Recensione a Emilio Di Somma, Fides and Secularity. Beyond Charles Taylor’s Open Faith

Emilio Di Somma, Fides and Secularity. Beyond Charles Taylor’s Open Faith, foreword by Philip G. Ziegler, Pickwick Publications, Eugene, OR, 2018, pp. 223.

Il lavoro monografico di Emilio Di Somma rappresenta una brillante analisi del testo di Charles Taylor A Secular Age, nel quale l’autore propone una profonda narrazione storica dello sviluppo della modernità che viene ad essere descritto come un «fenomeno positivo», non nato dalla sola negazione del fenomeno religioso dell’età pre-moderna. Assieme a questa idea, Taylor propone in maniera molto acuta il recupero della trascendenza, inteso come fenomeno spirituale, attraverso modi e usi sempre più compatibili con la moderna laicità. Il pensiero filosofico e teologico non è nuovo a tentativi di riconciliazione tra fede e mondo laico. Hegel, Bultmann, Bonhoeffer sono solo alcuni degli autori che hanno concettualizzato questa imponente sintesi. Taylor può essere certamente annoverato tra loro, anche se, come Di Somma spiega, la proposta del filosofo canadese fallisce perché finisce con il proporre e il riaffermare l’opposizione radicale e la differenza tra religione e laicità. Proprio questi due fenomeni, religione e laicità, vengono inseriti da Taylor all’interno di una dialettica storica e fortemente hegeliana, dove la laicità moderna rappresenta l’antitesi per il fenomeno religioso pre-moderno. L’open faith, la fede aperta, ovvero il recupero della trascendenza, viene invece a costituire nella narrazione proposta da Taylor la sintesi che deve risolvere il conflitto tra la coppia dicotomica «religione/laicità».

Il libro di Di Somma, insieme al saggio Is there an objective Spirit di Vincent Descombes, dimostra di essere uno studio serio e fondamentale perché evidenzia il peso del debito filosofico che Taylor ha nei confronti di Hegel. Di Somma condivide l’analisi di Descombes ma va oltre perché concepisce tutta la filosofia di Taylor come un grande adattamento della filosofia del Drago di Jena agli studi storici e sociologici. Infatti, è proprio attraverso l’uso di categorie hegeliane che Taylor mira ad ottenere la tanto desiderata sintesi tra religione e laicità. Nel terzo capitolo, dedicato all’approccio hegeliano e post-hegeliano (con una notevole attenzione alla riflessione di Benedetto Croce e di Ernesto de Martino), Di Somma scorge nel concetto tayloriano di «immaginario sociale» una somiglianza con quello hegeliano di eticità (Sittlichkeit). Taylor descrive l’“immaginario sociale» come una struttura epistemica attraverso la quale il singolo l’individuo è capace di interpretare le sue relazioni sociali e di inscriverle all’interno del proprio vissuto quotidiano. Non si tratta dunque di una semplice struttura razionale, ma di un apparato socio-normativo che permette al singolo di ottenere un orizzonte di senso di come le cose dovrebbero funzionare a livello sociale e morale. In questo senso l’“immaginario sociale» viene a creare un vero e proprio senso strutturale intorno a quelle pratiche che sono socialmente accettabili e a quelle che non lo sono, in un modo si fattuale che normativo. Allo stesso modo in Hegel l’eticità, a differenza della moralità (Moralität) che è fondata nell’individuo in quanto volontà razionale, rappresenta l’insieme dei doveri e delle norme che l’individuo possiede in virtù della sua appartenenza alla comunità (Gemeinde). Per Taylor, così come per Hegel, l’l’umanità raggiunge l’auto-compimento morale nel momento in cui raggiunge un grado superiore di eticità. Quando pensiamo al concetto di «persona» o di «essere umano», noi possiamo soltanto pensare a quel complesso di relazioni culturali, sociali e morali che contribuiscono nel loro insieme a plasmare l’identità individuale. Siamo esseri umani solo in quanto appartenenti ad una comunità culturale. Questo processo è per sua natura dialettico. Tutta la storia umana è considerata da Taylor come un grande movimento dialettico, privato della sua componente onto-teo-logica, in cui vige un determinato standard morale, che viene utilizzato come metro di paragone, e in questo processo assistiamo prima a una sua inadeguata applicazione nel contesto storico-sociale al quale segue il continuo tentativo di realizzare quello stesso standard in forme sempre più perfette e superiori. In A Secular Age, questo standard morale universale viene identificato da Taylor in una fondamentale «idea del bene», presente nell’animo umano, che si realizza nei vari e plurali contesti storici attraverso il raggiungimento di uno stato e di un senso di pienezza, che solo nelle nostre vite trova la sua espressione e il vissuto più puro. Per Di Somma queste sono le premesse per interpretare A Secular Age come una grande narrazione dialettica in cui la cristianità, o meglio l’epoca cristiana, organizzata dall’«immaginario sociale» della trascendenza, trova la sua espressione solo nella forma religiosa. In questo movimento dialettico la cristianità rappresenta il momento della tesi, un fenomeno coerente e consistente che ha mantenuto la pace e la stabilità sociale, ha permesso il mantenimento di un «senso di pienezza» attraverso gli immaginari sociali strutturati attorno alla figura di Dio, alle leggi divine e al mondo incantato della superstizione e degli spiriti. Eppure la cristianità determina se stessa, si auto-sviluppa e si rafforza attraverso istituzioni e linguaggi che sono conformi ad essa, arrivando a rigettare ogni possibile alternativa che possa minacciare la propria identità stabile. La modernità, la laicità moderna, rappresenta invece, come detto sopra, il momento negativo, l’opposizione, l’antitesi alla cristianità. Rispetto alla religione, la società moderna è organizzata attorno a «immaginari sociali» che non sono trascendenti ma immanenti. Questo fa dell’epoca moderna, secondo Taylor, un fenomeno straordinario, un’epoca senza precedenti. Nel suo carattere di negazione della tesi, la modernità nasce nel momento in cui l’immaginario sociale dell’epoca cristiana era entrato in crisi, spaccandosi nelle sue interne contraddizioni. La conseguenza più manifesta è data dal caos scatenato dalle guerre di religione, si pensi alla guerra dei trent’anni, che ha poi condotto alla negazione in toto del fenomeno religioso, forzando le autorità e le strutture europee del tempo a cercare le forme della propria legittimità in altre fonti, stavolta immanenti e al di fuori del campo di influenza delle autorità religiose. In questo fenomeno sta la genesi della modernità.

Per Taylor dunque solo il raggiungimento di una finale sintesi storica tra religione e laicità può porre fine a questo processo di opposizione. In questa sintesi il trascendente, tipico del mondo e del pensiero religioso, deve essere armonizzato con l’immanenza del mondo laico, in nuove e concrete forme che garantiscono la concordia sociale e la pace. Dall’unità degli opposti, parafrasando Eraclito, nasce l’armonia. La trascendenza e la spiritualità devono essere così recuperate attraverso nuove forme e nuovi modi che non vanno però ad escludere il momento negativo. In tal senso, come acutamente dimostra Di Somma, oggi, la ricerca del nostro «senso di pienezza» deve pertanto riabbracciare il fenomeno religioso secondo nuove forme compatibili con la laicità moderna, così da raggiungere lo stato di «fede aperta» auspicato da Taylor. Per Di Somma, però, la dialettica hegeliana, che secondo Taylor va applicata agli studi sociologici, impedisce così al filosofo di concepire la modernità come un evento positivo e assolutamente creativo. Assolutizzando la realtà al movimento dialettico, Taylor arriva da un lato a ridurre le varie crisi a momenti transitori, contraddizioni dell’unico processo logico della realtà, dall’altro a concepire la storia attraverso un rigido determinismo caratterizzato da categorie logiche a priori, che operano fuori di essa. Eppure per l’analisi di Emilio Di Somma non vuole affatto disdegnare il lavoro di Charles Taylor, che rappresenta, nonostante i suoi limiti, una pregevole narrazione storica circa la genesi della modernità. Questo lavoro rappresenta dunque non solo un acuto e illuminante studio sul pensiero di Taylor, ma anche un fondamentale colpo d’occhio sulla storia degli effetti del pensiero hegeliano nel nostro tempo.