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Recensione ad Alfredo Simón (curatore), Conoscenza ed affectus in Anselmo d'Aosta

di Paolo Trianni (20 dicembre 2015)

Alfredo Simón (curatore), Conoscenza ed affectus in Anselmo d'Aosta. Atti del Simposio Internazionale in occasione del 900° anniversario della morte di S. Anselmo d'Aosta, Pontificio Ateneo S. Anselmo, Roma 2014, pp. 511.

«Capire un poco» la verità di Dio e «credere per comprendere», è stato questo il motto della vita intellettuale di Anselmo d'Aosta. Figlio illustre della famiglia benedettina, si ha talvolta l'impressione che questo filosofo e teologo, nato ad Aosta nel 1033 e morto nel 1109 dopo essere stata nominato arcivescovo di Canterbury, venga sottovalutato o comunque non valorizzato in proporzione adeguata alla sua importanza all'interno del pensiero cristiano.

Anche per questo motivo è da salutare con entusiasmo il convegno organizzato dalla Facoltà di Filosofia del Pontificio Ateneo Sant'Anselmo di Roma nei giorni 21 e 22 aprile 2009. Il simposio, infatti, restituisce il genio intellettuale di Anselmo attraverso una coralità di contribuiti -- 27 con la presentazione -- che non soltanto fanno chiarezza sul suo pensiero filosofico, ma lo tolgono da quell'angolo di minorità o trascuratezza che, come si diceva, sembra patire negli ultimi anni. Ciò può essere affermato anche se Karl Barth, nel corso del Novecento, ha riportato una certa attenzione sulla sua speculazione -- della quale faceva una riduzione interpretativa prettamente teologica ritenendola intellectus fidei -- e vari filosofi moderni, da Kant a Russel, abbiano alternativamente contestato o condiviso le sue prove a priori (Proslogion) e a posteriori (Monologion) dell'esistenza di Dio.

Agli atti di questo Simposio internazionale hanno contributo -- volendo riportare almeno i nomi degli autori e i titoli dei capitoli visto che fare una sintesi di ciascuno di essi è oggettivamente impossibile -- , P. Engelbert (Die monastiche Welt Anselms von Canterbury. Ein Versuch), N. Albanese («La scienza di chi ha esperienza». Studio sulla forma anselmiana del pensare credente), F. Asti (Domine, fac precor me gustare per amorem quod gusto per cognitionem. Una cognitio experimentalis Dei in S. Anselmo d'Aosta?), P. Gilbert (L'affectio in Anselmo d'Aosta), A. De Santis (Considerazioni circa struttura e pathos del Proslogion), A. Staglianò (Preghiera e argomentazione filosofica nel Proslogion di Anselmo d'Aosta), C. -M. HwangBo (Appetitus e la sua determinazione attraverso la ragione nello svolgimento della metodica della sola ratione nel Monologion), C. Krause (Veritas nullius. Das anti-idolatrische Potential des theonomen Wahrheitsbegriffes bei Anselm von Canterbury), M. Zupi (Dialettica tra concezione rappresentativa, concezione etica, fondamento ontologico e anteriorità mistica della verità nel De veritate di Anselmo d'Aosta), E. Salmann (La svolta come processo e perno del pensiero), E -- López-Tello García (La Meditatio redemptionis humanae: Metafora e realtà), T. Hanke (Redenzione e razionalità: Tracce di un parallelismo strutturale nelle soteriologie di S. Anselmo ed Immanuel Kant), R. Nardin (Teologia ed esperienza spirituale in Anselmo d'Aosta), A. Simón (Fides quaerens intellectum et affectum: Le orazioni anselmiane), M. Pfeifer (Dall'ars dictandi anselmiana all'ars praedicandi cistercense), M. L. Pulido (San Buenaventura, lectura franciscana del affectus anselmiano), M. Dell'Omo (Pregare tra affectus e pentimento: Dai libelli precum carolingi alle orationes di Anselmo d'Aosta), B. S. Zorzi (Affetto, conoscenza e volontà da Agostino ad Anselmo: il De causa diaboli), L. Natali (L'arte del «desiderare»: Esperienza trasfigurante in RB e trasparenza di un'umanità accolta nelle Epistole anselmiane), P. E. Gómez (Secunda clavis thesauri Anselmi. Filosofía, mística y método en Anselmo de Canterbury), F. Santi (Anselmo d'Aosta e l'invenzione del romanzo), E. C. Rava (Discrezione ed amicizia. Sant'Agostino, guida spirituale), M. Zoppi (La dignità dell'uomo e della donna in Anselmo d'Aosta), O. Gérardin (Inciter au désir du Royaume éternel: Etude sur la lettre 112 de Saint Anselme), L. Posadas (El lenguaje «afectivo-ontológico» de Anselmo de Canterbury come posibilidad de la irrupción del Otro/otro. Epístolas 232 y 245), V. Lacerda (Dialética afetivo-intelectual em Anselmo de Aosta: Intuição de uma possível relação em trechos das cartas e do Proslogion).

I numerosi relatori del Convegno avevano dunque una provenienza geografica ed accademica differente, e diversi contributi sono stati pubblicati in lingua originale: spagnolo, francese, portoghese, tedesco. Ciò rende difficoltosa la fruizione del libro, ma riflette anche il senso e la prospettiva del simposio, che mirava a presentare Anselmo come filosofo e teologo universale e a promuoverne e a diffonderne l'angolatura di pensiero in maniera estesa e poliglotta.

Il tema di fondo dell'incontro, come precisa il curatore del volume A. Simón, «è stato realizzare un'indagine nelle opere di Anselmo sul rapporto tra i due elementi chiave dell'evolversi del suo pensiero come sono il desiderio e la conoscenza» (9). La tensione tra conoscenza -- ma Anselmo faceva una netta distinzione tra il conoscere l'esistenza di Dio e il conoscerne la natura -- e il desiderio inteso come ricerca ascetica e spirituale del divino, sono effettivamente i due poli riassuntivi dell'opera anselmiana.

Nel fare necessariamente una sintesi riduttiva e parziale degli interventi contenuti nell'ampio volume, è possibile distinguere ciò che i vari capitoli hanno da dire sulla conoscenza di Dio in Anselmo da quelli che trattano maggiormente dell'affectus.

Per quanto riguarda il «conoscere», vari contributi sono stati ovviamente dedicati al Proslogion e all'argomento ontologico. Staglianò ne riassume il contenuto con un'espressione sintetizzante: «Credendo si comprende, occorre anche crederlo. Tuttavia comprendendo ciò che si crede, l'intellectus fidei sprigiona una possibile comprensione di alcuni dati della fede, la cui comunicabilità non appella più alla fede (o soltanto ad essa), ma anche, e di più, alla ragione soltanto, tant'è che la ragione coinvolta in questo procedimento conoscitivo solo autocontraddittoriamente (cioè snaturandosi) può rifiutare l'evidenza del suo risultato: «esiste ciò che è creduto»» (136).

De Santis, concentrandosi sempre sul Proslogion, si è soffermato «sulla forma e sul modo in cui Anselmo nella sua opera mette in scena non solo l'incontro fra Dio e il pensiero, ma anche se stesso come soggetto attivamente pensante che patisce il processo del proprio pensare» (103). In particolare, questo autore, mette in evidenza alcuni aspetti del metodo anselmiano e la sua modernità: «Il Prosologion si apre dunque con la confessione dell'inadeguatezza del metodo del Monologion, da cui deriva anche l'inadeguatezza dei suoi risultati. È da rilevare a questo proposito che in fondo i risultati di per sé non contano, conta la forma, il metodo, la via che si percorre per giungere a Dio con il pensiero. Questo è un elemento di grande modernità, che prelude alla concezione inaugurata da Cartesio con il Discorso sul metodo» (104).

Albanesi analizza quello che chiama il «pensare credente» di Anselmo. Soffermandosi su questa specifica aggettivazione, infatti, afferma che «L'espressione «experientis scientia», contenuta nel Capitolo I dell'Epistola de Incarnatione Verbi, può costituire il leit-motiv di un percorso di ricerca dentro il corpus degli scritti di S. Anselmo, volto a evidenziare l'unità tra riflessione teorica e slancio affettivo-vitale che caratterizza la forma del suo pensare credente» (37).

Zupi allarga la prospettiva e prende invece in esame il De Veritate indagandone la forma e il contenuto. Per quanto riguarda la prima gli attribuisce una metodologia che egli definisce «dialettico-contemplativa» in quanto contrassegnata da «uno sguardo dall'alto che tutto domina» (204). In relazione al secondo, afferma che «la concezione etica della verità sostenuta da Anselmo ha un fondamento ontologico -- il debere riflettendo la condizione di dipendenza propria delle creature -- e un'anteriorità mistica, ovvero un fondamento infondato, una res amissa quale fondamento -- essendo Dio, l'assente non tematizzabile, la condizione di possibilità è la fonte di ogni debere» (205).

Anche Benedetta Zorzi affronta un trattato diverso dal «soliloquio» e dal «colloquio», perché analizza il De casu diaboli. Il suo commento è in verità, però, un confronto serrato con il concetto di volontà agostiniano rispetto al quale ne sottolinea sia l'eredità che l'innovazione nel trattato dell'abate benedettino.

Salmann nota invece come «Tutte le opere di S. Anselmo conoscono un punto critico, un momento di crisi e di svolta» (207). Analizza quindi questa «svolta» -- che egli definisce riflessivo-trascendentale e affettivo-drammatica -- , in vari testi anselmiani.

Nardin prende in esame la teologia e l'esperienza spirituale di Anselmo soffermandosi sul Cur Deus homo come forma teologica paradossale e come modello di teologia anselmiana. Egli considera questo trattato il «momento più compiuto e maturo» della speculazione del monaco di Bec. In tale testo, che contiene quella «teoria della soddisfazione» che tanto ha segnato la storia della teologia, la forma riflessiva e la tonalità espressiva risultano appunto paradossali, secondo lo studioso, perché «intende affrontare la propria ricerca teologica prescindendo completamente da Cristo e dalla rivelazione cristiana» (273).

Passando alla seconda area tematica, per quanto riguarda il «desiderio», P. Gilbert, dell'Università Gregoriana, puntualizza che «Il termine affectio non si presenta nell'opera di Anselmo prima del suo ultimo testo, il De concordia praescientiae et praedestinationis et gratiae Dei cum libero arbitrio» (89). Il pensatore gesuita, nel tentativo di fare chiarezza sulla questione, svolge in primo luogo un importante lavoro di indagine lessicale sul significato del termine nell'epoca di Anselmo, ed utilizzando i quattro volumi della Concordanza di Evans (A Concordance of the Work of St. Anselm), sottolinea che il lemma è in verità poco utilizzato dal monaco di Aosta ed ha un significato sia attivo -- nel senso di volontà, decisione -- che passivo. La riflessione di Gilbert, attingendo anche ad altri studi, mette in evidenza, potremmo dire, la grande attualità del pensiero dell'arcivescovo su questo tema. Nella riflessione anselmiana sull'affectio, infatti, egli riscontra un abbozzo dell'habitus di Tommaso d'Aquino e ritiene comunque che la prospettiva abbia avuto degli sviluppi nell'attenzione della filosofia contemporanea sull'affezione, come dimostrerebbe il neo-aristotelismo di M. Nussbaum o la fenomenologia di M. Henry. Al riguardo Gilbert mette appunto in evidenza come la fenomenologia contemporanea possa rinnovare la comprensione del testo anselmiano. Il filosofo belga, infatti, richiamando le Lezioni sulla sintesi passiva di Husserl, afferma che Anselmo, più di quest'ultimo, insiste «sull'aspetto inizialmente attivo dell'affectio, anche se riconosce come lui l'importanza della coscienza che fa passare lo strumento da una possibilità all'effettività» (101). Sebbene non lo si possa approfondire, Gilbert, in sostanza, attualizza le riflessione sull'affectus di Anselmo riconducendola alla speculazione moderna sulla fenomenologia della coscienza.

Il contributo di Simón, a prescindere dalla presentazione introduttiva generale, si sofferma su una dimensione della ricerca anselmiana che pochi studiosi hanno messo in risalto, ovverosia che esso non è solo un fides quaerens intellectum, ma anche, e forse ancor di più, un fides quaerens affectum. Il filosofo spagnolo, per giustificare questa tesi, riporta direttamente una meditazione di Anselmo: «fammi gustare con l'amore ciò che gusto con la conoscenza. Che io provi nell'affetto ciò che provo nell'intelligenza» (cfr. 285). Simón conclude il suo contributo avvicinando l'abate aostano ai pensatori contemporanei che parlano di una razionalità sentita ed emozionale, sottolineando che essi possono «aiutarci a capire Anselmo e altri autori medioevali, per i quali il pensiero puro non è scollegato dalla esperienza affettiva» (293).

Michaela Pfeifer, facendo anche un confronto con l'ars dictandi anselmiana e l'ars praedicandi cistercense, rimane sul tematica della tensione fra conoscenza ed affectus allargando la prospettiva attraverso una comparazione con Aelredo di Rievaulx e Guerrico d'Igny.

Pulido si sofferma pure lui sull'affectus, ma dandone una lettura francescana e facendo dei collegamenti con san Bonaventura (cfr. 319).

Dell'Omo affronta invece il tema dell'affectus prendendo in esame le orationes di Anselmo in rapporto ai libelli precum carolingi.

Fa invece una lettura dell'affectus anselmiano prettamente all'insegna della teologia spirituale Francesco Asti, il quale sottolinea che «L'unità del pensare e del pregare è il fondamento della teologia di S. Anselmo» (85). Asti dà anzi una precisa collocazione alla ricerca spirituale del monaco di Bec, e sulla base della convinzione che non vi può essere vera teologia, se non vi è profonda esperienza di Dio, sostiene che Anselmo «si situa in questa profonda tradizione cristiana» (86).

Anche Laura Natali, infine, si sofferma sull'affectus, che lei rinomina «arte del desiderare», proiettandolo sullo sfondo della Regula Benedicti. La studiosa benedettina, infatti, associa la capacità desiderativa alla stabilitas di una ricerca infinita (cfr. 364).

In un volume collettaneo come questo non è possibile, in conclusione, privilegiare una chiave di lettura o una comprensione di Anselmo a discapito di altre. Il valore del libro, del resto, si riassume proprio nella sua coralità che raccoglie voci e interpretazioni molteplici, talvolta anche in disaccordo tra loro. È proprio questa, però, la ricchezza principale della pubblicazione, il cui obiettivo era rifocalizzare l'attenzione filosofica sul pensiero di Anselmo, senza darne precomprensione o interpretazioni privilegiate. I suoi molti capitoli, coprendo un ampio ventaglio di tematiche, pur senza dare una rappresentazione organica della filosofia anselmiana, ne restituiscono la fecondità, la profondità e l'attualità.

In considerazione di ciò, gli atti del Simposio organizzato dal Pontificio Ateneo Sant'Anselmo rappresentano e sono destinati a diventare uno strumento fondamentale per tutti coloro che vorranno studiare questo protagonista assoluto del pensiero cristiano.

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