Recensione a Daniele Vinci (a cura di), Il volto nel pensiero contemporaneo

Daniele Vinci (a cura di), Il volto nel pensiero contemporaneo, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2010.

Uno degli aspetti che segnano il trapasso dalla cultura moderna dell’idealismo tedesco alla cultura che, con molta cautela, potremmo definire «post-moderna»1 è l’affermarsi, nel panorama filosofico, della tematica del volto. Se la filosofia moderna, a partire da René Descartes, si è interrogata sul soggetto, e con Immanuel Kant la riflessione sul soggetto è diventata riflessione sul soggetto trascendentale, in alcuni filoni del pensiero post-moderno il soggetto umano assume le sembianze del volto.

Il volto è un aspetto che la cultura soggettivistica dell’Ottocento non riesce ad inquadrare nelle sue categorie filosofiche; esso fa esplodere dall’interno il solipsismo tipico della soggettività moderna: il volto umano infatti è sempre anche il volto dell’altro uomo, oltre che il mio, parlare di «volto» significa sempre parlare di una pluralità di volti contrariamente al «soggetto trascendentale», in cui il fuoco dell’analisi cade sicuramente su un soggetto, quello trascendentale appunto (ossia sui caratteri comuni ad ogni soggetto). Inoltre la cultura post-moderna abbandona consapevolmente (e forse potremmo dire anche «polemicamente») la «trascendentalità» del soggetto: il soggetto umano è, per il pensiero post-moderno, una persona incarnata nella storia e che deve parte della sua identità al momento storico in cui vive.2

Di recente è stato pubblicato un volume intitolato Il volto nel pensiero contemporaneo a cura di Daniele Vinci, uscito per l’editore «Il pozzo di Giacobbe». Esso fornisce un’ottima mappa topografica dei luoghi più importanti in cui si svolge la sfida del volto nel panorama contemporaneo. Esso si suddivide in cinque sezioni: la prima sezione fornisce un excursus storico-filosofico sull’etimologia del termine «volto», la seconda sezione contiene saggi di carattere teoretico sul tema del volto, la terza sezione è dedicata ad autori vari che hanno trattato la tematica del volto, la quarta e la quinta sezione affrontano la tematica del volto da punti di vista prospettici sempre diversi quali l’arte, Facebook, la chirurgia plastica, ecc.

In questa sede vogliamo tentare di cogliere uno dei possibili fili conduttori della lettura di questo testo. Non potendo rendere giustizia a tutti i saggi che sono presenti nel volume, ci limiteremo ad una selezione che ci permetta di fornire al lettore un quadro complessivo del volume.

Dicevamo sopra che il tema del volto è un tema tipico della post-modernità. Un autore che, nell’ambito del nostro discorso, funge da spartiacque fra la modernità e la post-modernità è Edmund Husserl. Il saggio di E. Baccarini3 su Husserl mostra come l’analisi fenomenologica di quest’ultimo segni la fine del solipsismo dell’analisi soggettivistica. Dal punto di vista fenomenologico infatti, il volto segna il limite entro il quale la filosofia soggettocentrica si muove, dal momento che il soggetto non può trattare l’altro uomo come un mero oggetto. Se infatti esiste un piano oggettuale del volto,4 esiste anche un piano del volto che «eccede i limiti e le condizioni dell’oggettività»5 e sono quegli aspetti legati all’identità ed all’umanità dell’altro uomo. In questa direzione si muove E. Levinas,6 il quale parte dalla fenomenologia husserliana per poi sviluppare una propria posizione filosofica originale: il soggetto umano è per Levinas innanzitutto volto. Il volto (vultus) designa non tanto i meri tratti fisiognomici della persona umana (facies), ma indica l’identità personale, unica ed irripetibile, di ogni singolo soggetto umano; un’identità che affonda le sue radici in prima istanza nella responsabilità etica di ogni uomo nei confronti del prossimo. È la mia responsabilità che costituisce la mia (e solo mia) identità. Per dirla con E. Levinas: sono sempre io che sono responsabile del prossimo, nessuno può sostituirmi nell’adempimento dei miei doveri nei confronti dell’altro. Ciò significa che il volto, cioè l’identità di ogni singolo soggetto umano, è costituito dalla vocazione etica umana e quindi dal rapporto che ogni soggetto intrattiene con il prossimo.

Un’estremizzazione di questo pensiero lo troviamo nel saggio di F. P. Ciglia7 dove, in dialogo con il «nuovo pensiero»,8 egli fa vedere come la costituzione dell’identità personale sia indiscutibilmente legata al rapporto con l’altro uomo. Fin dai primi giorni di vita il neonato intrattiene un costante rapporto di amore con la madre che contribuisce indubitabilmente alla costituzione dell’identità personale lungo tutto il suo percorso di crescita. In questo saggio emerge la tematica del linguaggio come aspetto fondamentale della comunicazione intersoggettiva: il volto di ogni singolo viene costituito e modificato dall’appello (An-sprache) del volto del prossimo, dal momento che la possibilità di questo appello, che crea una breccia nella monoliticità del soggetto egocentrico, è la condizione di possibilità della stessa relazione etica.

Nel «secolo breve», in seguito ai totalitarismi, alle due guerre mondiali, alla scoperta delle armi di distruzione di massa, ecc., la post-modernità sperimenta una vera e propria «decostruzione» del volto umano. Questo non avviene solamente ogniqualvolta il singolo individuo faccia esperienza della «totalità», di istituzioni violente, anonime e senza volto (quali possono essere le istituzioni pubbliche, la burocrazia, lo stato, ecc.), le quali non guardano negli occhi il singolo individuo ma, in nome del funzionamento del sistema, diventano violente nei suoi confronti. L’uomo post-moderno si trova ad affrontare delle sfide nuove ed inquietanti: non solo milioni di individui vengono messi duramente alla prova nel ventesimo secolo (si pensi alle violenze subite durante le due guerre mondiali), ma la stessa vocazione etica dell’uomo giunge ai suoi limiti, dove non solo il singolo prende coscienza, in modo dolorosissimo, dei propri limiti «fisiologici» nella lotta contro il male (cosa può fare il singolo soldato contro le armi di distruzioni di massa?), ma dove le sue stesse scelte etiche gli si ritorcono contro (si pensi ad esempio ai chiaroscuri, dal punto di vista morale, del progresso tecnologico). Eppure ciò non significa che bisogna abbandonare il campo di battaglia dell’etica: la decisione personale di singoli soggetti di sganciare le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, e le sue conseguenze, gridano un appello spaventoso alla responsabilità delle scelte personali e del commercio con le straordinarie possibilità offerte dalla tecnica. Per dirla con Daniele Vinci: punto di tensione, capro espiatorio della crisi della modernità, eppure forse unica ancora di salvezza dell’uomo post-moderno, «anche laddove ha conosciuto le sue più radicali negazioni, laddove le tenebre dell’eclissi si sono fatte più profonde, proprio allora il volto umano è stato capace di rivelare […] un indisponibile resto di umanità, l’infrangibilità di un senso che resta come misura e giudizio sugli uomini e sulla loro storia. »9

Tra le sfide più accattivanti, inquietanti ed attuali lanciate dalla tecnologia moderna rientrano la possibilità di crearsi una vera e propria identità personale (si pensi al fenomeno Facebook) oppure la possibilità di cancellare le tracce lasciate su di noi dal tempo (si pensi alla chirurgia estetica), permettendoci di portare una «maschera» dietro la quale nasconderci.10

Il volume in questione affronta dunque la tematica del volto da diverse angolazioni prospettiche. L’immagine di fondo del volto che ne risulta è quella di un volto smarrito nella selva di mille alberi, di un volto i cui tratti possono venire modificati e plasmati a proprio piacimento, fino alla possibilità di crearsi artificialmente un proprio volto e una propria identità. Eppure lo stesso volume contiene dei contributi in grado di fornire le risorse per una valutazione del tutto positiva del senso del volto, evidenziando come il volto sia e rimanga un’imprescindibile bussola per orientarsi nel complicato panorama delle enormi sfide della post-modernità.


  1. Per quanto riguarda il termine «post-moderno» si veda J.-F. Lyotard, La condition postmoderne. Rapport sur le savoir, Les Editions de Minuit, Paris 1979 (trad. it.: La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere, Feltrinelli, Milano 1981). ↩︎

  2. Un’opera di svolta in questo senso è Essere e Tempo di M. Heidegger (M. Heidegger, Sein und Zeit, in «Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung», X, 1927 e, in volume: Niemeyer, Halle, 1927; tr. it. Essere e tempo, Longanesi, Milano 1976) e soprattutto l’interpretazione che ne dà J. P. Sartre nel suo celeberrimo saggio L’esistenzialismo è un umanismo (J. P. Sartre, L’existentialisme est un humanisme, Nagel, Paris, 1946; tr. it. L’esistenzialismo è un umanismo, Mursia, Milano 1963). Alla tematica del volto nella filosofia di J. P. Sartre è dedicato il saggio Jean-Paul Sartre. Sguardo e visibilità inafferrabile della trascendenza di Gabriella Farina in Il volto…, op. cit., pp. 277-292. ↩︎

  3. E. Baccarini, La visibilità dell’invisibile, in Il volto…, op. cit., pp. 120-130. ↩︎

  4. Vedi ibidem, prima sezione del saggio intitolata Il volto «visto»: il piano dell’oggetto↩︎

  5. Ibidem, p. 124 (questa citazione si trova nella seconda sezione del saggio intitolata Il volto invisibile: il piano del soggetto). ↩︎

  6. Nel corso del volume Il volto…, op. cit. E. Levinas viene chiamato in causa più volte: non solo gli è dedicata ad esempio la terza sezione del saggio di E. Baccarini, ma anche un intero saggio intitolato Emmanuel Levinas. Visage, Alterità ed Infinito di Giuliano Sansonetti, in Il volto…, op. cit., pp. 293-309. ↩︎

  7. Vedi saggio di F.P. Ciglia, Animal habile ad (inter)loquendum. Sette tesi antropologiche, in dialogo con il «nuovo pensiero», in Il volto…, op. cit., pp. 84-102. ↩︎

  8. Ciglia dialoga soprattutto con autori quali F. Rosenzweig, E. Levinas e M. M. Olivetti. ↩︎

  9. Il volto…, op. cit., p. 10. ↩︎

  10. Si vedano a questo proposito il saggio di Pier Cesare Rivoltella Il volto sociale di Facebook. Rappresentazione e costruzione identitaria nella società estroflessa, in Il volto…, op. cit., pp. 504-518, e quello di Rossella Ghigi e Lucia Rodler Fisiognomica e chirurgia estetica. Le radici di un dilemma in Il volto…, op. cit., pp. 484-495. Il saggio di P. C. Rivoltella è tanto più interessante in quanto il fenomeno Facebook non viene visto in prima linea come la possibilità di «crearsi una propria identità» ma, andando contro questa interpretazione, per lo più diffusa, egli sottolinea in prima istanza l’aspetto comunicativo del fenomeno Facebook↩︎