1. Mereologia
Mereologia è un termine tecnico che indica la teoria degli interi e delle parti, e in particolar modo la relazione primitiva tra la parte e l’intero, in base alla quale definiamo ogni parte propria in quanto non identica all’intero nel quale è contenuta. Possiamo parlare, invece, di disgiunzione o separazione se non sono presenti parti in comune.1 Questa relazione può essere considerata nei termini di una dipendenza dell’identità dell’intero dall’identità delle sue parti componenti non consentendo, su questa base, di render ragione dell’identità numerica e della persistenza temporale appartenente alla maggior parte dei composti.2
Il problema delle relazioni tra gli interi e le parti è stato trattato anche dal riduzionismo, secondo cui le proprietà dell’intero sono determinate dalla sua struttura, vale a dire dalle parti che lo costituiscono e dalle relazioni che si stabiliscono tra di loro, divenendo così anteriori agli interi. Nell’intero non c’è niente di più delle parti di cui è costituito, e di conseguenza, conoscendo le caratteristiche delle parti e delle loro relazioni reciproche, si dovrebbe essere in grado di prevedere quali saranno le proprietà dell’intero. Al contrario gli antiriduzionisti sostengono che nell’intero deve esistere qualcosa di più delle sue parti e delle sue relazioni.3
Questa tesi può essere denominata essenzialismo mereologico, secondo cui ogni volta che un oggetto si modifica in una sua piccolissima parte, cessa di esistere come quell’oggetto, perdendo, dunque, la sua identità attraverso il tempo.4
L’analisi fenomenologica di Husserl mette tra parentesi l’oggetto naturale nella sua singolarità e opera quella che egli definisce riduzione eidetica (dal greco eide, forme, idee o essenze), che si muove verso le essenze presenti nell’intuizione della coscienza. Possiamo, infatti, sospendere il giudizio sull’esistenza del mondo, ma è evidente che esso appare alla coscienza, dunque non possiamo sospendere il giudizio sul fatto che pensiamo.5 Noi non cogliamo l’essenza del significato nel vissuto che lo conferisce, ma solo nel suo contenuto, che rappresenta un’unità intenzionale identica di fronte alla molteplicità disparata di vissuti reali o possibili di soggetti che parlano o pensano. In questo senso ideale, il contenuto «di coscienza» dei correlativi vissuti significanti è cosa ben diversa da ciò che intende la psicologia quando parla di contenuto, cioè una qualche parte reale o un aspetto del vissuto.6
Dal punto di vista della coesione, i contenuti rappresentati insieme di volta in volta (cioè che si trovano insieme nella coscienza) si distinguono in due classi principali: contenuti indipendenti e non-indipendenti. Si hanno dei contenuti indipendenti quando gli elementi di un complesso rappresentazionale possono per loro natura essere rappresentati separatamente; quando ciò non accade si hanno, invece, dei contenuti non-indipendenti.7
La coscienza, in quanto residuo fenomenologico, è dunque il risultato ultimo e indubitabile della riduzione, non ulteriormente riducibile ad altro. Husserl definisce la fenomenologia come eidetica cioè scienza di essenze: diversamente dai fatti empirici, le essenze sono necessarie e universali. Tutto ciò che è reale o possibile ha senso solo se riferito alla coscienza, la quale ha appunto la proprietà di conferire senso a essi.
L’obiettivo husserliano è quello di delineare la natura degli oggetti eidetici a partire dall’idea correlativa nel contesto della prospettiva mereologica prima evidenziata.
In questo quadro il filosofo tedesco può affermare che l’esistenza degli interi può essere reale o possibile, analogamente a quella degli oggetti a loro connessi.
Essere parte di qualcosa vuol dire trovarsi all’interno di un determinato oggetto e godere di quei «predicati positivi»che rinviano alla sua struttura.8 Possiamo percepire un oggetto come «intero» e, soffermandoci ulteriormente su una sua analisi, possiamo rintracciarne gli elementi che lo fanno sussistere come tale. La realtà in cui viviamo è piena di oggetti, grazie ai quali arricchiamo le nostre esperienze quotidiane. A esempio gli attributi «rosso» e «rotondo» possono essere visti come parti di un oggetto-soggetto, ma non i termini «esistente» o «qualcosa».
Da evidenziare è il contrasto molto forte tra il pensiero di Husserl e gli aspetti principali dello psicologismo, concezione in base alla quale l’esperienza, situata a livello della nostra interiorità, rappresenta l’origine di ogni conoscenza. John Stuart Mill9 (1806-1873), uno dei più prestigiosi esponenti di questa corrente riduce sia le leggi della natura sia i concetti a fatti psichici e di conseguenza considera la logica come parte della psicologia. Husserl, influenzato da Gotlobb Frege (1848-1925) e da Bernhard Bolzano (1781-1848), presenta le sue tesi in opposizione a questa posizione filosofica, già a partire dal primo volume delle Ricerche Logiche intitolato I Prolegomeni a una logica pura.10 Al suo interno il nostro autore sostiene in maniera rigorosa l’universalità e la necessità delle leggi logiche, le quali proprio per questa ragione non possono dipendere dalle leggi psicologiche, che essendo ottenute per induzione, non godono di queste prerogative.
Così i vissuti coscienziali sono temporalmente determinati mentre le verità che, come il principio di non contraddizione, sono eterne e, in quanto tali, sovratemporalmente valide, alla logica pura. Infatti l’interpretazione psicologista di Mill del principio di non contraddizione non fornisce una legge, ma una proposizione empirica del tutto vaga e scientificamente non verificata.
In connessione alla questione sopra esposta, Husserl mette in risalto come l’uomo possieda la facoltà di riprendere in un secondo momento gli aspetti e le cose percepiti precedentemente, creando delle combinazioni grazie all’immaginazione. Attraverso essa possiamo unire e assemblare una molteplicità di cose che, invece, nella vita di tutti i giorni appaiono separate. Siamo in grado di riprodurre l’immagine di un centauro, di un uomo con due teste, oppure soffermarci su aspetti singolari come un naso, una bocca e una testa.11
A tal proposito la nozione di parte indipendente è fondata nella possibilità di costruire rappresentazioni indipendenti per una determinata parte di un oggetto. Possiamo, dunque, sostenere che la gamba di un tavolo è una parte reale del tavolo; inoltre, che è indipendente in quanto può essere rappresentata separatamente dal resto del tavolo; e che diventa un intero nel momento in cui la separiamo fisicamente da esso.12 Al contrario della concezione husserliana la dottrina delle parti potenziali sostiene come le parti connesse, ossia le parti proprie che sono congiunte ad altre parti dello stesso intero, non sono entità in atto. Al più si tratta di entità in potenza, che potrebbero trovarsi nella realtà solo nel momento in cui venissero distaccate dall’intero a cui appartengono. Ad ogni modo tale dottrina non esclude che una parte propria possa godere di esistenza attuale.
A esempio se prendiamo in considerazione una ragazza di nome Mary e il suo gatto Tibbles, constatiamo che essi fanno parte della loro somma mereologica e, ciononostante la dottrina delle parti potenziali ne riconosce l’esistenza. Al contrario questa concezione nega l’esistenza di parti proprie come una mano e una coda in quanto non possiedono quel carattere cosale che caratterizza le persone del nostro mondo, come Mary e Tibbles. Una mano o una coda esistono solo potenza e si può attribuire loro esistenza in atto, solo separandole dagli interi a cui appartengono.13
Husserl, invece, dichiara come una mano o una coda possano essere pensate singolarmente, senza tenere conto della connessione con le altre parti dell’intero del quale fanno parte. Assolutamente difficile, anzi impossibile, è la rappresentazione di un’idea astratta come il separare l’idea di un movimento da quella di un corpo mosso.14
Come abbiamo già affermato possiamo riprodurre distintamente e parlare, proprio per questa ragione, di un contenuto rappresentabile separatamente in presenza di ogni cosa fenomenale e di ogni sua frazione. Si possono separare solo quelle parti di un intero rappresentato che sono appunto unificate con altre parti, anche in caso della loro inesistenza.
A riguardo, quindi, la distinzione tra contenuti indipendenti e non-indipendenti, di cui parleremo maggiormente spiegando il concetto di Fundierung.
2. Definizione del concetto di Fundierung
Husserl sostiene che gli oggetti possiedono al loro interno delle determinazioni intrinseche, distaccate dal soggetto. In questo modo si verifica una separazione, tra le determinazioni proprie degli oggetti, che appartengono loro in quanto legati a una determinata categoria, e le determinazioni che derivano dall’attività soggettiva, legate agli oggetti in quanto rappresentati e pensati.15
Dunque, immersi nelle nostre esperienze, non produciamo con le nostre attività le relazioni intrinseche agli oggetti, ma vi facciamo riferimento in modo corretto e con un alto grado d’interesse le notiamo come qualsiasi altro contenuto.16
Giunti a questo punto, è opportuno introdurre il concetto di fondazione strutturale, Fundierung, proposto da Edmund Husserl (1859-1938) nel quadro delle sue Ricerche logiche (1900-1901), in particolare nella terza dedicata alla teoria dell’intero e della parte.17
Il concetto di parte consente di designare qualsiasi parte sia discernibile in un oggetto. In questo significato allargato, parte diventa tutto ciò che l’oggetto ha in senso reale, nel senso di ciò che lo costituisce effettivamente […] la nozione di intero determinata sulla base della relazione di fondazione traccia una discriminazione […] tra complessi di oggetti che sono interi […] e complessi che non lo sono […] . Per questo non sarà detto intero […] un complesso qualunque di oggetti. Complessi di oggetti che non sono interi saranno […] caratterizzati dal fatto che essi non sono abbracciati da una fondazione [strutturale] unitaria. Se decidiamo di riservare il termine di insieme a questi ultimi, allora distingueremo gli interi dagli insiemi.18
Dopo aver chiarito il significato dei termini intero e parte, possiamo riportare una definizione di Husserl sulla parola Fundierung (fondazione strutturale)19 che è introdotta, a partire dai contenuti che vengono presentati come «concreti» o «indipendenti» e «astratti» o «non indipendenti», come ciò che unifica veramente ogni cosa:
Se un α come tale puo esistere soltanto in una unità comprensiva che lo connette ad un μ, noi diciamo che un α come tale ha bisogno di essere fondato [strutturalmente] da un μ, o anche: un α come tale ha bisogno di essere integrato da un μ. Se percio αº e μº sono casi particolari determinati dai generi puri α e μ, che si realizzano in un unico intero e che si trovano nel rapporto indicato, noi diciamo che αº e fondato [strutturalmente] da μº, e soltanto da μº, se il bisogno di integrazione di α viene soddisfatto unicamente da μ.20
Tale definizione può, a nostro avviso, essere applicata a svariati studi condotti sulla comunicazione umana, e in particolar modo a un aspetto fondamentale che può essere il rapporto tra significante e significato. Tra il primo e il secondo, infatti, sussiste un rapporto di
fondazione o di connessione necessaria. Il significante, suono o forma, viene considerato sul piano della fatticità e fonda l’immenso campo dei significati, concetti o funzioni, rendendoli significativi. Anche in questo caso µ (riferito ai significanti) fonda α (i significati) e nello stesso tempo quest’ultimi, pur essendo funzioni, restano strettamente connessi agli aspetti della materialità, o meglio della fatticità. Possiamo percepire un suono che per noi non ha alcun significato, dunque esclusivamente materia, oppure esprimere o percepire suoni che manifestano ed estendono agli altri il senso che portano al loro interno, dando l’idea di una completa e indissolubile unità con esso. La possibilità di comunicare esiste proprio perché la materia si associa al contenuto, data la presenza di una relazione di fondazione strutturale tra le due parti. La materia, è la struttura su cui poggiano i nostri pensieri, le nostre percezioni, i contenuti delle nostre esperienze. Quest’ultimi proprio per sussistere e per essere resi noti hanno bisogno di un supporto di materialità.
Questo aspetto era stato approfondito dallo stesso Gian-Carlo Rota (1932-1999), il quale, all’interno del capitolo Tre sensi del discorso in Heidegger, si riferisce alla relazione di Fundierung in questi termini:
Mentre vi parlo, voi mi ascoltate attraverso suoni che in qualche modo (o qualche volta) hanno un senso; il senso delle mie parole è rapportato al suono mediante un Fundierungszusammenhang (nesso che fonda). Il senso delle mie parole non può essere senza il suono, ma non posso racimolare il senso dal semplice suono in quanto tale.21
Dunque nella fondazione ontologica le varie tipologie di momenti, per quanto concerne la loro esistenza, sono sempre sottoposte, secondo Husserl, a delle restrizioni eidetico-essenziali, proprio come nel caso di un contenuto concettuale di significato che per esistere ha bisogno di una qualche forma di rappresentazione grafica o segnica.22
Il termine Fundierung è legato, inoltre, ad alcuni teoremi (in tutto sei) introdotti da Husserl. Appare assolutamente necessario definirne i caratteri generali.
Se prendiamo in considerazione un α e un μ, l’α come tale possiede la necessita di essere fondato strutturalmente da un μ e di una simile fondazione strutturale ha bisogno anche ogni intero che ha come sua parte un α, ma non un μ.
Ciò in quanto µ consente questo rapporto di fondazione strutturale, ragion per cui solo α e gli interi che contengono α necessitano di essa. Spostandoci nuovamente sul piano del rapporto significante-significato, vediamo come la fatticita in sé e per sé non ha bisogno di un µ per essere fondata, condizione che, invece, richiede ogni contenuto o significato.
La fatticità rappresenta un sostegno per la funzione e in quanto tale è un elemento ineliminabile, che ci consente di accedere all’aspetto in un certo senso immateriale della funzione.
Tutto ciò può essere esplicato anche in termini di rapporti tra momenti non-indipendenti e momenti indipendenti: infatti, un intero che contenga come parte un momento non-indipendente è anch’esso non-indipendente, e lo è relativamente e in riferimento a ogni intero indipendente sovraordinato, nel quale è contenuto quel momento non-indipendente.
Inoltre come si può evincere dal terzo e dal quarto teorema, se a è una parte indipendente o non-indipendente di β e β e una parte indipendente o non-indipendente di γ, allora α e anche una parte indipendente o non-indipendente di γ.23
La dipendenza e l’indipendenza di un oggetto possono assumere un carattere assoluto o relativo in quanto un oggetto relativamente non-indipendente è anche assolutamente non-indipendente, mentre un oggetto relativamente indipendente può essere non-indipendente in senso assoluto. Inoltre se α e β sono parti indipendenti di un intero qualsiasi G, essi sono anche relativamente indipendenti tra loro.24
Secondo il parere di alcuni interpreti, i primi due teoremi di Husserl non possono essere ritenuti accettabili. In base alle considerazioni di Bell:
Il primo teorema è semplicemente falso […] se un a come tale richiede di essere fondato in un μ, allora ogni intero che abbia α come parte richiede una simile fondazione. Ciò comporta, a esempio, che se un uomo sposato non può esistere come tale senza che esista qualcuno che è sua moglie, allora qualsiasi intero che abbia un uomo sposato come sua parte dipende per la sua esistenza da quella della moglie. Fortunatamente questo è molto lontano dall’essere vero poiché diversamente ogni team, gruppo o istituzione contenenti un uomo sposato come un loro membro cesserebbero necessariamente di esistere nel momento in cui l’uomo cessasse di essere sposato.25
Queste affermazioni rivelano una comprensione parziale ed errata dell’analisi husserliana; in quanto Husserl, nei suoi teoremi si riferisce ad alcuni tipi di interi detti «pregnanti». Infatti questi contenuti, che rappresentano la nozione forte di intero, mettono in evidenza come l’esistenza di ogni parte di un organismo dipenda dall’esistenza di altre parti secondo una rete di dipendenze che varia da specie a specie. Dunque il primo teorema mantiene la sua validità solo se si prendono in considerazione i contenuti e le parti appropriate, ossia se vengono poste delle precise restrizioni su di essi, in modo tale che siano ammessi solo contenuti ontologicamente fondati o dipendenti esistenzialmente in modo individuale.
Anche Simons riformula l’esempio di Bell sulla specie «marito» e la specie «moglie» affermando che:
Noi non dovremmo poter dire che poiché l’esistenza di mariti richiede quella di coppie sposate allora i mariti sono fondati come tali in coppie sposate.26
Infatti se assumiamo che la proprietà a (uomo sposato) debba essere ontologicamente fondata in μ (un altro essere umano coniugato), allora inevitabilmente il primo teorema risulta invalidato nel modo indicato da Bell e Simons, poiche qualsiasi intero o unità che contenga a come una sua parte dipenderà necessariamente da µ, in quanto «uomo sposato» contiene analiticamente il rapporto essenziale con «donna sposata». Questi due contenuti, a loro volta, sarebbero momenti fondati nel momento «coppia sposata». È evidente come l’intero, presentato da Bell e Simons, contenente i due esseri umani, non può essere considerato come una vera struttura pregnante, ma piuttosto un intero in senso ampio costituito semplicemente da un uomo e da una donna, dunque come aggregazione di contenuti.
Ciò può ricollegarsi al tentativo husserliano di indicare tre tipologie di interi: l’intero in senso pregnante o di prima specie, l’intero in senso ampio e l’intero in senso stretto o di seconda specie. Dopo aver delineato gli aspetti principali dell’intero pregnante e di quello in senso ampio come somma di contenuti, è necessario parlare degli interi di seconda specie che attengono gli oggetti e non gli individui e che, all’interno della Terza ricerca logica, sono connessi fra di loro attraverso relazioni di connessione o contiguità spaziale e non da quella che Husserl denomina fondazione unitaria, che costituisce il criterio ontologico di demarcazione fra questo tipo di interi e gli interi pregnanti, detti anche strutture pregnanti, che analizzeremo meglio in seguito.
Da qui risulta indispensabile sottolineare che possono esistere diverse specie non solo di interi, ma anche di parti. Possiamo fare alcune distinzioni: come lo stesso Husserl afferma, la mano è parte dell’uomo, e ciò è differente rispetto al rapporto che si instaura tra l’uomo in quanto intero e il colore della mano, oppure tra l’individuo e l’estensione complessiva del corpo.27 Tutto questo avviene come se ogni singola parte avesse una propria indipendenza e peculiarità rispetto a un’altra, creando, così, relazioni di fondazioni differenti con gli interi.
In questo caso l’uomo è da considerarsi come intero in senso assoluto per quanto concerne la categoria «individuo», ma in senso relativo può essere visto come insieme di parti specifiche: mani, piedi, occhi.
Si procederà ora a parlare dei rapporti di fondazione strutturale definendo dettagliatamente la sua natura e le sue distinzioni intrinseche.
3. Distinzioni intrinseche al rapporto di Fundierung
Data una coppia di parti appartenenti a un determinato intero, si possono verificare le seguenti possibilità: il rapporto di fondazione può non esserci oppure, nel caso in cui sia presente, può dividersi in «bilaterale» o «unilaterale». Tutto è strettamente connesso alla distinzione tra «reversibilità» o «irreversibilità» della legge regolativa corrispondente come Husserl tenta di illustrare con l’esempio del colore e dell’estensione che si fondano «bilateralmente» in un’intuizione unitaria, dal momento che non possiamo pensare alcun colore che sia indipendente da un’estensione, e alcuna estensione senza un certo colore.
Infatti immaginando un campo colorato ci renderemo conto che il colore non è altro che una parte non-indipendente in relazione all’estensione. Il colore non può essere considerato come frazione, bensì come momento di un determinato intero. Dall’altro versante, invece, un giudizio è fondato «unilateralmente» nelle rappresentazioni che si trovano alla sua base, tenendo conto del fatto che esse non sono necessariamente fondamenti di un giudizio. Gli esempi possono essere estesi all’uomo e alle parti che lo costituiscono.
Abbiamo già accennato al fatto che, grazie alla nostra immaginazione, siamo in grado di rappresentarci un centauro, una singola bocca o un naso; nella realtà, al contrario, non vedremo mai questi singoli aspetti come indipendenti gli uni dagli altri, ma riconosceremo la persona come «intero», in quanto costituito dall’unione delle sue parti, in relazione tra loro, secondo un rapporto bilaterale.28 In questo modo possiamo procedere oltre nell’analisi della mereologia husserliana esaminando l’indipendenza e la non-indipendenza relativa delle parti. È presente la non-indipendenza se tra due parti si instaura una relazione bilaterale, mentre nel caso in cui sussista una di tipo unilaterale, il contenuto fondante, e non quello fondato, sarà indipendente.
Su questa base si può stabilire che la fondazione di una parte in un’altra può essere «immediata» o «mediata». A esempio se α e β sono connessi, essi lo sono immediatamente invece, se α e γ sono connessi, lo sono mediatamente: «L’ordine della mediatezza e dell’immediatezza si fonda per legge nei generi «puri».29 In questo senso Husserl sostiene che:
Il momento generico colore e in modo del tutto diverso anche il momento luminosità possono essere realizzati soltanto in e con un momento della differenza inferiore, come rosso, blu, […] . Queste fondazioni e connessioni, sempre immediate, determinano quelle mediate tra il momento colore, o luminosità, e quello della determinazione di estensione. Evidentemente le leggi di connessione relative alle fondazioni mediate, sono leggi analitiche, e precisamente conseguenze deduttive di quelle che concernono le fondazioni immediate.30
Dopo aver parlato dei diversi rapporti di Fundierung che possono instaurarsi tra intero e parte, dobbiamo aggiungere alcune distinzioni fondamentali relative alla seconda. Si possono avere le «frazioni» o parti in senso stretto e i «momenti» o parti astratte dell’intero ovvero, nel linguaggio husserliano, «chiamiamo frazione ogni parte indipendente relativamente a un intero G, momento di questo intero G ogni parte non-indipendente relativamente a esso (una parte astratta)».31
Inoltre bisogna osservare che le parti astratte possono contenere le frazioni e viceversa. A loro volta le frazioni possono escludersi tra loro, perché non possiedono alcuna frazione in comune. Il processo di suddivisione di un intero, costituito da frazioni che si escludono, e dette per questa ragione «disgiunte», viene chiamato «frazionamento dell’intero».
Questo tipo di frazionamento può però essere considerato in modo relativo; infatti le varie parti possono avere tra loro un momento identico denominato «limite comune». Abbiamo separazione in senso rigoroso quando le frazioni non possiedono più un momento identico da condividere. Inoltre è possibile parlare di «intero estensivo» e delle sue frazioni, ossia, le «parti estensive». A esempio una determinata estensione può essere suddivisa in estensioni, e in maniera più dettagliata un segmento spaziale o temporale può essere suddiviso in ulteriori segmenti spaziali o temporali. Ritornando a parlare dell’oggetto, in legame con i suoi momenti astratti, esso può definirsi «concreto» relativo, e in maniera precisa concreto più vicino ai suoi momenti più vicini. Un concreto che, invece, non è astratto in nessun senso, è definito concreto assoluto. Allo stesso modo, quando parliamo di frazioni ci riferiamo a parti concrete, laddove la concretezza venga considerata come «assoluta» o «relativa» in riferimento al fatto che l’intero possa possedere parti astratte o che sia esso stesso astratto. Quando viene usata solo la parola concreto, si intende il concreto assoluto. Avendo parlato della distinzione tra frazioni e parti astratte, possiamo aggiungere quella ulteriore tra parti «mediate» e «immediate», ossia tra le parti più vicine e quelle più lontane. A esempio, il momento del colore unitario è una parte «immediata», mentre il colore come frazione di un intero è «mediato», in quanto partecipa al colore complessivo dell’intero.32 Proprio in riferimento a quest’ultimo aspetto, possiamo parlare di «intero estensivo» come intero che possiede parti le quali, a loro volta, contengono parti, considerate mediate in rapporto all’intero. Nel caso di una melodia essa è un intero e come tale è costituita dai singoli suoni che sono le parti. Ogni parte ha a sua volta delle parti, che in quanto tali appartengono alla melodia. In questa situazione, per ottenere risalto la singola parte mediata, deve essere evidente dapprima l’intero in quanto immediato. In un rapporto di Fundierung due connessioni creano una concatenazione se hanno qualche membro in comune, ma non tutti. Così i membri di una connessione si dicono connessi o contigui. Tenendo conto di queste connessioni, ci spingiamo nuovamente verso il concetto di intero, che sta alla base della relazione di fondazione strutturale. L’intero infatti è un «sistema di contenuti» che fanno parte di una «fondazione unitaria».33
Quando facciamo riferimento a una «fondazione unitaria», parliamo di un contenuto che si trova, in modo diretto o indiretto, in rapporto di fondazione con altri contenuti, senza ricorsi esterni. Dunque ciò che consente questo rapporto tra le parti, come anche la costituzione di nuovi contenuti da parte di un oggetto indipendente, è la Fundierung.34
Le leggi della fondazione strutturale ricadono sotto leggi essenziali pure, che non sono quelle empiriche. Dobbiamo pensare, invece, all’idea di una natura fattuale in generale che ci consente di possedere idee generali, non legate alla nostra natura di tipo empirico. In rapporto a leggi di tipo causali a cui non si sottrae neppure un essere temporale, vediamo come nessun frazionamento dell’istante temporale comporta il frazionamento dell’intero concreto del tempo. Dunque la legalità causale consente la proseguibilità, nei rapporti di fondazione, al di là di ogni limite.
4. L’approccio di Giovanni Piana al rapporto intero-parte
All’interno della sua introduzione alla Terza e Quarta ricerca logica di Husserl, Giovanni Piana35 si occupa del rapporto tra interi e parti, tentando di definirne i caratteri generali. La sua spiegazione ruota attorno all’importanza rivestita dalla Terza ricerca riguardo tale problematica, cercando nello stesso tempo di semplificare la terminologia utilizzata da Husserl, per una maggiore comprensione del lettore. Interessato alla tematica del primo Husserl, Piana ci presenta la Terza ricerca come la chiave di lettura dell’intera opera, soprattutto se teniamo conto della sua autonomia tematica. Essa è costituita da due capitoli, all’interno dei quali sono posti in relazione due piani ben precisi, che fanno riferimento sia all’illustrazione delle nozioni fondamentali di una teoria dell’intero e della parte, sia ai principi per un’elaborazione assiomatico-formale della teoria.36 Procederemo introducendo ancora una volta la differenza tra intero e parte, questa volta in approccio alla prospettiva di un altro autore e riprendendo nello stesso tempo i motivi e gli aspetti di cui abbiamo già discusso nella prima parte. Il tutto per consentire di entrare pienamente in possesso del lessico husserliano e risolvendo, nello stesso tempo, le difficoltà semantiche che di conseguenza esso comporta. Nelle prime pagine della sua introduzione, Piana sottolinea in particolar modo la differenza tra l’intero (Ganz) e la parte (Teil), presenti nel primo capitolo della Terza Ricerca. Esse possono riguardare ogni cosa che si trova nel mondo e con cui noi entriamo in contatto, oppure si riferiscono anche a determinati contenuti possibili di esperienza, come nel caso, già citato da Husserl, di un cavallo o testa di un cavallo.37 Comunque questi concetti non circoscrivono nessuna specie determinata di contenuti, mentre ciò accade per parole come cavallo o testa di cavallo. Proprio in riferimento a questo esempio possiamo iniziare a distinguere ciò che è parte da ciò che non lo è: infatti sicuramente la testa di un cavallo o la sua coda rappresentano le parti contenute in un determinato intero, che in questo caso è il cavallo, mentre non daremmo mai un simile attributo al colore della pelle di questo animale. Con ciò possiamo allora distinguere tra le cosiddette parti indipendenti o frazioni, come nel caso della metà di un quadrato tagliato da una diagonale, oppure della già citata coda del cavallo; e le parti non-indipendenti o momenti, in riferimento al colore di una determinata forma geometrica, o all’intensità del suono di una melodia.38
A questa prima distinzione, dobbiamo far seguire le considerazioni di Giovanni Piana a riguardo. Infatti, egli, sempre in riferimento alle nozioni che Husserl presenta nelle Ricerche, indica come indipendenti quei contenuti che sono rappresentabili in se stessi, in modo distinto e separatamente rispetto ad altri contenuti; mentre questo non accade per quelli che sono definiti non-indipendenti. Sicuramente difficile, anzi impossibile è la rappresentazione di un determinato colore o di una sua sfumatura che non sia strettamente connesso alla superficie su cui è diffuso, come nel caso di un immenso campo colorato; mentre come abbiamo già accennato possiamo dar vita e separare contenuti di fantasia come l’immagine di un centauro o di qualsiasi altra creatura fantastica. In questo modo la possibilità di fare riferimento alla testa di una persona o di un animale, oppure a qualsiasi altra parte del nostro corpo, consente a questi contenuti, già altre volte definiti come indipendenti, di potersi associare agli altri contenuti, come appunto nel caso della testa di un uomo con il corpo da cavallo e viceversa. Questa tematica presenta, comunque, delle difficoltà, in quanto dobbiamo essere in grado di spiegare che cosa si intende per possibilità o impossibilità di rappresentare separatamente un contenuto.
Una possibile soluzione potrebbe essere il ricorso alla propria esperienza interna, all’introspezione, tenendo conto del fatto che, probabilmente, ognuno di noi guardando dentro di sé vedrebbe ciò che vedono tutti gli altri. Dunque la nostra vita interiore sarebbe lo strumento che regola la rappresentazione dei contenuti, fornendo così una prova della separazione nella rappresentazione. L’approccio husserliano si distanzia, però, da una tale soluzione di tipo psicologico; infatti il suo antipsicologismo, del quale abbiamo già parlato, mette da parte qualsiasi possibile ricorso all’introspezione, quando si tiene conto della possibilità di rappresentare separatamente un contenuto.
Infatti, per Husserl, quando parliamo di rappresentazione separata in relazione alla distinzione tra parti indipendenti e non-indipendenti, lo facciamo dal momento che questo aspetto rinvia a una caratteristica intrinseca dei contenuti come tali, e non ai modi in cui essi vengono concepiti e pensati dal singolo soggetto. La distinzione, ora presa in esame, deve essere concepita solo dalla parte dell’oggetto. Queste conclusioni non vanno a intaccare di certo quelli che possono essere aspetti soggettivi e peculiari di rappresentazione, come nel caso di coloro che non riescono a rappresentarsi la testa di un cavallo senza nello stesso tempo rappresentarsi il cavallo intero. Per quanto concerne i contenuti non-indipendenti, non viene appoggiata la convinzione di altri studiosi secondo cui essi possono essere rappresentati separatamente solo mediante un’accentuazione visiva a essi diretta, annullando, così, le altre parti di un intero. Infatti possiamo sottolineare il fatto che qualsiasi contenuto richiede un certo grado di attenzione, quindi ciò è valido sia nel momento in cui osserviamo una figura, che il suo contorno.39
5. Contenuti indipendenti e contenuti distinti
Dopo aver chiarito la differenza tra contenuti indipendenti e non-indipendenti, introduciamo un altro genere di contenuti detti «distinti». Per evitare ulteriori difficoltà, dobbiamo spiegare ciò che differenzia i contenuti distinti da quelli indipendenti, e per svolgere tale compito è necessario comprendere che cosa si intende per distinzione e per indipendenza.
A esempio se prendiamo in considerazione un complesso di punti, e fra di essi uno in particolare si contraddistingue dagli altri per il diverso colore, allora possiamo sostenere come esso viene posto in risalto e per questo motivo è detto distinto. L’indipendenza delle parti si discosta da questa definizione, infatti l’indipendenza delle frazioni non coincide con la loro distinzione.
In una superficie colorata in modo uniforme, invece, nessuna parte viene posta in risalto, dunque ci troviamo dinnanzi all’omogeneità qualitativa delle parti indipendenti, che presentano, così, una certa continuità, priva di lacune.
Dunque alla distinzione si contrappone la fusione dei contenuti. L’istituirsi di una discontinuità è la condizione per il verificarsi della distinzione ma non solo, infatti, è anche importante che momenti di specie differenti siano contiguamente diffusi sul momento spaziale o quello temporale. Inoltre nel caso della distinzione, fondamentale è la relazione a un determinato contesto, in quanto una parte può distinguersi dallo sfondo, essendo diversa da esso da un punto di vista qualitativo. In questo modo si determina un intervallo e si individua un contorno secondo gradi di maggiore o minore nitidezza.40 Ciò che più importa è evitare equivoci per ciò che concerne la nozione di parte indipendente e non-indipendente rispetto a quella della distinzione e della fusione. Inoltre nella nozione di parte indipendente e non-indipendente sono in questione determinate possibilità tipiche di rapporti tra contenuti esperienziali. La stessa istituzione della differenza tra contenuti fusi e contenuti distinti si propone nell’ambito di una fenomenologia della percezione.41
Dopo aver tracciato queste distinzioni, Piana elabora al meglio la questione principale che chiude il primo capitolo della Terza ricerca logica e che nello stesso tempo appartiene all’intero discorso logico e filosofico di Husserl. Tale problematica ruota attorno alla natura dei contenuti e in particolar modo di quelli non-indipendenti. A esempio se il colore di una determinata estensione è una parte non-indipendente, ciò vuol dire che esso è predestinato a essere parte, infatti un colore può esistere in quanto tale e in generale soltanto come momento di un oggetto colorato.42 Alla base di questa discussione troviamo l’importanza che rivestono le connessioni necessarie all’interno dei rapporti tra i contenuti dell’esperienza possibile. Queste connessioni necessarie rappresentano delle vere e proprie proposizioni, o meglio delle leggi a priori. Queste leggi che sono necessarie e analitiche si contrappongono a quelle proposizioni necessarie e non analitiche dette proposizioni sintetiche a priori appartenenti alla tradizione kantiana. In questo modo Husserl dà vita a una vera e propria critica nei confronti della classificazione kantiana, realizzando nello stesso tempo una nuova definizione di analiticità.
A esempio la proposizione «ogni corpo è esteso» veniva considerata in quanto analitica da Kant, mentre per Husserl non è possibile definirla tale. Naturalmente al suo interno è possibile rintracciare solo dei rapporti tra contenuti dell’esperienza possibile, e in particolar modo delle relazioni di non-indipendenza.43 Così possiamo affermare una volta per tutte che nella logica husserliana non c’è posto per la categoria del sintetico a priori.44 Lo sviluppo di una logica strettamente connessa alle categorie dell’analiticità porta, all’interno del secondo capitolo delle Ricerche logiche, al costituirsi di una teoria dell’intero e della parte in quanto teoria assiomatico-formale. Tutto ciò ruota attorno al ruolo di primo piano che viene attribuito da Husserl alla nozione di intero, soffermandosi poi, nel procedere con lo sviluppo delle Ricerche, sull’analisi degli altri contenuti, di quelle parti che permettono all’intero di sussistere in quanto tale. Infatti la nozione di intero viene presentata e strutturata sulla base di una relazione di non-indipendenza, chiamata relazione di fondazione o Fundierung, termine già utilizzato in precedenza. Questa relazione di fondazione è una relazione primitiva, e attraverso essa possiamo creare delle distinzioni tra gli oggetti, in particolar modo tra quei contenuti fra i quali sussiste una relazione di questo genere e, invece, quelli fra cui tale relazione non sussiste. Prendendo in esame i casi in cui una siffatta relazione è presente, allora potremo distinguere tra un oggetto fondante e un oggetto fondato, e riconoscere in questo modo una fondazione di tipo unilaterale e una di tipo bilaterale, oppure reciproca.45
Questo rapporto di fondazione Fundierung sussiste fra le parti non-indipendenti dell’oggetto e sembra di fatto valere solo fra generi e non fra specie, né tantomeno fra ultime differenze specifiche: nessuna particolare estensione è necessariamente e materialmente vincolata a una particolare sfumatura di colore, né il rosso si fonda necessariamente su una determinata configurazione spaziale.46
Possiamo sostenere che la Fundierung è una relazione che contiene due termini: la funzione e la fatticità. A esempio il significato di un determinato testo è una funzione correlata al testo da una relazione di Fundierung. Il testo in senso materiale rappresenta la fatticità e in quanto tale rappresenta il supporto di quella determinata funzione, consentendole di diventare rilevante. Così possiamo aggiungere che il significato del testo è fatticamente correlato al testo scritto materialmente. La fatticità non è altro che un supporto essenziale, che oscura la funzione che essa fonda. La funzione è rilevante mentre la fatticità non lo è, anche se dobbiamo tener conto del fatto che la funzione non possiede un proprio essere autonomo.47
Possiamo riscontrare relazioni di Fundierung anche tra gli oggetti che utilizziamo quotidianamente. A esempio una matita, l’inchiostro, la penna che siamo soliti considerare oggetti materiali, in realtà sono funzioni in relazioni di Fundierung, e, dunque, possono essere visti come immateriali in quanto funzioni che ci consentono di scrivere. Riconosciamo questi oggetti denominandoli in un determinato modo solo in riferimento alle loro possibili funzioni. E ciò senza alcun dubbio è riscontrabile anche nelle forme di comunicazione che adoperiamo in rapporto ai nostri simili. Tutto dipende dal contesto nel quale ci troviamo; in un ambiente di lavoro, oppure in una situazione di gioco o scherzosa. Un riferimento utile per entrare pienamente in possesso del significato di Fundierung potrebbe essere il gioco delle carte, e in particolar modo il rapporto strettissimo che può sussistere tra una determinata carta e la sua funzione all’interno del contesto «gioco». Riprendendo un esempio di Gilbert Ryle (1900-1976), il ruolo, la funzione della regina di cuori non può essere compreso e dedotto attraverso una dettagliata conoscenza fisica del mazzo di carte. Questo ruolo è il correlato di complesse relazioni di Fundierung ai processi cerebrali, alle carte da gioco e alla persona del giocatore.48 All’interno di queste relazioni tra oggetti possiamo rintracciare sempre un certo grado di mediatezza o immediatezza, ossia dei veri e propri rapporti di vicinanza o lontananza tra i contenuti presi in considerazione. In riferimento a questa distinzione è stata introdotta la nozione di fondazione unitaria.
Diciamo, dunque, che un aggregato di oggetti (contenuti) è abbracciato da una fondazione unitaria se, dato un qualunque oggetto (contenuto) appartenente all’aggregato sussiste tra quell’oggetto e ogni altro oggetto appartenente all’aggregato un rapporto di fondazione (mediato o immediato).49
Questo è proprio il caso dell’intero in senso pregnante, nel quale ci riferiamo a un aggregato di oggetti abbracciato da una fondazione unitaria, e gli oggetti appartenenti a esso saranno le parti di quell’intero.
6. Sulla differenza tra l’intero e la somma
Prendendo in considerazione gli interi percettivi, a esempio una fila di alberi o i punti di una costellazione, possiamo constatare come tra essi riconosciamo delle vere e proprie forme di collegamento. Data la percezione di due suoni A e B, distinguiamo tre componenti: il suono A, il suono B e la loro forma di collegamento, ossia la contiguità temporale. Queste forme di collegamento che riscontriamo tra le parti di un intero devono essere considerate come momenti, dunque, come connessioni che sussistono nell’istante in cui esistono quei contenuti. Possiamo definirle come forme sensibili di unità, ossia momenti di unità.
A determinarsi è un rapporto naturale tra i contenuti presi in esame, e il collegamento tra essi è indice di una certa linearità nel susseguirsi delle parti di un determinato oggetto. Infatti nella percezione di due suoni che si succedono, non viene percepito soltanto il suono A e il suono B, ma anche il fatto che B segue ad A.50 Il succedersi l’uno dopo l’altro si contrappone all’essere l’uno accanto all’altro, in quanto quest’ultimo aspetto si riferisce soprattutto a una mancanza di nessi. Le forme di collegamento, invece, consentono il differenziarsi delle frazioni dai momenti. Questo aspetto è stato spesso soggetto a errori di ragionamento; infatti date due parti A e B e il loro collegamento C, si porrà il problema del collegamento C1 tra A e C e di un collegamento C2 tra B e C e così all’infinito.
Questo ragionamento errato è dovuto al fatto di considerare il collegamento tra i contenuti come se fosse esso stesso un pezzo o un contenuto, invece le forme sensibili o momenti di unità non hanno per nulla bisogno di essere collegati alle parti che essi collegano.51
Tenendo conto delle relazioni che si determinano tra le parti di un intero, dobbiamo chiederci, anche, quale sia la natura di un intero; se merita di essere chiamato organico, oppure mera somma. È la relazione di fondazione unitaria che consente a un intero di essere «insieme di oggetti in genere», in contrapposizione a quei complessi di oggetti che sono detti «insiemi» o mere somme, in quanto non abbracciati da una fondazione unitaria.
Quindi possiamo introdurre il termine di insieme o aggregato per esprimere un’unità categoriale corrispondente alla mera forma del pensiero, indicando il correlato di una certa unità dell’intentio che si riferisce a tutti gli oggetti eventuali, in contrapposizione alle forme di unità «sensibili» che sono veri e propri interi di fondazione. La relazione di fondazione strutturale può appartenere in generale a tutti gli oggetti con cui entriamo in contatto, o che utilizziamo quotidianamente dunque senza tener conto dei vari tipi di contenuti.
Comunque un intero nella sua accezione completa è determinato dai generi inferiori delle parti, tenendo sempre conto della necessità delle leggi essenziali materiali, cioè inerenti alla cosa stessa, sia che essa sia un’oggettività logica o percettiva. Dall’altro lato l’unità in senso categoriale presuppone solo che gli oggetti vengano pensati insieme, in quanto correlato di un’intenzione unitaria. Dunque il concetto di insieme non tiene conto di quei momenti di unità che operano connessioni tra le parti, basta che gli oggetti vengano pensati insieme.52
Intorno a questa discussione ruota un aspetto già trattato precedentemente, che si basa sulla natura delle relazioni tra le parti di un intero. Infatti sussistono in queste alcune differenze di grado, in riferimento alla maggiore o minore vicinanza delle parti rispetto all’intero nel quale sono contenute.
Nonostante alcune difficoltà nella trattazione di questi argomenti, il tutto può essere spiegato attraverso l’esempio di una superficie colorata. Noi tutti sappiamo che una superficie può essere divisa in più frazioni, che in quanto tali sono parti immediate dell’intero. Al contrario il colore rappresenterà il momento di quella frazione e come tale sarà una parte mediata dell’intero. Se procedendo ancora oltre consideriamo la sfumatura di quel colore, la sua chiarezza e la dovuta intensità, parleremo allora di una parte essenzialmente mediata, secondo un rapporto di mediatezza crescente.53
Questo aspetto, evidenziato da Gian-Carlo Rota come il problema della fondazione strutturale stratificata, viene estrapolato da Husserl, che mette in risalto come ogni senso instaura in maniera diretta o indiretta, un rapporto di Fundierung con ogni altro senso.
Rota, infatti, tenta di semplificare questa discussione attraverso l’esempio della figura stellare già introdotto nelle Ricerche logiche. Questa figura viene presentata come una forma complessa caratterizzata da stelle più piccole, fatte a loro volta da raggi, costruiti con segmenti che sono, ancora, realizzati da punti. Secondo una prospettiva fenomenologica è possibile rintracciare una prima relazione di Fundierung tra i punti e i raggi, e una seconda, stratificata sulla prima, tra i raggi e le stelle. Possiamo rintracciare una sorta di corrispondenza tra l’intero definito da Husserl e presentato attraverso la figura stellare e la definizione di funzione introdotta e chiarita da Rota. La stella in quanto intero, sempre da un punto di vista fenomenologico, è fondata strutturalmente sia dalle parti-raggi che dalle parti-punti.54
Ai punti, ai segmenti, ai raggi e alla figura stellare è propria una gerarchia di fondazioni strutturali, nella quale ciò che è fondato a un certo grado fonda il grado successivo, in modo tale che a ogni grado vengono determinate forme di nuovo genere che soltanto a quel grado diventano accessibili.55
Dunque ogni strato crea ed è condizione di possibilità del successivo, senza alcun ricorso a soluzioni riduzionistiche che preferirebbero ricondurre e appunto ridurre la funzione o il ruolo di un oggetto alla sua fatticità o materialità. Quindi nel momento in cui due strati si presentano come successivi, allora creano una vera e propria coppia, formata dalla fatticità e dalla funzione. L’intento di Rota è di attribuire un senso al mondo, che può essere recuperato, proprio tramite la legge eidetica di costituzione, la Fundierung.56
7. Introduzione al concetto di struttura emergente
Dopo aver definito le caratteristiche generali dell’intero e delle relazioni fra le sue parti, dobbiamo presentare sinteticamente i diversi atteggiamenti che hanno contribuito alla determinazione delle condizioni d’identità di un oggetto o di un individuo. Il primo contributo che tratteremo, e che abbiamo già citato nei capitoli precedenti, assume il nome di essenzialismo mereologico o superessenzialismo, secondo il quale tutte le parti di un intero sono essenziali per determinare in modo rigoroso la sua identità, ma tuttavia nessuna parte, presa singolarmente o a gruppi, è essenziale alla determinazione di questa. Tale atteggiamento non dà spiegazioni sia delle relazioni che un intero può intrattenere con le sue parti e viceversa, sia dei cambiamenti che un oggetto o un individuo subisce nel tempo.57
Un secondo approccio è quello modale, e a differenza del precedente, tiene conto del fatto che un determinato individuo potrebbe avere parti e proprietà diverse da quelle che possiede in un determinato momento, e tuttavia essere considerato sempre nello stesso modo, sia dal punto di vista dell’identità specifica che dell’identità individuale. Per identità specifica intendiamo tutto ciò che concerne l’appartenenza a una determinata specie, dunque tutte le caratteristiche interne all’individuo come il suo DNA o il cervello, mentre l’identità individuale riguarda tutto un insieme di tratti esteriori che ci permettono di riconoscere e appunto identificare un determinato soggetto: aspetto esteriore, comportamenti, carattere, ecc.
Nell’approccio modale alcune proprietà, piuttosto che altre, vengono considerate essenziali all’esistenza e all’identità di un individuo, nel senso che se privato di esse cesserebbe di esistere come tale. Infatti la teoria modale sembra quasi intrappolata in un circolo vizioso, in quanto utilizza definizioni sul genere o la specie per spiegare ciò che si trova a livello individuale.58
Le proprietà individuali, quindi, sembrano coincidere con le caratteristiche della specie a cui l’individuo appartiene e senza la quale il soggetto perderebbe inevitabilmente la sua identità originaria che gli consente di contraddistinguersi come persona dotata di attributi. Quindi una volta che l’identità individuale di un essere umano è posta come uguale o come dipendente da parti fondamentali come una testa, un cuore, o il DNA, è inevitabile che l’assenza di queste parti provochi la perdita dell’identità originaria dell’individuo.59
La teoria modale, pur basandosi su queste considerazioni, non riesce attraverso l’identità specifica a scoprire ulteriori aspetti appartenenti alla sfera dell’individualità.
In base agli approcci appena descritti, possiamo constatare come l’essenzialismo mereologico evidenzia una teoria che abbraccia le condizioni d’identità di un individuo, tralasciando la componente di specificità che gli appartiene, mentre per le considerazioni modali si cerca di costruire la dimensione dell’identità proprio sulla base di una sfera puramente specifica ed esistenziale. Indipendentemente da queste osservazioni l’aspetto principale riguarda la possibilità di rintracciare una teoria che riesca a distinguere in un individuo strati ontologici diversi implicati in precisi rapporti di fondazione ontologica o dipendenza esistenziale generica e individuale, creando così nuove conclusioni riguardo la natura dell’identità e il costituirsi di unità intrinseche.
A prescindere da una nozione di oggetto considerato come mera somma di parti, dobbiamo rintracciare, anche attraverso l’analisi compiuta da Husserl nella Terza ricerca logica, l’identità o la struttura emergente dei contenuti o oggetti che ci circondano. L’intento di questo capitolo è proprio quello di rintracciare le relazioni che sussistono tra le parti di un intero e la sua struttura emergente, e il rapporto tra la stessa e l’intero dal quale essa viene fuori. Per fare questo è importante possedere una teoria che non consideri gli interi come mere somme algebriche delle loro parti, ma unità dotate di particolari strutture ontologiche. Inoltre non solo è necessario definire gli aspetti principali delle strutture emergenti, grazie a un’analisi della loro dimensione ontologica che riesca a spiegare gli aspetti e i meccanismi interni della loro formazione, ma anche sottolineare la differenza fra individui e oggetti.60
Ciò che ci interessa maggiormente per una chiara comprensione dei temi trattati, è una maggiore delucidazione del termine struttura emergente. Essa può essere considerata una formazione unitaria complessa, per quanto riguarda la molteplicità dei contenuti dai quali emerge e nei quali è fondata. Secondo il parere di Boncinelli:
La realtà è costituita da vari strati, ciascuno dei quali trova il suo fondamento in quello sottostante ma mostra proprietà che in esso non sono presenti. Quanti strati esistono? Non si sa. Via via che si sale agli strati superiori, si incontrano nuove proprietà emergenti, ma vengono a perdere di importanza altre proprietà, per così dire declinanti, che invece erano fondamentali negli strati inferiori.61
Questo aspetto potrebbe sicuramente rimandare alla già citata figura stellare di Husserl, la cui natura è caratterizzata, come abbiamo affermato in precedenza, da una gerarchia di fondazioni strutturali. In rapporto a queste stratificazioni, la nozione di struttura emergente si presenta come un nuovo contenuto, fondato unitariamente in tutte le proprietà individuali di un sistema di parti, senza tuttavia aggiungersi come parte agli elementi nei quali è fondato.
Per tale motivo le strutture emergenti sono delle parti improprie degli interi, in quanto rappresentano le vere e proprie essenze del tutto, ma non le proprietà delle parti nelle quali sono fondate. In questo modo un oggetto perderebbe la sua identità se venisse privato della proprietà che lo costituisce nella sua globalità di intero.
Le strutture emergenti hanno la peculiarità di essere prive di parti ontologicamente indipendenti, possedendo, così, solo parti non-indipendenti. Questo aspetto sottolinea l’impossibilità di una loro eventuale analisi in termini di costituenti primitivi. Infatti, volendo analizzare una struttura emergente come il sorriso di un volto, non riscontriamo le parti non-indipendenti del sorriso, ma solo le parti materiali di quella zona del volto.62
Inoltre le emergenze determinano un’azione di retroazione, grazie alla quale rendono possibile l’identità individuale dei contenuti nei quali sono fondate, detti per questa ragione fondanti. Il modello della struttura emergente sembra contrapporsi alle considerazioni fatte da Mandelbrot sulla geometria frattale e sulla procedura di auto-similarità a essa collegata.
Secondo questo studioso in ogni frattale (dal latino fractus che significa forma spezzata o frazione) ogni più piccola parte mediata di un oggetto è un’immagine ridotta dell’oggetto intero, determinandosi, così, come struttura anti-emergente. In aggiunta le parti si sistemano casualmente e caoticamente, come avviene nell’acqua o nei minerali, senza sottostare a delle legalità necessarie che possano regolare la disposizione delle parti, opponendosi, in questo modo, all’auto-organizzazione delle strutture emergenti che identificano alcune parti indipendenti come parti proprie pregnanti.63 Secondo gli autori Maturana e Varela questa forma di auto-organizzazione è una sorta di autopoiesi o auto-produzione, ossia:
È un modello strutturale a rete in cui la funzione di ogni componente è quella di partecipare alla produzione o trasformazione degli altri componenti della struttura. In questo modo la struttura riproduce continuamente se stessa. È prodotta dai suoi componenti e a sua volta produce questi componenti.64
Oltre ad avere un pattern of organization, ogni entità, secondo questa prospettiva, possiede anche una struttura caratterizzata dalle parti materiali, che costituiscono the physical embodiment of pattern.
Il modello di organizzazione di qualsiasi sistema, vivente o non vivente, è dato dalla configurazione delle relazioni fra i componenti del sistema che determina le proprietà essenziali del sistema stesso. In altre parole, certe relazioni devono verificarsi affinché qualcosa sia riconoscibile come una sedia, una bicicletta o un albero […] la struttura della bicicletta è la realizzazione fisica del suo modello o pattern di organizzazione, nei termini di componenti dotati di forme specifiche costituiti da materiali specifici.65
In questo caso la nozione di fondazione unitaria introduce la pregnanza, considerata come relazione di dipendenza esistenziale generica e di fondazione ontologica fra le parti interne al sistema presupposto, relazioni grazie alle quali si costituisce una natura autopoietica.
Allora la fondazione unitaria si presenta come criterio ontologico-formale di differenziazione e demarcazione tra le specie viventi e tutto ciò che appartiene al mondo inanimato.66
Una delle proprietà principali appartenente alle strutture emergenti consiste nell’individualizzazione top down delle parti di un intero, ossia è a partire dalla struttura emergente che si determina e si definisce globalmente l’identità dell’intero individuo.
Da qui possiamo elencare alcune caratteristiche attribuibili alle strutture emergenti: esse sono essenziali agli interi nei quali sono fondate e non alle sue parti; infatti come abbiamo già asserito il venir meno di una struttura emergente determina un cambiamento nella struttura dell’intero. Una seconda proprietà è la loro indivisibilità, infatti lo stesso Husserl lo aveva sostenuto parlando del frazionamento dell’intero attraverso il frazionamento dei suoi momenti non-indipendenti.67 Dunque possiamo ritenere impossibile la suddivisione e l’eventuale frazionamento di una struttura emergente, in quanto i suoi momenti sono in una stretta relazione di fusione o compenetrazione. Essa non è riducibile alle proprietà delle parti nelle quali è fondata e non può essere ottenuta attraverso una somma dei momenti.68
Una terza caratteristica consiste nel definirle come configurazioni molto stabili dinnanzi ai mutamenti diacronici ai quali è soggetto un organismo. Infatti moltissime delle strutture emergenti che riguardano la formazione dell’identità individuale, come i tratti del carattere e le disposizioni comportamentali, possiedono una fortissima autonomia e resistenza attraverso il tempo, in quanto relativamente indipendenti rispetto al fondamento materiale rappresentato dai costituenti di base di tipo indipendente.
Il quarto e ultimo tratto pertinente delle proprietà emergenti è che sono necessariamente individualizzate. La loro individualizzazione è la conseguenza necessaria della loro fondazione unitaria immediata sulle proprietà individuali delle parti indipendenti di un individuo.
Tutto ciò può essere considerato alla luce della teoria assiomatizzabile, presente in Husserl, e che concerne il tipo di legame che si instaura tra le proprietà individuali e il loro portatore, determinando, così, un intero pregnante.
8. La legge della supervenience nelle relazioni tra parti e intero
In base agli argomenti appena trattati, risulta fondamentale insistere sul ruolo di primo piano ricoperto dalla Terza ricerca logica sulla nozione di relazione primitiva di fondazione, in grado di spiegare il rapporto fra le strutture emergenti e le strutture di base. Uno degli scopi principali del progetto husserliano consiste, proprio, nel definire la formazione di queste strutture, opponendosi al comune modello mereologico.69
Come abbiamo già sostenuto a proposito della Terza ricerca, gli oggetti del mondo presentano una loro unità grazie ai rapporti di fondazione e non a un’aggregazione spazio-temporale delle parti. Il tutto, quindi, sembra discostarsi dalla semplice relazione intero-parte, per rintracciare, invece, un qualcosa che sta al di sopra della materialità delle parti o della loro fatticità, per parlare in termini di funzione o appunto di emergenza.
Il contenuto emergente può essere definito come un qualcosa che ancora deve manifestarsi e che esiste a partire da un determinato momento. Questo tipo di strutture può venir fuori secondo un movimento definito bottom up, come nel caso delle colonie di formiche o di altri insetti che manifestano comportamenti in grado di riprodurre strutture emergenti senza la presenza di una pianificazione centrale o di una rappresentazione mentale dell’obiettivo da realizzare, ma anche secondo uno spostamento top down, come nel caso dell’individuazione di proprietà di parti indipendenti che, entrando a far parte di una nuova unità, acquisiscono una certa identità.70 La questione delle strutture emergenti è di tale importanza da farci riflettere sul fatto che nella nostra vita siamo circondati da contenuti definibili come tali.
Questo è riscontrabile a partire dalla fisica e dagli esperimenti che le appartengono, sino agli aspetti che ci riguardano più da vicino.
I contenuti emergenti, dunque, vanno al di là delle semplici relazioni mereologiche tra parti e intero, determinandosi come delle qualità terziarie, in quanto fenomeni che emergono in modo oggettivo dalla realtà percepita e che poggiano su quel livello di realtà direttamente esibita dalle cose osservabili.71 Inoltre una loro descrizione risulta abbastanza difficile proprio per la loro irriducibilità alle parti materiali sulle quali sono fondate. A esempio descrivere una struttura emergente che costituisce l’identità di un oggetto a forma di anfora non significa rispondere alla domanda che cos’è un’anfora, ma che cos’è una forma ad anfora.72
Ciò che preoccupa maggiormente, ma che nello stesso tempo evidenzia la natura non materiale delle emergenze, è questa difficoltà linguistica che si presenta nel momento di una loro eventuale descrizione.
In rapporto alle esposizioni fatte riguardo la natura delle strutture emergenti, dobbiamo introdurre la legge di Supervenience a esse correlata per taluni aspetti e definizioni.
Risulta indispensabile riportarne una breve definizione.
Legge della Supervenience: Un tipo di relazione di dipendenza dove un insieme di proprietà A è superveniente a un altro insieme di proprietà B, quando i due sistemi sono in una relazione tale che non si potrebbero verificare cambiamenti e differenze nell’insieme superveniente A senza che ne siano verificati in B, mentre possono determinarsi cambiamenti e differenze in B, ossia quello che chiameremo il livello di base o più basso, senza che si determinino modificazioni nelle proprietà supervenienti A.73
Dunque, in base a questa legge, per ogni modificazione che avviene in A, si verifica una o più modificazioni in B, mentre possiamo avere cambiamenti in B che non comportano variazioni in A. Tutto ciò concerne l’aspetto principale della struttura emergente che consiste in una solida stabilità, nonostante i numerosi cambiamenti possibili al livello più basso.
Per questa ragione l’identità dell’intero oggetto o individuo, analizzata come struttura emergente, si mantiene uguale nel tempo dinnanzi agli innumerevoli cambiamenti delle parti proprie del sistema di base. Le strutture emergenti o supervenienti possono essere considerate tali, innanzitutto perché maggiori alla somma delle loro parti materiali, data anche una certa non condivisione di determinate caratteristiche. Inoltre il contenuto emergente non è direttamente deducibile dall’interazione dei componenti dei livelli più bassi, dalle loro proprietà individuali o ancora dalle relazioni di connessione spaziale e temporale.
In ogni caso la nozione di emergenza è soggetta a un senso debole e a uno forte. L’accezione debole indica l’affermarsi di un nuovo contenuto attraverso l’interazione dinamica fra entità di livello più basso che non contengono quella determinata proprietà. L’aspetto forte della nozione di emergenza riguarda proprio questo relativo distacco tra la nuova proprietà e i sistemi di base dell’intero.74 Non solo, ma i fenomeni emergenti possono determinarsi in maniera diretta attraverso il coinvolgimento di proprietà individuali e di relazioni reciproche fra gli elementi, oppure in modo indiretto attraverso la mediazione di strutture ambientali attive che intervengono nelle varie interazioni. Prenderemo in considerazione le formazioni del primo tipo, applicandole a quei contenuti unitari e semplici che Husserl, nella Filosofia dell’aritmetica, chiama momenti figurali:
Si parla di una fila di soldati, di un mucchio di mele, di un viale alberato, di uno stormo di uccelli […] ciò che si vuole esprimere è piuttosto una certa qualità intrinseca che caratterizza l’intuizione unitaria totale dell’insieme che può essere colta con un colpo d’occhio […] questi momenti devono essere considerati addirittura come unità nelle quali le peculiarità dei contenuti o delle relazioni primarie si fondono tra loro. Parlo qui di fusione e con ciò intendo sottolineare che i momenti unitari sono qualcosa di diverso dalla semplice somma. Noi cogliamo il carattere quasi-qualitativo dell’intera intuizione come qualcosa di semplice e non come un collectivum di contenuti e relazioni distinte.75
La fusione, dunque, può essere considerata come un rapporto fra due contenuti, secondo il quale essi non formano una semplice somma, ma un intero. L’esempio che ci viene tramandato da Husserl è proprio quello della fila degli alberi, che ci consente di cogliere la propria struttura ontologica. Discostandoci da una situazione puramente mereologica, dobbiamo tener conto delle caratteristiche dell’intero apparato «fila di alberi», e non dei singoli contenuti indipendenti. Sulla base delle interazioni fra gli elementi dell’intero, possiamo rintracciare la natura pregnante appartenente alla struttura emergente unitaria.
Ciò che ci interessa comprendere è che le attività relazionanti appartengono direttamente e in modo intrinseco all’unità della figura come la stessa identità che ne scaturisce. La fusione che si determina è una fondazione unitaria presente all’interno della struttura emergente nel momento della sua costituzione, ossia quando si stabiliscono le giuste relazioni di dipendenza
fra le varie parti dell’insieme sensibile.76 Infatti l’intero, considerato sotto l’aspetto figurale, affiora nel momento in cui abbiamo percezione delle relazioni di connessione spaziale fra le parti del sistema di base. Dato lo stretto rapporto con questa dimensione spaziale, la struttura emergente verrebbe meno in caso di una sua mancanza. Quindi, l’identità della struttura emergente «fila di alberi» non si determina attraverso delle procedure algebriche, ma attraverso le relazioni di dipendenza tipiche della fondazione unitaria e costitutive dell’identità specifica di questo tipo di oggetto. Inoltre essa è fondata immediatamente all’interno della struttura pregnante, caratterizzata dalle relazioni di dipendenza spaziale e mediatamente nelle parti indipendenti materiali. Simons, in base a queste considerazioni, introduce due forme di fondazione ontologica a partire da quella husserliana. Prima di distinguere e spiegare queste due forme, è indispensabile ricordare la definizione di fondazione presente nella Terza Ricerca:
Un contenuto della specie A è fondato in un contenuto della specie B se non può esserci un A per sua essenza senza che sussista anche un B […] se un A come tale può esistere soltanto in un’unità comprensiva che lo connette a un B, noi diciamo che un A come tale ha bisogno di essere fondato da un B, o anche: un A come tale ha bisogno di essere integrato da un B.77
In riferimento alla descrizione husserliana, Simons introduce prima il termine Strong Foundation e poi quello di Weak Foundation. Con la nozione di fondazione in senso forte intendiamo un contenuto A fortemente fondato ontologicamente nel contenuto B; il quale pur non essendo una parte di A, non può essere separato da essa. Questa definizione può rimandare chiaramente al rapporto che sussiste tra un colore e la superficie di un oggetto, già riferito da Husserl, dove riscontrabile è la dipendenza del colore dalla superficie, ma non viceversa.78
Associata al senso forte di fondazione compare la Weak Foundation, secondo la quale un qualsiasi intero è debolmente fondato nelle sue parti proprie. Il tutto può rimandare, a esempio, alla corretta rappresentazione del corpo umano attraverso quella delle sue parti, che al momento opportuno possono essere rappresentate separatamente, come nel caso, già citato e sostenuto nelle Ricerche Logiche, della testa di un determinato individuo. Queste due forme di fondazione ontologica, presentate da Simons, vogliono ribadire nuovamente gli aspetti pertinenti le strutture emergenti, come il fatto di essere identità di qualcosa, e in particolar delle parti nelle quali sono fondate, attraverso un processo di feedback o retroazione. Inoltre le parti proprie pregnanti di queste proprietà non coincidono con le parti proprie del sistema di base, dal quale scaturisce l’emergenza, nonostante questo, il cambiamento o l’annullamento della struttura emergente provoca inevitabilmente la modifica o la soppressione dell’intero stesso. Le seguenti caratteristiche sono fondamentali per affrontare il tema della relazione intero-parte in riferimento al caso delle figure reversibili.
9. La costituzione dell’identità nelle figure reversibili
Al fine di ribadire l’importanza delle strutture emergenti nella costituzione dell’identità dell’oggetto, introduciamo il contributo offerto a tal proposito dal caso delle figure reversibili. Ponendosi come degli operatori alla ricerca degli oggetti e delle parti nelle quali sono fondate, le emergenze consentono la peculiarità o individualità delle seguenti parti, e le figure reversibili rappresentano proprio il contesto nel quale viene a determinarsi il modo d’essere di un oggetto. Infatti, in queste situazioni, abbiamo la possibilità di vedere un’immagine per poi notarne anche un’altra, ossia osservare qualcosa come qualcos’altro. Questo può ricondurci all’esempio dell’anatra-coniglio di Wittgenstein, oppure ai due profili umani che possono essere visti come un vaso.
L’aspetto più interessante è che le parti indipendenti materiali, come gli stessi tratti grafico-formali, in un caso formano una determinata figura mentre in un altro una figura del tutto diversa. Potendo ottenere due immagini diverse a partire da uno stesso sistema di base di parti materiali, allora dobbiamo prescindere da una composizione mereologica per la formazione dell’identità di un oggetto. Pur condividendo le stesse proprietà materiali, le figure reversibili si distinguono fra loro per l’emergere di una proprietà peculiare, rappresentata dal determinarsi dell’emergenza. Questi due aspetti quindi, fatticità e funzione, devono essere connessi tra loro, proprio per mantenere intatta la struttura emergente di quel contenuto.
Così, mettendo da parte una costituzione mereologico-costituzionale, possiamo affermare come è l’intero a presentarsi in quanto struttura emergente, conferendo identità alle parti materiali di base. Dunque le figure reversibili sono due oggetti con identità distinta, che in quanto tale è parte impropria e non materiale dell’intero al quale appartiene.
Allo stesso tempo il disegno che noi riconosciamo avrebbe altre caratteristiche nel caso in cui fosse presente all’interno di un’altra configurazione di tratti materiali. Nell’esempio dell’anatra-coniglio, ma anche in altri casi, i singoli tratti sono configurati in entrambe le immagini nello stesso modo, proprio perché la forma e la disposizione dei tratti è sempre la medesima e uno solo è il disegno.79 In questo modo se l’identità del disegno rappresenta la struttura emergente fondata unitariamente in tutte le sue parti, l’identità di un determinato individuo non dipende solo dalla somma o accumulo di tutte le parti che lo compongono, ma anche da una sorta di principio interno di distinzione già evidenziato da Leibniz come identità degli indiscernibili. Come afferma lo stesso Boella con un esempio:
Rendersi conto del dolore sul volto dell’altro, è come se io sperimentassi un’eccedenza di ciò che percepisco.80
Anche Husserl si era soffermato su questo aspetto sostenendo come un oggetto non-indipendente può essere ciò che è solo in un intero più comprensivo attraverso una relazione di fondazione unitaria, grazie alla quale viene mantenuta intatta l’identità delle proprietà individuali.81
Giunti a questo punto ciò che ci interessa maggiormente è comprendere la differenza tra l’identità di un individuo in quanto persona e l’identità che può essere attribuita a un oggetto materiale. Contrapponendosi al pensiero aristotelico secondo cui ci sono oggetti più veri di altri, Simons ribadisce come l’individualità non può essere posta in termini di gradualità, come l’integrità o l’interezza di qualcosa.
Integrità e connessità interna, qualsiasi cosa esse siano, presumibilmente si dispongono secondo dei gradi. Tuttavia sembra essere controintuitivo supporre che ci siano dei gradi nell’essere un individuo.82
Infatti questa gradualità rimanda chiaramente alle unificazioni fondazionali e al fatto che tutti gli interi sottoposti a fondazione unitaria sono dei veri e propri individui che, per la loro complessità interna, risultano forniti di una loro individualità.
Per quanto concerne, invece, una descrizione degli oggetti fisici possiamo citare le affermazioni fatte da Van Inwagen riguardo l’esempio della mitica nave di Teseo. Questa nave, col passare del tempo, pur essendo sottoposta a continue sostituzioni dei suoi pezzi, continuava a essere considerata la nave di Teseo, fornita della sua tradizionale identità. Van Inwagen si contrappone proprio a queste considerazioni affermando come in realtà non esiste nessuna identità della nave, ma solo un continuo assemblaggio di pezzi che in quanto tali non sono parti pregnanti dell’intero nave. La nave di Teseo scompare nel momento in cui ci rendiamo conto che i pezzi materiali non sono dotati di un’identità individuale o specifica. Al contrario in una prospettiva fondazionale la forma dell’oggetto ne costituisce l’identità pur essendo una sua parte impropria. In riferimento all’intero «persona», invece, lo stesso Husserl, nelle Idee, lo presenta come una realtà spirituale e mentale fondata in una vita psichica oltre che organica di un corpo, ma l’elemento mentale non è un secondo aspetto connesso al primo, ma dobbiamo considerare tutto come una sorta di unità, anzi come un’unica entità.83
Questi argomenti rimandano chiaramente al tema delle strutture emergenti, trattato precedentemente, secondo il quale tra un’emergenza e l’identità specifica di un individuo intercorre una relativa indipendenza. Abbiamo già accennato al fatto che, modificando alcuni aspetti del sistema di base o della specificità di un individuo, non avvengono grandi cambiamenti tali da farne variare l’identità individuale.
Dunque, pur parlando di identità per gli oggetti fisici, possiamo distinguere tra l’identità degli esseri viventi definita a struttura olistica, e quella degli oggetti materiali denominata a struttura mereologica.84
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-
AA.VV. (2000), p. 365. ↩︎
-
De Monticelli (2004), p. 38. ↩︎
-
AA. VV. (1981), volume n. 12 ricerca-socializzazione, p. 67. ↩︎
-
Conni (2005), p. 43. ↩︎
-
Raggiunti (1981), p. 29. ↩︎
-
Husserl (1900-1901), p. 365. ↩︎
-
Ivi, p. 22. ↩︎
-
Ivi, p. 20. ↩︎
-
Mill (1843), p. 128. ↩︎
-
Husserl (1900-1901), p. 24. ↩︎
-
Ivi, p. 21. ↩︎
-
Conni (2005), p. 39. ↩︎
-
Varzi (2002), p. 87. ↩︎
-
Husserl (1900-1901), p. 21. ↩︎
-
Ivi, p. 40. ↩︎
-
Ivi, p. 42. ↩︎
-
Cfr. Palombi (2003), p. 67. ↩︎
-
Cfr. ivi, p. 69. ↩︎
-
Cfr. ivi, p. 7. ↩︎
-
Husserl (1900-1901), p. 52. Abbiamo corretto la traduzione italiana limitatamente a Fundierung sostituendo «fondato» con «fondato strutturalmente» seguendo quanto proposto in Palombi (2003), p. 7. ↩︎
-
Cfr. Rota 1993, p. 124. ↩︎
-
Conni (2005), p. 131. ↩︎
-
Husserl (1900-1901), p.53. ↩︎
-
Ibid. ↩︎
-
Bell (1990), p. 99. ↩︎
-
Simons (1982), pp. 80-84. ↩︎
-
Husserl (1900-1901), p. 55. ↩︎
-
Ivi, p. 56. ↩︎
-
Ibid. ↩︎
-
Ivi, p. 57. ↩︎
-
Ibid. ↩︎
-
Ivi, p. 60. ↩︎
-
Ivi, p. 66. ↩︎
-
Ivi, p. 75. ↩︎
-
Giovanni Piana (1940) ha insegnato Filosofia Teoretica, prima in qualità di docente incaricato a partire dal 1970 e poi in qualità di docente straordinario a partire dal 1980 e ordinario a partire dal 1984, presso il Dipartimento di Filosofia (Facoltà di Lettere e Filosofia) dell’Università degli Studi di Milano. Nel dicembre 1999, si è ritirato dall’insegnamento e si è trasferito a Pietrabianca di Sangineto in Calabria. Di qui continua a mantenere rapporti scientifici e culturali con l’Università di Milano attraverso il sito Internet Spazio filosofico. È stato allievo di Enzo Paci con il quale ha conseguito la laurea in Filosofia con una tesi sugli inediti di Husserl dell’ultimo periodo, realizzata tra il 1962 e il 1963. La sua posizione filosofica è caratterizzata da una concezione della fenomenologia (“strutturalismo fenomenologico”) in cui sono presenti influenze di Husserl, Wittgenstein e Bachelard. ↩︎
-
Piana (1977), p. 8. ↩︎
-
Cfr. Husserl (1900-1901), p. 20. ↩︎
-
Piana (1977), p. 9. ↩︎
-
Ivi, p. 12. ↩︎
-
Ivi, p. 14. ↩︎
-
Ivi, p. 15. ↩︎
-
Husserl (1900-1901), p. 32. ↩︎
-
Piana (1977), p. 18. ↩︎
-
Ivi, p. 17. ↩︎
-
Ivi, p. 20. ↩︎
-
Lanfredini (2003), p. 107. ↩︎
-
Rota (1999), p. 25. ↩︎
-
Ryle (1954), pp. 10-11. ↩︎
-
Piana (1977), p. 20. ↩︎
-
Ivi, p. 22. ↩︎
-
Ivi, p. 24. ↩︎
-
Ivi, p. 26. ↩︎
-
Ivi, p. 31. ↩︎
-
Palombi (2003), p. 69. ↩︎
-
Husserl (1900-1901), p. 75. ↩︎
-
Palombi (2003), p. 73. ↩︎
-
Conni (2005), p. 149. ↩︎
-
Ivi, p. 152. ↩︎
-
Ibid. ↩︎
-
Ivi, p. 160. ↩︎
-
Boncinelli (2002), pp. 11-12. ↩︎
-
Conni (2005), p. 161. ↩︎
-
Mandelbrot (1975-1987), p. 120. ↩︎
-
Maturana & Varela (1980), p. 162. ↩︎
-
Capra (1996), pp. 158-159. ↩︎
-
Conni (2005), p. 127. ↩︎
-
Husserl (1900-1901), p. 77. ↩︎
-
Conni (2005), p. 164. ↩︎
-
Ivi, p. 168. ↩︎
-
Ivi, p. 169. ↩︎
-
Bozzi (1990), pp. 111-112. ↩︎
-
Conni (2005), p. 174. ↩︎
-
Cfr. Kim (1998), p. 120. ↩︎
-
Conni (2005), p. 177. ↩︎
-
Husserl (1891), p. 243. ↩︎
-
Conni (2005), p. 186. ↩︎
-
Husserl (1900-1901), p. 39. ↩︎
-
Conni (2005), p. 190. ↩︎
-
Conni (2005), p. 198. ↩︎
-
Boella (2002), p. 1056. ↩︎
-
Conni (2005), p. 202. ↩︎
-
Simons (1987), p. 326. ↩︎
-
Husserl (1952), p. 241. ↩︎
-
Ivi, p. 221. ↩︎