Luca Bertolino, Il nulla e la filosofia. Idealismo critico ed esperienza religiosa in Franz Rosenzweig, Trauben, Torino 2005.
Questa ricerca di Luca Bertolino, dottore in filosofia ed ermeneutica presso l’Università degli Studi di Torino, pubblicata sotto l’egida del Centro Studi Luigi Pareyson, cattura l’attenzione in primis per l’eccezionale portata della sua idea di fondo, ben espressa dall’autore nell’introduzione, ovvero quella di interpretare la categoria del nulla della tradizione filosofica impiegando come reagente niente di meno che La stella della Redenzione, notevole opera del pensatore ebreo-tedesco Franz Rosenzweig. Un tentativo ragguardevole oltre che ben riuscito, dato che contribuisce a collocare pienamente nell’alveo della filosofia ciò che per troppo tempo e a torto è stato considerato uno scritto strettamente inerente a questioni della tradizione ebraica. Anzi, si evidenzia, qui, la portata critica dell’ebraismo quanto alle istanze della riflessione contemporanea, nonché quella dell’esperienza religiosa, la quale fornisce un campo aperto di interpretazione tanto della fatticità quanto della realtà della vita.
L’opera di Bertolino deve essere, inoltre, segnalata per l’ampia e ragionata bibliografia che denota un interesse via via crescente nei riguardi del filosofo di Kassel, la cui presenza è ravvisabile in tanti esponenti del pensiero contemporaneo, da Buber a Levinas, ad Ebner, i quali hanno seguito il suo prezioso retaggio formulando un pensiero capace di fare i conti con la Rivelazione ebraico-biblica e di mostrarne tanto l’universalità quanto la pregnanza filosofica.
Tuttavia, è il concetto di nulla che merita di essere valutato in tutta la sua fecondità e l’autore ha il merito di ricostruirlo con grande perizia tanto dal punto di vista storiografico che da quello teoretico.
Quanto alla dimensione storiografica, Bertolino pone in luce come l’idea del nulla, nel senso del calcolo differenziale di Cohen, noto esponente della Scuola di Marburgo ammirato da Rosenzweig, fornisca una nuova ipotesi di lavoro dato che esso non può e non deve più considerarsi in opposizione al Tutto, quanto — al contrario — in termini di relazione al qualcosa. È dunque il nulla di qualcosa il cuneo critico che Rosenzweig conficca nell’altera tradizione filosofica dalla Ionia a Jena, di cui Hegel rappresenta l’apice. Come giustamente osserva l’autore, tale nihil ha un’accezione positiva e può essere ricondotto al ruolo che la morte assume nella Stella in quanto demistificazione di una filosofia come prodotto dell’intelletto inerte per giungere ad una filosofia che riporti la vita al centro del proprio indagare; non solo, se ne deve anche recuperare la dimensione ontologica.
Tuttavia l’intera portata della ricerca non si può comprendere se non tenendo presente che Rosenzweig si pone alla confluenza di un’altra grande tradizione che attiene alla cultura filosofica ebraica, quella cabalistico-mistica che presuppone il nulla e la morte nella loro finitudine aperta alla Rivelazione del Tu divino, quanto basta per spezzare il sistema totalitario del vecchio pensiero e proporne uno nuovo, per l’appunto il Nuovo Pensiero di Franz Rosenzweig, contrassegnato dalla Rivelazione in quanto accadere del tempo nel linguaggio e nelle parole umane.
Proprio tale idea di Rivelazione intesa come orientamento e relazione permette di evidenziare come si tratti di un nulla concreto, particolare e non astratto e generale quale quello della filosofia totalitaria, quel nulla che si identifica in ultima analisi con la creaturalità nella quale faccia breccia l’appello creatore. Ecco dunque la confluenza da un lato con la filosofia dell’esistenza, la cui fatticità consiste nella traducibilità nella vita dell’uomo di problemi filosofici e teologici e dall’altro con l’ermeneutica dell’esperienza religiosa, che permette di pensare l’evento accaduto della Rivelazione come quello Sprachereignis (evento linguistico e performativo del reale) che accade oggi in un topos spazio-temporale nella relazione fra Dio e l’uomo e nell’invio storico dell’uomo al mondo sancito dallo stesso comandamento dell’amore.
Da questo punto di vista l’idea della contrazione divina, tipica della Cabbala (lo tzim-tzum) avvenuta per lasciare alla creatura, partner della Creazione così come della Rivelazione, lo spazio della corrispondenza e della responsabilità nel mondo diventa speculare all’idea di morte e di finitudine che contrassegna fenomenologicamente la riflessione filosofica e che esclude ogni battuta in ritirata. La stessa Rivelazione che rinnova la Creazione ed è, ad un tempo, sostenuta dalla Redenzione, come inveramento di Dio e dell’uomo nel mondo redento, non implica più una categoria strettamente legata alla religione, termine che, per altro, Rosenzweig non impiegherà mai quanto invece una coordinata esistenziale che orienta il pensiero e lo conduce sulla soglia di quella stessa alterità ad esso intima ed insieme eccedente, quella della Verità che è sempre Vivens et loquens persona.
Ecco dunque che l’idea del nulla non è sic et simpliciter mero ens rationis, né tanto meno ni-ente; essa costituisce lo stesso orientamento nel campo aperto del reale che permette alla filosofia di esperire la sua stessa vitalità facendosi narratio della Verità vissuta.