lavoro pone in evidenza che la nozione di causalità è originariamente correlata con l’idea, già profondamente radicata nell’esperienza ordinaria, secondo cui non è possibile «ricavare lavoro dal nulla», idea che può essere formulata nei termini della impossibilità di un perpetuum mobile. La conclusione fondamentale del saggio machiano consiste quindi nel fatto che, a giudizio del fisico austriaco, la nozione di causalità, ben lungi dall’essere definibile a partire dal principio di conservazione dell’energia meccanica, ne costituisce piuttosto la premessa in senso storico-genetico, poiché tale principio riposa sull’idea «intuitiva» secondo la quale la quantità di lavoro presente in un sistema è sempre effetto della trasformazione di una quantità di lavoro preesistente. E, nel richiamarsi a Die Geschichte und die Wurzel des Satzes von der Erhaltung der Arbeit, Cassirer coglie con chiarezza un’altra implicazione di carattere più generale dello scritto machiano, secondo la quale i concetti fondamentali della fisica, per quanto caratterizzati da un crescente livello di astrazione, intrattengono un rapporto assai stretto con un insieme di presupposti, non di rado non esplicitati, che da sempre sono coinvolti nell’esperienza ordinaria del mondo. Le profonde differenze che indubbiamente separano il proprio «costruttivismo trascendentale» dalle ontologie dell’empirismo non impediscono a Cassirer di sottolineare un aspetto della epistemologia machiana destinato a rivelarsi assai influente, costituendo, fra l’altro, uno dei motivi di affinità fra Mach e lo stesso Einstein.32 A partire dalla propria impostazione storico-genetica Mach ha inteso mostrare che ogni teoria astratta trova le sue radici in esperienze primitive e istintive, subite dall’umanità nei suoi contatti quotidiani con gli oggetti circostanti, esperienze che ebbero una portata sempre maggiore nel corso dei secoli. Da tali elementi, dalle ripetute delusioni nei tentativi di creare lavoro dal nulla, si sviluppò la certezza che un perpetuum mobile fosse impossibile. Questa certezza non si può basare sulla meccanica, perché la validità del principio di esclusione del moto perpetuo fu sentita ben prima che si fossero sviluppate le teorie meccaniche.33 Esaminati secondo i criteri del metodo storico-critico, che già nel saggio del 1872 aveva trovato una prima efficace formulazione,34 i tentativi di attribuire ai principi della meccanica lo status di assiomi della scienza fisica si rivelano del tutto illusori. Il meccanicismo, e il privilegiamento in esso implicito di proprietà dei corpi che siano riconducibili a esperienze sensoriali visive o tattili, non possiede in realtà «nessuna evidenza logica immediata», ma costituisce un programma di ricerca che deve la propria «persuasività» a fattori empirico-accidentali. La ricostruzione genetica dei legami che intercorrono fra le teorie fisiche e l’esperienza ordinaria mostra come quest’ultima sia un flusso di esperienze sensoriali fra le quali sussistono rapporti di dipendenza funzionale che tuttavia, a una analisi puramente fenomenologica, non presentano nessun tipo di ordinamento gerarchico. L’introduzione di un punto di vista privilegiato nello studio dei fenomeni fisici, come avviene nel meccanicismo, non è quindi in accordo con la fenomenologia dei processi percettivi che caratterizzano l’esperienza ordinaria del mondo, ma è il risultato di una interpretazione della base fenomenistica, secondo assunzioni che sono non di rado compromesse in senso metafisico.35 In questo modo, l’analisi condotta da Cassirer nell’Erkenntnisproblem mostra come il programma di una «fisica fenomenologica» sia l’esito necessario dell’applicazione del metodo storico-critico all’edificio della fisica, con la conseguente «decostruzione» dei presupposti metafisici impliciti nel paradigma meccanicistico.36

3. L’empirismo machiano e i processi di idealizzazione

Fra gli aspetti che contribuiscono a una maggiore articolazione della interpretazione cassireriana di Mach, mitigandone, sia pure in parte, la dominante ispirazione polemica, vi è anche l’esplicito riconoscimento del fatto che l’impostazione empiristico-fenomenistica non impedisce al fisico austriaco di tenere nel debito conto la funzione svolta, nella indagine scientifica, dai processi di idealizzazione. La fisica teorica, come è ampiamente confermato dal suo sviluppo storico, non si limita a proporre una «descrizione» dei fatti, ma procede all’indagine del mondo naturale facendo ricorso a concetti che, come quello di «gas ideale» o di «corpo assolutamente nero», sono privi di un immediato riscontro nella realtà empirica e l’empirismo machiano non ha difficoltà a riconoscere l’intervento di «tali elementi ideali nella fisica», dal momento che «essi rappresentano una parte integrante di quegli esperimenti fittizi, senza i quali, come dice Mach espressamente, non si sarebbe potuta costruire la fisica»37. Già in Substanzbegriff und Funktionbegriff Cassirer ha riservato una particolare attenzione alle considerazioni sviluppate da Mach a proposito del ruolo svolto nella ricerca scientifica dagli «esperimenti mentali», richiamando direttamente le pagine che Erkenntnis und Irrtum dedica all’argomento. In esse Mach non soltanto individua nel Gedankenexperiment la «condizione preliminare necessaria dell’esperimento fisico», ma ne sottolinea lo stretto legame con il «metodo della variazione», con un procedimento di «variazione mentale» dei dati empirici, che ne costituisce il tratto distintivo. Una delle possibili applicazioni di tale procedimento consiste nell’isolare una particolare classe di «circostanze determinanti», riducendo «mentalmente», fino a renderla nulla, la misura quantitativa dell’influenza esercitata da altri fattori.38 In questo caso, il metodo della variazione si presenta come una procedura che, attraverso la «rimozione» di alcune circostanze determinanti, consente la formulazione di leggi di dipendenza funzionale fra fenomeni, che sono relative a situazioni fisiche «ideali». Tutti i concetti e le leggi fisiche generali, il concetto di raggio, le leggi diottriche, la legge di Mariotte ecc. – osserva Mach – sono state acquisite per idealizzazioni. Per questo assumono quella forma semplice e generale a un tempo, poco determinata, che consente di ricostruire qualunque fatto, anche complicato, per combinazione sintetica di tali leggi e concetti, cioè di comprenderli.39 Ma soprattutto, di particolare rilievo è il fatto che, fra gli esempi di applicazione del metodo della variazione, e quindi di esperimento mentale, Mach individui proprio la scoperta della «legge di inerzia», poiché ciò consente al filosofo neokantiano di cogliere nella epistemologia machiana una conferma della propria interpretazione della legge del moto inerziale, come legge che possiede un significato «puramente astratto-foronomico» e che non ha invece un immediato riferimento fisico. Fermo restando che l’esperimento costituisce una condizione imprescindibile per decidere della applicabilità empirica del principio di inerzia, quest’ultimo possiede un «senso logico e matematico» che è indipendente dalla verifica empirica e del quale lo stesso empirismo machiano rende conto con la riflessione sul Gedankenexperiment, in quanto procedimento che si avvale del metodo della variazione. In questo modo Mach ha riconosciuto che la variazione intellettuale dei fattori determinanti è ciò che principalmente ci fornisce per la prima volta una visione complessiva veramente chiara su tutto il campo dei fenomeni stessi. Soltanto qui appare con chiarezza il significato di ogni singolo elemento; soltanto qui i dati della percezione si dispongono in un complesso ordinato nel quale noi cogliamo chiaramente il significato che ciascuna parte ha nella costruzione del tutto.40 L’enfasi posta sull’analisi dell’esperimento mentale e del metodo della variazione, presentato come vera e propria forma di ordinamento dell’esperienza scientifica, consente a Cassirer non soltanto di rendere conto dell’effettiva complessità dell’empirismo machiano ma, soprattutto, di mostrare come a nessuna forma, nemmeno alla più (apparentemente) radicale, di empirismo sia del tutto estraneo il riconoscimento del ruolo assunto dalle componenti teorico-concettuali nella «formalizzazione» e «costruzione» dell’esperienza scientifica. «Anche quei ricercatori, che credono di trovarsi esclusivamente sul terreno dei “fatti” empirici e respingono ogni indipendenza dell’intelletto rispetto ai dati della percezione immediata, hanno con ciò esplicitamente attestato il carattere proprio di questa funzione del pensiero»41. Nel caso dell’empirismo machiano, inoltre, il riconoscimento del ruolo attivo della funzione intellettuale è reso ancora più evidente dal fatto che esso si inserisce all’interno di una visione epistemologica secondo la quale compito essenziale della scienza è quello di individuare non già proprietà «essenziali», bensì relazioni di dipendenza funzionale fra fenomeni che, dal punto di vista matematico, si configurano come altrettanti invarianti nell’ambito di determinate serie variazionali. L’empirismo machiano sembra presentare in questo modo alcune affinità con l’epistemologia cassireriana, sia per quanto riguarda il ripensamento della tradizionale nozione di causalità in termini di relazione di dipendenza funzionale, che avvicina in certa misura Mach al «funzionalismo» del filosofo neokantiano, sia per quanto concerne la nozione di invariante, non del tutto dissimile da quella concezione «invariantistica» dell’a priori, alla quale Cassirer si era avvicinato avendo presenti alcuni esiti della ricerca matematico-geometrica ottocentesca, in primo luogo la «teoria dei gruppi» delineata da Felix Klein con il celebre Erlanger Programm del 1872.42 Del resto, lo stesso autore di Substanzbegriff und Funktionbegriff ha riconosciuto questi elementi di convergenza, riferendosi in particolare alla critica che Mach, nella Wärmelehre, aveva sviluppato nei confronti della concezione «sostanzialistica» della materia, sostenendo che il corpo fisico «consiste nella realizzazione di certe equazioni che hanno luogo fra elementi sensoriali» e che «queste equazioni o rapporti sono il vero permanente»43. E, a commento del passo della Wärmelehre nel quale trova espressione l’aspetto funzionalistico-relazionale della concezione machiana della materia, Cassirer afferma che «fino a questo punto l’empirismo moderno concorda ancora perfettamente con la concezione critica del senso e della tendenza progressiva della conoscenza della natura. Ciò che noi conosciamo, anche soltanto della materia […] sono pure relazioni, ma fra queste ve ne sono di indipendenti e di permanenti, mediante le quali un determinato oggetto ci è dato»44. Questo stesso tipo di accordo si può osservare inoltre per quanto riguarda l’idea secondo cui l’indagine scientifica deve avere come scopo l’individuazione di «invarianti della esperienza», uno «stato di cose», questo, che «non è mai seriamente negato da alcun “empirismo” per quanto intransigente»45. E, anche in questo caso, Mach costituisce il referente neanche troppo implicito delle osservazioni cassireriane che, prendendo ad esempio la «teoria evoluzionistica della esperienza», sottolineano come la concezione del tempo come sensazione che si costituisce e si evolve attraverso un processo di adattamento all’ambiente presupponga l’esistenza di un ordine temporale oggettivo.46

Per quanto tuttavia l’autore di Sostanza e Funzione, con indubbia sapienza interpretativa, riesca a offrire una immagine dell’empirismo machiano che, prendendo opportunamente le distanze da alcuni consolidati clichés, rende conto della complessità della epistemologia del fisico austriaco, rimane il fatto che le pagine cassireriane conservano (e non potrebbe essere altrimenti) una prevalente ispirazione polemica. A ben vedere, infatti, i ripetuti riferimenti agli aspetti «funzionalistici» e «invariantistici» presenti nella epistemologia machiana valgono principalmente, per Cassirer, a sottolineare l’impasse in cui viene a trovarsi una impostazione epistemologica, per la quale risulta impossibile giustificare, dal punto di vista teorico, ciò che viene acquisito attraverso la riflessione storico-critica sulla scienza moderna. Se quindi, per un verso, l’analisi delle teorie scientifiche condotta secondo il metodo storico-critico offre un nutrito repertorio di exempla che attestano in vario modo il ruolo attivo svolto dalle componenti formali e concettuali nella organizzazione dell’esperienza scientifica, l’epistemologia machiana si rivela però inadeguata nel dare sistemazione teorica alle acquisizioni fattuali della storia della scienza. Se è vero che «anche l’“empirista” è costretto ad ammettere» una «attività indipendente e costruttiva» che si manifesta soprattutto nei processi di idealizzazione in quanto esempi di «creazione di strutture-limite»47, è altrettanto vero che la concezione empiristica del rapporto fra teoria e esperienza non consente di rendere conto di quei processi48. Del resto, a giudizio di Cassirer, la stessa analisi della legge di inerzia è rivelatrice di questa tensione interna alla epistemologia machiana, che si manifesta nei termini di un contrasto, difficilmente componibile, fra due differenti interpretazioni di tale legge, quella contenuta nella Meccanica e quella delineata in Conoscenza ed Errore, nell’ambito della riflessione sul Gedankenexperiment. Se nell’opera del 1883 Mach, attraverso una critica delle nozioni newtoniane di spazio e tempo assoluti, individua nel «cielo delle stelle fisse» il sistema di riferimento privilegiato che consente di attribuire al principio di inerzia un preciso significato fisico49, in Erkenntnis und Irrtum l’applicazione dei procedimenti del Gedankenexperiment ha, come conseguenza, quella di «riconoscere subito che la peculiare validità di questo principio non è legata ad alcun determinato sistema materiale di riferimento»50, ammettendo così la possibilità di una interpretazione ideale-astratta della legge di inerzia, difficilmente compatibile con le premesse empiristiche della epistemologia. «Infatti il presupposto, su cui si fonda l’iniziale obiezione di Mach, e cioè che il pensiero non può mai spingere lo sguardo al di là dei singoli dati di fatto, è ora abbandonato: il metodo dell’“esperimento” mentale ci svela una particolare attività del pensiero, la quale passa dai casi reali ai casi possibili e affronta l’impresa di dare anche di questi una determinazione»51.

Soprattutto attraverso alcune pagine di Substanzbegriff und Funktionbegriff e del quarto volume dell’Erkenntnisproblem Cassirer offre dunque una immagine assai meno «monolitica» e più articolata dell’empirismo machiano, presentato come una prospettiva teorica nella quale la prevalente impostazione fenomenistico-sensistica, e la stessa idea della scienza come «descrizione economica» dei «fatti», non escludono il riconoscimento del ruolo centrale assunto nella indagine scientifica dai processi di idealizzazione e di integrazione fra componente empirico-sensibile e componente ipotetico-concettuale, finalizzati alla ricerca di dipendenze funzionali fra fenomeni. Tutto ciò non impedisce tuttavia a Cassirer di ribadire, già in Sostanza e Funzione, la differenza profonda che separa la propria concezione epistemologica da quella machiana, differenza che, come già abbiamo ricordato, coinvolge principalmente la teoria dell’oggetto fisico. Se Cassirer è disposto a riconoscere le «aperture» di Mach a una concezione «funzionalistico-relazionale» della materia – che sono in larga misura una conseguenza della polemica antimetafisica condotta dal fisico austriaco – è altrettanto vero che il «contrasto» si manifesta in tutta la sua evidenza nel momento in cui ci si proponga di chiarire il «significato logico» dell’oggetto fisico, ricondotto a un insieme di nessi relazionali invarianti. La «permanenza» delle relazioni – che lo stesso Mach individua quale tratto distintivo dell’oggetto fisico – non può essere giustificata come se si trattasse di una «proprietà» intrinseca dei dati sensoriali, ma diventa comprensibile soltanto nell’ambito di una teoria «trascendentale» dell’oggetto, secondo la quale esso si costituisce attraverso un processo di determinazione matematico-concettuale del «molteplice-sensibile»52. Se, come lo stesso Mach riconosce,53 i fenomeni fisici sono regolati dal principio della «univocità dell’accadere», di esso si può rendere conto soltanto ammettendo che la determinazione univoca degli accadimenti fisici sia il risultato del loro inserimento in un sistema di «rapporti permanenti di connessione»54. Il «costruttivismo trascendentale» cassireriano diviene così il presupposto per una critica che non riguarda soltanto la teoria dell’oggetto fisico come «complesso di sensazioni», ma coinvolge la stessa componente «biologico-evoluzionistica» della epistemologia machiana, l’idea cioè, ben nota, secondo cui il processo conoscitivo debba essere riguardato come una delle forme (quella più specificamente umana) di adattamento all’ambiente. L’epistemologia evoluzionistica machiana resta ancora legata a una concezione «precritica» della conoscenza, secondo la quale essa continua ad assumersi il compito di realizzare, sia pure in processo infinito, le condizioni per una piena congruenza con una presunta realtà «in sé», muovendo dall’idea tradizionale di verità come «corrispondenza» fra «pensiero» e «essere», come adaequatio rei et intellectus. L’interpretazione biologica della conoscenza cerca […] di mantenere la costanza dell’essere sostenendo che ogni conoscenza è una progressiva adeguazione all’essere, senza poter giustificare l’affermazione di questa costanza in un corrispondente mezzo del sapere. Si parla di una permanenza del nostro ambiente, da cui si dovrebbe sviluppare una corrispondente permanenza dei pensieri, ma non si considera che con questa permanenza dell’ambiente in definitiva non si intende e non si esprime altro che l’esistenza, fra gli elementi dell’esperienza, di saldi rapporti funzionali, in fondo formulabili matematicamente.55 Come sarà affermato in forma ancora più esplicita nelle pagine introduttive al terzo volume della Philosophie der symbolischen Formen, nelle quali, pur non comparendo il nome di Mach, «razionalismo» e «sensismo» sono ricondotti a uno «stesso presupposto metodologico», soltanto con «la rivoluzione del modo di pensare» operata da Kant si pongono le basi per un definitivo superamento della concezione «dogmatica» del rapporto fra soggetto e oggetto, alla quale nemmeno l’empirismo sensistico riesce a sottrarsi. Invece del rapporto statico fra conoscenza e oggetto, quale può essere indicato mediante l’espressione geometrica di congruenza, di «coincidenza» fra i due termini, viene cercato e stabilito fra essi un rapporto dinamico. La conoscenza, sia intesa come totalità sia parzialmente, non perviene «al di là», nel mondo trascendente degli oggetti, né questo può «penetrare» in essa […] Il sapere non viene descritto né come una parte dell’essere né come un suo rispecchiamento […] È infatti la funzione del conoscere che costruisce e costituisce l’oggetto, non come assoluto, ma come condizionato da questa stessa funzione, come «oggetto nel fenomeno»56.

4. La fisica moderna e i limiti del fenomenismo

La critica cassireriana dei presupposti ontologici della epistemologia machiana, già delineata in Sostanza e Funzione, si precisa ulteriormente nella terza parte della Filosofia delle forme simboliche e nel quarto volume dell’Erkenntnisproblem. Accentuando i tratti fenomenistici della «filosofia naturale» e disconoscendo in parte l’originalità del «monismo neutrale» machiano, Cassirer interpreta la «teoria degli elementi» come l’approdo ottocentesco di una tradizione, quella dell’empirismo psicologico sei-settecentesco e del fenomenismo berkeleyano, il cui tratto caratteristico è costituito dall’indagine dei fenomeni psichici secondo una impostazione elementistico-associazionistica. A giudizio di Cassirer, il cui referente polemico è rappresentato in questo caso soprattutto dalla Analyse der Empfindungen, il fenomenismo della Elementenlehre, individuando nelle «sensazioni pure» gli elementi costitutivi dell’oggetto fisico, finisce per proporre un modello di fondazione «psicologica» della scienza fisica che si oppone radicalmente al programma, kantiano e neokantiano, di una fondazione logico-trascendentale della conoscenza scientifica. Se con la «filosofia naturale» della «teoria degli elementi» Mach ha inteso delineare una prospettiva metodologia unitaria in grado di «eliminare le arbitrarie linee di separazione» fra psicologia e fisica, fra «esperienza esterna» e «esperienza interna», ciò ha comportato un riduzionismo a base fenomenistico-psicologistica, del quale non è difficile cogliere la matrice berkeleyana. Nella fisica del secolo XIX […] interviene un notevole cambiamento del fronte di lotta. La gnoseologia di Berkeley, che racchiudeva in sé la più decisa dichiarazione di guerra della metafisica contro la fisica matematica, penetra ora nel campo stesso della fisica. La fondazione della fisica e la revisione dei suoi principi vengono appunto cercate sulla via di questa gnoseologia. La logica della conoscenza oggettiva, che si sviluppa in connessione strettissima col sistema classico della fisica e che aveva raggiunto infine il punto culminante nel sistema della filosofia trascendentale di Kant, sembra in tal modo lasciare definitivamente il posto a vantaggio della psicologia; e quest’ultima in senso rigorosamente sensistico si afferma qui come «pura psicologia degli elementi». Questo cambiamento di direzione nella gnoseologia del secolo XIX è segnato dalla Analyse der Empfindungen di Mach.57

Al programma di una fondazione su base fenomenistico-sensistica della fisica Cassirer rivolge, nei ripetuti riferimenti contenuti nella Philosophie der symbolischen Formen e nelle pagine dedicate a Mach del quarto volume dell’Erkenntnisproblem, due obiezioni principali, la prima delle quali riguarda la compatibilità della «teoria degli elementi» con altre assunzioni della epistemologia machiana, mentre la seconda ha a che fare direttamente con la efficacia interpretativa della Elemententheorie, cioè con la sua capacità di rendere conto degli sviluppi e delle più recenti acquisizioni della fisica otto-novecentesca. Nel primo caso Cassirer pone in evidenza come l’impostazione della ontologia machiana sia in aperto contrasto con i presupposti antiriduzionistici e antisostanzialistici della epistemologia. Se quest’ultima trova uno dei suoi principali motivi ispiratori nella polemica contro il meccanicismo, cioè contro la tesi – che Mach giudica ancora viziata da presupposti metafisici – secondo la quale tutti i fenomeni fisici dovrebbero essere riconducibili a processi meccanici e quindi ad aggregazioni di particelle elementari, lo stesso Mach resterebbe legato a un punto di vista riduzionistico nel definire la propria teoria dell’oggetto in quanto «complesso di sensazioni». In altri termini, l’antiriduzionismo implicito nella polemica antimeccanicistica, e la stessa battaglia ingaggiata da Mach a favore di una «fisica fenomenologica» caratterizzata da una concezione puramente «relazionale» della materia, coesistono contraddittoriamente con una ontologia e una psicologia di tipo associazionistico, nella quale le sensazioni svolgono il ruolo di elementi-sostanze semplici che stanno a fondamento della realtà. «[…] Mach e altri rappresentanti della energetica combattevano bensì il meccanicismo della fisica, però restavano ancora completamente legati alle premesse dello stesso nella loro psicologia. La loro psicologia era e rimaneva una psicologia associazionista»58. Nella Philosophie der symbolischen Formen Cassirer fa ricorso a espressioni ancora più esplicite per sottolineare questo limite del fenomenismo, ponendo in evidenza la debolezza intrinseca alla «struttura categoriale» della elaborazione machiana, la quale «non è niente di diverso rispetto a quella dell’oggettiva e oggettivante scienza della natura»59. Il pur lodevole tentativo, messo in atto da Mach, di delineare una «filosofia naturale», incentrata su una «teoria degli elementi», in grado di comprendere unitariamente l’ambito di indagine della fisica e della psicologia, risulta vanificato per la inadeguatezza di una psicologia, ancora legata a una impostazione elementistico-associazionistica. «Appunto in questi presupposti, nel modo di intendere il concetto di sensazione semplice, Mach è rimasto fisiologo e fisico. La sensazione non viene qui considerata nella sua pura attualità, come processo, ma è intesa fin da principio come sostanza, come il “materiale” onde il mondo è costituito, ed è così oggettivizzata»60. E, dal momento che Mach non si sottrae a una interpretazione in termini «sostanzialistici» della «sensazione pura», la sua «filosofia naturale» appare segnata da un vero e proprio «paradosso», consistente nel fatto che lo scetticismo mostrato dal fisico austriaco nei confronti della ipotesi atomistica non si estende al campo dell’«esperienza pura», dello «stesso accadere psichico», dove in realtà «non si incontra mai la sensazione semplice come fatto reale»61. Accade quindi che quello stesso Mach, che ha costantemente polemizzato contro ogni forma di «ipostatizzazione del concetto di atomo», per assumerlo al più come ipotesi esplicativa provvisoria, non esita invece ad attribuire alla «sensazione semplice» una «vera e propria “realtà psichica”»62. Il fenomenismo machiano appare così fondato su una forma di associazionismo psicologico, alla quale l’autore della Philosophie der symbolischen Formen contrappone una «fenomenologia della percezione» che, ispirandosi a una tradizione il cui inizio viene individuato nella «filosofia del linguaggio» herderiana, procede allo studio della vita psichica secondo una prospettiva di tipo organicistico, per la quale ogni riferimento a «sensazioni isolate», o anche a singoli campi sensoriali distinti, è sempre il risultato di un procedimento astrattivo che separa ciò che in realtà, nella reale vita psichica, «si presenta come un tutto inizialmente ancora indiviso»63.

D’altra parte – e veniamo al secondo aspetto della critica cassireriana – il fenomenismo machiano, oltre a mostrare la debolezza dei propri fondamenti psicologici, evidenzia anche la propria inadeguatezza dal punto di vista epistemologico, dal momento che alcune teorie fondamentali della fisica otto-novecentesca, a cominciare dall’atomismo, risultano difficilmente compatibili con il rigoroso empirismo sensistico sostenuto dal fisico austriaco. Posta di fronte agli sviluppi otto-novecenteschi della teoria atomica, la «fisica fenomenologica» machiana, che talvolta Cassirer accomuna senz’altro alle posizioni espresse dai sostenitori della «energetica»64, sembra mostrare tutti i suoi limiti. Se, per un verso, alla «fisica fenomenologica» deve essere riconosciuta una indiscutibile fecondità metodologica per aver favorito l’affermarsi di una concezione «relazionale» dell’oggetto fisico, quelle stesse acquisizioni metodologiche rischiano di essere pregiudicate dal prevalente impianto fenomenistico di una ontologia che, riducendo l’oggetto a un «complesso di sensazioni», non riconosce a sufficienza la funzione centrale assunta nella ricerca fisica dall’ipotesi atomistica. Il fenomenismo, l’«angusto schema sensistico» della gnoseologia machiana hanno condotto, a giudizio di Cassirer, a una epistemologia che non è in grado di rendere conto dell’effettivo rapporto che, nell’ambito della ricerca fisica, si instaura fra teoria e esperienza, ammettendo il «concetto di atomo» come una semplice ipotesi ausiliaria, come una formula di cui – in conformità con il principio di economia – ci si serve per una «descrizione abbreviata» dei fenomeni.65 E, a riprova dell’inadeguatezza epistemologica del fenomenismo di fronte ai più recenti sviluppi della teoria atomica, l’analisi storica contenuta nel quarto volume dell’Erkenntnisproblem non soltanto richiama, a ragione, le note obiezioni che furono rivolte alle posizioni machiane da figure di primo piano della ricerca fisica del tempo come Ludwig Boltzmann e Planck, ma, soprattutto, contrappone al modello della «fisica fenomenologica» quello, assai più vicino a una concezione «olistica» del rapporto fra teoria e esperienza, rappresentato da un’opera come I Principi della meccanica di Heinrich Hertz, nella cui epistemologia sono ben presenti ascendenze di tipo kantiano.66 Hertz non fu certo un peggior empirista di Mach […] Però egli è convinto che non occorre che ogni singola parte di una teoria possa avere una […] conferma o ne abbisogni, ma che questa debba essere richiesta e trovata per il tutto, per un sistema di leggi teoriche […] I concetti fondamentali della fisica sono, secondo Mach, il prodotto e l’impronta passiva che l’azione degli oggetti lascia sugli organi dei nostri sensi; invece, secondo Hertz, essi sono l’espressione di un processo nel quale l’attività teoretica ha libero giuoco, e soltanto alla conclusione finale deve trovarsi a contatto con l’esperienza per ottenere da questa una conferma o una correzione. Con ciò Hertz aderisce saldamente alla possibilità e alla necessità di una «pura scienza della natura», nel senso di Kant: un’idea che Mach e la fisica fenomenistica, che egli rappresenta, non possono che respingere con orrore.67

5. L’empirismo sensistico e la «fenomenologia della percezione»

Nella contrapposizione della figura di Hertz a quella di Mach si compendia efficacemente l’interpretazione cassireriana della «filosofia naturale» e della epistemologia machiane.68 Una interpretazione che, muovendo da un «costruttivismo trascendentale» di ispirazione kantiana (ma anche con forti ascendenze leibniziane, soprattutto per quanto riguarda l’attenzione prevalente ai processi di simbolizzazione)69, sottolinea i limiti della concezione fenomenistica dell’oggetto fisico, pur nel riconoscimento della complessità dell’empirismo machiano e dell’importante funzione svolta dalla «fisica fenomenologica» nel dibattito epistemologico otto-novecentesco. D’altra parte, sarebbe fin troppo facile osservare, soprattutto alla luce di più recenti acquisizioni della ricerca storiografica intorno alla figura di Mach e alle sue idee epistemologiche, che nemmeno la lettura cassireriana, per quanto caratterizzata da una indubbia sapienza interpretativa, sia rimasta del tutto immune dal rischio di offrire una immagine del fisico austriaco che, per più di un motivo, sembra riproporre il cliché del filosofo-scienziato positivista, sostenitore di un empirismo «ingenuo» e in larga misura inadeguato a rendere conto della componente teorico-concettuale dell’impresa scientifica. E ciò non soltanto perché il rinnovamento degli studi su Mach ha avuto, fra i suoi risultati, quello di mostrare come il fisico austriaco sia probabilmente pervenuto, negli ultimi anni, a riconoscere la validità delle prove fisiche circa l’esistenza degli atomi, sottoponendo a revisione la precedente interpretazione della teoria atomica, alla quale era disposto a riconoscere soltanto lo status di ipotesi provvisoria, dotata di una particolare capacità «euristica»70. Uno degli aspetti che possono apparire più problematici della lettura cassireriana sembra essere costituito dal fatto che in essa le resistenze, indubbiamente manifestate da Mach, nei confronti della teoria atomica, siano presentate come una diretta conseguenza dell’impianto fenomenistico della sua gnoseologia. Indagini successive alla interpretazione cassireriana, dovute fra gli altri a Larry Laudan e a Paul Feyerabend, hanno mostrato come le perplessità machiane siano riconducibili non tanto al fenomenismo della «filosofia naturale», ma ad alcune assunzioni generali di carattere metodologico, che prescrivono, ad esempio, di adottare teorie che siano in linea principio sottoponibili al controllo empirico o, anche, al tratto antiriduzionistico della metodologia machiana che, come abbiamo mostrato, caratterizza il programma della fisica fenomenologica e l’intera polemica contro il paradigma meccanicistico.71 Quando Mach sostiene che la realtà consiste di «elementi», intende questi ultimi non già come particolari tipi privilegiati di «enti» semplici, che stanno a fondamento di tutti gli oggetti, ma come punti di arresto provvisori nella ricerca scientifica delle relazioni di dipendenza funzionale fra classi di «eventi»; correlativamente, scienze, come la chimica e la biologia, che si occupano di oggetti di maggiore complessità, non si trovano in una relazione di deducibiltà logica rispetto a una disciplina, come la fisica, nel cui ambito viene delineata la teoria atomica della materia. Ma soprattutto, la discussione cassireriana appare condizionata da una interpretazione fenomenistica della «teoria degli elementi», che, sulla base delle esplicite affermazioni dello stesso Mach e anche alla luce delle acquisizioni più recenti della letteratura machiana, appare difficilmente sostenibile, dal momento che la Elemententheorie vuole essere, almeno nelle intenzioni del fisico austriaco, un esempio di «monismo neutrale». Con la «teoria degli elementi» Mach si era proposto infatti di offrire una prospettiva teorica generale – una sorta di «metafisica scientifica» – soprattutto allo scopo di favorire una comprensione unitaria del rapporto fra fisica e psicologia, fra fisico e psichico e, in più di una occasione, il fisico austriaco ha tenuto a precisare la natura ontologicamente «neutrale» – né fisica, né psichica – degli «elementi»72.

Ferme restando queste precisazioni, l’empirismo machiano e, più in generale, la tradizione empiristica costituiscono un costante termine di confronto per il «funzionalismo» cassireriano, sia dal punto di vista storico che da quello teorico-sistematico. Con riferimento a quest’ultimo ambito, la «risposta» forse più approfondita che il trascendentalismo cassireriano ha offerto all’empirismo sensistico è quella di cui si trova ampia testimonianza nel capitolo conclusivo di Sostanza e funzione – dedicato a una discussione della «Psicologia delle relazioni» – e in alcune pagine del terzo volume della Filosofia delle forme simboliche. Nelle pagine di Substanzbegriff und Funktionbegriff, come in quelle della Philosophie der symbolischen Formen, viene infatti delineata una «fenomenologia della percezione»73, il cui motivo ispiratore fondamentale è quello di mostrare come le forme della «legalità» intellettuale agiscano già sui dati sensoriali, che quindi non si presentano affatto come una «materia informe» che attenda di essere sottoposta al processo di categorizzazione. La critica del concetto inteso come «genere», come notio communis a più dati individuali e la delineazione invece di una teoria «relazionale» del concetto come regola di ordinamento di una molteplicità intuitiva conducono Cassirer, già in Sostanza e funzione e poi nella Filosofia delle forme simboliche, a sottolineare la continuità fra funzione intellettuale e funzione intuitiva, interpretando i fenomeni non già come semplici aggregati di sensazioni, ma come dati sensoriali fra i quali sussistono determinate forme di connessione. In questo modo, il punto di vista «sensistico» viene combattuto «sul terreno che esso aveva sempre considerato come suo possesso incontrastato», mostrando cioè, a partire da una «fenomenologia della percezione», che i contenuti sensoriali possono essere compresi, nella loro stessa «datità» intuitiva, soltanto come risultato di un processo nel quale intervengono regole di natura concettuale.74 Nel già menzionato capitolo di Substanz und Funktion dedicato alla «Psicologia delle relazioni» Cassirer prende in esame le ricerche di alcuni esponenti della scuola brentaniana quali Alexius Meinong e Carl Stumpf, nonché le indagini compiute da Christian von Ehrenfels sulle «qualità figurali» (Gestaltqualitäten)75. Come è noto Stumpf, nel quale non a caso prevale un atteggiamento tutt’altro che simpatetico nei confronti del trascendentalismo kantiano, aveva interpretato i risultati delle proprie ricerche sulla psicologia del suono e sulla percezione musicale come la prova empirica del fatto che i processi percettivi si organizzano secondo strutture che sono (relativamente) autonome rispetto ai processi intellettuali di categorizzazione. Le ricerche stumpfiane, destinate a ulteriori, grandi sviluppi nell’ambito della Gestaltpsychologie,76 erano state precedute da quelle di Mach il quale, concentrandosi soprattutto sullo studio dei fenomeni acustici e musicali, aveva già posto l’accento sulla esistenza di alcune strutture della percezione, denominate «figure sonore» (Tongestalten)77. Cassirer propone una interpretazione dei più recenti risultati della psicologia empirico-sperimentale che è coerente con il proprio «costruttivismo trascendentale»: le ricerche in ambito psicologico, che attestano la presenza di forme di strutturazione immanenti alla sfera percettiva, non devono essere considerate come la prova empirica della autonomia della percezione dalla facoltà intellettuale, bensì come la conferma della inestricabile connessione, evidente già nei livelli inferiori della conoscenza, fra forma e contenuto, fra «giudizio» e percezione. Ogni tentativo di giustificare, sia dal punto di vista psicologico sia da quello fisiologico, l’esistenza di «qualità figurali» inerenti alle sensazioni incorre in un inevitabile «circolo vizioso», dal momento che, nell’individuare strutture immanenti alla base percettivo-sensibile quali fondamenti degli atti categoriali «superiori», presuppone in realtà le forme logiche di relazione implicite in quegli stessi atti. La spiegazione psicologica, partendo da elementi reali e dall’azione che essi esercitano nel complesso dei fenomeni psichici, ha già presupposto tutto ciò di cui si tratta di dare una giustificazione logica […] Gli elementi non «sussistono» mai fuori di qualche forma di connessione, cosicché il tentativo di derivare da essi i modi possibili di connessione si svolge necessariamente in un circolo vizioso78.

Per quanto la teoria dei «contenuti fondati» costituisca un indubbio ampliamento dell’ambito di indagine della psicologia tradizionale, poiché intraprende uno studio dell’origine psicologica di «oggetti psichici» di ordine superiore, essa rimane legata a una concezione «riduzionistica» delle qualità sensoriali elementari, le quali assumono lo status di contenuti «autofondati», sui quali si edificano le formazioni psichiche più complesse. Alla tradizione empiristica, ancorché riproposta nelle forme più aggiornate della teoria dell’oggetto di Meinong o della psicologia stumpfiana, Cassirer contrappone una concezione olistica del processo conoscitivo, secondo la quale la componente teorico-concettuale e quella sensibile-percettiva si presentano in una inestricabile correlazione. Un’analisi più attenta elimina tuttavia anche quest’ultima apparenza di indipendenza dell’elemento semplice. In luogo di una successione e di una subordinazione di contenuti, essa pone un rapporto di rigorosissima correlatività […] Ogni asserzione concettuale intorno a un inferius considera quest’ultimo già dal punto di vista di una qualche relazione, a cui coordiniamo il contenuto considerato. I «fondamenti» sono sempre e soltanto determinabili e determinati come fondamenti di relazioni possibili.79 La concezione olistica del rapporto fra teorico e osservativo – una concezione che è anche il risultato dell’apertura del neokantismo cassireriano a influenze provenienti dall’epistemologia di Duhem – condiziona decisamente il giudizio formulato da Cassirer sull’empirismo di Mach. Per quanto quella dell’esponente del neokantismo marburghese sia una interpretazione tutt’altro che unilaterale dell’epistemologia machiana, quello che è stato chiamato l’«olismo trascendentale»80 della prospettiva teorica cassireriana si presenta come un insuperabile motivo di distinzione rispetto all’empirismo sensistico e, più in generale, rispetto a ogni forma di radicale empirismo. Non a caso, anche nel saggio Sulla teoria della relatività di Einstein pubblicato nel 1921, Cassirer oppone al punto di vista empiristico il proprio «funzionalismo», mostrando come la fisica relativistica, per quanto fondata sui dati osservativi e sui procedimenti empirici di determinazione metrica dello spazio-tempo, sia difficilmente interpretabile come «una produzione e un risultato del solo pensiero empirico», ma si presenti, al contrario, come una ulteriore conferma della «forza costruttiva» dei processi di comprensione concettuale dei fatti empirici.81 E, in quelle stesse pagine, il nome di Mach è richiamato, ancora una volta, per sottolineare i limiti dell’empirismo sensistico: come molti altri exempla della storia della fisica, anche la teoria della relatività non può essere compresa, nel suo effettivo significato gnoseologico, affidandosi ai presupposti della «filosofia machiana»; il che, nel caso specifico della teoria della relatività, comporta anche un deciso ridimensionamento del debito di Einstein nei confronti di Mach, la cui influenza riguarda, secondo Cassirer, la «critica dei concetti newtoniani fondamentali», ma non le «conseguenze filosofiche» che il fisico austriaco «ha tratto» dalla propria analisi critica della meccanica classica.82 Individuato, a ragione o torto, nell’empirismo machiano il persistere di una concezione elementistico-riduzionistica del processo conoscitivo,83 il neokantismo cassireriano contrappone a essa una prospettiva teorica che enfatizza in generale il ruolo «costruttivo» svolto dalle forme trascendentali di categorizzazione, prendendo le distanze da ogni forma di «mitizzazione» del dato. In questo senso è esatto dire – afferma Cassirer nelle pagine conclusive di Sostanza e Funzione – che già il più elementare stato psichico contiene in sé gli universali elementi formali. Ma l’illazione secondo cui questi elementi apparterrebbero perciò alla semplice passività del percepire non è in tal modo giustificata. È valida invece l’illazione contraria: il fatto che per noi non si dia alcun contenuto della coscienza, che non sia in qualche modo formato e ordinato secondo determinate relazioni, dimostra che il processo del percepire non va separato da quello del giudizio. Sono atti elementari del giudizio quelli in virtù dei quali il singolo contenuto viene colto come termine di un determinato ordine ed è così per la prima volta fissato in se stesso.84


  1. Cfr. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff. Untersuchungen über die Grundfragen der Erkenntniskritik, in Id., Gesammelte Werke, a cura di B. Recki, vol. VI, Meiner, Hamburg 2000, p. 281, trad. it. E. Cassirer, Sostanza e Funzione. Sulla teoria della relatività di Einstein, a cura di G. Preti, La Nuova Italia, Firenze 1973, p. 346. ↩︎

  2. La distinzione appena richiamata non può comunque prescindere dal fatto che riflessione teorico-sistematica e indagine storiografica sono strettamente connesse nell’opera di Cassirer, tanto che la loro interazione costituisce, come è stato rilevato, la «cifra più caratteristica della ricerca cassireriana». Cfr. M. Ferrari, La genèse de das Erkenntnisproblem: le lien entre systématique et histoire de la philosophie, in J. Seidengart (a cura di), Ernst Cassirer: de Marbourg à New York. L’itinéraire philosophique. Actes du colloque de Nanterre 12-14 octobre 1988, Les Éditions du Cerf, Paris 1990, p. 114. ↩︎

  3. Per una discussione del rapporto di Cassirer con la filosofia kantiana cfr. A. Philonenko, Cassirer lecteur et interprète de Kant, in J. Seidengart (a cura di), Ernst Cassirer: de Marbourg à New York, cit. alla nt 2, pp. 44-49 e G. Gigliotti, Cassirer e il trascendentale kantiano, «Rivista di storia della filosofia», L, 1995, 4, pp. 785-808; entrambi i contributi affrontano, con differenti esiti interpretativi, la questione, di cruciale importanza, costituita dalla lettura cassireriana della dottrina dello schematismo. ↩︎

  4. In più di una occasione Cassirer ha sottolineato il ruolo preminente svolto dalla moderna matematische Naturwissenschaft nella evoluzione storica del «problema generale della conoscenza»: cfr. ad esempio E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, vol. I, in Id., Gesammelte Werke, a cura di B. Recki, vol. II, Meiner, Hamburg 1999, pp. 9, 335-336, trad. it. Storia della filosofia moderna. Il problema della conoscenza nella filosofia e nella scienza, a cura di A. Pasquinelli, vol. I, Dall’Umanesimo alla scuola cartesiana, Einaudi, Torino 1952, pp. 27, 446-447; E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, vol. IV, Von Hegels Tod bis zur Gegenwart, in Id., Gesammelte Werke, a cura di B. Recki, vol. V, Meiner, Hamburg 2000, p. 93, trad. it. Storia della filosofia moderna. Il problema della conoscenza nella filosofia e nella scienza, a cura di E. Arnaud, vol. IV, I sistemi posthegeliani, Einaudi, Torino 1958, p. 132; E. Cassirer, Mathematische Mystik und mathematische Naturwissenschaf. Betrachtungen zur Entstehungsgeschichte der exakten Wissenschaft (1940), in Id., Gesammelte Werke, a cura di B. Recki, vol. XXII, Aufsätze und kleine Schriften (1936-1940), Meiner, Hamburg 2006, pp. 284-285, trad. it., a cura di G. Borbone, Misticismo matematico e scienza matematica della natura. Considerazioni sulla storia delle origini della scienza esatta (1940), La scuola di Pitagora, Napoli 2018, pp. 27-28. Si veda inoltre sull’argomento M. Fichant, Ernst Cassirer et les commencements de la science classique, in J. Seidengart (a cura di), Ernst Cassirer: de Marbourg à New York, cit. alla nt. 2, pp. 117-121. ↩︎

  5. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, p. 244, trad. it. cit., p. 299. Cfr. inoltre E. Cassirer, Erkenntnistheorie nebst den Grenzfragen der Logik (1913), in Id., Gesammelte Werke, a cura di B. Recki, vol. IX, Aufsätze und kleine Schriften, Meiner, Hamburg 2001, pp. 152-153, trad. it. La teoria della conoscenza e le questioni di confine della logica (1913), in Id., Conoscenza, concetto, cultura, a cura di G. Raio, La Nuova Italia, Firenze 1998, pp. 15-16. ↩︎

  6. Si veda in proposito J. Seidengart, La physique moderne comme forme symbolique privilégiée dans l’entreprise philosophique de Cassirer, «Revue de Métaphysique et de Morale», 97, 1992, 4, pp. 510-513. ↩︎

  7. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, pp. 275-276 e cfr. pp. 265-266, trad. it. cit., pp. 339-340 e cfr. pp. 328-329. ↩︎

  8. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt , p. 277, trad. it. cit., p. 341. ↩︎

  9. Si veda in proposito K.-N. Ihmig, Grundzüge einer Philosophie der Wissenschaften bei Ernst Cassirer, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 2001, pp. 54-65, che esamina più in generale l’interpretazione cassireriana della «struttura» dell’esperimento scientifico. ↩︎

  10. Sul rapporto fra l’«olismo trascendentale» cassireriano e le idee epistemologiche di Duhem (con particolare riferimento a La théorie physique del 1906) cfr. M. Ferrari, Ernst Cassirer und Pierre Duhem, in E. Rudolph-B.O. Küppers (a cura di), Kulturkritik nach Ernst Cassirer, Meiner, Hamburg 1995, soprattutto pp. 182-191. ↩︎

  11. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, p. 298, trad. it. cit., p. 366. ↩︎

  12. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, p. 326, trad. it. cit., p. 400. ↩︎

  13. Cfr. Max Planck, Die Einheit des physikalischen Weltbildes, in Id., Wege zur physikalischen Erkenntnis. Meine wissenschaftliche Selbstbiographie, Reden und Vorträge, Hirzel, Leipzig 1933, pp. 27-32, trad. it. L’unità dell’immagine fisica del mondo, in M. Planck, L’immagine della scienza. Saggi sulla fisica moderna, a cura di M. Badino, Castelvecchi, Roma 2018, pp. 73-76. Sulla polemica Mach-Planck cfr. inoltre E. Cassirer, Erkenntnistheorie nebst den Grenzfragen der Logik (1913), cit. alla nt 5, pp. 187-190, trad. it. cit., pp. 50-54. ↩︎

  14. Il motivo polemico è ancora ben presente, ad esempio, nelle Lezioni sulla teoria della relatività, tenute all’Università di Amburgo nel 1920-1921 (cfr. E. Cassirer, Die philosophischen Probleme der Relativitätstheorie, Id., Nachgelassene Manuskripte und Texte, vol. VIII, Vorlesungen und Vorträge zu philosophischen Problemen der Wissenschaften 1907-1945, a cura di J. Fingerhut, G. Hartung e R. Kramme, Meiner, Hamburg 2010, pp. 55-60, trad. it. I problemi filosofici della teoria della relatività. Lezioni 1920-1921, a cura di R. Pettoello, Mimesis, Milano 2015, pp. 62-68). ↩︎

  15. Sulla stretta connessione fra filosofia della scienza e storia della scienza in Cassirer si vedano le osservazioni di K.-N. Ihmig, Cassirers Invariantentheorie der Erfahrung und seine Rezeption des «Erlanger Programms», Meiner, Hamburg 1997, p. VIII e pp. 3-4. Cfr. anche J. Seidengart, Théorie de la connaissance et épistémologie de la physique selon Cassirer, in J. Seidengart (a cura di), Ernst Cassirer: de Marbourg à New York, cit. alla nt 2, pp. 160-162. ↩︎

  16. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, p. 161, trad. it. cit., p. 202. ↩︎

  17. Cfr. ad esempio Ernst Mach, Die Prinzipien der Wärmelehre. Historisch-kritisch entwickelt, in Ernst Mach Studienausgbe, vol. V, a cura di M. Heidelberg e W. Reiter, Xenomoi, Berlin 2016, pp. 511-512. ↩︎

  18. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, p. 141 e cfr. pp. 121-124, trad. it. cit., p. 179 e cfr. pp. 155-159. ↩︎

  19. M. Ferrari, La genèse de das Erkenntnisproblem: le lien entre systématique et histoire de la philosophie, cit. alla nt 2, pp. 109-110. ↩︎

  20. E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen. III Phänomenologie der Erkenntnis, in Id., Gesammelte Werke, a cura di B. Recki, vol. XIII, Meiner, Hamburg 2002, p. 471, trad. it. Filosofia delle forme simboliche, vol. III/2, Fenomenologia della conoscenza, a cura di E. Arnaud, La Nuova Italia, Firenze 1966, p. 175. Sulla influenza, determinante, che la «morfologia» goethiana ha esercitato sul pensiero di Cassirer cfr. R. Pettoello, Introduzione a E. Cassirer, Goethe e il mondo storico, Morcelliana, Brescia 1995, pp. 7-44 e M. Ferrari, Ernst Cassirer. Dalla scuola di Marburgo alla filosofia della cultura, Olschki, Firenze 1996, soprattutto pp. 73-84. ↩︎

  21. E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen. III Phänomenologie der Erkenntnis, cit. alla nt 20, pp. 477-478, trad. it. cit., vol. III/2, p. 182. ↩︎

  22. Ibid. Cfr. anche E. Cassirer, Determinismus und Indeterminismus in der modernen Physik. Historische und systematische Studien zum Kausalproblem, in E. Cassirer, Gesammelte Werke. Hamburger Ausgabe, vol. XIX, a cura di B. Recki, Meiner, Hamburg 2004, p. 68, trad. it., Determinismo e indeterminismo nella fisica moderna, a cura di G.A. De Toni, La Nuova Italia, Firenze 1970, p. 84: «Il difetto dell’empirismo dogmatico non sta nel suo voler ancorare tutto il sapere all’esperienza né nel vedere in questa l’unico criterio della verità, ma nel non portare abbastanza avanti l’analisi dell’esperienza e quindi nell’arrestarsi a un concetto non chiarito di essa». ↩︎

  23. Cfr. anche E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen. III Phänomenologie der Erkenntnis, cit. alla nt 20, pp. 25-34, trad. it. cit., vol. III/1, pp. 30-40. ↩︎

  24. Cfr. in proposito J. Seidengart, Théorie de la connaissance et épistémologie de la physique selon Cassirer, cit. alla nt 15, pp. 163-164. Cfr. inoltre E. Cassirer, Zur Einsteinschen Relativitätstheorie. Erkenntnistheoretische Betrachtungen, in Id., Gesammelte Werke, a cura di B. Recki, vol. X, Hamburg, Meiner 2001, pp. 47-49, trad. it. Sulla teoria della relatività di Einstein, a cura di G.A. De Toni, La Nuova Italia, Firenze 1973, pp. 518-520. ↩︎

  25. E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen. III Phänomenologie der Erkenntnis, cit. alla nt 20, pp. 473-474, trad. it. cit., vol. III/2, pp. 177-178. ↩︎

  26. E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, vol. IV, cit. alla nt 4, p. 110, trad. it. cit., p. 154. ↩︎

  27. Sulla nozione machiana di «fisica fenomenologica» cfr. Erik C. Banks, Ernst Mach’s World Elements. A Study in Natural Philosophy, Springer, Dordrecht 2003, pp. 164-169. ↩︎

  28. E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, vol. IV, cit. alla nt 4, p. 102, trad. it. cit., p. 144. ↩︎

  29. Cfr. E. Mach, Die Geschichte und die Wurzel des Satzes von der Erhaltung der Arbeit, Prag, 1872, pp. 26-27, trad. it., La storia e la radice del principio di conservazione del lavoro, in Ernst Mach, Scienza tra Storia e Critica, a cura di L. Guzzardi, Polimetrica, Milano 2005, pp.76-77. ↩︎

  30. E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, vol. IV, cit. alla nt 4, p. 108, trad. it. cit., pp. 151-152. ↩︎

  31. Ivi, p. 108, trad. it. cit., p. 152. ↩︎

  32. Per una discussione del rapporto Mach-Einstein, con particolare riferimento alla questione dei «principi istintivi» e del loro valore euristico per la ricerca, cfr. P. K. Feyerabend, Mach’s Theory of Research and Its Relation to Einstein, «Studies in History and Philosophy of Science», 15, 1984, pp. 1-4 e P. Parrini, Mach scienziato-filosofo, in E. Mach, Conoscenza ed errore. Abbozzi per una psicologia della ricerca, a cura di P. Parrini, Mimesis, Milano 2017, pp. 20-27. ↩︎

  33. E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, vol. IV, cit. alla nt 4, p. 106, trad.. it. cit., p. 149. Cfr. E. Mach, Die Geschichte und die Wurzel des Satzes von der Erhaltung der Arbeit, cit. alla nt 29, pp. 42-46, trad. it. cit., pp. 93-97 e E. Mach, Die Mechanik in ihrer Entwicklung. Historisch-kritisch dargestellt, in Ernst Mach Studienausgbe, vol. III, a cura di G. Wolters e G. Hon, Xenomoi, Berlin 2012, pp. 38-42, trad. it. La meccanica nel suo sviluppo storico-critico, a cura di A. D’Elia, Boringhieri, Milano 2008, pp. 57-61. ↩︎

  34. Cassirer richiama l’affermazione conclusiva del saggio machiano, nella quale bene si riassume l’importanza del metodo storico-critico: «Per lo studioso delle scienze della natura esiste una particolare cultura classica, che consiste nella conoscenza dello sviluppo storico della sua scienza. Lasciamoci condurre per mano dalla storia. La storia ha fatto tutto, la storia può cambiar tutto» (E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, vol. IV, cit. alla nt 4, p.106, trad. it. cit., pp. 148-149 e cfr. E. Mach, Die Geschichte und die Wurzel des Satzes von der Erhaltung der Arbeit, cit. alla nt 29, pp. 3-4, trad. it. cit., p. 49). ↩︎

  35. E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, vol. IV, cit. alla nt 4, pp. 106-107, trad. it. cit., p. 149-150. ↩︎

  36. Sull’intento antimetafisico del metodo storico-critico machiano si vedano le osservazioni di P. Gori, Ernst Mach dal punto di vista storico-critico, in P. Gori (a cura di), Ernst Mach tra scienza e filosofia, ETS, Pisa 2018, pp. 11-17. ↩︎

  37. E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, vol. IV, cit. alla nt 4, p. 125, trad. it. cit., p. 174. ↩︎

  38. E. Mach, Erkenntnis und Irrtum. Skizzen zur Psychologie der Forschung, in Ernst Mach Studienausgbe, vol. II, a cura di E. Nemeth e F. Stadler, Xenomoi, Berlin 2011, pp. 193-198 e cfr. pp. 215-216, trad. it., Conoscenza ed errore. Abbozzi per una psicologia della ricerca, a cura di P. Parrini, Mimesis, Milano 2017, pp. 219-223 e cfr. pp. 236-237. ↩︎

  39. Ivi, p. 202, trad. it. cit., p. 226. ↩︎

  40. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, pp. 190-191, trad. it. cit., pp. 236-237. ↩︎

  41. Ivi, p. 262, trad. it. cit., p. 323. ↩︎

  42. Cfr. ivi, pp. 93-96 e pp. 334-336, trad. it. cit., pp. 122-126 e pp. 409-411; cfr. inoltre E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen. III Phänomenologie der Erkenntnis, cit. alla nt 20, pp. 405-407, trad. it. cit., vol. III/2 pp. 98-100 e E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, vol. IV, cit. alla nt 4, pp. 32-41, trad. it. cit., pp. 54-66. All’argomento è dedicato anche uno degli ultimi contributi di Cassirer, The Concept of Group, in E. Cassirer, Nachgelassene Manuskripte und Texte, vol. VIII, cit. alla nota 14, pp. 181-201. Sulla importanza delle ricerche geometriche di Klein per la teoria cassireriana della esperienza cfr. K.-N. Ihmig, Cassirers Invariantentheorie der Erfahrung und seine Rezeption des «Erlanger Programms», cit. alla nt 15, soprattutto pp. 29-39 e pp. 306-326. ↩︎

  43. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, p. 281, trad. it. cit., p. 346. I passi citati da Cassirer si trovano in E. Mach, Die Prinzipien der Wärmelehre. Historisch-kritisch entwickelt, cit. alla nt 17, pp. 472, 476, 479. ↩︎

  44. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, p. 281, trad. it. cit., p. 346. ↩︎

  45. Ivi, p. 291, trad. it. cit., p. 357. ↩︎

  46. Ivi, pp. 290-291, trad. it. cit., pp. 357-358. ↩︎

  47. Un ulteriore esempio è offerto dalla teoria machiana dello spazio e del tempo che, come lo stesso Cassirer ricorda, introduce la distinzione fra spazio geometrico e spazio fisiologico, sottolineandone rispettivamente il carattere «isotropo» e «anisotropo». Cfr. E. Mach, Erkenntnis und Irrtum. Skizzen zur Psychologie der Forschung, cit. alla nt 38, pp. 347-350, trad. it. cit., pp. 345-348 e E. Cassirer, Zur Einsteinschen Relativitätstheorie. Erkenntnistheoretische Betrachtungen, cit. alla nt 24, pp. 117-118, trad. it. cit., pp. 605-606. ↩︎

  48. Cfr. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, pp. 138-141, trad. it. cit., pp. 176-179. Cfr. inoltre E. Cassirer, Determinismus und Indeterminismus in der modernen Physik, cit. alla nt 22, pp. 100-101, trad. it. cit., pp. 125-126. ↩︎

  49. Cfr. E. Mach, Die Mechanik in ihrer Entwicklung. Historisch-kritisch dargestellt, cit. alla nt 33, pp. 260-266, trad. it. cit., pp. 249-253. Sulla critica machiana della teoria newtoniana dello spazio e del tempo cfr. M. Bunge, Mach’s Critique of Newtonian Mechanics, in J. Blackmore (a cura di), Ernst Mach - A Deeper Look: Documents and New Perspectives, Kluwer, Dordrecht 1992, soprattutto pp. 243-250. ↩︎

  50. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, p. 191, trad. it. cit., p. 237. ↩︎

  51. Ivi, pp. 191-192, trad. it. cit., p. 238. Sulla interpretazione cassireriana del principio di inerzia e sulla (controversa) posizione assunta dal filosofo neokantiano a proposito della possibilità di attribuirne a Galileo la prima formulazione cfr. M. Fichant, Ernst Cassirer et les commencements de la science classique, cit. alla nt 4, pp. 131-136. ↩︎

  52. Cfr. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, p. 282, trad. it. cit., p. 347. ↩︎

  53. Ivi, pp. 284-285, trad. it. cit., pp. 350-351. ↩︎

  54. Si veda in proposito S. Edgar, Intersubjectivity and Physical Laws in Post-Kantian Theory of Knowledge, in J.T. Friedman-S. Luft (a cura di), The Philosophy of Ernst Cassirer. A Novel Assessment, W. De Gruyter, Berlin/Boston 2015, pp. 176-179. ↩︎

  55. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, p. 285, trad. it. cit., p. 351. Cfr. anche, E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionbegriff, in Id., Nachgelassene Manuskripte und Texte, vol. VIII, cit. alla nt 14, p. 14, trad. it. Il concetto di sostanza e il concetto di funzione, a cura di R. Pettoello, Morcelliana, Brescia 2018, p. 51: «Quando ad esempio Mach riconduce tutte le categorie concettuali al principio dell’“economia di pensiero”, questo stesso principio, per poter avere un qualche contenuto, presuppone evidentemente che sussista un mondo di cose, al quale la conoscenza deve adattarsi e al quale il soggetto pensante deve appoggiarsi. Si tratta dunque di un ultimo residuo, non analizzato, di una concezione cosale, al quale si contrappone qui la comprensione e l’interpretazione della legalità della conoscenza». Si veda inoltre E. Cassirer, Determinismus und Indeterminismus in der modernen Physik, cit. alla nt 22, pp. 85-86, trad. it. cit., pp. 105-106. ↩︎

  56. E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen. III Phänomenologie der Erkenntnis, cit. alla nt 20, p. 5, trad. it. cit., vol. III/1, pp. 7-8. ↩︎

  57. Ivi, pp. 27-28, trad. it. cit., vol. III/1, p. 33. ↩︎

  58. E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, vol. IV, cit. alla nt 4, p. 118, trad. it. cit., pp. 164-165. ↩︎

  59. E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen. III Phänomenologie der Erkenntnis, cit. alla nt 20, p. 33, trad. it. cit., vol. III/1, p. 40. ↩︎

  60. Ivi, p. 34, trad. it. cit., vol. III/1, p. 40. ↩︎

  61. Ivi, p. 30, trad. it. cit., vol. III/1, p. 36. ↩︎

  62. Ivi, p. 31, trad. it. cit., vol. III/1, pp. 36-37. ↩︎

  63. Ivi, p. 31 e cfr. pp. 35-38, trad. it. cit., vol. III/1, p. 37 e cfr. pp. 42-45. ↩︎

  64. Cfr. E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, vol. IV, cit. alla nt 4, pp. 118-119, trad. it. cit., pp. 164-165. Per una discussione del rapporto, che non esclude importanti elementi di distinzione, fra Mach e gli «energetisti» si veda Erik C. Banks, Ernst Mach’s World Elements. A Study in Natural Philosophy, cit. alla nt 27, pp. 169-173, 222-224. Cfr. anche M. Neuber, Uneasy Allies: Ostwald, Helm, Mach and their Philosophies of Science, in B. Görs-N. Psarros-P. Ziche (a cura di), Wilhelm Ostwald at the Crossroads between Chemistry, Philosophy and Media Culture, Leipziger Universitätsverlag, Leipzig 2005, pp. 47-57. ↩︎

  65. Cfr. E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, vol. IV, cit. alla nt 4, pp. 118-119, trad. it. cit., pp. 165-166. ↩︎

  66. Sulle ascendenze kantiane (ma anche leibniziane) della epistemologia di Hertz cfr. M. Ferrari, Il Kant degli scienziati: immagini della filosofia kantiana nel tardo Ottocento tedesco, «Rivista di storia della filosofia», LXI (2006), Supplemento al n. 4/2006, soprattutto pp. 185, 192-193. ↩︎

  67. E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, vol. IV, cit. alla nt 4, p. 122, trad. it. cit., p. 170. ↩︎

  68. Sulla ricezione neokantiana e, in modo più specifico, cassireriana delle idee epistemologiche di Hertz si veda M. Ferrari, Il Kant degli scienziati: immagini della filosofia kantiana nel tardo Ottocento tedesco, cit. alla nt 66, pp. 196-198. ↩︎

  69. Si veda in proposito M. Ferrari, Sources for the History of the Concept of Symbol from Leibniz to Cassirer, in M. Ferrari e I.-O. Stamatescu (a cura di), Symbol and Physical Knowledge. On the Conceptual Structure of Physics, Springer, Berlin-Heidelberg-New York 2002, soprattutto pp. 25-28. ↩︎

  70. Cfr. ad esempio G. Wolters, Atome und Relativität - Was meinte Mach?, in Rudolf Haller-Friedrich Stadler (a cura di), Ernst Mach - Werk und Wirkung, Hölder-Pichler-Tempsky, Wien, 1988, pp. 489-496 e Id., Phenomenalism, Relativity and Atoms: Rehabilitating Ernst Mach’s Philosophy of Science, in Jens E. Fenstad-Ivan T. Frolov-Risto Hilpinen (a cura di), Logic, Methodology and Philosophy of Science VIII. Proceedings of the Eighth International Congress of Logic, Methodology and Philosophy of Science (Moscow 1987), North Holland, Amsterdam 1989, pp. 654-656. ↩︎

  71. Cfr. L. Laudan, Ernst Mach’s Opposition to Atomism, in L. Laudan, Science and Hypothesis. Historical Essays on Scientific Methodology, Reidel, Dordrecht 1981, pp. 206-217 e P. K. Feyerabend, Mach’s Theory of Research and Its Relation to Einstein, cit. alla nt 32, pp. 10-11, 19-21. Si veda inoltre P. Parrini, Mach scienziato-filosofo, cit. alla nt 32, pp. 33-36. ↩︎

  72. Cfr. in proposito Erik C. Banks, The Case for Mach’s Neutral Monism, in P. Gori (a cura di), Ernst Mach tra scienza e filosofia, cit. alla nt 36, pp. 77-83. Si veda inoltre P. Parrini, Ernst Mach and the Disenchantment of Metaphysics, in P. Gori (a cura di), Ernst Mach tra scienza e filosofia, cit. alla nt 36, pp. 33-41. ↩︎

  73. Per un inquadramento generale della teoria cassireriana della percezione cfr. G. Kreis, The Varieties of Perception. Non-Conceptual Content in Kant, Cassirer and McDowell, in J.T. Friedman-S. Luft (a cura di), The Philosophy of Ernst Cassirer. A Novel Assessment, cit. alla nt 54, soprattutto pp. 320-325 e pp. 328-335. ↩︎

  74. Cfr. E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen. III Phänomenologie der Erkenntnis, cit. alla nt 20, pp. 345-346, trad. it. cit., vol. III/2, pp. 28-29. ↩︎

  75. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, nota di p. 360, trad. it. cit., nota di p. 440. ↩︎

  76. Sul rapporto, non privo di elementi di discontinuità, fra Stumpf e la Gestaltpsychologie si veda M. G. Ash, Carl Stumpf e i suoi allievi, Dalla filosofia empirica alla Gestaltpsychologie, in S. Besoli- R. Martinelli (a cura di), Carl Stumpf e la fenomenologia dell’esperienza immediata, «Discipline Filosofiche», XI (2001), Quodlibet, Bologna 2001, pp. 103-133. ↩︎

  77. Cfr. E. Mach, Die Analyse der Empfindungen und das Verhältnis des Physischen zum Psychischen, in Ernst Mach Studienausgbe, vol. I, a cura di G. Wolters, Xenomoi, Berlin, 2008, p. 266, trad. it., L’analisi delle sensazioni e il rapporto fra fisico e psichico, a cura di L. Sosio, Feltrinelli/Bocca, Milano 1975, p. 251. Si veda inoltre R. Martinelli, Teoria dei suoni e antropologia: la percezione musicale nella psicologia della Gestalt, in F. Desideri-G. Matteucci (a cura di), Estetiche della percezione, Firenze University Press, Firenze 2007, pp. 87-91. ↩︎

  78. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, pp. 362-363, trad. it. cit., pp. 442-443. ↩︎

  79. Ivi, p. 367, trad. it. cit., pp. 448-449. ↩︎

  80. Cfr. M. Ferrari, Ernst Cassirer und Pierre Duhem, cit. alla nt 10, p. 183. ↩︎

  81. Cfr. E. Cassirer, Zur Einsteinschen Relativitätstheorie. Erkenntnistheoretische Betrachtungen, in Id., Gesammelte Werke, cit. alla nt 24, pp. 90-92, trad. it. cit., pp. 571-573. ↩︎

  82. Ivi, p. 91, trad. it. cit., p. 572. ↩︎

  83. Non va dimenticato in realtà che, a dispetto delle critiche cassireriane, lo stesso Mach è rimasto tutt’altro che estraneo a prospettive di tipo olistico, che presentano alcune affinità con le posizioni di Duhem. Si veda in proposito G. Wolters, Il positivismo visionario: la filosofia della scienza di Mach, «Intersezioni», 10, 1990, pp. 333-335 e P. Parrini, Mach scienziato-filosofo, cit. alla nt 32, pp. 22-23. Sul rapporto Mach-Duhem cfr. inoltre J. Sebestik, Mach et Duhem: épistémologie et histoire des sciences, «Philosophia Scientiae», 3, 1998-1999, pp. 121-140. ↩︎

  84. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit. alla nt 1, p. 369, trad. it. cit., pp. 450-451. ↩︎