AA.VV., Il medico di fronte al miracolo, San Paolo, Milano 2004, 76 pp., € 6,00.
Il volume raccoglie i contributi delle relazioni di quattro esperti in campo medico, filosofico, biblico e religioso, presentate al convegno dell’Associazione Medici Cattolici Italiani, che si è tenuto a Milano il 23 novembre 2002 sul tema: le guarigioni miracolose. Chiudono la pubblicazione due appendici: 1) La normativa vigente per il riconoscimento del miracolo: costituzione apostolica Divinus perfectionis Magister per la procedura nell’istruzione delle cause di canonizzazione; 2) Istruzione circa le preghiere per ottenere da Dio la guarigione della Congregazione per la Dottrina della Fede. Alla domanda se accadano veramente i miracoli si può rispondere solo se si è in grado di definire il miracolo con un certo grado di precisione. Ma è difficile che, per la sua natura, il miracolo possa mai essere del tutto chiarito e spiegato. Così, alla certezza indiscutibile che i miracoli avvengono si accompagna la massima incertezza riguardo la natura dell’evento miracoloso e del miracolo in generale. Pretendere una verifica scientifica di un fatto prodigioso può apparire una contraddizione. Per il credente è sufficiente ricordare che «nulla è impossibile a Dio», ma il medico, il teologo, il filosofo vorrebbero possedere un criterio per distinguere tra i fatti naturali e gli accadimenti miracolosi: un criterio per identificare il miracolo, non necessariamente per afferrarne la natura. Non è sufficiente che un fatto sia inspiegabile perché si possa annoverare tra i miracoli. Giorgio Lambertenghi Deliliers ricorda al lettore nell’introduzione che le guarigioni avvenute a Lourdes e classificate come inspiegabili dalla medicina sono state sino ad oggi circa 7. 000, ma solo 67 sono state accolte come miracoli dalla Consulta per le cause dei santi di Roma, secondo i criteri stabiliti dal cardinale Lambertini (che fu papa Benedetto XIV) nel secolo XVIII.
Gianfranco Ravasi affronta il tema del miracolo evangelico mettendo subito in chiaro che non è il miracolo che prova la fede, ma la fede che fa accettare il miracolo (Jean Simon) (p. 11). Il miracolo non è un atto di prestigio o di magia, infatti esso non genera la fede, ma è vero il contrario: la fede genera il miracolo. Il miracolo è per sua natura un intervento soprannaturale nel contesto degli eventi naturali e questo lo rende empiricamente sfuggente e non identificabile dallo storico. Ravasi riconosce esplicitamente che «la scienza e la storia non possono verificare il miracolo, ma eventualmente solo documentare un fatto abnorme» (p. 14). Il miracolo dunque è insieme innegabile e incomprensibile. Con i suoi miracoli Gesù agisce sia in discontinuità che in continuità con il contesto culturale del suo tempo. Gesù abolisce la logica della retribuzione e quindi non compie miracoli per vendicare o punire. In questo modo la sua figura si differenzia profondamente da quella di un mago. Il miracolo è simbolo e segno di salvezza e di amore, giacché Gesù non esibisce alcuna potenza compiendo i miracoli, ma si sforza di nasconderla.
Massimo Cacciari distingue tra il miracolo come evento straordinario, al di là di ogni spiegazione naturale, e il miracolo come segno che ha bisogno di essere interpretato. Tommaso d’Aquino coglie la differenza fondamentale tra mirabilia e miracula. Non ogni cosa che eccede l’ordine naturale è un miracolo, ma solo ciò che è segno divino perché rinvia a Dio come sua causa (p. 25). La filosofia dimostra la sua impotenza di fronte al miracolo mediante la sua riduzione alla dimensione del mirabile, cioè dell’inspiegabile. Ma il mirabile non è ancora il miracolo. La filosofia, avverte Cacciari, non esclude affatto il mirabile, ma nega che si possa giungere alla certezza assoluta che la causa dell’accadimento miracoloso è Dio. Bisogna quindi spostare l’attenzione dal miracolo al miracolato. Così il vero miracolo è la fede stessa: «I miracoli di Gesù sono tutti collegati, per cui sono tutti segno della fede perfetta del Figlio e di quella, se non perfetta, anelante alla perfezione, del miracolato» (p. 28).
Patrick Theillier, medico, riprende la distinzione tra i due aspetti del miracolo: il fatto a-normale, che deve essere oggetto di un’inchiesta medica approfondita, e il segno, che suggerisce l’intervento speciale di Dio e va sottoposto a un esame pastorale. Theillier interpreta le guarigioni miracolose come un ritorno all’ordine naturale della vita, esse si avvalgono delle forze vitali dell’organismo, in modo simile alle medicine alternative. Perciò il miracolo non contraddice e non viola le leggi della natura: «La guarigione soprannaturale non è altro che un fenomeno naturale, la cui velocità e ampiezza escono dalle regole abituali» (p. 37). Nel miracolo la vita sconfigge la morte.
Il cardinale Dionigi Tettamanzi sottolinea due aspetti fondamentali dell’attività del medico. Il primo riguarda la religiosità intrinseca all’operare del medico, «come dire che “curare i malati” è già annuncio del regno di Dio». Il secondo consiste nel fatto che il miracolo è in ogni caso un fatto eccezionale; infatti Gesù non ha guarito tutti i malati, «il “segno” del miracolo — inteso come liberazione da una malattia o, addirittura, dalla morte — di fatto, viene riservato solo ad alcuni» (p. 43). Inutile cedere alla mentalità miracolistica odierna, tanto più che il vero miracolo è la capacità di considerare il dolore e la malattia come la croce di Cristo, non il superamento a ogni costo dei limiti invalicabili imposti dalla condizione umana. D’altra parte il miracolo, quando accade, può essere riconosciuto solo nella fede. Il miracolo, espressione dell’intervento diretto di Dio che infrange i limiti della medicina, mette in rilievo e significa l’indisponibilità della vita umana, che non è nella mani del medico o del paziente, ma di Dio (pp. 47-48).