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Recensione a Manfredi Lanza, Scritti vari su Lanza del Vasto

di Paolo Trianni (2 ottobre 2012)

Manfredi Lanza, Scritti vari su Lanza del Vasto, il Fiorino, Modena 2012, pp. 252.

Lanza del Vasto è stato anche un teologo, benché non sia stato «soltanto» un teologo. Se la sua figura, infatti, è essenzialmente legata al pensiero teologico nella misura in cui ha riletto la nonviolenza gandhiana attraverso vari commenti esegetici alla Bibbia -- in particolare la Genesi, l'Apocalisse e i passi che trattano la categoria escatologica del Regno di Dio -- , egli è parimenti ricordato come poeta, filosofo e come maestro di spiritualità. Non c'è dubbio, da questo punto di vista, che, in virtù appunto delle varie pubblicazioni e delle molteplici iniziative di cui è stato protagonista -- da quelle culturali all'impegno civile -- , Lanza del Vasto sia da considerarsi un personaggio non minoritario nel panorama culturale del Novecento. Giustamente, quindi, alcuni convegni universitari degli ultimi anni, specialmente in coincidenza con il trentennale della morte, che ricorreva nel 2011, ne hanno ricordato gli scritti e l'opera. È doveroso menzionare, a questo riguardo, se non altro per il numero di interventi accolti, i recenti incontri svolti nelle Università di Pisa e di Roma Tor Vergata, ma anche quelli che si sono succeduti negli ultimi anni.1 Pertanto, è esattamente in tale orizzonte di rinnovato interesse verso questo filosofo, teologo e nonviolento cristiano che si deve collocare l'ultimo saggio del nipote carnale di Lanza del Vasto, Manfredi Lanza: Scritti vari su Lanza del Vasto, pubblicato per il Fiorino di Modena nel 2012. Possiamo già anticipare, al riguardo, che il saggio in questione risulta di importanza strategica per la conoscenza dell'opera e della vita di questo intellettuale italiano che ha però trascorso gran parte della sua vita in Francia. L'autore, infatti, essendo, come si diceva, parente diretto di Lanza del Vasto, riporta nel volume fonti e notizie, altrimenti irreperibili, dalle quali in futuro gli studi successivi non potranno prescindere. Manfredi, in particolare, studioso serio laureato in lettere e filosofia all'Università di Bologna, si dimostra accurato e preciso soprattutto nelle sue ricostruzioni storiche. Questi, del resto, essendo anche il curatore delle lettere giovanili e della traduzione italiana del diario del celebre zio, è sicuramente, almeno per la parte storica, il più grande esperto italiano di Lanza del Vasto.2 A prescindere dalla sua accuratezza storico-biografica, comunque, sono parimenti degne di nota anche talune incursioni nel mondo della filosofia, della pittura e delle considerazioni teologico-filosofiche lanziane.

La pubblicazione, in ogni caso, cercando di darne una presentazione generale, si presenta come una raccolta di 17 testi diversi sia per la forma che per il contenuto, che svolgono, sostanzialmente, un approfondimento storico e teologico. Sotto questo specifico aspetto, il saggio è inevitabilmente privo di una vera organicità. Tuttavia la composizione dei vari articoli è ben fatta, e risponde ad una studiata logica che dà alla pubblicazione, nonostante appunto la poliedricità dei temi toccati, una chiara ed immediata coerenza interna. Inesorabilmente, però, l'accostamento di articoli alquanto diseguali sia per argomento che per valore scientifico, rimane un limite oggettivo del saggio, sebbene sia questa una penalizzazione pregiudiziale comune a tutte le pubblicazioni compilative di questo tipo. A prescindere da ciò, il testo di Manfredi raccoglie intorno al soggetto di Lanza del Vasto -- o della comunità da lui fondata: l'Arca -- argomenti molteplici mai presi in esame, come si diceva, in altri studi o ricerche precedenti.

È doveroso, a questo riguardo, fare una veloce rassegna degli interventi elencati nell'indice. Il primo, già pubblicato dall'autore in «Archivio Storico pugliese» dal titolo «Esperienza umana, culturale, religiosa di un cristiano fuori norma: Lanza del Vasto (1901-1981) » è senza alcun dubbio il miglior e più accurato articolo storico in commercio su Lanza del Vasto e la sua famiglia. Il secondo, frutto di un intervento orale pronunciato nel 2004 a San Vito dei Normanni, città natale del nonviolento gandhiano, prosegue l'indagine storica sul pensatore italiano concentrandola soprattutto sugli anni giovanili e arricchendola con un ulteriore saggio -- assolutamente prezioso -- , sulle «fonti libresche del pensiero di Lanza del Vasto». Attraverso i testi citati in questo contributo, diviene dunque effettivamente possibile farsi un quadro abbastanza preciso di quali siano stati gli studi e le letture all'origine della riflessione teologico-religiosa lanziana. A seguire, il libro propone un articolo, corredato di numerose foto e disegni, intorno all'iconografia di e su Lanza del Vasto. Il successivo si occupa invece del fratello di lui Lorenzo Ercole. Introducendo la sua figura, annota Manfredi che «Non è privo di utilità, in relazione alle indagini che da alcuni anni vengono intensificandosi nel nostro paese attorno alla figura di Lanza del Vasto, gettare una qualche maggiore luce su quella dell'assai meno noto suo fratello Lorenzo Ercole» (p. 87). Manfredi, dopo aver riportato varie annotazioni, lettere e documenti di diverso tipo della famiglia Lanza di Trabia -- cognome originario di Lanza del Vasto -- prende poi in esame, con due interventi successivi, la comunità dell'Arca, la cui regola e il cui stile di vita, come si accennava, sono il prodotto di una rilettura teologica dell'ashram gandhiano. Entrambi questi articoli, sebbene dal taglio essenzialmente storico, sono infarciti da considerazioni e contestualizzazioni che tentano di svolgere una sorta di bilancio critico sulla vicenda comunitaria dell'Arca. Dette considerazioni, sono appunto importanti in quanto scritte da una persona che, come Manfredi, ha conosciuto direttamente e dall'interno la realtà del summenzionato movimento comunitario nonviolento, sia in Italia che in Francia. A seguire, dopo questi due contributi, il saggio si sofferma invece esplicitamente sul pensiero teologico e filosofico di Lanza del Vasto, non senza inframmezzarlo, però, da un richiamo all'espressionismo spiritualista del pittore Giovanni Costetti, che fu grande amico di Lanza, soprattutto durante gli anni universitari trascorsi tra Firenze e Pisa.

È su questa sezione maggiormente teorica e concettuale che ci sembra opportuno fermare l'attenzione, anche per criticare le talvolta pungenti critiche di Manfredi a saggi e posizioni sostenute da vari autori in alcuni saggi usciti negli ultimi anni. Prima di volgere a tale analisi, però, va detto che Manfredi, cercando di individuare le fonti remote del pensiero lanziano, svolge un'annotazione che non è possibile non condividere: «Lo scarsissimo e persino ingannevole pedaggio che Lanza del Vasto paga nei suoi scritti agli autori che lo hanno preceduto e che hanno influito in misura rilevante sulla formazione del suo pensiero fa sì che anche il lettore attento possa non avvertire determinate dipendenze o, quanto meno, legami culturali che è invece utile cogliere per inquadrare adeguatamente il suo insegnamento» (p. 142). È questa la prima considerazione di un articolo che ha per titolo: «Fondamenti rousseauiani della filosofia di Lanza del Vasto», nel quale Manfredi cerca per l'appunto di mettere in risalto come, al di là di talune prese di distanza dello stesso pensatore italiano da Rousseau, vi siano invece tra i rispettivi pensieri profonde similitudini. Va sottolineato, al riguardo, che questo accostamento è un'indubbia originalità di Manfredi, al quale va riconosciuto -- ed è il caso dell'articolo contenuto nel capitolo successivo dedicato alle «Conversioni di Lanza del Vasto» -- , l'altro grande merito di aver scoperto per primo che non è in verità possibile attribuire a san Tommaso la frase del De Trinitate a cui lo stesso Lanza attribuisce la propria conversione al cristianesimo. Se questi, infatti, ha ripetutamente confessato di essersi volto alla fede trinitaria dopo aver letto l'espressione: «Deus est relatio non autem relativa quia non mutabilis», in quanto speculare alla filosofia della relazione che egli andava elaborando in quel periodo, Manfredi ha invece dimostrato l'errore o la superficialità di Lanza del Vasto nell'attribuire a Tommaso il suddetto passo: «Anzitutto va detto che san Tommaso d'Aquino non ha mai scritto un'opera che si intitoli ufficialmente De Trinitate. Ufficiosamente e nelle cerchie dei ricercatori tale designazione viene usata con riferimento ai libri dal 2º al 6º della Summa contra gentiles, ma in essi non si trova traccia della sentenza versificata di cui sopra. Né se ne trova in alcun altro scritto del grande teologo» (p. 147). Infine il saggio di Manfredi si conclude sostanzialmente con una lunga e quanto mai opportuna «Rassegna ragionata delle opere a stampa in francese e italiano di e su Lanza dal Vasto dal 1923 al 2011», anche se ad essa fa seguito una nuova riflessione sull'Arca in rapporto al Vaticano II ed un commento dedicato alla contestazione di taluni accostamenti avanzati negli anni passati tra la teologia lanziana e l'henologia greca. Se il primo dei due articoli menzionati, è la più completa presentazione espositiva delle pubblicazioni di Lanza del Vasto leggibile in italiano, i due capitoli ricordati che la seguono sono invece troppo brevi e troppo poco specialistici per rendere conto delle complessità che chiamano in causa. Tali contributi critici, però, tesi rispettivamente a mettere in evidenza come sia la Relazione trinitaria lo specifico del pensiero di Lanza ed il contributo di quest'ultimo alla Pacem in Terris, sono tuttavia da accogliere ed anzi da sviluppare ulteriormente in futuro, in quanto esprimono l'essenza di quel che il messaggio del credente italiano può ancora dare alla teologia e alla Chiesa. L'ultimissimo capitolo del saggio, infine, quasi come una sorta di appendice, è dedicato alla ricostruzione storica di una comunità para-lanziana che ha preso vita nella provincia di Arezzo nei primi anni Sessanta. Il racconto autobiografico delle vicende che l'hanno coinvolta, si intreccia appunto con una testimonianza concreta di quale sia stata l'influenza di Lanza del Vasto e della sua dottrina cristiano-gandhiana nella società italiana del periodo.

In generale, quindi, cercando di trarre delle considerazioni conclusive, deve essere ribadito come gli articoli presenti in questo scritto siano essenziali per una ricostruzione della vita, della formazione e della riflessione teologica e filosofica di Lanza del Vasto. Nel complesso, cioè, al di là del fatto che il saggio brilli maggiormente nelle sue parti storiche anziché in quelle filosofiche e teologiche, Manfredi Lanza deve sicuramente essere ringraziato per il contributo che ha dato alla conoscenza e allo sviluppo dell'opera e del pensiero lanziano. Senza questa raccolta di scritti, e senza le sue traduzioni e curatele precedenti, oggi la vicenda, la figura letteraria e quella teologico-filosofica di Lanza del Vasto sarebbero ancora mal conosciute, ed anzi, come è spesso accaduto in passato, equivocate e piene di errori.

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Note

  1. Tra i vari atti di convegno degli ultimi anni si ricordano quello alla Facoltà Teologica Meridionale nel 2001: D. Abignente -- S. Tanzarella (edd.), Tra Cristo e Gandhi. L'insegnamento di Lanza del Vasto alle radici della nonviolenza, San Paolo, Cinisello Balsamo 2003; quello alla Facoltà teologica di Tolosa: D. Vigne (ed.), Lanza del Vasto. Un génie pour notre temps, Faculté de Théologie de Toulouse, Toulouse 2003; quello nel Palazzo della Sapienza di Pisa: A. Drago -- P. Trianni (edd.), La filosofia di Lanza del Vasto. Un ponte tra Oriente ed Occidente, Jaca Book, Milano 2008; quello patrocinato dal Corso di Laurea in Scienze per la pace di Pisa: A. Drago (ed.), Il pensiero di Lanza del Vasto. Una risposta al XX secolo, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2011. Sono in corso di stampa gli atti del Convegno svolto all'Università di Tor Vergata. Testo

  2. Cf Lanza del Vasto, Lettere giovanili (1923-1936), (M. Lanza, G. Maes edd.), Plus, Pisa 2006; Lanza del Vasto, Quaderni del Viatico (1) . Rassegna autobiografica fino alla prima conversione: anno 1925, (M. Lanza ed.), Lupo, Copertino (LE) 2008. Testo