Giancarlo Grandis, Il dramma dell’uomo. Eros/Agape & Amore/Carità nel pensiero antropologico di Antonio Rosmini Serbati (1797-1855), con presentazione di Stanislaw Grygiel, San Paolo, Torino 2003, 422 pp., € 20,00.
L’indagine filosofica e la prospettiva teologica, pur nella rigorosa distinzione del metodo di indagine e dell’oggetto della ricerca, non sono semplici giustapposizioni. L’apporto filosofico rosminiano è assai rilevante, proprio in riferimento alla dialettica fede e ragione, due poli correlati, che sottendono l’ordine intrinseco dell’essere, l’assoluta priorità dell’Ente Assoluto, il bisogno della verità che abita, sia pure in forma implicita e ideale, nel soggetto finito. Se si considera con attenzione il pluralismo teologico e filosofico contemporaneo e la diversità degli approcci al dato rivelato, appare del tutto evidente la necessità di riconsiderare la vitalità del nesso che lega ragione e fede. Da questo punto di vista, il saggio di Grandis apre una prospettiva interessante, giacché descrive l’esito finale del sistema rosminiano, o per meglio dire il fine ultimo della sua attività speculativa. Avvalendosi del binomio eros/agape, egli cerca di decifrare il dramma dell’uomo e della sua esistenza costantemente esposta alla scelta tra bene e male. L’ermeneutica suggestiva e ricca di fascino che il testo contiene, è corredata da una panoramica esaustiva delle varie interpretazioni del pensiero rosminiano stratificatesi nel tempo. Il contributo fondamentale del presente saggio risiede nella enucleazione del tema dell’amore che sostanzia il procedimento razionale e connota l’ambito più propriamente teologico. In tale prospettiva amore e conoscenza, verità e virtù, intuizione intellettuale e riconoscimento volontario, ordine naturale e ordine soprannaturale formano l’identità umana. Occorre rilevare che il termine eros, pur essendo del tutto estraneo al vocabolario rosminiano, è utilizzato dall’autore per significare la tensione dell’uomo verso la felicità, il desiderio umano che è inscritto nel cuore dell’uomo. Al dinamismo egoistico dell’eros si oppone l’oblatività dell’amore divino che si rivela nel Cristo crocifisso e risorto e nella comunione delle Persone della Santissima Trinità.
Nella sezione filosofica, intitolata Nell’orizzonte dell’uomo errante, si evidenzia il fondamento ontologico dell’amore e la sua valenza antropologica. La forma reale, la forma ideale e la forma morale sono le tre supreme categorie dell’organismo dell’essere che costituiscono il tessuto metafisico dell’uomo. Il sintesismo ontologico è la legge fondamentale in cui emerge la primalità teleologica relazionale e comunionale della forma morale. Assumendo come punto di partenza l’essere, uno nella sua essenza e triplice nelle forme, l’indagine approda all’antropologia. L’uomo è il soggetto dell’amore (cap. 2) che possiede l’intuizione innata dell’essere, forma pura a priori dell’intelletto, e la percezione del proprio corpo, forma reale dell’essere e radice della soggettività. L’emergenza della moralità avviene nel riconoscimento al bene conosciuto e amato della volontà intelligente e libera. Nell’adesione del soggetto all’ordine oggettivo dell’essere, si mostra la profonda relazione tra ordine ideale e ordine reale. La moralità è il punto sopraelevato dal quale è possibile contemplare l’essere umano nella sua integralità. La forma morale conferisce ordine, misura e carattere a tutti gli aspetti e le dimensioni della persona nell’unità e nella totalità del suo essere e del suo agire. La definizione del dramma dell’uomo passa proprio attraverso la coscienza dello squilibrio esistenziale: l’uomo intuisce l’essere infinito nella forma ideale ma gli resta preclusa la percezione dell’Infinito sussistente. La condizione umana è segnata dal dissidio lacerante di due opposte tendenze che si contendono lo spazio: il desiderio dell’infinito e le possibilità concrete di realizzazione, sempre limitate e finite, di cui l’uomo dispone. Rosmini riconosce l’apertura costitutiva dell’intelligenza umana alla trascendenza: la ragione è in grado di conoscere che Dio è benché non possa sapere come egli sia. Alla via negativa si aggiunge una conoscenza positiva che solo la Rivelazione, storicamente avvenuta nella persona di Gesù Cristo, può dare all’uomo. Del resto l’aspirazione della persona ad amare ciò che conosce si compie solo nella prospettiva soprannaturale.
Nella seconda sezione del saggio, Grandis individua il significato teologico dell’amore e il suo fondamento cristologico e trinitario. Il mistero cristologico (cap. 3 A) è la rivelazione storica dell’amore; il dogma della Santissima Trinità (cap. 3 B) è il fonte dell’amore da cui trae origine l’opera salvifica di Dio che dischiude la prospettiva escatologica nella storia dell’umanità. A questo livello di indagine si può giustamente parlare di un’antropologia iconica. Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, e ha rivelato il suo amore attraverso il mistero dell’Incarnazione del Verbo, la kenosi e il kerygma della Morte e Resurrezione di Cristo. Con un atto estremo di donazione, Dio ha restituito all’umanità lo splendore dell’immagine divina offuscata dal peccato di Adamo. CoGme scrive San Paolo nella lettera ai Romani (Rm 8, 29), il credente è chiamato a conformarsi all’immagine del Figlio di Dio, primogenito tra molti fratelli, nel quale siamo stati creati e per mezzo del quale siamo stati giustificati e redenti. Nella storia della salvezza, il mistero dell’amore di Dio, Uno e Trino, si esplica nella creazione e nell’opera della redenzione. L’Agape si rivela nel sacrificio di Cristo, espressione della sua comunione di amore con il Padre. È certamente questo il tema ispiratore e conduttore del pensiero di Rosmini. La metafisica della carità, espressione con la quale si indica la prospettiva rosminiana nel suo complesso, sorge sul terreno della Rivelazione storico-salvifica di Cristo e riflette la natura comunionale di Dio, che è Padre, Figlio e Spirito Santo. L’essenza del messaggio cristiano è l’agape che contraddistingue la struttura dell’essere personale, immagine della Trinità: la forma intellettuale è legata all’essere ideale; la forma temporale o materiale all’essere reale; infine la forma spirituale è legata alla forma morale. Rilevando la centralità dell’agape, chiave di volta del pensiero rosminiano, Grandis osserva che la metafisica della carità (essere=amore) è solo il primo strato del sistema: «Su di esso prendono forma gli altri strati: una antropologia della carità (uomo=amore) e una teologia della carità (Dio=amore) e anche una cosiddetta sociologia della carità (società=amore). Il dato certo della rivelazione cristiana è l’affermazione Dio è amore (1 Gv 4, 8). Questa affermazione non ha solo un valore salvifico ma anche metafisico-antropologico-sociale. Se è così, non è infondato ipotizzare che qui sta il segreto e la chiave interpretativa del pensiero rosminiano ed anche la novità della strada che egli intendeva percorrere: ripensare razionalmente la dottrina dell’essere, l’antropologia e la vita sociale alla luce dell’evento cristiano, in modo particolare dell’evento cristologico, e non, come aveva fatto fino ad allora la scuola, inculturale l’evento cristiano con le categorie filosofiche di sistemi extrabiblici come quelli platonici e aristotelici» (p. 62). L’amore dunque si rivela nel mistero dell’Incarnazione, della Passione Morte e Resurrezione di Gesù Cristo.
Tali indicazioni sono contenute nell’antropologia rosminiana che è caratterizzata cristologicamente e trinitariamente. Anche la verità e l’autenticità del rapporto coniugale (cf. la nota 15, p. 372) risiede — come acutamente sottolinea Grandis — nell’agape divina, fonte e origine della relazione comunionale tra uomo e donna. In ultima analisi, la prospettiva delineata nel saggio svela il senso agapico dell’esistenza umana che si svolge nella storia e si compie nell’eschaton. Con ciò, Grandis indica una direzione fondamentale verso cui deve proseguire la riflessione sull’uomo.