Polvere di stelle. Vita, idealismo e politica nella nascita dell’URSS: attraverso le considerazioni di Bogdanov e Florenskij circa «materia» e «forma»

Perciò «la viva luce delle stelle» è il seme, è l’aspetto, la specie o l’idea trasferita dalla terra al cielo. Le idee sono i «semi delle forze della natura», «le stelle spirituali

— Pavel Aleksandrovic Florenskij, Il significato dell’ìdealismo

Il sole è diventato rosso per il fumo degli incendi e per i colpi di cannone. Ai nostri occhi non è di cattivo augurio, ma terribile e gioioso. Nell’anima risuona una canzone di guerra, un canto di vittoria.

— Aleksandr Bogdanov, La stella rossa

1. Introduzione

Bogdanov e Florenskij due intellettuali diversi, contemporanei, ma opposti sul piano ideologico, non però su quello epistemologico, dati i sorprendenti motivi ricorrenti nel pensiero di entrambi. Accomunati da una tragica fine e da una testimonianza audace di ciò che significhi fare scienza e cultura, morendo per testimoniare un credo sia laico che religioso nell’epoca dello stalinismo, rappresentano due figure fondamentali per comprendere la natura del pensiero russo novecentesco e in particolar modo l’atteggiamento nei riguardi della scienza, in cui un Leitmotiv costante è quell’ingegnosità commista al richiamo alla tradizione che ha costituito una forma mentis ibrida, se non «futurista».

Il terrore staliniano li avrebbe messi a tacere. Bogdanov, uno dei fautori della Rivoluzione, pose termine alla sua vita con un esperimento di trasfusione; si ritiene che lo avesse fatto per evitare le incipienti purghe. Florenskij, invece, lontano dagli ideali della Rivoluzione, Pope ortodosso, pur avendo avuto la possibilità di emigrare decise di rimanere nel suo paese per stare vicino alla suo popolo, compreso come plebs dei.

Aleksander Malinowskij alias Aleksander Bogdanov (1873-1928) fu all’inizio populista, ma aderì convintamente alla componente bolscevica del partito socialdemocratico russo, pur con una sua specifica eresia: in quanto seguace di Ernst Mach1 e dunque ecclettico, per questo eretico. Studiò medicina e la sua teoria universale dell’organizzazione pervenne a risultati fondamentali, prossimi a quelli della cibernetica di Norbert Wiener o alla teoria dei sistemi di Ludwig von Bertalanffy, proprio sulla base di nozioni fisiologiche.

Pavel Florenskij (1882-1937) teologo e sacerdote, seguì invece l’Ortodossia, pur con le sue personali aperture, essendo stato matematico, ingegnere, naturalista: mistico, ma aperto alla sapienza del mondo, alla tecnica ha auspicato, scontrandosi anche con le autorità ecclesiastiche, ampie riforme sociali, incruente2 e ricomprese all’interno di un umanesimo a cui stava dando lentamente corpo: con la sua antropodicea in una funzione escatologica e nel contempo ecumenica.

C’è di più ad accomunare questi due eminenti intellettuali, così diversi, vi fu la vicinanza al cosmismo di Vernadskij, il vero ispiratore di Tehilard de Chardin, oltre che un’attenzione al ruolo dell’organizzazione nei sistemi complessi. Nel primo una fede nella redenzione della scienza nel solco, fino ad un certo punto, del leninismo, ma con un privilegio per Ernst Mach, nel secondo invece un’adesione alla sophiologia, tendenza spirituale ortodossa, per cui la stessa sapienza umana concorrerebbe al bene e alla costituzione di un ordine insieme naturale e spirituale.

Il vero motore dello sviluppo della scienza, motivo di interesse primario per Bogdanov, è il conflitto tra formale e concettuale che è poi la perenne aporia epistemologica e fondazionale che da Kant in poi ha accompagnato il pensiero moderno, in una riedizione dei paradossi di Zenone: ovvero l’aporia concernente il nesso continuo-discreto. Come, può, infatti, la teoria trasformarsi opportunamente in prassi così che il continuo della storia possa procedere in una direzione specifica, valida e determinata, tale da portare al fine previsto e all’inveramento di un concetto astratto e ideale, ma non per questo soggettivo? La scienza, diversamente dalla concezione borghese, per Bogdanov, non deve separare lavoro e speculazione, prassi e teoria: la stessa conoscenza è lavoro, azione ed è determinante per poter realizzare una svolta.

La stessa struttura del nostro pensiero, il nostro linguaggio in base alla dialettica materialista nella versione di Lenin sarebbero frutto di una medesima matrice, hanno il medesimo radicamento in una totalità che le presuppone: la materia che è, inoltre, prioritaria rispetto al pensiero: lo precede ed è basica in questa economia di idee dal momento perché fonda le stesse categorie soggettive.

Florenskij aveva avuto ben altro maestro, Vladimir Solovev, che sviluppò, soprendentemente un’ antropodicea, cosa inedita rispetto alla canonica teodicea, un esercizio teologico raffinato volto a collocare l’uomo nel cosmo, nell’attesa della seconda venuta di Cristo. Solovev, considerato dalla propaganda sovietica come autore di successo in un momento di recupero dell’ideologia capitalista successivo alla rivoluzione del 1905 era annoverato tra i reazionari per la sua mistica e il soggettivismo che portava con sé, inoltre, l’idealismo, vero nemico del popolo per gli standard leninisti faceva di lui un autore politicamente scorretto e tendenzioso. Florenskij, uomo di scienza in matematica, con una tesi dal titolo Sulle caratteristiche delle curve piane come luoghi di violazione del principio di discontinuità, preferì occuparsi di teologia che godere della libera docenza.

2. Materia e forma

2.1. Dialettica e filosofia classica tedesca

Per enunciare i rapporti tra materia e forma nel pensiero di Florenskij e di Bogdanov, rapporti speculari e talvola convergenti e offrire così uno spaccato del pensiero russo fino ai primi anni ’30, è opportuno decifrare il significato dell’idealismo del primo e del materialismo del secondo, in modo che sia così possibile comprendere il pensiero di ciascuno in riferimento all’atto e alla potenza, così da tratteggiare quei nessi tra legge e pensiero che tanto hanno caratterizzato l’ascendenza hegeliana dell’hegelo-marxismo di Bogdanov e di certune teorie di Florenskij, in realtà più vicine a Schelling e a Goethe, ma pur sempre con ampie risonanze provenienti dal pensiero del filosofo di Stoccarda per vari riferimenti ad una teleologia concreta nei fenomeni.

Florenskij muoveva dalla filosofia della vita romantica e neo-romantica che tanto si era pronunciata sul rapporto tra Gestalt e Buildung, sul loro nesso e la propria intrinseca diversità: sulla forma come schema e a priori, ma pure come classe3 e la forma vivente, forma materiata, natura naturante. Una forma che è in atto in una entelecheia, si potrebbe dire con Aristotele, che però è pure successione di infinitesimi, una forma continua che è somma infinita di monadi, il microcosmo, in un «furore» bruniano è concepito come riflesso del macrocosmo. È così abbozzata già negli scritti naturalistici, uno schema di livelli di realtà, una struttura in divenire come evento ed emergenza.

Per Florenskij la forma è la realtà, la struttura basica della totalità dei fenomeni, però non è forma astratta presente in un topos iperuranios è immanente ai fenomeni: essa è forma concreta in divenire, forma che è relazione, struttura cardine dei fenomeni.

Sull’altro versante il materialismo dialettico, inverando un certo spinozismo, affermava l’impossibilità di conoscere la res cogitans al di fuori della res extensa, è nell’extra-coscienzialità il fondamento dell’essenza della coscienza e del pensiero.4 Eco… .

Queste prese di posizione di Bogdanov trovano un pendant in Florenskij nello scritto dal titolo L’incarnazione della forma, questi affermava che «l’uomo è parte del mondo, ma allo stesso tempo egli è complesso tanto quanto lo è il mondo. Il mondo è parte dell’uomo, ma anche il mondo è complesso tanto quanto lo è l’uomo». Florenskij è un attento osservatore della natura, della materia in cui vede radicate le stesse leggi divine, come peraltro scriverà Tehilard de Chardin che da paleontologo muoveva dal geologo Vernadskiij, ispiratore dello stesso Florenskij, per la partizione in geosfera, biosfera e noosfera, una tripartizione entro cui si colloca una dialettica della natura alla Schelling, (che pure di Engels fu maestro e ispiratore).

Il punto ora è cercare di confrontare l’impostazione materialistica di Bogdanov, purtuttavia già olistica e meno radicata nel dogma della DiaMat, con le argomentazioni di Florenskij che ricomprendono la natura nel suo essere evento, ma in un’accezione anche spirituale, proprio per l’idealismo che propose, ben diverso peraltro da quello della filosofia trascendentale tedesca, nel rifuggire qualsiasi immanentismo. La stessa natura naturans sarebbe rivelatrice di un’esistenza ulteriore rispetto a quella sostanziale e pone di fronte ad una relazione intrinseca che si apre all’assoluto e al trascendente, una relazione che si fonda, come affermava Solovev, su un legame di amore: agape.5 Certamente anche Florenskij affermerebbe che l’essenza6 è meno comprensiva della realtà in atto e in processo, della storia universale della natura. C’è difatti un’interrelazione essenziale tra uomo e natura, che ricomprenda la stessa noosfera come affermava Vernadskiij.

2.2. Produzione e organizzazione

La trascendenza in Florenskij è anche trascendenza storica: il corpo è sempre oltre sé stesso, si esibisce in un’estetica, che è estetica dell’atto e del fare, del poiein, c’è una gerarchia simbolica all’interno del fenomeno umano per Florenskij, che comprende il nesso tra Anima, Corpo e Immagine.7 Già ne La prospettiva rovesciata, a proposito delle opere d’arte, Florenskij affermò che l’archetipo si incarna e che la stessa nozione di prospettiva, storicamente, è ricavata dal Teatro, la cui radice deriva dal verbo greco theorein, vedere-contemplare. L’intera avventura della conoscenza sarebbe, con ciò, uno spettacolo e uno sviluppo dei nostri organi di senso nonché della nostra conoscenza, una proiezione di questi, una sorta di spirito oggettivo, un verbo che si incarna e diviene realtà materiale negli strumenti scientifici. C’è dunque una organo-proiezione del corpo, quale si compie con la tecnica che non fa altro che potenziare i sensi e le possibilità dell’uomo.

Bogdanov, per parte sua, in Tektologia affermava che con l’evoluzione si fosse raggiunto un livello di organizzazione tale da permettere un’organizzazione prestante ed efficace del percetto visivo. Questo nesso tra corpo e anima, tra visibile e invisibile, e potremmo dire tra materia e forma, si dà e come affermava Florenskij: «nei meandri del corporeo c’è il mistero, che dietro il corporeo si cela ma che corporeo non è, e il corporeo del mistero non solo non cancella il mistero stesso, ma anzi in determinate occasioni può esserne a propria volta cancellato».8

Con questo Florenskij cerca una via sua personale che, attraverso la semiologia lo porti ad affermare un dato di realtà concreta: il nominalismo è difatti, il vero nemico della sua impostazione e ne riconosce la comparsa, con la negazione del concetto di classe nella filosofia occidentale sarebbe presto incorso il nominalismo. I simboli, hanno tutti, per Florenskij, un’emanazione dall’anima viva, portatrice di vita,9 sono sempre simboli dell’eterno, lo stesso simbolo sarebbe un segno poietico.

2.3. Tecnica e struttura

Impiegando un lessico propriamente matematico, riferentesi alla morfologia che lo stesso D’Arcy Thompson era andato sviluppando,10 Florenskij afferma: «per usare il linguaggio della biologia, diremo che con il simbolo si definisce la struttura macro- e microscopica dell’organo, e allo stesso tempo si fissa in via di principio la sua funzione».11 Costituendo una esegesi del termine concepire,12 sia riferendosi al tedesco Florenskij mostra come lo stesso atto di concepire si riferisca al con-cipere, che significa assimilare, rendere il simile al simile: ad similare: pertanto tutto ciò che è conoscibile è un nostro strumentario, una nostra proiezione. Davvero interessanti queste parole di Florenskij dal momento che rispondono a pieno a quesiti che con Heidegger saranno ribaditi più volte a proposito del nesso pensiero-tecnica: Heidegger ripeteva che non si pensa che con le mani, riferendosi al concetto di essere alla mano: Zurheindeit, detto ciò la stessa nozione di proiezione di Florenskij è analoga a quella di utilizzabile per Heidegger, dal momento che le cose, in quanto pragmata sono agite e sono proiezione dello stesso soggetto.

Il nostro corpo esperirebbe misticamente il mondo intero.13 E c’è un nesso tra le parti del mondo e gli organi del corpo, tra gli aspetti della vita corporea e le energie cosmiche: se tale legame non esistesse, non esisterebbero nemmeno le relative parti del mondo, né nella nostra percezione, né nel nostro pensiero, né nella nostra parola. Ma di ciò è convinto Bogdanov che vorrebbe esportare il socialismo reale su altri mondi, difatti, questi è un vivo sostenitore del cosmismo, che mutua da Vernandskj, una mistica da lui personalmente sposata insieme all’escatologia marxista.

Le possibili analogie non finiscono qui. Riferendoci al concetto di produzione, così importante per cogliere la machiana economia di pensiero presente nei due autori, è possibile studiare più da vicino il rapporto tra forma e materia. In riferimento alla produzione di nuovi enti in natura, Florenskij tiene conto di Giovanni Damasceno e afferma che la produzione non derivi dalla natura, ma dall’ipostasi di ogni singolo ente.14 Il genere non può essere empiricamente determinato, in quanto sarebbe al di là del visibile e non a caso Florenskij, in vari passaggi de Il significato dell’idealismo cita opere d’arte profilando un rapporto tra visibile e invisibile che è tipico de La prospettiva rovesciata o de Le porte regali.

Bogdanov, in qualità di materialista dialettico, non potrebbe essere affatto concorde con questa forma di idealismo, eppure, in Tektologia si pronunciava per una teoria dell’organizzazione in cui conti di più la forma di produzione e non, quindi, il processo materiale, era questa, a dire il vero, una sua personalissima eresia, peraltro resa oggetto di critica da Lenin nel celeberrimo pampleth Materialismo ed empiriocriticismo.

2.4. Ernst Mach, biologia e conoscenza

L’economia di idee che Mach propose nell’atmosfera della Vienna fin de siècle ebbe una risonanza inaspettata in Russia: Bogdanov era andato sviluppando una teoria della conoscenza e della spiegazione scientifica nel solco della dialettica materialista, ma pure di un’epistemologia evolutiva, in cui l’a-priori formale si sarebbe evoluto nel tempo, e non è tutto: il machismo di cui era esponente accordava alla conoscenza una forma di monismo. In un tale monismo c’è raccordo tra mente e materia, tra fenomeni psichici e materiali: processi mentali e materiali sono un’astrazione determinata dalla scelta convenzionale operata su questi dati di realtà in vista di rendere euristicamente valide delle ipotesi di ricerca.

Anche per Florenskij, con le debite premesse, l’impostazione di Mach è veritiera: vi è una «logica del vivente» una ragione immanente nell’azione umana: la ragione sarebbe tecnica in potenza e la tecnica è ragione in atto. Florenskij in uno scritto dal titolo L’incarnazione della forma, fa riferimento all’homo faber, ad un uomo che segue storicamente il dispiegarsi di una teleologia in cui si presenti un’economia di mezzi per il raggiungimento dei massimi risultati.15 Ancora una volta sorprendente il parallelo che si può fare con la nozione di lavoro che Bogdanov mutua dal leninismo recependolo in una sua personalissima interpretazione. È utile qui ricordare come lo stesso Florenskij studiò a fondo la «ragione economica», addirittura tenendo in debito conto il dibattito del materialismo storico e criticando con ciò i modelli prettamente meccanici, proprio sulla scorta di Ernst Mach.

Della ragione economica Bogdanov trattò in Tettologia, saggi di scienza dell’organizzazione, entro cui si comprendeva come il metodo stesso abbia una funzione organizzatrice e performi nuove varietà di strutture e forme. La stessa vita e la stessa morte vanno comprese all’interno di una teoria dell’organizzazione entro cui, l’organismo medesimo performi dei metodi per potersi adattare e per poter sopravvivere: «La specializzazione in sé generò la divergenza dei metodi».16

Allo stesso modo Bogdanov enunciando il principio di minima azione, l’effetto farfalla, quello per cui un battito d’ali di questo innocuo animaletto potrebbe scatenare un uragano dall’altra parte del pianeta, presente anche nel romanzo La stella rossa, viene prospettata la comprensione delle dinamiche sociali come dinamiche organiche. Nella tettologia di Bogdanov questo principio è conforme con quello riferentesi alla stabilizzazione di equilibri dinamici, fa dunque riferimento a quella che oggi viene denominata come «stabilità strutturale».17 «Le differenze aumentano dando origine a correlazioni strutturali sempre più stabili».18

Il machismo di Bogdanov venne descritto con toni caustici da Lenin proprio per questo accento sul ruolo della forma, su quello che può essere considerato come «pattern organizzativo», l’autore de La stella rossa, non sarebbe stato neppure marxista, a detta di Lenin, e avrebbe proposto, inoltre una filosofia della natura reazionaria in quanto non radicata nel materialismo. Quanto contava per Lenin era il recupero del soggettivo e dell’oggettivo nell’ambito di una filosofia della natura materialista in modo da superare la frattura tra soggetto e oggetto portando all’inveramento dello sviluppo storico della ragione: ossia il materialismo dialettico, in cui la coscienza di classe è l’unica coscienza possibile, quando invece, e qui si coglie il conflitto, l’essenza del machismo è ineludibilmente solipsistica e astratta dal reale corso degli eventi e con ciò legata ad un puro metodo che è combinazione di vissuti: Erleblenisse. Questo è un nodo importante per comprendere la stessa politica sovietica che si svilupperà man mano sino al periodo staliniano in cui l’attenzione per l’oggettività sarà sempre più marcata.19

Bogdanov ebbe modo di replicare al pampleth anti-machista di Lenin con uno scritto intitolato Materialismo e fede, entro cui ironicamente ricorda come per lo stesso Marx, lo stesso soggetto esperienziale sarebbe proprietario delle sue percezioni che osserva solo lui. Diventa allora importante comprendere come le analisi a proposito di materia e forma nonché quelle riferite al proprio mutamento, nell’ambito dell’economia di pensiero elaborata da Mach siano in conflitto con l’intellighentia che deve guidare il percorso rivoluzionario.

In questo paradigma si riprende Marx, per il quale sarebbe importante la legge del mutamento dei fenomeni come spiegazione apodittica ed autoevidente degli stessi,20 e questa spiegazione può essere recepita unicamente dall’avanguardia che deve educare alla rivoluzione, non vi è margine per metodi alternativi e convenzionalisti come quelli adottati, per esempio, da Bogdanov, le leggi della storia sarebbero scritte nel suo sviluppo materiale e non in una interpretazione convenzionale e arbitraria della stessa.

3. I segni e la storia

Per comprendere come andasse a configurarsi il ruolo dell’intellettuale negli anni immediatamente precedenti alla tragica fine di Bogdanov e Florenskij, occorre tenere in conto, il rapporto tra la classe rivoluzionaria e le leggi di mutamento storico e naturale. Leggi tradotte in parole come nel fantascientifico e utopistico viaggio su marte, (il pianeta rosso) nel romanzo La stella rossa del primo e nell’Itinerarium in mente ad Deum, proposto dal secondo ne La colonna e il fondamento della verità, in formule come nel caso della Tektologia di Malinowski alias Bogdanov e delle analisi di Florenskij sul continuo.

La Nep e gli stessi piani quinquennali di Stalin dovettero confrontarsi con le tesi di autorganizzazione di Bogdanov, si andava a comprendere come vi fosse un’organizzazione di leggi economiche stabili e coerenti, leggi reali: è questa una concezione che verte prevalentemente sulla produzione e sui rapporti di produzione visti come strutturali, una visione poco incline all’umanesimo e alla libera espressione del singolo. La verità si esibirebbe nella ragione immanente nei fenomeni materiali, nel differenziale della storia, espresso non più dalla progressiva azione rivoluzionaria dei Soviet, ma da un burocratico e centralizzato dirigismo che regoli e disciplini la stessa storia, modificando l’assetto produttivo, Bogdanov per quanto marginalizzato e per quanto «messo all’indice» (le repliche al saggio di Lenin Materialismo ed empiriocriticismo saranno pressoché ignote per trent’anni), fu al centro del dibattito per elaborare diverse strategie di sviluppo, che innescassero processi di crescita, magari mettendo da parte momentaneamente i principi del socialismo reale e concedendo dello spazio al capitalismo borghese.

Una figura come Florenskij su cui si aprivano dossiers per la sua attività controrivoluzionaria avrebbe avuto sempre meno spazio nella vita culturale, se non si fosse trattato però di un genio universale, che insegnò anche nelle università dell’Urss e che quando per la sua ostinazione ad andare vestito da Pope ortodosso finì in Gulag, continuò a servire il paese con le ricerche sul combustibile resistente al gelo perenne siberiano. Si potrebbe pensare che con la sua eliminazione avvenuta nel 1937 e resa nota alla famiglia solo negli anni ’80, si fosse per sempre cancellata una voce di dissenso, invece Florenskij fu ispiratore di una feconda scuola semiologica che muoveva sempre da Vernadskiij e che ha avuto Lotman tra i suoi esponenti più in vista: una scuola in dialogo con la cibernetica che Bogdanov aveva precorso e verso la quale nel periodo stalinista vi erano numerose riserve: il concetto di semiosfera che Lotman elaborò è frutto di una constatazione di reali leggi di produzione segnica materialmente presenti nei fenomeni compresi come sistemi che si autorganizzano o come organismi, diremmo con Bogdanov.

3.1. Il rapporto tra ideale e materiale

«Le forme e i rapporti delle cose in sé non possono essere tali, quali ci sembrano, vale a dire quali sono per noi, una volta «tradotti» nella nostra testa. Le nostre rappresentazioni sulle forme e sui rapporti delle cose non sono di più che geroglifici».21 Se dunque la traduzione dell’elemento materiale in quello ideale avviene per corrispondenza, l’uno e l’altro avranno lo stesso senso. La coscienza e la storia di classe consistono, per il marxismo orientale, nell’inveramento di questa relazione, dunque in una reciprocità, che fa della materialità una risorsa per la stessa lotta di conquista.

La verità dei fenomeni in una teleologia storica vede parte integrante della dialettica materialista il soggetto umano storico, che, con la sua stessa osservazione non compie il negarsi dell’oggetto, nel processo che ne svela la verità. Una verità compresa nella sua convergenza verso un asintoto, una verità che, infine, come affermavano i commentatori di Lenin vedesse la natura come specchio della conoscenza. Il Wesen, l’essenza, e lo Schau, il vedere, sono l’uno consustanziale all’altro: e sono entrambi oggettivi, non vanno scissi, sono compresi nella stessa dialettica che rivela l’essere della legge, l’essenza del fenomeno compresa come Wesen. Tale essenza è riduzione di una totalità manifesta e latente nei fenomeni. Le categorie dialettiche formano il contenuto del metodo, ma sono anche parte dell’oggetto e dell’analisi, sono con ciò nella cosa e nell’atto: la contraddizione diviene pertanto non un incidente nell’avventura della conoscenza, ma una risorsa in grado di aprire nuove strade. La logica formale con il suo principio di identità e di non contraddizione, astrae indebitamente dal contenuto scientifico in forme astratte e vuote.

In questo vi è molto de La scienza della logica di Hegel, si comprende quanto sia abbondante la realtà con il suo senso immanente che non la legge della storia con la sua fissità. Il simbolo è per sua natura, a livello epistemico-matematico, un gioco di varianze e covarianze che ponga in essere un equilibrio, una regolarità della natura, nella forma, indipendente da misure e mere quantità, ma strutturale.

Queste sono parole di un filosofo considerato idealista e in odore di spiritualismo. Ebbene, è sorprendente notare come siano affini a quelle dell’artefice della Rivoluzione Russa, ben lontano dal Pope ortodosso su ogni fronte: «L’unità della natura si svela nella «sorprendente analogia» delle equazioni differenziali, riportate ai diversi settori fenomenici».22 Ma pure in Bogdanov vi è molto de La scienza della logica di Hegel, dal momento che si comprende quanto sia abbondante la realtà con il suo senso immanente che non la legge della storia con la sua fissità. L’adagio hegeliano inerente alla legge della quantità che si trasforma in qualità, riecheggia in tutta la Tettologia, ed è espresso come ideale regolativo con cui interpretare le dinamiche organizzative della materia e dei fenomeni biologici e sociali.

Detto ciò, è doveroso ricordare una affinità nascosta, un divergente accordo, tra la prospettiva così religiosa e intrisa di mistica, di Florenskij e quella del verbo leninista, questi riteneva che il simbolo fosse per sua natura, a livello epistemico-matematico, un gioco di varianze e covarianze che ponesse in essere un equilibrio, una regolarità della natura, nella forma, indipendente da misure e mere quantità, ma appunto strutturale. I simboli, hanno tutti, per Florenskij, un’emanazione dall’anima viva, portatrice di vita, sono sempre simboli dell’eterno, lo stesso simbolo sarebbe un segno poietico.

Ma tornando alle biografie dei due intellettuali, si comprende come per Bogdanov la trascendenza in senso marxista si colori di tinte mistiche, quasi teurgiche: la sua mitizzazione del sangue che lo porterà ad aprire il primo centro mondiale di trasfusioni e che è stata centrale anche nel romanzo La stella rossa, è il motore di una nuova palingenesi di un’umanità affratellata, che scoprendo il principio divino nella materia riesca a divinizzarsi: è questa un’escatologia storica debitrice del cosmismo di Nikolai Fedorovic Fedorov, ispiratore oltre che Vernandskj, anche di Tolstoj e di Dostoevskij per molte tesi di filosofia della storia. Difatti Tolstoj si ispirò a questo corso di idee in Resurrezione, e comunque in tutta la sua opera laddove emerge una nozione di redenzione laica, un messianesimo umanitario che porti alla nascita di un uomo nuovo.

L’uomo nuovo di Bogdanov rinasce dal sangue della rivoluzione, dunque anche dalla violenza foriera di una nuova palingenesi storica. Florenskij credeva in un’altra forma di redenzione, che viene invece dall’alto, ma non per questo non si confronta con la materialità di questo mondo, con le attese di cambiamento e con le esigenze dei tempi e della storia. Il rapporto tra natura e grazia è andato compromettendosi, secondo il Pope ortodosso, e solo con una comprensione opportuna della sapienza del mondo, della sophia sarebbe possibile collaborare con gli uomini di buona volontà per non far smarrire al mondo la luce divina.

Per Florenskij questo mondo si rivela in un’estetica del bene e del mistero nell’accezione di Blaise Pascal, lo stesso cielo rimanda ad un progetto divino si direbbe con Dostoevskij, nella sua antropodicea, come pure nei suoi studi scientifici, ma principalmente con la testimonianza sino al martirio: Florenskij non fa che chiedersi: «Quale bellezza salverà il mondo? »


  1. Nel celebre pamphlet contro il machismo Lenin si rivolse contro di lui. ↩︎

  2. A questo proposito si può leggere il sermone di P. A. Floresnkij Il grido del sangue, uno scritto contro la pena di morte. ↩︎

  3. La nozione di classe è fondamentale per Florenskij, dal momento che ritorna nel suo studio della teoria di Cantor, ed inoltre come discrimine per fondare una teoria della conoscenza marcatamente realista. ↩︎

  4. Florenskij afferma concetti simili, riferendosi ai Frammenti di Novalis. ↩︎

  5. L’agapismo sarà al centro anche del pensiero di C.S. Peirce e di Stéphane Lupasco, in una certa misura in rapporto con la figura di Teilhard de Chardin. ↩︎

  6. Il mistero per Florenskij è un momento di cristallizzazione del pensiero. Cfr. Natalino Valentini ne La colonna e il fondamento della verità, San Paolo, Cinisello Balsamo 2010. ↩︎

  7. Pavel A. Florenskij, Il simbolo e la forma, Bollati Boringhieri, Milano 2007, p. 191. ↩︎

  8. Pavel A. Florenskij, Ai miei figli, Mondadori, Milano 2003, p. 225. ↩︎

  9. Pavel A. Florenskij, Il simbolo e la forma, Bollati Boringhieri, Milano p. 192. ↩︎

  10. Facendo con ciò riferimento anche ad una fattività della stessa vita mediante il concetto di biopoieis↩︎

  11. Pavel A. Florenskij, op. cit., p. 195. ↩︎

  12. Pavel A. Florenskij, op. cit., p. 203 . ↩︎

  13. Pavel A. Florenskij, Il simbolo e la forma, Bollati Boringhieri, Milano 2007. ↩︎

  14. P. A. Florenskij, op. cit., p. 129. ↩︎

  15. P. A. Florenskij op. cit., p. 131. ↩︎

  16. A. Bogdanov, Saggi di scienza dell’organizzazione, Theoria, Roma-Napoli 1988. ↩︎

  17. R. Thom, Stabilità strutturale e morfogenesi, Einaudi, Torino 1972. ↩︎

  18. A. Bogdanov, Saggi di scienza dell’organizzazione, Theoria, Roma-Napoli 1988. ↩︎

  19. Basti pensare all’opera di György Lucáks, La distruzione della ragione, che segna il passaggio da una prospettiva soggettiva come Storia e coscienza di classe ad una con un ampio spazio concesso all’oggettività. ↩︎

  20. Karl Marx, Il Capitale, Editori Riuniti, Milano 2006, p. 26. ↩︎

  21. L. O. Rèznikov, Semiotica e marxismo, Bompiani, Milano 1967, p. 109. ↩︎

  22. V. I. Lenin, Opere, Rinascita-Editori Riuniti, MIlano 1955-1970, vol. 14, p. 276. ↩︎