di Francesco Bonomo (21 marzo 2012)
La liturgia del tempo di Natale possiede alcuni elementi che l'hanno caratterizzata nei secoli. A partire dalla preparazione alla celebrazione del mistero dell'Incarnazione, dalle stazioni d'Avvento che si sono formate nei secoli in parallelo a quelle della liturgia stazionale queresimale, dalla data del Natale e dall'impostazione della liturgia con l'ufficio ricco di testi e le tre messe distinte, il tempo natalizio abbonda di aspetti peculiari concentrati in un numero consistente di feste liturgiche. L'Epifania, l'ultima grande solennità, che apre una nuova sezione del tempo di Natale, si inserisce in questo contesto e propone alla riflessione una tradizione che ormai nell'adattamento post-conciliare delle liturgie nazionali si è quasi del tutto perso: l'annuncio della festa di Pasqua. Vari approcci sono possibili al tema dell'annuncio della Pasqua. Il primo e più corposo è quello che prevede un percorso che approfondisce le testimonianze patristiche circa la prassi dell'annuncio della data della festa di Pasqua. Il nostro intento è quello di accennare solamente ad alcune testimonianze patristiche per concentrare l'attenzione sulle tradizioni strettamente liturgiche legate alla proclamatio.
Considerare la dinamica dell'annuncio ci porta ad evidenziare gli aspetti che soggiacciono al termine. Considerando il contesto delle primordiali comunità cristiane dell'era apostolica e subapostolica, l'annuncio da parte degli Apostoli e dei successori costituisce il modo per ovviare ad una necessità pratica di riunione. In questo processo si distinguono tre elementi. Innanzitutto l'Apostolo o gli anziani convocano con il fine di radunare ed entrambi non sono il risultato di un opera meramente umana ma hanno la loro fonte ed il loro significato primordiale nel convocare/radunare da parte di Dio; le chiese infatti sunt loco suo populus novus a Deo vocatus, in Spiritu sanctu et in plenitudine multa.1 Nell'annuncio quindi si distinguono un primo atto di disposizione di Dio che chiama, un secondo atto di concreta convocazione generale ed un terzo atto di convenire/riunire i credenti nell'ecclesia.2 Gli Apostoli ed i loro successori, essendo i testimoni della Risurrezione di Cristo, continuano la sua opera di annuncio della buona notizia e mantengono la prerogativa di convocare e riunire nel suo nome la comunità dei credenti. La convocazione/riunione dell'ecclesia è finalizzata principalmente all'evangelizzazione ed alla celebrazione del culto, in particolar modo dell'eucaristia.3
Analizzare la prassi dell'annuncio del giorno di pasqua nell'odierna liturgia occidentale esige uno sforzo di analisi delle condizioni e delle dinamiche storiche e liturgiche che hanno portato alla formazione e significazione di una tale tradizione. Il percorso che verrà delineato parte dall'osservazione dei problemi che nascono nella Chiesa dei primi secoli sulla data da assegnare alla celebrazione della Pasqua annuale. Il problema della datazione e del computo per stabilire il giorno della Pasqua ci introduce nelle tradizioni del mondo orientale, a lungo rimasto fedele alla Pasqua celebrata secondo il computo ebraico e delle controversie avute con quello occidentale orientato alla celebrazione della Pasqua di domenica. Due tradizioni corrispondenti a due diverse interpretazioni del dato teologico trasmesso dai Vangeli e del significato liturgico della festa pasquale.
Affrontare l'analisi dell'annuncio delle feste mobili nella tradizione della chiesa Occidentale impegna ad affrontare alcuni aspetti storici e dogmatici che sono legati al contenuto principale del testo liturgico, ovvero la data della Pasqua.
Nello studio e nella rilevazione dei dati provenienti dall'Antico Testamento ci soffermiamo solo sulla determinazione della data della Pasqua, fissata come festa al «14° giorno del 1° mese». I testi di riferimento sono Lv 23, 4-8 ed Ez 45, 21. La Pasqua è definita dai brani biblici una festa che si celebra verso sera e che comprende le caratteristiche della celebrazione, del rito e del sacrificio.4
Le ricerche dedicate alla Pasqua ed alla sua celebrazione nei primi secoli del Cristianesimo hanno portato a riconoscere un primo periodo in cui non si hanno testimonianze dirette sulla celebrazione della Pasqua cristiana. Le prime testimonianze risalgono al II secolo ed appartengono alle chiese dell'Asia Minore. In queste comunità la prassi celebrativa era posta in continuità con la festa ebraica per cui il Cristo morto e risorto si sostituisce agli antichi sacrifici ebraici. Il risultato rituale è una Pasqua cristiana celebrata il 14 Nisan seguendo la cronologia e la teologia del Vangelo di Giovanni; secondo questa tradizione liturgica il giorno segna la fine del digiuno di preparazione alla festa e termina con la celebrazione della sinassi eucaristica dopo una veglia notturna. Le comunità legate a questa data della Pasqua vengono denominate «quartodecimane».5
A questa tradizione si affianca e contrappone quella delle chiese occidentali ed in particolare della sede patriarcale romana che si riservava di celebrare la Pasqua la domenica successiva al 14 Nissan, con l'esclusività dell'annuncio della data da parte del Vescovo di Roma. Legata alla celebrazione della Pasqua, nel II secolo, sorge la questione su quale data sia quella da ritenere per un'unica celebrazione pasquale. La preoccupazione si sposta quindi dal problema del computo ad un ideale unitario di celebrazione che possa permettere di annunciare la resurrezione di Cristo in un unico giorno dell'anno riconusciuto unanimemente dalle Chiese d'Oriente e da quelle d'Occidente.
Secondo le testimonianze documentarie Policarpo di Smirne è il primo ad occuparsi della question della datta per la quale si recò a Roma cercando di giungere ad una soluzione con il papa Aniceto (155 ca). In seguito il papa Vittore I (189-198) dopo aver richiesto la convocazione di sinodi regionali che trattassero esplicitamente della determinazione di un'unica data per la festa della Pasqua giunse alla decisione di voler infliggere la scomunica a tutte le comunità dell'Asia Minore che intendessero continuare a celebrare la Pasqua al 14 di Nissan.
Una prima disposizione per la soluzione alla questione della data si trova nel primo concilio di Arles del 314 in cui si richiede di stabilire un'unica data per la celebrazione di un'unica Pasqua rituale; si nota in proposito che siamo di fronte alla prima testimonianza di lettere inviate dal papa di Roma per la pubblicazione della data:
Primo loco de observatione Paschae dominici ut uno die et uno tempore per omnem orbem ab omnibus observetur ut iuxta consuetudinem litteras ad omnes tu dirigas.
Questo canone rimase inosservato ma venne ripreso successivamente nel decreto pasquale del Concilio di Nicea (325). Il testo conciliare fissa la data della Pasqua annuale alla domenica successiva al plenilunio di primavera, affida al patriarca di Alessandria l'onere del computo della data della Pasqua e la sua comunicazione al papa di Roma per la successiva pubblicazione e indica ai cristiani dell'Asia Minore la necessità di conformarsi alla tradizione romana.6
Altri concili riprenderanno la condanna delle consuetudini quartodecimane a testimoniza di un persistere della situazione di divisione che aveva suscitato la controversia. Tra questi concili si ricordano il Concilio di Antiochia del 341 e i sinodi africani del IV secolo. Per l'Occidente si ricordano i sinodi di Orleans del 541 per le Gallie, il terzo sinodo di Braga del 572 per la Spagna, il IV sinodo di Toledo del 633, il sinodo di Saragozza del 691 ed i due interventi di Innocenzo I, nella lettera al vescovo di Cartagine, e di Leone Magno nella lettera a Ravennio vescovo di Orleans. La vera unificazione della data della Pasqua si ottenne solamente nel VI secolo quando Roma decise di accogliere definitivamente il computo alessandrino.7
Da questi dati si percepisce l'intento della Chiesa antica di organizzare il tempo liturgico secondo delle precise categorie. L'attenzione dedicata alla designazione di un'unica celebrazione pasquale oltra ad evidenziare il desiderio dell'unità celebrativa mette in luce anche la crescente percezione della Chiesa del valore fontale del mistero Pasquale di Cristo che si pone al centro dell'esperienza di fede e di celebrazione dei credenti. Il crescente valore dato alla celebrazione della Pasqua annuale aiuta a percepire lo sviluppo dell'uniformità del calendario ed apre al discorso sulla categoria pratica e poi liturgica dell'annuncio delle feste mobili.
La collezione di Verona, che costituisce la testimonianza liturgica della Chiesa di Roma, risalente al VI secolo ed il Sacramentario Gelasiano Antico, sacramentario sacerdotale, trasmettono delle composizioni che hanno la caratteristica testuale dell'annuncio.8 Ci troviamo di fronte a testi che si riferiscono alla convocazione dell'assemblea per tre diversi riunioni liturgiche: i digiuni delle quattro Tempora, le feste dei martiri e gli scrutini. Presentiamo alcuni esempi per comprendere le caratteristiche di composizione per l'annuncio di una festa nell'antica tradizione liturgica romana.
Nel formulario Ve 860 admonitio ieiunii mensis septimi et orationes et preces si legge:
Annua nobis est, dilectissimi, ieiuniorum celebranda festivitas, quam mensis septimi sollemnis recursus indicit. Quarta igitur et sexta feria succedente solitis eandem consuetudinibus exequamur, sabbatorum die hic sacras acturi vigilias ut per observantiam conpetentem, Domino purificatis mentibus supplicantes, beatissimo Petro Apostolo suffragante, et praesentibus periculis exui mereamur pariter et futuris.9
Dal testo si evidenzia l'oggetto dell'annuncio, il digiuno del settimo mese, il tempo del digiuno, il mercoledì ed il venerdì ed il sabato come giorno di vigilia ed il fine cui tende l'adempimento del digiuno annunziato.
Nel GeV abbiamo l'esempio di diversi annunci da fare dopo la ricezione della comunione10: annuncio per gli scrutini da celebrare prima della Pasqua annuale,11 l'annuncio dei digiuni12 e delle feste dei martiri, di cui riportiamo il testo per alcune affinità con l'attuale annuncio della data delle Pasqua.
Noverit vestra devotio, sanctissimi fratres, quod beati martyris illius anniversarius dies intrat, quod diaboli temptaciones exuberans universitati creatori gloriosa passione coniunctus est [...] Ideoque Dominum conlaudemus, qui est mirabilis in sanctis suis, ut qui illis victoriae coronam contulit, nobis eorum meritis delictorum indulgencia largiatur. In illo igitur loco vel in illa via: illa feria hanc eadem festivitatem solita devocione caelebremus.13
Nella formula riportata risulta evidente l'aspetto della pubblicazione di una festa con la data ed il luogo ed in questo caso anche con il nome del martire cui sarà dedicata la celebrazione.
Il Sacramentario Gregoriano di Padova è testimone di un'altra formula di annuncio all'interno della sezione 226bis che contiene l'eucologia per la dedicazione della Chiesa. Nel sacramentario al n. 993 si trova una denuntiatio cum reliquiae martyrum sunt ponendae. Il testo di matrice cristologica sottolinea il rapporto del martire con il mistero pasquale di morte e resurrezione del Cristo ed è un semplice annuncio per la data ed il luogo in cui avverrà la deposizione delle reliquie per la dedicazione dell'altare di un nuova chiesa.14
Nella collezione di Ordine Romani dell'Andrieu si trova una testimoniaza dell'annuncio per gli scrutini.15 Il testo è il seguente:
Scrutinium, dilectissimi fratres, quo electi nostri divinitus instruatur, imminere cognoscite; ibidemque sollicita devotione. Succedente sequenti quarta feria circa horam tertiam, convenire dignemini, ut caeleste mysterium, quo diabolus cum sua pompa destruitur et ianua regni caelestis aperitur, inculpabile, Domino iuvante, ministerio peragere valeamus.16
Nello stesso rito degli scrutini dell'Ordo Romanus XI, dopo la comunione è il sacerdote che annuncia semplicemente le prossime assemblee liturgiche (giorno, luogo e ora) con le rubriche ed i testi da profferire.17
Negli Ordines Romani non si trovano indicazioni differenti. Partendo dai testi del GeV vengono riprodotte le formule già conosciute cui se ne aggiungono altre dello stesso tenore e con lo stesso genere letterario per cui alla semplice indicazione del luogo e della data seguono alcune espressioni di ordine parenetico o di invocazione.
I sacramentari e gli ordines citati non offrono la testimonianza di una formula specifica per l'annuncio della data della Pasqua ma sono l'indicatore di una prassi nella Chiesa di Roma di rendere pubbliche le date delle successive assemblee e le ricorrenze principali dell'anni circulum. Per l'eccezionalità della celebrazione e per il contesto storico che è stato sopra descritto, la pubblicazione della data pasquale avvenniva con speciali lettere di convocazione come quelle cui si è accennato sopra.18
Il vasto mondo dei pontificali testimonia, in conformità all'eucologia dei sacramentari, la prasi del ministro che si occupa di annunciare il luogo delle assemblee (stazioni, scrutini, digiuni feste dei santi martiri). Le testimonianze liturgiche rimangono quindi ancorate ad uno stile di annuncio motivato da fini pratici e che tecnicamente non ha ancora nessun legame con l'annuncio delle feste pasquali.
Nel Pontificale Romano Germanico vengono inseriti i testi dell'annuncio come si trovavano nel GeV citato sopra cui sono aggiunti altri testi derivati dagli ordines. Nei Pontificali dei secoli seguenti, compreso il Pontificalis Liber del Piccolomini e del Burcardo non si riscontra più la prassi dell'annuncio e ancora non si trovano rubriche e testi che l'assegnino al giorno di Natale piuttosto che a quello dell'Epifania. Per quanto concerne il momento in cui doveva essere fatto l'annuncio troviamo le rubriche nei seguenti testi.
Il primo è il Sacramentario Gelasiano antico che nella sezione XVII Incipit canon accionis avverte:
Post haec commonenda plebs pro ieiunii quarti septimi et decimi mensis temporibus suis, sive pro scrutinii, vel aurium apertionem, sive orandum pro infirmis vel annuntianda natalitia sanctorum. Post haec communicat sacerdos cum ordinibus sacris cum omni populo.
La rubrica 1260 stabilisce che l'annuncio deve collocarsi tra il Pax Domini e la comunione del sacerdote, dei ministri e del popolo.
Nella terza parte dell'Editio princeps del Pontificale Romanum del 1595-96 si trova il testo della pubblicazione delle feste mobili con la rubrica e le note. Il testo latino è stato tramandato dalla liturgia tridentina fino alle soglie del Concilio Vaticano II che ne ha conservato, almeno nella forma latina, l'impianto, la struttura e la notazione apportando solo alcune modifiche che vedremo dettagliatamente nei paragrafi successivi. Nell'ultima parte del citato articolo di Cabrol si può confrontare il testo e la melodia del Noveritis, presentato per esteso nella tabella 1, con la melodia del grande annuncio pasquale, L'Exsultet della veglia del Sabato santo. A colpo d'occhio si nota che la trasposizione melodica del testo della publicatio, per differenti richiami, è stata improntata alle note del preconio pasquale, quasi a voler creare, come in altri casi,19 un'unione tematica e teologica tra il tempo di Natale ed i misteri di cui si fa memoriale con l'evento della Pasqua. Impostazione liturgica che corrisponde al riconoscimento dei due grandi punti focali del Credo cristiano: il mistero dell'Incarnazione e quello della Passione, Morte e Resurrezione di Cristo.
Dal breve excursus sulle fonti della liturgia latina occidentale abbiamo riscontrato la totale assenza di un testo liturgico proprio per l'annuncio della data della Pasqua. Abbiamo comunque sottolineato la presenza di forme diverse e più tradizionali di annuncio soprattutto per i digiuni, le feste dei martiri e gli scrutini. Rimane quindi l'interrogativo circa la codificazione tridentina di un testo che non troviamo in nessuno degli antichi sacrmantari o negli ordines o nei pontificali. Per capire i processi di trasmissione di un testo liturgico per la pubblicazione delle feste liturgiche dell'anno sarà quindi necessario fare un breve riferimento alle tradizioni occidentali non romane. In esse infatti si trovano notizie più precise anche se disparate a seconda delle liturgie proprie.
Nelle fonti della liturgia detta gallicana non si trovano testi simili a quelli trovati nei sacramentari e negli altri libri liturgici romani.
La caratteristica che viene riconosciuta al rito gallicano è quella di proporre gli avvisi e gli annunci non dopo il Pax Domini come nella tradizione romana ma dopo la lettura del Vangelo.20 Le disposizioni dei sinodi regionali di Auxerre del 578 e del IV consilio di Orlèans confermano questa pratica.21
Per il rito mozarabico sono fondamentali i riferimenti che si trovano nell'edizione del Liber ordinum curata dal benedettino dom Fèrotin. Quattro testi sono l'esempio dell'annuncio di alcune festività Natalizie tra cui: l'annuncio del Natale nell'ultima Domenica di Avvento, della festa dei santi Innocenti, del digiuno del primo giorno dell'anno e della Pentecoste con la data delle Litanie.22 A questi annunci si associa il testo dell'annuncio della data di Pasqua che Férotin pubblica nel medesimo Liber ordinum:
Ob hoc, fratres carissimi, post revelatum in corpore nascentis Domini nostri Jhesu Christi misterium, post tantorum eius denuntiationem signorum, vestris Deo devotis mentibus etiam Pasce sollemnia pronuntiamus. Nunc igitur, dilectissimi fratres, qui adfuistis ecclesiae Dei, diem apparitionis Domini nostri Jhesu Christi agnoscere meruistis, [diem] quoque passionis eius ipso iubante cognoscite. Erit igitur anno presenti, sub era ILLA, initium beatae quadragesimae die ILLO, luna ILLA. Passio quoque ipsius Domini nostri Jhesu Christi die illo, luna illa. Idcirco hortor vos, dilectissimi fratres, ut ita iuste et pie, caste vivere studeamus.23
È conservata nel rito ispanico la consuetudine di proclamare l'annuncio alla fine del Vangelo dell'Epifania, o del Natale, come nella liturgia Gallicana.
Per la liturgia ambrosiana il riferimento principlae è all'opera del Beroldo, custode del duomo di Milano ed il cui nome è legato alla composizione di opere liturgiche da collocare dopo la morte del vescovo Olrico (1126) .24 Nelle sue dissertazioni sulle liturgie proprie della cattedrale milanese il Beroldo riporta il testo dell'annuncio pasquale, da fare dopo il canto del Vangelo dell'Epifania, in una forma che è tutt'ora in uso nella Chiesa di Milano e che si distingue dalle precedenti per la sua essenzialita:
In Epiphania post lectum Evangelium, debet diaconus qui legit evangelium in pulpito adnunciare Pascha, primicerio clericorum apud eum stante et sibi indicante, sic dicendo: noverit caritas vestra, fratres carissimi, quod annuente Dei et D. N. J. C. misericordia, tali et tali die, Pascha Domini celebramus.25
L'esiguità del testo ci porta a sottolineare che nella tradizione ambrosiana la consuetudine delle lettere festali per l'annuncio di un'unica data pasquale si conserva, mantenendo la pubblicazione della sola data di Pasqua. Nel rito ambrosiano non hanno mai trovato posto gli annunci delle altre feste o digiuni.
L'osservazione e l'analisi delle fonti della liturgia occidentale, nelle forme romane e non romane, ha permesso di evidenziare le caratteristiche principali dell'annuncio ed il suo distinguersi a seconda delle famiglie liturgiche. La necessità di comprendere il valore della pubblicazione della data della Pasqua e delle altre feste dell'anni circulum viene focalizzata sul testo attuale dell'annuncio ed il suo confronto con la precedente tradizione liturgica della codificazione tridentina.
Pontificale Romanum 1595 | Editio typica 1975 | Traduzione | Edizione italiana 1983 | |
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In Epiphania Domini, cantato Evangelio, Archidiacono, sive aliquis, Canonicus vel Beneficiatus, aut alius, iuxta consuetudinem loci, pluviali paratus ascendit ambonem, vel pulpitum, et ibidem, vel in alio loco, ubi cantare solet Evangelium, e vetusto Ecclesiae sanctae instituto publicabit Festa mobilia anni currentis iuxta infrascriptam formulam, et die Ssynodi dioecesanae suo loco promulgabit, licet in formula infrascripta, Dominica secunda post Pascha notata sit. | ||||
1 | Noveritis fratres carissimi quod annuente Dei misericordia, sicut de nativitate D.N. J.C. gavisi sumus ita de Resurrectione eiusdem Salvatoris nostri gaudium vobis annuntiamus. | Noveritis, fratres carissimi, quod annuente Dei misericordia, sicut de Nativitate D.N.J.C. gavisi sumus, ita et de Resurrectione eiusdem Salvatoris nostri gaudium vobis annuntiamus. | Avrete riconosciuto, fratelli carissimi, che per l'accondiscendente misericordia di Dio come ci siamo rallegrati per la nascita del nostro Signore Gesù Cristo così vi annunciamo anche la gioia per la Resurrezione dello stesso Salvatore nostro. | Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno. Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza |
2 | Erit dominica in septuagesima | |||
3 | Dies Cinerum et initium jejunii sacratissimae Quadragesimae | Dies Cinerum, et initium ieiunii sacratissimae Quadragesimae | Il giorno delle Ceneri inizio del digiuno della santa Quaresima | |
4 | Sanctum Pascha D.N. J.C. cum gaudio celebrabimus | Sanctum Pascha D.N.J.C. cum gaudio celebrabitis | Celebrerete con gioia la santa Pasqua del Signore nostro Gesù Cristo | Centro di tutto l'anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua. In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte. Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi: Le Ceneri, inizio della Quaresima, |
5 | Erit Ascensio D.N. J.C. | Erit Ascensio Domini nostri Iesu Christi | Sarà l'Ascensione del Signore nostro Gesù Cristo | L'Ascensione del Signore |
6 | Festum Pentecostes | Eiusdem festum Pentecostes | La sua festa di Pentecoste | La Pentecoste, |
7 | Festum sacratissimi corporis Christi | Festum sanctissimi Corporis et Sanguinis Christi | La festa del SS.mo Corpo e Sangue di Cristo. | |
8 | Dominica prima Adventus D.N. J.C. | Dominica prima Adventus D.N.J.C. | La prima domenica dell'Avvento del Signore nostro Gesù Cristo | La prima domenica di Avvento, |
9 | Cui honor et gloria in saecula saeculorum. Amen | Cui est honor et gloria, per omnia saecula saeculorum | Al quale si addice l'onore e la gloria per tutti i secoli dei secoli. | Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli apostoli, dei santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore. A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli. Amen. |
Il valore della pubblicazione delle feste mobili, come evidenziato nel paragrafo precedente, aumenta se si considera la sentenza della Sacra Congregazione dei Riti dell'11 marzo 1684, firmata dal cardinale Casanate, che ne estendeva l'uso dalla Cattedrale, ritenuta luogo esclusivo per la proclamazione solenne delle feste mobili, a tutte le chiese della diocesi.
Si deve anche tenere presente che il testo contenuto nel Pontificale tridentino è di matrice moderna dato che nelle fonti della liturgia che abbiamo esposto non è presente. Inoltre nei testi liturgici precedenti la riforma tridentina e nei manoscritti delle altre tradizioni liturgiche si trovano tante forme quanti sono i luoghi ed i contesti liturgici di diffusione (monasteri, cattedrali, liturgie nazionali, usi propri). Per questo, con l'intento di creare uno strumento utile al confronto, viene presentata la Tabella 1 che mette in sinossi le principali formulazioni del testo presenti nei libri liturgici a stampa. La lettura della tabella, in cui sono evidenziati in corsivo i testi paralleli, permette alla nostra analisi di rivelare alcuni aspetti capaci indirizzare ad una comprensione del testo eucologico.
Fermandoci sulla struttura e la formulazione del testo della publicatio, dal Concilio di Trento all'edizione tipica del Messale del Concilio Vaticano II, si può accennare una riflessione sull'adattamento previsto per le singole edizioni in lingua volgare.
La necessità di tradurre i testi latini della liturgia romana porta con sé l'esigenza di adattare il testo al contesto liturgico di attuazione. Le Conferenze Episcopali, negli anni successivi al Concilio hanno organizzato le traduzioni e gli adattamenti che potessero rispondere alle caratteristiche linquistiche e celebrative delle proprie nazioni.
La delusione data dei nuovi libri liturgici emerge dalla presa di coscienza di un processo che non ha adattato e tradotto secondo la creatività e le linee culturali dei singoli paesi ma tradito lo spirito e la teologia trasmessa dai libri liturgici conciliari. Si vuole far notare in proposito che nei messali delle principali lingue moderne non compare la menzione all'annuncio pasquale e non esiste il testo dell'annuncio.26
Il rito ambrosiano, al contrario, si distingue per aver mantenuto nei secoli un 'unica formula di pubblicazione della Pasqua annualem che deriva, come si accennava, dall'opera liturgica del Beroldo.
Il Messale Romano in lingua Italiano ha mantenuto il testo dell'annuncio. La traduzione del 1983, anche se lacunosa in diversi punti che vedremo, si distingue dal testo latino tipico utilizzando uno stile arioso e solenne che si distacca dalla semplice publicatio secondo lo schema giorno / festa corrispondente.
Affrontare il testo dell'edizione ufficiale della CEI permette di evidenziare alcuni elementi in grado di condurre alla comprensione del valore dell'annuncio della data della Pasqua nella liturgia attuale. Il primo rilievo è dato dal cambiamento del titolo. Non osserviamo in questa sede un mera correzione in senso linguistico ma si sottolinea una nuova concezione del testo sia a livello teologico che liturgico. Nell'adattamento italiano si passa da de publicatione festorum mobilium eredità delle lettere festali ad annunzio del giorno della Pasqua. È questo il fine del testo, orientare la fede dei presenti a vivere l'anno liturgico alla luce della Risurrezione. Da quanto esposto nel precedente derivano alcune caratteristiche della versione italiana.
La proclamatio Paschatis si inserisce nel periodo natalizio, di cui fa menzione per la gioia provata nella celebrazione del mistero dell'Incarnazione. Il testo non fa che compiere le aspettative della Chiesa unendo in modo liturgico le manifestazioni del Cristo, Verbo di Dio fatto Uomo e rivelatosi alle genti con il mistero di Passione, Morte e Resurrezione.
Con l'attuale traduzione l'annuncio di Pasqua paradossalmente potrebbe essere fatto in qualsiasi altro tempo dell'anno dato che afferma una signoria temporale del Cristo che non si limita e non si riferisce solo alla sua venuta nella carne umana; separare però l'annuncio della Pasqua dalla festa delle manifestazione teandrica di Cristo al mondo significherebbere spostare i due fulcri della fede cristiana (Incarnazione-Resurrezione). In questo senso si può interpretare il rito proprio dell'Epifania con l'intento di creare un ponte tra la celebrazione dei misteri dell'Incarnazione con quelli del mostero Pasquale.
Lo scorrere del tempo è il locus per la celebrazione dei sacramenti. Il motivo per cui tradizionalmente si continua a fare l'annuncio della Pasqua nel giorno dell'Epifania, si può rinvenire nell'antifona dei secondi Vespri, che con il suo particolare stile, nel parallelismo presenta Cristo al mondo secondo i tria miracula a partire dalla manifestazione della sua umanità.27
L'anno liturgico riformato secondo i dettami del Concilio Vaticano II è cristocentrico ed al centro dei misteri della vita di Cristo c'è l'evento pasquale. Dalla storia dell'anno liturgico sappiamo che il nucleo primitivo della celebrazione cristiana è la pasqua settimanale cui seguirà il memoriale della Pasqua annuale. In questo contesto tutto dipende dalla data della Pasqua. Da qui la versione italiana testo, al n. 4, acquista un valore teologico superiore ai testi precedenti proprio perché asserisce che «dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi». Questa espressione teologicamente e liturgicamente è vera perché la celebrazione del Natale non avrebbe pienamente senso se non fosse legata alla Pasqua;28 così ogni dies liturgicus deriva assolutamente e direttamente dalla Pasqua.
Alla luce di quanto detto si comprende perchè nell'annuncio viene indicata la prima domenica d'Avvento, perché non si celebrerebbe l'adventus del nostro grande Re se egli non si fosse incarnato per la redenzione realizzata sulla croce.
Questo percorso teologico-liturgico sul significato delel varie date presenti nell'annuncio viene confermato e spiegato n. 9 della versione italiana che afferma: «Anche nelle feste... la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore». Ogni celebrazione liturgica festiva diviene proclamazione dell'opera redentiva di Cristo.
Seguendo la sinossi tabellare si rileva che il punto 2 non esiste più; il punto 3 viene sminuito nella versione italiana attuale perché elimina la caratteristica penitenziale della Quaresima tradizionalmente espressa nella liturgia romana dal digiuno non più menzionato. Viene introdotta solo la parola «Quaresima» senza legami con il digiuno ed il tipico valore di ascesi e di santità cui i testi quadragesimali richiamano ogni giorno.
Una pedissequa traduzione del testo latino avrebbe portato ad una pesante resa ripetitiva in italiano dell'espressione «Domini nostri Iesu Christi» che se conservata ricorrerebbe quattro volte in un testo di poche righe. Si nota al n. 7 la perdita dell'annuncio della festa del Corpus Domini.
La dossologia è stata resa in una forma migliore nella versione attuale. Non è stata considerata una stereotipata chiosa letteraria, quasi un artificio retorico od una scontata chiusura stilistica del testo liturgico ma è stato improntato un nuovo dal carattere escatologico, testo che indirizza l'onore al Cristo «Signore del tempo e della storia».
Il presente studio ha avuto lo scopo di orientare l'attenzione su un testo particolare come la proclamatio paschatis. Dall'analisi della storia della pubblicazione della festa di Pasqua è emerso il desiderio degli antichi padri di avere un'unica data per la celebrazione della data pasquale. Il mezzo scelto per questo scopo è stato quello di affidare alla Chiesa Alessandrina il computo della data ed alla Chiesa di Roma quello della sua pubblicazione. Lettere speciali, che non entrano nei testi liturgici e nell'oggetto della nostra trattazione, assicuravano la diffusione nelle diocesi di una data pasquale per una celebrazione unanime del più grande dei misteri della fede.
Ponendo l'attenzione sulle fonti della liturgia romana antica si è riscontrato lo stile di annunciare, per motivi pratici di comunicazione, le date per i digiuni da fare durante l'anno, per gli scrutini battesimali, le feste dei martiri, le stazioni etc... In questi testi si trovavano le indicazioni del giorno, del luogo ed alle volte anche dell'ora delle assemblee. Liturgicamente il tempo della publicatio si poneva tra il pax Domini e la comunione.
Nelle tradizioni occidentali non romane invece non si trovano testimonianze dell'annuncio dei digiuni o delle feste dei martiri ma troviamo la prima testimonianza liturgica della pubblicazione delle feste mobili, nella liturgia ispanica, trasmessa dal Liber ordinum, e nella tradizione ambrosiana secondo la testimonianza del Beroldo. L'annuncio si distingue dalla prassi romana perché viene collocato dopo la lettura del Vangelo dell'Epifania.
La liturgia trasmessa dai libri liturgici tridentini non testimonia l'uso della pubblicazione delle feste mobili fino alla comparsa del Pontificale Romanum del 1595. In esso, come riportato dalla Tabella 1, troviamo, in conformità alle tradizioni gallicane, ispaniche e ambrosiane, un annuncio pasquale fatto dopo la proclamazione del Vangelo della festa dell'Epifania. Quindi la prassi della pubblicazione delle feste mobili nella liturgia tridentina si cristallizza secondo l'uso delle liturgie occidentali non romane.
Alla fine di questo percorso sulle fonti il nostro impegno è stato quello di rilevare le caratteristiche della formula d'annuncio prevista nella liturgia romana in lingua italiana. Volendo porre le conclusioni al nostro lavoro, il testo dell'annuncio della data della Pasqua dovrebbe essere rivalutato, almeno nelle altre forme adattate della liturgia romana, per non perdere il nesso che esiste tra la celebrazione del Natale e quella della Pasqua. Inoltre conservare e riflettere sul testo eucologico porterebbe a valutare la coesione interna che esiste nell'anno liturgico del rito romano. Questo dovrebbe portare, come è già successo per la terza edizione del Messale in lingua inglese, ad introdurre nuovamente l'annuncio delle feste nei messali delle altre lingue nazionali.
La scorsa delle fonti liturgiche ha permesso di scorgere un altro elemento. Attualmente la liturgia romana conserva per l'annuncio una sequenza che corrisponde ad un uso gallicano, per cui il testo viene profferito dopo la proclamazione del Vangelo. Senza voler mettere in discussione l'opera dei riformatori che hanno realizzato i nuovi libri liturgici in edizione tipica, si vorrebbe comunque porre all'attenzione di coloro che attualmente sono impegnati nel nuovo adattamento/traduzione del Messale Romano l'ipotesi di riportare l'annuncio delle feste mobili in una posizione conforme alla tradizione romana, preferendo in questo senso il dopocomunione. Una scelta di questo tipo potrebbe recuperare il nesso storico e liturgico con l'antica liturgia della Città Apostolica attestata e trasmessa dai sacramentari e dagli Ordines Romani.
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LG 26. Testo
Cfr. At 6,2: «Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero»; At 14,27: «Appena arrivati riunirono la Chiesa»; At 15,30 «riunita l'assemblea»; At 16,5: «Le comunità intanto si andavano fortificando nella fede e crescevano di numero ogni giorno; At 20,17 «mandò a chiamare gli anziani della Chiesa». Testo
«Episcopi, utpote Apostolorum successores, a Domino, cui omnis potestas in coelo et in terra data est, missionem accipiunt docendi omnes gentes et praedicandi Evangelium omni creaturae, ut homines universi, per fidem, baptismum et adimpletionem mandatorum salutem consequantur» LG 24. Testo
I. Cardellini, I sacrifici dell'antica Alleanza. Tipologie, rituali, celebrazioni (Studi sulla Bibbia e il suo ambiente 5), San Paolo, Cinisello Balsamo 2001, 290-297. Testo
M. Augé, «L'anno liturgico nei primi quattro secoli», in Scientia Liturgica. Tempo e spazio liturgico, Piemme, Casale Monferrato 1998, 1169-190, in particolare 181-183. Testo
Cfr. in particolare le lettere festali del patriarca Atanasio: Testo
Ciclo di 19 anni con l'equinozio fissato al 21 marzo, ed un limite per l'oscillazione della data tra il 22 marzo ed il 25 aprile. Cfr. F. Cabrol, «Annonce des Fêtes», in DACL I/2, 2230-2241. K. Bihlmeyer -- H. Tuechle, Storia della Chiesa I L'antichità cristiana fino al 692, Morcelliana, Brescia 1996, 161-162; 413-414. Per la tradizione delle lettere festali del patriarca di Alessandria cfr. A. Camplani, Le lettere festali di Atanasio di Alessandria. Studio storico-critico, C.I.M., Roma 1989; Athanasius alexandrinus, Lettere festali, ed. A. Camplani, (Letture cristiane del primo millennio 34), Edizioni Paoline, Milano 2003; C. Moreschini -- E. Norelli, Storia della letteratura cristiana antica greca e latina I, Morcelliana, Brescia 1996, 741; 770-772; La teologia dei Padri. Testi dei Padri latini greci orientali scelti e ordinati per temi V, ed. G. Mura, Città Nuova, Roma 1976, 70. Testo
Sacramentarium Veronense. (Cod. Bibl. Capit. Veron. LXXXV [80]), ed. L. C. Mohlberg (Rerum Ecclesiasticarum Documenta, Series Maior, Fontes I), Herder, Roma 1994, indicato con la sigla Ve. Liber sacramentorum romanae aecclesiae ordinis anni circuli. (Cod. Vat. Reg. lat. 316/ Paris Bibl. Nat. 7193, 41/56), ed. L. Eizenhöfer-P. Siffrin-L. C. Mohlberg, Herder, Roma 1981, abbreviato con GeV. Testo
Il testo del GeV si ritrova in due paralleli: M. Andrieu, Les Ordines Romani du haut Moyen-Âge V (Spicilegium sacrum Lovaniense, études et documentes 29), Louvain 1961, OR L 25, X con altre formule trasmesse nei capp. XI-XIII e in C. Vogel -- R. Elze, Le pontifical Romano-Germanique du dixième siècle I, (Studi e testi 226), Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1963, V con altre formule tràdite nelle sezioni VI-VII. Cfr. Anche C. Vogel-R. Elze, Le pontifical Romano-Germanique du dixième siècle II, (Studi e testi 227), Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1963, 31 con altre formule tràdite nelle sezioni 32-35.. Testo
Cfr. A. Chavasse, Le sacramentaire Gelasien (Vaticanus Reginensis 316). Sacramentaire presbytéral en usage dans les titres romains au VIIe siècle (Bibliothèque de Théologie, série IV, Histoire del la Théologie 1), Université de Strasbourg, Strasbourg 1958, 216-218. Testo
GeV 283 Scrutinii diem. Testo
GeV 652 Anniversaria, fratres karissimi; OR L 25, XII. Testo
GeV 804 Denunciacio natalicii unius martyris. Testo
GrP 993: Dilectissimi fratres, inter caetera virtutum solemnia quae ad gloriam pertinent Christi domini nostri, hoc quoque suis praestitit martyribus, pro nominis eius confessione morte suscepta, caelestia praemia pormereri, ut fidelium votis eorum praeclaris reliquiis collocatis, integritas sancta corporis esse credatur. Et ideo commonemus dilectionem vestram quoniam illa feria, illo loco, reliquiae sunt sancti illius martyris collocandae. Quaesumus, ut vestram praesentiam nobis ammonentibus non negetis. Testo
M. Andrieu, Les Ordines Romani du haut Moyen-Âge II (Spicilegium sacrum Lovaniense, études et documentes 23), Spicilegium sacrum Lovaniense, Louvain 1971, 417. Testo
Ordo Romanus XI, 1. Testo
Ordo Romanus XI, 36, 39. Testo
Cfr. Cabrol, «Annonce», 2233-2234. Testo
Cfr. la melodia della parte centrale dell'elogio del Natale nel Martyrologium Romanum che corrisponde alle note che introducono la lettura delle passiones domini nella Domenica delle Palme ed al Venerdì santo. Testo
P. Lebrun, Explicatio litteralis, historica et dogmatica precum et caeremoniarum Missae II, Venetiis 1770, diss. IV, 270. Testo
Cabrol, «Annonce», 2235. Testo
Le Liber Ordinum en usage dans l'Église Wisigothique et Mozarabe d'Espagne du cinquième au onzième siècle, ed. M. Férotin, (Monumenta Ecclesiae Liturgica 5), Librairie de Firmin-Didot et Cie, Paris 1904, 519-520. Testo
Liber Ordinum, 527-528. Testo
Beroldus sive Ecclesiae Ambrosianae Mediolanensis kalendarium et Ordines saec. XII, ed. M. Magistretti, J. Giovanola et Soc., Mediolani 1894, 127. Testo
Beroldus, 80. Testo
L'unica eccezione, ad oggi, è la terza edizione del messale in inglese che in conformità all'editio tipica tertia del Missale Romanum ha ristabilito nell'Appendice il testo dell'annuncio delle feste mobili per la festa dell'Epifania. Testo
«Tre prodigi celebriamo in questo giorno santo: oggi la stella ha guidato i magi al presepio, oggi l'acqua è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza, alleluia». II Vespri dell'Epifania, ant. al Magnificat. Testo
La storia della formazione e della celebrazione della festa liturgica del Natale, a partire dal Cronografo filocaliano del 354, ricorda che il Natale si pone storicamente in un periodo storico successivo allo sviluppo della Pasqua annuale. Testo