La fenomenologia eidetica husserliana fra matematica e psicologia

1. L’eidetica fenomenologica e la «filosofia della matematica» husserliana

La fondazione metodologica della fenomenologia come scienza si presenta, nelle Ideen e in alcuni scritti preparatori dei primi anni del Novecento,1 come un processo che, oltre all’esercizio della epoché o riduzione fenomenologica, richiede anche la riduzione eidetica, cioè l’assunzione del presupposto metodico secondo cui la fenomenologia è una «scienza di essenze». L’effettuazione della sospensione fenomenologica non è infatti di per sé sufficiente a garantire la costituzione di una disciplina scientifica capace di indagare il dominio dei fenomeni psichici secondo una prospettiva metodologica che si distingua da quella adottata dalla psicologia empirico-sperimentale. Anche dopo la «messa in parentesi» della esperienza ordinaria la coscienza pura-trascendentale appare come un flusso di vissuti, la cui continua «mobilità» impedisce la compiuta individuazione e documentazione intersoggettiva dei singoli stati psichici.2

Stante dunque questa impossibilità di una «fissazione concettuale e terminologica di questo o di ogni altro concretum fluente»,3 la fenomenologia non potrà che costituirsi come scienza a priori della coscienza, cioè, secondo l’ideale epistemologico husserliano, dovrà configurarsi come «scienza di essenze», e la sua costituzione dipenderà direttamente dal metodo della riduzione eidetica. Per effetto dell’applicazione di tale metodo, la fenomenologia si presenta come una «psicologia razionale» alla quale Husserl, coerentemente con la sua concezione generale del rapporto fra scienze di essenze e scienze di dati di fatto, attribuisce una priorità logica ed epistemologica rispetto al dominio di indagine della psicologia empirico-sperimentale.

Pur non negando la validità dei metodi della psicologia sperimentale, l’eidetica fenomenologica comporta tuttavia che anche nella «natura psichica», come in quella fisica, sia presente una «legalità» a priori che è il presupposto delle regolarità empiriche studiate dalla psicologia sperimentale. Assumere il punto di vista della fenomenologia eidetica significa riconoscere che

non soltanto la natura fisica ma anche, e in maggior misura, la natura psichica, e in particolare il flusso degli stati psichici nei soggetti animali sono legati a leggi a priori, che qualsiasi conoscenza di fatti, tutte le leggi fattizie sono regole che si profilano su uno sfondo poderoso di leggi essenziali a priori e assolutamente necessarie […].4

Il programma husserliano di una «fenomenologia scientifica» non vuole sostituirsi alle ricerche della psicologia empirica, destituendole di ogni legittimità sul piano metodologico, ma intende proporsi come la chiarificazione razionale, in riferimento cioè alla coscienza pura, delle analisi psicologico-empiriche.5

La neutralizzazione della singolarità empirica del dato, implicita nella riduzione eidetica, è quindi garanzia della scientificità dell’indagine fenomenologica, sulla base di un’assunzione epistemologica generale secondo la quale si dà effettivamente scienza soltanto in presenza di un riferimento a «unità ideali di senso». In più di una occasione Husserl è tornato a ribadire la indispensabilità, sul piano epistemologico, di significati che siano idealmente distinti dalle condizioni psicologico-empiriche della loro realizzazione in stati mentali individuali. Proprio in virtù di tali idealità, che sono in linea di principio riproducibili in soggetti empiricamente differenti, il sapere acquisisce una dimensione intersoggettiva.

La riduzione eidetica non assolve tuttavia soltanto a questa funzione di garanzia epistemologica della scientificità della descrizione fenomenologica dei vissuti, ma acquista anche il significato di procedimento metodologico preliminare alla costituzione stessa della fenomenologia in quanto scienza trascendentale. La riduzione eidetica diventa in questo modo una premessa indispensabile per il passaggio alla riduzione trascendentale. Nel saggio Phänomenologie und Erkenntnistheorie del 19176 viene indicata in modo esplicito la relazione esistente fra «riduzione eidetica» e «riduzione trascendentale». Per essere impostato in termini fenomenologici, il problema trascendentale della costituzione degli oggetti richiede la preliminare delimitazione tanto di una «eidetica della coscienza» e delle sue funzioni, quanto di una «eidetica delle oggettualità». Il problema trascendentale della costituzione può essere posto soltanto in riferimento alle tipologie generali di oggetti, individuate attraverso la riduzione eidetica. Affrontare il problema trascendentale non significa limitarsi all’ambito di quella che ora Husserl chiama anche «coscienza pura singolare individuale», bensì esplicitare la correlazione esistente fra determinate ontologie regionali e determinate «varietà eidetiche pure della coscienza». L’indagine costitutivo-trascendentale quindi, istituendo una correlazione fra tipologie di atti e tipologie di oggetti, presuppone la preventiva neutralizzazione dell’elemento empirico-individuale. La fenomenologia pura o trascendentale, che è

l’unica scienza chiamata a risolvere i problemi trascendentali puri, ha naturalmente questa vocazione proprio in quanto fenomenologia eidetica […]. Chi non vuole ammettere il conoscere eidetico, chi si ostina a limitarlo alla geometria o alla matematica pura, talora fraintendendone completamente il senso autentico, non sa più da che parte voltarsi nella teoria della conoscenza. Le questioni sono fin dal principio eidetiche generali, e in generalità eidetica, benché nella pienezza concreta dell’intuizione, devono essere affrontate e trattate.7

L’insieme delle discipline matematiche e, in modo più specifico, la geometria non sono state prive di influenza sulla definizione della fenomenologia in quanto eidetica della coscienza. Per esplicita ammissione dello stesso Husserl, la concezione eidetica dell’a priori che sta alla base della fenomenologia ha presente il modello delle discipline matematiche. Queste ultime sono infatti gli unici esempi di una «eidetica scientifica», cioè di una indagine il cui carattere puro-a priori risiede nella individuazione non già delle leggi che regolano eventi empiricamente individuati, bensì delle leggi della possibilità ideale di quegli stessi eventi. La matematica pura, concepita razionalisticamente come scienza della possibilità ideale, definisce un’accezione eidetico-materiale dell’a priori che deve trovare applicazione anche nell’indagine fenomenologica.

Le cose stanno veramente come pensavano i vecchi razionalisti: la realtà è preceduta da una infinità di possibilità. Così la realtà fisica è preceduta dalla sistematica infinità delle possibilità geometriche; così la realtà psichica e la psicologia sono precedute dall’infinità delle configurazioni della coscienza e delle configurazioni noematiche, infinità regolata da una necessità essenziale e onnilaterale.8

La definizione husserliana del carattere descrittivo della eidetica fenomenologica avviene in termini che assumono quale punto di riferimento la concezione «ontologica» della matematica, intesa come scienza della «possibilità delle cose». Affermare che la fenomenologia è una scienza descrittiva non significa guardare a essa come a una «dottrina empirico-descrittiva delle essenze», anche se ciò costituirebbe una ragione già di per sé sufficiente a separare il dominio di indagine della fenomenologia da quello della psicologia empirica. L’oggetto dell’eidetica fenomenologica sono le «possibilità ideali dei vissuti», poiché le «essenze» sono studiate in maniera del tutto indipendente dalle modalità in cui esse si «particolarizzano» all’interno di specifici contesti empirico-sperimentali.9 L’approccio fenomenologico ai processi mentali comporta una vera e propria «liberazione» dall’elemento fattuale e, proponendosi come indagine delle leggi ideali delle pure possibilità di coscienza, fa riferimento a una concezione dell’apriori e del rapporto di esso con l’esperienza che è largamente influenzata dalla particolare «filosofia della matematica» che Husserl era andato delineando fin dai suoi primi scritti, e alla quale restò fedele negli anni in cui era impegnato nella stesura delle Ideen.

Il problema del rapporto fra eidetica fenomenologica e scienze formali era di nuovo affrontato nella Prolusione tenuta a Friburgo il 3 maggio del 1917, in occasione della nomina a professore ordinario. In essa non solo veniva riaffermato il valore della riduzione eidetica come condizione che consente di fare della fenomenologia una scienza in grado di attingere una dimensione intersoggettiva, sfuggendo così al pericolo di ridursi a una osservazione «solipsistica» dei fenomeni interni, ma veniva anche ribadita l’analogia fra il procedere della fenomenologia e quello della matematica.

In modo del tutto simile a quello in cui l’analisi pura non tratta di cose reali e della loro reale grandezza, ma indaga le leggi relative all’essenza della grandezza in generale, oppure così come la geometria pura non è vincolata alle forme osservate in una reale esperienza, ma esamina, nella fantasia geometrica liberamente costruttiva, le possibili forme e le loro possibili trasformazioni e stabilisce le loro leggi essenziali, — precisa Husserl.10esattamente in questo modo la fenomenologia pura vuole esplorare il regno della coscienza pura e dei suoi fenomeni non secondo l’esistenza fattuale, ma secondo possibilità e leggi pure […] L’espressione a priori è perciò non una copertura per alcune stravaganze ideologiche, ma ha precisamente lo stesso significato della “purezza” dell’analisi matematica o della geometria.

La definizione del metodo della riduzione eidetica presuppone dunque direttamente l’idea della matematica come scienza dell’«essere possibile», alla quale si legano il deciso rifiuto di ogni ipotesi sull’origine empirica delle proposizioni matematiche.11 e, per contro, l’insistenza sul carattere peculiare della ricerca matematica, come ricerca nella quale si trova largamente coinvolta l’azione di quella che Husserl chiama «libera variazione fantastica». Solo infatti «la fantasia, per la sua libertà di riplasmazione» consente, al matematico come al fenomenologo, «di percorrere liberamente e onnilateralmente, l’infinita molteplicità di possibilità» e di «intravedere in modo evidente le generalità che obbediscono a leggi essenziali […]»12

Il legame fra metodo eidetico e variazione immaginativa, riaffermato in modo esplicito soprattutto in Erfahrung und Urteil,13 costituisce forse la testimonianza più interessante dell’influenza esercitata dagli sviluppi della matematica tardo-ottocentesca sulla definizione del metodo fenomenologico. Nell’opera pubblicata postuma nel 1939 l’eidos viene infatti caratterizzato come l’invariante rispetto a «molteplicità variazionali» ottenute attraverso la trasformazione immaginativa di una singolarità iniziale,14 e non è difficile cogliere il rapporto fra la teoria della variazione eidetica e alcune direzioni assunte da una parte consistente della ricerca matematico-geometrica della seconda metà dell’Ottocento. Della dominante impostazione invariantistica, di cui si trova ampia traccia tanto negli sviluppi tardo-ottocenteschi della geometria proiettiva, quanto nell’applicazione allo studio della medesima di metodi algebrico-analitici15 Husserl è sicuramente a conoscenza, come è dimostrato dai suoi primi scritti di argomento matematico, nei quali, fra l’altro, erano utilizzati alcuni lavori di Felix Klein, che negli anni settanta dell’Ottocento aveva dato contributi decisivi alla teoria degli invarianti.16

2. Matematica e ontologia

Le origini storiche della concezione della matematica che abbiamo chiamato «ontologica» debbono essere ricercate in quella tradizione razionalistica di ispirazione leibniziano-wolffiana, nella quale l’indagine in ambito logico e matematico si mostrava strettamente legata a presupposti di carattere ontologico-metafisico. In particolare, lo stesso Husserl ha riconosciuto nell’ideale leibniziano della mathesis universalis un «tema» che, fin dall’inizio degli anni 90, era stato al centro dei suoi interessi, contribuendo inoltre in misura determinante a orientare il suo «cammino» verso la fenomenologia.17 Senza entrare nel merito della specifica interpretazione husserliana della mathesis universalis leibniziana,18 ci limitiamo a ricordare che il saggio preparatorio.19 elaborato da Husserl in vista della conferenza tenuta nel 1901 alla Società matematica di Gottinga si apre con l’esplicito riconoscimento del legame profondo che unisce i più recenti sviluppi della «matematica formale» all’idea leibniziana di una scienza matematica che non si limiti allo studio dei «numeri» e delle «quantità». Nella progressiva estensione dell’ambito di indagine della matematica, e nella sua accentuata caratterizzazione in senso formale in quanto «scienza dei sistemi teoretici in generale», la matematica moderna non ha fatto altro che avvicinarsi «a poco a poco all’obiettivo che già Leibniz aveva chiaramente concepito, e cioè all’obiettivo di una teoria delle teorie (Theorienlehre) libera da ogni particolare dominio della conoscenza e per questo formale»20 Anche nelle opere successive, il nome di Leibniz ricompare puntualmente ogni qual volta Husserl ritorna sulla sua idea, non priva peraltro di legami con analoghe direzioni assunte fra Otto e Novecento dalla ricerca logico-matematica, di una teoria dei sistemi deduttivi. Nelle Logische Untersuchungen,21 nelle lezioni del 1906-07 dedicate alla logica e alla teoria della conoscenza e poi anche in Formale und transzendentale Logik, l’idea di «logica pura» e, in particolare, l’idea di logica come indagine intorno alle proprietà formali dei sistemi deduttivi vengono presentate come uno sviluppo della leibniziana «scienza generale delle forme».

Nelle lezioni del 1906-07 il richiamo alla mathesis leibniziana è parte di una discussione che, riproponendo in forma ampliata le considerazioni sulla «logica pura» già sviluppate dalle Logische Untersuchungen, manifesta una specifica attenzione per la componente ontologica della logica, conferendo un particolare rilievo a quella bipartizione fondamentale della logica pura in una «teoria del significato» e in una «ontologia formale» che sarà ulteriormente approfondita in Formale und transzendentale Logik. Husserl non si limita quindi a riconoscere, ancora una volta, il carattere profondamente innovativo delle idee leibniziane, ma sostiene che l’unità di logica e matematica, già implicita nei progetti della mathesis universalis, può trovare realizzazione a condizione di guardare a gran parte delle discipline matematiche come ad altrettanti sviluppi della ontologia formale. La soluzione husserliana del problema del rapporto fra logica e matematica consiste nell’interpretare la matematica formale come componente ontologica della logica pura.

D’altra parte, l’inclusione nell’ontologia formale di discipline come la «teoria dei numeri», l’«analisi», l’«algebra» e la «teoria delle molteplicità» non comporta soltanto il riconoscimento dell’unità di logica e matematica, ma anche la chiara determinazione dell’ambito di indagine di quest’ultima. Liberata, su ispirazione del modello leibniziano, dal riferimento prevalente se non esclusivo al dominio delle «grandezze», la matematica diventa, in quanto ontologia formale, «una scienza a priori degli oggetti in generale, ovvero degli oggetti possibili pensati nella pura possibilità»; essa diviene la scienza nella quale sono indagate «tutte le verità relative all’essenza dell’oggettualità in generale».22 Richiamare il legame della moderna «matematica formale» con l’ideale leibniziano della mathesis universalis significa per Husserl anche, e soprattutto, recuperare, sia pure in un differente contesto teorico, il presupposto razionalistico della connessione fra matematica e ontologia. L’indagine matematica, per quanto si avvalga del ricorso sistematico alla formalizzazione e sia quindi indipendente da ogni dominio specificato della «realtà», si presenta comunque orientata alla determinazione di alcune generalissime proprietà dell’«essere oggetto».23

Il richiamo al razionalismo matematico leibniziano (ma anche al programma di fondazione della matematica delineato da Bernard Bolzano nei giovanili Beyträge zu einer begründeteren Darstellung der Mathematik,24) riveste quindi una importanza non trascurabile nella definizione della fenomenologia in quanto disciplina eidetica e lo stesso Husserl sottolinea il legame storico della fenomenologia con il razionalismo di ispirazione leibniziana. Nella stesura definitiva dell’articolo per la Encyclopaedia Britannica e, in forma ancora più esplicita, in alcuni scritti preparatori25 la fenomenologia trascendentale viene presentata come «la vera, l’ontologia realmente universale sulla quale già il 18° secolo si era affaticato senza poterla realizzare». Della ontologia razionalistica la fenomenologia conserva il presupposto epistemologico generale, poiché fa propria la «fondamentale intuizione» leibniziana, secondo la quale «per una conoscenza teoretica e per una scienza autentiche la conoscenza delle possibilità deve precedere quella delle realtà».

3. Fenomenologia eidetica e psicologia sperimentale

La filosofia della matematica sottesa alla discussione husserliana intorno alla «fenomenologia come scienza» condiziona direttamente anche la definizione del rapporto della eidetica fenomenologica con la psicologia sperimentale, poiché Husserl guarda alla matematica, e in particolare alla geometria, come all’esempio paradigmatico del tipo di relazione che intercorre fra discipline eidetiche e discipline empiriche e, prima ancora, della specifica funzione assolta dall’empiria nell’ambito della ricerca eidetica. L’«esperimento», il dato fattuale intervengono nelle scienze eidetiche in una forma del tutto peculiare: essi non sono strumenti per la verifica empirica della teoria, ma assolvono piuttosto a una funzione euristica, poiché offrono dei punti di partenza «esemplari» dai quali muove la ricerca eidetica che si configura principalmente come un processo immaginativo.26

L’analogia fra fenomenologia e matematica riguarda anche le modalità secondo cui esse si rapportano alle corrispondenti discipline empiriche. Tale questione, che è poi nella sostanza coincidente con quella, di cruciale rilievo epistemologico, dell’applicazione empirica delle conoscenze aprioriche, viene da Husserl affrontata nell’ambito del suo progetto di un sistema di ontologie eidetico-materiali che, assieme ai concetti ontologico-formali, devono costituire il fondamento delle scienze empiriche. Senza affrontare un esame analitico della concezione husserliana del rapporto fra «eidetico» ed «empirico», ci limitiamo a ricordare che l’applicazione empirica delle ontologie materiali (diverso è il caso dell’applicazione della «ontologia formale») viene presentata come l’analogon della relazione di «esemplificazione» o di «sussunzione» che intercorre fra un individuo e una specie.27 La relazione fra l’eidetica fenomenologica e la psicologia sperimentale si configura dunque in modo del tutto simile a quella che ha luogo fra la geometria e la «scienza naturale fisica». Lo studio che fisica e psicologia compiono rispettivamente dei corpi e degli stati psichici nelle loro relazioni e configurazioni empiriche si inserisce in una «cornice assolutamente stabile», rappresentata dalle «essenze» e dalle «leggi essenziali»,28 che viene definita in modo del tutto indipendente dalla base empirico-osservativa.

Proprio questa è la tesi che Husserl afferma di fronte ai tentativi, manifestatisi nella comunità degli psicologi, di interpretare la fenomenologia come un particolare esempio di «psicologia descrittiva». L’insistenza sul legame e sulle analogie con la matematica assume in tal modo il significato di una polemica difesa della specificità del punto di vista fenomenologico, di fronte alle interpretazioni psicologizzanti. Così, discutendo il contributo presentato da Heinrich Maier in occasione del VI Congresso di Psicologia sperimentale tenutosi a Gottinga nell’aprile del 1914,29 Husserl ribadisce che «la fenomenologia pura (nel senso del mio lavoro) non è né psicologia descrittiva, né ha qualcosa della psicologia, così come poco della fisica ha la matematica pura della corporeità, e particolarmente la geometria pura».30 E, ancora una volta, il richiamo all’esempio della matematica risulta decisivo per chiarire il rapporto della fenomenologia con la psicologia empirico-sperimentale:

Psicologia e fisica sono “scienze dei dati di fatto”, scienze del mondo reale. Al contrario, la fenomenologia pura, la geometria e alcune scienze simili sono “scienze di essenze”, scienze di possibilità ideali pure. L’esistenza del reale è per tali scienze fuori questione […]. In modo analogo a come la geometria è dottrina eidetica dello spazio “puro” cioè scienza delle formazioni spaziali idealmente possibili, la fenomenologia pura è dottrina eidetica della coscienza “pura”, scienza delle formazioni idealmente possibili della coscienza (con i loro “correlati immanenti”). […] La matematica pura della corporeità trova applicazione nell’esperienza naturale e rende possibile la scienza “esatta” della natura nel senso più alto del termine (in quello della fisica moderna). Allo stesso modo, la fenomenologia pura trova applicazione nella psicologia e rende possibile (ovvero renderà un giorno possibile) una psicologia “esatta” — descrittiva e esplicativa — in un corrispondente supremo significato.31

D’altra parte, l’indicazione delle ascendenze matematiche della concezione dell’a priori implicita nella fenomenologia eidetica non impedisce a Husserl di sottolineare i profondi elementi di distinzione che sussistono fra metodo matematico e metodo fenomenologico. Le considerazioni metodologiche sviluppate nelle Ideen, ma anche in Erfahrung und Urteil, sono caratterizzate dal fatto che coesistono in esse il riconoscimento del valore paradigmatico della matematica e la rivendicazione per la fenomenologia di una specifica autonomia sul piano metodologico, circostanza quest’ultima dalla quale dipende direttamente il giudizio sulla possibilità di interpretare l’indagine fenomenologica nei termini di una matematizzazione della ricerca intorno alla «natura psichica». La discussione husserliana intorno al rapporto fra fenomenologia e matematica, e la stessa delimitazione del concetto di eidetica fenomenologica, devono essere comprese quindi all’interno dell’ampio dibattito che, particolarmente in ambito tedesco, si era sviluppato intorno al problema dell’applicabilità dell’indagine matematica allo studio dell’esperienza psichica.

Gli interrogativi posti da Husserl a proposito di una mathesis der Erlebnisse non costituiscono infatti un esempio isolato nella cultura filosofico-scientifica otto-novecentesca. Delineare una eidetica fenomenologica con caratteri specifici rispetto a quelli della eidetica matematica significa prendere posizione nell’ambito di una discussione che, originatasi in larga misura dalla nota distinzione kantiana fra grandezze estensive e grandezze intensive, aveva costantemente accompagnato il più generale dibattito sulla psicologia scientifica. A partire dalla distinzione concettuale introdotta nella Analitica dei principi, si era sviluppata una linea di indagine che, ignorando peraltro le perplessità manifestate dallo stesso Kant nei Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaften sulla possibilità di un’estensione alla psicologia empirica del modello matematico,32 proponeva una soluzione del problema della scientificità della psicologia proprio attraverso l’applicazione della matematica allo studio dei fenomeni psichici. Prendeva così consistenza una impostazione nella quale il motivo kantiano della mathesis intensorum veniva recepito allo scopo di fondare la scienza dell’esperienza interna: riconosciuta la natura intensiva dei fenomeni psichici, la psicologia diventa possibile come scienza proprio in quanto anch’essi sono suscettibili di una trattazione matematica. La psicologia può diventare scienza poiché può configurarsi come una matematica di quei particolari esempi di grandezze intensive che sono i fenomeni dell’esperienza interna. Alle origini di questa linea di indagine si trova, com’è noto, la Psychologie.33 di Johann Friedrich Herbart, nella quale l’approccio «matematizzante» coesiste con l’affermazione della natura intensiva delle rappresentazioni, nelle quali viene riconosciuto il vero e proprio fondamento dell’intera vita psichica. Il problema della matematizzazione della psicologia aveva trovato inoltre nel corso dell’Ottocento una soluzione per molti aspetti alternativa a quella herbartiana nella psicofisica di Gustav Theodor Fechner e, soprattutto, in questa forma era stato affrontato sia nell’ambito del neokantismo, sia da Franz Brentano e dalla sua scuola. Tanto nell’autore della Psychologie vom empirischen Standpunkt, quanto in alcuni dei suoi allievi come Carl Stumpf e Alexius Meinong, la psicofisica fechneriana e, più in generale, il problema delle grandezze intensive si trovavano al centro di analisi che, soprattutto in Meinong, ridefinivano profondamente i termini stessi della distinzione kantiana fra estensivo e intensivo34

4. Le varietà matematiche e il flusso di coscienza: la soluzione husserliana del problema della matematizzazione della psicologia

La distinzione fra metodo fenomenologico e metodo matematico viene ricondotta da Husserl a quella fra eidetica «descrittiva» e eidetica «deduttiva» o «esatta». L’eidetica matematico-geometrica è l’esempio di una eidetica non descrittiva: in essa non si ha una classificazione tipologica delle singole figure geometriche, ma una deduzione di «tutte le figure idealmente possibili» a partire da un certo numero di nozioni primitive e di assiomi. L’idea di Husserl — già presente in alcuni scritti preparatori alla seconda (e mai portata a termine) sezione della Philosophie der Arithmetik,35 e non priva di elementi di convergenza con le ricerche condotte da Hilbert intorno alle proprietà metateoriche dei sistemi formali — è che l’elemento distintivo della geometria sia dato dal fatto che l’insieme delle formazioni spaziali si configura come un esempio di «varietà definita» o «varietà matematica in senso pregnante». Con questo termine Husserl designa un sistema assiomatico dotato della proprietà metateorica della categoricità, cioè della capacità di caratterizzare in modo univoco i propri modelli. In una «varietà definita» accade che un

numero finito di concetti e di proposizioni […] determina, integralmente e univocamente, il complesso di tutte le possibili formazioni del territorio secondo una necessità puramente analitica, cosicché in esso non rimane per principio più nulla di indeciso.36

In termini puramente «sintattici», una «varietà definita» è un sistema formale completo, cioè in grado, per ogni proposizione α del linguaggio, di dimostrare αo la sua negazione.37

Quanto alla proprietà della «esattezza», essa è riconducibile alla natura dei procedimenti che presiedono alla formazione dei concetti primitivi. Sono «esatti» i concetti i cui correlati sono costituiti da quelle che Husserl chiama «essenze ideali»; vengono invece detti «descrittivi» i concetti aventi come correlati le «essenze morfologiche». La nozione di «essenza ideale» viene avvicinata da Husserl a quella di idea in senso kantiano: siamo quindi di fronte a essenze che esprimono «limiti ideali», per i quali è impossibile in linea di principio una rappresentazione sensibile adeguata; le essenze morfologiche esprimono invece «tipi» o «generi» che vengono individuati proprio a partire dall’osservazione sensibile. Mentre le «essenze ideali» si ottengono attraverso il procedimento della «ideazione», alle «essenze morfologiche» si giunge attraverso l’«astrazione». Husserl riconosce inoltre nella «esattezza» dei concetti primitivi una condizione necessaria, ancorché non sufficiente, del fatto che il dominio di una teoria possa configurarsi come una varietà definita.38

L’eidetica fenomenologica può offrire una descrizione dei vissuti della coscienza, ma non può presentarne una trattazione in forma assiomatico-deduttiva. La fenomenologia ha a che fare non già con essenze «ideali», bensì con essenze morfologiche che rappresentano altrettanti «tipi» suscettibili di ulteriori «specializzazioni». L’indagine fenomenologica inoltre, pur includendo anche lo studio delle essenze di grado superiore, si rivolge innanzitutto alle singolarità eidetiche, cioè ai gradi ultimi della gerarchia eidetica. Essa vuole descrivere soprattutto i concreta eidetici, cioè quelle essenze che non ammettono ulteriori specializzazioni in ambito eidetico, poiché la loro specializzazione è costituita non più da essenze, ma da individui.39

L’elemento distintivo delle teorie deduttive, il loro essere sistemi «definiti di assiomi» in grado di «generare» in modo esaustivo l’insieme delle proposizioni che sono da essi derivabili, non può costituire dunque un requisito della eidetica fenomenologica. A ciò si oppone soprattutto il fatto che la coscienza non può essere studiata come un esempio di «varietà» matematica «definita» (in termini hilbertiani, sintatticamente «completa»).40 Per quanto la nozione matematica di «molteplicità» possa trovare applicazione anche al di fuori della «sfera delle quantità», sarebbe tuttavia un vero e proprio «pregiudizio» ritenere che ogni disciplina eidetica debba assumere una forma deduttiva e la fenomenologia costituisce proprio l’esempio di una «scienza eidetica, ma non matematica». Ciò non pregiudica peraltro la possibilità di delineare una «fenomenologia della matematica» e procedere quindi alla chiarificazione dei modi di datità di un «dominio matematico» alla coscienza, ma rimane il fatto che «la coscienza del matematico (das Mathematisches) […] non è essa stessa qualcosa di matematico, la coscienza dell’“esatto” non è essa stessa esatta nel medesimo senso».41

La posizione husserliana non costituisce certo un esempio isolato nel dibattito filosofico otto-novecentesco, ma fa parte di una più ampia discussione sulla natura della soggettività dalla quale, pur nella varietà delle posizioni, emerge la polemica rivendicazione della peculiarità dell’esperienza psichica rispetto a quella del mondo fisico. Nella Psychologie vom empirischen Standpunkt di Brentano come nei Principles of Psychology di William James e nell’Essai sur les données immédiates de la conscience di Henri Bergson (ma ad essi si potrebbero aggiungere le Ideen über eine beschreibende und zergliedernde Psychologie di Wilhelm Dilthey), il richiamo all’idea dell’esperienza interna come «flusso di vissuti» comporta la negazione della possibilità di indagare la sfera psichica secondo una prospettiva di tipo «elementistico». Poiché la coscienza possiede una natura «fluente», i singoli vissuti non possono essere riguardati come le parti o gli elementi costitutivi di una «cosa», ma devono essere considerati come i momenti di un continuum unitario la cui indagine non può prescindere dalla dimensione temporale.42

L’affermazione del carattere «fluente» della coscienza comporta l’individuazione del tempo come dimensione privilegiata per lo studio dei fenomeni psichici, come fenomeni ai quali è invece estraneo il riferimento allo spazio. La ragione fondamentale che si oppone alla matematizzazione dello «psichico» è quindi costituita, per Husserl, dall’assenza in esso della dimensione spaziale, dal fatto cioè che la coscienza si configuri come qualcosa di inesteso e che i fenomeni psichici non si rapportino a essa come in una grandezza estensiva le parti si rapportano al tutto. «L’essenza del flusso dei vissuti non offre nulla che assomigli allo spazio, nessun sistema ordinativo della coesistenza che sia analogo allo spazio, e quindi non può essere il campo di una matematica».43 La natura non spaziale della coscienza determina l’impossibilità di una trattazione matematica «esatta» della esperienza interna, e la conseguente necessità di distinguere il metodo fenomenologico-descrittivo da quello matematico: «la fenomenologia trascendentale — afferma con decisione Husserl — appartiene invece, come scienza eidetica descrittiva, a una classe di scienze eidetiche totalmente diversa da quella delle scienze matematiche».44

L’esplicita separazione dei compiti della fenomenologia «descrittiva» da quelli dell’eidetica matematica non equivale peraltro ad affermare l’impossibilità di applicare la matematica allo studio dei vissuti. La natura descrittivo-intuitiva dell’indagine fenomenologica non esclude il ricorso allo strumento matematico al fine di procedere a una misurazione dell’intensità di un determinato fenomeno psichico, o a una valutazione quantitativa del decorso temporale di un flusso percettivo. L’affermazione della natura non matematizzante dell’indagine fenomenologica non significa affatto, per Husserl, l’esclusione della possibilità che certe proprietà dello «psichico» divengano oggetto di rilevazioni di carattere quantitativo.45

Tuttavia, come abbiamo mostrato, quando Husserl parla di matematizzazione dell’esperienza psichica intende ben altro: non si riferisce cioè alla semplice misurabilità di determinate proprietà dei fenomeni mentali, ma alla loro trattazione secondo quella metodologia rigorosamente «deduttiva» ed «esatta» che è a suo giudizio l’elemento distintivo dell’indagine geometrica. La matematizzazione in senso proprio del «mentale» sarebbe solo quella nella quale la coscienza venisse considerata nei termini di una «varietà definita», del tutto simile agli spazi della scienza geometrica:

ma manca qui, di principio, — precisa Husserl subito dopo avere ammesso la misurabilità dei fenomeni psichici — la possibilità di determinare approssimativamente, attraverso concetti esatti e attraverso un metodo ben saldo, ciò che è dato, e, specialmente, la graduazione è la graduazione di un ricco statuto qualitativo fatto di multiformi generi e specie, che non può essere afferrato matematicamente mettendolo in relazione con dei continui e con concetti esatti, né articolato entro un ordine matematico.46

Il processo che ha condotto Husserl alla definizione della fenomenologia eidetica non è quindi spiegabile unicamente a partire da ragioni «interne» alla sua filosofia. È invece opportuno considerare lo specifico contesto storico nel quale si è progressivamente delineato quel motivo della «eideticità» della nuova scienza fenomenologica che ne costituisce uno dei tratti caratteristici dal punto di vista metodologico. Insistere sulla fenomenologia come scienza eidetica significa per Husserl ritornare sull’antica questione del rapporto fra matematica e filosofia e affrontare il problema dell’applicazione del mos geometricus in ambito filosofico, ma anche prendere posizione di fronte ai nuovi interrogativi posti dalla psicologia scientifica e, prima ancora, dalla psicologia filosofica del primo Ottocento. La difesa della «eideticità» della fenomenologia, se comporta un richiamo alla fecondità del modello matematico e, soprattutto, si rivela debitrice di stimoli che, attraverso Bolzano, provengono dal razionalismo matematico di ispirazione leibniziana, intende anche stabilire precisi limiti di applicabilità di quello stesso modello, che divengono del tutto espliciti allorché se ne tenta una estensione al dominio dello «psichico». Con la fenomenologia eidetica Husserl delinea una nuova «psicologia razionale» in grado di costituire il livello teorico della psicologia empirico-sperimentale e, nello stesso tempo, ne afferma la specificità rispetto al modello rappresentato dalla scienza matematica della natura. Se la fenomenologia eidetica svolge, da un punto di vista epistemologico, una funzione analoga a quella della scienza matematica della natura, essa se ne distingue tuttavia perché muove dal riconoscimento della impossibilità di ridurre lo «psichico» a una indagine di tipo naturalistico. Rivendicare la specificità dell’approccio eidetico della fenomenologia significa, per Husserl, reagire alla «naturalizzazione» della coscienza posta in atto da buona parte della psicologia scientifica, per sottolineare invece la necessità di uno studio scientifico della coscienza che ne salvaguardi gli elementi distintivi, a cominciare da quello rappresentato dal carattere «fluente» della vita psichica.


  1. Cfr. E. Husserl, Einleitung in die Logik und Erkenntnistheorie. Vorlesungen 1906/07, Husserliana, vol. XXIV, a cura di U. Melle, M. Nijhoff, Dordrecht-Boston-Lancaster,1983 e Id., Die Idee der Phänomenologie. Fünf Vorlesungen, Husserliana, vol. II, a cura di W. Biemel, M. Nijhoff, The Hague-Dordrecht-Boston-Lancaster, 1950. ↩︎

  2. Cfr. E. Husserl, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie. Erstes Buch: Allgemeine Einführung in die reine Phänomenologie, Husserliana, vol. III/1, a cura di K. Schuhmann, M. Nijhoff, The Hague, 1976, p. 139, trad. it. a cura di V. Costa, Idee per una fenomenologia e per una filosofia fenomenologica. Libro primo: Introduzione generale alla fenomenologia pura, Einaudi, Torino, 2002, vol. I, p. 178. ↩︎

  3. Ibidem. Cfr. inoltre R. Bernet-I. Kern-E. Marbach, Edmund Husserl. Darstellung seines Denkens, Hamburg, F. Meiner, 1989, trad. it a cura di C. La Rocca, Edmund Husserl, Il Mulino, Bologna, pp. 105-107. ↩︎

  4. E. Husserl, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie. Drittes Buch: Die Phänomenologie und die Fundamente der Wissenschaften, Husserliana, vol. V, a cura di M. Biemel, M. Nijhoff, The Hague, 1952, p. 48, trad. it. a cura di V. Costa, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica. Libro terzo: La fenomenologia e i fondamenti delle scienze, Torino, Einaudi, 2002, vol. II, p. 423. ↩︎

  5. Cfr. Ibidem↩︎

  6. Il saggio, preparato in vista dell’Anttrittsrede da tenere dopo la nomina a professore ordinario presso l’Università di Freiburg, è rimasto a lungo inedito ed è stato poi pubblicato in E. Husserl, Aufsätze und Vorträge (1911-1921), Husserliana, vol. XXV, a cura di Th. Nenon e H. R. Sepp, M. Nijhoff, Dordrecht-Boston-Lancaster, 1987, pp. 125-205. ↩︎

  7. E. Husserl, Phänomenologie und Erkenntnistheorie, Husserliana, cit. alla nt. 6, vol. XXV, pp. 194-95, trad. it. a cura di P. Volonté, Fenomenologia e teoria della conoscenza, Bompiani, Milano, 2000, pp. 249-51. ↩︎

  8. E. Husserl, Ideen III, cit. alla nt 4, vol. V, p. 56, trad. it., vol. II, p. 430. ↩︎

  9. E. Husserl, Ideen III, cit. alla nt 4, vol. V, p. 69, trad. it., vol. II, p. 442. ↩︎

  10. E. Husserl, Die reine Phänomenologie, ihr Forschungsgebiet und ihre Methode, cit. alla nt 6, vol. XXV, pp. 79-80. ↩︎

  11. Cfr. in particolare E. Husserl, Ideen III, cit. alla nt 4, vol. V, p. 43, trad. it., vol. II, p. 418. ↩︎

  12. E. Husserl, Ideen III, cit. alla nt 4, vol. V, pp. 51-52, trad. it., vol. II, p. 426. ↩︎

  13. Ma cfr. anche la Formale und transzendentale Logik e la Phänomenologische Psychologie↩︎

  14. Cfr. ad esempio E. Husserl, Erfahrung und Urteil. Untersuchungen zur Genealogie der Logik, a cura di L. Landgrebe, Klaassen Verlag, Hamburg, 1964, pp. 410-12, trad. it. a cura di F. Costa e L. Samonà, Esperienza e giudizio. Ricerche sulla genealogia della logica, Bompiani, Milano, 1995, pp. 314-15. ↩︎

  15. Cfr. in proposito M. Kline, Mathematical Thought from Ancient to Modern Times, trad. it. a cura di L. Lamberti e L. Mazzi, Storia del pensiero matematico, Einaudi, Torino, 1991, vol. II, pp. 1077-86. ↩︎

  16. Il nome di Klein è legato soprattutto al famoso Programma di Erlangen, la prolusione con la quale il matematico tedesco definiva nel 1872 le linee fondamentali per una classificazione gruppale delle geometrie, ricorrendo proprio alla nozione di invariante. L’importanza dei lavori di Klein per le ricerche matematiche degli anni 1886-93 è sottolineata dallo stesso Husserl in una lettera a Paul Natorp del 7.9.1901. Cfr. E. Husserl, Studien zur Arithmetik und Geometrie, Husserliana, vol. XXI, a cura di I. Strohmeyer, M. Nijhoff, The Hague-Boston-Lancaster, 1983, p. 397. ↩︎

  17. Cfr. E. Husserl, Lettera a D. Manke del 17. X. 1921, Briefwechsel, Kluwer, Dordrecht-Boston-London, vol. III, p. 434 e Ideen III, cit. alla nt 4, vol. V, p. 57, trad. it., p. 431. ↩︎

  18. Cfr. in proposito D. Rabouin, Husserl et le projet leibnizien d’une mathesis universalis, «Philosophie», XCII, 2006, pp. 13-28 e S. Centrone-J.J. Da Silva, Husserl and Leibniz: Notes on the Mathesis Universalis, in Essays Husserl’s on Logic and Philosophy of Mathematics, a cura di S. Centrone, Springer, Dordrecht, 2017, pp. 1-23. ↩︎

  19. Il testo del saggio, rimasto inedito, è ora pubblicato con il titolo Das Imaginäre in der Mathematik in E. Husserl, Philosophie der Arithmetik. Mit ergänzenden Texten (1890-1901), Husserliana, vol. XII, a cura di L. Eley, M. Nijhoff, Den Haag, 1970, pp. 430-44. ↩︎

  20. E. Husserl, Das Imaginäre in der Mathematik, cit. alla nt 19, vol. XII, p. 430. ↩︎

  21. Cfr. E. Husserl, Logische Untersuchungen, vol. I, Husserliana, vol. XVIII, a cura di E. Holenstein, M. Nijhoff, Den Haag, 1975, p. 223, trad. it. a cura di G. Piana, Ricerche logiche, Il Saggiatore, Milano, 1968, vol. I, p. 227 ove viene citato, fra gli altri, il passo nel quale Leibniz definisce l’Ars combinatoria come «doctrina de formulis seu ordinis, similitudinis, relationis, etc., expressionibus in universum». ↩︎

  22. E. Husserl, Einleitung in die Logik und Erkenntnistheorie, cit. alla nt 1, vol. XXIV, pp. 54-55. Cfr. sull’argomento S. Centrone-J.J. Da Silva, Husserl and Leibniz, cit. alla nt 18, pp. 12-15. ↩︎

  23. Sulla matematica come «ontologia formale» cfr. anche E. Husserl, Formale und transzendentale Logik. Versuch einer Kritik der logischen Vernunft, Niemeyer, Halle, 1919, pp. 67-68, trad. it. a cura di G. D. Neri, Logica formale e trascendentale. Saggio di critica della ragione logica, Laterza, Bari, 1966, pp. 93-95. ↩︎

  24. Cfr. in proposito P. Bucci, Husserl e Bolzano. Alle origini della fenomenologia, Unicopli, Milano, 2000, pp. 62-66. Cfr. inoltre, per un’analisi dell’idea bolzaniana di mathesis, S. Centrone-J.J. Da Silva, Husserl and Leibniz, cit. alla nt 18, pp. 16-20. ↩︎

  25. Cfr. soprattutto il Beilage XXX alla quarta e definitiva stesura dell’articolo per l’Encyclopaedia Britannica, Husserliana, vol. IX, a cura di W. Biemel, Kluwer, Dordrecht-Boston-London, 1995, pp. 519-23, ma cfr. anche le affermazioni contenute nella prima stesura del saggio (Husserliana, vol. IX, cit., pp. 250-52). ↩︎

  26. Cfr. E. Husserl, Ideen III, cit. alla nt 4, vol. V, p. 53, trad. it., vol. II, p. 427. ↩︎

  27. E. Husserl, Ideen I, cit. alla nt 2, vol. III/1, pp. 16-17, trad. it., vol. I, pp. 23-24. Cfr. inoltre B. Smith, Logica e ontologia formale nelle ‘Logische Untersuchungen’ di Husserl, «Rivista di filosofia», LXXXII, 1991, pp. 61-62. ↩︎

  28. E. Husserl, Ideen III, cit. alla nt 4, vol. V, pp. 69-70, trad. it., vol. I, pp. 442-43. ↩︎

  29. Il testo della conferenza di H. Maier su Philosophie und Psychologie venne pubblicato a cura di F. Schumann nel Bericht über den VI Kongreß für experimentelle Psychologie vom 15-18.8.1914. In esso non solo veniva affermata l’importanza centrale delle analisi psicologiche per l’insieme delle discipline filosofiche e, particolarmente, per la logica, ma era presente anche una esplicita presa di posizione contro la pretesa di tenere distinto il metodo fenomenologico da quello della psicologia. «La “intuizione eidetica” — affermava Maier — è scientificamente inoppugnabile in quanto è psicologia descrittiva, la quale tuttavia resta limitata se non riconosce l’apporto della psicologia esplicativa» (citato in Th. Nenon-H.R. Sepp, Einleitung a Husserliana, cit. nt 6, vol. XXV, p. XXVII). ↩︎

  30. Husserliana, cit. nt 6, vol. XXV, Beilage VIII, p. 266. ↩︎

  31. Husserliana, cit. nt 6, vol. XXV, Beilage VIII, p. 266. ↩︎

  32. Cfr. I. Kant, Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaft, in Kants gesammelte Schriften, a cura dell’Accademia Prussiana delle Scienze, vol. IV, a cura di A. Höfler, Reimer, Berlin, 1911, pp. 471-72, trad. it. a cura di P. Pecere, Principi metafisici della scienza della natura, Bompiani, Milano, 2003, pp. 105-07. ↩︎

  33. La Psychologie als Wissenschaft, neu gegründet auf Erfahrung, Metaphysik und Mathematik apparve in due volumi nel 1824-25. ↩︎

  34. Per un’analisi della riflessione meinonghiana sulle grandezze intensive e, più in generale, per una ricostruzione storica dell’intero dibattito nell’ambito della riflessione filosofico-psicologica dell’Ottocento e dei primi decenni del Novecento si vedano i seguenti lavori di R. Martinelli: Il problema delle grandezze intensive nella filosofia dopo Kant, «Rivista di filosofia», LXXXVII, 1996, pp. 445-71; I neokantiani e la psicofisica. Una controversia sul fondamento della conoscenza, in Conoscenza, valori e cultura. Orizzonti e problemi del neocriticismo, a cura di S. Besoli e L. Guidetti, Vallecchi, Firenze, 1997, pp. 549-67; Misurare l’anima. Filosofia e psicofisica da Kant a Carnap, Quodlibet, Macerata, 1999. Cfr. inoltre V. Fano, Saggio sull’epistemologia di Franz Brentano, CLUEB, Bologna, 1993, pp. 95-120. ↩︎

  35. Cfr. ad esempio E. Husserl, Drei Studien zur Definitheit und Erweiterung eines Axiomensystems, Husserliana, cit. alla nt 19, vol. XII, pp. 452-57. ↩︎

  36. E. Husserl, Ideen I, cit. alla nt 2, vol. III/1, p. 135, trad. it., vol. I, p. 173. ↩︎

  37. Cfr. E. Husserl, Ideen I, cit. alla nt 2, vol. III/1, pp. 135-36, trad. it., vol. I, p. 174. ↩︎

  38. E. Husserl, Ideen I, cit. alla nt 2, vol. III/1, pp. 137-39, trad. it., vol. I, pp. 175-77. ↩︎

  39. Sulla distinzione husserliana fra concretum e individuum e, più in generale, sulla differenza fra eidetica matematica e eidetica fenomenologica cfr. R. Lanfredini, La fenomenologia come scienza di oggetti inesatti, «Rivista di estetica», 2003, 43, pp. 100-108 e La filosofia dell’aritmetica e la fenomenologia come scienza inesatta, «Iride», 15, 2002, pp. 646-651. ↩︎

  40. Cfr. E. Husserl, Ideen III, cit. alla nt 4, vol. V, p. 135, trad. it., vol. II, p. 501. ↩︎

  41. E. Husserl, Phänomenologie und Psychologie, cit. alla nt 6, vol. XXV, pp. 114-15. ↩︎

  42. Cfr. P. Spinicci, Sensazione, percezione, concetto, Il Mulino, Bologna, 2000, pp. 93-95. ↩︎

  43. E. Husserl, Ideen III, cit. alla nt 4, vol. V, p. 44, trad. it., vol. II, p. 419. ↩︎

  44. E. Husserl, Ideen I, cit. alla nota 2, vol. III/1, p. 141, trad. it., vol. I, p. 180 e cfr. Ideen III, cit. alla nt 4, vol. V, p. 44, trad. it., vol. II, p. 419. A conclusioni simili giungeva Edith Stein, l’allieva di Husserl alla quale era stato affidato il compito di preparare un’articolata risposta alle critiche che erano state rivolte alla fenomenologia da August Messer, psicologo allievo di Oswald Külpe, e da Theodor Elsenhans, filosofo di ispirazione kantiana. Il testo della Stein, che avrebbe dovuto costituire l’appendice ai due saggi husserliani Phänomenologie und Psychologie e Phänomenologie und Erkenntnistheorie, è ora pubblicato in Husserliana, cit. alla nt 6, vol. XXV, pp. 226-48 (sul problema della matematizzazione della psicologia si vedano soprattutto pp. 238-40). ↩︎

  45. Cfr. E. Husserl, Ideen III, cit. alla nt 4, vol. V, p. 135, trad. it., vol. II, p. 501. ↩︎

  46. E. Husserl, Ideen III, cit. alla nt 4, vol. V, pp. 135-36, trad. it., vol. II, p. 501. Anche su questa idea della matematizzazione la posizione husserliana non appare però del tutto univoca. Nel primo volume delle Ideen, dopo avere distinto fra metodo fenomenologico e metodo matematico, Husserl riconosce che tali considerazioni metodologiche non consentono di trovare risposta all’interrogativo riguardante la possibilità di introdurre nell’indagine dei fenomeni psichici «accanto al procedimento descrittivo, anche un procedimento idealizzante», ovvero di delineare una «mathesis dei vissuti, che sarebbe un omologo della fenomenologia descrittiva» (E. Husserl, Ideen I, cit., alla nt 2, vol. III/1, p. 141, trad. it., vol. I, p. 179). Sembra cioè che la distinzione, certo ampiamente ribadita, fra metodo fenomenologico e metodo matematico non debba essere intesa nei termini di una presa di posizione definitiva riguardo alla questione che sta sullo sfondo dell’intera discussione metodologica husserliana, quella appunto della possibilità di una mathesis der Erlebnisse↩︎