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La Memoria nel salterio.
Un'interpretazione del Sal 78

di Marco Pavan (21 marzo 2012)

Che la memoria sia un tema centrale nella tradizione cristiana, emerge in modo particolare dalla plurisecolare esperienza monastica, forgiata dall'esigenza di coltivare il ricordo incessante di Dio in risposta alla memoria che Dio stesso ha dell'uomo. Tale atteggiamento trova la sua radice, tra l'altro, nel salterio, libro di preghiera per eccellenza del cristiano. A partire da questa considerazione, il presente contributo intende esplorare, con un approccio esegetico, il motivo della memoria nel salterio. Dalla considerazione globale di quest'ultimo -- letto come un'opera unitaria e compiuta e non come mera «antologia» -- emerge la posizione centrale del Sal 78, la lunga rievocazione della storia delle origini di Israele, letta come dramamtica dicotomia tra «peccato» e «grazia». In questo testo emergono le due coordinate di fondo della memoria biblica: quella antropologica (il ricordo di Dio che si deve trasmettere di padre in figlio) e quella teologica (Dio non dimentica il suo popolo nonostante il peccato).

Memoria Dei, monaci, salterio. Queste tre parole formano, nella tradizione cristiana, un trinomio inscindibile, che ha dettato il ritmo, attraverso i secoli, della vita di tanti uomini e donne postisi alla ricerca di Dio. I padri hanno, anzi, com'è noto, individuato proprio nella memoria Dei, il ricordo costante dell'uomo per Dio, uno dei tratti che meglio caratterizzano il monaco1 e nel salterio uno degli «strumenti» principali per coltivare e nutrire tale ricordo.2 Da questa memoria incessante, nutrita dalle parole dei salmi, parola dell'uomo che «risponde» alla Parola di Dio,3 il monaco e il cristiano traggono quella linfa che sostiene e plasma la loro vita e dà forma ad ogni aspetto della loro esistenza.

Questo dato stimola a ricercare le radici scritturistiche della memoria Dei proprio a partire dal salterio, libro in cui, del resto, emerge in modo particolarmente incisivo il doppio significato di questa espressione: memoria che l'uomo ha -- o deve avere -- di Dio, ma anche memoria che Dio ha -- o deve avere -- dell'uomo. Nelle pagine che seguono tenteremo una simile esplorazione, articolandola in tre momenti: un breve sguardo d'insieme al salterio come libro (1); l'individuazione di un «punto» particolare nel testo in cui guardare per vedere emergere con un certo nitore il profilo della memoria nei salmi (2); una breve conclusione (3) in cui cercheremo di sintetizzare quanto emerso nell'analisi precedente.

1. Il salterio come libro

Leggere il salterio come libro significa considerarlo come un'unità letteraria vera e propria e non come un'antologia di pezzi indipendenti raccolti in modo più o meno casuale. Questa prospettiva di lettura, seppure con accenti e metodologie diverse, è un'acquisizione abbastanza recente dell'esegesi.4 La conseguenza più rilevante di una simile impostazione è la valorizzazione della «forma canonica» del salterio, cioè della sequenza dei salmi così come è stata ricevuta, in quanto portatrice di significato.5 I salmi, nell'ordine nel quale sono disposti, hanno un senso complessivo, sono ordinati secondo una «trama» o, per lo meno, secondo dei criteri non casuali ma, anzi, coscientemente orientati a dare forma non tanto ad un'antologia quanto ad un vero e proprio libro.6 Ogni salmo non è, dunque, compreso a fondo se non in relazione al contesto in cui è inserito7 e la tradizionale lectio continua diventa, a tutti gli effetti, la prospettiva ermeneutica privilegiata del salterio.8

Se dunque il salterio è un libro e se i suoi elementi costitutivi, i salmi, sono disposti secondo un ordine ben preciso,9 diventa essenziale capire quali principi ne governano la composizione e in vista di quale scopo.10

Un aiuto in questo senso ci viene offerta dal cosiddetto «portale» del salterio, i Sal 1 e 2.11 Alcune parole del Sal 1, infatti, possono offrire al lettore del salterio una chiave ermeneutica che orienti la sua lettura e la sua preghiera. Le parole che qui più ci interessano sono12:

Il salmo inziale «annuncia», quindi, e «indica» nel salterio un percorso (drk) che si è invitati a imboccare attraverso la meditazione (hgh) costante delle parole del Signore (torah: cfr. v. 2) per poter giungere alla felicità ('shry) .14 Il Sal 2 delinea, dal canto suo, la «cornice» storico-drammatica di questo cammino, il cui punto di arrivo è l'instaurazione del Regno.15

Il salterio nasce, di fatto, da una meditazione e un ricordo di Dio continui, come è testimoniato a più riprese -- lo vedremo tra breve -- anche in alcuni salmi successivi (42; 43; 44; 77; 78; 119; ecc.). In altre parole, il salterio è già in origine un «libro della memoria»,16 frutto della consapevolezza che Israele ha della propria chiamata: vivere nel costante ricordo delle opere di Dio (cfr. Es 13, 3; 20, 8; Nm 10, 9; 15, 39. 40; Dt 5, 15; 7, 18; 8, 2. 18; 9, 7; 15, 15) e tener viva questa memoria «in mezzo alle genti» (cfr. Est 4, 17k-z; Sal 67, 3; 96, 3; 98, 3; ecc.). Proprio per questo, ogni uomo (cfr. Sal 1, 1)17 è invitato a ripercorrere il suo cammino, a pregare con il popolo di Dio nel suo itinerario verso il Regno.

Essendo un «compendio» della preghiera di Israele,18 il salterio riflette, in un modo vivo e drammatico, la sua esperienza di Dio, nella sua ampiezza e profondità o, per usare altre parole, riflette tutto il dramma dell'alleanza: dall'oblio (dell'uomo e di Dio) alla memoria (di Dio e dell'uomo), che, in questo contesto, potrebbero essere considerati sinonimi di «peccato» e «grazia». L'esperienza dell'agire incondizionato ed amoroso di Dio così come quella della prova, del rifiuto e dell'abbandono si riflettono entrambe e si raccolgono, in alcuni passi, attorno alla polarità «ricordare/dimenticare».

L'ultimo elemento che vogliamo sottolineare prima di inoltrarci nel «gran mare dei salmi»19 è il carattere comunitario di questa preghiera, così come emerge almeno da due punti di vista: l'accostamento (quasi) sistematico di salmi individuali e collettivi o la compresenza di «io» e «noi» all'interno di un certo numero di salmi; il movimento che va dall'individuale al collettivo all'interno del salterio (cfr. ad es. Sal 2, 7, con 149, 2).

Questo carattere viene alla luce, però, anche dalla singolare indicazione di Sal 1, 3: sarà come albero trapiantato su correnti d'acqua. Il percorso a cui bisogna unirsi nel recitare i salmi, infatti, è un dramma corale, che ripercorre tutta la storia di Israele come un lungo esodo e che comporta una trasformazione di chi lo compie, un «reinnesto» dentro una tradizione di preghiera che lo precede e lo supera.20 Memoria e appartenenza al popolo di Dio sono il presupposto e il frutto di questo cammino. La corrente d'acqua della grazia e della Parola (della torah) è anche quella della tradizione viva. Chi si dispone ad ascoltare e ad accogliere la parola di Dio si ritrova a camminare con tutti quelli che lo hanno preceduto, a ricevere in eredità i frutti del loro percorso.

2. La memoria nei salmi

Quanto abbiamo detto finora ci offre la prospettiva a partire dalla quale cercheremo di cogliere il «profilo» della memoria Dei nel salterio. Non tenteremo una «ricognizione» globale di questo tema, ma -- molto più modestamente -- di intuirne qualche aspetto a partire da un testo che ne sia, per così dire, un «testimone rappresentativo», alla luce dell'«idea-guida» appena evidenziata del «salterio come cammino».

2.1. La centralità strutturale e semantica del Sal 78

Se consideriamo la «densità» delle occorrenze dei lessemi «ricordare» (zkr) e «dimenticare» (škh) nel salterio, ci imbattiamo in questo «risultato»21:

A questo dato puramente «quantitativo» se ne affianca un altro che riguarda, in senso lato, la presenza delle «rievocazioni storiche» nei Sal 44;22 74; 78; 105; 106; 136 (cfr. anche 144; 137). Anche la collocazione all'interno della struttura dei libri del salterio è significativa23:

Il tema della memoria, quindi, e la rievocazione della «storia originaria» di Israele, l'esodo, si presentano in punti chiave della struttura generale del salterio, quasi a scandire un ritmo, il ritmo del ricordo, che, come vedremo, non è puramente «ripetitivo» ma anche progressivo.

Attraggono particolarmente l'attenzione i Sal 77-78 per la loro posizione centrale e per l'alto numero di occorrenze dei due lessemi zkr e škh (il più alto tra quelli da noi registrati). Non sfugge, inoltre, il fatto che il Sal 78 è il secondo salmo per lunghezza dopo il 119 e quello dove si trova una delle «narrazioni» più estese della storia delle origini di Israele nel salterio. Tutte queste considerazioni ci spingono a prendere proprio questo lungo e imponente testo come guida per la nostra breve esplorazione nel salterio.27

2.2. Salmo 78: un'ipotesi di struttura

Il Sal 78 -- lo abbiamo appena ricordato -- è un salmo molto lungo.28 Qui ci limiteremo a darne una struttura di massima, cercando di motivarla quel tanto che basta, per poi fissare la nostra attenzione sugli elementi che toccano da vicino il nostro tema.29 Dedicheremo anche qualche accenno alla sua collocazione nel III libro e nella catena di «salmi della memoria» che sopra abbiamo sommariamente evidenziato.

La struttura del Sal 78 si può così delineare30:

Commentiamo brevemente questa suddivisione per poterne meglio cogliere le dinamiche narrative e teologiche.

L'introduzione si segnala per il suo carattere generale: in essa il salmista delinea il «contesto comunicativo» del salmo (vv. 1-2)31 e il fondamento del suo «discorso» (vv. 3-8). I vv. 9-16 sono compresi tra questa introduzione e la prima menzione del «ritornello»: «ma continuarono ancora a peccare contro di lui, a ribellarsi all'Altissimo in terra arida» (vv. 17. 18. 32. 40-41. 56).32 In questa sezione viene narrato il peccato di Efraim come «illustrazione» degli effetti dell'oblio di Dio. Il miracolo dell'acqua (vv. 15. 16) introduce la parte successiva che si interrompe appena prima del ritornello del v. 32, connotata dal ricorrere del tema del «mangiare» e «bere». Questi versetti sono una narrazione poetica delle ribellioni di Israele nel deserto.33

I vv. 32-39 sono il cuore teologico del salmo e il centro della sua struttura. Qui non si narra più un avvenimento specifico ma si esprime una situazione di fondo nelle relazioni tra Dio e il popolo, una situazione «ricorrente», conottata dal contrasto paradossale tra il persistente «dimenticarsi di Dio» da parte di Israele, tra l'instabilità del suo cuore e l'incrollabile fedeltà/memoria di Dio per il suo popolo.

I vv. 40-55 -- il v. 40 è di nuovo il «ritornello» -- fanno apparentemente un «passo indietro» e narrano le piaghe d'Egitto, in modo leggermente diverso dal racconto di Esodo,34 sia per numero -- 7 contro 10 -- che per «suddivisione». I vv. 56-67 tornano ad occuparsi dei peccati di Efraim e Israele e riferiscono il loro rigetto da parte di Dio, rappresentato emblematicamente nel ripudio della «dimora di Silo» (cfr. 1 Sam 1-4).

L'unità indipendente dei vv. 68-72, infine, è segnalata dall'opposizione chiastica tra i vv. 67 e 6835:

67 e ripudiò la tenda di Giuseppe // e la tribù di Efraim non scelse,
68 ma scelse la tribù di Giuda // il monte Sion che egli ama.36

Il tema di questi ultimi versetti è, infatti, l'elezione di Davide, Gerusalemme e Giuda, chiamati ad occupare il posto lasciato «vuoto» da Giuseppe/Efraim. Il salmo si chiude così con un «elogio» di Davide, pastore che «incarna » perfettamente la guida del Signore per il suo popolo (vv. 70-72).37

2.3. Memoria e storia nel Sal 78

Bisogna notare, innanzitutto, alcune particolarità della narrazione del salmo:

Il salmista ha voluto, quindi, «rileggere» tutto il cammino di Israele -- dal passaggio del mare fino all'ingresso nella terra -- in una prospettiva particolare, essenzialmente focalizzata nei tre punti nevralgici del testo: l'inizio (la storia come enigma/parabola; la narrazione di generazione in generazione); il centro (memoria/oblio); la fine (l'elezione di Davide).

Quanto detto finora ci introduce, finalmente, a considerare i diversi aspetti della memoria di cui parla il nostro testo.

La storia come enigma e parabola (vv. 1-2)

Il salmista afferma, subito in apertura, di voler «aprire la bocca con parabole (bmšl) », di «proclamare gli enigmi (hydwt) dell'origine (mny-qdm) » (v. 2) 41 e qualifica il suo «discorso» o «messaggio» come «mia torah» (twrty: v. 1). Il contenuto di questa torah e, quindi, l'enigma e la parabola42 che il salmista annuncia o propone è, verosimilmente, il racconto della «storia delle origini» di Israele, il «tempo delle origini43». Da queste parole emerge, dunque, la possibilità di intendere la storia come un enigma, una parabola che necessita di interpretazione.

Qual è, però, l'enigma che va sciolto nella storia delle origini di Israele? E perché il salmista, con un appello solenne, chiama gli israeliti a tener vivo nella loro memoria il percorso delle origini, le circostanze in cui il popolo eletto è nato? Possiamo provare a rispondere a queste domande così:

La memoria come tradizione: la trasmissione padri/figli (vv. 3-8)

L'altro aspetto della memoria che emerge in modo evidente dai primi versetti del salmo è quello che potremmo definire, con un termine generale, tradizione: la trasmissione di padre in figlio del «racconto delle origini». L'insistenza con cui il Sal 78 sottolinea il «dovere» di perpetuare questa narrazione di generazione in generazione trova la sua prima ragione nel voler evitare il grande peccato dei padri: l'oblio delle opere di Dio.48 Tuttavia, questa finalità «preventiva» non esaurisce la densità di pensiero implicita in queste ammonizioni. La concezione della memoria che tali espressioni presuppongono potrebbe forse essere così sintetizzata:

La memoria come narrazione (vv. 3-8 e passim)

Lo strumento privilegiato della memoria è la parola, il narrare. Si potrebbe quasi dire che la memoria «galleggia» in una relazione in cui l'evento principale è costituito proprio dalla parola, in cui il legame con l'origine è ogni volta ritessuto e ricreato dal linguaggio.52

Se prendiamo in considerazione quanto già detto ai punti precedenti, si aggiunge un elemento ulteriore alla fisionomia della memoria tracciata dal nostro salmo:

La minaccia dell'oblio (vv. 3-8. 32-39)

La minaccia o, meglio, il rischio dell'oblio pervade tutto il Sal 78 nella forma di una continua esortazione al ricordo, presentato come un vero e proprio comandamento. L'oblio è visto come la radice del peccato dei padri, delle origini, ciò che continuamente intacca e minaccia di infrangere la relazione di alleanza tra Dio e Israele.53 La dimenticanza diventa, quindi, il fattore di disturbo e di disgregazione che incide su tutto il quadro sopra delineato. Senza memoria, anche la relazione con Dio e con la propria origine si interrompe e l'enigma della propria identità e del proprio percorso storico diventa insolubile. La necessità di ricordare per rimanere nell'alleanza diventa, quindi, addirittura vitale.54

L'esperienza dell'ira di Dio

Nel Sal 78 è testimoniato a più riprese e con una certa forza l'intervento dell'ira nelle relazioni tra Dio e il popolo. L'ira è, in questo caso, la conseguenza della rottura nelle relazioni tra Dio e Israele causata dalle infedeltà di quest'ultimo, dalla sua instabilità e dalla sua dimenticanza. Si potrebbe dire che l'ira è il segnale del capovolgimento dell'alleanza, l'effetto della paternità misconosciuta.55 L'esperienza dell'ira è ciò che permette ad Israele di prendere coscienza del suo peccato e di convertirsi (v. 34).

Nonostante la drammaticità delle conseguenze di questa «rottura», Dio non dimentica il suo popolo. Nel nostro salmo, Dio non dimentica mai, anzi: ricorda sempre la fragilità della creatura umana (v. 39) e non scatena tutta la sua ira.56 Questa «asimmetria» tra la memoria labile dell'uomo e quella indefettiibile di Dio forma, come abbiamo già notato, l'asse teologico del salmo.57 Anzi, si potrebbe dire che proprio in una storia così segnata dal peccato, il volto misericordioso di Dio si è rivelato in modo ancora più luminoso.58

2.4. Il Sal 78 nel III libro del salterio (Sal 73-89)

Proviamo ora a collocare queste note essenziali sulla memoria nel Sal 78 nel contesto in cui il nostro salmo si trova inserito, il cosiddetto III libro del salterio (Sal 73-89).59 Mettendo in luce il dialogo che i salmi di questa «sezione» intrattengono l'uno con l'altro, dovrebbero emergere altri tratti della fisionomia del ricordo.

Puntualizziamo innazitutto alcune osservazioni sulla memoria nei salmi del III libro:

Il Sal 78 si colloca, quindi, nel contesto del lamento per la distruzione del tempio e la caduta della monarchia -- in una parola, dell'esilio.62 La trama che disegnano questi testi nei loro fitti rimandi e nel loro articolato dialogo mette in luce un processo progressivo di purificazione della memoria:

2.5. Il percorso della memoria

Come ultima «tappa» della nostra indagine, riprenderemo ora lo «schema» sopra riportato delle ricorrenze dei lessemi «ricordare» e «dimenticare» nel salterio per vedere come il Sal 78 si colloca all'interno di quello che sopra abbiamo definito «il ritmo del ricordo»:

Queste brevi indicazioni sembrano suggerire che, conformemente al movimento generale del salterio -- «dal lamento alla lode»; dal soggetto alla comunità -- la memoria del popolo attraversa un processo di purificazione e di estensione, in orizzontale -- dal singolo al popolo -- e in profondità -- nell'analisi dell'origine della propria identità e condizione. È proprio questa purificazione e riconciliazione a generare la lode che, da un certo punto in poi, superata la crisi, diventa dominante -- anche se non esclusiva! -- nel salterio.

Conclusione

La memoria nel salterio

Possiamo, a questo punto, tentare una sintesi finale di tutti gli elementi individuati in questa nostra rapida ricognizione del salterio alla ricerca del «volto» della memoria.

Ancora una volta, il Sal 78 è il nostro punto di partenza. Due sono le prospettive che qui si intrecciano in relazione al nostro tema: una antropologica e l'altra teologica.

Dal punto di vista antropologico, l'ambito generativo del ricordare è la relazione padri-figli e lo strumento con cui questo si realizza è la parola. Grazie alla comunione intergenerazionale, la coscienza del singolo si può dilatare e affondare le radici nell'intero corpus di persone, relazioni e avvenimenti che definiscono la sua identità. In forza di una «memoria ricevuta» si è qualcuno, si è generati, si trova la via per entrare in contatto con la propria origine.

Anche Israele, il popolo creato da Dio per un atto di gratuita elezione, deve percorrere continuamente questo «cammino all'indietro» per ricuperare il contatto con la sua singolare origine. Nel delicato e complesso processo della tradizione ogni anello della catena è chiamato attivamente a ricevere, custodire e ritrasmettere il «racconto delle origini».

Un tale cammino è, però, minacciato fin dal suo sorgere dalla dimenticanza: la memoria del popolo si dimostra da subito così labile da poter mettere in discussione dalle fondamenta l'alleanza con Dio. Ecco allora sorgere l'esortazione al ricordo e il ricordare come comandamento. Si è invitati e si è imperativamente «obbligati» a ricordare per non cadere nel peccato dei padri, perché non si interrompa il filo rosso che definisce l'identità del popolo e la sua costitutiva relazione con Dio. La memoria diventa, di fatto, una questione di vita o di morte.

Dal punto di vista teologico, la memoria di Dio è solo parzialmente «speculare» a quella umana. Se l'uomo dimentica, Dio ricorda sempre il suo popolo, non reagisce all'oblio con l'oblio: anche nel cuore della crisi, infatti, durante l'esplodere della sua ira e del suo rifiuto, Dio non «perde di vista» la fragilità dell'uomo. Israele sperimenta senz'altro il rigettato e l'abbandono in conseguenza dei propri peccati, ma sempre come una «parentesi», un momento penultimo, che misteriosamente custodisce in sé già i germi del rinnovamento e della restaurazione dell'alleanza. Il cuore della rivelazione di Dio ad Israele, nel nostro salmo, potrebbe essere in qualche modo essere così descritto: la memoria di Dio -- cioè il suo amore, la sua fedeltà all'alleanza -- permane anche di fronte al persistente oblio dell'uomo.

Il grande «affresco» del Sal 78, qui delineato solo per sommi capi, costituisce un momento centrale nella drammatica del salterio. Il tema della memoria entra con una certa forza ai Sal 42-4469 come «nostalgia della passata presenza Dio» e esperienza del suo «oblio» o abbandono. Questa situazione viene poco alla volta «capovolta» nel III libro: Israele, invaso dai nemici e privato del tempio, si appella alla memoria di Dio, al suo ricordare l'alleanza (Sal 74); contemporaneamente, il popolo stesso è ricondotto, attraverso un faticoso processo di rimemorazione, alle proprie origini (Sal 77), e (ri) scopre nella propria radice il mistero del suo peccato e della misericordia di Dio (Sal 78; 79). Nonostante questo, la crisi perdura e alla fine del III libro risuona ancora il grido: «ricordati! » (Sal 89, 48. 51). Lentamente, però, matura il frutto di questa purificazione e il popolo, al termine del IV libro, può ancora una volta ricordare la propria elezione (Sal 105) e la sua infedeltà (Sal 106), questa volta, però, in un contesto di lode e benedizione (cfr. 105, 1-9. 45; 106, 1. 48). La lunga riconciliazione con la propria storia e con Colui che ne è l'origine e il «motore» nascosto riscatta l'esperienza della lontananza lamentata ai Sal 42-44 ed apre la strada all'inno corale dell'ultima parte del salterio (Sal 107-150) .70

Alla fine di questo nuovo esodo, la «terra» che il popolo «riconquisterà» sarà proprio un rinnovato «riaccasarsi» nella memoria Dei -- riconoscere, cioè, la fedeltà di Dio e il proprio peccato, nella certezza che ogni forma di oblio -- e quindi di morte -- è stata definitivamente redenta.71

Aperture neotestamentarie

Ci sia consentito, quasi a completamento del nostro breve studio, richiamare due possibili agganci neotestamentari alle riflessioni fin qui sviluppate, in modo tale da evidenziare la continuità e lo svliluppo, anche dal punto di vista del tema di cui ci siamo occupati, nel movimento che dall'AT conduce al NT.72

Il primo brano in questione è Mt 13, 35.73 Qui l'evangelista descrive, in modo sintetico, l'attività di «narratore di parabole» di Gesù servendosi della citazione di Sal 78, 2, all'interno di una «formula di compimento74». Il rilievo che questo richiamo ha nel complesso del cosiddetto «discorso in parabole» si ricava anche dalla sua posizione centrale.75

Matteo traduce il versetto salmico in un modo a lui proprio, sensibilmente diverso dalla LXX76: «aprirò con parabole la mia bocca, dichiarerò cose nascoste dalla fondazione [del mondo] 77». Tali variazioni richiamano l'importanza che la polarità «nascosto-rivelato» (Mt 5, 14; 6, 4. 6; 10, 26; 11, 25; 13, 44; 25, 18. 25)78 e il suo collegamento con l'origine (Mt 25, 34) giocano nel vangelo di Matteo (cfr. anche Lc 11, 50; Gn 17, 24; Ef 1, 4; 4, 3; Eb 9, 26; 11, 11; 1 Pt 1, 20; Ap 13, 8; 17, 8).

Queste minime osservazioni aprono davanti a noi almeno due scenari di comprensione:

  1. Gesù è visto come colui che compie Sal 78, 2, sia perché prosegue e «perfeziona» l'attività del salmista (profeta e sapiente che istruisce/ammonisce), sia perché rivela il senso ultimo del «racconto delle origini», svela la forma ultima dell'agire di Dio nella storia. In questo senso, lo spostamento dalle «origini» (qdm) alla «fondazione del mondo» (katabole) serve a mettere in luce lo spostamento nell'«asse» del discorso: dall'elezione di un popolo come rivelazione della misericordia di Dio per l'uomo, alla rivelazione della radice ultima di un simile agire -- che è, in ultima analisi, Gesù stesso (cfr. Mt 11, 25; 13, 44) ;79
  2. poiché, però, Gesù continua l'attività di «raccontare in parabole» propria dei profeti e dei sapienti dell'AT, agli ascoltatori dei suoi discorsi sono richieste le stesse qualità di quelli del Sal 78, anche e soprattutto in relazione alla memoria e alla tradizione. Se Gesù, infatti, è la forma ultima e piena della storia di Dio con gli uomini -- cioè dell'alleanza -- i discepoli sono esortati, con altrettanta urgenza, a ricordare e ri-raccontare (cfr. Mt 13, 3-23) le sue parole e il racconto della sua vita «di generazione in generazione» (cfr. Mt 28, 20!).

Il «compimento» di cui parla Matteo, dunque, ha un lato «oggettivo» -- l'agire e il parlare di Gesù -- e uno «soggettivo» -- la «ricezione» degli ascoltatori. Entrambi i lati sono messi in rilievo e implicati nella ripresa volutamente «non letterale»80 di Sal 78, 2. La stessa esigenza e lo stesso orizzonte di trasmissione della memoria rimane valido anche per i discepoli di Gesù -- così come rimane drammaticamente valido lo stesso pericolo dell'oblio e delle sue conseguenze!

Il secondo brano è Lc 23, 39-43, quella che potremmo a buon diritto definire «la preghiera del buon ladrone».81 Bastino qui poche, sommarie osservazioni.

Entrambi i malfattori (kakourgos: v. 39) cercano da Gesù la salvezza, anche se in modi evidentemente antitetici: chi attraverso la tentazione («non sei proprio tu il messia? Salva te stesso e anche noi»: cfr. Lc 4, 3. 9!), chi attraverso la supplica («ricordati di me [mnestheti mou]! »). Entrambe le espressioni mirano, dunque, apparentemente allo stesso scopo -- la salvezza -- ma partono da due prospettive radicalmente opposte: da una parte l'incredulità -- se sei il messia, dimostralo! -- dall'altra una fede sorprendente e inaspettata, che da per certo l'ingresso di Gesù nel suo regno.

La preghiera del «buon ladrone» è come il vertice di tutte le invocazioni «al ricordo» che i salmi fanno salire a Dio nel tempo della crisi e della rovina (cfr. Sal 25, 6. 7; 74, 2. 18. 22; 89, 48. 51; 106, 4; 132, 1; 137, 7) -- ed è anche il vertice della fiducia che in questi testi traspare. È anche, infine, una delle espressioni forse più plastica e «iconica» delle scelta che si pone al credente posto di fronte alla regalità crocifissa di Gesù: l'incomprensione e la ribellione; l'abbandono e l'invocazione confidente, il cui presupposto è lo sguardo che vede nel condannato al patibolo il vero re.

Il paradiso che Gesù promette, allora, non è forse quella terra di cui sopra parlavamo -- quella incessante memoria Dei in cui non esiste più minaccia di oblio e di morte? La forma ultima della memoria Dei, in ultima analisi, non è forse quella della croce -- della memoria Passionis?

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Note

  1. cfr. Basilio, Regulae fusius tractatae, Prol; 2; 5 [Le regole, Magnano, 1993]; H.J. Sieben, «MNHMH QEOY», in M. Villers (ed.), Dictionnaire de Spiritualité, X, Paris, 1980, 1407-1414; W. Horbury, «The Remembrance of God in the Psalms of Solomon», in S.C. Barton -- L.T. Stuckenbruck -- B.G. Wold (edd.), Memory in the Bible and Antiquity. The Fifth Durham-Tübingen Research Symposium. Durham 2004 (WUNT 212), Tübingen, 2007, 111-128. Per i padri del deserto, cfr.: L. Mortari (ed.), Vita e detti dei padri del deserto, Roma, 20013 (Sincletica 20; Poemen 43; Cronio 2). cfr. anche: Gregorio di Nazianzo, Hom 27 [Tutte le orazioni (Il pensiero occidentale), Milano, 2000, 646-647] (« [...] bisogna ricordarsi di Dio più spesso di quanto respiriamo, e, se è possibile dirlo, non bisogna far altro che questo»). Testo

  2. cfr. soprrattutto la celebre «lettera a Marcellino» di Atanasia [Atanasio di Alessandria, L'interpretazione dei salmi. Ad Marcellinum in interpretazione psalmorum, Magnano, 1995]. cfr. anche J.-C. Nesmy, I Padri commentano il Salterio della Tradizione, Torino, 1983; L. Leone, L'esegesi atanasiana dei salmi. I: Introduzione e Testi, Lecce 1984; G. Bader, G., Psalterium affectuum palaestra. Prolegomena zu einer Theologie des Psalters (HUTh 33), Tübingen, 1996; C. Reemts, Schriftauslegung: Die Psalmen bei den Kirchenväter (Neuere Stuttgarter Kommentar. Altes Testament 33/6), Stuttgart, 2000. In ambito esegetico, cfr. l'importante studio di N. Lohfink, «Psaltergebet und Psalterredaktion», Archiv für Litrugiewissenschaft 34 (1992) 1-22. Testo

  3. B.S. Childs, Biblical Theology of the Old and the New Testament. Theological Reflexion on the Hebrew Bible, London, 1992, 191-195 [Teologia Biblica. Antico e Nuovo Testamento, Casale Monferrato, 1998, 215-219]. Testo

  4. La prospettiva «classica» della Formsgeschichte, da Gunkel in poi, considerava il salterio come una raccolta di testi indipendenti per genere, linguaggio e storia, non raccolti secondo un criterio preciso (cfr. H. Gunkel -- J. Begrich, Einleitung in die Psalmen (HKAT II Ergänzungsband), Göttingen, 1933; 19662). La «via» della lettura del salterio come libro, pur avendo avuto diversi «anticipatori» tra i padri (tra gli altri Origene, Ilario, Gregorio di Nissa) e tra i «moderni» (ad es.: Delitzsch, Childs), è stata «inaugurata» dallo studio di G. Wilson, The Editing of the Hebrew Psalter (SBL.DS 76), Chico, CA, 1985. Da allora le pubblicazioni a riguardo (così come il dibattito e le divergenze di metodo e di prospettive) sono andati crescendo in modo considerevole. Ci limitiamo solo a citarne qualcuno: E. Zenger, «Was wird anders bei kanonischer Psalmenauslegung?», in F.V. Reiterer, (ed.), Ein Gott, eine Offenbarung. FS Füglister, Würzburg 1991, 397-413; J.-L. Vesco, «L'approche canonique du psautier», Revue Thomiste 100 (1992) 482-502; J.-M. Auwers, «Tendeces actuelles des études psalmiques. Á propos de quelques ouvrages récents sur le Psautier», RTL 28 (1997) 79-97; E. Zenger, «Der Psalter als Buch: Beobachtungen zu seiner Entstehung, Komposition und Funktion», in Id. (ed.), Der Psalter in Judentum und Christentum (HBS 18), Freiburg, 1998, 1-57; Barbiero, G., Das erste Psalmenbuch als Einheit. Eine synchrone Analyse von Psalm 1-41 (ÖBS 16), Frankfurt a.M.-Berlin, 1999. J.M Auwers, La composition littéraire du Psautier. Un état de la question (Cahiers de la RB 46), Paris, 2000; D. Scaiola, «Una cosa ha detto Dio, due ne ho udite». Fenomeni di composizione appaiata nel salterio masoretico, Città del Vaticano, 2002; E. Zenger, «Psalmenexegese und Psalterexegese: Eine Forschungsskizze», in Id. (ed.), The Composition of the Book of Psalms (BEThL 238), Leuven-Paris-Walpole, 2010, 17-66; J.-M. Auwers, «Le Psautier comme livre biblique: Édition, rédaction, fonction», in E. Zenger, The Composition of the Book, 67-90; T. Lorenzin, «Dieci anni di studi sul Salterio (2000-2009)», RivBib 58 (2010) 469-495. Per voci critiche, cfr. soprattutto: E. Gerstenberger, «Der Psalter als Buch und Sammlung», in K. Seybold -- E. Zenger (edd.), Neue Wege der Psalmenforschung (HBS 1), Freiburg, 19952, 3-13; R.N. Whybray, Reading the Psalms as a Book (JSOT.S 222), Sheffield, 1996. Testo

  5. Per il concetto di «forma canonica», cfr. soprattutto B.S. Childs, Introduction to the Old Testament as Scripture, Philadelphia, 1979, 504-525 (per i salmi). Testo

  6. Per l'ipotesi di una struttura narrativa del salterio, cfr. tra gli altri Wallace, R.E., The Narrative Effect of Book IV of the Hebrew Psalter (SBL 112), New York, 2007. Testo

  7. cfr. Zenger, «Psalmenexegese und Psalterexegese», 24-27. cfr. anche B. Weber, «Entwurf einer Poetologie der Psalmen», in H. Utzschneider -- E. Blum (edd.), Lesarten der Bibel. Untersuchungen zu einer Theorie der Exegese des Alten Testament, Stuttgart, 2006, 127-154. Testo

  8. cfr. R. Vignolo, «Circolarità tra libro e preghiera nella poetica dossologica del salterio. Contributo alla «terza ricerca» del Salterio come Libro», in AA.VV., La parola di Dio tra scrittura e rito. Atti della XXVIII Settimana di Studio dell'Associazione Professori di Litugia. Calambrone, 27 agosto -1 settembre 2000 (Studi di Liturgia 41), Roma, 2002, 127-188. Per l'importante concetto di Leserichtung, cfr. recentemente B. Weber, «Kanonische Psalterexegese und -rezeption: Forschungsgeschichliche, hermeneutische und methodologische Bemerkungen», in E. Ballhorn -- G. Steins (edd.), Der Bibelkanon in der Bibelauslegung. Methodenreflexionen und Beispielexegesen, Stuttgart, 2007, 85-94. Testo

  9. Il Salterio così considerato potrebbe essere paragonato ad un mosaico, in cui pur essendo ogni tessera un'unità in sé conclusa, il messaggio totale si coglie solo nello sguardo d'insieme di tutte le tessere e della loro disposizione, secondo la nota massima: «il tutto è più della somma delle parti». Testo

  10. In questa sede non possiamo prendere in considerazione tutti quegli elementi (titoli; dossologie; rimandi interni; concatenazioni; ecc.) che tracciano i confini della struttura del salterio e ne indicano le possibile strutture e suddivisioni. Una buona sintesi in: E. Zenger, «Das Buch der Psalmen», in Id. -- H.-J. Fabry (edd.), Einleitung in das Alten Testament (Kohlhammer Studienbücher. Theologie 1/1), Stuttgart-Berlin-Köln ,1995, 242-255 [Introduzione all'Antico Testamento, Brescia, 2005, 527-560] e in Auwers, La composition; K. Seybold, Poetik der Psalmen, Stuttgart, 2003 [Poetica dei Salmi (Introduzione allo studio della bibbia. Supplementi 35), Brescia, 2007]. Testo

  11. cfr. J.T. Willis, «Psalm 1 -- An Entity», ZAW 91 (1979) 381-401; B.J. Diebner, «Psalm 1 als «Motto» der Sammlung des kanonischen Psalters», DBAT 23/24 (1987) 7-45; J. Wehrle, «Ps 1 -- Das Tor zum Psalter. Exegese und theologische Schwerpunkte», MThZ 46 (1995) 215-229; R.G., Kratz, «Die Tora Davids. Psalm 1 und die doxologische Fünfteilung des Psalters», ZTK 93 (1996) 1-34; B. Weber, «Psalm 1 als Tor zur Tora JHWHs: Wie Ps 1 (und Ps 2) den Psalter an der Pentateuch anschliesst», SJOT 21 (2007) 179-207. Testo

  12. L'importanza dell'«inizio» e della «fine» per la comprensione di un testo sono un dato abbastanza acquisito, in ambito biblico, dell'analisi narratologica, qui applicabile anche ad un testo come il salterio, letto in prospettiva «canonica». cfr. il recente B. Janowski, «Ein Tempel aus Worten. Zur theologischen Architektur des Psalters», in E. Zenger (ed.), The Composition of the Book, 279-306. Nei limiti del presente lavoro, non ci occupiamo della «finale» del salterio (Sal 146-150) e della sua relazione con l'incipit del libro. Per questo argomento, oltre al contributo di Janowski appena menzionato, cfr. E. Ballhorn, Zum Telos des Psalters. Der Textzusammenhang des Vierten un Fünften Psalmenbuches (Ps 90-150) (BBB 138), Berlin-Wien, 2004; D. Scaiola, «La conclusione (Sal 146-150) e lo scopo del Salterio», RivBib 58 (2010) 279-297. Testo

  13. cfr. Vignolo, «Circolarità», 146-150. Testo

  14. cfr. J.C. McCann, «The Psalms as Instruction», Int 46 (1992) 117-128. Testo

  15. cfr. tra gli altri: G.H. Wilson, «The Use of the Royal Psalms at the 'Seams' of the Hebrew Psalter», JSOT 35 (1986) 85-94; J.L. Mays, The Lord Reigns. A Theological Handbook to the Psalms, Louisville, 1994, e, più recentemente: M. Saur, Die Königpsalmen. Studien zur Entstehung und Theologie (BZAW 340), Berlin, 2004. Testo

  16. Se vale l'immagine del mosaico sopra indicata, allora si può anche applicare l'idea di «rimembranza» (ricomporre le disiecta membra) in esso implicita. Testo

  17. Secondo R.L. Cole, The Shape and Messagge of Book III (Psalms 73-89) (JSOT.S 307), Sheffield, 2000, 121-122, l'uomo ('ish) di Sal 1,1, sarebbe da identificare con il re-messia del Sal 2. Testo

  18. Il Salterio è, infatti, parola dell'uomo che «risponde» alla Parola di Dio in modo «paradigmatico», «canonico», secondo la già menzionata espressione di Childs. Testimoni di questo fatto sono anche le preghiere incorporate in brani narrativi (ad es. 1 Sam 2; 2 Sam 1,17-27; 22; 23; Gdc 5; ecc.). cfr. S.E. Balentine, Prayer in the Hebrew Bible. The Drama of Divine-Human Dialogue, Minneapolis 1993; P.D. Miller, They cried to the Lord. The Form and the Theology of Biblical Prayer, Minneapolis, 1994. Testo

  19. «Unde bene mari plerumque comparatur ecclesia, quae primo ingredientis populi agmine totis vestibulis undas uomit, deinde in oratione totius plebis tamquam undis refluentibus stridit, cum responsoriis psalmorum cantus uirorum mulierum virginum paruulorum consonus undarum fragor resultat» (Ambrogio, Exameron, V, 23 [I sei giorni della creazione, Roma-Milano, 19962, 134-135]). Testo

  20. Proprio per questo nel Salterio si ritrovano tutte le «voci» che animano l'intero corpus dell'Antico Testamento: quelle del Pentateuco e della storiografia (in particolare quella del Deuteronomio), dei profeti e dei sapienti. cfr. Zenger, «Psalmen», 358-360.362-365 [541-444.548-552]; Seybold, Poetik, 353-374 [293-332]. Testo

  21. Per alcuni studi sulla memoria nella scrittura, cfr. soprattutto: B.S. Childs, Memory and Tradition in Israel (StBibTh 37), London, 1962; P.A.H., de Boer, Gedenken und Gedächtnis in der Welt des Alten Testaments, Stuttgart, 1962; W. Schottroff, «Gedenken» im Alten Orient und im Alten Testament. Die Wurzel zakar in semitischen Sprachkreis (WAMNT 15), Neukirchen-Vluyn, 1964; Testo

  22. Questo è probabilmente il primo Salmo in cui la «storia» fa irruzione nel Salterio. Per la questione, cfr. tra gli altri: A. Lauha, Die Geschichtsmotive in den alttestamentliche Psalmen, Helsinki, 1945; D. Mathias, Die Geschichtstheologie der Geschichtssummarien in den Psalmen (BEATAJ 35), Frankfurt a.M., 1993. Testo

  23. Per la suddivisione del salterio in «libri», cfr. Auwers, La composition, 77-108. Testo

  24. Viene così chiamato quella parte del salterio (Sal 42-83) in cui le ricorrenze del nome divino 'elohim superano di gran lunga il tetagramma Yhwh, contrariamente a quanto avviene nei restanti salmi. cfr. E. Zenger -- F.-L. Hossfeld, «The So-Called Elohistic Psalter: A New Solution for an Old Problem», in B.A. Strawn -- N.R. Bowen (edd.), A God So Near. Essays on Old Testament Theology in Honor of Patrick D. Miller, Winona Lake 2003, 35-51; C. Süssenbach, Der elohistische Psalter. Untersuchungen zu Komposition und Theologie von Ps 42-83 (FAT 2.7), Tübingen, 2005; J.S. Burnett, «A Plea for David and Zion. The Elohistic Psalter as Psalm Collection for the Temple's Restoration», in Id. -- W.H. Bellinger -- W. D. Tucker (edd.), Diachronic and Synchronic. Reading the Psalms in Real Time. Proceedings of the Baylor Symposium on the Book of Psalms (LHB.OT 488), New York-London, 2007, 97-113. Testo

  25. cfr. M. Millard, «Die «Mitte des Psalters». Ein möglischer Ansatz einer Theologie der Hebräischen Bibel», in Ballhorn -- Steins (edd.), Der Bibelkanon in der Bibelauslegung, 252-260; B. Weber, «Psalm 78 als «Mitte» des Psalters? -- ein Versuch», Bib 88 (2007) 305-325. Testo

  26. cfr. E. Ballhorn, Zum Telos des Psalters. Der Textzusammenhang des Vierten un Fünften Psalmenbuches (Ps 90-150) (BBB 138), Berlin-Wien, 2004. Testo

  27. Sull'importanza del «centro» per la comprensione della struttura e del significato di un brano, cfr. Weber, «Psalm 78 als «Mitte»», 305-307, e, più in generale, R. Meynet, L'analyse rhétorique. Une nouvelle méthode pour comprendre la Bible, Paris, 1989 [L'analisi retorica (Biblioteca Biblica 8), Brescia, 1992]; Id., Traité de rhétorique biblique, RhSem 4, Paris, 2007 [Trattato di retorica bilbica (Retorica Biblica 10), Bologna, 2008]. cfr. anche le stimolanti riflessioni di P. Bovati, «Il centro assente. Riflessioni ermeneutiche sul metodo dell'analisi retorica, in riferimento specifico alle strutture prive di centro», in R. Meynet -- J. Oniszczuk (edd.), Retorica biblica e semitica I. Atti del primo convegno RBS (Retorica Biblica), Bologna, 2009, 107-121. Testo

  28. In questa sede non possiamo entrare nel complesso dibattito legato alla datazione e alla composizione di questo salmo, per il quale rimandiamo ai commentari, soprattutto (in lingua italiana): G.R. Castellino, Libro dei Salmi (SB.VT), Torino, 1955, 688-700; G. Ravasi, Il libro dei Salmi. II: 51-100, Bologna, 1983, 611-653; T. Lorenzin, I Salmi (I libri biblici 14), Milano, 2000, 315-319. cfr. anche: A.F. Campbell, «Psalm 78: A Contribution to the Theology of Tenth Century Israel», CBQ 41 (1979) 51-79; N. Füglister, «Psalm LXXXVIII [sic!]: Der Rätsel Lösung?», in J.A. Emerton (ed.), Congress Volume Leuven 1989 (VTS 43), Leiden, 1991, 264-297. Testo

  29. Per la struttura del salmo, cfr. soprattutto proposte e bibliografia di P. van der Lugt, Cantos and Strophes in Biblical Hebrew Poetry II. Psalms 42-89 (OTS 57; Leiden-Boston 2010), 342-368. cfr. anche Füglister, «Psalm LXXXVIII», 264-297. Testo

  30. Seguiamo qui, in linea di massima, la dettagliata analisi proposta da Y. Zakovitch, «"He Chose the Tribe of Jehudah... He Chose David His Servant": Psalm 78 -- Sources, Structure, Meaning, and Purport», in H. Baron -- A. Lifshitz (edd.), David King of Israel is Living and Enduring?, Jerusalem, 1997, 117-202 [ebr.] e «ritoccata» da A. Frisch, «Ephraim and Treachery, Loyalty and (the House of) David: The Meaning of a Structural Parallel in Psalm 78», VT 59 (2009) 190-198. Testo

  31. I vv. 1-2 contengono echi profetici e sapienziali: cfr. Dt 32,1; Prv 7,2.24; 22,17. cfr. Zakovitch, «"He Chose"», 121-122. Testo

  32. cfr. Zakovitch, «"He Chose"», 168-169; van der Lugt, Cantos, 342-346. Testo

  33. cfr. l'elenco dettagliato offerto da Zakovitch, «"He Chose"», 170-175. Testo

  34. Zakovitch, «"He Chose"», 177-179; Füglister, «Psalm LXXXVIII», 276-284. Testo

  35. cfr. Zakovitch, «"He Chose"», 168-169; per una diversa suddivisione, cfr. van der Lugt, Cantos, 342-368. Testo

  36. Per il parallelismo antitetico tra i verbi «ripudiare» (m's) e «amare» ('hb), cfr. Zakovitch, «"He Chose"», 163-164. Testo

  37. cfr. Zakovitch, «"He Chose"», 165-167; Frisch, «Treachery», 190-191.198. Testo

  38. cfr. Y. Zakovitch, «Juxtapositionen im Buch der Psalmen (»Tehillim«)», in F.-L. Hossfeld -- L. Schwienhorst-Schönberger (edd.), Das Manna fällt auch heute noch. Beiträge zur Geschichte und Theologie des Alten, Ersten Testaments. FS für Erich Zenger (HBS 44), Freiburg, 2004, 660-673. Testo

  39. Giuseppe, Efraim e Israele si dovrebbero considerare solo come «eponimi» delle tribù rispettive. cfr. Zakovitch, «"He Chose"», 128-129.163-164. Testo

  40. Zakovitch, «"He Chose"», 174-175.183-186. Testo

  41. Per questa traduzione, cfr. ancora soprattutto Zakovitch, «"He Chose"», 122; Füglister, «Psalm LXXXVIII», 293-294. Testo

  42. L'espressione bmšl può anche essere intesa in modo avverbiale: «in modo parabolico», parlando «alla maniera di chi propone parabole», cioè in modo velato o figurato. cfr. però Zakovitch, «"He Chose"», 122. Testo

  43. Sul rapporto tra «origine« e «narrazione» ha dedicato pagine molto dense P. Beauchamp, L'un et l'autre testament. 2. Accomplir les Écritures, Paris, 1990 [L'uno e l'altro testamento. 2. Compiere le Scritture (Biblica 1), Milano, 2001]. Testo

  44. Probabilmente, l'assenza della menzione di Mosé (e di Aronne) è funzionale alla sottolineatura di questa «gratuità originaria», la cui ragione (imperscrutabile) risiede in Dio e solo in lui: cfr. E. L. Greenstein, «Mixing Memory and Design : Reading Psalm 78», Prooftexts 10 (1990) 197-218. Testo

  45. cfr. tra gli altri: J. Assmann, Das kulturelle Gedächtnis. Schrift, Erinnerung und politische Identität in frühen Hochkulturen, München, 1992 [La memoria culturale. Scrittura, ricordo e identità politica nelle grandi civiltà antiche, Torino, 1997]. Testo

  46. E' da notare che qui il salmista e Dio si confondono: il primo propone al suo popolo, in parlare figurato, un enigma; il secondo, tramite il suo agire storico, opera sostanzialmente la stessa cosa. Il parlare del salmista, dunque, riflette lo stile dell'azione di Dio nella storia. Per il fenomeno della «sovrapposizione» tra Dio e il salmista, cfr. tra gli altri: Zakovitch, «"He Chose"», 165-166.179-180; Cole, The Shape, 231-235. Testo

  47. Sulla natura «pedagogica» e/o «sapienziale» delle parabole, cfr. tra gli altri: C. Westermann, Vergleiche und Gleichnisse im Alten und Neuen Testament (Calwer Theologische Monographien. A. Bibelwissenschaft 14), Stuttgart, 1984. Testo

  48. cfr. Zakovitch, «"He Chose"», 179-180. Testo

  49. La relazione padri/figli sul piano orizzontale può alludere, in forza di quanto affermato al punto precedente (cfr. nota 46) alla relazione padre/figlio sul piano verticale, tra Dio e Israele (o Dio e il suo «unto»: cfr. Sal 2,7; 110,3). Testo

  50. Questo tema è stato ampiamente sviluppato da Assman, Das kulturelle Gedächtnis. Testo

  51. cfr. Zakovitch, «"He Chose"», 179-180. Testo

  52. cfr. il già citato testo di Beauchamp, L'un et l'autre. Testo

  53. Anche l'osservanza dei comandamenti è condizionata dalla memoria: osservare senza ricordare è vuoto legalismo. cfr. Zakovitch, «"He Chose"», 124-127. Testo

  54. Zakovitch, «"He Chose"», 179-180. Testo

  55. Qui ci può essere una «corrispondenza» tra il rifiuto/oblio del popolo e il sentirsi dimenticati/rifiutati da Dio. Testo

  56. Secondo la paraddosale formulazione del v. 38b: «e non risvegliava tutto il suo furore». Testo

  57. La rappresentazione «visiva» di questa misericordia/elezione indefettibile sono Davide, Giuda e Gerusalemme: cfr. Frisch, «Trachery», 197-198. Testo

  58. cfr. le analoghe osservazioni su Es 34,6.7, sviluppate da G. Barbiero, ««...ma certo non lascia il colpevole senza punizione»: la «giustizia» di Dio e di Mosé in Es 32-34», in R. Fabris (ed.), La giustizia in conflitto. XXXVI Settimana Biblica Nazionale (Roma, 11-15 settembre 2000), (RSB 19), Bologna, 2002, 55-79; Id., Dio di misericordia e di grazia. La rivelazione del volto di Dio in Esodo 32-34, Casale Monferrato, 2002. Testo

  59. cfr. oltre ai già citati Cole, The Shape, e Süssenbach, Der elohistische, anche: K.J. Illman, Thema und Tradition in den Asaf-Psalmen, Åbo, 1976; H.P. Nasuti, Tradition History and the Psalms of Asaph (SBL.DS 88), Chico, 1988; S. Holtmann, «Die Asafpsalmen als Spiegel der Geschichte Israels. Überlegungen zur Komposition von Ps 73-83. Teil I», BN 122 (2004) 45-79; Id., «Die Asafpsalmen als Spiegel der Geschichte Israels. Überlegungen zur Komposition von Ps 73-83. Teil II», BN 123 (2004) 49-63. G. Barbiero, «Il secondo e terzo libro dei Salmi (Sal 42-89): due libri paralleli», RivBib 58 (2010) 145-175. Testo

  60. cfr. lo studio B. Weber, Psalm 77 und sein Umfeld. Eine poetologische Studie (BBB 103), Weinheim, 1995. Testo

  61. cfr. M. Pavan, «La memoria nel Sal 77», RivBib (in preparazione). Testo

  62. cfr. le osservazioni di M. Leuenberger, Konzeptionen des Königtum Gottes im Psalter. Untersuchungen zu Komposition und Redaktion der theokratischen Bücher IV-V im Psalter (AThANT 83), Zürich, 2004, 117-118; Barbiero, «Il secondo», 145-148. Testo

  63. cfr. M. Millard, Die Komposition des Psalters. Ein formgeschichtlicher Ansatz (FAT 9), Tübingen, 1994, 89-91; Cole, The Shape, 77-95. Testo

  64. Il peccato del popolo è ancora menzionato in 85,3. Nel Sal 83 i nemici sono ancora forti e aggressivi: la loro presenza e la loro coalizione sono il segno di una riconciliazione con Dio non ancora avvenuta (cfr. Sal 81!). cfr. M. Pavan, «Il «nemico» nel III libro del salterio (Sal 73-83)», RivBib 57 (2009) 273-298. Testo

  65. cfr. G. Strola, Il desiderio di Dio. Studio dei Salmi 42-43 (StuR), Assisi, 2003. Testo

  66. cfr. H. Schönemann, Der untreue Gott und sein treues Volk. Anklage Gottes angesichts unschuldigen Leidens nach Psalm 44 (BBB 157), Göttingen-Bonn, 2009. Testo

  67. Lo stesso vale per il Sal 77: pur essendo l'orante un singolo, il «male» di cui soffre ha chiaramente una valenza comunitaria. cfr. la discussione in Weber, Psalm 77, 187-198. Testo

  68. Per il movimento «lamento-lode» come asse portante del salterio, cfr. C. Westermann, Lob und Klage in den Psalmen, Göttingen, 19775; W. Brueggemann, «Bounded by Obedience and Praise: The Psalms as Canon», JSOT 50 (1991) 63-92; Vignolo, «Circolarità», 138-146.165-182. Testo

  69. La memoria è già presente, tuttavia, anche nei salmi precedenti: cfr. Sal 6,6; 8,5; 9,7.13.18.19; 10,11.12; 13,2; 20,4.8; 22,28; 25,6.7; 30,5; 31,13; 34,17. Testo

  70. Per i Sal 135-137, cfr. i riferimenti alla nota 22. Testo

  71. cfr. Vignolo, «Circolarità», 182-184; Pavan, «Il nemico», 296-298. Testo

  72. Per la memoria nel NT, cfr.: O. Michel, «μιμνῄσκομαι», in R. Kittel (ed.), Theologische Wörterbuch zum Neuen Testament. IV, Stuttgart, 1942, 678-686 [Grande Lessico del Nuovo Testamento. VII, Brescia, 1971, 299-320]; P. Bonnard, Anamnesis. Recherches sur le Nouveau Testament (Cahiers de la Revue de Théologie et Philosophie 3), Genève, 1980. Testo

  73. cfr. B. Kowalski, «Der matthäische Gebrauch des Psalters im Kontext seiner Parabelüberlieferun», in Zenger, The Composition, 593-608 (e bibliografia). Testo

  74. cfr. J. Miller, Les citations d'accomplissement dans l'évangile de Mathieu. Quand Dieu se rend présent en toute humanité (AnBib 140), Roma, 1999. Testo

  75. cfr. tra gli altri, A. Mello, Evangelo secondo Matteo. Commento midrashico e narrativo, Magnano, 1995, 235-236. Testo

  76. Così recita la LXX: «aprirò con parabole la mia bocca, proclamerò enigmi (problemata) dal prinicipio/inizio (arche)». cfr. J. Gnilka, Das Matthäusevangelium. I. Teil. Kommentar zu Kap. 1,1-13,58, Freiburg i.B. 1986, 496-497 [Il vangelo di Matteo. I. Testo greco e traduzione. Commento ai capp. 1,1-13,58 (Commentario Teologico del Nuovo Testamento I/I), Brescia, 1990, 720-721]. Testo

  77. Sull'incertezza testuale di questa specificazione, cfr. M.J.J. Menken, Matthew's Bible. The Old Testament Text of the Evangelist (BETL 173), Leuven, 2004, 92-93. Testo

  78. Il verbo krupto è attestato 12 volte nel vangelo di Matteo, numero più alto di occorrenze nel NT. Testo

  79. cfr. Mello, Evangelo secondo Matteo, 252. Testo

  80. Per le ipotesi su questa non corrispondenza tra Mt, da una parte e TM e LXX, dall'altra, cfr.: U. Luz, Das Evangelium nach Matthäus (EKK I/1-4), Zürich, 19962, 336; Kowalski, «Der matthäische», 601-604. Testo

  81. Su questo brano, cfr. M. Méndez-Moratalla, The Paradigm of Conversion in Luke, (JSNT.S 252), Sheffield, 2004; W. Eckey, Das Lukasevangelium. Teilband 2: 11,1-24,53, Neukirchen-Vluyn, 2006, 948-951; M. Wolter, Das Lukasevangelium (Handbuch zum Neuen Testament 5), Tübingen, 2008, 759.761; Testo