1. L’écrivain engagé: dalla guerra di Spagna a L’Impossible Antisémitisme
Il momento decisivo della svolta della riflessione e azione pubblica di Maritain sulla questione ebraica e l’antisemitismo si consumò simultaneamente alla sua risoluta presa di posizione sugli orrori della guerra di Spagna. I due eventi risultano cronologicamente e tematicamente intrecciati tra loro, al punto che non è a mio avviso possibile comprendere pienamente il ripensamento radicale del filosofo su questi temi senza analizzare gli elementi della sua rivolta morale e religiosa contro la Cruzada franchista.
La brutale guerra civile, seguita all’Alzamiento del 1936, era immediatamente diventata una grave ed urgente questione da affrontare per gli intellettuali cattolici francesi. Franco aveva infatti dato alla sua guerra contro la Repubblica il senso e valore di un Crociata condotta per la salvezza del cattolicesimo in Spagna, e la rapida internazionalizzazione del conflitto, con l’entrata in scena di Hitler e Mussolini da una parte, e delle brigate internazionali e dell’Unione Sovietica dall’altra, aveva spinto il Pio XI e il Vaticano a scendere in campo in modo aggressivo e deciso. Le notizie di esecuzioni contro sacerdoti, la distruzione di chiese e monasteri, la profanazione di cimiteri, avevano peraltro grandemente scosso il mondo cattolico, e la Cruzada, già nei primi mesi della guerra civile, poteva contare sull’incondizionato sostegno e appoggio della gerarchia ecclesiastica ai più alti livelli.1
La lotta era presentata, in questi e altri articoli e interventi, in termini manichei: nel campo di battaglia della Spagna si combatteva lo scontro decisivo tra comunismo ateo e civiltà cristiana, tra Dio e il Demonio, tra il Bene e il Male. In Francia gli intellettuali cattolici più importanti e influenti si trovarono di fronte alla necessità impellente di fare sentire la loro voce. In un primo momento Maritain non scrisse nulla sulla questione: operando però discretamente, e influenzando Mauriac e Bernanos, li vinse alla causa di coloro che, nel mondo cattolico, provavano crescente disagio e ripugnanza di fronte alle atrocità della guerre civile commesse dai franchisti in nome di Dio.
Il massacro di Bajadoz, l’uccisione di prigionieri inermi perpetrata dalla Falange in un’arena per la corrida per «celebrare» il giorno della festività dell’Assunzione colmò d’orrore la sinistra cattolica in Francia. Il bombardamento di Guernica, avvenuto poco dopo, spinse Maritain all’azione, e assieme a Mauriac si impegnò in una serie di conferenze per portare al pubblico (la propaganda franchista e nazifascista negava allora l’accaduto) le prove irrefutabili della strage della popolazione civile della città basca. Assieme ad altri intellettuali cattolici, preparò poi un accorato Manifesto per il popolo basco che ebbe vasta risonanza: «niente può giustificare, niente può scusare il bombardamento di città aperte come Guernica. Eleviamo un angosciato appello a tutti gli uomini di buona volontà, a tutti i paesi, affinché il massacro dei non combattenti cessi immediatamente».2
Il filosofo esercitò anche una forte pressione sul Vaticano perché in qualche modo intervenisse per cercare di arrestare, o almeno frenare, le violenze e gli eccessi dei franchisti, riuscendo ad ottenere che Pacelli, a nome di papa Pio XI, telegrafasse al vescovo di Toledo, rappresentante ufficiale della Santa Sede presso il governo di Burgos, affinché chiedesse a Franco «moderazione» nella conduzione della guerra. Nel dispaccio si menzionava esplicitamente il fatto che l’iniziativa era stata presa «come risultato dell’intervento di un gruppo di pubbliche figure cattoliche francesi».3
Maritain scrisse poco dopo un lungo scritto, De la guerre sainte che fu pubblicato il 1 luglio 1937su La Nouvelle Revue Française:
[…] è un sacrilegio orribile massacrare sacerdoti, anche se sono «fascisti» (sono i ministri di Cristo), in odio alla religione; ed è un altro sacrilegio, ugualmente orribile, massacrare i poveri, anche se sono «marxisti» (sono il popolo di Cristo), in nome della religione. È un evidente sacrilegio bruciare chiese e le immagini dei santi, a volte con furia cieca, a volte, come a Barcellona, con freddo metodo anarchico e in uno spirito di sistematica follia; ed è anche un grande sacrilegio (di natura religiosa) decorare soldati musulmani con mostrine del Sacro Cuore così che possano uccidere santamente i figli di cristiani, ed affermare che Dio condivide il loro odio appassionato che considera l’avversario indegno di qualunque rispetto o pietà. […] Un uomo che non crede in Dio può pensare: dopotutto è il prezzo di un ritorno all’ordine, e un crimine ne merita un altro. Un uomo che crede in Dio sa che non v’è peggiore disastro. È come se le ossa di Cristo, che i carnefici non poterono toccare, fossero spezzate sulla croce da cristiani.4
Questo intervento provocò una vera e propria tempesta, nell’opinione pubblica francese ed europea. Per i cattolici schierati a favore di Franco, Maritain si era reso colpevole, né più né meno, di tradimento. Nel Carnet de Notesdel filosofo si trova la descrizione del suo incontro del 24 settembre 1937 con padre Garrigou-Lagrange, che approfittò dell’arrivo del filosofo a Medoun per un ritiro spirituale, per cercare di dissuaderlo da ulteriori prese di posizione pubbliche contro la Cruzada franchista:
Le Pére è molto arrabbiato con me (très monté contre moi): arriva al punto di rimproverare me, un convertito, di voler dare lezioni nello spirito del Cristianesimo ‘a noi, che siamo cattolici da trecento anni […]. Mi trovo preda di un nero accesso di collera, che non posso nascondere […]. A Padre Garrigou piacerebbe proibirmi di parlare di filosofia della storia, di giudicare gli eventi correnti, e di influenzare i giovani a questo riguardo. Non è il solo a Roma a pensarla in questo modo, lo so molto bene, e a tremare all’idea di un ’Maritain politique’. Solo metafisica! Ma lui non esita a pronunziarsi in favore di Franco e di approvare la guerra civile in Spagna.5
L’irritazione e il nervosismo nella gerarchia e nel mondo cattolico, francese e non, per le denunce di Maritain contro la Cruzada, che in quel periodo veniva da molti esaltata in modo parossistico, furono grandi, e le reazioni molto violente. Tra le innumerevoli invettive e accuse, vi furono anche quelle di essere un cattolico di serie B e un marrano.6
Il ministro dell’Interno di Franco, Serrano Suñer, giunse poi a congiungere le varie calunnie tenendo un discorso, dedicato a Maritain, Judìo Convertido:
Voglio qui presentarvi, in particolare, a titolo d’esempio, Maritain […], questo giudeo convertito che commette l’infamia di diffondere nel mondo le favole dei massacri di Franco, e la menzogna immensa della legittimità del governo di Barcellona.7
A questo genere di accuse, il filosofo era stato esposto già negli anni dell’Action Française, ma a quell’epoca le aveva prevalentemente ignorate. In questo periodo, essendo state lanciate direttamente da una figura istituzionale dell’alleanza nazifascista, e all’indomani della promulgazione in Germania delle leggi di Norimberga, la sua reazione fu ben diversa, ed è espressa in un’intervista rilasciata per la prestigiosa rivista cattolica statunitense The Commonweal:
— Siete ebreo?
— Hélas no, non sono ebreo. Me ne duole, perché è un grande onore appartenere alla razza di Gesù Cristo e della Santa Vergine. […] un Ministro dell’Interno, un ministro del generale Franco […] mi ha chiamato ebreo perché sono un cattolico e non credo a una guerra santa che distrugge la Spagna contando sull’aiuto del fascismo di Mussolini e del razzismo di Hitler.
— Siete massone?
— Stavolta la vostra domanda m’offende, avrei orrore d’appartenere alla Massoneria […].
— Siete comunista?
— Essendo ebreo, secondo i giornali di Franco, come potrei non essere anche comunista? il mio caso è più grave: in molti dei miei libri ho criticato in modo molto radicale il marxismo e il comunismo atei, ma penso che il fascismo sia un altro corno dello stesso diavolo; d’altra parte, non ho alcun desiderio di convertire tutti i comunisti in cenere, vorrei che si convertissero a Dio, ed amo in loro i miei fratelli. […]. Aggiungo che il vostro questionario non è completo: avete dimenticato di domandarmi se sono un convertito. Là Serrano Suñer non ha mentito; sì, sono un convertito. Son più di trent’anni che sono arrivato, e che ho preso l’abitudine di soffrire un poco ogni giorno per Gesù Cristo e per la Chiesa. Per i ministri del generale Franco, la parola convertito è una parola peggiorativa e ingiuriosa, perché sinonimo di «ebreo» e «massone». È un souvenir dei bei tempi in cui in Spagna si costringevano le genti al battesimo sotto pena d’essere spogliati della nazionalità, derubati ed espulsi.8
Quest’intervista offre uno spaccato del drastico mutamento non solo del pensiero, ma del sistema di atteggiamenti che si stava consumando in questo periodo cruciale. Nel corso del 1937, simultaneamente alle sue prese di posizione sulla guerra di Spagna, Maritain decise di rompere il silenzio anche sulla questione ebraica, scrivendo un lungo saggio, L’impossible antisémitisme, che venne pubblicato nello stesso anno nel volume miscellaneo Les Juifs curato da Daniel-Rops.
Il testo si apre con delle lunghe citazioni tratte dai capitoli IX, X e XI della Lettera ai Romani. Cosa sono gli ebrei, cos’è l’ebraismo? Cosa si deve pensare della dispersione d’Israele? Dopo aver negato categoricamente che gli ebrei costituiscano una «razza» nel senso biologico del termine, infatti, Maritain scrive che gli ebrei «non sono ‘una nazione’se con questa parola si intende una comunità storica legata dall’unità d’origine o di natività (razza o insieme di razze storicamente unite nel senso etnico-storico del termine razza) e conducente assieme una vita politica o aspirante ad una vita politica».9 Il filosofo ha cura di porre quest’ultima frase in corsivo, perché è chiaramente ben consapevole di quanto questo punto sia assolutamente cruciale. I 370. 000 ebrei che si stima poi vivano in Palestina e che parlano ebraico, sono «un caso speciale a parte, e attestano che gli altri (vi sono 16 milioni di ebrei nel mondo) non sono una nazione».10
Per apprezzare pienamente la portata di questo passo è necessario ricordare che Maritain assume qui una posizione che non solo ripudia quanto sostenuto dal cattolicesimo tradizionalista e reazionario francese, nei cui ranghi aveva peraltro materialmente militato, ma che anche contraddice quanto veniva scritto proprio in quel periodo sull’organo ufficioso della Santa Sede La Civiltà Cattolica.11
Gli ebrei non solo non sono una razza in senso biologico, ma non sono né una nazione in senso politico, né un popolo. Se sono «popolo», lo sono nel senso specialissimo e particolare di essere «il popolo per eccellenza», «il popolo di Dio». Gli ebrei «sono una tribù consacrata; sono una casa, la casa d’Israele; sono una tribù consacrata. Razza, popolo, tribù, tutti questi termini, per designarli devono essere resi sacri (sacralisés) ».12 Sacralizzare questi termini non significa soltanto respingere le volgari e insensate teorie razziste e antisemite di ogni ordine e grado, significa anche affermare la necessità assoluta di guardare al popolo ebraico, in primo luogo, dal punto di vista della trascendenza e dell’economica della Salvezza. Riprendendo e facendo nuovamente sue le intuizioni de Le Salut par les Juifs, Maritain afferma che, dal punto di vista di una filosofia della storia cristiana, «Israele è un mistero. Dello stesso ordine del mistero del mondo e del mistero della Chiesa. Al cuore, come questi, della Redenzione».13
Dal punto di vista puramente immanente e storico l’ebraismo può quindi apparire ed essere presentato come un «problema» da affrontare e risolvere. Dal punto di vista cristiano, porre il mistero d’Israele come questione anche mondana è follia, e costituisce un atto totalmente autodistruttivo. «Se San Paolo ha ragione ciò che si chiama problema ebraico è un problema senza soluzione […] voler trovare una soluzione alla questione d’Israele, è cercare di arrestare il movimento del mondo».14
Maritain, in queste pagine, sconfessa e cerca di disinnescare l’intero arsenale propagandistico con tanta cura creato dall’antisemitismo cattolico di cui egli stesso era stato, anche se per un breve periodo, un esponente:
È difficile non rimanere sconvolti dalla straordinaria bassezza dei grandi temi generali della propaganda antisemita. Gli uomini che denunciano la cospirazione mondiale d’Israele per asservire le nazioni, l’omicidio rituale, la perversione universale procurata dal Talmud, […] sembrano nati per attestare che è impossibile odiare il popolo ebraico e rimanere persone intelligenti.15
Emancipazione ed uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge a prescindere da confessione religiosa, stato economico e sociale, identità etnica e culturale sono adesso dei valori su cui non è possibile né transigere né cedere. Fa una certa impressione, vedere il filosofo che aveva scritto Antimoderne rivalutare i principî prima denunciati come causa della dissoluzione della civiltà cristiana e farsene appassionato difensore. «L’emancipazione degli ebrei realizzata dalla Rivoluzione francese, è un fatto che i popoli civili, che vogliano restare tali, devono tenere per acquisita».16 Maritain compie qui un passo ulteriore e disegna un ideale di società in cui parità dei diritti e uguaglianza possano sposarsi con il rispetto, la tutela e la promozione delle diversità culturali e religiose:
Noi pensiamo che, all’opposto dell’assurda parodia medievalista hitleriana, un pluralismo fondato sulla dignità delle persone umane, e che, sulla base della completa uguaglianza dei diritti civili, e del rispetto effettivo delle libertà della persona nella sua vita individuale e sociale, riconosca alle diverse famiglie spirituali entranti nel convivium della città temporale uno statuto etico-giuridico proprio per le questioni dette miste (a cavallo tra lo spirituale e il temporale) rappresenti, tra gli altri vantaggi, per le nazioni che saranno capaci di questo tipo di civiltà, il tentativo di regolamento organico della questione ebraica meglio adatta al nostro clima storico.17
Nella parte conclusiva di questa sezione del saggio, vengono poi riprese le intuizioni centrali di Bloy: il modo autenticamente cristiano di affrontare la quaestio rappresentata da Israele sta nell’intenderla rigorosamente nel suo significato teologico e religioso ponendo in subordine ogni altra considerazione.
La diagnosi conclusiva è di cristallina chiarezza:
È in obbedienza allo spirito di questo mondo, non allo spirito del cristianesimo, che dei cristiani possono essere antisemiti. Dal punto di vista della sua caratterizzazione morale all’interno delle prospettive cattoliche […] l’antisemitismo appare come un fenomeno patologico che rivela un’alterazione della coscienza cristiana, quando essa diventa incapace di assumersi le proprie responsabilità nella storia, e di rimanere esistenzialmente fedele alle alte esigenze della verità cristiana.18
Questo ritorno al pensiero di Bloy, in un saggio teso a distruggere qualunque possibilità di connivenza o tolleranza all’interno del mondo cristiano verso propaganda e politiche antisemite, rappresenta un’ulteriore confutazione di quanti indicano nell’influenza dello scrittore la causa delle derive antisemite del giovane Maritain. In evidente omaggio al suo padrino spirituale, il filosofo affida alla sua voce il significativo compito di concludere il suo scritto, utilizzando un passo tratto da Le Vieux de la Montagne:
supponete che delle persone attorno a voi parlino continuamente di vostro padre e di vostra madre con il più grande disprezzo, e che non abbiano per loro che ingiurie e sarcasmi oltraggiosi, quali sarebbero i vostri sentimenti? Eh bien, questo è esattamente ciò che arriva a Nostro Signore Gesù Cristo.19
2. Sull’orlo dell’abisso: Le Mystére d’Israël
Alcuni mesi dopo la pubblicazione de L’impossibile Antisémitime, il 5 febbraio 1938, Maritain tenne una conferenza a Parigi presso il Théâtre des Ambassadeurs, intitolata Les Juifs parmi les nations. La conferenza fu tenuta sotto gli auspici e il patrocinio dei Groupes Chrétienté e dell’ordine domenicano. Il testo incorporava parti del recente saggio. In forma ulteriormente arricchita, e in lingua inglese, il testo fu proposto da Maritain a New York il 14 dicembre dello stesso anno. Il testo della conferenza di New York, cui furono appose ulteriori aggiunte per aggiornarlo rispetto agli sviluppi della situazione in Europa, fu poi pubblicato a Londra nel 1939 con il semplice titolo Antisemitism.
Questi tre testi (L’impossible antisémitisme, Les juifs parmi les nations e Antisemitism) pongono delle delicate questioni di analisi e interpretazione, perché costituiscono un trittico le cui varie parti risultano intimamente interconnesse, e risulta chiaro come l’autore a volte ripeta, a volte ometta, a volte ampli, a volte aggiunga del materiale, spesso modificando il sistema di accentuazione concettuale e contenutistico. Da un’analisi comparata dei tre testi, emerge comunque un pattern, uno schema che permette di cogliere sia i punti fissi dei ragionamenti, sia il movimento e il dinamismo che animano l’evidente necessità sentita da Maritain, col passare dei mesi, di concentrare le proprie analisi e denunce su certe aree a discapito di altre.
La conferenza tenuta presso il Théâtre des Ambassadeurs ripete in parte i contenuti essenziali del saggio del 1937, ma il discorso si amplia e si fa più concreto. Per quanto riguarda la Germania, il filosofo si concentra soprattutto a delineare le caratteristiche precipue del razzismo e dell’antisemitismo razzista hitleriano, e le sue analisi, considerato il periodo in cui furono elaborate e proposte sono eccezionalmente lucide: invece di accusare la scienza moderna e la moderna antropologia come cause del razzismo antisemita le indica invece come prigioniere e strumento di un gruppo nazionale, uscito da una catastrofica sconfitta, alla ricerca disperata di un regressivo senso d’identità: «scientificamente, il razzismo appare soprattutto come una sorta di détournement politico dell’antropologia, mobilitata per fornire un criterio pratico alla comunità nazionale tedesca».20
A quest’analisi storica e politica aggiunge un’osservazione:
da un punto di vista culturale, il razzismo degrada ed umilia in grado inimmaginabile la ragione, il pensiero, la scienza e l’arte, che d’ora in poi sono subordinate alla carne e al sangue e spogliate della loro naturale catholicité. Porta agli uomini, tra tutte le modalità di barbarie che oggi li minacciano, una barbarie che è in se stessa la più inumana e la più disperata di tutte, perché […] li inchioda a delle categorie e a delle fatalità -biologiche — alle quali nessun uso della loro libertà permette di sfuggire.21
Viene osservato poi che questa ideologia ha identificato ed eletto a suo nemico assoluto il popolo ebraico. L’antisemitismo, non solo quello nazista, ha per Maritain una connotazione anche anticristiana. L’essenza spirituale dell’antisemitismo viene infatti così descritta:
se il mondo odia gli ebrei […] è perché detesta la loro passione per l’assoluto e l’insopportabile pungolo che questa gli infligge […] odiare gli ebrei e odiare i cristiani viene dallo stesso fondo, dallo stesso rifiuto del mondo, che non vuole essere ferito, né dalle ferite d’Adamo né dalle ferite del Messia, né dal pungolo d’Israele per il suo movimento nel tempo dalla Corce di Gesù per la vita eterna.22
Nella terza parte della sua conferenza, Maritain intende descrivere e denunciare la tragédie actuelle du peuple juif così come appare ai suoi occhi agli inizi del 1938. Questa parte del discorso è davvero straordinaria, perché l’attenzione del filosofo e la sua denuncia dell’antisemitismo non si limitano alla Germania, ma si allargano alla Russia, alla Romania e alla Polonia. Si tratta di pagine di grande importanza, che mostrano come, prima della II guerra mondiale e dell’Olocausto, Maritain avesse raggiunto una comprensione dell’antisemitismo molto più articolata e complessa di quella che molti studiosi gli attribuiscono. Maritain rileva che in Russia, pur avendo l’URSS bandito ufficialmente l’antisemitismo, è comunque condotta, in nome dell’ateismo di Stato, una campagna sistematica non contro gli ebrei in quanto cittadini o popolo, ma contro la religione ebraica, cosa che minaccia certamente la sopravvivenza religiosa e culturale di un gruppo umano. Questa politica, pur non essendo improntata a concezioni razziste o biologiche (o religiose come l’antisemitismo zarista) è per Maritain antisemita tout court, perché con l’insieme delle sue misure punta deliberatamente a far scomparire l’ebraismo come entità etnica, religiosa e culturale.
Maritain concepisce e analizza l’antisemitismo come un fenomeno storico complesso e proteico, e che in quanto tale può assumere molte forme, ed essere adottato da sistemi politici e ideologici a volte tra loro incompatibili e in totale contraddizione tra di loro. Russia e Germania, che per il filosofo incarnano due forme di totalitarismo antagonistiche, ma entrambe antireligiose, non sono i soli due paesi dove l’antisemitismo, a suo parere, si sta radicando e diffondendo. Anche paesi di antica tradizione cristiana e cattolica non ne sono immuni.
L’antisemitismo ha preso in Germania una forma anticristiana; in Romania, una forma ortodossa fortemente imbevuta d’anticattolicesimo […]. In Polonia, benché i gerarchi della chiesa cattolica, in particolare il cardinale Hlond abbiano ripudiato ‘l’ostilità sistematica e incondizionata contro gli ebrei’, l’antisemitismo ha preso una forma cattolica.23
La situazione in Polonia, proprio perché paese a stragrande maggioranza cattolica e celebrato per secoli come Antemurale Christianitatis è particolarmente preoccupante:
In questi ultimi anni, l’anno scorso soprattutto, gli ebrei polacchi hanno conosciuto una persecuzione che, pur non essendo organizzata dalla legge come in Germania, tende in questo momento a rendere loro la vita strettamente impossibile […]. Pensano che scatenando contro gli ebrei i contadini affamati troveranno una soluzione alla povertà delle campagne? […] gli eventi più odiosi sono quelli prodottisi nei luoghi che si crederebbero riservati alla scienza e alla cultura […]. Voi sapete che finalmente, cedendo alla pressione antisemita, le autorità universitarie polacche hanno istituito banchi a parte per gli studenti ebrei, creando così come dei ghetti nelle sale dei corsi. […] Mi è necessario aggiungere — non dissimulerò un tratto che m’affligge- che tra le cause sociologiche alle quali facevo ora riferimento, vi sono, in generale, i substrati cattolici della popolazione da cui, in Polonia, l’antisemitismo sembra trarre incremento. Là si producono eccitazioni deplorevoli. E la stampa di denominazione cattolica si rende troppo spesso complice.24
Maritain deliberatamente ignora le teorie, allora correntemente proposte e largamente accettate in ambito cattolico, secondo cui sarebbero esistite due forme separate e distinte di ostilità antiebraica, una condannabile in quanto razzista, materialista e anticristiana e un’altra accettabile e giustificabile in quanto espressione della tradizione della Chiesa:
le diverse cause particolari che l’osservatore può assegnare all’antisemitismo […] mascherano una fonte comune ancora più profonda. Se il mondo odia gli ebrei, è perché sente chiaramente che sono sempre surnaturellement étrangers. È perché detesta la loro passione per l’assoluto e l’insopportabile stimolo che essa infligge. È la vocazione d’Israele che il mondo esecra. L’odio del mondo è la loro gloria, com’è la gloria dei cristiani che vivono della fede. […]. Dunque, odiare gli ebrei e odiare i cristiani procede da una medesima fonte, dallo stesso rifiuto del mondo che non vuole essere ferito né dalle ferite d’Adamo, né dalle ferite del Messia, né dal pungolo d’Israele nel suo movimento nel tempo, né dalla croce di Gesù per la vita eterna.25
Questa lettura di carattere strettamente teologico, apparentemente arcaica e antimoderna, ha invece immediate conseguenze, e deflagranti, per l’autocomprensione, da parte del cristianesimo, della propria tradizione antisemita.
Non solo l’antisemitismo, in tutte le sue forme, è impossibile per il cristiano che desideri essere autenticamente tale, ma la sua presenza in seno alla Chiesa è l’indubitabile sintomo della presenza di corruzione e di degenerazione della coscienza cristiana. Chi insulta o aggredisce Israele, colpisce e insulta, per interposta persona e sub mutata specie, Cristo stesso. È importante notare che in tutti i suoi interventi a questo proposito, Maritain, deliberatamente, non usa mai la distinzione tra un preteso e legittimo «antigiudaismo» cristiano e un condannabile «antisemitsmo» razziale. Questa distinzione, elaborata nell’ultimo ventennio del XIX da alcuni teorici cattolici per cercare di distinguere le proprie campagne antiebraiche da quelle poste in atto da gruppi ultranazionalistici spesso anticattolici soprattutto in Germania è deliberatamente ignorata dal filosofo, che utilizza invece esplicitamente e con lucidità il termine antisemitismo per indicare tutte le diverse incarnazioni di quello che, prima dell’introduzione del termine, era chiamato Judenhass (odio contro gli ebrei), e si sforza di mostrare la loro nascosta, comune radice.26
La conferenza provocò un’enorme impressione in Francia, e le reazioni non si fecero attendere. Martiain, durante la lettura del testo fu più volte interrotto dalle proteste del pubblico. Alcuni gridarono «venduto agli ebrei!» e «È anche lui un ebreo!».27 Al di là dei prevedibili attacchi provenienti dagli ambienti dell’Action Française, le più significative furono senz’altro quelle di alcuni grandi scrittori e intellettuali come Mauriac, Bernanos, Gide. Mauriac, già schieratosi con Maritain sulla guerra di Spagna, accolse con entusiasmo la conferenza, rilevandone giustamente l’aspetto più paradossale: l’adozione di un punto di vista rigorosamente teologico basato sulla Lettera ai Romani di San Paolo, produceva conseguenze, sul piano della filosofia politica, di una novità dirompente:
senza trascurare neanche uno degli abili argomenti degli antisemiti e dei razzisti, Maritain abbatte i muri che l’odio tenta di erigere attorno a noi, e sin dall’inizio si pone sul piano sovrannaturale dove San Paolo aveva già posto il Problema Ebraico: Israele ci appare come un mistero, dello stesso ordine del mistero del mondo e del mistero della Chiesa.28
La reazione di Gide fu invece di tutt’altro tenore: costernato nel vedere attaccare Céline per il suo libro Bagatelles pour un massacre, lo scrittore contestò a Maritain proprio quello che Mauriac gli ascriveva a merito, ovvero l’aver trattato la questione ebraica da un punto di vista sovranamente teologico ignorando l’aspetto razziale ed etnico del problema.29 Alcune reazioni dall’estrema destra cattolica furono di una brutalità estrema. Lucien Rebaret, nel suo articolo Juifs et catholiques, scrisse: «noi che non siamo che degli Ariani ottusi, che siamo restati a Bossuet e Maistre, noi cerchiamo sotto questo spiritualismo frenetico la causa volgare, pienamente umana, e la troviamo subito. Jacques Maritain è sposato con un’ebrea. Ha giudaizzato (enjuivé) la sua vita e la sua dottrina, la sua teologia, la sua dialettica sono falsificate come il passaporto di una spia ebrea. Maritain, rappresenta, anima e corpo, quello che i tedeschi chiamano un Rassenschander, un inquinatore della razza».30
I Maritain erano stati in passato attaccati in modo analogo, ma mai con questa violenza, e mai in questo modo in Francia. In una lettera indirizzata a Pierre e Christine Van der Meer de Walcheren il 9 aprile 1938, Raïssa diede sfogo al suo sgomento:
[…] attraverso di me, come viene trattato Jacques! Ecco la ricompensa di trent’anni di lavoro per introdurre San Tommaso nel pensiero del mondo, per servire la Chiesa e i valori evangelici. […] In questi tempi gli articoli ingiuriosi si moltiplicano e l’antisemitismo si propaga […] ho il più vivo desiderio di partire; perché sebbene l’ingiustizia sia dovunque nel mondo, qui, in Francia, è più intollerabile che altrove perché ho riposto troppa speranza in questo paese.31
La conferenza del 5 febbraio 1938, e la pubblicazione de L’impossibile antisémitisme segnarono il momento decisivo dell’evoluzione del pensiero di Maritain in merito alla questione ebraica, caratterizzato dal ritorno alle intuizioni centrali di Bloy e dalla definitiva rottura con i fantasmi del suo passato nei ranghi dell’Action Française. Questo momento va interpretato come punto d’arrivo di una tormentosa crisi di coscienza, apertasi con la guerra di Spagna, e come punto di partenza per una radicalizzazione della riflessione e azione del filosofo riguardo l’antisemitismo. Emmanuel Lévinas, in un articolo pubblicato su Paix et Droit nel maggio 1938 non mancò di rilevare l’importanza e la novità dell’intervento di Maritain, analizzando la «metafisica dell’antisemitismo» da lui proposta. Lévinas rileva che, secondo il filosofo, l’antsemitismo scaturisce da una segreta rivolta della «Nature contre la Surnature» che può verificarsi all’interno del cristianesimo stesso, e che ridirige la sua furia esplicita non direttamente contro Cristo ma contro gli ebrei, simbolo del soprannaturale all’interno del mondo. Se Maritain ha ragione, argomenta Lévinas, allora «l’antisemitismo non è semplicemente incompatibile con il cristianesimo, è il suo nemico mortale».32 La vera novità di queste idee non sta tanto nel denunciare l’antisemitismo razzista come una minaccia per gli ebrei e per il cristianesimo, ma nell’indicare che quest’odio proviene dalle «profondità della Natura» che si ribella al Sovrannaturale. «Ecco il punto — conclude Lévinas — sul quale Maritain proietta un jour noveau».33
A seguito dei tumulti presso il Théatre des Ambassadeurs a Maritain fu vietato di ripresentare al pubblico la sua conferenza. Dieci mesi dopo, Il 14 dicembre 1938 Maritain propose a New York la conferenza di Parigi in lingua inglese, e in fomra notevolmente ampliata. Questa nuova conferenza, pubblicata poi a Londra con il titolo Antisemitism nell’aprile del 1939, è qualcosa di più che una versione aggiornata de Les juifs parmi le nations. Essa presenta una serie di novità rilevanti che occorre analizzare in dettaglio. La preoccupazione che anima le nuove parti è che l’antisemitismo latente in molta opinione pubblica, possa essere rafforzato e ulteriormente promosso da propagandisti certamente irresponsabili, ma non necessariamente fascisti o razzisti. Per valutare nel giusto contesto le parole spese da Maritain a questo proposito, occorre tenere presente che nella seconda metà degli anni ’30 misure speciali contro gli ebrei, oltre a quelle denunciate in Polonia, erano infatti correntemente discusse e proposte in molti circoli cattolici, trovando sponda e appoggio ai più alti livelli. Sulla Civiltà Cattolica, già nel maggio 1937 si poteva trovare scritto che la «soluzione della questione ebraica non poteva darsi «che per due vie: o l’eliminazione o la segregazione» e proponeva autorevolmente i piani per una legislazione discriminatoria nei confronti della popolazione di religione ebraica.34 Nel corso dello stesso anno L’Azione Cattolica ungherese aveva poi proposto in Ungheria una serie di leggi discriminatorie (poi approvate nel 1938 con il voto a favore del Primate d’Ungheria Séredi) istituenti il numerus clausus per le professioni liberali e l’accesso alle università. Anche questa proposta era stata salutata con entusiasmo dalla Civiltà Cattolica «l’antisemitismo dei cattolici ungheresi non è né […] l’antisemitismo volgare fanatico, né l’antisemitismo razzista, è un movimento di difesa delle tradizioni nazionali e della vera libertà […]» .35
Oltre a menzionare esplicitamente l’Ungheria che a suo parere, «nel perseguitare gli ebrei sta tra la Germania e l’Italia» e dove ormai «passione antiebraica e idee razziste sono state scatenate»36 Maritain dedica parole di fuoco contro coloro che, pur non considerandosi fascisti o forse buoni cristiani, osino discutere o proporre misure d’eccezione contro gli ebrei:
coloro che attualmente suggeriscono uno statuto speciale per gli ebrei pensano in effetti a misure discriminatorie contro di loro. Sono vittime dell’assurda illusione […] che la ‘soluzione’consistente nel sacrificare gli ebrei porrà fine ai mali le cui radici, di fatto, affondano nelle profondità delle strutture economiche, morali, spirituali e politiche della nostra civiltà. Infettati dal contagio degli errori propagati della mentalità razzista, sono al servizio di questa mentalità, che lo vogliano o no. Alcuni di loro sono fieri antisemiti che pretendono d’essere apostoli. Altri protestano che non sono antisemiti, e si considerano spassionati realisti: sono i messaggeri di Hitler, che non hanno neanche la scusa della passione.37
In questo panorama desolante, vengono citate con sollievo e approvazione le parole pronunciate da Pio IX nel settembre 1938 nel corso di un’udienza concessa ai direttori dell’Agenzia Cattolica per la radio belga, prendendo spunto dalle parole sacrificium Patriarchae nostri Abrahae del canone della Messa. Ecco come Maritain cita, traducendole in inglese le dichiarazioni di Pio XI: «Notice that Abraham is called our Patriarch, our ancestor. Antisemitism is incompatible with the thought and sublime reality expressed in this text. It is a movement in which we Christians can have no part whatsoever […] Antisemitism is unacceptable. Spiritually we are Semites». Maritain commenta poi: «Parole più forti contro non sono state pronunciate da un cristiano contro l’antisemitismo, e questo cristiano è il successore dell’apostolo Pietro».38 Maritain trova in queste parole di Papa Ratti un’insperata, e massimamente autorevole conferma alle sue tesi; per poter usare a proprio vantaggio questa dichiarazione pontificia però il filosofo decise di espungere un passo, che in una citazione per il resto in extenso, risulta omessa. Il Papa aveva dichiarato:
no, non è possibile per i cristiani essere partecipi dell’antisemitismo. Noi riconosciamo a chiunque il diritto di difendersi, di procurarsi i mezzi per proteggersi da tutto ciò che minaccia i suoi legittimi interessi, ma l’antisemitismo è inaccettabile. Spiritualmente noi siamo semiti.39
Maritain è qui determinato ad utilizzare per la propria causa la dichiarazione di Pio IX, ma per poterlo fare con la massima efficacia deve mutilare la frase alterarandone il senso complessivo.
Queste tesi, anche se salutate con entusiasmo da alcuni intellettuali soprattutto in Francia e negli Stati Uniti, non furono certamente ben accolte in molti ambiti cattolici. Al di là dei molti attacchi ad hominem o ad personam, simili a quelli ricevuti sulla questione della guerra di Spagna, il filosofo dovette anche rispondere a dure critiche lanciate da parte del mondo accademico cattolico. L’attacco teologicamente e filosoficamente più diretto e pericoloso gli venne da Marcel de Corte, dell’univerità di Liegi, che all’argomento dedicò uno scritto, Jacques Maritain et la ‘question juive’, pubblicato il 17 marzo 1939 su La Revue catholique des idées et des faits. Pacato nei toni, addirittura omaggiante la figura di Maritain sotto il profilo personale e umano, il saggio era nei contenuti molto aggressivo. L’autore negava che Israele potesse essere considerato teologicamente un «mistero» in senso proprio, e rimproverava a Maritain di usare impropriamente il termine: in questo contesto la parola mistero «non ha assolutamente il significato che detiene nell’economia generale del dogma cristiano […]. Il mistero degli ebrei è un mistero temporale e accidentale, non è un mistero spirituale e sostanziale».40 De Corte criticava poi aspramente la «confusione» nel modo in cui Maritain trattava «tutta una concezione della filosofia della storia, tutta un’interpretazione, essenziale per una filosofia cattolica, dei rapporti tra il temporale e lo spirituale, tra la natura e la grazia».41 Secondo l’autore, Maritain aveva gravemente torto nel considerare unicamente la dimensione teologica della presenza degli ebrei nel mondo, perché, sotto questo punto di vista, «l’aspetto economico e politico prevale nettamente sull’aspetto religioso». Gli ebrei costituiscono effettivamente un rischio e una minaccia per la società cristiana a causa delle loro «determinazioni specifiche: razionalismo, iperintellettualismo, atrofia del senso concreto unito ad un senso acuto dei propri interessi, arrivismo, attivismo, gusto degli affari e dell’intrigo, disprezzo dell’organico e del vitale».42
Infine si difendeva come non tacciabile di antisemitismo la dottrina tradizionale della Chiesa sulla posizione da assegnare agli ebrei all’interno della società cristiana:
Vi è una distinzione essenziale all’interno dell’antisemitismo, condannato dalla morale e dalla Chiesa, e l’elaborazione di uno statuto giuridico che isoli gli ebrei dallo Stato dove si trovano ospiti e dove devono svolgere il ruolo di ospiti. Il popolo cristiano non deve odiare gli ebrei, ma se ne deve guardare, senza ostilità ma senza debolezza.43
Alcuni mesi dopo, Maritain rispose con un lungo articolo che si intitolava polemicamente Réponse à quelqu’un dont j’ai oublié le nome (Encore Le mystére d’Israël), pubblicato sulla rivista La Question d’Israël. Alle critiche di de Corte Maritain oppone una serie di argomentazioni serrate. Non nomina neppure il suo interlocutore, che chiama semplicemente Untel (Un tale), e ribadisce che, da un punto di vista cattolico, la questione ebraica è soprattutto, (anche non esclusivamente come imputatogli) un questione di ordine teologico e soprannaturale. È quindi inaccettabile il tentativo di trattare la questione ebraica sganciandola dalla sua dimensione religiosa, o dichiarando la preminenza, in essa di fattori politici ed economici:
Questa è una formula Maurassiana, non una formula cattolica. […] La natura ha la propria realtà propria, la propria dignità, le proprie finalità: non è un assoluto; distinta dalla grazia, essa non ne è né separata nè indipendente.44
Maritain difende poi la sua lettura di San Paolo, in cui l’apostolo rivela che malgrado la sua ribellione «Israele è sempre amato come popolo eletto» e precisa che de Corte erra gravemente nel minimizzare il significato della parola «mistero» applicata da San Paolo a Israele: «il mistero degli ebrei non è qualcosa che riguardi la vita divina in se stessa, come il mistero della Redenzione, ma si rapporta in modo essenziale a questo mistero, così come al mistero ‘spirituale e sostanziale’della voce del Padre accolta o rifiutata dall’essere umano quando essa chiama -nel tempo- alla fede nel Figlio Incarnato. Essa appartiene allo stesso ordine generale».45 Si viene poi alla parte in cui de Corte cerca di difendere, giustificare e riproporre la tradizione ecclesiastica dell’istituzione dei ghetti e delle misure d’eccezione:
M. Untel ‘non è un antisemita’, almeno nel senso che non è un partigiano né dei pogrom né dei campi di concentramento né degli odi selvaggi del razzismo militante, e raccomanda riguardo agli ebrei la carità individuale. Ma è un partigiano del regime del ghetto (isolamento degli ebrei e rifiuto per loro della completa eguaglianza dei diritti), e raccomanda per loro una severità collettiva che li escluda dalla qualità di cittadini e li faccia cosiderare degli ‘ospiti’. Come se la regressione ad uno stato concepibile solamente (e con quale sequela di abusi e iniquità) in un regime feduale dove l’unità religiosa sia la base della vita politica, in un regime di civiltà come la nostra si possa realizzare altrimenti che creando delle abiette categorie razziali, e possa essere altro che un processo di imbarbarimento.46
Sappiamo che vi sono molte specie di antisemitismo, dalla frenesia razzista al semplice desiderio […] di sbarazzarsi di abili concorrenti, o un’avversione verso elementi allogeni che può provenire da passioni più nobili, o ai tentativi di giustificazione del disprezzo di cui l’invenzione ‘di una seconda natura propria alla réprobation’è un esempio […] se vi sono degli antisemitismi meno malvagi di altri, non ve nè nessuno che sia buono.47
Proporre legislazioni speciali contro gli ebrei utilizzando una «teologia da bric-à-brac» - nota Maritain - «farà piacere a Julius Streicher, e l’incoraggerà alle sue imprese».48 Il saggio si conclude con l denuncia della pericolosità oggettiva e l’irreponsabilità morale e politica di tutti coloro che, in un momento in cui in Europa i regimi totalitari sono all’opera, continuano a proporre inaccettabili pregiudizi.
Il solo realismo che conviene, non dico solamente ad un cristiano, dico a tutti gli uomini ancora dotati di un sentimento naturale di caritas humani generis, è quello di non dire una parola, di non scrivere una frase che rischino di servire da scusa agli odi degradanti, e di ritrovarsi un giorno cariche del sangue o della disperazione delle creature di Dio.49
Con questo saggio il percorso trasformativo intrapreso da Maritain nella sua riflessione su ebraismo e antisemitismo giunge alla sua fase culminante. Il discepolo di Bloy, passato attraverso l’ambigua e poi ripudiata esperienza di connivenza con Maurras e l’Action Française, è in pochi anni riuscito a sviluppare, a partire dall’intuizione centrale del suo padrino spirituale secondo cui il mistero d’Israele è una questione unicamente religiosa e teologica, una serie di idee delienanti, per il Cattolicesimo, una rivoluzione epocale nel modo di intendere i propri rappporti con l’ebraismo, di rapportarsi alla propria storia, e di affrontare le sfide poste dall’antisemitismo moderno nell’età dei totalitarismi.
[II. Continua]
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Non lasciano adito a dubbi, sull’orientamento della Santa Sede, gli articoli pubblicati nel corso del 1937 sulla Civiltà Cattolica: «Cause prossime dell’insurrezione nazionale spagnola» (1937, vol. I); «Cause remote del comunismo spagnolo» (1937, vol. I); «Il martirio della Spagna e la lettera collettiva dei suoi vescovi», (1937, vol. IV). Significativo è anche il discorso con cui Pio XI accolse 3000 legionari spagnoli l’ 11 giugno 1939. Vedi Civiltà Cattolica, 1939, vol. II pp. 87-88. ↩︎
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La Croix, 8 maggio 1937. Il Manifesto fu poi ripubblicato da Sept e Esprit, rispettivamente il 14 maggio e 1 giugno 1937. Tra i firmatari compariva anche il nome di Don Luigi Sturzo. Particolarmente interessante è l’articolo di Maritain apparso in lingua sul Commonweal in lingua inglese (War and the bombardment of the Cities). Cfr. Il testo francese originale: La guerre et le bombardament des villes: «Quando con il pretesto della guerra totale si sarà […] onorato e glorificato l’assassinio nel mondo si vedrà che ci sarà la pace, la pace anch’essa totale, la pace dei grandi cimiteri di Stato». Sta in Jacques et Raïssa Maritain, Œuvres Complètes, cit., vol VI, p. 1171. ↩︎
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Esprit, n. 5, 1 luglio 1937, p. 648. In proposito vedi B. E. Doering, Jacques Maritain and the French Catholic Intellectuals, cit., pp. 96-100. ↩︎
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J. Maritain, «De la guerre sainte», La Nouvelle Revue Française, pp. 22-32. L’articolo fu poi ristampato come prefazione al libro di Alfred Mendizabal, Aux Origines d’une Tragédie. Paris, Desclée de Brouwer, 1937, pp. 7-56. ↩︎
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J. Maritain, Carnet de notes, sta in: Jacques et Raïssa Maritain, Œuvres Complètes cit., vol. XII, p. 338. ↩︎
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Per un’ analisi delle accuse rivolte a Maritain v. Jean-Luc Barré. Jacques and Raïssa Maritain, Beggars for Heaven. Notre Dame IN, Notre Dame University Press 2003, pp. 327-336. ↩︎
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Per il testo del discorso v. M. Bressolette, «Jacques Maritain et la guerre civile en Espagne», Cahiers Jacques Maritain, 9 (aprile 1984), pp. 44-45. Maritain rispose con una breve intervista, «Les attacques de M. Serrano Suñer «pubblicata su Temps Présent, 2, n. 35 (1 luglio 1938). ↩︎
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«An Interview with Jacques Maritain», The Commonweal, XXIX, n, 15, 3 febbraio 1939, pp. 398-402. Il testo fu pubblicato in traduzione in lingua inglese. Il testo orginale francese sta in: Jacques et Raïssa Maritain, Œuvres Complètes, cit., vol. VII. pp. 1086-1096. Per il passo citato v. pp. 1086-1087. ↩︎
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J. Maritain, L’impossible antisémitisme, sta in: Daniel-Rops (a cura di), Les Juifs, Paris, Plon, 1937. Il testo viene citato da: J. Maritain, L’impossible antisémitisme cit., p. 72. Il corsivo è nel testo. ↩︎
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Ivi, pp. 72-73. ↩︎
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V. in particolare: Civiltà Cattolica, «La dottrina della razza impugnata da un acattolico», 1936, vol. II, pp. 68 e ss.; «La questione giudaica e il sionismo», 1937, vol II, p. 420 e ss.; «La questione giudaica e le conversioni», 1937, vol. II, pp. 502 e ss.; «La questione giudaica e l’apostolato», 1937, vol. III, pp. 32 e ss. ↩︎
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J. Maritain, L’impossible antisémitism, cit., p. 73. ↩︎
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Ivi, pp. 73-74. Si tratta di un’affermazione importante: il termine mistero (dal greco mysterion, da myein, «chiudere», equivalente dell’ebraico sôd, “segreto”) ha in questo contesto un senso tecnico ben preciso: nella teologica cattolica e tomista: il mistero è «una verità rivelata che sorpassa i poteri della ragione naturale […] una verità soprannaturale la cui natura si trova al di là dell’intelligenza finita». The Catholic Encyclopedia, 1917, sub vocem Mystery. ↩︎
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J. Maritain, L’impossible antisémitisme, cit., p. 74. ↩︎
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Ivi, p. 75. ↩︎
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Ivi, p. 96. ↩︎
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Ivi, p. 97. ↩︎
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Ivi, p. 100. ↩︎
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Ivi, p. 101. Cfr. infra: «Si dimentica o piuttosto non si vuole sapere che Dio nostro fatto uomo è un ebreo, l’ebreo per eccellenza in natura, il Leone di Giuda». ↩︎
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J. Maritain, Les Juifs parmi les nations, sta in: J. Maritain, L’impossible antisémitisme, cit., p. 116. ↩︎
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Ivi, p. 117. ↩︎
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Ivi, p. 122. ↩︎
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Ivi, pp. 137-138. ↩︎
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Ivi. pp. 138-140. ↩︎
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Ivi, p. 122. ↩︎
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Questa posizione fu espressa con particolare chiarezza negli anni ’30 alla voce Antisemitismus nell’autorevole Lexicon für Theologie un Kirche curata da Gustav Gundlach SJ. «Antisemitismo: un movimento moderno che vuole combattere il giudaismo politicamente ed economicamente. Si possono distinguere due tendenze dell’antisemitismo, una nazionale e politico-razziale, l’altra politico-statalista. […]. La prima tendenza dell’antisemitismo non è cristiana. […]. La seconda tendenza è permessa dal momento che combatte, con mezzi morali e legali, un’ influenza realmente nefastadella parte ebraica della popolazione nel campo dell’economia, della politica, del teatro, del cinema, della stampa, della scienza e dell’arte […]». Lexicon für Theologie un Kirche. Freiburg-Breisgau, 1930, vol. I, pp. 504-505. ↩︎
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Per una testimoniana oculare della conferenza v. Helen Iswolski, Light before Dusk: A Russian Catholic in France, 1923-1941. New York, NY, Longman-Green, 1942. ↩︎
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Cit. in B. E. Doering, Jacques Maritain and the French Catholic Intellectuals, cit., p. 156. Sul rapporto tra Maritain e Mauriac vedi A. Seallies, «Jacques Maritain et François Mauriac ou les adventures de la grace», Notes et Documents, 28, (luglio-settembre 1982). ↩︎
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Anche Jorge Bernanos, totalmente incapace di rinunciare alla venerazione nutrita per Drumont e il suo antisemitismo politico, attaccò il suo amico, deplorando i suoi «effeminati sogni ad occhi aperti riguardo gli ebrei». Per la reazione di Gide e la seguente polemica tra lui e Maritain v. in particolare l’analisi di B.E. Doering, Jacques Maritian and the French Catholic Intellectuals, cit., pp. 151-155. ↩︎
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L. Rebaret, «Juifs et catholiques», Je su partout (n. 384), 1 aprile 1938. Cit. in P. Vidal- Nacquet, Jacques Maritain et les Juifs. Réflexions sur un parcours, sta in: J. Maritain, L’impossible antisémitisme op. cit., pp. 47-48. ↩︎
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Lettera pubblicata sui Cahiers Jacques Maritain, «Le Centenaire de Raïssa» n. 7-8, settembre 1938. ↩︎
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E. Lévinas, «L’essence spirituelle de l’antisémitisme d’après Jacques Maritain», Paix et Droit, maggio 1938. Sta in J. Maritain, L’impossible antisémitisme, cit., p. 178. ↩︎
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Ibidem. ↩︎
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V. Taradel - B. Raggi, La segregazione amichevole. La Civiltà Cattolica e la questione ebraica 1850-1945, cit. pp. 72-77. ↩︎
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V. Taradel - B. Raggi, Ivi, pp. 129 e ss. ↩︎
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J. Maritain, Antisemitism. London, G. Bles - The Centenary Press, 1939, p. 26. ↩︎
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Ivi, p. 27. ↩︎
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Ibidem. ↩︎
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La Documentation catholique, XX, T. 39, n. 855, 5 dicembre 1938. Il corsivo è dell’autore. Il testo del discorso non fu pubblicato né dall’Osservatore Romano né dalla Civiltà Cattolica. ↩︎
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M. De Corte, «Jacques Maritain et la question juive», La Revue catholique des idées et des faits. Liège, 17 marzo 1939. Sta in: J. Maritain, L’impossible antisémitisme . cit., p. 189. ↩︎
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Ivi, p. 193 ↩︎
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Ibidem. ↩︎
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Ivi, p. 194. ↩︎
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J. Maritain, «Réponse à quelqu’ un dont j’ai oublié le nome (encore Le mystére d’Israël)», La Question d’Israël, 1 luglio 1939. Il testo fu poi pubblicato in lingua inglese come VII capitolo del libro Ransoming the Time. New York: Scribner’s, 1941. Sta Jacques et Raïssa Maritain, Œuvres Complètes, cit., vol. XII, p. 560. ↩︎
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Ivi, p. 569. ↩︎
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Ivi, p. 571. ↩︎
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Ivi, p. 573. ↩︎
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Ivi, p. 571. ↩︎
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Ivi, p. 574. ↩︎