Recensione ad AA.VV., Teologia naturale e teologia filosofica

AA.VV., Teologia naturale e teologia filosofica — Atti del IV Convegno annuale dell’Associazione Italiana di Filosofia della Religione (Chieti, 9-10 giugno 2005), Aracne Editrice, Roma 2006.

«Teologia naturale e teologia filosofica» è stato il tema del IV Convegno annuale della Associazione Italiana di Filosofia della Religione, svoltosi presso l’Università di Chieti-Pescara il 9 e 10 giugno del 2005. Gli Atti di quel Convegno sono stati raccolti e pubblicati nel volume 2/2005 della collana di studi Quaestiones disputatae a cura dell’AIFR.

L’esercizio della comprensione filosofica del fenomeno religioso è invero problematico e spesso fuorviante. Nel recente volume «Filosofia della religione» (Laterza, Roma-Bari 2005) C. Hughes scrive che il compito del filosofo della religione è «occuparsi delle proprietà logiche, oltre che del significato, delle affermazioni religiose» (p. 4). Una definizione così riduttiva non fa altro che mettere in luce la complessità a volte paradossale dello statuto, se di statuto si può parlare, che oggi presiede alla filosofia della religione. Ma forse, al di là delle implicazioni disciplinari e metodologiche, sarebbe più utile parlare dei sentieri di volta in volta percorsi dalla discussione filosofica sulla religione. Questa la linea guida del volume, il cui punto focale è rivolto in massima parte ai due orientamenti di pensiero che hanno dominato il dibattito religioso nel Novecento: la teologia naturale e la teologia filosofica. Questi due filoni di pensiero, che raramente hanno avuto modo di confrontarsi, sono figli di quella classificazione metafilosofica che vede la contrapposizione tra filosofia analitica di stampo angloamericano e filosofia continentale erede del pensiero nietzscheano e, conseguentemente, heideggeriano.1

Nel volume è comunque possibile attendere a una distinzione, significativa nella sua nettezza, che permette di inquadrare i saggi di M. Micheletti e G. C. Di Gaetano in una dimensione più propriamente analitica o meglio di filosofia analitica della religione, e di collocare i contributi di S. Natoli, M. M. Olivetti e P. De Vitiis in un contesto che prende le mosse e fa riferimento alla tradizione metafisica occidentale. Fanno da cornice i saggi di S. Sorrentino e di G. Salmeri. Procediamo ora a una breve disamina.

Il saggio introduttivo di S. Sorrentino è prima di tutto una bussola che orienta il lettore, ma non meno lo studioso specializzato, nell’intricato labirinto del dibattito contemporaneo sulla religione. Sorrentino individua, di fianco alla teologia naturale e a alla teologia filosofica, altri tre orientamenti indirizzati a «guadagnare una intelligenza dell’universo religioso». Sono gli orientamenti della 1) filosofia teologica, che «cerca di cogliere le costituenti fenomenologiche essenziali di una esperienza del divino»; 2) delle rappresentazioni che concepiscono il divino come privo di significato e di rilevanza cognitiva e che, allo stato embrionale, confinano ma non si identificano con l’ateismo; infine 3) dell’approccio trascendentale volto a comprendere l’esperienza del divino sull’asse costitutivo di tale esperienza, ossia non al livello delle rappresentazioni degli oggetti dell’esperire religioso bensì a quello fondativo dell’esperire stesso. Dalla topologia disegnata da Sorrentino si passa al contributo sull’»esperienza del divino» di S. Natoli. In una appassionata ma a volte limitata ricostruzione storica, Natoli cerca di tracciare una fenomenologia dell’esperienza religiosa atta a «individuare alcune scansioni del diverso formularsi e definirsi dell’idea di Dio». Dal theos greco, che è accadimento in quanto presenza, si passa al Dio dei giudei, che è accadimento in quanto evento per mezzo del quale, possiamo dire, si manifesta una volontà, una elezione, una storicità. Evento nel quale sia l’esperienza del divino che l’ontologia, nella misura del loro atteggiarsi conoscitivamente al divino, lasciano il passo all’appartenenza dell’uomo alla divinità, che è divinità del tutto, spazio comune di convergenza.

Lo scritto di Natoli si interfaccia con quello seguente di M. M. Olivetti. In maniera piuttosto sintetica Olivetti discute l’architettura sottesa alla proposta di Natoli e ne evidenzia il carattere di philosophische Weltgeschichte.

Cuore del volume sono poi gli ampi scritti di M. Micheletti e di G. C. Di Gaetano. Nel suo saggio Micheletti prende in considerazione, come già aveva fatto in lavori precedenti, l’ipotesi di un riversarsi della teologia naturale nella filosofia analitica della religione. Passando al vaglio le posizioni di alcuni filosofi contemporanei (in particolare quella di A. Plantinga) in riferimento alla filosofia della religione (che qui intendiamo in senso lato), Micheletti sottolinea il contributo che l’analisi filosofica in campo logico ed epistemologico ha offerto, nel suo riproporre con forza gli argomenti teistici, allo sviluppo del dibattito odierno sulle tematiche religiose. Nel saggio di Di Gaetano, il quale muove dal quadro disegnato da Micheletti, vengono invece prese in considerazione le obiezioni che, soprattutto in campo riformato, sono state mosse alla teologia naturale. La tradizione riformata ha infatti sottolineato l’evidenzialismo della conoscenza di Dio. Il modello epistemologico proprio della teologia naturale deve cioè fare i conti con la concezione che attribuisce alla conoscenza di Dio il carattere di immediatezza e non inferenzialità. Pur essendo gli argomenti teistici accettabili in via razionale non è mediante essi che la credenza cristiana viene garantita (Warranted).

Il saggio di P. De Vitiis affronta la problematica dell’ontoteologia nella cornice dell’opera di Heidegger e in un confronto di questi con Hegel. De Vitiis scorge continuità tra la tradizione metafisica e il pensiero dell’essere proposto da Heidegger; anzi proprio la metafisica heideggeriana è considerata come una possibile condizione per l’elaborazione di una filosofia della religione.

Sigla il volume G. Salmeri con il suo saggio finale sulle proposte di lavoro che le teologie scolastiche possono suggerire alla filosofia della religione. In questo scritto, magistrale per chiarezza e concisione, Salmeri afferma che le teologie scolastiche offrono una varietà di soluzioni che possono ripercuotersi su un ripensamento della filosofia della religione. Anzi, nel prendere in esame i modelli proposti da Tommaso d’Aquino, Enrico di Gand e Giovanni Duns Scoto, Salmeri mette in evidenza come le strutture speculative portanti della filosofia della religione siano maturate anche in ambito scolastico, ossia molto prima della nascita storica di una filosofia della religione.

Nel complesso il presente volume, come pure i convegni, le altre pubblicazioni e le iniziative favorite dall’AIFR, si pongono per l’Italia come l’unico tentativo di promuovere un dibattito ad ampio raggio su quei nodi tematici che, muovendo da ambiti eterogenei, finiscono per incontrarsi nel fatto religioso.


  1. Una contrapposizione di tale natura resiste soltanto come contrapposizione geografica e manualistica. Karl-Otto Apel ha tentato di risalire alle origini della contrapposizione di questi due indirizzi analizzando la moderna storia del linguaggio alla luce di una opposizione tipico-ideale tra la concezione «ermeneutico-trascendentale» e quella «tecnico-scientifica». In Transformation der Philosophie (1972) - (trad. it. a cura di G. Vattimo, Comunità e comunicazione, Rosenberg, Torino 1977) - Apel, muovendo dalla distinzione wittgensteiniana tra «spiegazione» e «comprensione», afferma che l’analisi del linguaggio deve condurre alla comprensione propria delle scienze dello spirito. ↩︎