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Heidegger e Agostino. Teologia ed ermeneutica

di Wasim Salman (21 marzo 2012)

A volte oggi si parla di svolta ermeneutica come di una scuola autonoma o come di una provincia della fenomenologia. Si tratta infatti di uno sguardo fenomenologico che si vuole attento alla condizione linguistica del senso e che si apre alla storia, a detrimento del privilegio che dà la versione husserliana della fenomenologia alla conoscenza teorica e alla percezione. Ma se è vero che Heidegger è il primo a parlare di una fenomenologia necessariamente ermeneutica,1 dove attinge il suo concetto di ermeneutica? E quale significato porterà questa parola nel suo programma filosofico?

1. La teologia nella formazione del giovane Heidegger

L'influsso esercitato da Heidegger sulla teologia contemporanea è stato rilevante, tanto più che la stessa filosofia occidentale è segnata intensamente, nella sua concettualità, dalla teologia e dalla tradizione cristiana. Il pensiero di Heidegger, sin dall'inizio, era profondamente immerso nella questione religiosa e teologica, e oggi ne siamo al corrente, perché possiamo conoscere la sua formazione giovanile cattolica. Egli nacque, infatti, nell'ambito conservatore del centro-nord della Germania, da un padre che faceva addirittura il sacrestano nella chiesa di san Martino. Ecco perché la sua famiglia rimase fedele alla Chiesa cattolica nella controversia, che seguì il Concilio Vaticano I, quando i cattolici liberali respinsero la proclamazione dell'infallibilità del papa.

Il giovane Heidegger, pio e brillante, fece un'esperienza di due settimane nella compagnia di Gesù, ma non fu ricevuto nell'Ordine per motivi di salute. Per questo, egli entrò al Collegium Borromaeum, per prepararsi come secolare al sacerdozio e si dedicò allo studio della teologia presso l'università di Friburgo nel 1909, lasciando così la sua casa di Messkirch.2

Le prime pubblicazioni di Heidegger furono esclusivamente raccolte, tra 1910 e 1912, nella rivista Der Akademiker del Katholischen Deutschen Akademikerverband, un giornale conservatore cattolico nella linea del papa Pio X, dove Heidegger indicò il pericolo e i danni che il modernismo poteva portare all'antica tradizione cattolica.3 Ma di nuovo e per motivi di salute, il giovane seminarista fu costretto ad abbandonare la formazione sacerdotale e teologica, dedicandosi in seguito alla matematica, alle scienze naturali e infine alla filosofia, pur rimanendo fedele alla tradizione cattolica. All'età di trent'anni e in occasione del battesimo di suo figlio, Heidegger decide di rompere con la fede cattolica, confessandolo in una lettera al sacerdote che l'aveva sposato e aveva celebrato quel battesimo:

Le mie convinzioni sul piano gnoseologico, che si estendono alla teoria della conoscenza storica, hanno reso per me problematico e inaccettabile il sistema del cattolicesimo -- non il cristianesimo o la metafisica in quanto tali, determinazioni che hanno, però, assunto un senso nuovo.4

La prima svolta del pensiero di Heidegger va dal cattolicesimo al protestantesimo, dalla fenomenologia husserliana all'ermeneutica della fatticità, e dalla teologia dogmatica alla teologia del Nuovo Testamento e forse quella patristica. Di conseguenza, egli si orientò verso Lutero, Pascal e Kierkegaard, e grazie a quest'ultimo tornò a Agostino e Paolo. In effetti, nel 1921 accennò con chiarezza a Karl Löwith di essere un teologo cristiano,5 e così effettuando uno studio intensivo sull'esperienza della vita fattuale a partire dalla prima comunità cristiana,6 riprende la critica luterana di Aristotele e della scolastica medievale.

Sua moglie dichiara, inoltre, allo stesso sacerdote Krebs, prima di battezzare il figlio, la sua poca fede nell'ortodossia sia cattolica che protestante:

Mio marito non possiede più la sua fede religiosa, io non l'ho mai trovata. Fin da quando ci siamo sposati la sua fede era minata da dubbi, ma io sollecitavo il matrimonio cattolico e speravo col suo aiuto di trovare la fede. Insieme abbiamo perciò letto molto, parlato, pensato e pregato, e il risultato è che entrambi siamo arrivati solo a pensare come protestanti, vale a dire senza il saldo vincolo del dogma; crediamo in un Dio personale, lo preghiamo nello spirito di Cristo, ma senza l'ortodossia né protestante né cattolica.7

Il pensiero medievale accompagna Heidegger in tutto il suo cammino di pensiero,8 per rinnovare la metafisica, cercando così il futuro del pensare, nel ritornare verso l'antico, a partire dalla domanda: che cos'è l'ente, o l'ente nel suo essere? Scrisse la sua tesi di Habilitation su Duns Scoto, dove il linguaggio appare come l'organo della filosofia, così come la prolusione dello stesso anno sul Concetto di Tempo nella storiografia.9 In questo contesto, la domanda dell'essere si orienterà verso l'ens tanquam verum, cioè la verità logica nella sua differenza dalla verità psicologica.10 Se il senso della verità logica è statico e non comporta nessun devenire o sviluppo, il psicologismo ereditato dalla fenomenologia husserliana e dall'interpretazione kantiana, diventerà sempre più estraneo al nostro Autore. Per questo, la sua preparazione per la logica non si basa più sulla ricerca psicologica ma sul chiarire e definire il significato delle parole (Wortbedeutungen). E tentando di mettere insieme la logica e il linguaggio, fece della grammatica speculativa e della dottrina del significato il tema del suo pensiero. Di conseguenza, la domanda sul verum viene condotta verso l'ens e la sua molteplice dicibilità (Sagbarkeit).

L'attenzione di Heidegger per la vita fattuale dipende, in realtà, dalle critiche rivolte alla teologia liberale, alla fine del XIX secolo e al suo approccio della vita cristiana. Va ricordato che il periodo marburghese di Heidegger fu segnato da incontri con alcuni teologi come Paul Tillich e Rudolf Bultmann, sostenitori della teologia dialettica, così come con studenti interessati alla questione teologica come Hans Jonas et Hannah Arendt.11

A Marburgo negli anni venti si realizzò, nel campo teologico, l'allontanamento dalla teologia storica e liberale; mentre sul piano filosofico, si verificarono il distacco dal neokantismo, la dissoluzione della suola di Marburgo e l'avvento di nuovi astri nel firmamento filosofico. Si parla della nascita della teologia dialettica, che viene definita dal giovane Heidegger come la ricerca della parola che sia in grado di chiamare alla fede e di conservare nella fede. Secondo Gadamer, il nucleo stesso di Essere e tempo è costituito da una conferenza tenuta nel 1924 alla facoltà teologica di Marburgo.12

La scuola di Marburgo si era distinta all'interno del neokantismo contemporaneo per il suo rigore metodico, orientandosi verso la fondazione delle scienze. Tanto il distacco filosofico-morale effettuato da M. Scheler dall'etica imperativa, quanto la presa di distanza dal metodologismo della Scuola di Marburgo, trovavano la loro corrispondenza nell'ambito teologico, da far sì che le stesse fondamenta della teologia sistematica e storiografica cominciassero a vacillare. La comparsa del giovane Heidegger a Marburgo negli anni venti divenne un punto di riferimento, giungendo nella sua analisi alle originarie esperienze dell'esistenza, che egli scopriva dietro i mascheramenti dei concetti tradizionali.

Questa svolta fu, infatti, sollecitata da problemi teologici, ne è testimone, sottolinea Gadamer, un manoscritto che Heidegger aveva spedito già nel 1922 a Paul Natorp, dal titolo Introduzione fondamentale alle interpretazioni di Aristotele, il quale evocava diverse figure teologiche come Lutero, Gabriel Biel e Agostino. Sembrava una elaborazione della situazione ermeneutica, facendo comprendere con quali domande e con quale volontà di opposizione intellettuale noi affrontiamo Aristotele,13 e pone così la domanda sul significato dell'interpretazione in filosofia, come una confronto con la verità del testo.

Heidegger identifica la crisi delle fondamenta della teologia ai concetti stessi della teologia dogmatica. Per questo, seguendo Lutero e il suo amico Bultmann, egli si rende conto della necessità di una teologia che cammina sui piedi,14 che sarà la base della svolta ermeneutica della teologia cattolica postconciliare che passa dalla dogmatica all'ermeneutica.15

Nondimeno, la svolta ermeneutica heideggeriana fu preparata già nei suoi corsi friburghesi sulla vita religiosa e su Agostino, dove il nostro Autore mostrò la sua diffidenza verso la scolastica, che non era in grado di soddisfare le sue aspettative religiose.16 In questo contesto, Heidegger definisce l'agostinismo, dal punto di vista filosofico, come un platonismo cristianizzato opposto a Aristotele, mentre dal punto di vista teologico, è une determinata concezione del peccato e della grazia.

2. Aporie dell'ermeneutica moderna e della sua lettura di Agostino

Nella sua opera Ontologie, Hermeneutik der Faktizität, Heidegger confronta l'ermeneutica di Agostino con quella dell'era moderna, per lanciare infine l'ermeneutica del Dasein. Per questo, cercheremo di delineare, a grandi linee, l'ermeneutica di Agostino, i problemi dell'ermeneutica romantica e del metodo storico-critico di Harnack e di Troeltsch, e le sue conseguenze sull'interpretazione di Agostino e dei testi del passato.17

La critica heideggeriana si rivolge, tuttavia, all'ermeneutica romantica, i cui rappresentanti per eccellenza sono F. Schleiermacher e W. Dilthey, perché questi hanno ridotto l'idea complessiva e vivente di ermeneutica nel senso agostiniano ad un'arte (tecnica) del comprendere.18

Il giovane Heidegger aveva studiato le opere di Dilthey e ne diventava critico, identificando addirittura la sua ricerca a un rinnegamento del lavoro diltheyano.19 Il problema di Dilthey consiste nell'osservazione esterna della vita e della storia, come se fosse un'opera estetica da gustare o un semplice racconto sul passato che non richiede all'interprete di coinvolgersi personalmente nella storia.20 Heidegger vuol superare le lacune del pensiero diltheyano, tramite il modello della fede cristiana primitiva, che costituisce a suo parere un'esperienza storica originaria.

Le indagini di W. Dilthey sono costantemente animate dal problema della vita. Egli cerca di comprendere le esperienze vissute di questa vita nella loro connessione di struttura e di sviluppo a partire dalla totalità di questa vita stessa [...] certamente proprio qui si manifestano nel modo più netto i limiti della sua problematica e dell'apparato concettuale in cui il suo pensiero dovette esprimersi [...] perché non si muove nella dimensione dell'essere dell'Esserci.21

In Einleitung in die Geisteswissenschaften, Dilthey evoca il dominio e il declino della metafisica, e interpreta per lo più Agostino nel contesto dello sviluppo della coscienza storica e della fondazione gnoseologica delle scienze umane. Con il cristianesimo infatti è superato il limite della scienza antica, che si occupava esclusivamente dell'immagine del mondo esterno. Da questo punto di vista, Dio viene strappato dalla trascendenza teoretica di Platone ed entra nel contesto dell'esperienza umana. In questo contesto, Agostino aveva stabilito la realtà assoluta dell'esperienza interiore, anticipando in qualche modo il Cogito cartesiano, e in secondo luogo effettuava una svolta metafisica, in quanto «Le veritates aeternae sono le idee contenute nella coscienza assoluta di Dio».22

Nella sua opera Kritik der historischen Vernunft, tratta il problema delle scienze dello spirito, facendo la sua critica della capacità dell'uomo di comprendere se stesso, la società e la sua stessa storia. Occorre quindi trovare una logica appropriata alle scienze dello spirito, che corrisponda alla vita storica, o a una analisi trascendentale dell'Io, in quanto piena coscienza in cui si manifesta la vita storica.23 In questo senso, Dilthey rimane un erede della scuola storica tedesca, poiché intende la connessione storica come rapporto degli effetti (Wirkungszusammenhang), osservando però il suo oggetto dall'esterno, come oggetto estetico.

Heidegger sottolinea che con Dilthey l'ermeneutica si è allontanata di più dalla sua origine patristica e luterana, per diventare una metodologia delle scienze dello spirito. L'ermeneutica difende la certezza della comprensione di fronte al relativismo storico e all'arbitrario soggettivo. Secondo Dilthey, la vita spirituale trova la sua espressione possibile e oggettiva nella lingua, la comprensione diventa quindi possibile solo se presuppone la vita (Erlebnis) come metodo, perché l'interpretazione si compie tramite il testo scritto, dove si situano i resti della vita umana.24

Tutto si incentra, afferma Heidegger a proposito di Dilthey, nella psicologia, la quale deve comprendere la vita nella sua connessione storica di sviluppo e di effetti, come la maniera in cui l'uomo è il possibile oggetto delle scienze dello spirito e, contemporaneamente, la radice di queste scienze. L'ermeneutica è l'autochiarificazione di questa comprensione; solo in forma derivata essa è metodologia della storiografia.25

Quanto all'oggettivismo teologico, Heidegger evoca i rappresentati della teologia liberale, e in primo luogo Ernst Troeltsch. L'interpretazione troeltschiana di Agostino appare nel suo scritto Augustin, die christliche Antike und das Mittelalter. Im Anschluß and die Schrift «De Civitate Dei» 1915. Troeltsch interpreta Agostino dal punto di vista della civiltà, alla luce della storia universale, ponendo la domanda su come il mondo e i beni reali della civiltà possano essere integrati  nella salvezza cristiana, dopo la caduta  sotto il dominio del paganesimo. Agostino è il più grande maestro di etica dell'antichità cristiana, rappresenta infatti l'ultima e maggiore sintesi della civiltà antica al suo tramonto con l'ethos, il mito, l'autorità e l'organizzazione della Chiesa; per questo, sta piuttosto alla conclusione del mondo antico che all'inizio del Medioevo.26 Troeltsch cerca, infatti, di ottenere una filosofia della civiltà ben definita e di venire in aiuto alla vita spirituale presente, orientando i valori culturali nel senso della storia universale.

Il secondo rappresentante della teologia liberale, che riprende Heidegger, è Adolf von Harnack.27 L'esposizione di Harnack si fonda su una maggiore familiarità con gli scritti agostiniani rispetto a Troeltsch, e va intesa in base al compito della storia dei dogmi. Agostino è un riformatore della devozione cristiana, e scoprendo la religiosità della religione, la trasferisce dalla forma comunitaria all'interiorità del cuore. Per Harnack, Agostino entra nel quadro della formazione del dogma della vecchia Chiesa e la sua evoluzione, egli è un riformatore del pensiero antico e un punto fondamentale per il pensiero cristiano medioevale. L'interesse per Agostino e per la storia dei dogmi, mostra l'incompatibilità dei dogmi con la purezza originaria dei Vangeli, e di conseguenza con la teologia protestante fondata sul principio della Sola Scriptura.28

Le tre interpretazioni legate dunque alla storia della scienza, alla storia della civiltà e alla storia dei dogmi, presentano, secondo Heidegger, certe lacune dovute al fraintendimento del senso dell'obiettività storica. I tre autori sono ovviamente i rappresentanti dello storicismo filosofico e teologico della seconda metà dell'Ottocento e inizio del Novecento. Con questo, Heidegger conduce il suo pensiero verso l'esperienza cristiana primitiva, per ritrovare la vita fattuale e superare le aporie presenti nello storicismo, iniziando il suo cammino nella teologia secondo il modello di Hegel, Herder e Hamann.29

Se l'uomo è un mistero esistenziale per se stesso, che implica insicurezza e inquietudine, la sua verità non può essere oggettiva, non è un semplice adequatio del comprendere secondo il modello matematico, bensì un genitivo soggettivo, cioè la verità o la comprensione in quanto tale nella sua manifestazione.30 Di conseguenza, l'interpretazione dell'esistenza corre il rischio del relativismo, che corrisponde in qualche modo alla stessa esistenza. L'essere dell'Esserci è, infatti, la storicità stessa, e la possibilità di accedere alla storia è basata sul fatto che il presente sa essere di volta in volta futuro: «questo è principio primo di ogni ermeneutica».31

Il nostro Autore obietta dunque la distinzione tra vero e falso, nel porre lo scetticismo come antitetico al concetto di verità, e afferma che il modo attuale di identificare lo storico con il relativo è insensato; per questo occorre riporre in modo tutto nuovo le domande relative all'obiettività storica. Prende, pertanto, la sua distanza dalla lettura tradizionale di Agostino, passando da una lettura di un oggetto storico a un processo storico, interpretandolo per lo più sulla base di una fenomenologia dell'io, intesa come il modo in cui la vita fattuale comprende se stessa e si compie come esistenza. In questo senso, la storia e la storicità verranno interpretate come compimento ontologico dell'esistenza, che richiede anzitutto di abbandonare gli schemi metodologi nel leggere la storia, per capirne il vero significato.

Il compito della filosofia della religione, che occupa il giovane Heidegger, è quello di pervenire a un rapporto genuino e originario con la storia, da esplicarsi sulla base della nostra specifica situazione e fatticità. C'è una storia solo partendo da un presente, e soltanto così va intesa la possibilità di una filosofia della religione.32

3. Agostino e l'ermeneutica della fatticità

Dopo la prima guerra mondiale, l'impegno di Heidegger passa dal discorso sull'essere concepito nella sua unità tramite un'impostazione metafisica, alla questione della vita fattuale, la vita nella sua fatticità. Se il senso dell'attuazione, il senso del contenuto e quello referenziale costituiscono la struttura della situazione, nella vita fattuale domina il senso dell'attuazione (Vollzugssinn), che si ha nell'orientamento del contenuto. Nel comprendersi storicamente, l'attuazione crea il suo senso fondamentale (Grundsinn) e si orienta verso la sua origine.33 Il nostro Autore definisce la fenomenologia come scienza dell'origine, o l'auto-interpretazione della vita fattuale che viene compresa nella sua originalità in quanto storica, vita-nel-mondo.

Nella sua opera Ontologie, Heidegger sottolinea che l'ermeneutica sembra una parola oscura e mostra il modo unitario del rivolgersi, affrontare, accostare, domandare e esplicare della fatticità. Nel pensiero platonico è la manifestazione dell'essere dell'ente nel suo essere per me. In effetti, l'ermeneutica conosce la sua prima fase nel stabilire il canone della Sacra Scrittura e il credo dogmatico niceano-costantinopolitano, ma in modo particolare con Agostino d'Ippona nel suo De Doctrina Christiana, che fornisce, sottolinea Heidegger, la prima ermeneutica in grande stile:

La persona timorata di Dio cerca diligentemente nelle Sacre Scritture la volontà divina. Mansueto nella sua pietà, non ama i litigi; fornito della conoscenza delle lingue, non rimane incastrato in parole e locuzioni sconosciute; fornito anche della conoscenza di certe cose necessarie, non ignora la forza e l'indole delle medesime quando vengono usate come paragone. Si lascia anche aiutare dall'esattezza dei codici ottenuta mediante una solerte diligenza nella loro emendazione. Chi è così equipaggiato venga pure ad esaminare e risolvere i passi ambigui della Scrittura.34

Con Agostino appare l'equipaggiamento con il quale l'uomo deve approcciarsi all'interpretazione dei passi ambigui della Scrittura, e cioè il timore di Dio per cercare la sua volontà, la pietà per evitare le dispute verbali, la conoscenza linguistica per chiarire le parole sconosciute, e infine la conoscenza di determinati oggetti naturali per non confonderli con la verità.

Heidegger rimanda, inoltre, a J. J. Rambach, un autore del XVIII secolo, per definire l'ermeneutica sacra come la dottrina delle condizioni dell'applicazione pratica dell'interpretazione. In questo senso, appare la giusta disposizione nell'interpretazione dei testi, in base all'analogia della fede, della grammatica, critica, retorica, logica e ontologica, e dell'applicazione pratica.35

L'ermeneutica diventa per Heidegger l'auto-interpretazione della fatticità (Selbstauslegung der Faktizität). Lungi dal suo uso moderno come dottrina dell'interpretazione, egli ricorre al suo significato originario, come abbiamo visto nella definizione agostiniana, e cioè all'unità dell'ermeneutica della fatticità che rimanda all'incontro, alla vista, alla presa e al concetto.36 Lo stesso Gadamer, che segue le orme di Heidegger per quanto riguarda l'ermeneutica, afferma che nel De Doctrina christiana si trovano gli elementi fondamentali di un'ermeneutica biblica, che non è una dottrina del metodo teologico, ma descrive i modi empirici di lettura della Bibbia.37 Se l'ermeneutica di Agostino è orientata verso l'esistenza cristiana, essa non è il risultato di una pura speculazione, bensì il frutto di una considerazione sistematica e pratica.38 E mettendo la regola della fede, Agostino legge la Scrittura all'interno della tradizione della comunità cristiana, quale tradizione che vive in rapporto dialettico con il processo della lettura.

Nel suo scritto Die phänomenologische Interpretation zu Aristoteles, Heidegger afferma che l'ontologia e la logica, come interpretazioni, sono sottomesse a condizioni dell'esplicazione e della comprensione, in modo che il contenuto dell'interpretazione emerga quando la situazione ermeneutica di volta in volta, di cui dipende ogni interpretazione, diventa sufficientemente chiara e si mette a disposizione dell'interprete. Per questo, ogni interpretazione, avendo il suo campo e le sue esigenze, deve partire da un punto di vista (Blickstand), uno sguardo orientato (Blickrichtung), e infine una visione illimitata (ausgegrenzte Sichtweite) all'intero di cui si muove la sua oggettività e forma la sua trasparenza (Durchsichtigkeit). Perché infine la situazione dell'interpretazione, in quanto negazione comprendente del passato, è sempre un presente vivo in cui il passato si rivela e si determina.

Il carattere della ricerca filosofica consiste nell'essere «di» qualcosa, e in questo caso nel comprendere le potenzialità del tempo del Dasein umano.39 Di conseguenza, il presente della ricerca filosofica diventa l'Esserci umano in quanto interrogato sul suo carattere di essere. La direzione fondamentale dell'interrogazione filosofica va verso la vita fattuale, non dall'esterno, bensì essa va compresa come un esser-mosso (Bewegtheit) della vita fattuale stessa, nella situazione concreta della cura.

La critica della storia è sempre una critica del presente, per questo Heidegger non nega la storia per il fatto che andava in una linea sbagliata, ma studia come essa sia ancora attiva, anche prima che sia totalmente appropriata nel presente.40 Di conseguenza, l'oggetto dell'interpretazione è l'Esserci umano, e le strutture della vita fattuale devono essere condotte, nella ricerca filosofica concreta, ai loro elementi costitutivi. In altre parole, la ricerca filosofica ha la sua concreta interpretazione della vita fattuale nel rendere trasparente la maturazione dell'unità fattuale in termini di pre-diponibilità e di pre-cognizione.41

La questione ermeneutica parte, sottolinea Heidegger, dalla situazione in cui l'Esserci viene collocato, per evitare che la pre-disponibilità sia arbitraria.42 Da questo punto di vista, il nostro Autore si prefigge di superare l'ermeneutica romantica, riconoscendo a ogni comprensione una certa precomprensione, un orizzonte preliminarmente aperto e disponibile che la rende possibile. Per questo, lo stesso concetto (Begriff) non è più uno schema, bensì una possibilità dell'essere, dell'attimo (Augenblick), ovvero un costitutivo dell'attimo, un significato attinto, che mostra la pre-disponibilità, collocata in una esperienza fondamentale, e la pre-cognizione (Vorgriff).

Il senso è l'articolabile dell'aprire comprendente. Il concetto di senso abbraccia la struttura formale di ciò che appartiene necessariamente al contenuto articolabile dell'interpretazione comprendente. Il senso è il rispetto-a-che del progetto in base a cui qualcosa diviene comprensibile in quanto qualcosa; tale rispetto-a-che è strutturato secondo la pre-disponibilità, la previsione e la pre-cognizione (Vorhabe, Vorsicht, Vorgriff) .43

Questi sono i tre momenti fondamentali dell'interpretazione heideggeriana: ogni discorso in quanto espressione su qualcosa, comunica sempre una certa precomprensione che predetermina il suo possibile significato.

La comprensione non appare in questo caso un semplice fenomeno di conoscenza, bensì un modo di essere per qualcosa (Sein zu etwas), per il mondo o essere per se stesso, il quale si ha nell' «io posso». Inoltre, è un essere-per (Sein-zu) o un modo di essere dell'Esserci caratterizzato dalla cura, in cui l'interpretazione è un modo di essere segnato dall'anticipazione. In questo contesto, ogni spiegazione è un discorso su qualcosa che emerge nell'essere-già-qui e tira fuori ciò di cui si sta discutendo. Heidegger sostiene che il contenuto del discorso viene evidenziato, sin dall'inizio, tramite l'anticipazione, che comunica il significato del discorso e orienta il processo dell'interpretazione.44

L'Esserci sta in cammino verso sé stesso, e così l'anticipazione (Vorsprung) fa i conti con questo esser-in-cammino, liberandolo e dischiudendolo, escludendo che il circolo della comprensione fattuale sia determinato una volta per tutte in frasi e formule matematiche. Per questo, i presupposti non sono da eliminare, ma bisogna assumerli esplicitamente e accettare che tale comprensione originaria sia un progetto aperto a modifiche e sviluppi, e che la sua forma iniziale di abbozzo debba essere ulteriormente elaborata.

Alla luce di queste osservazioni, l'ermeneutica non mira a acquisire nuove conoscenze, ma essendo collocata in una determinata situazione, essa fornisce un conoscere esistentivo, un essere. In altre parole, l'impostazione ermeneutica non è un possesso definitivo, bensì scaturisce da un'esperienza fondamentale che consente all'Esserci di incontrare se stesso.

La filosofia appare, in questo senso, la filosofia del suo tempo, della temporalità (Zeitlichkeit) in cui l'Esserci opera.45 Ecco perché il problema dell'ermeneutica parte da un processo di scoprimento (Entdecktheit) dell'Esserci, che può modificare la comprensione del mondo, così come a ogni comprensione appartiene un circolo costituito dalla comprensione del mondo, dell'Esserci e del con-essere.46

La comprensione appare come tale solo al livello del processo fattuale, quando si tratta di scoprire un fatto preciso all'interno di un determinato orizzonte. Emergono diverse forme di comprensione teoretica e scientifiche, a partire dalle diverse possibilità della comprensione, che sono sempre possibilità di essere dell'Esserci.

Tuttavia, Heidegger distingue tra una comprensione autentica (eigentlich) e una comprensione inautentica (uneigentlich) .47 Se infatti la comprensione, come processo di scoprimento, è soggetta a determinate modifiche che l'Esserci offre, l'interpretazione è la forma fondamentale di ogni conoscenza. Perciò, nei Sentieri di Heidegger, Gadamer afferma:

Heidegger perseguì l'intima indissolubilità di autenticità e inautenticità, di verità ed errore, di occultamento e disvelamento, che sono legati nella loro essenza, al punto da contraddire dal loro stesso interno l'idea di una oggettivabilità totale.48

Heidegger intraprende, dunque, un cammino verso la libertà, promettendo di liberare il pensiero dall'inevitabile circolo concettuale del linguaggio filosofico, e di garantire al pensiero il posto che gli compete.

L'ermeneutica heideggeriana ha il compito di rendere accessibile l'Esserci nel suo carattere di essere, affrontando l'auto-estraneazione (Selbstentfremdung) che lo colpisce. Esserci è, infatti, la traduzione del termine tedesco Dasein (esistenza), che significa letteralmente non fuggire «Nichtweglaufen», ma realizzarsi e autocompiersi. In questo senso, l'esistenza non si definisce solo come oltrepassamento che trascende la realtà data in direzione della possibilità, ma come oltrepassamento di qualcosa sempre situato, ci è.49 L'Esserci corrisponde al fenomeno dell'esser-di-volta-in-volta (Jeweiligkeit), ovvero al permanere, e si manifesta nel Come del suo essere stesso, che apre di volta in volta la possibilità del Ci e la via della possibilità di essere-desti (Wachsein) .50 In questo contesto, esistenza, Esserci ed essere-nel-mondo diventano sinonimi.

Il nostro sviluppo diventa ancora più chiaro se si considera che la definizione del Dasein riguarda la struttura della domanda, e che esso sta sempre in questione. In altre parole, l'essere che ha la possibilità di essere in questione (die Seinsmöglichkeit des Fragens) è ovviamente il Dasein.51 Heidegger non tratta la questione dell'essere nel senso metafisico, ma nel senso del Come (Wie) della fatticità, che non mette un oggetto fisso davanti, ma stabilisce il compito di evitare le distrazioni, che fanno perdere la questione centrale di cosa io sono per me stesso.

L'ermeneutica offre all'Esserci la possibilità di essere e di diventare per se stesso comprendente (verstehend). Ecco perché una comprensione che cresce tramite l'interpretazione, non è un comportamento cognitivo di fronte ad un'altra vita, ma il Come dell'Esserci stesso o l'essere-desto dell'Esserci per sé stesso. L'ermeneutica non è inoltre un modo di analisi curiosa escogitato del Dasein, ma viene accertata a partire dalla fatticità stessa. Per questo, il rapporto tra ermeneutica e fatticità non è quello di un soggetto con un oggetto esterno a lui, ma l'articolazione di una comprensione di cui l'Esserci dispone già sempre e nella quale è già sempre in rapporto col mondo.52 Tutte le strutture della sua esistenza hanno questo carattere di apertura e di possibilità, in modo che l'Esserci sia nel mondo nella forma del progetto.

L'Esserci è originariamente intimo con ciò in cui esso già da sempre si comprende. Questa intimità col mondo non richiede necessariamente una trasparenza teoretica dei rapporti che costituiscono il mondo in quanto mondo. Al contrario la possibilità di un'interpretazione ontologico-esistenziale esplicita di questi riferimenti si fonda in quell'intimità col mondo che è costitutiva dall'Esserci e che, come tale, è parte integrante della comprensione dell'essere propria dell'Esserci. Questa possibilità può essere realizzata esplicitamente solo se l'Esserci si è proposto come compito la comprensione originaria del suo essere e delle possibilità che gli sono proprie, anzi del senso dell'essere in generale.53

Heidegger si oppone, tornando a Agostino, all'ermeneutica dei secoli XVII e XVIII con la storicità di ogni comprensione e la finitezza dell'Esserci umano, ponendo la tradizione come filtro di ciò che in essa viene tramandato.54 Di conseguenza, il comprendere diventa un aspetto del progetto del Dasein e la sua apertura all'essere. La questione della verità non è più la questione del metodo, ma quella della manifestazione dell'essere, ovvero per un essere la cui esistenza consiste nella comprensione dell'essere stesso.55 La ricerca sul senso del testo sarà sostituita dalla questione ontologica e dell'analitica del Dasein, mettendo in risalto il linguaggio per raggiungere la comprensione dell'essere.

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Note

  1. J. Grondin, Le tournant herméneutique de la phénoménologie, PUF, Paris 2003, p. 7. Testo

  2. H. Ott, Martin Heidegger: Unterwegs zu seiner Biographie, Campus, Frankfurt 1988; trad. it., Martin Heidegger: Sentieri biografici, Sugarco, Milano 1990, p. 43. «Il luogo di nascita di Heidegger si trova in una zona di tradizioni cattoliche, Meßkirch, capoluogo del Baden, regione selvaggia e incontaminata, ricca di un movimentato passato storico in cui le signorie che dominavano su piccoli possedimenti si incalzavano l'un l'altra, sovrapponendosi e mescolandosi». Vedi anche, E. Brito, Heidegger et l'hymne du sacré, Leuven University Press, Leuven 1999. p. 231. Testo

  3. J. D. Caputo, Heidegger and theology, in C. B. Guignon, (ed.), The Cambridge Companion to Heidegger, Cambridge University Press, Cambridge 2006, p. 326. Testo

  4. H. Ott, Martin Heidegger: Sentieri biografici, p. 97. Testo

  5. H.-G. Gadamer, I sentieri di Heidegger, Marietti, Genova 1987, p. 152. Gadamer cita una lettera che Heidegger scrisse a K. Löwith: «uno sbaglio fondamentale che Lei e Becker mi misurate in base a metri di valutazione quali Nietzsche, Kierkegaard [...] e qualsiasi altro filosofo creativo. Questo è lecito -- ma c'è da dire che io non sono un filosofo; io non mi immagino di poter fare qualcosa che possa essere anche solo paragonabile [...] io sono un teologo cristiano». Testo

  6. Vedi a questo proposito: T. Kisiel, War der frühe Heidegger tatsächlich ein »christlicher Theologe«?, in A. Gethmann-Siefert (ed.), Philosophie und Poesie: Otto Pöggeler zum 60. Geburtstag, Frommann-Holzboog, Berlin 1988, pp. 59-75. Testo

  7. H. Ott, Martin Heidegger: Sentieri biografici, p. 99. Sul rapporto tra filosofia e teologia nel pensiero di Heidegger rimandiamo allo studio di P. De Vitiis, Il problema religioso in Heidegger, Bulzoni, Roma 1995, pp. 15-41, dove l'autore pone alla base della sua trattazione la conferenza di Heidegger Phänomenologie und Theologie. Testo

  8. O. Pöggeler, Heidegger und die hermeneutische Philosophie, Nymphenburger Verlagshandlung, München 1972, p. 80. Testo

  9. M. Heidegger, Die Kategorien und Bedeutungslehre des Duns Scotus, Mohr, Tübingen 1916; Id., Der Zeitbegriff in der Geschichtswissenschsft, in «Zeitschrift für Philosophie und philosophische Kritik», 1916, pp. 173-188. Testo

  10. O. Pöggeler, Heidegger und die hermeneutische Philosophie, p. 79. Testo

  11. Cf. J. Greisch, Ontologie et temporalité, PUF, Paris 1994, p. 427. Questi due allievi di Heidegger fecero studi su Agostino sotto l'influsso del loro maestro: vedi H. Arendt, Der Liebesbegriff bei Augustin: Versuch einer philosophischen Interpretation, Julius Springer, Berlin 1929, e H. Jonas, Augustin und das paulinische Freiheitproblem. Eine philosophische Studie zum pelagianischen Streit, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 1930. Testo

  12. H.-G. Gadamer, I sentieri di Heidegger, p. 25. La conferenza a nostro parere è quella sul concetto di tempo che sarà analizzata nell'ultimo capitolo. Testo

  13. H.-G. Gadamer, I sentieri di Heidegger, p. 25. M. Heidegger, Die phänomenologische Interpretation zu Aristoteles, (Ausarbeitung für die Marburger und Göttinger Philosophische Fakultät. Herbst 1922), in Gesamtausgabe, LXII, Klostermann, Frankfurt 2005. In effetti, Heidegger si posiziona in questo periodo rispetto a quattro figure: Husserl, Aristotele, Kierkegaard e Lutero. Testo

  14. Cf. M. Heidegger, Prolegomena zur Geschichte des Zeitbegriffs, Gesamtausgabe, XX, Klostermann, Frankfurt am Main 1979, p. 9. Testo

  15. Nel nostro nuovo libro abbiamo trattato questa svolta ermeneutica, vedi W. Salman, Gadamer e i teologi, UUP, Vaticano 2011. Ma in questo studio ci limitiamo alla dimensione teologica nel pensiero di Heidegger e in modo particolare al suo rapporto con Agostino, visto che gli studi sulla teologia postheideggeriana sono tantissimi. Testo

  16. Ph. Capelle, Philosophie et théologie dans la pensée de Martin Heidegger, p. 184. vedi anche H. Ott, Martin Heidegger: Sentieri biografici, p. 79. Heidegger, nel suo Curriculum presentato per la libera docenza del 1915, scrisse: «I testi scolastici mi procurarono una certa preparazione logico-formale, ma sotto l'aspetto filosofico non mi diedero ciò che cercavo e che nel campo apologetico avevo trovato nelle opere di Hermann Schell. Accanto alla piccola Summa di Tommaso d'Aquino, e ad alcune opere di Buonaventura, vi erano le Ricerche logiche di Edmund Husserl, che divennero per il mio percorso di studioso». Testo

  17. Ph. Capelle, Philosophie et théologie dans la pensée de Martin Heidegger, p. 179. Testo

  18. Cf. F. Schleiermacher, Hermeneutik und Kritik, in Sämtliche Werke I. Abt., 7. Bd. Berlin 1838, S7. citato da M. Heidegger, Ontologie, p. 13. Non dobbiamo però dimenticare che Heidegger si avvicina alla teologia di Lutero, che gli apre nuove prospettive interpretative. E con lui inizia il suo percorso di separazione della teologia dalla filosofia, in quanto filosofia e metafisica corrompono la religione. La svolta divenuta qui evidente nella comprensione del ruolo della religione caratterizzò per un certo periodo lo studio di Lutero da parte di Heidegger. Testo

  19. O. Pöggeler, Der Denkweg Martin Heideggers, p. 31. Vedi anche M. Heidegger, Sein und Zeit, Niemeyer, Tübingen 1927, § 77. Testo

  20. O. Pöggeler, Heidegger und die hermeneutische Philosophie, p. 83. Testo

  21. M. Heidegger, Sein und Zeit, § 10; trad. it., pp. 112-113. Testo

  22. M. Heidegger, Augustinus und der Neuplatonismus, Phänomenologie des religiösen Lebens, Gesamtausgabe, LX, Klostermann, Frankfurt am Main 1995, p. 164. «Die veritates aeternae sind die Ideen im absoluten Bewußtsein Gottes». Heidegger cita a questo proposito De Trinitate di Agostino. Testo

  23. O. Pöggeler, Der Denkweg Martin Heideggers, Neske, Pfullingen 1963, p. 32. Testo

  24. W. Dilthey, Gesammelte Schriften, VII, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 1958, p. 217. «Daher hat die Kunst des Verstehens ihren Mittelpunkt in der Auslegung oder Interpretation der in der Schrift enthaltenen Rest menschlichen Daseins». Testo

  25. M. Heidegger, Sein und Zeit, § 77; trad. it., Essere e tempo, a cura di P. Chiodi, UTET, Torino 1978, p. 568. Testo

  26. M. Heidegger, Augustinus und der Neuplatonismus, p. 165. Sul metodo teologico di Troeltsch, rimandiamo al suo scritto Ueber historische und dogmatische Methode in der Theologie, in Gesammelte Schriften, II, Scientifica Verlag, Aalen 1981, pp. 729-753. Testo

  27. Cf. A. von Harnack, Das Wesen des Christentum, Gütersloher Verlagshaus, Gütersloher 1999. Testo

  28. M. Heidegger, Augustinus und der Neuplatonismus, p. 163. Testo

  29. O. Pöggeler, Der Denkweg Martin Heideggers, p. 36. Testo

  30. J. Grondin, Heidegger und Augustin. Zur hermeneutischen Wahrheit, in E. Richter, (ed.), Die Frage nach der Wahrheit, Klostermann, Frankfurt 1997, p. 161. Testo

  31. M. Heidegger, Der Begriff der Zeit, Gesamtausgabe, LXIV, Klostermann, Frankfurt 2004, p. 123. Testo

  32. M. Heidegger, Einleitung in die Phänomenologie der Religion, in Phänomenologie des religiösen Lebens, p. 124. «Es ist Aufgabe, ein echtes und ursprüngliches Verhältnis zur Geschichte zu gewinnen, das aus unserer eigenen geschichtlichen Situation und Faktizität zu explizieren ist. Es kommt darauf an, was der Sinn der Geschichte für uns bedeuten kann, damit die Objektivität des Geschichtlichen an sich verschwindet. Nur so ist die Möglichkeit einer Religionsphilosophie anzufassen». Testo

  33. O. Pöggeler, Der Denkweg Martin Heideggers, p. 27. Testo

  34. Agostino, De Doctrina christiana. Patrologia latina, (ed.) Migne. Liber III, cap 1,1, S. 65. citato da M. Heidegger, Ontologie. Hermeneutik der Faktizität, Klostermann, Frankfurt a.M. 1995, p. 12. vedi anche a questo proposito l'articolo di F. Lawrence, Gadamer, the Hermeneutic Revolution, and Theology, in R. J. Dostal, (ed.), The Cambridge companion to Gadamer, Cambridge University Press, Cambridge 2006, p. 167. Testo

  35. Cf. H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, Mohr Siebeck, Tübingen 1986, p. 313. Gadamer recupera la questione fondamentale dell'applicazione (Anwendung), secondo la quale si articolava l'ermeneutica precedente al romanticismo. A tale proposito evoca la figura di J.J. Rambach, che sosteneva la distinzione tra una subtilitas intelligendi (comprensione), una subtilitas explicandi (spiegazione) e una subtilitas applicandi (applicazione). Testo

  36. Questo lo vediamo anche nel De Doctrina Christiana quando Agostino stabilisce la fede, la speranza e l'amore come atteggiamento necessario per avvicinarsi dal Dio presente nella Scrittura. Vedi De Doctrina Christiana, 1, 38,42. «Alla fede succederà la visione, per cui contempleremo; alla speranza succederà la beatitudine, a raggiungere la quale siamo destinati; quanto poi alla carità, mentre le altre due scompariranno, essa aumenterà. Se infatti mossi dalla fede amiamo ciò che non ancora vediamo, quanto più l'ameremo quando lo vedremo?» Testo

  37. H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, p. 424. Testo

  38. A proposito dell'ermeneutica agostiniana rimandiamo al libro che è diventato un manuale di ermeneutica teologica: W. Jeanrond, Theological Hermeneutics: Development and significance, SCM, London 2002, pp. 22-26. Testo

  39. M. Heidegger, Die phänomenologische Interpretation zu Aristoteles, p. 348. Testo

  40. M. Heidegger, Die phänomenologische Interpretation zu Aristoteles, p. 351. Testo

  41. M. Heidegger, Die phänomenologische Interpretation zu Aristoteles, p. 364. Testo

  42. M. Heidegger, Ontologie, p. 16. Gadamer recupera e riabilita, in Verità e Metodo, i presupposti del comprendere: i pregiudizi, l'autorità, la tradizione e la distanza temporale. Per di più, pone i pregiudizi come condizione della comprensione, in quanto essi formano le condizioni del nostro intendere, l'anticipazione del conoscere, costituiscono la storicità della stessa comprensione, guidando la nostra conoscenza in quanto appartengono al nostro stesso orizzonte. Cf. H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, pp. 281-316. Testo

  43. M. Heidegger, Sein und Zeit, § 32; trad. it. p. 248. Testo

  44. M. Heidegger, Prolegomena zur Geschichte des Zeitbegriffs, p. 414. Testo

  45. M. Heidegger, Ontologie, p. 19. Testo

  46. M. Heidegger, Prolegomena zur Geschichte des Zeitbegriffs, p. 357. Testo

  47. M. Heidegger, Sein und Zeit, § 38; trad. it. p. 279. Heidegger spiega il concetto di autentico e inautentico parlando della deiezione e dell'esser-gettato, affermando che «l'inautenticità indica un modo preciso di essere-nel-mondo, modo in cui l'Esserci è completamente immedesimato nel mondo e nel con-Esserci con gli altri». Testo

  48. H.-G. Gadamer, I sentieri di Heidegger, p. 30 Testo

  49. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, Laterza, Roma 2008, p. 22. Testo

  50. M. Heidegger, Ontologie, p. 7. Testo

  51. Cf. M. Heidegger, Sein und Zeit, p. 43. In questa pagine Heidegger cita Le Confessioni, X, 16. Vedi J. Grondin, Heidegger und Augustin. Zur hermeneutischen Wahrheit, p. 163. Testo

  52. M. Heidegger, Ontologie, p. 15. Testo

  53. M. Heidegger, Sein und Zeit, § 18; trad. it. p. 164. Testo

  54. H.-G. Gadamer, I sentieri di Heidegger, p. 157. «Si trovano qui in Kierkegaard le radici della teologia dialettica, che ha avuto inizio nel 1919 con il commento di Karl Barth alla Lettera ai Romani. Negli anni marburghesi dell'amicizia di Heidegger e Bultmann si trattava soprattutto della resa dei conti con la teologia storicistica e di imparare a pensare in maniera più radicale la storicità e la finitezza dell'esserci umano». Testo

  55. P. Ricoeur, Le conflit des interpretations, Seuil, Paris 1969, p. 13. «Le comprendre devient un aspect du projet du Dasein et son ouverture à l'être. La question de la vérité n'est plus la question de la méthode, mais celle de la manifestation de l'être pour un être dont l'existence consiste dans la compréhension de l'être». Testo