1. Introduzione
Prima di procedere attraverso un confronto tra Wittgenstein e Freud su alcuni aspetti del loro pensiero e del loro metodo è necessario precisare alcune scelte metodologiche. L’osservazione, lo studio e la descrizione degli elementi che avvicinano o allontanano il pensiero di Wittgenstein e quello di Freud possono essere condotte collocandosi in punti di osservazione diversi. Uno di questi punti di osservazione è quello costituito dall’analisi dei giudizi di Wittgenstein su Freud, espressi attraverso le sue lezioni e le sue opere, dalla sua interpretazione del pensiero e delle teorie freudiane. Un’altra prospettiva è invece quella di analizzare e confrontare il pensiero di Wittgenstein e Freud, collocandosi in una prospettiva diversa, attraverso la lettura e lo studio delle opere e del pensiero di entrambi per individuare analogie e differenze. La prospettiva scelta in questo caso, più vicina alla seconda, ma in stretta connessione anche con la prospettiva sul Freud di Wittgenstein, e quindi con il giudizio ufficiale dato da Wittgenstein su Freud. In questa prospettiva il confronto sarà articolato su alcuni aspetti del pensiero, come temi e ambiti rilevanti sia in Freud sia in Wittgenstein. Nessi, linguaggio, visione, osservazione e descrizione sono i temi che circoscrivono questo sintetico confronto. In ogni caso queste pagine costituiscono soltanto il tentativo di proporre alcuni spunti di riflessione, da approfondire seguendo altri percorsi di connessione, derivati dalla lettura di alcuni testi di Wittgenstein e Freud e dalla lettura di alcuni studi dedicati al confronto del loro pensiero.
2. Filosofia e terapia: Wittgenstein e Freud
«Non c’è un metodo della filosofia, ma ci sono metodi; per così dire differenti terapie».1 Wittgenstein per descrivere il lavoro filosofico si serve dell’analogia con i metodi della medicina, considerando il modo di procedere del filosofo simile a quello del medico, che va alla ricerca della terapia e la applica al paziente. Il lavoro del pensiero filosofico, nella fase del secondo Wittgenstein, è descritto come un’attività non definitiva ma costante, rivolta soprattutto a chiarificare, agendo in qualche modo sul linguaggio, nel tentativo di dissolvere quei problemi che hanno avuto la loro origine da un utilizzo improprio del linguaggio stesso. Wittgenstein scrive: «Noi riportiamo le parole, dal loro impiego metafisico, indietro al loro impiego quotidiano».2 Per Wittgenstein i problemi filosofici e intellettuali più profondi, e quindi più difficili da risolvere, hanno origine da un «fraintendimento delle nostre forme linguistiche”».3 Ma soprattutto forse uno dei fraintendimenti filtrati più in profondità, nella consuetudine del linguaggio, secondo il filosofo austriaco, riguarda il fatto che «si predica della cosa ciò che è insito nel modo di rappresentarla».4
Si crea così nel nostro linguaggio e nel nostro pensiero una confusione, anzi uno «spostamento»5 per cui si confonde l’oggetto con ciò che lo rappresenta, con la struttura logica che ne costituisce la condizione della rappresentazione e, nella misura in cui è possibile, della comprensione. In questa fase, Wittgenstein riconosce nel linguaggio e nella proposizione non più un blocco monolitico di proposizioni, composte di nomi, che rispecchiano uno stato di cose, come avveniva nel Tractatus logico-philosophicus: «[ 3.203] Il nome significa l’oggetto. L’oggetto è il suo significato. (“A” è lo stesso segno che “A”)»6 ma, diversamente, una «famiglia di costrutti più o meno imparentati l’uno con l’altro».7
A questa considerazione è legato il tema delle connessioni che si sviluppa attraverso il metodo della descrizione, definito anche «modo antropologico»,8 per il suo legame con la scelta di trattare i problemi filosofici attraverso l’osservazione. Si tratta di un vero e proprio approccio antropologico, che negli scritti di questa fase del pensiero di Wittgenstein si caratterizza per il richiamo, attraverso il linguaggio, all’immaginazione, all’osservazione e alla descrizione. L’approccio antropologico si costruisce anche attraverso l’esplorazione delle attività che è possibile mettere in atto, provocare con il linguaggio. Il metodo antropologico di Wittgenstein può essere osservato attraverso questo ricorso al fare con il linguaggio,9 tanto che, in testi come le Ricerche filosofiche10 e le Lezioni e conversazioni sull’etica, l’estetica, la psicologia e la credenza religiosa11, per descrivere un problema o un aspetto di carattere filosofico, estetico o religioso egli ricorre alle espressioni «immagina, supponi». Questo metodo ha l’efficacia di ampliare l’orizzonte di pensiero delle possibilità delle varie forme di vita, intese come contesti culturali all’interno dei quali sono giocati e possono essere giocati infiniti giochi linguistici.12 Il metodo filosofico proposto da Wittgenstein fa leva sulle differenze mentre egli combatte contro quelle tendenze di riduzione all’unità, all’uniformità, di cui vede in Freud un abile esponente. «Molto spesso io attiro la vostra attenzione su certe differenze, per esempio, in certe lezioni ho cercato di mostrarvi che l’infinito non è così misterioso come appare».13
Il richiamo di Wittgenstein al metodo filosofico come metodo terapeutico rinvia ad un confronto con Sigmund Freud e con il metodo freudiano della psicoanalisi. E’ lo stesso Wittgenstein che parla in più occasioni di Freud e del suo metodo terapeutico, criticando in maniera decisa il sistema filosofico introdotto dalla psicoanalisi freudiana. Le critiche principali rivolte a Freud, contenute in maniera sintetica, in particolare, nella raccolta di alcune lezioni14 e conferenze tenute da Wittgenstein, riguardano principalmente: l’accusa di personificazione dell’inconscio,15 la pretesa di scientificità delle sue interpretazioni e spiegazioni, date attraverso le sue teorie della psicoanalisi e dell’interpretazione dei sogni, l’accusa di dare spiegazioni mitologiche.16 La critica forse più interessante dal punto di vista filosofico consiste nel ritenere che Freud nelle sue ricerche, nel suo lavoro, insegua l’ obbiettivo di trovare l’essenza, la verità, cioè una spiegazione causale, che individui in maniera certa e inconfutabile l’origine del sintomo, della malattia. Wittgenstein relativamente alla spiegazione data da Freud sull’origine dell’angoscia, scrive: «ma è un’idea che esercita una forte attrazione. Ha l’attrazione delle spiegazioni mitologiche, per cui tutto è una ripetizione di qualche cosa accaduta prima. E per coloro che l’accettano o l’adottano, molte cose sembrano più chiare e più facili».17 Freud e le sue giustificazioni teoriche, secondo Wittgenstein, costituiscono un pericolo per una disciplina che voglia considerarsi scientifica, e questo pericolo gli appare tanto più grande in quanto in Freud è accompagnato dalla volontà di divulgazione della nuova scienza, attraverso lezioni e conferenze pubbliche e attraverso l’applicazione delle teorie interpretative della psicoanalisi oltre l’ambito strettamente terapeutico.
Ma il retroterra in cui si sviluppano le critiche nei confronti di Freud è caratterizzato non da un rifiuto totale, ma da un atteggiamento complesso. Wittgenstein in un primo momento apprezza il lavoro di Freud, attraverso la lettura di alcune sue opere, in seguito continua ad ammetterne l’intelligenza ma ne mette in discussione la saggezza. Sul confronto tra il pensiero di Wittgenstein e quello di Freud tra le numerose opere, si rinvia, in particolare ad alcuni testi di J. Bouveresse,18 R. Brigati,19 D. Davidson,20 A. G. Gargani,21 F. Cioffi,22 considerati come coordinate di riferimento per l’individuazione di un contesto di riferimento.
3. Il linguaggio
«Dunque questo mondo, con la sua struttura più profonda e celata al di là della nostra responsabilità, è conquistato nel dominio della parola. La nostra origine è in realtà iscritta nei nostri linguaggi; rivisitarli, allora, significa rintracciare l’antefatto delle nostre esistenze perché siamo nel linguaggi come si dice che siamo al mondo».23 Il metodo filosofico «terapeutico» di Wittgenstein è essenzialmente legato al linguaggio, e non solo perché attraverso il linguaggio gli uomini comunicano, ma anche perché nella prospettiva inaugurate dalle Ricerche filosofiche,24 il linguaggio non è soltanto un sistema logico di segni, che rinviano ad oggetti, bensì è ciò che permette, insieme all’immaginazione il dischiudersi di infiniti giochi possibili, che rinviano ad una molteplicità di forme di vita, contesti culturali e sociali diversi, con propri sistemi di riferimento. Ma il linguaggio è anche ciò attraverso il quale si generano fraintendimenti, perché le strutture grammaticali considerate al di fuori del loro uso, sono non-senso. «I risultati della filosofia sono la scoperta di un qualche schietto non-senso e di bernoccoli che l’intelletto si è fatto cozzando contro i limiti del linguaggio. Essi, i bernoccoli, ci fanno comprendere il valore di questa scoperta».25 Wittgenstein cerca di individuare strategie per correggere questo errore, sostenendo che le incomprensioni, in particolare in filosofia, derivano dal non vedere chiaramente l’uso delle parole.26
La nostra grammatica manca di perspicuità. La rappresentazione perspicua rende possibile la comprensione, che consiste appunto nel fatto che noi vediamo connessioni. Di qui l’importanza del trovare e dell’inventare membri intermedi. Il concetto di rappresentazione perspicua ha per noi un significato fondamentale. Designa la nostra forma rappresentativa, il modo in cui vediamo le cose. ( E’ questa una visione del mondo?)27
Ed è proprio attraverso il concetto di rappresentazione perspicua che si individua, nel pensiero di Wittgenstein, a partire dalle Ricerche filosofiche, il nuovo compito della filosofia che consiste nel trovare «connessioni», e di rendere chiaro e descrivere l’uso del linguaggio. Se gli errori si annidano nel linguaggio «nelle nostre proprie regole»,28 è attraverso connessioni che si creano anche grazie al linguaggio che si può cercare di ottenere «una visione chiara».29 Ma «la terapia» filosofica introdotta da Wittgenstein è caratterizzata da un metodo composito al quale contribuiscono la visione, l’osservazione e la descrizione, e infine l’immaginazione come condizione indispensabile. Se per Wittgenstein è nel linguaggio e nell’uso scorretto del linguaggio che si manifestano gli errori e la malattia del pensiero, è ancora nel linguaggio che Freud «osserva», individua e descrive i sintomi, i lapsus, come «il simbolo» e l’effetto visibile di qualcosa, cioè di una causa30 che si trova in profondità, e che è oscuro alla coscienza. Nel Wittgenstein delle Ricerche filosofiche il linguaggio diviene il luogo della descrizione, dell’osservazione per trovare nuove somiglianze ma soprattutto nuove differenze, attraverso i giuochi linguistici. Wittgenstein, nelle Ricerche filosofiche e nelle Lezioni e conversazioni, sull’etica, l’estetica, la psicologia e la credenza religiosa, fa frequentemente riferimento al linguaggio e si serve di un registro linguistico che invita ad immaginare, ad osservare, guidando il lettore o l’uditore attraverso la mappa della descrizione. Nel metodo terapeutico freudiano il linguaggio è il luogo in cui si manifestano istanze occulte,31 che «rimosse» pretendono di essere soddisfatte, ma è anche il luogo della terapia, della cura attraverso il metodo delle libere associazioni, e attraverso l’auto-osservazione, che diviene poi descrizione, racconto spiegazione dei motivi inconsci dell’azione.
4. Vedere, osservare, connettere
«Ogni spiegazione deve essere messa al bando, e soltanto la descrizione deve prendere il suo posto».32 «Ho notato nel mio lavoro psicoanalitico che lo stato psichico di un uomo che riflette è totalmente differente da quello di un uomo che osserva i propri processi psichici».33 Il tema del vedere, dell’osservare, considerato non solo nel suo significato letterale ma anche come metafora è un leitmotiv, un elemento ricorrente nel pensiero e nel linguaggio di Freud. Una delle condizioni di successo nella cura dei pazienti di Freud è costituita dal riuscire a far accadere questo atto del vedere, dell’osservare, trovandosi in una situazione non di ipnosi34 ma quasi di confine tra la veglia e il sonno. Questo metodo diviene poi il metodo chiamato delle libere associazioni ( di rappresentazioni), freier Einfall, che ha permesso a Freud, senza ricorrere all’ipnosi, di «sapere dal paziente tutto quanto occorreva per la creazione dei legami associativi tra le scene patogene dimenticate ed i sintomi che ne erano residuati».35
La natura formale del sogno è l’immagine, cioè la struttura in cui esso si manifesta a noi. Il suo primo tratto caratteristico è legato al tema del vedere. Freud considera i sogni come soddisfacimenti di desideri, Wittgenstein ammette che ai sogni possa essere dato un senso, ma anche se ammette che «potremmo avere la forte sensazione che essi debbono essere un linguaggio di qualche tipo: che essi significano qualcosa»;36 in realtà egli nega che essi all’interpretazione dei sogni possa essere attribuito un valore scientifico, a causa dell’impossibilità di una verifica sperimentale, e sottolinea che le spiegazioni date da Freud appartengono più alla sfera delle spiegazioni estetiche, il cui metodo consiste in cercare, vedere e osservare nessi, somiglianze, differenze, e poi descriverli. Nel linguaggio di Wittgenstein, in particolare nelle Ricerche filosofiche e nelle Lezioni e conversazioni, sull’etica, l’estetica, la psicologia e la credenza religiosa, si può notare che dal punto di vista della struttura narrativa Wittgenstein sviluppa il suo pensiero attraverso il richiamo costante al vedere, all’osservare e all’immaginare; egli si serve delle funzioni del linguaggio che permette di fare cose con le parole. Il linguaggio è sia l’orizzonte all’interno del quale ci è possibile esprimere un senso sia ciò che comunemente percepiamo, spesso in modo limitato, solo come uno strumento. Freud e il linguaggio. La terapia delle nevrosi, l’interpretazione del sogno e degli atti mancati avviene nel linguaggio. Il paziente viene messo nella condizione di osservare, vedere una serie di immagini, pensieri, sensazioni, attraverso il metodo del «freier Einfall»,37 delle libere rappresentazioni, che si sviluppa nel linguaggio, ma che implica l’attività del vedere, dell’osservare del soggetto. Sull’importanza del vedere, in connessione con l’interpretare, nel metodo terapeutico della psicoanalisi Brigati scrive:
Potremmo riassumere tutto questo dicendo che interpretare, in psicoanalisi, non vuol dire semplicemente vedere qualcosa come qualcos’altro; è piuttosto una tecnica complessa che serve a far vedere qualcosa come qualcos’altro, al termine di un processo che comporta una trasformazione molto più vasta.38
Sia nel metodo descrittivo di Wittgenstein sia nel metodo terapeutico delle libere associazioni di Freud, condizione indispensabile ma non sufficiente del successo è che lo la visione possa avvenire in maniera chiara senza che possano intervenire elementi di disturbo, come direbbe Freud. Però in ambito filosofico non esiste, secondo Wittgenstein, un successo, un’ordine definitivo, una verità definitiva, unica e indipendente, ma possiamo giungere a vari ordini, a spiegazioni estetiche, cioè a ordini legati ad un contesto, ad una forma di vita, che da significato, e che costituisce il quadro delle connessioni. Diversamente sembra accadere in Freud in cui il lavoro di osservazione del paziente è integrato con l’intervento dell’analista che aiuta a connettere i vari elementi della visione e ne fornisce un interpretazione al paziente. Freud considera attraverso questa interpretazione individua una spiegazione causale dei sintomi nei suoi pazienti, e la sua teoria acquisisce tanta più forza nella misura in cui ha successo la terapia in cui si verifica la scomparsa del male, attraverso quella forma di visione o rappresentazione catartica, che consiste nell’accettazione del paziente di quegli elementi rimossi della propria psiche.
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Ludwig Wittgenstein, Philosophische Untersuchungen (1953) trad.it Ricerche filosofiche, a cura di Mario Trinchero, Einaudi, Torino, 1999 p. 71. ↩︎
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Wittgenstein L., Philosophische Untersuchungen (1953) trad.it Ricerche filosofiche,a cura di Mario Trinchero, Einaudi, Torino, 1999, p.67 ↩︎
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Ivi, p.66 ↩︎
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Ivi, p.64 ↩︎
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Cfr. Il lavoro di spostamento, in Freud S., Die Traumdeutung (1899), tr.it. L’ interpretazione dei sogni, GTE Newton, 1996, p.229-232; ho inserito questo termine perché penso che possa contribuire a descrivere ciò che Wittgenstein voleva significare. ↩︎
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Wittgenstein L., Tractatus logico-philosophicus (1961) tr.it. Tractatus logico-philosophicus e quaderni 1914-1916, a cura di A.G. Conte, Einaudi, Venezia, 1998, p.35 ↩︎
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Wittgenstein, Ricerche filosofiche, ed.cit., prop. 108, p.65 ↩︎
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Cfr. cit.. in riportata in Andronico M., Antropologia e metodo morfologico. Studio su Wittgenstein, edizioni “La città del sole”, Manes Editori, Napoli, 1998, p. 17; dell’approccio antropologico in Wittgenstein, da cui deriva questa citazione, scrive Monk R., in Wittgenstein. Il dovere del genio, Bompiani, 2000, p. 260. ↩︎
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Cfr. il riconoscimento di Wittgenstein della straordinaria potenzialità del linguaggio, che non si limita a denominare gli oggetti ma, come scrive Wittgenstein in Ricerche filosofiche, ed.cit. p. 23, “Invece, con le nostre proposizioni, facciamo le cose più diverse. Si pensi soltanto alle esclamazioni. Con le loro funzioni diversissime” . ↩︎
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Ed.cit. ↩︎
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Wittgenstein L., Lezioni e conversazioni sull’etica, l’estetica, la psicologia e la credenza religiosa, a cura di M. Ranchetti, Adelphi, Milano, 1998 ↩︎
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Wittgenstein L., Ricerche filosofiche, ed. cit., si veda in particolare p. 45-46. ↩︎
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Wittgenstein L., Lezioni e conversazioni, sull’etica, l’estetica, la psicologia e la credenza religiosa, ed. cit.p. 93. ↩︎
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Wittgenstein L., ed. cit. ↩︎
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Cfr. Bouveresse J., Filosofia, mitologia e pseudoscienza, Wittgenstein lettore di Freud, ed. cit., p. 61. ↩︎
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Ivi, p. 124 ↩︎
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Ibidem. ↩︎
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Bouveresse J., Filosofia, mitologia e pseudo-scienza. Wittgenstein lettore di Freud, Einaudi, Torino, 1997. ↩︎
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Brigati R., Le ragioni e le cause. Wittgenstein e la filosofia della psicanalisi, Quodlibet, 2001. ↩︎
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Davidson D., Paradossi dell’irrazionale, in “Studi freudiani” a cura di D. Meghnagi, Guerini e associati, 1989, pp.17-40. ↩︎
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Gargani A.G., Lo stupore e il caso, Laterza, 1985; Freud Wittgenstein Musil, EXLIBRIS Shakespeare & Company, 1982 ↩︎
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Cioffi F., Wittgenstein’n Freud, in Studies in the Philosophy of Wittgenstein, Edited by Peter Winch, Routledge & Kegan Paul, 1969 ↩︎
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Aldo Giorgio Gargani, Freud Wittgenstein Musil, Op.cit., p. 76. ↩︎
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Ed.cit. ↩︎
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Wittgenstein, Ricerche filosofiche, ed. cit., p. 68. ↩︎
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Ivi, p. 69. ↩︎
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Ibidem. ↩︎
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Ivi, p. 70. ↩︎
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Ibidem. ↩︎
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Sui concetti di causa e ragione in Wittgenstein e in Freud, in maniera approfondita, cfr. in particolare gli studi di Brigati, Bouveresse, Davidson, op.cit. ↩︎
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In particolare nei lapsus, cfr. Freud S., Psicopatologia della vita quotidiana, Boringhieri, Torino, 1971; Euroclub Italia, Bergamo, 1982, in particolare pp. 15-57; 66-145. ↩︎
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Wittgenstein L., Ricerche filosofiche, Ed. cit.p. 65. ↩︎
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Freud S., Die Träumdeutung (1899), tr.it. L’ interpretazione dei sogni, GTE Newton, 1996, p.80. ↩︎
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Freud S., Űber Psychoanalyse (1910), tr.it. La psicoanalisi, GTE Newton, 1996, pp.46-47. ↩︎
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Ibidem. ↩︎
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Wittgenstein L., Lezioni e conversazioni, sull’etica, l’estetica, la psicologia e la credenza religiosa, ed. cit. p. 128. ↩︎
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Freud S., nel significato indicato ne L’interpretazione dei sogni, ed. cit., p.80. ↩︎
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Brigati R., op.cit., p. 133. ↩︎