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Florenskij e Rozanov: un'amicizia nella Vita. Vite intrecciate

di Viola Sanvito (15 agosto 2014)

Il Destino ha legato a doppio filo le vite di questi due giganti del pensiero. Pensiero che in essi si forma, si dipana, si comunica in modo estremamente diverso, dando esiti apparentemente opposti, almeno dal punto di vista formale e strutturale. Ma superando la struttura testuale, oltrepassando l'organizzazione interna delle frasi, e addentrandosi nel cuore della parola detta, dichiarata, annunciata, si scopre una sorprendente affinità sostanziale tra Vasilij Vasilevic Rozanov1 e Pavel Aleksandrovic Florenskij.2 Il primo, Vasilij Vasilevic, scrittore, giornalista e studioso di culti antichi, che ha fatto dell'immediatezza, della «nudità dei suoi pensieri»3 la bandiera della sua scrittura: «Il segreto dell'arte dello scrivere consiste in una musica dell'anima, perpetua e involontaria. Se non c'è, l'uomo può soltanto "fare di sé un mestierante della penna". Ma non è uno scrittore... ».4

Ogni moto dell'anima in me si accompagna a parole articolate. E questo monologo interiore vuole essere a ogni costo annotato. È un istinto.5

Le opere di Rozanov paiono a un primo sguardo disorganiche: si tratta di frammenti di pensieri, aforismi, giudizi lapidari che non cercano consensi e per questo non forniscono spiegazioni. Del resto il lettore non oserebbe neanche chiederne, inghiottito com'è da questo vorticoso roteare di parole. Il sacerdote, scienziato, teologo, filosofo Pavel Aleksandrovic,6 dal canto suo, ha fatto del rigore e dell'ordine del pensiero la sua filosofia di vita, tanto da ritenerla la sua più grande eredità spirituale. Nel marzo 1921 scrive ai figli da Mosca:

Eccovi una cosa che non posso non scrivere: abituatevi, educate voi stessi a fare tutto ciò che fate perfettamente, con cura e precisione; che il vostro agire non abbia niente di impreciso [...] . Ricordatevi che nell'approssimazione si può perdere tutta la vita [...] . Chi agisce con approssimazione, si abitua anche a parlare con approssimazione, e il parlare grossolano, impreciso e sciatto, coinvolge in questa indeterminatezza anche il pensiero [...] . Il pensiero è un dono di Dio ed esige che si abbia cura di lui. Essere precisi e chiari è il pegno della libertà spirituale e della gioia del pensiero.7

Florenskij fin dagli inizi è ben consapevole di quanto il suo modus cogitandi e, di conseguenza, il suo modus scribendi siano distanti da quelli di Rozanov. Nella sua prima lettera a Rozanov del 1903, l'allora giovane studente di matematica scrive:

La mia voce riecheggia da mondi a Voi estranei, estranei per natura, dai mondi della matematica e di altri ambiti, in cui bisogna avere a che fare con ciò che organizza e dà forma, principalmente con il modo; da quei mondi in cui pensare in un certo modo significa scegliere certe forme, che penetrano, regolano, creano un cosmo armonico, in una parola, dove il Logos organizzatore è l'aspirazione principale.8

Per Florenskij leggere le opere di Rozanov significa fare esercizio di pazienza, imporsi di guardare il mosaico dell'opera tessera per tessera, e non invece nel suo insieme, come sarebbe stato a lui più congeniale:

Ecco, è probabilmente a causa di una tale avversione verso i materiali e i metodi utilizzati nei Vostri lavori, che io non posso leggerli senza rabbrividire e tremare d'impazienza, quando sono totalmente invaso dal desiderio di conoscere tutto il senso nella sua integrità, di abbracciare in una volta tutta l'opera.9

Tuttavia nei testi di Rozanov Florenskij intercetta una novità assoluta, e ciò esercita su di lui una grande attrattiva:

Per vari motivi ho potuto conoscere poche Vostre opere; ma è bastato leggere un solo articolo per dire (senza entrare nel merito del vostro talento): "Ecco una persona unica e, probabilmente, incompresa; ecco un vero genio, un genio dalla nascita, ma che è come una pietra non ancora levigata e, che, evidentemente, non sta lavorando su di sé, un uomo che sta creando qualcosa di nuovo, che sta ponendo le basi per un balzo in una nuova concezione del mondo, e lui stesso non lo sospetta nemmeno, crea spontaneamente, come scorre un fiume".10

Cosa ha permesso che tra due uomini con modi di pensare così diversi si instaurasse non solo una proficua collaborazione, ma anche una profonda amicizia, una comunanza di intenti e una vicinanza umana nelle grandi e piccole difficoltà, nelle gioie e nelle fatiche del vivere quotidiano? L'immediatezza della scrittura di Rozanov è sinonimo di approssimazione, o conduce a qualcosa di più profondo? E la passione di Florenskij per l'armonia del pensiero è sinonimo di avversione per le contraddizioni della vita e per le domande incessanti che da esse insorgono? O è piuttosto il suo modo di accoglierle e di renderle feconde, così come un terreno fertile e ben arato accoglie i semi gettati su di esso, siano essi ben riposti, oppure disposti in un'apparente accozzaglia disordinata?

1. L'incontro tra Florenskij e Rozanov

1.1. Gli incontri religioso-filosofici

Non sono certe le circostanze del primo incontro tra Florenskij e Rozanov. Avril Pyman11 sostiene che molto probabilmente li fa incontrare a Pietroburgo Aleksandr Viktorovic El'caninov,12 comune conoscente. La prima lettera che Florenskij scrive a Rozanov risale al settembre del 1903,13 quando il promettente studente di matematica ancora pensa di farsi monaco.

Un vero e proprio scambio epistolare tra Florenskij e Rozanov inizia solo nel 1908.14 Sergej Bulgakov scrive che Rozanov e Florenskij hanno intrattenuto «un'enorme corrispondenza, significativa per i temi trattati».15 È certo tuttavia che tra il 1903 e il 1904 sia Rozanov sia Florenskij hanno avuto a che fare, anche se in misura diversa, con gli incontri religioso-filosofiche di Pietroburgo16 e con la rivista "Novyj Put'" [Il nuovo cammino], su cui comparivano contributi e interventi dei partecipanti agli incontri religioso-filosofici.

Il nome di Rozanov compare fin da subito nell'elenco stilato da Belyj, che ha stabilito che i futuri partecipanti agli incontri devono essere in primo luogo "un gruppo di scrittori del tutto laici",17 e in secondo luogo "rappresentanti ortodossi della tradizione eterna".18 Durante l'estate del 1901 la Gippius e Merežkovskij decidono di coinvolgere negli incontri anche personalità del clero. Rozanov e il suo amico Ternavcev, funzionario del Santo Sinodo, si adoperano per ottenere la benedizione del Metropolita di Pietroburgo Antonij Vadkovskij. La sera dell'8 settembre 1901 il metropolita Antonij Vadkovskij concede udienza presso la Lavra di Aleksandr Nevskij ai soci fondatori Merežkovskij, Gippius, Ternavcev, Minskij, Filosofov, Bakst, Benois e Rozanov. In quella occasione dà ufficialmente il suo appoggio e la sua benedizione agli incontri. Agli incontri sono ammessi soltanto i soci. Tuttavia per poter diventare soci è sufficiente fare richiesta. Il metropolita Antonij permette a tutto il clero bianco e nero, ai professori e ai docenti privati di partecipare agli incontri.

Nell'inverno del 1901 iniziano anche le cosiddette "Rozanovskie Voskresenija" [Domeniche dai Rozanov] . A casa Rozanov si radunano persone di ogni tipo: religiosi, laici, partecipanti assidui e meno assidui agli incontri, collaboratori di "Novyj Put'". In quelle domeniche, in un'atmosfera amichevole e familiare, nascono progetti editoriali, si discute e, semplicemente, ci si incontra.

Nel 1902 Vasilij Vasil'evic inizia a collaborare con "Novyj Put'". Difende con forza la rivista, quando l'uscita del primo numero scatena molte critiche da più parti.19 Nel 1903 e nel 1904 Rozanov scrive regolarmente in "Novyj Put'", dove tiene una rubrica intitolata V svoem uglu [Nel mio angolo] . Spesso in questa rubrica commenta lettere inviategli dai lettori sulla posizione della Chiesa riguardo ad argomenti molto discussi, quali, ad esempio, il secondo matrimonio dei preti rimasti vedovi e il divorzio. A Mosca intanto, Florenskij, Ern e il nuovo amico di quest'ultimo Svencickij20 seguono con interesse ciò che sta accadendo a Pietroburgo. Nell'autunno del 1903 i tre studenti moscoviti si mettono in contatto con Andrej Belyj, il quale successivamente presenta Florenskij a Valerij Brjusov e ai Merežkovskij. Anche Florenskij inizia così a scrivere occasionalmente su "Novyj Put'".21 Il suo primo articolo intitolato O sueverii [Sulla superstizione] appare sulla rivista quello stesso anno.

Florenskij può seguire quanto sta accadendo agli incontri religioso-filosofici grazie all'amico El'caninov, che studia alla Facoltà di storia e filologia di Pietroburgo.

I temi discussi agli incontri hanno molta eco sulla rivista "Mir iskusstva" [Mondo dell'arte] ,22 di cui Florenskij è un fedele e appassionato lettore. Sostenuto dagli incontri con intellettuali e altri studenti a Mosca e confortato dal fermento culturale e religioso di Pietroburgo in Pavel Aleksandrovic si rafforza perciò sempre più la persuasione di non essere solo nelle sue ricerche. Sono questi fatti che lo portano ad affermare sulla rivista simbolista "Vesy" [La bilancia]:

L'esigenza di una concezione del mondo poliedrica e ad ampio spettro si sta diffondendo nella società come un'onda d'urto; e non è solo un'esigenza della ragione, bensì una brama profonda.23

Tra il 1903 e il 1908 il rapporto tra Florenskij e Rozanov non è ancora così intenso come durante tutto il periodo del loro successivo scambio epistolare. Una poesia scherzosa di Florenskij testimonia tuttavia che il giovane studente legge gli scritti di Rozanov già in quegli anni:

Porterò argomentazioni
e giustificazioni
per tutto quel che ti ho scritto.
Ora infatti [non dimenticare] 24
leggo Vasilij Er
e l'ho già molto studiato.
Dalla sete di fare estenuato
a lui mi sono ispirato
e ho composto [scritto] un'opera per consigliarti [...]
A Novyj Put' non andare
non palesarti, e da Er c'è la zuppa.25

Questi versi sono indirizzati a El'caninov, che all'epoca è molto vicino all'ambiente di "Novyj Put'". "Vasilij Er" è il soprannome dato a Rozanov da Florenskij, che, stando a quanto sostiene in questi versi, Pavel Aleksandrovic studia a fondo e da cui trae ispirazione. Al di là del tono scherzoso di questo componimento, Florenskij in quegli anni prende in seria considerazione gli scritti di Rozanov. Nei taccuini degli anni 1904-1905 compaiono in ordine sparso annotazioni, indicazioni bibliografiche e spunti per la stesura di un articolo destinato a "Vesy" il cui tema avrebbe dovuto essere l'inclinazione dell'uomo al male.26 Tra i molti riferimenti alla persona di Cristo, ma anche a fatti di attualità, opere letterarie e autori antichi e più recenti (Dostoevskij, Heine, Hoffman), si legge: «Rozanov... sesso... legame tra cinismo e sesso (?). Cinismo: principio del satanismo (la dimostraz [ione] di questo sta nella religiosità dei cinici) ».27 Con tutta probabilità Pavel Aleksandrovic si riferisce agli articoli che Vasilij Vasil'evic agli inizi del secolo ha dedicato alla tematica del sesso, raccolti nel volume V mire nejasnogo i nerešennogo [Nel mondo del vago e dell'indefinito] ,28 pubblicato per la prima volta nel 1901.

1.2. «L'ineffabile dolcezza di penetrare nell'essere». L'ammirazione di Florenskij per Rozanov

Florenskij dunque conosce le opere di Rozanov ben prima di iniziare l'intensa corrispondenza con lui. Ne è testimonianza la prima lettera che Pavel Aleksandrovic, allora studente di matematica, scrive a Rozanov nel 1903. Con essa il giovane intende probabilmente avviare col noto scrittore un rapporto epistolare duraturo. Tuttavia Rozanov smorza l'inespresso desiderio del giovane studente lasciando chiaramente intendere di non voler intrattenere alcuna corrispondenza personale con lui:

Sono proprio stanco: pubblico così tanto che da tempo ho smesso di rispondere a lettere private. Ma non Vi nascondo che mi ha fatto piacere ricevere la Vostra lettera, e senza troppe cerimonie Vi stringo la mano e Vi mando un bacio.29

Nella lettera del 1903 Florenskij evidenzia con grande lucidità il carattere profondo del pensiero di Rozanov che si riflette poi nel suo stile. A prima vista "disordinato", esso scardina i consueti nessi logici:

Infatti cosa rappresentano i Vostri scritti, se li si accosta valutandoli con criteri ed esigenze scolastiche? Certamente i soliti articoli su diversi temi di carattere religioso, piuttosto sconclusionati, spesso malformati, spesso senza logicità.30

Lo studente ammette che il modo di pensare di Rozanov gli è istintivamente avverso, contrario alla sua natura. E tuttavia Pavel Aleksandrovic, avendo intuito la genialità di Rozanov, è andato oltre la superficie e l'istintiva avversione per un modo di speculare frammentario, profondamente diverso dal suo, che invece ricerca l'unità e l'integrità, che indaga il mondo «come un insieme, come un quadro e una realtà compatta»31:

Ma io mi sto abbandonando ai Vostri metodi, sto cercando di dimenticare tutti gli altri. E così accade qualcosa di inatteso. Se questo è un normale scritto giornalistico, perché i Vostri pensieri avvampano di bagliori, perché diventa attraente e interessante ciò che prima non mi aveva mai interessato, perché il cuore si arresta e tutto il mio essere è avvinto da una spossatezza dovuta, allo stesso tempo, all'entusiasmo e all'ineffabile dolcezza di penetrare nell'essenza? Perché dopo ciò tutto sembra vuoto, superficiale, si presenta come un biascicare trito e ritrito? .32

Florenskij riconosce in Rozanov tracce di ciò che in quel periodo sta cercando con particolare intensità: una conoscenza che gli permetta di penetrare il vero, e di superare la superficiale concezione positivistica della realtà, che non ammette la possibilità che possa esistere un oltre rispetto alla realtà fisica. Florenskij valorizza tutti i metodi che possano permettere di raggiungere sprazzi di verità, non fermandosi neppure (come accade nella lettura delle opere di Rozanov) alla loro apparente contraddittorietà o disorganicità. Dal canto suo Rozanov risponde a quanti lo accusano di essere contraddittorio simulando un dialogo con un suo supposto oppositore:

"Quante opinioni, idee si possono avere su un oggetto? "

"Quante se ne vogliono. Quante sono le idee nell'oggetto stesso: perché non esiste oggetto senza idea, e, a volte, senza una moltitudine di idee in sé... "

"E allora dove sta la verità? "

"Nell'insieme delle idee, al completo. Tutte in una volta".33

Florenskij ha intuito che il metodo adeguato per leggere le opere di Rozanov è andare oltre la loro apparente assenza di forma e lasciarsi guidare in quelle vie del pensiero mai battute prima, inusuali e che, tuttavia, si rivelano straordinariamente adatte a penetrare nella vera essenza della realtà:

Con Voi non si può discutere, Vi si può e Vi si deve solo ascoltare; invece quelli che discutono colgono soltanto l'aspetto esteriore e non parlano di ciò che è Vostro in quanto tale, bensì della forma accidentale degli scritti, non esiste un carattere proprio nei Vostri scritti, essi non hanno forma definita, così come ciò che esprimono. Ma sotto alle frasi tra loro sconnesse si cela un enorme materiale, una riserva di dati nuovi e immediati per l'elaborazione di una concezione del mondo, dati che non hanno affatto minor significato dei fatti scoperti di recente nell'ambito delle scienze naturali.34

Florenskij, pur ammettendo di conoscere molto poco Rozanov, non esita a definirlo in questi termini:

Voi siete un profeta nel vero senso della parola, poiché Voi raggiungete Ciò che viene formulato dal Logos, dalla Potenza primitiva [...] . Mi pare che Voi non siate un filosofo, poiché la filosofia è innanzitutto sistema e forma. Tuttavia non ho alcun dubbio che i nuovi dati da voi scoperti nei recessi dell'essere e dello spirito troveranno il loro modellatore; non so se tra 50, tra 100 anni, ma questo prima o poi accadrà, , allo stesso modo con cui Böhme è stato interpretato da Schelling, da Baader e in parte da Hegel nel sistema. Finché ciò non accadrà nessuno potrà comprenderVi nel Vostro essere.35

Alla prima lettera di Florenskij, nel 1903, tuttavia, segue solo una breve risposta di Rozanov, che lo ringrazia per tutto ciò che lo studente in modo così personale gli ha scritto. Vuole poi spiegare al giovane la ragione dell'apparente assenza di forma e della disorganicità dei suoi scritti:

Circa cinque anni fa ero in una cappella vuota, non c'era la funzione: passeggiavo con mio figlio e sono entrato. Mio figlio pregava o faceva il monello, e in me baluginò un pensiero che mi è rimasto impresso finora: 'Probabilmente non è ancora mai esistito un uomo che, come me, si sia sentito a tal punto straniero, ovunque, con tutti e sempre, in qualunque posto capitasse. Intorno senti solo frammenti di suoni, di parole, di avvenimenti: e con essi si intrecciano, occupando gli spazi dell'anima, certi suoni, certe immagini ecc... '. E quando mi balenò quest'idea, questa similitudine, quest? quadro, sentii quanto ciò esprimeva anche esattamente ciò che in me è essenziale.36

Alcuni anni dopo, nei Solitaria, Rozanov spiegherà in modo ancora più efficace l'essenza del suo stile, e, quindi, di sé: «Scorre qualcosa nell'anima. Eternamente. Di continuo. Ma cos'è? E perché? Chi lo sa? L'autore ancor meno di ogni altro».37 Rozanov confermerà così ciò che già dieci anni prima l'allora giovane studente Pavel Aleksandrovic ha già compreso di lui. Egli ha inoltre già dato un nome alla "musica dell'anima" di Vasilij Vasil'evic: «Voi, in un modo inspiegabile probabilmente anche a Voi stesso, raggiungete il dato reale in sé della Potenza, dell'Urgrund, (= all'Ungrund) di Böhme, di Dio Padre».38

Florenskij legge le opere di Rozanov perché esse mettono in contatto col divino, lo svelano.

E così afferma Rozanov stesso:

l'essenza è precisamente [...] nel "disvelare le cose invisibili", o piuttosto, ancor meglio, nella vestizione39 delle cose invisibili. Tutto SI AVVOLGE in vesti, e la storia stessa è avvolta nelle vesti dei piani divini.40

Quando scrive la sua prima lettera a Rozanov, Florenskij è in cerca di persone che, come lui, sono appassionate alla ricerca del vero. E le opere del noto scrittore sono per lo studente particolarmente illuminanti:

Ecco, questo Vostro penetrare nella "notte più fitta"41 [...] mi dà anche motivo di stupirmi di fronte a Voi, sebbene riconosca che non posso comprendere a sufficienza le Vostre opere.42

2. La collaborazione tra Florenskij e Rozanov a partire dal 1913

2.1. Rozanov e il «Bogoslovskij Vestnik» [Il messaggero teologico] di Florenskij

Quando nel 1912 è nominato direttore del "Bogoslovskij Vestnik"43 Pavel Aleksandrovic non esita a chiedere a Rozanov di collaborare con la rivista, dove nei due anni successivi sarebbero apparsi tre suoi articoli. Il 24 settembre 1912, poco dopo aver accettato la proposta del vescovo Fedor44 di dirigere la rivista, Florenskij invia a Ern l'elenco di coloro che desidera scrivano per il "Bogoslovskij Vestnik". Tra questi figura anche Rozanov.45 Quest'ultimo dal canto suo accetta benvolentieri l'invito del nuovo redattore e amico: "Da nessuno ricevo l'onorario tanto volentieri quanto dalla sacra redazione del «Bog [oslovskij] . Vestn [ik] [...] . Si occupa di tutto Pavel. Lui stesso si incarica di correggere gli originali, si preoccupa della loro fondatezza scientifica, e non dimentica di mandare i soldi».46

2.2. La lotta al positivismo

Negli anni 1913-1914 Pavel Aleksandrovic sperimenta con particolare intensità quell'ideale di fratellanza e comunione che ha sperato di trovare nella vita monastica. A Sergiev Posad il sacerdote riceve visite dalle personalità più disparate e con loro discute di questioni spirituali e del sapere in senso lato.

Florenskij ha rapporti anche con la Società religioso-filosofica di Mosca in memoriam di Vladimir Solov'ev47 e con la casa editrice ad essa connessa Put' [Il cammino] . Dialoga inoltre con alcuni membri della Società religioso-filosofica di Pietroburgo, innanzitutto con Vjaceslav Ivanov.48 Ma soprattutto, a Sergiev Posad ha sede la casa editrice del circolo di Novoselov: la Biblioteca Religioso-filosofica. Tra i suoi membri si instaura una fervida e fertile collaborazione, oltre che un'intenso legame spirituale. Nelle lettere di quello stesso anno a Rozanov traspare il desiderio di Florenskij di condividere anche con l'amico scrittore lo stesso tipo di comunione vissuta con gli intellettuali della Biblioteca Religioso-filosofica. Il sacerdote con sempre maggiore insistenza propone a Rozanov una stretta collaborazione:

Il pensiero di lavorare insieme in qualche modo mi rincuora sempre. Ecco perché io scrivo costantemente per qualcuno introduzioni, prefazioni, correggo bozze ecc... .49

Tuttavia si affretta a precisare: «Ma certo il mio lavoro con Voi è di gran lunga più allettante delle correzioni».50 Più precisamente, ecco cosa Florenskij considera di gran lunga più avvincente non solo della correzione di bozze, bensì persino della carriera accademica:

Entrambi moriremo, ma ai nostri figli e, forse, ai nostri nipoti resterà il ricordo del lavoro fatto insieme e della scienza vissuta in libertà, e non per i titoli accademici o per la carriera, il ricordo di quella scienza che, lo so, esisteva nell'antichità, e che, spero, i nostri nipoti avranno.51

Per Florenskij la scienza dell'antichità nasce dal puro gusto per la conoscenza, non è uno strumento come un altro per fare carriera e, soprattutto, è libera dalle riduzioni del positivismo, perché aperta ad ammettere l'esistenza del divino, una realtà non misurabile, ma presente e sperimentabile. Per farla rivivere occorre combattere la scienza positivista, allora imperante:

Ho tutta una serie di studi nell'ambito della religioni e delle filosofie antiche, ma non so [...] dove pubblicarli [...] . E pubblicarli sarebbe utile, magari per sfondare un po' il ghiaccio della percezione positivista della vita e della storia.52

Florenskij ritiene il positivismo responsabile della crisi culturale del suo tempo:

La visione religiosa del mondo è diventata vuota, illusoria [...] . Credenti e non credenti si sono ritrovati sullo stesso piano positivistico, il quale esclude la possibilità della religione.53

L'uomo ha perso la possibilità del contatto col divino e questo processo ha avvilito il suo spirito:

Questa era la malattia che caratterizzava tutto il nuovo pensiero [...], lo posso definire come la separazione tra la scienza e l'umanità. Da un lato c'era il pensiero scientifico inumano, dall'altro l'umanità priva di pensiero. L'astrazione scientifica che danza il trionfo della morte-vincitrice sulle ossa dell'uomo che ha distrutto, e lo spirito umano avvilito che tenta di nascondersi negli angoli.54

Anche per Rozanov il positivismo ha portato alla morte dell'animo umano: «Il positivismo è la morte».55

Non poserò mai il piede sullo stesso suolo, con i positivisti. Mai e poi mai! E mi rifiuto di respirare l'aria della medesima stanza! Piuttosto la superstizione, la buaggine, l'oscurantismo che un'esistenza priva di preghiera. La religione o il nulla. Essa è lotta e croce, bordone e mazza, lancia e sepolcro.56

Il culto è la dimensione in cui l'uomo può sperimentare la presenza del divino nel mondo, ed è quindi ciò a cui bisogna tornare per risollevarsi dall'appiattimento che il positivismo ha portato nel mondo e nell'uomo, riducendolo, secondo i due pensatori, al suo aspetto esteriore, materiale e superficiale. In risposta alle richieste di Florenskij, Rozanov offre al sacerdote la possibilità di collaborare con lui: gli chiede infatti di inviargli i suoi studi e i suoi schizzi sui culti e le religioni antiche, di cui Rozanov si sarebbe servito per alcuni suoi articoli, che in seguito avrebbe pubblicato in una raccolta. Il sacerdote scriverà inoltre l'introduzione ad alcune opere di Rozanov.

3. Un libro denso: la recensione di Rozanov a La colonna e il fondamento della verità

Il 19 maggio 1914 Florenskij discute brillantemente la tesi di dottorato intitolata O duchovnoj istine [La verità spirituale] . Nello stesso anno esce Stolp i utverždenie istiny [La colonna e il fondamento della verità] ,57 ovvero la versione integrale di O duchovnoj istine, completa dei passaggi lirici e di quattro capitoli che il vescovo Fedor, supervisore della tesi di dottorato, ha consigliato di omettere: le lettere sull'amicizia, la gelosia, la Sofia, la geenna. Stolp i utverždenie istiny, scritta in forma di lettere rivolte al caro amico e cognato defunto Troickij, riscuote subito grande successo e in quattro mesi la tiratura iniziale di duemila copie va esaurita.58 Il libro, come testimonia Rozanov stesso, da molti è stato atteso, e a lungo:

Gli ultimi due-tre anni tutte le personalità dedite a riflessioni o attività filosofiche o teologiche in Russia, hanno atteso pazientemente l'uscita del libro [...] . Per lungo tempo figurava "in corso di stampa" nell'elenco dei nuovi libri della casa editrice moscovita "Put'", che in generale va "contro corrente" rispetto alla produzione letteraria dei nostri giornali, riviste e in parte dei libri.59

Sempre secondo la testimonianza di Rozanov, si propone a Florenskij di fare una seconda edizione dell'opera, ma quest'ultimo rifiuta, sostenendo di aver ravvisato in essa alcuni difetti.60 Rozanov pubblica su "Novoe Vremja" [Il tempo nuovo] Gustaja kniga [Un libro denso], una commossa e entusiastica recensione a La colonna e il fondamento della verità61:

Finalmente è stata pubblicata [...] . In essa tutto è grave, ponderato, non ci sono parole leggere, fugaci. In generale, non c'è niente di fugace, variabile, baluginante. È come se ogni sua pagina non fosse stata scritta, bensì forgiata.62

Vasilij Vasil'evic definisce La colonna e il fondamento della verità un libro profondamente russo, che raccoglie l'eredità di tutta la tradizione orientale, e in particolar modo slavofila. Quest'opera

avendo per oggetto la Chiesa, l'ortodossia, consolida allo stesso tempo lo slavofilismo, erra per le vie di questi idealisti degli anni Quaranta, che pure hanno ritenuto che 'parlare e pensare della Russia' significhi soprattutto parlare dell'ortodossia e pensarla come elemento fondamentale della concezione del mondo "greco-slavo-rus".63

Rozanov definisce il patrimonio cui attinge Florenskij "l'accademia spirituale del genere umano", dove il lettore «incontra decisamente tutti i pensatori del mondo antico e nuovo [...] . Viene da chiedersi cosa l'autore non abbia preso in considerazione!».64 Tuttavia il sacerdote propone al lettore l'incontro con queste personalità «non nel senso formale e didattico».65 In particolar modo Rozanov è attratto dalla capacità di Florenskij di cogliere i "fiori positivi" della tradizione che lo precede, e di dar loro risalto. Rozanov, avvezzo ad assumere toni polemici nei suoi scritti, coglie e valorizza in Florenskij l'atteggiamento contrario:

Per dirla con le sue parole: mi piace soprattutto la sua amicizia verso il genere umano, candida, pacata, non litigiosa [...]. Il libro è assolutamente privo di polemica. Esso raccoglie solo i fiori positivi, senza strappare nessuna erbaccia.66

E ancora:

Con magnanima abnegazione egli esprime non soltanto "se stesso" e i "propri pensieri", non i suoi 'voli librati' e 'slanci', ma ama errare con affetto per le steppe umane, per i boschi della storia universale, e ovunque indicare un fiorellino, e ovunque cogliere una campanella, o una reseda, o un puro mughetto".67

Ed è come se, nel suo viaggio per i secoli della storia umana in cerca dei fiori più belli, questo "pensoso pellegrino" esclamasse: «Guarda quanti, guarda che pensatori, filosofi, poeti...!, dai tempi dell'Egitto fino ai nostri».68 Ma subito dopo, provocatoriamente, Rozanov si chiede: «Ma allora non è il caos? O forse peggio: una compilazione?!!».69 A ciò risponde ribadendo che questo pellegrino «non coglie fiori qualsiasi in luoghi qualsiasi, ma soltanto quelli buoni, con una approfondita selezione».70 E il recensore espone il criterio di questa attenta selezione citando ampi stralci dalla prima lettera dell'opera, quella indirizzata all'amico "dei due mondi", che giudica essere il brano più bello di tutto il libro.71 Qui Florenskij, rivolgendosi direttamente all'amico defunto Sergej Troickij, con doloroso lirismo descrive il vuoto lasciato dalla sua morte e dalla morte di tutti i suoi cari:

[...] tu non sei con me e l'universo mi sembra vuoto; sono solo, completamente solo in questo mondo. Eppure questa triste solitudine mi brucia nel petto dolcemente. A tratti mi sembra di essere trasformato in una foglia che il vento fa mulinare per la strada.72

Tuttavia, nonostante il dolore e il rimpianto per i peccati commessi, le azioni non compiute e le parole non dette al caro defunto, per Florenskij la solitudine "brucia nel petto dolcemente". Infatti:

pare che l'anima ritrovi se stessa a cospetto di questa morte, nella trepidazione che presagisce la risurrezione [...] . Tutto volteggia, tutto scivola nell'abisso della morte. Solo Lui rimane, solo in Lui è immutabilità, vita e riposo.73

Rozanov prosegue: «non soltanto nelle parole dell'autore, ma anche nella sua mente e nella sua anima nulla è fugace, volatile, casuale».74 Il brano di Florenskij citato da Rozanov mostra che il pericolo della compilazione non sussiste perché «l'autore resta ovunque "se stesso", non ripete nulla».75 Il fulcro attorno a cui si radunano tutti i pensatori citati è l'io dell'autore, presente in modo imponente nell'opera:

Lo spirito profondamente personale dell'autore soffia in ogni pagina e forgia la massa di testimonianze, conoscenze, letteralmente "tutta l'accademia del genere umano" in un'unica lega metallica. Ma questo è ancora poco. Che cosa effonde questa pagina? E permettete che vi chieda: cosa non spira? Cosa c'è lì, forse l'uomo? Forse la natura? .76

L'oggetto dell'opera non è solamente l'io dell'autore. Egli infatti riconosce nella sua anima qualcosa di identico a molti altri uomini prima di lui, ma mantenendo la propria identità, e pur sentendosi in totale comunione con loro. Il tema del libro è la natura stessa dell'uomo.

3.1. La nascita-morte è eternità e pienezza

Rozanov precisa che il piano su cui Florenskij si pone nell'affrontare il problema della morte, del distacco, della caducità delle cose, non è strettamente filosofico:

Ed ecco davanti al lettore tutti i temi, tutti i misteri: ma non come un problema filosofico, bensì come tangibile tormento di ogni uomo. No, è qualcosa di più, è ancora più profondo: è il tormento dell'"io" per il "tu", del "caro" per il "caro", del "prossimo" per il "prossimo". E questo è il timbro della religione. Dove ci sono le lacrime non è più filosofia, ma religione, e dove c'è "il pugnale della morte di un caro" io non voglio Kant, ma Cristo. La pagina che abbiamo riportato è del tutto sorprendente.77 Non imponendo nulla all'uomo, non suggerendo nulla all'allievo e al lettore, l'autore stesso, come 'creatura effimera' parla e racconta ciò di cui essi hanno bisogno . Siamo davanti a una tragedia filosofica e religiosa, e le pagine del libro sono inondate di fuoco. Attraverso il quale viene fatta passare "l'accademia spirituale del genere umano".78

Anche per Rozanov la morte, ancor prima di essere tema letterario e di divenire oggetto di riflessione filosofica, è un evento che più volte e drammaticamente si è imposto nella sua esistenza. Fin da bambino ha assistito alla morte di persone care. All'età di cinque anni Rozanov perde il padre. Questo sconvolge la vita di tutta la famiglia, che cade in estrema povertà: la madre Nadežda Ivanovna Rozanovna rimane sola con sette figli, incinta dell'ottavo. La figlia Vera, sorella di Rozanov, muore un anno dopo aver terminato gli studi. Rozanov perde anche la madre, che debilitata dalla vita di stenti, muore nove anni dopo la scomparsa del marito.79 Il pensiero della morte atterrisce Rozanov, e nelle sue opere non nasconde questa sua paura ossessiva, che Ripellino definisce "il basso continuo" delle opere Solitaria, Foglie cadute, Una cosa mortale.80

Temo la morte e non voglio la morte, ho orrore della morte».81 «La morte. Mi è assolutamente intollerabile.82

Può essere che tutti quelli che vanno per le strade moriranno anche loro? Che orrore.83

Tuttavia, nonostante le molte perdite subite, Rozanov constata che il pensiero della morte non è divenuta subito una costante in lui:

Ma non è strano vivere tutta una vita come se essa non esistesse? La morte, il fatto più ordinario e costante. Eppure io mi comportavo nei suoi riguardi come se nessuno e niente dovesse morire mai. Come se non ci fosse, la morte.84

Non è sufficiente neppure assistere alla morte di un'altra persona: vi si può comunque restare indifferenti. Ma non è possibile restare indifferenti alla propria morte: «"Io morirò" non è affatto lo stesso di "lui morirà"».85 E per Rozanov la morte è una costante di qualsiasi fenomeno, non si tratta solo della fine di un essere vivente: «perché non posso in alcun modo tollerare la morte? Tollerare la non-eternità delle gioie terrene».86 Se la morte è una realtà tangibile, l'uomo esige un'eternità altrettanto tangibile:

Tutto è immortale. Vivo ed eterno. Fino al piccolo buco nella scarpa, che non si allarga, né "si rattoppa", da quando è spuntato. Ciò è meglio di una "immortalità dell'anima", arida e astratta. Voglio arrivare "all'altro mondo" con un fazzoletto da naso. né più né meno.87

Queste parole, scritte in Foglie cadute. Prima cesta non decretano tuttavia la soluzione ai tormenti interiori e alle incertezze di Rozanov. Poco dopo, in Foglie cadute. Seconda cesta egli scrive:

La morte non fa paura a chi crede nell'immortalità. Ma come credervi? Cristo ha ordinato di credere. Ma come posso credere a Cristo! Allora la mia paura essenzialmente è non fede in Cristo. E il mio tormento deriva dal fatto che io sono lontano da Cristo. Chi mi condurrà a Cristo? La Chiesa mi stava conducendo, ma io non ho seguito la via.88

Rozanov imputa la paura delle morte alla sua poca fede in Cristo. O forse al contrario Rozanov non si accontenta di una fede che non penetri nelle viscere di sé, del proprio modo di stare davanti alla vita e alla morte. Ed è proprio questo ad attrarlo di Florenskij: la fede sicura e del tutto personale, e il tono sicuro e del tutto personale con cui la comunica nella Colonna e il fondamento della verità. Già nel 1909, a un anno dalla pubblicazione delle lettere "all'amico dei due mondi" che poi avrebbero costituito buona parte della Colonna,89 il sacerdote scrive al giornalista che il "filo rosso" della sua opera è il binomio vita-morte:

«Nasciamo per morire. Moriamo per (forse) nascere. Ciò che sta tra la vita e la morte, ciò che sta tra il seme e il sangue è un tassello isolante, che impedisce il contatto tra l'elettricità positiva e quella negativa. Ma né la vita né la morte sono appagate, poiché esse sono l'una per l'altra, e non ciascuna in sé e per sé. Esse possono essere sufficienti se l'uno è il secondo, e il secondo è il primo [...] . La nascita-morte è eternità e pienezza. In modo logico-astratto questo pensiero (sull'amore) è espresso (nella Colonna) con un filo rosso che si dipana per tutta l'opera».90

La Colonna e il fondamento della verità, questa "tragedia filosofica e religiosa" per sua stessa natura si pone al di sopra di qualsiasi genere particolare:

Religione, filosofia, poesia? Non si può distinguere. La pagina è profondamente integra, in essa non noti i singoli fili che si intrecciano, i singoli aromi che la compongono: l'autore parla semplicemente dell'autunno, l'autunno che tutti conosciamo, e fonde il suo respiro, il suo aspetto, le sue particolarità con il pensiero della morte. E così davanti a sè non vede più 'l'amico' per il quale la lettera è scritta, ma la morte stessa, e fonde il suo pungolo, il suo pungiglione con l'idea del penoso distacco dalle persone, della terribile separazione da loro, corretta solo dalla speranza della resurrezione... .91

Allo stesso tempo la Colonna si pone al di sopra di qualsiasi disciplina particolare. Dopo aver elencato i titoli dei capitoli dell'opera Rozanov commenta:

Dato uno sguardo, il lettore vede subito da questo indice quanto all'autore siano vicini e, per così dire, imparentati il mondo fisico e quello spirituale, i problemi della devozione e quelli della matematica.92

3.2. Il sorprendente tesoro chiamato "Chiesa"

Nella seconda parte del suo intervento Rozanov precisa a quale patrimonio attinge Florenskij, esplicita qual è il luogo dove la sua anima di pellegrino ama errare. Egli riporta infatti un altro significativo stralcio dalla Colonna, tratto dalla nota Al lettore:

L'esperienza religiosa viva come unico metodo legittimo per conoscere i dogmi: ecco l'intento di questo libro, o meglio di questi abbozzi scritti in tempi e stati d'animo diversi. Solo attraverso l'esperienza93 immediata è possibile scorgere e valutare i tesori spirituali della Chiesa.94

Florenskij sostiene che per un cuore purificato la Chiesa custodisce un immenso tesoro, che si è accumulato nei secoli. E il contenuto di questo tesoro sono

le aspirazioni più segrete, gli slanci più nascosti verso la somiglianza con Dio [...], le pene sante del pentimento, il profumo della preghiera e la tranquilla nostalgia del cielo, l'eterno cercare e l'eterno ritrovare, le intuizioni più profonde dell'eterno e la fanciullesca serenità dell'anima, la venerazione e l'amore, un amore senza fine... .95

Il commento di Rozanov a questo passo della Colonna e il fondamento della verità rivela quanto il suo giudizio sulla Chiesa, la cultura e il positivismo fossero vicini a quello di Florenskij. Il recensore e l'autore, il polemico scrittore e il pensoso pellegrino, l'uomo ribelle e spregiudicato e il geniale sacerdote pacificato dalla fede sono stati condotti dalla vita a un cammino comune, che li ha legati allo stesso "tesoro". Rozanov commenta le parole di Florenskij sul tesoro della Chiesa rivolgendo un annuncio agli uomini del proprio tempo:

Ecco, signori atei e positivisti, signori politici, socialisti, ecco il "collettivo", per dirlo con la vostra lingua, che non vi riuscirà mai di mettere insieme, poiché voi stessi costruite e distruggete, eternamente costruite e ogni minuto distruggete. Tutto, tutto ciò che sognate o avete sognato nei vostri minuti migliori, è già contenuto, esiste già in quel sorprendente edificio, o meglio, in quel sorprendente "tesoro", per dirlo con la lingua di Florenskij, che viene chiamato "Chiesa". Questo non è più un sogno, questo non è più un'aspettativa o un'esigenza, ma esiste, è stato 'accumulato'. Cosa è stato accumulato? Con che cosa lo si è accumulato? Con la fatica di tutta l'umanità nel mirabile lavoro dell'anima e del corpo, della massa e dell'individuo, dove sono stati depositati i "petali di rosa", e le spine sono state gettate via.96

Già più volte in precedenza Rozanov ha dichiarato quanto siano vani i tentativi del socialismo e del positivismo di costruire una società perfetta, ha condannato ripetutamente la rivoluzione. Nel 1910, sulle pagine di "Novoe Vremja", scrive: «La rivoluzione è odio. Solo odio e ovunque odio».97 E nel 1913 sul "Bogoslovskij Vestnik" di Florenskij pubblica il saggio Ne nužno davat' amnistiju emigrantam [Non bisogna concedere l'amnistia agli emigranti] , dove definisce la rivoluzione "il pogrom della Russia". Da essa non può venire nulla di buono, poiché è uno strumento "difettoso":

La rivoluzione possiede due dimensioni: lunghezza e ampiezza. Ma difetta di una terza -- di profondità.98

E ancora:

Due dimensioni per cui essa non è al di sopra, ma al di sotto dell'umano. Meccanica e materialista.99

Già nei Solitaria, e in molti altri passi, così come nel brano sopra citato di Un libro denso, Rozanov ha metaforicamente parlato della rivoluzione come di un edificio che inevitabilmente sarebbe crollato: «Piatti rotti ce ne saranno a iosa», ma «non sorgerà il nuovo edificio».100 In Un libro denso per la prima volta la metafora viene rovesciata: Rozanov non indica più soltanto le macerie di un edificio, bensì l'unico "sorprendente edificio", o meglio il "tesoro" che già contiene tutto ciò che la rivoluzione promette ma non può mantenere. La rivoluzione infatti sarebbe continuata

nell'irritazione, senza raggiungere quel punto finale in cui l'individuo dice: "Basta! Sono felice. Oggi è così bello che non ho bisogno di domani... " La rivoluzione si accompagnerà sempre al dolore e spererà solo nel "futuro"... Ma ogni "futuro" la ingannerà, rimandandola a un "futuro ulteriore".101

Come per Florenskij, per Rozanov la Chiesa è

il tesoro "santo", e "santo" significa intelletto, ma non solo intelletto, significa cuore, ma non solo cuore, significa destino umano nei suoi momenti tragici ed eroici. Che cosa manca lì? C'è tutto. Escluso il male, il peccato: escluso, tuttavia, non per un farisaico principio di "purezza" e di "noi siamo gli eletti", ma escluso dopo l'eroica lotta contro il male, l'oscurità, tutto ciò che è ripugnante. La Chiesa è il coronamento di una millenaria lotta eroica, coronamento e vittoria.102

Rozanov qualche anno prima non avrebbe certamente parlato in questi termini della Chiesa. Il suo riavvicinamento alla Chiesa è avvenuto, come egli ammette, grazie a Florenskij, S. A. Cvetkov e a Varvara Dmitrievna.103 È Rozanov stesso nei Solitaria a precisare quando e come ciò è accaduto:

Mi sono buttato fra le braccia della Chiesa (alla fine del 1911), unico rifugio caldo in questo mondo, ultimo riparo sulla terra... Ecco la storia della mia vita, ecco il mio destino.104

Negli scritti di Rozanov non mancano gli attacchi alla Chiesa e le polemiche verso molte sue posizioni anche dopo il 1911. Tuttavia ciò non è causa di allontanamento dalla Chiesa, o meglio, da alcuni uomini di Chiesa, nei cui riguardi lo scrittore ribelle nutre grande rispetto e stima. A colpire Rozanov è la benevolenza, anzi l'"amore", che essi dimostrano verso di lui, in particolare nei momenti di maggiore difficoltà.

A proposito della bontà del nostro clero, quanta lordura non gli ho riversato addosso. Ciononostante molti sia fra quelli che mi conoscevano sia fra quelli che non mi avevano mai visto, "pur rigettando le mie idee" e polemizzando per iscritto e a parole, si sono comportati verso di me con indulgenza, anzi con amore.105

Nei Solitaria Rozanov porta numerosi esempi di questo amore: il vescovo Ermogene, che nell'estate del 1911 ha chiesto la sua scomunica, chiede poi di incontrarlo per due volte, l'arcivescovo Sergio di Finlandia, che pur conoscendo le posizioni di Rozanov verso la Chiesa, si reca all'ospedale luterano a trovare l'amica (come Rozanov, in tutte le sue opere, chiama la moglie Varvara Dmitrievna) dopo la sua terza operazione. E così molti altri.106 Ma ad affascinare Rozanov non sono soltanto questi gesti, espressione di un amore che supera le differenze di vedute e abbraccia la sua persona.

I migliori fra coloro che ho incontrati, che dico... fra coloro che ho trovati nella vita [...] erano tutti gente di fede. Gli spiriti più profondi -- Florenskij, Rcy107 -- sono pure credenti. Ciò non significa forse qualcosa? La mia scelta è fatta.108

In un passo dei Solitaria Rozanov elenca tutte le grandi personalità dell'intelligencija russa da lui incontrate. Senza simulare modestia alcuna dichiara che nessuno di loro è complessivamente migliore di lui, per lucidità di giudizio, intelligenza, astuzia. Tuttavia:

ho incontrato tre uomini più intelligenti o, per meglio dire, più dotati, più originali e singolari di me: Šperk,109 Rcy e Fl (orenskij) [...] La loro intelligenza o, più precisamente, la loro anima, la loro esperienza metafisica (anteriore alla nascita) aveva questo di straordinario: non conosceva l'errore. Si potevano accettare i loro giudizi "a occhi chiusi", senza verifiche, né riflessioni di sorta. Le loro parole, pensieri, opinioni, giudizi, anche i più piccoli, gettavano luce talvolta anche su tutto un campo universale. Tutti e tre erano quasi slavofili, ma in sostanza non si trattava di slavofili, ma di solitari, di "io".110

Qualche anno più tardi in Opavšie list'ja. Korob vtoroj Vasilij Vasil'evic riporta alcune parole pronunciate da Florenskij in quel dicembre 1911 che segna il suo riavvicinamento alla Chiesa:

Ho sentito da Florenskij un giudizio sorprendente (nel 1911, era inverno, dicembre): "Cercano Cristo fuori dalla Chiesa", ma noi non conosciamo Cristo fuori dalla Chiesa, fuori dalla Chiesa "non c'è Cristo". "È proprio la Chiesa che ha dato all'umanità Cristo". Lui l'ha detto un po' più sinteticamente, ma in modo ancora più espressivo. Il senso è che la Chiesa avrebbe generato per noi Cristo, e (allora), amando Cristo, come si può osare armarsi per una guerra contro la Chiesa? Questo era il senso, ma lui l'ha detto meglio. Questo mi ha colpito con la sua novità.111

Ciò che accomuna la posizione di Rozanov e Florenskij nei riguardi della Chiesa è l'intuizione che essa è l'unico luogo dove si può personalmente e concretamente vivere la Vita nuova in Cristo. Per Rozanov questa convinzione è frutto di un tortuoso cammino,112 segnato da odio e ribellione verso la Chiesa, da attacchi alla figura di Cristo e al cristianesimo, accusato di essere la religione della morte.113 I due amici non ignorano né censurano i difetti della Chiesa storica. Li avvertono forse più di molti altri, grazie al loro acume e sensibilità. Florenskij, che ha scelto la via del sacerdozio, nutre un amore filiale verso di essa. Al contrario Rozanov mostra allo stesso tempo vertici di amore e vertici di odio polemico nei suoi confronti. Tuttavia il loro sguardo si è spinto oltre le mancanze della Chiesa storica, più in profondità, e vi ha scoperto la Vita nuova. In una lettera a Belyj del 15 luglio 1905 Florenskij racconta come è avvenuto in lui questo cambiamento di prospettiva, che molti amici simbolisti non hanno compreso. Da queste parole traspare il dolore per la diffidenza e le accuse di ingenuità nei suoi confronti, e allo stesso tempo la ferma certezza di essere sulla giusta strada:

Capisco bene perché in questo senso io mi allontano da tutti, perché a un certo momento mi sono allontanato anche da me stesso. Allora mi sono avvicinato alla Chiesa, guardandola in modo obiettivo [...] . E ho visto migliaia di difetti, ho visto la crosta più spessa, sotto la quale secondo me non c'era nulla, tranne deboli simboli. Ma qualcosa, non so cosa (interpretatelo come volete), mi ha posto, contro la mia volontà, in un rapporto soggettivo verso il popolo, e, con esso, verso la Chiesa, che lui ama. Sono penetrato all'interno di ogni guscio, sono andato al di là dei difetti. Davanti a me si è aperta la vita, forse un po' turbolenta, ma vita autentica, si è aperto senza dubbio il nucleo santo. E allora ho capito che non me ne sarei più andato dal luogo dove ho visto tutto questo.114

In una lettera a Gor'kij nel 1911, dopo l'uscita di Temnyj Lik [Il volto oscuro], Rozanov descrive il suo duplice, ma «inconciliabilmente unico»115 rapporto con la Chiesa. Essa è «odiata e odiosa»116 da un lato, e dall'altro è «ora quasi l'unica cosa interessante sulla terra».117

Ed ecco che "lotto da una vita" contro la Chiesa, e "imparo da una vita" dalla Chiesa;118 la maledico e insieme soltanto lei benedico. È un gran caos. Mi gira la testa... .119

Consigliando a Gor'kij la lettura di Russkie mogily [Sepolcri russi], uno dei passi raccolti in Temnyj Lik nel quale era stato particolarmente duro con la Chiesa, Rozanov commenta:

Da questo vedrete come so contestare e odiare: ma, vi confido, io amo. E forse amerò solo fino a domani: e domani imprecherò.120

Uno dei maggiori argomenti di polemica di Rozanov con la Chiesa è l'impossibilità a sposare Varvara Dmitrievna, poiché non ha ottenuto il divorzio dalla moglie Apollinarija Suslova, già amante di Dostoevskij:

E lei121 mi ha compatito come un orfano. E io l'ho compatita come un orfano (la storia di allora). Entrambi eravamo stati oltraggiati, umiliati. E questo è tutto il nostro amore. Ma la Chiesa ha detto "no". E io me ne sono fatto beffe. E questa è tutta la mia letteratura.122

Allo stesso tempo in Florenskij, Cvetkov e altri amici religiosi, Rozanov vede incarnata l'essenza più profonda della Chiesa. Come Florenskij, anche Rozanov è penetrato "all'interno di ogni guscio", sorprendendo in essa la Vita. Secondo Rozanov, è proprio questo l'aspetto più interessante e rivoluzionario della Colonna e il fondamento della verità. Per questo motivo nella recensione all'opera egli cita un ampio stralcio dalla nota di Florenskij Al lettore:

Ecclesialità è infatti il nome del porto dove trova quiete l'ansia del cuore, dove si piegano le pretese del raziocinio, dove una grande pace scende sulla ragione. Non importa se né io né alcun altro ha potuto, può, potrà definire che cosa sia l'ecclesialità! [...] . Questa stessa indefinibilità, questa inafferrabilità attraverso termini razionali, questa ineffabilità non dimostrano forse che l'ecclesialità è vita, una vita speciale, nuova, data agli uomini e, al pari di ogni vita, inaccessibile al raziocinio? [...] . Non esiste il concetto dell'ecclesialità, ma esiste l'ecclesialità stessa e per ogni membro vivo della Chiesa la vita ecclesiale è la cosa più certa e percepibile che egli conosca.123

Tuttavia, c'è una categoria di concetti che possono essere applicati all'ecclesialità (così com'è intesa nella tradizione ortodossa): «i più appropriati saranno quelli biologici ed estetici»,124 proprio perché:

l'ecclesialità [...] è una vita nuova, la vita nello Spirito. Qual è il criterio di verità di questa vita? La bellezza. Perché esiste una particolare bellezza spirituale, ed essa, inafferrabile con le formule logiche, è allo stesso tempo l'unica via certa per definire che cosa è ortodosso e che cosa non lo è [...] . L'ortodossia si mostra, non si dimostra. Ecco perché, per chi lo desidera, c'è solo un modo di capire l'ortodossia: l'esperienza ortodossa diretta. [...] . Per diventare ortodossi bisogna immergersi una volta nell'elemento dell'ortodossia, iniziare a vivere da ortodossi, e non esistono altre vie.125

Secondo Rozanov queste sono parole rivoluzionarie per tutti i suoi contemporanei, che sono abituati a sentir parlare del cristianesimo in tutt'altro modo:

Queste parole come "criterio biologico ed estetico" nella religione, questo appello a "iniziare a vivere da ortodossi", per verificare e giudicare tutto, colpiranno con la loro novità chiunque è abituato a leggere libri teologici, con i loro infiniti ragionamenti, lunghi calcoli, infinite citazioni e testi.126

Rozanov giunge alla consapevolezza che la Chiesa è la depositaria della cultura. La tradizione slavofila e il rapporto con gli amici teologi Florenskij, Cvetkov e Rcy lentamente generano in lui una tale convinzione, tanto che in Foglie cadute. Prima cesta dichiara:

La Chiesa non è solo la radice della cultura russa [...], ma è anche il vertice della cultura. Questo l'aveva intuito Chomjakov, (e i Kireevskij), ora ne parlano Fl [orenskij] e Cv [etkov] . E anche Rcy.127

Attaccare la Chiesa significa cercare di distruggere un tesoro. Nella recensione alla Colonna lo scrittore ribadisce con forza questo concetto:

Ecco perché i tentativi di saccheggiare questi tesori, di distruggere quest'edificio sono così terribili; è orribile e ripugnante il fatto stesso che ciò non sia compreso. Quando si dice "civilizzazione", l'orecchio deve intendere "Chiesa", quando si dice "cultura", ancora una volta l'orecchio deve tradurre: "Chiesa".128

Alludendo probabilmente alla sua storia personale Rozanov precisa che questa è una verità universale, che tutti possono riconoscere, laici e religiosi, credenti e non credenti:

per dire ciò non occorre nemmeno che si sia religiosi (se questo, per disdetta, non è avvenuto): è evidente anche a chi dal di fuori guarda con gli occhi, naturalmente se questo non è l'occhio di piombo di Comte o Spencer.129

Rozanov in più occasioni ribadisce l'importanza della Colonna e il fondamento della verità per i suoi contemporanei, come ad esempio in Mimoletnoe [Mutabilia]: " [...] la Colonna è un fenomeno enorme della nostra vita intellettuale".130 Tuttavia secondo Rozanov ciò che Florenskij esprime nella Colonna non è ancora il vertice del suo pensiero: si rammarica infatti che Florenskij

abbia deciso di non pubblicare mai in vita sua alcuni suoi importantissimi pensieri (e osservazioni) e in nessun modo di esprimerli. Ha deciso di custodirli in silenzio assoluto e di non comunicarli a nessuno. Evidentemente lui preferisce così per non "confondere le idee alle persone". È molto benevolo, e compie ogni sforzo per educare e insegnare (educare et docere).131

Rozanov conclude così la sua recensione alla Colonna e il fondamento della verità:

Ha forgiato un libro solido [...] . A Mosca a quanto pare sta sortendo un grande effetto [...] . Il pittore M. V. Nesterov mi ha mandato un invito a una riunione della "Società religioso-filosofica in memoria di Vlad. Solov'ev" in cui il principe E. N. Trubeckoj terrà proprio su questo libro una relazione dal titolo: La luce del monte Tabor e la trasfigurazione dell'intelletto. Il libro di P. A. Florenskij La colonna e il fondamento della verità. Sull'invito sono indicati i controrelatori, in tutto dodici, alcuni dei quali noti in tutta la Russia: S. N. Bulgakov, S. N. Durylišc, Vjaceslav Ivanov, G. A. Racinskij, I. I. Fudel'. Mi auguro che qualcuno rechi a Pietroburgo un resoconto dettagliato del dibattito. Comunque lo slavofilismo è giunto a uno stadio notevole.132

4. Conclusione

Gli scritti di Florenskij e Rozanov sono uno strumento privilegiato per comprendere i fermenti in atto nella Russia pre-rivoluzionaria, per guardare più da vicino la situazione della Chiesa, il suo dibattito con l'intellighenzia laica, i limiti e le riduzioni del pensiero operate dalla cultura positivistica allora imperante. Ma c'è di più: c'è soprattutto la vicenda umana di questi due grandi pensatori, la sorprendente amicizia nata tra i due, caratterizzata da una fedeltà l'uno all'altro fino alla fine.

In particolare, è al tramonto della vita che per Rozanov diventa essenziale la vicinanza dell'amico sacerdote. In una lettera del 1915 lo scrittore confessa a padre Pavel: "In verità ho desiderio e bisogno di vivere per un po' vicino a Voi. Ne ho assolutamente bisogno".133 Il timore che la rivoluzione, acclamata da molti, possa diventare realtà -- come poi avviene -- la guerra in corso, le difficoltà a pubblicare, la necessità di separarsi dai figli rendono lo scrittore sempre più debole e incapace di reagire. Sovente lo attanaglia la disperazione. Vasilij Vasil'evic non è soltanto in preda alla paura di non riuscire a far fronte alle difficoltà. La vecchiaia stessa lo spinge ad interrogarsi su molte cose: il senso della storia, tema a cui ha dedicato tutta la vita, ma anche il senso della sua stessa esistenza, il suo rapporto con Dio. Egli spesso esprime tutti questi interrogativi nelle lettere a Florenskij:

... sapete: ho l'esigenza e la necessità di vedermi con Voi personalmente due volte all'anno. Sono molto vecchio, debole, e questo ("il vedersi") mi dà forza e stabilità. Ciò che ripugna nella vecchiaia è la debolezza, la mancanza di forze. L'anima arde ancora, può ardere: ma non ci sono le forze per farlo. Oh, spesso mi chiedo:

CHE COS'È LA VITA DELL'UOMO?

E

A CHE SCOPO SONO VISSUTO?134

Non "cos'ho fatto" -- di questo me ne infischio: ma a che scopo, per che cosa, per chi sono nato? Chi, ad esempio, ho consolato, a chi ho portato felicità? [...]

Spesso c'è una tristezza profonda in me. E allora sento Dio vicino, me lo sento "nella camicia", e mi stringo a Lui, mi stringo. "Non mi lasciare".

È sorprendente. Doloroso. Strano. Mostruoso. Ecco, Paša, è così che vivo.

Tirerei un calcio, ma non so tirarlo contro me stesso.

E così vive la gente da Giobbe fino a "noi". A che scopo vivono. Che scopo ha la storia?».135

Ma nemmeno davanti ai rivolgimenti provocati dall'imminente rivoluzione Florenskij cercherà mai di mettere a tacere le domande dell'amico, e neppure di fornire sermoni o risposte consolanti:

dal mio cuore parole di conosolazione semplicemente non vengono. . [...] non posso accettare in alcun modo ciò che vedo, e la depressione, il ribrezzo, l'abbattimento si impadroniscono di me. Ecco perchè, pur sforzandomi tutta estate, non sono riuscito a cavarmi fuori nemmeno un paio di parole.136

Con l'amico, il sacerdote non reciterà mai la parte di chi possiede la Verità. Non infilerà mai il camice del chirurgo che, davanti a un cuore sanguinante di domande, non sa far altro che sterilizzare, anestetizzare, disinfettare, rimuovere ciò che provoca dolore e infine suturare. Piuttosto, Florenskij sarà per Rozanov testimone della Speranza, non tanto con le parole, quanto nel modo di vivere la propria vita, con le sue difficoltà. Nel 1916 scrive infatti a Rozanov:

Nella mia vita il dolore è troppo grande per poter essere stilizzato, e allo stesso tempo il senso di viva gratitudine a Dio per tutto è troppo grande per perdermi d'animo e disperare. Senza stilizzazione alcuna io dico agli altri e in particolare a me stesso che

e la gioia, e il dolore, tutto ha un'unico scopo

poiché io vedo che dalla pena nasce la gioia, e che la gioia suscita pena. Ed ecco, il gioco stesso di gioia e pena, per chi guarda da un po' più su, è magnifico e fa bene all'anima. E io nella vita non voglio la gioia, ma la salvezza dell'anima, perchè conosco troppo bene lo scarso valore sia della gioia sia della pena: tutto passa, resta soltanto la GIUSTIZIA DIVINA.137

In un'altra lettera padre Pavel scrive a Rozanov in un periodo particolarmente difficile per la famiglia Florenskij e per le critiche, riguardanti alcuni suoi scritti, cui il sacerdote è sottoposto.

Avete scritto ad Anna138 che il mio destino è molto infelice. Ma non avete forse Voi mai percepito che nelle disgrazie spesso Dio ci fa visita e ci ama? Mai per un minuto si è diffusa un'atmosfera di morte nella mia casa, nè, in particolare, nella mia vita. In Accademia c'è letteralmente una moria di colleghi docenti. La vecchia Accademia se ne sta andando e si sta disperdendo, e questo porta nuovi pensieri.139

Alla fine dell'agosto 1917, dopo che "Novoe Vremja" viene fatto evacuare a Nižnij Novgorod, i Rozanov, eccetto la figlia Alja, decidono di trasferirsi a Sergiev Posad in un appartamento che Florenskij stesso ha affittato per loro. La nuova casa dei Rozanov, che appartiene a un sacerdote, si trova in via Polevaja, contigua a via Dvorjanskaja, dove abitano i Florenskij.

Durante la permanenza di Rozanov a Sergiev Posad, Florenskij la visita quasi ogni giorno. Nell'ottobre del 1918 muore di polmonite Vasja, uno dei figli di Rozanov. Questa tragedia logora ulteriormente una famiglia già stremata dalla miseria, dalla fame, dal freddo, dalle malattie. Le visite di padre Pavel ai Rozanov diventano ancora più frequenti quando lo scrittore il 24 novembre 1918 subisce un colpo apoplettico che gli paralizza la parte sinistra del corpo e lo costringe a letto immobile fino alla morte. Sentendo avvicinarsi la fine Rozanov scrive alcune lettere ad amici e conoscenti, nell'intento di riconciliarsi con tutti. Nella lettera Agli amici del 7 gennaio 1919 ringrazia Florenskij «per la grazia, il coraggio e l'insegnamento».140 Il 17 gennaio 1919 nella lettera Agli scrittori egli chiede, tra gli altri, anche a Florenskij di prendersi cura della sua famiglia.141

Nella notte tra il 4 e il 5 febbraio 1919, quando lo stato di Rozanov peggiora, padre Aleksandr, fratello della moglie di padre Pavel, confessa lo scrittore, sebbene costui, agonizzante, non riesca nemmeno a pronunciare qualche parola, e gli impartisce la comunione. La mattina giungono padre Pavel e gli amici Durylin e la contessa Olsuf'eva. Quel giorno Vasilij Vasil'evic Rozanov si spegne. L'1 giugno 1922 Florenskij scrive al pittore Michail Vasil'evic Nesterov:

[...] Sì, è morto, il 23 gennaio 1919, dopo aver fatto una delle tante banje che gli erano state categoricamente vietate, ha avuto un infarto [...] . In lui è avvenne una maturazione spirituale: V [asilij] V [asil'evi] c giunse a comprendere ciò che per tutta la vita non aveva capito. Egli "annegava nell'acqua dello Stige, eternamente fredda", anelava "anche solo a un arido rivolo che sgorgasse da Dio", mentre le acque dello Stige penetravano tutto il suo essere. "Con quale terribile battesimo Dio mi ha premiato alla fine della vita", mi disse, quando andai a trovarlo. [...] . Quando lo vidi per l'ultima volta, qualche ora prima che morisse, V [asilij] V [asil'evi] c mi salutò confusamente con queste parole, già ridotte a un bisbiglio: "Come sono stato stupido, non ho capito nulla di Cristo" [...] . Ho proposto di porre sulla croce della tomba un'iscrizione dall'Apocalissi [...] grazie alla quale egli si è riconciliato con tutto il corso della storia universale: "Sì, Signore; vere e giuste sono le tue vie! .142

Il percorso spirituale e intellettuale fatto da Florenskij e Rozanov testimonia la possibilità di intraprendere, quali che siano le avverse condizioni storiche o personali, un cammino da uomini liberi, liberi dalla cultura imperante e dalle sue riduzioni, liberi dal potere, liberi dai preconcetti altrui e persino dai propri, perché liberi di dare ascolto alle proprie domande e di vivere un'amicizia nella Vita vera, reale, fino alla fine.

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Note

  1. Vasilij Vasilevic Rozanov (1856-1919), scrittore apocalittico e profeta del suo tempo. Vive gran parte della sua vita a San Pietroburgo. Lavora per lungo tempo alla rivista "Novoe Vremja" [Tempi nuovi], dove scrive in toni accesi e spesso polemici giudizi controcorrente sulla società del suo tempo, sui rapporti tra la Chiesa e i laici, sui rivolgimenti che la Russia vive alle soglie della Rivoluzione d'Ottobre, avvenimento che condurrà alla chiusura del suo giornale e alla rovina di Rozanov. Muore in miseria a Sergiev Posad, dove grazie all'aiuto di Florenskij si è trasferito con la famiglia dopo la perdita del lavoro. Tra le opere più importanti tradotte in italiano ricordiamo: V. V. Rozanov, La Leggenda del Grande Inquisitore, Marietti, 1989; Id., Solitaria, in Id., Foglie cadute, Adelphi, Milano 1989, Id., Foglie cadute. Prima cesta, in Id., Foglie cadute, cit.; Id., Da motivi orientali, Adelphi, Milano 1988. Testo

  2. La produzione di P. A. Florenskij (1882-1937) è vastissima, e negli ultimi anni in Russia e in Europa l'attenzione di studiosi e lettori comuni verso quest'autore è andata crescendo sempre più. Per una panoramica del pensiero dell'autore, tra le pubblicazioni apparse in lingua italiana ricordiamo: N. Valentini, Pavel A. Florenskij, Morcelliana, Brescia 2004; L. Žák, Verità come ethos. La teodicea trinitaria di P. A. Florenskij, Città Nuova, Roma 1999; S. Tagliagambe, Florenskij, Bompiani, Milano 2006; V. Rizzo, Vita e razionalità in Pavel A. Florenskij, Jaca Book, Milano 2012. Segnaliamo inoltre P. A. Florenskij, Avtoreferat [Nota autobiografica], in: Id., Il simbolo e la forma. Scritti di filosofia della scienza, Bollati Boringhieri, Torino 2007, pp. 3-12. Questa Nota autobiografica è stata redatta da Florenskij stesso nel 1925-26 per il Dizionario enciclopedico dell'Istituto bibliografico russo Granat. Testo

  3. V. Zen'kovskij, K. N. Leont'ev, V. V. Rozanov, Istorija Russkoj filosofii [K. N. Leont'ev, V. V. Rozanov, Storia della filosofia russa], Paritet, Mosca 2001, parte II, cap. XII, p. 452. Testo

  4. V. V. Rozanov, Uedinennoe [titolo dell'edizione italiana: Solitaria, in: Foglie cadute, cit.], in Id., O sebe i žizni svoej [Io e la mia vita], Moskovskij rabocij, Mosca 1990, p. 45. Qui come sempre, dove non altrimenti indicato, la traduzione è nostra. Testo

  5. Id., Foglie cadute, cit., p. 51. Testo

  6. È impressionante la varietà di interessi e studi di Pavel Aleksandrovic Florenskij, uomo alla costante ricerca della Verità, frammenti della quale egli tenta di intercettare nei pensatori di tutte le epoche, dagli autori greci agli uomini di cultura a lui contemporanei. Questo lo porta ad immergersi nel fermento culturale del suo tempo, e ad intessere una trama di rapporti con poeti, scrittori, musicisti, filosofi, teologi, intellettuali, con la gran parte dei quali nasce una vera e propria amicizia, nonostante la loro concezione del mondo, dell'uomo e della vita sia spesso profondamente diversa da quella di padre Pavel, e nonostante molti di essi critichino fortemente la Chiesa e ricerchino la Verità al di fuori di essa. Ne è un esempio significativo l'amicizia di Florenskij coi poeti simbolisti, documentata da Ivanova attraverso parte dell'epistolario di Florenskij (cfr. E. V. Ivanova, Pavel Florenskij i simvolisty: Opyty literaturnye. Stat'i. Perepiska, [Pavel Florenskij e i simbolisti: esperienze letterarie. Articoli. Epistolario] Jazyki slavjanskoj kul'tury, Mosca 2004) Essa dimostra l'apertura e la vivacità intellettuale di Florenskij sin dai primi anni di permanenza a Mosca, durante gli studi universitari. Un altro esempio particolarmente significativo di questo ci è pervenuto grazie a una lettera in cui Florenskij stesso racconta alla figlia Ol'ga di aver ricevuto un giorno a Sergev Posad il poeta futurista Velemir Chlebnikov e di aver condotto con lui un'appassionata discussione poetico-matematica sulle leggi del ritmo in poesia (cfr. P. A. Florenskij, lettera alla figlia Ol'ga del 10-11 marzo 1936, in P. A. Floenskij, Non dimenticatemi, Mondadori, Milano 2000, pp. 254-255). Citiamo inoltre l'amicizia col poeta simbolista A. Belyj, documentata dal carteggio tra i due, presentato al pubblico italiano da Giuseppina Giuliano (A. Belyj, P. A. Florenskij, L'arte, il simbolo e Dio. Lettere sullo spirito russo, Medusa, Milano 2004). Tra le altre personalità a lui contemporanee con cui Florenskij entra in stretto rapporto citiamo infine F. D. Samarin, N. N. Luzin, E. N. Trubeckoj, S. N. Bulgakov e N. A. Berdjaev e M. A. Novoselov. Tra i numerosi autori prediletti da Florenskij, così come documenta il suo epistolario (in particolare le lettere ai figli, cfr. P.A. Florenskij, Non dimenticatemi, cit.) ricordiamo: Sofocle, Eschilo, Omero, Virgilio, Goethe, E. T. A. Hoffmann, Tjutcev, Puškin, Gogol'. Testo

  7. P. A. Florenskij, Testamento spirituale, in Id., Non dimenticatemi, cit., pp. 417-418. Testo

  8. P. A. Florenskij, lettera a Rozanov del 9 settembre 1903, in V. V. Rozanov, P. A. Florenskij, Perepiska V. V. Rozanova i P. A. Florenskogo [Corrispondenza tra V. V. Rozanov e P. A. Florenskij], in Literaturnye izgnanniki. P. A. Florenskij. S. A. Racinskij. Kniga vtoraja [Gli esiliati della letteratura. P. A. Florenskij. S. A. Racinskij. Libro secondo], sobranie socinenij pod obšcej redakciej A. N. Nikoljukina [miscellanea a cura di Nikoljukin], Respublika, Mosca 2010, Rostok, San Pietroburgo 2010, p.9. Testo

  9. Ibidem. Testo

  10. Ibidem. Testo

  11. Cfr. A. Pyman, Pavel Florenskij. La prima biografia di un grande genio cristiano del XX secolo, Lindau, Torino 2010, p. 259. Testo

  12. Aleksandr Viktorovic El'caninov (1881-1934), amico intimo di Florenskij ai tempi del ginnasio. Tra il 1900 e il 1906 studia alla Facoltà di Storia e Filologia dell'Università di Pietroburgo e partecipa poi a Mosca a diversi progetti editoriali per testi a carattere religioso. È spesso ospite di Florenskij a Sergiev Posad. Dal 1912 lavora come insegnante di letteratura russa a Tiflis. Emigrato nel 1921, è incoraggiato da padre Sergej Bulgakov a prendere gli ordini sacerdotali. Testo

  13. Cfr. V. V. Rozanov, lettera del 9 settembre 1903, in Id., Literaturnye izgnanniki, cit., p. 9. Testo

  14. Cfr. P. P. Percov, Vospominanija o V. V. Rozanove [Ricordi su Rozanov] (pod. red. Viktor Sukaca), in "Novyj Mir", 10 (1998), nota 10. Testo

  15. S. N. Bulgakov, Svjašcennik o. Pavel Florenskij [Il sacerdote padre Pavel Florenskij], in: P. A. Florenskij: pro et contra. Licnost' i tvorcestvo Pavla Florenskogo v ocenke russkich myslitelej i issledovatelej [P.A. Florenskij: pro et contra. La personalità e l'opera di Pavel Florenskij secondo pensatori e studiosi russi], Russkij Christianskij Gumanitarnyj Institut, (pod red. K. G. Isupov, D. K. Burlaka), San Pietroburgo 2001, p. 394. Testo

  16. La prima riunione religioso-filosofica fu organizzata da Zinaida Gippius e Dimitrij Merežkovskij il 29 novembre 1901. Testo

  17. A. Belyj, cito da S. M. Polovinkin, Na izlome vekov (Religiozno-filosofskie sobranija v Sankt Peterburge) [Alla frattura tra le epoche (Gli incontri religioso-filosofici a san Pietroburgo)], Intervento al seminario "Russkaja filosofija" [Filosofia russa] tenutosi presso "Dom Loseva" [Casa Losev] il 29 novembre 2001 in occasione dei 100 anni dal primo incontro religioso-filosofico di Pietroburgo, in: "Rossija XXI", 2001, n. 6, cito dal sito: http://www.losev-library.ru/index.php?pid=667. Testo

  18. Ibidem. Testo

  19. V. V. Rozanov, Ser'eznyj kritik [Una seria critica], in: "Novyj Put'", aprile 1903: «Per quante sconsideratezze ed errori possa contenere, 'Novyj Put'' è nata da un'ispirazione, e in quanto ispirata, rientra nelle fila del giornalismo tradizionale». Testo

  20. Valentin Pavolivic Svencickij (1881-1931): sacerdote, teologo, pubblicista, prosatore. Nel 1905 è co-fondatore insieme a, tra gli altri, Ern e S .Bulgakov del movimento Fratellanza cristiana per la lotta, che si propone di operare per una riforma della Ciesa dal suo interno (cfr. A. Pyman, Pavel Florenskij, cit., pp.129-143; V. Svencickij, Sobranie socinenij (vol. 2), Dar', Mosca 2010, pp. 40-64; 584-594). Nello stesso anno è anche uno degli organizzatori della "Società religioso-filosofica in memoria di Vl. Solov'ev". Dopo la rivoluzione d'ottobre diviene sacerdote. Nel 1922 è arrestato e mandato in esilio fino al 1924, anno in cui fa ritorno a Mosca. Nel 1928 è mandato in esilio in Siberia, dove muore nel 1931. Florenskij non condivide il modus operandi della Fratellanza, che avvia una politica di scontro nella Chiesa, ostacolando, a suo avviso, il lavoro delle alte gerarchie ecclesiastiche (in primis i suoi professori all'Accademia Teologica di Mosca), impegnati nel dialogo con lo zar Nicola II, il Santo Sinodo e il governo russo, per favorire in quel momento storico una riforma dall'alto. Testo

  21. Riportiamo i titoli dei contributi di Florenskij a "Novyj Put": O sueverii [La superstizione], 3, 1903; I simboli dell'infinito (Saggio sulle idee di G. Cantor) in: Id., Il simbolo e la forma. Scritti di filosofia della scienza, cit.; Lo spiritismo come anticristianesimo in: Id., La mistica e l'anima russa, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2006. Testo

  22. Rivista artistica e letteraria russa fondata nel 1898 a San Pietroburgo e diretta da Djagilev. Tra i suoi collaboratori ricordiamo: Merežkovskij, Z. Gippius e Rozanov, gli scenografi A. Benois e Leon Bakst. Testo

  23. P. A. Florenskij, Su un presupposto della concezione del mondo, in Id., Il simbolo e la forma. Scritti di filosofia della scienza, cit., p. 25. Testo

  24. Le parole nelle parentesi quadre indicano la prima versione, corretta successivamente da Florenskij. Testo

  25. P.A. Florenskij, Ja motiv Privedu..., [Porterò argomentazioni...], in: E. V. Ivanova, Pavel Florenskij i simvolisty, cit., p. 164. L'immagine della lapša a casa Rozanov allude alle "domeniche dai Rozanov". Testo

  26. P. A. Florenskij, Zapisnaja tetrad' 1904-1905 [Taccuino 1904-1905], brano 78, in: E. V. Ivanova, Pavel Florenskij i simvolisty, cit., p. 332: "Articolo per Vesy. Articolo sull'amore per il male ideato da tempo". Testo

  27. Ibidem. Dall'elenco delle pubblicazioni di Pavel Florenskij stilato da Andronik Trubacev non risulta che sia mai stato pubblicato su "Vesy" un articolo con un tema simile (cfr. Ierodiakon A. Trubacev, Ukazatel' pecatnych trudov svjašcennik Pavla Florenskogo [Indice dei lavori pubblicati del sacerdote Pavel Florenskij], in "Bogoslovskie trudy", 23, Mosca 1982, pp. 280-309). Testo

  28. V. V. Rozanov, V mire nejasnogo i nerešennogo [Nel mondo del vago e dell'indefinito], San Pietroburgo 1901; (II edizione 1904). La raccolta è stata ripubblicata per la prima volta nel 1995 a cura di A. Nikoljukin: Id., V mire nejasnogo i nerešennogo, Respublika, Mosca 1995. Testo

  29. V. V. Rozanov, Literaturnye izgnanniki, cit. p. 194. Testo

  30. Ibidem, pp. 9-10. Testo

  31. P. A. Florenskij, Non dimenticatemi, p. 385. Testo

  32. Id., lettera a Rozanov del 9 settembre 1903, in Literaturnye izgnanniki, cit., p. 10. Testo

  33. V. V. Rozanov, Religija. Filosofija. Kul'tura [Religione, Filosofia, Kultura], Respublika, Mosca 1992, pp. 3-5. Testo

  34. P. A. Florenskij, lettera a V.V. Rozanov del 9 settembre 1903, in Literaturnye izgnanniki, cit., pp.10-11. Testo

  35. Ibidem, cit. p.10. Testo

  36. Ibidem, p.194. Testo

  37. Ibidem. Testo

  38. P. A. Florenskij, lettera a Rozanov del 9 settembre 1903, in Literaturnye izgnanniki, cit., p. 10. Testo

  39. Rozanov gioca con la somiglianza delle parole oblicenie e oblecenie (sostantivo dal verbo oblec', che significa "vestire, avvolgere in vesti", ma anche "investire di un potere, di una carica"). Testo

  40. Lettera di Rozanov a Gollerbach del 29 agosto 1918, in Pis'ma V. V. Rozanova k E. F. Gollerbachu [Lettere di Rozanov a Gollerbach], pod. red. E. F. Gollerbacha, Izdatel'stvo E. A. Gutnova, Berlin 1922, cito dal sito http://users.kaluga.ru/kosmorama/letters.html, Komp'juternaja obrabotka S. I. Jasinskogo. Testo

  41. Allusione alla poesia di Tjutcev Videnie [Visione] citata poco sopra nella stessa lettera. Citando Tjutcev, Florenskij per "notte fitta" intende le profondità dell'essere. Testo

  42. P. A. Florenskij, lettera a Rozanov del 9 settembre 1903, in Literaturnye izgnanniki, cit., p. 10. Testo

  43. Rivista dell'Accademia Teologica di Mosca, dove padre Pavel a partire dal 1907 svolge la sua attività didattica. Testo

  44. Vescovo Fedor (Alesandr Vasil'evic Pozdeevskij) (1876-1940?): Rettore dell'Accademia Teologica di Mosca dal 1909 al 1917. É membro del "Circolo dei cercatori della cultura cristiana" e supervisore della tesi di dottorato di Florenskij, che valutò positivamente. Testo

  45. Cfr. Igumen A. Trubacev, Svjašcennik Pavel Florenskij -- Professor Moskovskoj Duchovnoj Akademii i redaktor "Bogoslovskogo Vestnika"[Il sacerdote Pavel Florenskij -- Professore dell'Accademia Teologica e redattore del "Messaggero Teologico"], in: "Bogoslovskie trudy", 28 (1987), p. 301. Testo

  46. V. V. Rozanov, Sobranie Socinenij. Sacharna, [Miscellanea. Sacharna], Respublika, Mosca 1998, p. 220. Testo

  47. Società fondata nell'autunno 1906 per iniziativa di S. Bulgakov e presieduta da Grigorij Racinskij (1859-1939). Gli altri membri fondatori sono: Florenskij stesso, A. Belyj, V. Ivanov, N. Berdjaev, Ern, Svencickij e il principe E. N. Trubeckoj. Testo

  48. Poeta e filosofo russo (Mosca 1866-Roma 1949). Testo

  49. P. A. Florenskij, lettera a V. V. Rozanov del 5 aprile 1913, Literaturnye izgnanniki, cit., p.117. Testo

  50. Ibidem. Testo

  51. Ibidem. Testo

  52. Ibidem, p.112. Testo

  53. Id., Lezioni sulla concezione cristiana del mondo, in Id., Bellezza e liturgia. Scritti su cristianesimo e cultura, Mondadori, Milano 2010, pp. 69-70. Testo

  54. Id., Ai miei figli, cit. p.274. Testo

  55. V. V. Rozanov, Kogda nacal'stvo ušlo [Quando l'autorità se ne andò], Respublika, Mosca 1997, p. 214. Testo

  56. Id., Foglie cadute, cit., p. 105. Testo

  57. P. A. Florenskij, Stolp i utverždenie istiny: Opyt pravoslavnoj teodicei v dvenadcati pis'mach, Put', Mosca 1914. Trad. it.: P. A. Florenskij, La colonna e il fondamento della verità. Saggio di teodicea ortodossa in dodici lettere, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2010. Testo

  58. Cfr. A. Nikoljukin, Rozanov, Molodaja Gvardija, Mosca 2001, p. 427. Testo

  59. V. V. Rozanov, Gustaja kniga [Un libro denso], in Id., Russkaja Mysl' [Pensiero russo], Algoritm, Mosca 2006, p.555. Testo

  60. Cfr. A. Nikoljukin, Rozanov, cit., p. 427. Testo

  61. Gustaja kniga viene pubblicata su "Novoe Vremja" del 12 e 22 febbraio 1914. Viene poi ripubblicato per la prima volta solo nel 2006 in V. V. Rozanov, Russkaja Mysl', cit., pp.555-566. Testo

  62. V. V. Rozanov, Gustaja kniga, cit., p. 555. Testo

  63. Ibidem, pp.555-556. Testo

  64. Ibidem, p. 556. Testo

  65. Ibidem. Testo

  66. Ibidem,p. 560. Testo

  67. Ibidem, p. 556. Testo

  68. Ibidem, p. 557. Testo

  69. Ibidem. Testo

  70. Ibidem. Testo

  71. Cfr. P. A. Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, cit., p. 17. Testo

  72. Ibidem. Testo

  73. Ibidem. Testo

  74. V. V. Rozanov, Gustaja kniga, cit., p. 559. Testo

  75. Ibidem, p. 556. Testo

  76. Ibidem, p. 559. Testo

  77. Si intendono gli stralci dalla prima lettera della Colonna e il fondamento della verità, intitolata "Due mondi". Cfr. P. A. Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, cit., pp. 17-21. Testo

  78. V. V. Rozanov, Gustaja kniga, cit., p. 560. Testo

  79. La vita in seguito avrebbe riservato a Rozanov altri lutti: il 9 ottobre 1918 a Rozanov muore il figlio Vasja, ammalatosi di polmonite in Ucraina. Rozanov imputa a se stesso la responsabilità di questa morte: aveva lasciato partire il figlio per l'Ucraina con pochi soldi e con vestiti leggeri. Rozanov muore tre mesi dopo la scomparsa del figlio e due anni dopo la figlia Vera pone tragicamente fine alla sua vita impiccandosi. L'amica Varvara Dmitrievna muore nel 1923. Testo

  80. Cfr. A. M. Ripellino, Rozanov: ricognizione nel suo sottosuolo, in V. V. Rozanov, Foglie cadute, cit., p.485. Testo

  81. V. V. Rozanov, Opavšie list'ja. Korob pervyj [Foglie cadute. Prima cesta], in Id., O sebe i žizni svoej, cit., p. 168; trad. it. di A. Pescetto in Id., Foglie cadute, cit., p. 121. Testo

  82. Ibidem, p. 224. Testo

  83. Id., Opavšie list'ja. Korob vtoroj [Foglie cadute. Seconda cesta], cit., p. 545. Testo

  84. Ibidem, p. 224. Testo

  85. Ibidem, p. 429. Testo

  86. Ibidem. Testo

  87. Ibidem, p.174; trad it. di A Pescetto in Id., Foglie cadute, cit., p.128. Testo

  88. Id., Opavšie list'ja. Korob vtoroj, cit., p. 531. Testo

  89. Le prime 8 lettere furono pubblicate nel 1908 su due periodici: Stolp i utverždenie istiny. Pis'ma k drugu [La colonna e il fondamento della verità. Lettere a un amico], in "Voprosy religii", 2 (1908); Stolp i utverždenie istiny. Pis'mo vos'moe [La colonna e il fondamento della verità. Seconda lettera], in "Religija i žizn", 1 (1908). Testo

  90. P. A. Florenskij, lettera a V. V. Rozanov del 25 aprile 1909, in V.V. Rozanov, Literaturnye izgnanniki, cit., p. 23. Testo

  91. V. V. Rozanov, Opavšie list'ja. Korob vtoroj, cit., p. 559-560. Testo

  92. Ibidem, p.560. Testo

  93. Il corsivo è di Rozanov, non di Florenskij. Testo

  94. P. A. Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, cit., p. 9. Testo

  95. Ibidem, p. 10. Testo

  96. V. V. Rozanov, Gustaja kniga , cit., p. 562. Testo

  97. Id., V russkich potemkach [Nelle tenebre russe], "Novoe Vremja", 2 ottobre 1910. Testo

  98. Id., Opavšie list'ja. Korob pervyj, cit., p. 194. Testo

  99. Ibidem, p.195; trad. it. di A. Pescetto in Id., Foglie cadute, cit., p. 152. Testo

  100. Id., Uedinennoe, in Id., O sebe i žizni svoej, cit., p. 72; trad. it. di A. Pescetto in Id., Foglie cadute, cit., p. 50. Testo

  101. Id., Opavšie list'ja. Korob pervyj, cit., p. 194; trad. it di A. Pescetto in Id., Foglie cadute, cit., p. 151. Testo

  102. Id., Gustaja kniga, cit., p. 562. Testo

  103. La donna con cui Rozanov convive more uxorio e da cui ha avuto cinque figli. Varvara Dmitrievna è figlia di un pope per il quale Rozanov nutre un timore reverenziale. Testo

  104. V. V. Rozanov, Uedinennoe, in Id., O sebe i žizni svoej, cit., p. 122; trad. it. di A. Pescetto in Id., Solitaria, in Foglie cadute, cit., pp. 104-105. Testo

  105. Ibidem. Testo

  106. Cfr. Ibidem. Testo

  107. Pseudonimo di Ivan Fedorovic Romanov (1861-1913), grande amico di Rozanov, di convinzioni neoslavofile. Collaborò fra il 1890 e la data del suo decesso a "Novyj Put", "Mir iskusstva", "Zemšcina", "Rossija". Testo

  108. V. V. Rozanov, Uedinennoe, in Id., O sebe i žizni svoej, cit., p. 122; trad. it. di A. Pescetto in Id., Solitaria, in Foglie cadute, cit., p. 105. Testo

  109. Fedor Eduardovic Šperk (1872.1897), figlio di un celebre dermatologo e specialista in malattie veneree, Eduard Fedorovic (1837-1894), di origine russo-tedesca. Fedor Eduardovic conosce Rozanov negli anni Novanta e diviene suo intimo amico. Collabora al "Novoe Vremja" e pubblica diversi opuscoli: Filosofia della personalità (1895), Sul timore della morte e il principio della vita (1895), Il libro del mio spirito (1896). Quando muore prematuramente di tubercolosi Rozanov ne è molto scosso e addolorato. Testo

  110. V. V. Rozanov, Uedinennoe, in Id., O sebe i žizni svoej, cit., pp. 109-110. Testo

  111. V. V. Rozanov, Opavšie list'ja. Korob vtoroj, cit., p.357. Testo

  112. Si veda in proposito: V. Zen'kovskij, K. N. Leont'ev, V. V. Rozanov, cit.,pp. 434-445. Testo

  113. Cfr. V. V. Rozanov, Okolo cerkovnych sten [Presso le mura della Chiesa] (vol. 2), San Pietroburgo 1906, p. 446. L'opera è stata ripubblicata a cura di A. Nikoljukin nel 1995: Id., Okolo cerkovnych sten, Respublika, Mosca 1995. Testo

  114. P. A. Florenskij, Perepiska s Andreem Belym [Carteggio con Andrej Belyj], in E. V. Ivanova, Pavel Florenskij i simvolisty, cit., p.470; ed. it.: A. Belyj, P.A. Florenskij, L'arte, il simbolo e Dio. Lettere sullo spirito russo, cit. Testo

  115. V. V. Rozanov, Pis'mo Maksimu Gor'komu, ijul'-avgust 1911, in Id. Mysli o literature, Sovremennik, Mosca 1989, p. 519. Testo

  116. Ibidem. Testo

  117. Ibidem. Testo

  118. Rozanov gioca sulla somiglianza della sua frase col proverbio russo: "vivi un secolo, impara un secolo". Testo

  119. V. V. Rozanov, Pis'mo Maksimu Gor'komu, cit., p. 519. Testo

  120. Ibidem, p. 520. Testo

  121. Rozanov si riferisce a Varvara Dmitrievna. Testo

  122. V. V. Rozanov, Opavšie list'ja. Korob vtoroj, cit., p. 544. Testo

  123. P. A. Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, cit., pp. 11-13. Testo

  124. Ibidem, p. 13. Testo

  125. Ibidem, (La traduzione di questo stralcio è nostra). Testo

  126. V. V. Rozanov, Gustaja kniga, cit., pp. 562-563. Testo

  127. Id., Opavšie list'ja. Korob vtoroj, in Id., O sebe i žizni svoej, cit., p. 305. Testo

  128. Id., Gustaja kniga, cit., p. 562. Testo

  129. Ibidem. Testo

  130. Id., Sobranie socinenij. Mimoletnoe [Miscellanea. Mutabilia], Respublika, Mosca 1994, p.148. Testo

  131. Ibidem. Testo

  132. Id., Gustaja kniga, cit., pp.565-566. Testo

  133. Id., lettera a P. A. Florenskij del 26 agosto 1915, in Id., Literaturnye izgnanniki, cit., pp. 350-351. Testo

  134. Riportiamo lo stampato maiuscolo laddove l'autore stesso lo ha utilizzato, così come l'organizzazione spaziale del testo sulla carta, come da originale. Testo

  135. Ibidem, pp. 352-353. Testo

  136. P. A. Florenskij, lettera a V. V. Rozanov dell'8 agosto 1917, in Id., Literaturnye izgnanniki, cit., p.192. Testo

  137. Id., lettera a V. V. Rozanov del 13 agosto 1916, ibidem, pp. 185-186. Testo

  138. Anna Michajlovna Giacintova, moglie di Florenskij. Testo

  139. P. A. Florenskij, lettera a V. V. Rozanov del 10 agosto 1916, in V. V. Rozanov, Literaturnye izgnanniki, cit., p. 184. Testo

  140. V. V. Rozanov, Druz'jam [Agli amici], lettera del 7 gennaio 1919, in V. V. Rozanov, O sebe i žizni svoej [Io e la mia vita], cit., p. 683. Testo

  141. Cfr. Id., Literatoram [Ai letterati], lettera del 17 gennaio 1919, ibidem, p. 684. Testo

  142. Id., lettera a M. V. Nesterov dell'1 giugno 1922, cito da: P. A. Florenskij: pro et contra, cit., pp. 484-485. Testo