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La Materia non è inerte. Il principio dell'evoluzione cosmica in Teilhard de Chardin

di Silvana Procacci (2 ottobre 2012)

Nel presente lavoro si analizza la teoria dell'evoluzione del paleontologo gesuita P. Teilhard de Chardin da dove emerge un universo orientato, procedente per unificazioni progressive, cosciente e centrato. Dal momento che applica il modello evolutivo (non darwinista) a tutti i fenomeni (da quelli inorganici a quelli biologici, da quelli individuali a quelli culturali), Teilhard costruisce una iper-fisica dove la Materia non si presenta come inerte e soggetta a determinismi come nella fisica meccanicistica tradizionale, ma è dotata di un principio che la spinge ad auto-organizzarsi. Per meglio comprendere la natura di tale principio, responsabile della crescita di complessità-coscienza, è utile considerare il concetto di "forza viva" espresso da Leibniz. Si vede infine come questo principio, di natura spirituale, porta la scienza ad aprirsi all'Oltre.

1. Introduzione

Nel presente contributo si intende seguire sinteticamente le motivazioni scientifiche, filosofiche e religiose che hanno portato lo scienziato gesuita P. Teilhard de Chardin a parlare dell'Oltre -- inteso come apertura verso il divino -- e ad inquadrarlo come ulteriore tappa nella cosmogenesi dopo la biogenesi, l'antropogenesi e la noogenesi. A tal fine, si discuterà per prima cosa del ruolo dello Spirito all'interno della visione energetista che fa di Teilhard un pensatore per certi aspetti molto vicino a Leibniz. In secondo luogo, ci si incentrerà sulla Noosfera, evidenziando come questa costituisce la dimensione dell'ultra-umano e che è un passaggio essenziale per l'ulteriore sviluppo, rappresentato dal momento della ricapitolazione del cosmo in Omega (il Cristo della rivelazione), che rappresenta l'Oltre.

In questo senso, si può dedurre per prima cosa che per Teilhard l'evoluzione non è da intendere né nel senso darwiniano come mera mutazione casuale e selezione naturale, né come legata esclusivamente all'ambito biologico, ma si deve parlare di un'evoluzione globale -- di vera e propria cosmogenesi -- in cui i processi, sia inorganici, sia organici, sia sociali, sono orientati verso la maggiore complessità-coscienza.

In secondo luogo, assistiamo ad un superamento del materialismo e del dualismo ontologico dal momento che l'evoluzione non è più solo biologica ma anche culturale (da cui discende l'importanza dello psichico); lo Spirito non si contrappone alla Materia, ma ne costituisce il principio interno di organizzazione.

In terzo e ultimo luogo, infine, Teilhard mostra una profonda convinzione, sia scientifica, sia religiosa, in un cammino evolutivo progressivo della storia. Il tempo del cosmo è sia Kronos sia Kairos, concetto espresso da Teilhard come fede nell'In-Avanti, che segna anche l'affermarsi di una ultra-umana retta dall'Alto, di natura trascendente (fede nell'In-Alto). A questo livello, la visione scientifica di Teilhard si apre alla dimensione dell'Oltre e fa entrare in campo la fede. Ciò permette di fare di Teilhard un sostenitore del dialogo tra scienza e fede, anche se i due ambiti rimangono distinti e autonomi.

2. La nuova fisica e la capacità organizzativa della Materia

Come è noto, Teilhard parla di una nuova fisica dove la Materia, Stoffa dell'universo, si presenta come una pluralità di elementi che tendenzialmente si disgregherebbero sempre di più verso il basso, fino al nulla assoluto. Se ciò non avviene e l'essere non scompare nullificandosi in non-essere, è a causa di legami fisico-chimici che aggregano e organizzano il pulviscolo caotico. La Materia si organizza, ma il suo destino è comunque segnato dal secondo principio della termodinamica. Questo aspetto -- misurabile dalla scienza -- costituisce l'"Esterno" delle cose, ed è l'aspetto fenomenico della natura. Ma Teilhard vede anche un "Interno", caratterizzato dallo stato di complessità raggiunto dalla stessa Materia, che vediamo cadere «verso l'alto in forme di organizzazione sempre più perfette».1 Ciò vuol dire che la «Materia originaria è qualcosa di più del brulichio di particelle così meravigliosamente analizzato dalla Fisica moderna».2 Ecco che quella di Teilhard è un iper-fisica perché intende applicare il modello evolutivo a tutti i fenomeni naturali e allo stesso tempo rigetta un modello riduzionista.

Questo è maggiormente evidente se si guarda l'aspetto interno della realtà, grazie al quale l'universo appare come orientato, centrato e cosciente. Per Teilhard infatti l'universo è:

  1. Orientato, ossia dotato di senso e direzione, verso forme sempre più complesse: dalla Materia verso lo Spirito, nel senso che lo Spirito riesce a manifestarsi in misura sempre più crescente in maniera direttamente proporzionale all'aumentare della complessificazione;
  2. Unificato, poiché lo Spirito organizza la Materia, la unifica in strutture complesse. L'unione così crea e personalizza al tempo stesso, attraverso la capacità dei centri auto-coscienti di unirsi interiormente, «da centro a centro».3
  3. Cosciente, ossia con la presenza di grani propri di coscienza e volontà, da quelli più elementari fino all'ultra-umano;
  4. Centrato, ossia dotato di un centro propulsore e attrattore di natura trascendente (l'Oltre-umano, o Omega) per poter permettere l'organizzazione.

Le caratteristiche sopra esposte consentono di formulare dal punto di vista della sua iper-fisica una legge di complessità-coscienza, che indica la forza di unione e creazione che regge l'universo. Grazie ad essa troviamo i diversi gradi dell'evoluzione: barisfera-litosfera-biosfera-noosfera-cristosfera. L'intero processo evolutivo si struttura attraverso progressivi livelli di approfondimento e di crescita della Materia verso lo Spirito quali la Complessificazione, l'Umanizzazione, la Socializzazione, la Planetizzazione, la Centrazione, ai quali si uniscono le forze di Spiritualizzazione, Cristificazione, Amorizzazione, Omegalizzazione.

3. Dalla Materia alla Vita, dalla Vita all'Uomo

L'evoluzione viene intesa da Teilhard come movimento globale verso la complessità che investe l'intero cosmo e non è limitata alla sola dimensione biologica, come lo è invece per Darwin, ma sorge fin dai più elementari elementi fisici. La tendenza verso la complessità viene intesa da Teilhard come capacità di formare un "Tutto" emergente e diversamente organizzato rispetto ai suoi elementi costituitivi. "Complesso" non significa "complicato". Non basta che un sistema sia fatto da un numero particolarmente elevato di elementi, perché possa anche dirsi complesso. «Chi dice "complessità" -- afferma Teilhard -- intende necessariamente moltitudine di elementi unificati. La fantastica costruzione, che la minima particella animata rappresenta, forma un tutto; il ché significa che ricadrebbe in polvere se, a qualsiasi livello, non fosse radialmente organizzata».4

Sotto questo aspetto, la creazione non è mai cessata e il Mondo continua ad emergere dal nulla, a partorire unità dentro la molteplicità.5 Così la Materia si presenta in forma granulare con elementi sempre più grandi (elettroni, atomi, ... galassie). Essa presenta: a. un "interno", sebbene infimo e rudimentale; b. un raggio di auto-determinazione; 3. una "polarizzazione psichica", ossia una tendenza ad associarsi con altri corpuscoli in unità più complesse, dove si ripropongono queste stesse tre proprietà ma ad un livello superiore. Per questo, ogni elemento dell'universo ha in sé un certo grado d'interiorità, ossia di "centrità" (psichico), che a sua volta è in funzione di un certo grado di complessità (corpo).

La Vita si presenta quando la Materia inorganica raggiunge un certo livello di complessità: «Considerata nella sua interezza, nella sua totalità temporale e spaziale, la Vita rappresenta il termine di una trasformazione di grande ampiezza, durante la quale quella che chiamiamo la "Materia" (nel senso più comprensivo della parola) s'inverte, si avvolge su di sé, s'interiorizza e, nei nostri confronti, l'operazione copre l'intera storia della Terra. Il fenomeno spirituale non è dunque una specie di breve lampo nella notte, ma tradisce un passaggio graduale e sistematico dall'inconscio al cosciente, e dal cosciente all'autocosciente».6

In uno scritto molto importante, Lo spirito della Terra, del 1931, Teilhard lega i fenomeni biologici a tutto il cosmo, sostenendo che la Vita -- e dunque anche il pensiero -- è una proprietà dell'universo, non può essere ignorata, pur nella sua limitatezza, e rappresenta, nei suoi diversi gradi di organizzazione, la prova che la "Stoffa" dell'universo è lo Spirito-Materia, come capacità di muoversi verso stati di maggiore complessificazione, e che si esprime attraverso la legge di complessità-coscienza. In questo senso l'evoluzione esprime la capacità della Materia di diventare sempre più cosciente, in modo tale che lo Spirito si libera al di sopra di essa. 7

Per Teilhard: il «Cosmo non può essere interpretato come una polvere di elementi incoscienti sui quali fiorirebbe incomprensibilmente la Vita, come un accidente o una muffa. Ma è, fondamentalmente e in primo luogo, vivente; e, in fondo, l'intera sua storia è solo un'impresa psichica immensa: la lenta e progressiva concentrazione di una coscienza diffusa che sfugge gradualmente ai condizionamenti "materiali" in cui la avvolge, secondariamente, uno stato iniziale di estrema pluralità. In questa prospettiva, l'Uomo rappresenta nella Natura nient'altro che una zona di emersione, in cui culmina e si rivela proprio questa evoluzione cosmica profonda. [...] Non è più nella Natura l'enigma sterile o la nota che stona. È la chiave delle cose, è l'armonia ultima».8

Come interpretare queste parole di Teilhard? Quando l'Autore parla di "vivente" e di "psichismo" attribuiti alla Materia mostra di rifiutare il dualismo a favore di un monismo in cui Spirito e Materia sono due facce (o fasi) d'una stessa realtà e tra i due «elementi regna una relazione paragonabile a quella che unisce i termini di una funzione. Perché si manifesti lo Spirito occorre che ci sia Materia modificata, dal momento che esiste un legame tra la quantità di materia modificata e il grado di coscienza».9 La Materia in altre parole sorregge lo Spirito. I due termini -- Spirito e Materia -- vanno intesi in relazione genetica tra loro, non vanno visti come «due cose» ma come «due facce o fasi di un'organizzazione interiorizzante».10 Per "spiritualizzazione della Materia" Teilhard intende perciò la capacità di sviluppo della Materia verso stati sempre più complessi, concentrandosi in Inorganico, Organico, Pensiero, Coscienza, Persona, Ultra-umano, Oltre-umano.11

Dunque, il principio reale che guida l'evoluzione non è tanto meccanico (come lo è per Darwin e il neo-darwinismo) ma spirituale (psichico), poiché rappresenta l'emersione dello Spirito dalla Materia, non nel senso che lo Spirito si genera dalla Materia, ma nel senso che lo Spirito è al fondo della Materia, la fa essere e la fa crescere, la organizza. Il termine Spirito qui deve essere inteso come forza in grado di far organizzare la Materia e, sotto questo aspetto, possiamo trovare un valido aiuto nel pensiero di Leibniz. Infatti, Leibniz pone alla base dei fenomeni naturali e del loro movimento un'energia, chiamata anche "forza viva" (vis viva), "forza attiva" o conatus.

Cos'è per Leibniz la forza? A rigor di termini, il concetto di forza di Leibniz coincide con quella che oggi viene definita l'energia cinetica, con la differenza però che egli la considerava come un principio vitalistico-spiritualistico, inerente alla materia e identico alla natura più intima della materia stessa:

Per dare un saggio delle mie concezioni mi è sufficiente spiegare che la nozione di forza o virtù, che i tedeschi chiamano Kraft e i francesi force, e per esporre la quale io ho elaborato una scienza particolare della dinamica, chiarisce di molto la comprensione del concetto di sostanza. In effetti, la forza differisce dal concetto di mera potenza così familiare alla Scolastica in quanto questa potenzialità o facoltà non è altro che una possibilità pronta ad agire, la quale necessita, però, di un'eccitazione o di uno stimolo esterni per poter passare all'atto. Ma la forza attiva contiene un certo atto o entelechia e si trova a mezza strada tra la facoltà dell'agire e l'azione stessa; essa implica lo sforzo e così passa di per se stessa all'operazione; né ha bisogno di alcun ausilio ma semplicemente della rimozione dell'impedimento.12

La forza viva rappresenta dunque la possibilità di produrre un determinato effetto, per esempio il sollevamento di un peso, e ciò implica un'attività che è esclusa dal movimento, che è la semplice traslazione nello spazio. Per tale motivo Leibniz critica la riduzione cartesiana della materia a sola a res extensa, poiché se lo fosse sarebbe inerte e, rispetto ad essa, il movimento sarebbe solo un fatto estrinseco e aggiuntivo, né la materia stessa avrebbe potuto opporre resistenza a delle forze. Al contrario, la resistenza al moto che l'esperienza mostra (e che richiede una forza per essere vinta) è di per sé una forza, seppure passiva. Ecco perché alla base di tutti i fenomeni vi deve essere una forza viva. Per Leibniz questa vis viva è la possibilità di produrre effetti, quindi forza che produce cambiamento che può essere visibile a livello esteriore come Ek=1/2mv2 e che può essere misurata, ma che ha anche un aspetto interiore, che sfugge a qualsiasi misurazione, di natura metafisica, di cui l'estensione è solo manifestazione fenomenica.13 Leibniz distingue la forza passiva, che costituisce la massa di un corpo, e la forza attiva, la vera e propria forza, che è conatus, o tendenza all'azione.

Nel Système nouveau de la nature, del 1695, Leibniz sostiene di essersi accorto che le unità ultime della realtà non potevano essere atomi di materia, ma di spirito; qualcosa di simile a forme sostanziali analoghe alla coscienza e all'appetito, paragonabili alla nozione che abbiamo delle anime. Ecco che la vis activa è qualcosa di analogo alla coscienza e all'appetito, ossia alle esperienze interne dell'uomo.14 Questa forza attiva è avvicinata dal lui all'entelechia aristotelica, intesa come una perfezione avente in se stessa il proprio principio ad agire. Ma è evidente che la stessa massa materiale, ricondotta alla forza passiva, non ha più nulla di corporeo e l'estensione non è la sua caratteristica fondamentale, come invece voleva Cartesio e con lui i meccanicisti.

In questo senso, l'elemento costitutivo della natura, riconosciuto nella forza, gli si rivela di natura spirituale. Nell'universo non esiste né estensione, né corporeità, né materia, ma tutto è spirito e vita, perché tutto è forza. Pertanto in Leibniz la forza non è da intendere principalmente come grandezza fisica (anche se poi il termine è stato utilizzato per indicare l'odierna energia cinetica), ma come entità metafisica.

La materia non è dunque riducibile ad estensione. La realtà è invece caratterizzata da due facce (come dirà, secoli dopo, lo stesso Teilhard), una materiale, "esterna", e l'altra spirituale, "interna", nella sua natura formata da un'infinità di forze attive, centri di forza inestesi e immateriali, veri atomi spirituali, ma fonte della materialità e dell'estensione, punti metafisici che Leibniz chiama monadi (una monade è una "potenza attiva primaria" o "entelechìa", vale a dire un centro originario di forza). Questo veloce richiamo a Leibniz ci può aiutare a capire meglio la concezione di evoluzione per Teilhard.

In maniera analoga a Leibniz, anche Teilhard concepisce la Materia non come inerte, come l'aveva pensata invece Cartesio, ma come organizzata da una forza di natura spirituale, il cui "lato esterno" è misurabile attraverso il parametro di cerebralizzazione, che sottostà alla legge di complessità-coscienza. Proprio utilizzando la legge di complessità-coscienza troviamo per Teilhard che, nel cammino evolutivo, diminuisce l'azione divergente della Materia e aumenta conseguentemente l'azione convergente dello Spirito. In altre parole, gli elementi della materia mostrano un'intrinseca tendenza ad interagire ed a organizzarsi in sistemi, dalla cui complessità emergono nuove forme dotate di psichismi. Lo Spirito non emergerebbe così dalla Materia (come hanno sostenuto alcuni critici di Teilhard), ma sarebbe un principio originario che opera come unificazione del molteplice, e di cui il livello materiale, proprio come sosteneva Leibniz, rappresenta solo una forza passiva la cui attività è mera inerzia e resistenza. Questo ci spiega una cosa molto importante, vale a dire il fatto che, per Teilhard, non può esistere materia in cui non sia attiva, fin dall'inizio, l'energia interna, o radiale, nel senso che anche la materia implica la forza di unificazione, ma ancora a livello di minima organizzazione-coscienza.

Come in Leibniz, la parola "Spirito" in Teilhard deve essere intesa come principio di sintesi, come forza che unifica e complessifica. In Leibniz la forza si conserva, ed è un principio impresso da Dio affinché il mondo possa muoversi, Teilhard ritiene che corrisponda ad un Centro reale e trascendente che attira ab ante. Per entrambi l'origine della forza è divina, con la differenza che per Leibniz è stata impressa al mondo al momento della creazione, per Teilhard è posta invece alla fine, come causa attraente l'intero processo (Omega). In sostanza per Teilhard le cose sono rette dal loro movimento in avanti.

Come per Leibniz, anche per Teilhard la realtà non si spiegherebbe senza ammettere una forza immateriale capace di spingere all'organizzazione-complessificazione. Ma questa forza immateriale non è la coscienza filosoficamente intesa. Questa è semmai un suo prodotto, vale a dire è un prodotto della forza attiva o Spirito, così come possiamo desumere dalle parole dello stesso Teilhard, che la definisce come una «forma di psichismo dotata di crescente spontaneità»15 e che esprime «un'idea di ripiegamento e avvolgimento di un essere su se stesso».16

In questo senso, verrebbe respinta l'accusa di animismo per cui la coscienza sarebbe contenuta semplicemente nella materia. Sebbene sia centrale nell'intera sua filosofia, il termine "coscienza" viene utilizzato impropriamente e confusamente da Teilhard per indicare in generale il grado psichico di un elemento (inorganico e organico secondo gradi differenti) e che altro non sarebbe che una caratteristica emergente legata alla forza attiva di complessificazione in essa presente. Questa dimensione spirituale darebbe poi vita allo psichico e alla coscienza e sarebbe la condizione metafisica affinché qualcosa di materiale si realizzi, dal momento che la materia avrebbe bisogno di una forza unificatrice di natura spirituale per non sprofondare nel nulla, nella materia formaliter sumpta.17 L'essere è tanto più materiale quanto più molteplicità ha in sé, è tanto più spirituale quanto è più unificato, centrato e complessificato.

Come Leibniz, anche Teilhard concepisce una natura che non fa salti, ma è continua. A questo riguardo, gli psichismi si riescono a vedere bene laddove la materia raggiunge una iper-complessificazione in strutture nervose, ma è lo stesso Teilhard a sostenere l'ipotesi che siano presenti in misura minimale anche a livello sub-atomico. Materia e Spirito sono i due poli di un continuum. Si tende al primo o al secondo quando è in atto, rispettivamente, un processo di disunione o di unificazione. Eccoci quindi giunti alla formulazione della legge di complessità-coscienza, attraverso la quale Teilhard può concepire la realtà nella sua totalità come un continuum di materia e spirito, di forze che spingono verso la disgregazione entropica e di altre che, per converso, lavorano in favore dell'organizzazione. Considerata sotto questo aspetto, allora, la vera Stoffa dell'universo (Welstoff) è, indissolubilmente, spirito-materia. Si giunge così a concludere che un aspetto di interiorità degli esseri, evidente certamente nell'uomo ma anche negli animali, sussiste fino agli stadi di complessità più elementari, sebbene infinitamente diluito.

Inoltre, come Leibniz, anche Teilhard rifiuta il dualismo a favore di un monismo che vede la natura animata al suo interno da una forza attiva o capacità di auto-organizzarsi (Spirito) in forme sempre più complesse. L'aver individuato la capacità auto-organizzativa della materia fa di Teilhard un anticipatore della contemporanea scienza della complessità e della teoria dell'emergenza dei sistemi complessi. Inoltre si deve sempre a Teilhard la felice intuizione di come lo psichico, in gradi diversi fino alla coscienza riflessa, sia direttamente legato al livello di complessità dei fenomeni. In questo senso si inserisce nella scia della scienza contemporanea che procede ad un rifiuto del dualismo ma allo stesso tempo, da un punto di vista teologico, sostiene una difesa netta della irriducibilità della coscienza a semplice materia. Con ciò, l'accusa di animismo nei suoi confronti -- vale a dire il dotare le singole realtà materiali di un'anima -- appare in realtà un fraintendimento, giacché quando afferma di ritrovare uno psichismo anche in una pietra, intende dire che anche una pietra è il frutto di questa forza immateriale di organizzazione (forza attiva) e che vi è in potenza dello psichico. Per il fatto di scoprire -- tra i primi -- una correlazione simmetrica tra l'organizzazione di un oggetto naturale e la capacità psichica, è in grado di affermare che anche nel mondo inanimato vi sia "coscienza", frutto di quel conatus di cui parlava lo stesso Leibniz, ossia di una forza di natura spirituale che organizza la Materia e che solo nel fenomeno umano diventa coscienza riflessa. In questo senso, il vero principio metafisico della realtà non è la Materia, ma lo Spirito, proprio come intendeva Leibniz. Non è dunque corretto parlare di animismo, dal quale prende assolutamente le distanze, ma semmai di panspichismo, poiché dovunque è presente l'azione dello Spirito, o forza unificatrice.

Dal momento infine che tale principio di natura spirituale spinge l'evoluzione verso una sempre maggiore complessità verso Omega, dal punto di vista teologico esso viene ricondotto al Cristo che funge da attrattore ab ante, vale a dire attira a sé gli elementi di evoluzione. Non si può parlare dunque di panteismo, ma semmai di panenteismo, ossia di Cristo in tutte le cose come forza che anima il mondo dall'interno, come energia unitiva (il dantesco "amor che move il sole e l'altre stelle"). Questo cristocentrismo è d'altro canto fortemente presente nella visione paolina, dove l'azione divina si dà sia in un moto discensionale, a seguito dell'incarnazione di Cristo, sia in un moto ascensionale, dove Cristo anima dal di dentro la Materia spingendola verso lo Spirito.

Sotto questo aspetto Teilhard è anche molto vicino ad un misticismo francescano, che cerca di trovare Dio attraverso il Mondo. La presenza di Dio è colta diafanicamente in tutte le cose e al di là di esse. Dio è presente in modo attivo e sostiene il Mondo. La creazione non è mai cessata, ma è piuttosto una creatio continua.18

In sintesi, la Vita non è un improbabile risultato delle leggi della natura, quasi che il suo numero fosse uscito casualmente nella ruota della fortuna cosmica, ma anzi ne rappresenta il frutto più prezioso e previsto di un lavoro di evoluzione in cui tutta la Materia è coinvolta.19 Così quando Teilhard pone la vita, e quindi la coscienza, come proprietà cosmiche, intende dire che l'una e l'altra, ai livelli inferiori, rimangono celate, ma esistono nella Materia allo stato latente, mentre a quelli superiori sono palesi e, nell'uomo, sono di uguale spessore: lo stato biologico viene fortemente influenzato dal culturale. Così la struttura del mondo è insieme continua e discontinua, materiale e spirituale assieme. Lungi dall'avere approdi materialisti, l'evoluzionismo teilhardiano pone alla sua base l'unione di Spirito e Materia.

4. L'ultra-umano: l'evoluzione culturale

Rispetto a Darwin, Teilhard sostiene un'evoluzione culturale e non più solo biologica, anticipando di molto la teoria dei memi espressa alla fine degli anni '70 da R. Dawkins.20 Insieme a Vladimir Vernadskij e al filosofo francese Eduard LeRoy, Teilhard pensa e conia il termine di Noosfera per aggiungere e distinguere la sfera pensante alle altre sfere terrestri. Ciò colloca la sua visione evolutiva in ambito più lamarckiano che darwinistico, tanto è vero che l'evoluzione culturale e spirituale verso Omega è propriamente lamarckiana.21 All'epoca, i mass media avevano dato a Teilhard de Chardin l'appellativo di "Darwin cattolico". In realtà, il suo pensiero sull'evoluzione biologica presenta degli aspetti lamarckiani ed è alquanto cauto verso la teoria neodarwinista.22

L'evoluzione culturale non è che una forma di speciazione. In biologia, non esistono particelle isolate, ma solo delle popolazioni, ciascuna delle quali possiede una forma di speciazione. La speciazione consiste nella frammentazione della materia vivente in gruppi aventi caratteri comuni, che divergono solo a seguito di mutazioni genetiche a cui si accompagnano condizioni di sopravvivenza favorevoli, per cui si forma una nuova specie. Sebbene quindi determinismo e indeterminazione partecipano al processo di speciazione, per Teilhard vi è una tendenza "spontanea" e dunque scientificamente inspiegabile della Materia ad andare verso stadi superiori di complessità e di coscienza.23 Orbene, l'uomo è una specie particolare in quanto ha dato avvio all'auto-coscienza e al nuovo livello "culturale". Contestando coloro che, a partire da Darwin, pongono una differenza solo di grado (e non di natura) nell'intelligenza che separa lo psichismo umano da quello degli antropoidi, Teilhard ritiene che l'uomo sta speciando nel campo della socializzazione attraverso la cultura, per formare un nuovo livello evolutivo che viene chiamato con il temine "Noosfera".24

Il concetto di Noosfera viene abbozzato da Teilhard già nel 1917, per indicare l'insieme degli elementi autocoscienti della Biosfera, per poi essere precisato in uno scritto del 1925, L'ominizzazione, dove, parlando di come nell'Uomo l'evoluzione si prolunghi attraverso gli strumenti artificiali, parla di uno stadio evolutivo ulteriore che coinvolge l'Umanità come un tutto e che approda ad una realtà collettiva vastissima.25

Con l'Uomo si è formato uno stato evolutivo nuovo. La vita nella specie umana si prolunga infatti in direzione di un "organismo" planetario in quanto i mezzi di collegamento e di informazione creano un vero e proprio "sistema nervoso" dell'Umanità, che prosegue il lavoro dell'evoluzione biologica. Le diverse coscienze tendono così ad unificarsi, formando la Noosfera o sfera riflessa. Questo sviluppo è concepito da Teilhard come un vero e proprio salto evolutivo, un cambiamento di stato, paragonabile a quello della Vita.

Se è vero infatti che vi è evoluzione dei viventi, che tutto il mondo vivente si muove verso la maggiore coscienza (visibile fenomenicamente attraverso il parametro di cerebralizzazione), ciò non significa che l'Ominizzazione non costituisca una vera e propria novità all'interno della Vita, avendo liberato forze nuove e, per ora, insuperate, sino all'acquisizione di tre proprietà, quali il riconoscimento per riflessione; lo sviluppo per invenzione; il superamento degli egoismi istintivi e la formazione di un organismo superiore unico.

Si potrà vedere quindi che la Noosfera rispetta le leggi della vita: progressi per salti, nascita di idee e di gruppi per differenziazione, avvicendamento dei gruppi. In altre parole: i fenomeni colti nei singoli organismi viventi si ripresentano anche nel corpo sociale, che rappresenta dunque un vero e proprio organismo. Della Noosfera si potrà in tal modo individuare anche una sua propria struttura, la cui anatomia rivela l'esistenza di:26

Si creerà una memoria collettiva, il pensiero si trasmetterà sempre più rapidamente mediante una rete nervosa che avvolge l'intera superficie del pianeta, facendo emergere una visione comune. La Noosfera non sarà soltanto un involucro pensante, perché ciascun elemento, che crescerà in personalizzazione, tenderà a sentire, a desiderare, a soffrire le stesse cose di tutti gli altri assieme. Sarà costituita da innumerevoli "grani di pensiero" ipercoscienti e ipercentrati. La Noosfera costituirebbe un vero e proprio organismo con una propria rete neuronale, andrebbe a formare un centro, un pensare all'unisono inimmaginabile per noi ora, una sorta di "cervello di cervelli" paragonabile ad una mente, con una base fisica di implementazione, ma centro anche di amore e non solo di informazione, che pulsa di una coscienza universale che forma così un centro ultra-umano. A sua volta, questo Centro sarebbe uno degli elementi di Omega, o il lato immanente della divinità.

Teilhard studia anche le condizioni di sviluppo della Noosfera. Afferma così che, per progredire, occorre una convergenza tra progresso tecnico-scientifico e progresso morale o spirituale. L'umanità deve in altre parole prendere coscienza del suo ruolo cosmico, esaltando così l'impegno e la prospettiva morale. Quindi, nonostante l'importanza della persona individuale (chiamata a centrarsi, individualizzarsi, personalizzarsi), l'uomo è soprattutto chiamato ad ex-centrarsi, dal momento che sente che la sua propria persona non gli basta, e, se non vuole disperare, deve credere più nell'Umanità che in se stesso.

L'umanità nella sua dimensione individualista, come semplice somma di parti, di individui, è destinata al fallimento, mentre se va avanti come socializzazione, comunione, solidarietà, amore, ecc., è coerente con la legge della complessificazione del cosmo, quindi indirizzata ad un miglioramento. Per Teilhard infatti a livello individuale l'umanità è bloccata (l'individualismo mette in crisi il sistema evolutivo), mentre la via per andare avanti è quella di superare l'individuo (l'individualismo e l'egoismo) a favore di un sistema integrato quale quello del sociale che unifica personalizzando.

Ecco che la convergenza generale dell'Evoluzione continua nel tempo: non vi sono solo Spiriti sulla Terra, ma uno Spirito della Terra, ovvero la Noosfera unificata.27 Alla fine, questo "organismo" non è più possibile immaginarlo, neanche per Teilhard. La visione ultima è così di tipo escatologico, perché questo ultra-umano tende verso un Oltre-umano, che lo alimenta e lo attira.

5. L'Oltre dell'ultra-umano

L'uomo rappresenta il culmine dell'evoluzione cosmica, oppure in lui e attraverso di lui, l'evoluzione continua verso un Oltre-umano?

Se ricordiamo come, per Teilhard, l'uomo è materia pensante, materia in fase di spiritualizzazione che non è né un epifenomeno, come vogliono i materialisti, né un falso fenomeno, come pretendono gli spiritualisti, ma l'espressione di una tendenza intrinseca del cosmo a complessificarsi, non c'è nessuna prova che l'Uomo abbia raggiunto il termine di se stesso, al contrario la scienza fa pensare che ci sia qualche cosa "Oltre" l'uomo. Ora, questo "Qualche Cosa", dal momento che anima l'intero processo, acquista per Teilhard i caratteri della divinità, nella fattispecie del Dio cristiano, in quanto Cristo, vero uomo e vero Dio, è l'unione tra il Mondo e il suo Fondamento. Per questo, una volta accettata la teoria teilhardiana di un'evoluzione cosmica direzionata, perde consistenza la domanda se l'uomo sia, allo stato attuale, il termine finale dell'evoluzione biologica. Acquista invece ragionevolezza pensare ad uno stadio in cui il finito si compie nell'infinito, il materiale nello spirituale. La scienza si apre in questo senso alla teologia, e la filosofia alla fede.

Come pensa Teilhard Dio? In un quadro di evoluzione globale, cosmica, Dio porta la Noogenesi a compimento. Dio crea unendo, vale a dire si identifica con la sua attività creativa, animando l'evoluzione come Dio-evolutore. Dio, per unirsi al mondo, deve immergersi, calarsi nel disordine del Molteplice, nel dolore e nella morte (per il Cristiano rappresentati dalla Croce) per poi redimerli. Il Dio a cui pensa Teilhard è una sintesi della dimensione terrena e di una trascendente -- un Dio dell'In-Avanti e dell'In-Alto -- che richiede una adeguata maturazione collettiva dell'umanità, ossia richiede «la maturazione completa di un Ultra-umano».28

In conclusione, per Teilhard, la Materia viene organizzata progressivamente ma necessariamente da un principio che è di natura spirituale. Dalle forme più inorganiche sempre più organizzate si passa alla comparsa della Vita e poi, con l'Uomo, dell'autocoscienza. Grazie alla dimensione del Pensiero, con l'Uomo, l'evoluzione cosmica fa un ulteriore balzo, per creare un Ultra-umano risultato dell'evoluzione culturale. Ma ciò non è ancora sufficiente, e ci dovremmo immaginare un tempo del compimento (Kairos) in cui Cristo sarà "tutto in tutti".29 L'evoluzione si blocca solo nell'eschaton, ma lì siamo alla fine della storia.

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Note

  1. Teilhard de Chardin, P., Il posto dell'uomo nella natura. Il gruppo zoologico umano. tr. it. Il Saggiatore, Milano 1970, p. 50. Si veda anche la recente traduzione dell'opera per l'editrice Jaka Book. Cfr. anche Teilhard de Chardin, P., Il fenomeno umano, tr. it. Queriniana, Brescia 1995, pp. 43-44; 50 ss. Testo

  2. Teilhard de Chardin, P., Il fenomeno umano, op. cit., p. 52. Testo

  3. Cfr. il saggio Centrologia, del 13.12.44, in P. Teilhard de Chardin, Verso la convergenza. L'attivazione dell'energia nell'umanità, ed. it. a cura di S. Procacci, Il Segno dei Gabrielli, Verona 2004. Testo

  4. P. Teilhard de Chardin, L'atomismo dello spirito in: Verso la convergenza, op. cit., p. 41. Testo

  5. Cfr. il saggio L'Ambiente mistico, del 13.08.17, in P. Teilhard de Chardin, La vita cosmica, tr. it. Il Saggiatore, Milano 1971. Cfr. anche S. Cowell, The Teilhard Lexicon, Academic Press, Brighton (UK) 2001, voce "Emergence". Testo

  6. P. Teilhard de Chardin, Il fenomeno spirituale, in L'energia umana, Il Saggiatore, Milano 1984, p. 118. Testo

  7. Questo liberarsi dello Spirito dal peso della Materia può essere inteso anche come un librarsi che ricorda molto il passo del Genesi 1, 2: «La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque». Testo

  8. P. Teilhard de Chardin, Lo spirito della Terra, in L'energia umana, Il Saggiatore, Milano 1984, p. 118. Testo

  9. C. Cuenot, Teilhard de Chardin, tr. it., Il Saggiatore, Milano 1966, p. 90. Testo

  10. P. Teilhard de Chardin, Una soglia mentale sotto i nostri passi, in Verso la convergenza, op. cit., p. 216. Testo

  11. Va osservato che tale tendenza neghentropica si paga attraverso fenomeni di entropia in termini fisici; attraverso fallimenti evolutivi, la malattia e la morte in termini biologici; infine con la sofferenza e il dolore in termini filosofici. Testo

  12. Il concetto di forza qui espresso deve essere inteso come "possibilità" di sviluppo e rileva un netto capovolgimento e un mutamento di senso rispetto ai termini tradizionali aristotelici di enérgheia (atto) e dýnamis (potenza). Mentre infatti Aristotele considera l'atto o l'effettualità superiore alla potenza, nel pensiero moderno è quest'ultima a prevalere, in quanto pensata come "forza". Nel pensiero moderno poi alle cause formali e finali di Aristotele e degli scolastici si oppone, soprattutto a partire dalla meccanica galileiana, il concetto di forza associato a quello di movimento. Ed è proprio in relazione a quest'ultimo e alla polemica contro i cartesiani, registrando una grande influenza del concetto hobbesiano e spinoziano di "conatus", che Leibniz introduce il concetto di "forza viva". Al meccanicismo cartesiano Leibniz oppone un dinamismo che riporta la materia e l'estensione a effetti dell'azione diffusiva della forza (cfr. Teodicea, par. 87). Testo

  13. Va specificato che la parola forza per Newton è ciò che provoca una variazione di velocità, ossia un'accelerazione, mentre per Leibniz la parola forza continua a rimanere un po' più vaga, e a volte diventa sinonimo di energia. Newton spiega l'universo in base all'azione delle due forze repulsiva e attrattiva, ma l'origine di queste due forze non viene chiarita dallo stesso Newton se non grazie al ricorso all'azione diretta di Dio. Testo

  14. W. Leibniz, Système nouveau de la nature, II, 21, par. 1, 3. Questa concezione di forza ha poi dato vita a tutta una dottrina che ha in Maine De Biran il suo principale ispiratore. Maine De Biran infatti assume la percezione interna e immediata, cioè la coscienza che l'io ha di sé, come forza volente e attiva, rivelazione del carattere originario della realtà che sarebbe, appunto, essa stessa forza, quindi di natura spirituale. Quasi contemporaneamente, Schopenhauer effettuava questo passaggio dalla psicologia alla metafisica, riconoscendo come unica forza costituente l'essenza del mondo quella che l'uomo percepisce immediatamente in se stesso, vale a dire la volontà. All'uomo appare come volontà quella stessa potenza attiva che nelle altri parti della natura si presenta come forza. Così, quando dice che nel movimento di una pietra vi è volontà intende dire che agisce la medesima forza che è alla base del mondo. Questa concezione è alla base di tutta la tradizione spiritualista. Così in Bergson, ad esempio, dove lo "slancio vitale", che alla percezione immediata della coscienza umana appare come durata, dà origine alla vita, organizzando la materia. Mi sembra che anche Teilhard si inserisca su questa linea spiritualista, nella misura in cui fa dello psichico (o della coscienza) l'elemento più alto espressione del principio unificatore che agisce a tutti i livelli della materia, sebbene in presenza diversa a secondo della complessità raggiunta. Testo

  15. P. Teilhard de Chardin., L'atomismo dello spirito, in Verso la convergenza, op. cit., p. 42. Testo

  16. F. Mantovani, Dizionario delle opere di Teilhard de Chardin, Il Segno dei Gabrielli editori, S. Pietro in Cariano (Verona) 2006, 163. Teilhard è convinto che tutte le strutture, anche quelle dotate di minima complessità, posseggano una forma di psichismo, che lui a volte omologa, in modo improprio, al temine "coscienza". È ricorrente nella sua opera l'immagine dell'ellisse: come questa figura geometrica si costruisce attorno a due fuochi, così anche la realtà è strutturata su un "Esterno delle Cose" (indagato dalla scienza) e un "Interno delle Cose" (l'aspetto psichico). Ambedue le componenti, seppure in misura diversa, sono sempre presenti quali elementi costitutivi del nostro Universo. Testo

  17. Cfr. P. Teilhard de Chardin, Il fenomeno umano, op.cit., pp. 37-47; nonché l'importante saggio Centrologia, in P. Teilhard de Chardin, Verso la convergenza, op. cit. Testo

  18. Cfr. P. Teilhard de Chardin, La vita cosmica, tr. it. Il Saggiatore, Milano 1971. Testo

  19. Come ha sostenuto J. Monod, Caso e necessità, Mondadori, Milano 1971. Testo

  20. R. Dawkins, Il gene egoista, Mondatori, Milano 2009. I memi sono definiti come unità culturali patrimonio della specie, ereditabili come i geni. La memetica ipotizza che, analogamente ai modelli standard biologici che spiegano la somiglianza fra generazioni con i geni, così si possono spiegare le "eredità culturali" attraverso replicatori chiamati memi. La teoria dei memi è stata resa famosa da Richard Dawkins nel suo libro Il gene egoista del 1976, dove ha introdotto il termine meme per descrivere una unità base dell'evoluzione culturale umana analoga al gene, unità base dell'evoluzione biologica, in base all'idea che il meccanismo di replica, mutazione e selezione si verifichi anche in ambito culturale. Testo

  21. Cfr. soprattutto M. Sarà, L'evoluzione costruttiva, Utet, Torino 2005, pp. 80-93. Testo

  22. Cfr. la "Nota della Redazione" anteposta allo studio di J.L.D. Quesada, «Del punto omega de Teilhard a la 'neo-ortogénesis' de la nueva biología», nell'Archivio del sito www.biosferanoosfera.it. Si veda inoltre O. Franceschelli, Dio e Darwin, Donzelli editore, Roma 2005, p. 91. Testo

  23. P. Teilhard de Chardin, Ominizzazione e speciazione, in La visione del passato, trad. ital., Il Saggiatore, Milano 1973. Testo

  24. L'attribuzione di una certa trasmissione culturale anche a livelli infraumani ipotizzata da alcuni scienziati, se verificata, di per sé non inficia il ragionamento teilhardiano di una discontinuità e di una specificità dell'evoluzione umana. Testo

  25. P. Teilhard de Chardin, L'ominizzazione. Introduzione ad uno studio scientifico del fenomeno umano, in La visione del passato, Il Saggiatore, Milano 1973; ID., Il fenomeno umano, in La Scienza di fronte a Cristo, Il Segno dei Gabrielli, Verona 2002, uno scritto del 1928 che anticipa l'opera fondamentale Il Fenomeno umano, Queriniana, Brescia 1995. Sotto questo aspetto, le scienze umane dovrebbero essere il prolungamento delle scienze naturali. Testo

  26. Per questa descrizione mi rifaccio a quanto egregiamente sintetizzato da F. Mantovani nell'articolo "Noosfera", in www.biosferanoosfera.it. Testo

  27. In questo stadio evolutivo rappresentato dallo Spirito della Terra, l'amore è un'energia cosmica, probabilmente espressione dell'attrazione del Centro dell'Universo (Dio) su ogni elemento. Cfr. S. Procacci, L'energia unitiva. Fenomenologia dell'amore in Teilhard de Chardin, in "Un Futuro per l'Uomo", n. 1 (2000), pp. 57-81. Testo

  28. Così si esprime Teilhard in uno scritto del 1951, Riflessioni sulla probabilità scientifica e le conseguenze religiose di un Ultra-Umano, in P. Teilhard de Chardin, Verso la convergenza, op. cit., p. 235. Testo

  29. Paolo, 1Cor, 15, 28. Testo