Recensione a René Dausner, Christologie in messianischer Perspektive. Zur Bedeutung Jesu im Diskurs mit Emmanuel Levinas und Giorgio Agamben

René Dausner, Christologie in messianischer Perspektive. Zur Bedeutung Jesu im Diskurs mit Emmanuel Levinas und Giorgio Agamben, Verlag Ferdinand Schöningh, Paderborn 2016.

Il libro di René Dausner è una di quelle opere che, a buon diritto, trovano collocazione nel fecondo «crocevia» di idee che si forma quando filosofia e teologia si incontrano e diventano le parti attive di un serrato dialogo. L’oggetto del proficuo incontro dialogico è la questione decisiva che ha attraversato secoli di storia e costituisce ancora oggi la domanda cruciale per la cristologia contemporanea: chi è Gesù di Nazareth? La risposta riferita all’identità di Gesù come Dio-uomo si lega da sempre in modo inestricabile, e secondo modalità dibattute, alla dimensione soteriologica che vede Gesù come Messia. Muovendosi nella spaccatura aperta da questa risposta a doppio senso, l’audace studio di Dausner si concentra sulle eccedenze di significato del pensiero messianico, per arricchire la domanda su Gesù di nuove prospettive euristiche che abbiano rilevanza non solo per la teologia e il discorso cristologico contemporaneo, ma anche, in ambito filosofico, per la visione dell’uomo e della soggettività. Nella stessa complessa trama teologico-filosofica, Dausner intreccia sapientemente il messianesimo contemporaneo, declinato attraverso il pensiero di Emmanuel Levinas e di Giorgio Agamben, allo scopo di presentare un inedito concetto di cristologia della differenza, ossia una cristologia orientata messianicamente dove il tempo gioca il ruolo di primo piano. La dimensione temporale intesa messianicamente permette, secondo la proposta dell’autore, di cogliere quel surplus di significato che sempre permane quando si vuole rispondere alla domanda su Gesù riferendosi alle categorie di pensiero filosofiche e teologiche, o alla plurisecolare distinzione e sovrapposizione di Dio-uomo e Messia. Una terza dimensione, dischiusa dal pensiero messianico, fornisce a Dausner il fecondo terreno di riflessione sul significato di Gesù inteso come Messia oggi, che si traduce in uno studio sulla trasformazione della temporalità ad opera dell’elemento messianico e sugli effetti e le possibili implicazioni di tale trasformazione tanto sulla cristologia quanto sulla soggettività stessa.

Levinas e Agamben vengono scelti dall’autore quali interlocutori privilegiati di confronto sulla base del potenziale contributo che il pensiero messianico, elaborato da questi pensatori con modalità squisitamente filosofiche, può fornire alla teologia cristiana. Tuttavia non mancano nel libro le voci di altri autori, attivi tanto sul versante teologico quanto su quello filosofico. Tra questi, in particolare, va citata la rilevanza esercitata dalla fenomenologia di Bernhard Waldenfels per la costruzione della tesi stessa esposta da Dausner nel libro. Sotto la spinta del pensiero teologico e filosofico contemporaneo, e in particolare dell’approccio fenomenologico, la questione cristologica si apre a inediti percorsi interpretativi e la domanda «chi è Gesù?» slitta nella domanda «quale significato ha Gesù come Messia oggi»? Come Dausner evidenzia, la parola Bedeutung («significato») ha il grande vantaggio di essere aperta a più concetti. Sulla base di questa precisazione, l’autore scandisce il ritmo del libro secondo tre fondamentali dimensioni di senso della parola, interpretatio, significatio, admonitio, (interpretazione, importanza o significatività, chiamata o vocazione) che quindi determinano approssimativamente la suddivisione interna dello studio in tre parti.

La prima parte del libro, «Die christliche Jesusinterpretation und das Phänomen diastatischer Zeit», offre anzitutto una panoramica di riferimento sulla cristologia che guida il lettore, tanto l’esperto quanto il neofita dell’argomento teologico, nella complessità delle questioni cristologiche che si dipanano dalla domanda primordiale «chi è Gesù di Nazareth?» e che entrano in connessione con la dimensione soteriologica di Gesù. Il percorso di snoda attraverso la citazione di fonti che rimandano all’orizzonte storico-esegetico, biblico e teologico-dogmatico per offrire non solo una comprensione del significato di Gesù visto da una prospettiva odierna ma soprattutto per introdurre la nozione fondamentale del tempo. Secondo la proposta di Dausner, l’immagine del tempo veicolata nelle riflessioni cristologiche presentate può essere compresa, e arricchita da nuove sfumature interpretative, attraverso un approccio di tipo fenomenologico. In particolare, la «fenomenologia dell’estraneo» e la «logica responsiva» di Bernhard Waldenfels offrono all’autore le solide basi speculative per la formulazione di una cristologia della differenza, cioè una cristologia che ricerchi anzitutto il significato di Gesù nel suo fenomenologico apparire come Messia e che possa accogliere tra le sue fondamenta le intuizioni waldenfelsiane sulla matrice originariamente «diastatica» dell’esperienza. L’idea fondamentale secondo cui l’esperienza in quanto tale è sempre contrassegnata dal ritardo, dal differimento temporale e dalla differenza originaria con l’estraneo, può infatti trovare applicazione nella teologia e fornire un prezioso contributo per la comprensione del tempo – e, mutatis mutandis, dell’evento della rivelazione di Gesù come Messia – in quanto rottura, irruzione assoluta dell’estraneo, frattura della sincronia. L’intento della prima parte del libro è dunque quello di mostrare come, e in che misura, la fenomenologia della diastasi temporale possa essere rilevante per il discorso cristologico in esame.

La seconda parte del libro, «Messianisches Denken», è focalizzata sulla presentazione del fenomeno messianico secondo due prospettive fondamentali, come inversione dell’essere e come inversione del tempo, individuate da Dausner rispettivamente nel pensiero di Emmanuel Levinas e Giorgio Agamben. Nel primo capitolo, Dausner conduce per mano il lettore nel pensiero filosofico di Emmanuel Levinas operando un’accurata selezione di testi che possano fornire concetti e nozioni fondamentali per la costruzione di un discorso sul messianico come «inversione dell’essere». Il percorso presenta dapprima la centrale nozione di Dio-uomo che emerge dal testo della conferenza tenuta da Levinas nel 1968, intitolato Un Dieu Homme?, riconosciuto da Dausner come il testo fondamentale del pensiero levinasiano. A partire dall’idea della umiliazione divina viene infatti delineata una nuova immagine dell’essere e della coscienza, che segna la presa di distanza dalla filosofia dell’essere tout court. La fitta trama speculativa costituita da questa importante nozione, insieme a quella di infinito, indagata da Dausner nel testo Dieu et la philosophie, e di sostituzione, in Autrement qu’être, rimanda a una visione del messianico come irruzione assoluta della trascendenza nell’immanenza, che determina il tempo messianico come cesura e rottura, e che rende la soggettività estremamente passiva e infinitamente responsabile per l’altro. Questo può avere, secondo Dausner, delle importanti ricadute nella teologia cristiana e nella questione cristologica. Da qui la domanda: qual è la rilevanza del messianico in quanto «inversione dell’essere» per il mondo di oggi e per il significato di Gesù oggi?

Nel secondo capitolo, in serrato dialogo con il pensiero di Giorgio Agamben, viene analizzata la struttura temporale propria del messianico come «inversione del tempo». A questo scopo viene presentata, in una prima fase, la sintesi dei concetti di tempo nel mondo greco, cristiano e moderno, operata da Agamben nel suo saggio Tempo e Storia. Critica dell’istante e del continuo, e la nozione fondamentale di «tempo cairologico della storia autentica», che il pensatore italiano elabora sulla scorta delle intuizioni di Walter Benjamin sulla filosofia della storia. L’analisi in questione prepara il campo alla presentazione di una vera «teoria del tempo messianico» così come viene formulata da Agamben in stretto confronto con il corpus delle lettere paoline in Il tempo, che resta. Sulla base di tale teoria, secondo la quale per mezzo dell’os mé paolino si realizzerebbe una trasformazione qualitativa del tempo cronologico, lineare e continuo, in tempo messianico, contratto e discontinuo, Dausner rintraccia la figura del messianico nel pensiero di Agamben e solleva la domanda centrale di questo secondo capitolo: qual è la struttura temporale del messianico e qual è la rilevanza fondamentale del tempo messianico per la cristologia e la visione cristiana del mondo?

Nella terza e ultima parte del lavoro, «Herausforderungen des messianischen Denkens für die Christologie», Dausner si propone di rispondere alle domande cruciali poste in corso di indagine. Egli ripercorre le linee guida del pensiero messianico che tanto Levinas quanto Agamben hanno sviluppato confrontandosi con i mutamenti e gli eventi catastrofici del secolo scorso, e che entrambi hanno descritto attraverso un movimento di inversione, rispettivamente dall’autocoscienza alla vigilanza etica, dal tempo cronologico al tempo cairologico. L’intento di Dausner è quello di individuare le implicazioni e la significatività per il mondo odierno del pensiero messianico e della cristologia della differenza. L’autore raggruppa in cinque tesi fondamentali le possibili prospettive aperte dalla trasformazione messianica dell’esperienza e della soggettività, e dall’avvento di una vera e propria nuova «vocazione messianica», aprendo orizzonti di indagine che spaziano dal problema della soggettività alla nozione di corporeità di Gesù, dall’incarnazione di Dio al problema dell’ospitalità e dell’apertura all’alterità. Come lo stesso Dausner auspica, uno studio sull’interpretazione messianica di Gesù può fornire soprattutto uno stimolo di riflessione nel travagliato e complesso ambito del dialogo interreligioso, che costituisce una delle sfide più grandi per il pensiero filosofico e teologico odierno è chiamato a cogliere. Questo colloca il libro di Dausner in un altro complesso «crocevia» di orizzonti storico-teorico-religiosi. Intendiamo riferirci al sostanziale confronto che vede ebraismo e cristianesimo differenziarsi proprio intorno al cruciale nodo dell’interpretazione di Gesù di Nazareth come Messia.