1. La teoria darwiniana di Freud
È noto come Sigmund Freud, in Totem e tabù (1913), ricorra all’ipotesi darwiniana circa la gelosia dei Gorilla, secondo la quale anche il maschio dell’uomo, al pari di queste scimmie antropomorfe, impedirebbe, fin da subito, la promiscuità sessuale obbligando i maschi più giovani ad andarsene e a costituire altre orde. Freud cita il famoso e discusso paragrafo di Darwin presente ne L’origine dell’uomo, intitolato Le cause che impediscono o controllano l’azione della selezione sessuale fra i selvaggi. Riportiamo qui di seguito la citazione tratta dalla traduzione italiana del testo freudiano:
Se dunque, risalendo molto indietro nel tempo, deduciamo dalle abitudini sociali dell’uomo di oggi, la conclusione più verosimile è che in origine l’uomo vivesse in piccole società, ogni uomo con tante donne quante ne poteva mantenere e ottenere, che difendeva gelosamente contro tutti gli altri uomini. Oppure, viveva per proprio conto con parecchie femmine, come il gorilla; infatti tutti gli indigeni dei paesi in cui vive il gorilla sono concordi nell’affermare che in un gruppo si può vedere un solo maschio. Quando il giovane maschio è cresciuto, egli entra in lotta con gli altri per il predominio, ed è il più forte che, dopo aver ucciso e scacciato tutti i rivali si pone a capo della società (cfr. Savage, in Boston Journal of Natur. Hist).1
Da ciò Freud evince, ipotizzando un’analogia, che Darwin «abbia concluso che anche l’uomo in origine sarebbe vissuto in piccole orde, all’interno delle quali la gelosia del maschio più vecchio e più forte avrebbe impedito la promiscuità sessuale».2 Freud si immagina che, all’inizio della società, vi fosse una sorta di padre onnipotente, geloso, pronto a sopprimere i figli per difendere le proprie femmine. Successivamente, i figli si alleano per uccidere il padre e impossessarsi delle femmine, loro madri. Dalla colpa di aver ucciso il padre emergerebbe il sostituto paterno nei termini religiosi del totem che a quel punto garantirebbe la stabilità sociale e porrebbe fine alle rivalità tra fratelli. Freud fonda la sua congettura sulla base di un’origine che sembra poco plausibile da un punto di vista storico, in primo luogo perché parte da un atteggiamento emotivo univoco quale la sola passione della gelosia come fonte di ogni condotta. In secondo luogo, deve agganciare il suo ragionamento biologico ad un altro psicologico religioso ancora meno plausibile quale quello di un misterioso e poco convincente senso di colpa. In terzo luogo, Freud deve fidarsi di studi etologici legati ad una ricerca del dottor Savage — forse neanche letta, apparsa quasi settanta anni prima sul Boston Journal of Natural History — su un gruppo di gorilla e citata en passant da Darwin come una delle tante ipotesi relative alla selezione sessuale. Infine deve supporre un’analogia tra uomo e gorilla tutta da verificare. Eppure l’idea dell’orda primitiva come formatasi sulla base della gelosia del maschio e del possesso delle femmine descritta da Freud è diventata, per tutti gli studiosi, la tesi dell’orda primitiva supposta da Darwin. Se Freud riprende l’idea di Darwin per la quale la sessualità è alla base della vita e della lotta per la sopravvivenza, non è dal naturalista inglese che ha potuto trarre la teoria del patriarcato e del parricidio come origine della civiltà.
Per chiarire il fraintendimento di Freud sarà il caso di segnalare ulteriori passi di Darwin, in cui la sua posizione è chiaramente a favore di un’ipotesi di tipo matriarcale e non patriarcale. Concludendo la parte relativa alla selezione sessuale degli animali, il naturalista inglese scrive che se è vero che «la legge di battaglia per il possesso della femmina sembra prevalere nell’intera classe di mammiferi»3 molti naturalisti ammetteranno anche che «esiste poi un altro tipo di lotta più tranquillo, quello cioè con cui i maschi tentano di attirare ed eccitare le femmine con attrattive varie».4 E più avanti sostiene che «la sola forza fisica non è sufficiente se non è coadiuvata dal coraggio, dalla perseveranza e dall’energia».5 Successivamente, nella parte relativa all’uomo, e concludendo il collegamento tra forza e gelosia, Darwin aggiunge: «Molti selvaggi sono ancora oggi estremamente licenziosi e sebbene il matrimonio promiscuo abbia prevalso originariamente, tuttavia molte tribù praticano una forma di matrimonio sebbene di natura molto più debole delle popolazioni civilizzate».6 È evidente che Darwin condivide qui il punto di vista di Lubbock, McLennan, Bachofen e Morgan secondo i quali vi sarebbe stata, all’origine della società, il matrimonio in comune.7
Infine, come è noto, per Darwin, la selezione sessuale dipende spesso dalla scelta da parte delle femmine le quali non restano passive per lungo tempo, «ma selezionano il compagno più gradito».8 D’altronde lo stesso Freud non nasconde che Darwin abbia semplicemente supposto l’idea di un padre violento e geloso dato che «questo stato primitivo della società non è mai stato oggetto di analisi»9 e che:
L’organizzazione più primitiva di cui siamo a conoscenza, e che ancora attualmente esiste in certe tribù, consiste in una comunità di uomini che godono di uguali diritti e sono sottomessi alle limitazioni del sistema totemico, ivi compresa l’eredità in linea materna. Questa organizzazione potrebbe essere derivata da quella supposta dall’ipotesi darwiniana?10
La risposta di Freud è ovviamente affermativa ma non può riguardare Darwin, il quale, come cerchiamo di dimostrare, era molto cauto nell’ipotizzare teorie fantasiose senza i dovuti accertamenti empirici che si riferivano esclusivamente al mondo animale e non potevano essere facilmente comparati con l’agire umano.11 Se leggiamo attentamente ancora altre pagine di Darwin, relative alla promiscuità, al matriarcato e al matrimonio in comune delle prime comunità umane, si nota una forte simpatia nei confronti delle tesi degli antropologi sopra citati. Scrive il naturalista inglese:
La prova indiretta della tesi a favore della prevalenza iniziale dei matrimoni comuni è convincente […] Il modo in cui il legame matrimoniale si è sviluppato è un argomento poco noto […] Tuttavia dalle prove esposte sopra sembra probabile che il costume del matrimonio si sia venuto sviluppando gradatamente […] Dall’analogia con gli animali, e particolarmente quelli più vicini all’uomo e dalla forza con cui il sentimento di gelosia si manifesta in tutto il regno animale, non riesco a convincermi che anticamente abbia prevalso un rapporto assolutamente promiscuo prima che l’uomo raggiungesse il suo posto nella scala zoologica.12
Si potrebbe interpretare il passo di Darwin osservando che la gelosia è certamente una passione presente in alcuni tipi di scimmie, in particolare tra i Gorilla, ma che ad un certo punto della scala evolutiva, nel passaggio dalle scimmie alla specie umana, si sarebbe invece sviluppata la promiscuità. Aggiunge, infatti, Darwin per chiarire il discorso: «Il rapporto promiscuo allo stato di natura è molto improbabile»;13 ma tra gli uomini sembra che «il matrimonio promiscuo abbia prevalso originariamente».14 Insomma, risulta chiaramente anche in queste righe che Darwin crede alla promiscuità sessuale, all’eterismo per usare un’espressione di Bachofen.
Tra gli studiosi Darwin cita anche Henry Sumner Maine, indicato a proposito della sua teoria dell’imitazione e della finzione legale accolte come veritiere,15 ma non accenna minimamente alla sua teoria, la quale avrebbe potuto rafforzare la sua presunta ipotesi di una concezione patriarcalistica, mentre di McLennan Darwin sembra approvare pienamente la sua ipotesi della cattura.16 Tra l’altro sappiamo che Darwin riceve notizia della pubblicazione di Primitive Marriage proprio da una lettera del suo amico Lubbock.17 Riportiamo qui di seguitolo scambio epistolare tra i due:
My dear Mr. Darwin,
I do not know whether you have read McLennans «Primitive marriage».
He refers the curious practice of Exogamy to the prevalence among certain tribes of female infanticide.
I should have thought that the objection to marriage between near relations might have had much to do with it.
Can you tell me whether we have any evidence that any animals have an instinctive repugnance to breeding in sin?
Believe me always. Very sincerely. Yours John Lubbock.18
My dear Lubbock,
I have not read or heard of the book on «Primitive Marriage» nor do I know what ‘exogamy’means; so that I am not a little in the dark.
I do not think any evidence has been published of an instinctive repugnance to close intermarriage with animals. I have received some private accounts of such feeling with domestic animals, but they were so few, that I have not thought it prudent to give them.
Indirectly the end must, I think, be largely gained by the wandering of the young males, & their expulsion from the herd in social animals, by the old males. I heartily wish I could have given you any better information. In my new book I have a chapter on Interbreeding & give all the evidence which I have.
It is a long time since we have met & if Mahomet does not come to the mountain, the mountain must come some Sunday to Mahomet.
Yours affectly C. Darwin.19
Si può imputare a Freud di aver forzato il pensiero di Darwin circa la questione della gelosia e della forza? Darwin sembra fin qui piuttosto cauto nel mostrare che il comportamento animale si riscontri mutatis mutandis anche fra gli uomini. Rileggiamo la citazione di Freud ripresa questa volta direttamente dal testo di Darwin tradotta nella versione italiana. Nel contesto dell’enunciato il naturalista inglese sembra proporre un’ipotesi tutta da verificare:
Guardando indietro nel corso del tempo, e tenendo conto delle abitudini sociali dell’uomo di oggi, l’ipotesi più probabile è che egli vivesse originariamente in piccole comunità, ognuno con una sola moglie, o con molte se molto potente, gelosamente custodite dagli altri uomini [guarded against all others man] . Oppure egli può essere stato un animale socievole e aver vissuto con più di una moglie come il gorilla; tutti gli indigeni infatti sono concordi nel dire che in ogni banda si può vedere un solo maschio adulto, quando i giovani crescono, nascono delle dispute sulla supremazia e i più forti uccidono o scacciano via gli altri fino a rimanere i capi incontrastati della comunità.20
Questo significativo passo, che, come abbiamo visto, sta al centro dell’ipotesi freudiana, sembrerebbe decidere a favore di una concezione patriarcalistica di Darwin ma contrasta con l’idea della promiscuità sessuale accolta nelle pagine precedenti. La verità è che Darwin qui sta svolgendo una serie di congetture sulla base dell’analogia con le scimmie ma non sembra decidersi da quale primate l’uomo possa discendere. In questo quadro congetturale possiamo interpretare la frase tanto discussa che riportiamo qui in inglese:
Therefore, if we look far enough look in the stream of time, it is extremely improbable that primeval man and women lived promiscuously together. Judging from the social habits of man as he now exists, and from most savages being polygamists, the most probable view is that primeval man aboriginally lived small communities, each with as many wives as he could support and obtain, whom he would have jealously guarded against all other men. Or he may have lived with several wives by himself, like the Gorilla.21
Come ormai sappiamo da studi più recenti, vi è stata una banalizzazione e un sostanziale fraintendimento della teoria di Darwin ridotta alla sola forza fisica come unico strumento di lotta per la sopravvivenza. Sono troppo note le cautele di Darwin per dedurre una teoria da pochi fatti osservati. La varietà del genere umano, benché si possa risalire ad una sola specie, è tale che non consente un’ipotesi, in questo caso circa la gelosia, che possa accreditarsi come atteggiamento universale presente in tutta la specie umana. Anche la forza non è l’unico movente, per Darwin, che spinga alla selezione naturale e sessuale: per esempio in natura sono spesso le femmine a scegliere e selezionare il maschio in base alla sua capacità di cacciare, di fornire il cibo, di proprietà, di fedeltà, di rango, di bellezza. È tale infatti l’importanza attribuita alla selezione sessuale anche in campo antropologico che proprio su questo punto Wallace sollevò alcuni dubbi a proposito dell’ipotesi darwiniana dichiarando che «le donne sicuramente non scelgono gli uomini».22
Wallace utilizza la teoria di McLennan che, diversamente dalla teoria di Darwin, vede nel ratto la forma di scelta di femmine da parte del maschio. Pertanto non è Darwin a parlare della forza dell’uomo sulla donna, semmai sono proprio antropologi, giuristi e naturalisti come McLennan, Maine e Wallace i quali trovarono ampiamente nel loro ambiente vittoriano i probabili contenuti sessisti. Tuttavia, se si evita di ridurre il commento di Wallace ad una semplice battuta maschilista e riduttiva, in ogni caso si deve ammettere che McLennan avesse apportato un ragionamento logico e convincente del quale Darwin, Freud e altri pensatori importanti dovettero tenere conto. D’altronde, come ha rilevato da ultimo l’antropologa italiana Maria Arioti, il matrimonio per ratto ricorre con tanta frequenza nelle culture primitive «da non giustificare il disinteresse attuale degli antropologi»23 per McLennan e la sua ipotesi.
In conclusione, le interpretazioni di Freud circa la formazione dell’orda primitiva non si basano su un’ipotesi sufficientemente corroborata e condivisa da Darwin semmai sono interpretazioni di antropologi successivi a Darwin stesso, come Atkinson, Lang e Maine, a cui adesso ci rivolgiamo per capire da dove Freud trasse la sua idea.
2. La tesi atkinsoniana di Freud
La tesi patriarcale basata sulla forza del maschio e sulla sua gelosia è discussa espressamente proprio all’interno del doppio libro di Lang e Atkinson, Social Origins and Primal Law.24 Soprattutto, l’utilizzazione dell’ipotesi darwiniana circa il maschio geloso è ripresa e sostenuta con forza da Atkinson e enunciata proprio nelle prime pagine del suo libro.25 D’altronde Freud dichiara esplicitamente il debito contratto nei confronti di Atkinson: lui «sembra essere stato il primo a riconoscere che le condizioni che il Darwin attribuisce all’orda primitiva non potevano in pratica, che favorire l’esogamia per i giovani maschi».26 Questo primato non corrisponde al vero perché, come vedremo, l’idea arriva ad Atkinson attraverso Maine, ma quest’ultimo non è citato da Freud. Anche le tesi del maggiore critico della teoria patriarcale, John McLennan e del suo scritto, Primitive Marriage, giungono a Freud attraverso la lettura del doppio libro di Lang e Atkinson. Così Freud, come Maine e Atkinson, cerca di smantellare in Totem e tabù27 le teorie di McLennan, l’avversario più pericoloso per coloro che affermano la teoria patriarcale, ma le citazioni appaiono di seconda mano e si basano su quello che riferisce Atkinson. Infatti lo psicoanalista austriaco arriva a congetturare sul totemismo — un neologismo coniato forse per la prima volta proprio da McLennan — leggendo Robertson Smith,28 un seguace di McLennan. Freud si accoda alla critica rivolta alla teoria di McLennan secondo la quale non sarebbe riuscita a spiegare «perché agli uomini della tribù fossero proibiti i matrimoni con le poche donne del loro sangue».29 Nel bambino e nel suo inconscio permarrebbero tracce psichiche dell’evoluzione sociale in cui il totemismo e la paura degli animali condurrebbero, diversamente da ciò che spiega McLennan, alla formazione del tabù dell’incesto. La gelosia dei figli verso il padre, dopo la formazione del complesso edipico, momento ontogenetico che ripercorrerebbe l’azione primitiva filogenetica, avrebbe spinto i capi di un clan a scacciare i propri figli innescando una loro reazione violenta sui padri simboleggiata dal pasto totemico.
Per Freud, come per Atkinson, McLennan non spiegherebbe, con la sua ipotesi del ratto, il problema dell’incesto, anche se gli riconosce il merito di aver scoperto per primo l’importanza di questo e di altri problemi come quelli dell’esogamia e del totemismo.30 McLennan collega sì il tabù dell’incesto con la pratica dell’esogamia e intuisce che vi sia una lotta tra fratelli per il potere proprio a causa della scarsità di femmine. Ma per McLennan il tabù dell’incesto subentra solo ad un certo punto nell’evoluzione sociale umana giacché è possibile supporre che inizialmente, nei primi stadi dello sviluppo umano, il rapporto sessuale tra consanguinei fosse sovente praticato con il matrimonio in comune. Tuttavia i primi popoli nomadi e seminomadi, cacciando gli animali, ricorrevano all’infanticidio femminile perché le bambine e le giovani donne non avrebbero potuto muoversi liberamente durante la gravidanza. La scarsità di femmine causò la pratica del ratto che consisteva nel rapire le donne di altre tribù. Questa consuetudine, a lungo andare, sarebbe diventata una legge che avrebbe vietato espressamente il rapporto sessuale con le femmine della propria tribù. Per Freud ovviamente questa ricostruzione di McLennan è assurda perché non tiene conto dell’importanza della gelosia e della rivalità tra fratelli.
3. La tesi patriarcale di Maine
Henry Sumner Maine aveva pubblicato nel 1861 Ancient Law, un libro che avvierà gli studi di antropologia e sociologia del diritto. Qui è ripercorsa la storia della civiltà europea mostrando l’evoluzione e il progresso delle teorie giuridiche e politiche partendo dal postulato fondamentale che le comunità si reggono principalmente sull’organizzazione della famiglia patriarcale. Al centro della famiglia vi sarebbe il maschio il quale, grazie alla sua intrinseca forza e sulla base del suo potere, avrebbe costruito un sistema parentale, sociale e politico. Le sue ricerche comparativistiche31 lo conducono a riconoscere la centralità del diritto patriarcale. Nei gruppi antichi domina il maschio più forte, riconoscibile nella figura del padre. Secondo Maine, in questo tipo di struttura sociale, ogni proprietà passa di padre in figlio; la società è basata principalmente sulla famiglia;32 si afferma la convinzione che tutti discendano da un antenato comune; attraverso le adozioni si rinsaldano le unioni tra gruppi politici e si stabiliscono dei legami di parentela.33 L’autorità del padre rappresenta il fulcro centrale della società, mentre la donna è sempre subordinata al maschio. Per questa ragione Maine si convincerà sempre di più della presenza di un fondamento naturale universale, corroborato successivamente dagli studi darwiniani, in particolare sull’interpretazione dello stesso passo dell’Origine dell’uomo citato da Freud, da cui si evincerebbe che il maschio più forte comanderebbe a causa della gelosia.
Il fortunato libro di Maine però non era ancora stato condizionato dalle nuove scoperte di Darwin. La sua posizione evoluzionistica sembra inizialmente appoggiarsi alle concezioni positivistiche di Comte e Spencer ma anche ad un certo realismo politico di tipo hobbesiano in cui il pater familias sarebbe al centro del potere sulla base delle sue virtù principali: la forza, il coraggio, l’intelligenza. In questo senso «si deve ricordare che la teoria patriarcale non solo non costituisce alcun rifiuto della teoria di Hobbes, ma anzi è difesa da Hobbes».34 Questi, infatti, riconosce che il sovrano è la figura paterna che, con il suo potere, amministra e governa lo Stato come un buon padre di famiglia.
La concezione di Hobbes suggerisce a Maine che dalla forza si trae vantaggio per raggiungere il dominio, anche se, come è noto, nello stato di natura, gli uomini, per il filosofo seicentesco, alla fine si equivalgono. Tuttavia, la condizione primitiva di una guerra di tutti contro tutti indica che la variabile indipendente presente nell’uomo sarebbe proprio la forza. Maine però critica la mancanza di storicità del modello hobbesiano (e la stessa critica vale per il positivismo giuridico di Bentham e Austin) e suppone che in origine gli uomini non vivessero in solitudine, ma al contrario formassero piccoli gruppi familiari guidati da un capo. Ciò che Maine rifiuta di Hobbes è che «un abisso separasse l’uomo, nella sua condizione primitiva, dall’uomo nella società».35 Pertanto Maine non crede ad un patto artificiale e convenzionale di tipo razionale, giusnaturalistico o giuspositivistico, ma da sempre l’uomo vive e coopera con gli altri. L’idea dell’uomo come animale politico è un dato ormai acquisito dall’empirismo inglese a partire da Locke, Hume e Smith. Anche per Maine, piccoli gruppi organizzati fin da subito si erano dati una forma giuridica intorno al padre riconosciuto per la sua forza. Non si possono ipotizzare forme pregiuridiche.
Gli argomenti di Maine riprendono le classiche posizioni di Platone e Aristotele, ma anche il patriarcalismo di Robert Filmer,36 benché quest’ultimo deduca l’idea di diritto patriarcale dalle sacre scritture e dunque ricerchi essenzialmente una base teologica. La sua teoria patriarcale era stata teorizzata nella modernità per legittimare il potere temporale e spirituale dei re, soprattutto in Inghilterra, fondando la sua dimostrazione in particolare sulla Genesi, sul diritto divino e non certo sulla naturalità della forza maschile. A Filmer, come è noto, aveva replicato Locke, nel primo dei Due trattati sul governo, utilizzando passi tratti da Samuele e rigettando la lettura assolutistica del potere divino dei primi patriarchi. È vero che Maine accenna a Filmer a sostegno della propria tesi, ma il ragionamento del giurista appare diverso dall’impostazione filmeriana. Anche «Donald McLennan — nella prefazione al postumo The Patriarchal Theory del fratello John Ferguson McLennan (dedicato alla confutazione delle tesi di Maine) — riconosceva che la cosiddetta teoria patriarcale era fondamentalmente una teoria della sovranità. Con Sir Henry Maine, invece, era diventata una teoria dell’origine della società».37
La tesi patriarcale di Maine non ambisce dunque a rifondare un’origine teologico-politica, né va vista come fondamento simbolico della società occidentale sulla base del diritto canonico. Vi è invece in Maine un’idea di natura, dedotta dagli studi empirici e storici, per la quale il più forte (il maschio) prevale e domina. È questo ciò che si evince, per il giurista inglese, dalla lettura della bibbia: una serie di informazioni sul diritto primitivo. Anche se talvolta riprende gli stessi identici passi delle sacre scritture, in particolare della Genesi, citati da Filmer, per lui la bibbia non costituisce un modello di riferimento per lo Stato futuro come nel teologo inglese, ma rappresenta semmai un documento storico che ci racconta di come effettivamente vivessero le tribù antiche: «Il parente più anziano, l’avo più vecchio, è il capo assoluto della famiglia. Il suo dominio si estende sulla vita e sulla morte».38 Da questo punto di vista, la concezione antropologica di Maine è più vicina alla teoria filmeriana che a quella giusnaturalistica e contrattualistica di Locke. La famosa frase di Maine che vedrebbe il passaggio dallo status al contratto39 non è né un auspicio, né un salto evolutivo, semmai un’amara constatazione.40
In conclusione, Maine disancora il potere dall’identificazione religiosa, politica, sacrale, sociale e culturale riducendo il potere alla sola forza fisica. Questa equivalenza tra potere e forza, ribadiamolo, sembra maturare indipendentemente dalle tesi espresse da Spencer e da Darwin, ma poi si consoliderà, come vedremo, con la lettura del pensiero darwiniano stesso.
4. La difesa darwiniana di McLennan
John Ferguson McLennan è animato dagli stessi propositi di ricostruzione storiografica e scientifica dell’evoluzione umana di Maine, e da questo punto di vista è influenzato proprio dalla lettura di Ancient Law. Se da un lato vi è, come in Maine, una comune matrice anticontrattualista e antigiusnaturalistica, in lui giocano altri fattori rispetto alla stessa formazione giuridica. La sensibilità empirica della filosofia scozzese, il metodo induttivo tipico delle scienze mediche, il riconoscimento di un’evoluzione più lunga e lenta rispetto all’idea che ne ha Maine, l’accoglimento degli studi zoologici e la probabile lettura dell’Origine delle specie di Darwin: tutto ciò obbliga McLennan in Primitive Marriage a prendere seriamente in considerazione la preistoria e culture assai diverse da quella occidentale. In Maine «la struttura generale restava tuttavia ancora prevalentemente ancorata alle vecchie matrici storicistiche: nel saggio di McLennan invece tutti gli ingredienti si compongono definitivamente all’interno di disegno unitario compiutamente evoluzionista».41 La scelta stessa di McLennan del termine Primitive rispetto a quello di Ancient vuole indicare, come ricorda Trautmann,42 il riferimento specifico alla scoperta della preistoria da parte degli evoluzionisti. Infatti, la conversione di McLennan alla teoria matriarcale, per Trautmann, come per Rivière, non deriverebbe tanto dalla lettura di Ancient Law e dal riconoscimento di certi limiti del lavoro di Maine, quanto dall’influenza decisiva del libro Antiquity of Man di Lyell pubblicato nel 1863.43 Invece, secondo Kuper,44 piuttosto che la presenza del pensiero di Darwin, in McLennan ci sarebbe la teoria di Malthus da cui avrebbe tratto l’ipotesi dell’infanticidio femminile.
Ora, lungi dal mostrare un diritto materno simile a quello costruito da Bachofen, (Das Mutterrecht è del 1861 ma sembra accertato che McLennan, quando scrive Primitive Marriage non ne sia a conoscenza) il pragmatismo scozzese di McLennan evidenzia un tipo di matrilinearità che non disconosce la forza bruta dell’uomo che impone alla donna la matrilinearità stessa. Infatti la tesi di McLennan parte dall’ipotesi dell’infanticidio femminile praticato nei gruppi primitivi per motivi di sopravvivenza, inerente alla possibilità dei maschi di muoversi e cacciare più facilmente per nutrirsi. Insomma non bisogna confondere la matrilinearità (discendenza per linea materna) con il matriarcato (governo delle madri). Da questo punto di vista il realismo di McLennan non si discosta da quello di Maine, anzi è chiaro che la lettura di Ancient Law, si è detto, costituisce per il giurista scozzese un importante viatico per la formulazione della sua teoria.
Il riferimento alla forza dell’uomo è in entrambi presente; tuttavia in Maine tale richiamo è prevalente e riduttivo e lo conduce dal punto di vista politico ad accettare l’idea di uno Stato forte, patriarcale, autoritario e conservatore. Invece per McLennan, come per Morgan, il ruolo della donna sia nella società antica sia nella società moderna gioca (e deve giocare) un ruolo fondamentale. Insomma, McLennan, come Lubbock e Bachofen, si immagina uno stadio iniziale caratterizzato da una sorta di promiscuità sessuale o matrimonio collettivo in cui gli uomini si accoppiano casualmente con le femmine. Questo modo di ragionare potrebbe apparire pre-darwiniano,45 posto che per Darwin il maschio di qualsiasi animale evoluto, spinto dalla gelosia e dal possesso, sappia istintivamente che deve stare vicino alla femmina per evitarle qualsiasi contatto con altri consimili se vuole salvaguardare la sua progenie. Di qui lo scontro bellicoso che seleziona il maschio più forte per impadronirsi della femmina. Paradossalmente, la teoria di McLennan, benché evoluzionista, apparirebbe lato senso darwinista ma non darwiniana,46 poiché avrebbe trascurato «gli aspetti fisiologici che si trovavano alla base della famiglia patriarcale»47 ovvero la gelosia del maschio che vuole dominare sulla famiglia e in particolare sulla femmina. Tuttavia, come abbiamo detto, Darwin accetta pienamente l’idea di un matrimonio comune, ed è piuttosto cauto, sviluppando l’ipotesi poliginica, ad individuare, in un unico maschio, il potere derivato dalla gelosia.
5. L’ipotesi darwiniana di Maine
Maine inizialmente non si difende dalle accuse di McLennan espresse in particolare nella nota sedici nel capitolo quinto di Primitive Marriage. Il giurista inglese è molto prudente e non prova a confutare la tesi di McLennan, piuttosto cerca di saggiare e rafforzare la propria ipotesi patriarcalistica affrontando lo studio dei popoli Indù in Village-Communities e dei Celti in Early History of Institutions.48 Maine non sembra convinto fino in fondo di dover circoscrivere il potere patriarcale alla sola cultura occidentale. La forza maschile, attraverso cui l’uomo raggiunge il potere, gli pare un movente fondamentale e universale che ha trovato la sua perfetta incarnazione nella civiltà romana, in questo coincidente con la concezione bachofeniana. Tuttavia Maine si deciderà a rispondere direttamente alle ulteriori critiche di McLennan solo dopo che il giurista scozzese avrà pubblicato nel 1876 Studies in Ancient History e soprattutto il saggio The Patriarchal Theory che però uscirà postumo (McLennan muore nel 1881), terminato e curato dal fratello Donald nel 1885. In quest’ultimo testo McLennan cerca di smontare i risultati storici acquisiti da Maine: innanzitutto, la storia del popolo ebreo non si concilia con l’ipotesi patriarcalista, perché nella Bibbia non si racconterebbe del primato del padre sulla famiglia, ma si mostrano nuclei familiari diversi ed eterogenei (come aveva già rilevato Locke contro Filmer nel Primo Trattato sul governo); in secondo luogo, nel popolo Indù la madre svolgerebbe una funzione fondamentale sottovalutata da Maine; in terzo luogo anche tra gli Slavi esisterebbero regine, reggenti e ambasciatrici che svolgono un ruolo attivo; infine, anche se in Russia e tra i Celti si riconosce la patrilinearità, essa non appare una concentrazione di potere com’è invece il caso del Pater familias. Insomma, conclude McLennan, «Patria Potestas appears to be of distinctively Roman growth».49
Soltanto a questo punto Maine replica alle accuse di McLennan utilizzando proprio il riferimento alla gelosia sessuale e riprendendo lo stesso passaggio de L’Origine dell’uomo50 citato da Freud via Atkinson. In questo modo Maine prova a rafforzare la sua teoria utilizzando argomenti scientifici e autorevoli, che possano definitivamente confutare le tesi di McLennan, il suo avversario più tenace. Di fatto Maine deduce da tale passo darwiniano che vi sarebbe una forte gelosia naturale dei maschi, risalente anche ai primitivi più vicini all’uomo, che non permetterebbero la promiscuità sessuale. Scrive il giurista inglese in Dissertations on Early Law and Custom riportando per intero il passo di Darwin sulla gelosia dei gorilla:
I have never myself imagined that any amount of evidence of law or usage, written or observed, would by itself solve the problems which cluster round the beginnings of human society. ‘The imperfection of the geological record’is a mere trifle to the imperfection of the archaeological record. ‘What were the motives, ‘I asked in my ‘Ancient Law’ (p. 270), ‘which originally prompted men to hold together in the family union? ‘’To such a question, ‘I answered, ‘Jurisprudence unassisted by other sciences is not competent to give a reply. ‘This anticipation of aid to be expected from biological science has been fulfilled, and it is remarkable that, while the greatest luminary of ancient science invented or adopted the Patriarchal theory, the greatest name in the science of our day is associated with it. Mr. Darwin appears to me to have been conducted by his own observations and studies to a view of the primitive condition of mankind, which cannot be distinguished from this theory. «We may conclude (Descend of Man, p. 362) from what we know of the passions of all male quadrupeds that promiscuous intercourse in a state of nature is extremely improbable… If we look far enough back in the stream of time, it is exceedingly improbable that primeval men and women lived promiscuously together. Judging from the social habits of man as he now exists and from most savages being polygamists, the most probable view is that primeval men aborigines lived in small communities, each with many wives as he could support or obtain, whom he would have jealously guarded against all other men… In primeval times men… would probably have lived ad polygamists or temporarily as monogamists… They would not at that period have lost one of the strongest of all instincts, common to all the lover animals, the love of their young offspring» (p. 367) With his usual candour Mr Darwin admits, though with some hesitation, the conclusions of writers who have followed a different path of inquiry from his, but he thinks the licentiousness attributed to savages belonged to a later period when man had advanced in his intellectual powers but retrograded in his instincts.51
La teoria patriarcale è ormai associata indissolubilmente alla teoria della selezione sessuale. Darwin avrebbe, per Maine, dimostrato che «la théorie patriarcale suppose que la jalousie sexuelle a été le premier mobile qui ait conduit la puissance paternelle à s’affirmer».52 Su questo punto, Rosalind Coward nota correttamente il cambiamento decisivo ma strumentale nel ragionamento di Maine, il quale passerebbe da un metodo storico comparativo ad un argomento di tipo biologistico, accogliendo di fatto la tesi darwiniana. Maine può utilizzare tale concezione in particolare collegando la gelosia sessuale al potere: «La gelosia sessuale è soddisfatta attraverso il potere».53
6. Conclusione
Maine aveva una concezione esplicitamente patriarcalistica, e utilizza il passo di Darwin per fondare l’origine della società sulla forza fisica e sulla gelosia del maschio. Esattamente ciò che farà Freud trent’anni dopo. È possibile che lo psicoanalista austriaco non conoscesse i lavori di Maine? In effetti le sue opere, per quanto ho potuto constatare, non risultano presenti nella biblioteca freudiana.54 E anche nella «Encyclopedia Britannica»,55 spesso consultata da Freud, non appare il nome di Maine. Tuttavia, Freud si è imbattuto o si sarebbe potuto imbattere nel nome del giurista inglese e della sua opera se avesse letto di prima mano le seguenti opere citate in Totem e Tabù: L’origine dell’uomo di Darwin, in cui Maine è citato ma solo per i suoi interessi strettamente giuridici; Ancient Society di Morgan, Origin of Civilisation, di Lubbock e Primitive Marriage di McLennan. Queste opere però sembrano segnalazioni di Freud di seconda mano. Invece, Lectures on the Religion of the Semites, di Robertson Smith, in cui il giurista è però indicato una sola volta, sembra citato da Freud come fonte diretta. Difficile in ogni caso pensare che lo psicoanalista austriaco non avesse mai visto i riferimenti a Maine e non fosse interessato alla sua teoria patriarcale.
Quale poteva essere il motivo per non citare il giurista inglese, dato che invece tributa gli onori a Lang e Atkinson? Essi si ispirano palesemente a Maine, benché il suo nome sia riportato una sola volta da Lang56 per difenderlo dalle critiche di McLennan. E Atkinson riprende sicuramente l’ipotesi di Darwin proprio da Maine, il quale a sua volta utilizza Darwin per controbattere all’ipotesi matriarcale di McLennan e alla sua teoria del ratto come fondamento dell’esogamia e del tabù dell’incesto. È possibile che a Freud sia sfuggito anche questo importante collegamento? Certamente a Freud ciò che più interessava era legare la sua teoria a quella del grande scienziato e naturalista inglese e non ad un giurista e antropologo da tavolino com’era Maine. Invece, l’ipotesi patriarcalistica di Maine, diventata l’ipotesi darwiniana, sembrava corroborata dagli studi antropologici di Atkinson che Freud riteneva più scientifici dato che erano avvenuti sul campo.
Tuttavia, dobbiamo oggi riconoscere che è stato proprio Maine, colui che per primo ha tentato di utilizzare strumentalmente Darwin per ribattere a McLennan e alla sua teoria matriarcale a sostegno della propria teoria patriarcale. Questo fraintendimento ha poi condotto Atkinson a tentare di comprovare con studi empirici l’universalità del patriarcalismo fino a convincere Freud che le sue ipotesi sul parricidio e sul tabù dell’incesto fossero state confermate dagli studi sul campo. Ma Maine, Lang, Atkinson e Freud (e per altri aspetti Spencer) fraintendono volutamente Darwin: lui non teorizzò mai una teoria patriarcale che stride fortemente con la sua ipotesi più generale di selezione naturale e sessuale, e potremmo aggiungere anche con le sue convinzioni morali, circa la formazione dei gruppi umani, dato che il naturalista inglese era altresì convinto dell’ipotesi del ratto di McLennan, della promiscuità sessuale tra i popoli primitivi e della variabilità naturale e culturale del genere homo.
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S. Freud, Totem e tabù, Newton, Roma, 2010, p. 161. ↩︎
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Ibidem.B. Malinowski, Sesso e repressione sessuale tra i selvaggi, Bollati Boringhieri, Torino, 2013, osserva giustamente che «nell’accettare la concezione darwiniana della parentela, la psicoanalisi ha respinto l’ipotesi della promiscuità primitiva del matrimonio di gruppo e del comunismo sessuale» (p. 127). ↩︎
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C. Darwin, L’origine dell’uomo, Newton, Roma, 2009, p. 417. ↩︎
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Ibidem. ↩︎
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Ivi, p. 424. ↩︎
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Ivi, p. 443. ↩︎
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Sul dibattito intorno a questi antropologi giuristi rimando al mio, Cultura e Diritto. Alle origini dell’antropologia giuridica, Aracne, Roma, 2014. Per il retroterra storico-culturale di Totem e Tabù, si veda E. R. Wallace, IV, Freud and Anthropology. A History And Reappraisal, International University Press, Madison, 1983. ↩︎
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C. Darwin, C. Darwin, L’origine dell’uomo, cit., p. 460. ↩︎
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S. Freud, Totem e tabù, cit., p.175 ↩︎
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Ibidem. Se Freud avesse letto con maggiore attenzione E. Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa. Il sistema totemico in Australia, (1912) Mimesis, Milano, 2013, citato in Totem e Tabù, cit., p. 149, avrebbe incontrato la critica al riduzionismo biologista spenceriano e la seguente conclusione: «dal fatto che la gelosia sessuale sia molto forte presso gli animali superiori, si è concluso [erroneamente] che essa doveva trovarsi anche nell’uomo, fin dall’inizio e con la stessa intensità» (p. 118). Sul tentativo dei darwinisti sociali di ridurre L’origine dell’uomo di Darwin a mero biologismo si veda P. Tort, L’antropologia di Darwin, Manifestolibri, Milano, 2000. ↩︎
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Sulla disinvoltura dell’ipotesi di Freud e sulla speculazione tipica di antropologi da ‘tavolino’ si rimanda a F. Dei, La discesa degli inferi. Frazer e la cultura del Novecento, Argo, Lecce, 1998, pp. 218-232. ↩︎
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C. Darwin, C. Darwin, L’origine dell’uomo. ↩︎
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C. Darwin, C. Darwin, L’origine dell’uomo. ↩︎
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Ivi, p. 442. ↩︎
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Ivi, pp. 113-115. ↩︎
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Ivi, p. 123. ↩︎
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Si veda, E. Mertz and M. Goodale, Comparative Anthropology of Law, in Comparative Law and Society, London 2012, a cura e con un’introduzione di D. S. Clark, p. 80. Le lettere sono consultabili sul sito della Cambridge University, www. darwinproject.ac.uk. ↩︎
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Letter 5459, 25 march 1867. ↩︎
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Letter 5463, 26 march 1867. ↩︎
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C. Darwin, L’origine dell’uomo, cit., p. 443. Corsivo nostro. Qui Darwin passa dal riferimento all’uomo che, a un certo punto, considera come un animale sociale, al riferimento alla gelosia dei Gorilla che non sembrano per nulla socievoli, e cita un articolo firmato da Thomas Savage e Jeffries Wyman, Notice of The External Characters and Habits Troglodytes Gorilla. A New Species of Orang from The Gaboon River, in «Boston Journal of Natural History», Vol. V. December, 1847, pp. 417-442. Ora all’indirizzo www.biodiversitylibrary.org. Nell’articolo, però, non si fa riferimento al movente, la gelosia, ma solo alle lotte per le femmine e inoltre si sostiene chiaramente un fatto ormai assodato dall’etologia ossia che i Gorilla sono meno intelligenti degli Scimpanzé e l’uomo somiglierebbe più a questi ultimi. ↩︎
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Se leggiamo la pagina precedente della famosa citazione, vediamo che Darwin si riferisce ora agli Oranghi, ora agli Scimpanzé, ora ai Gorilla. I primi sono solitari, i secondi monogami, i terzi poligami. I primi uomini sarebbero stati sociali e avrebbero vissuto assieme «in small communities», oppure (ecco perché Darwin aggiunge la congiunzione or) furono poligami ma solitari e scacciarono i propri figli come i Gorilla. C. Darwin, The Descent of Man, Vol. II, Appleton And Company, New York, 1871, pp. 345-346. Stranamente nella versione italiana l’avverbio improbabile è stato tradotto con probabile. ↩︎
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A. Desmond, J. Moore, La sacra causa di Darwin. Lotta alla schiavitù e difesa dell’evoluzione, Cortina editore, Milano, 2012, p. 529. Sul fraintendimento razzistico del pensiero di Darwin si veda anche A. La Vergata, Colpa di Darwin? Razzismo, Eugenetica e altri mali, Utet, Torino, 2009. ↩︎
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M. Arioti, Introduzione all’antropologia della parentela, Laterza, Bari-Roma, 2006, p. 205. ↩︎
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A. Lang & J.J. Atkinson, Social Origins and Primal Law, Longmans, London, 1903, pp. 209-210, Lang è un antropologo scozzese che, alla morte del suo cugino Atkinson, pubblica il suo testo inedito, Primal Law, accompagnandolo con un proprio scritto introduttivo dal titolo, Social Origins. Dell’importanza del testo di Atkinson circa l’ipotesi dell’orda primitiva rispetto al pensiero di Freud non si è forse tenuto sufficientemente conto. Sono da escludere però, M. Godelier, Meurtre du Père. Sacrifice de la sexualité. Approches anthropologiques et psychoanalytiques e, Arcanes, Strasbourg, 1996, e F. J. Sulloway, Freud, Biologist of Mind: Beyond the Psychoanalytic Legend, New York, 1979, p. 373. ↩︎
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J.J. Atkinson, Primal Law, cit., p. 209. Ma anche Lang cita la frase di Darwin a pagina 99. Freud cita anche un altro libro di A. Lang, The Secret of Totem, London, 1905, basato sulla difesa della presunta teoria darwiniana dell’orda primitiva. ↩︎
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S. Freud, Totem e tabù, cit., p. 161. ↩︎
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Ivi, p. 146. ↩︎
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Nella sua Autobiografia Freud riconosce a Robertson Smith di avergli suggerito la relazione tra l’uccisione del padre e il totemismo. Si veda, S. Freud, Opere, vol. 10, Bollati Boringhieri, Torino, 1989, p.134. ↩︎
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S. Freud, Totem e tabù, cit., p.132. ↩︎
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Quest’ultima scoperta è teorizzata da J. McLennan, The Worship of Animals and Plants (1869), in Studies in Ancient History. Traduzione parziale in, Alle origini dell’antropologia, a cura e con un’introduzione di U. Fabietti, Bollati Boringhieri, Torino, 1998, pp. 287-314, riconosciuta dallo stesso S. Freud, Totem e tabù, cit., p.57n. Sulla ricostruzione in epoca vittoriana del concetto di totemismo si rimanda a R. A. Jones, The Secret of the Totem. Religion and Society from McLennan to Freud, Columbia University Press, New York, 2005. ↩︎
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H. S. Maine, Diritto antico, Giuffrè, Milano, 1998, p. 97. Su Maine si veda, A. Cassani, Diritto, antropologia, e storia. Studi su H. S. Maine, Clueb, Bologna, 2002. Scrive Maine, Società primitiva e diritto antico. Scritti di Henry Sumner Maine, a cura e con un’introduzione di Anselmo Cassani, Faenza, 1986: «La ragione fondamentale per dubitare a priori del valore delle prove addotte a sostegno dell’esistenza di uno stadio di promiscuità nei popoli di razza ariana è data dal fatto che questa razza, così com’è stata quella che ha avuto il maggior successo, deve essere stata una delle più forti» (p. 180). ↩︎
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Ivi, p. 100. Maine ribatte alla teoria matriarcale di McLennan, di Morgan e di Bachofen, avvalendosi, oltre che dei suoi studi storici, dell’autorità di Aristotele circa l’importanza della famiglia e del potere del padre. In particolare, le tesi di McLennan, secondo Maine, si baserebbero solo su congetture, non attingendo alle testimonianze storiche dell’Occidente e basandosi su dichiarazioni di etnologi e geografi che osservano dei selvaggi contemporanei. H. Spencer, Principi di sociologia (1876), Utet, Torino, 1988, critica Maine, sostenendo che la famiglia oggi appare in una forma monogama ma prime e più antiche sono le forme poliandriche e poliginiche. Inoltre non tutti i popoli rispettano il potere del padre. Infatti «si trovano, in varie parti del mondo, gruppi sociali senza capi. L’autorità politica non comincia sempre dall’autorità patriarcale» (p. 797). ↩︎
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Ivi, p. 102. Sull’idea di parentela, ora intesa come consanguineità ora come affinità nei gruppi primitivi si veda M. Arioti, Introduzione all’antropologia della parentela, cit., 2006. ↩︎
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L. Strauss, Che cos’è la filosofia politica?, Argalia, Urbino, 1977, p. 263. ↩︎
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H. S. Maine, Diritto antico, cit., p. 92. ↩︎
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Ivi, p. 98. R. Filmer, Il Patriarcha, London, 1680, in J. Locke, Due trattati sul governo e altri scritti politici, Utet, Torino, 1982. ↩︎
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A. Cassani, Diritto, antropologia, storia, cit., p. 99. ↩︎
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H. S. Maine, Diritto antico, cit., p. 98. ↩︎
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Sulla fortuna e la ricezione nella sociologia successiva di tale proposizione si rimanda a T. Greco, Diritto e legame sociale, Giappichelli, Torino, 2012. ↩︎
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Una certa somiglianza con le teorie patriarcali di Maine è possibile ritrovarla in uno storico raffinato come Fustel de Coulanges che però insiste chiaramente nell’allontanare l’immagine di un diritto del più forte incarnato nel potere patriarcale, collocandolo sempre e solo entro una cornice religioso-culturale. Il re stesso, nell’antichità, è tale non perché forte ma perché investito da una carica religiosa: «Non la forza creò i capi e i re negli stati antichi». N. D., Fustel De Coulanges, La città antica, Vallecchi, Firenze, 1924, p. 229. Per M. A. Levi, La città antica, L’Erma di Bretschneider, Roma, 1989, p. 16, non ci sarebbe stata una conoscenza diretta del secondo sul primo. Anche A. Kuper, The Reinvention of Primitive Society, Routledge, New York, 2005, scrive: «Despite obvious similarities between the two books, Fustel knew nothing of Maine’s work» (p. 51). Si veda anche, Id., The Rise and Fall of Maine’s Patriarchal Society, in The Victorian Achievement of Sir H. Maine, a cura di A. Diamond, Cambridge University Press, Cambridge, 1991. Maine cita Fustel de Coulanges solo in Early Law and Custom, Murray, London, 1883, pp. 57-58. Kuper interviene anche sulla questione del patriarcalismo sostenendo che tale teoria sarebbe una risposta allo stato di natura: «The patriarchal theory is best read as a direct inversion of the radical notion of the state of nature» (p. 104). L’affermazione di Kuper è ambigua perché la teoria patriarcale di Maine basata sulla forza ha un fondamento naturalistico e potrebbe richiamare quella di certi sofisti. Bisognerebbe forse distinguere almeno tra i vari giusnaturalismi. G. Fassò, Storia della filosofia del diritto, Laterza, Bari-Roma, 2001, p. 28, avrebbe definito, quello di Maine, «giusnaturalismo naturalistico». ↩︎
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L. Capogrossi Colognesi, Dalla storia di Roma alle origini della società civile, il Mulino, Bologna, 2008, p. 208. ↩︎
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T. R. Trautmann, Lewis Henry Morgan and Invention of Kinship, University of California Press, Berkeley, 1987, p. 195. Ricordiamo che Primitive Marriage è del 1865 e che McLennan ha senz’altro presente il lavoro di Darwin, L’origine della specie in cui si spiega perfettamente come avviene la selezione naturale. Da un punto di vista etnologico tuttavia McLennan si riferisce, almeno stando alla ricostruzione storica di G. W. Stocking, Antropologia dell’età vittoriana (1987), Ei Editori, Roma 1999, a R. Latham, Varieties of Man, London, 1850: «McLennan attinse a piene mani al lavoro di Latham» (p. 174). ↩︎
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Per P. Rivière, William Robertson Smith and John Ferguson McLennan: The Aberdeen Roots of British Social Anthropology, in William Robertson Smith: Essay in Reassessment, a cura di William Johnstone, Sheffield Academy Press, Sheffield, 1995, p. 294, il libro più importante per McLennan sarebbe stato The Antiquity of Man di Charles Lyell (1863). In ogni caso, come rileva ancora L. Capogrossi Colognesi, Dalla storia di Roma alle origini, cit., p. 208, l’impostazione, almeno rispetto a Maine, è decisamente più evoluzionistica, e il diritto patriarcale è ridotto ad un momento conclusivo della storia dell’umanità la quale affonda le sue radici nella preistoria e in un tempo molto più remoto. ↩︎
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A. Kuper, On Human nature. Darwin and Anthropologist, in Nature and Society in Historical Context, a cura di M. Teich, R. Porter, B. Gustafsson, Cambridge University Press, Cambridge, 1997, pp. 274-290. ↩︎
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G. W. Stocking, Antropologia dell’età vittoriana, cit., p. 233. In realtà Stocking sta suggerendo che non tutte le ipotesi evolutive derivassero da Darwin e non tutte «le questioni antropologiche sollevate dal darwinismo trovarono risposta entro uno schema strettamente darwiniano» p. 233. Stocking ricostruisce anche la vita e gli interessi di McLennan da un punto di vista giuridico (pp. 261-268) interessi che lo portano a occuparsi di antropologia perché avrebbe potuto spiegare i fondamenti del diritto, diritto che è una sostanza fluida e variegata come lo sono i dialetti con i quali si lega. Tali idee sulla variazione dialettale e della concezione del progresso sociale «è logicamente piuttosto darwiniana» (p. 263). Tuttavia benché si appellasse alla selezione naturale «questa non metteva a disposizione una forza sistematica dello sviluppo socioculturale» (p. 274). Insomma, il darwinismo in McLennan apparirebbe un punto controverso. ↩︎
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G. W. Stocking jr., Antropologia dell’età vittoriana, cit., p. 263. ↩︎
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R. Coward, Patriarchal Precedents: Sexuality and Social Relations, Routledge & Kegan, London, 1983, p. 43. ↩︎
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Sia in H. S. Maine, Village-Communities in the East and West, Murray, London, 1871, sia in Lecture on the Early History of Institution, Murray, London, 1875, il nome di McLennan compare rispettivamente una sola volta e solo per elogiare il suo lavoro sul matrimonio primitivo. ↩︎
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J. McLennan, The Patriarchal Theory. Based on the Papers of the Late J. F. McLennan Edited and Completed by Donald McLennan, Macmillan, London, 1885, p. 73. ↩︎
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C. Darwin, L’origine dell’uomo, cit., p. 442. ↩︎
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H. S. Maine, Dissertations on Early Law and Custom, Murray, London, 1883, pp. 85-87. ↩︎
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H. S. Maine, La famille patriarcale, (1886) in Etudes sur l’histoire du droit, Thorin Éditeur, Paris, 1889, p. 502. ↩︎
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H. S. Maine, Società primitiva e diritto antico, cit., p. 195. ↩︎
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Abbiamo consultato i seguenti archivi on line delle biblioteche in cui sono presenti i libri della biblioteca posseduta da Freud: il Freud Museum di Vienna; The Freud Museum di Londra; Library of Congress, Washington d.c. ↩︎
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G. K. Booth, The Fruits of Sacrifice. Sigmund Freud and W. Robertson Smith, in www, scottishcorpus.uk scrive che «Freud was already familiar with the Ninth Edition of the Enciclopaedia Britannica (1875-1889)». ↩︎
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A. Lang, Social Origins, cit., p. 7. ↩︎