Domenico Coccopalmerio, Sidera Cordis. Saggi sui diritti umani, CEDAM, Padova 2004, X-240 pp., € 20,00.
Domenico Coccopalmiero, nato a Milano, laureato all’Università Cattolica, libero docente di dottrina dello Stato, è professore ordinario di Filosofia del diritto e attualmente Preside della Facoltà di Scienze Politiche all’Università di Trieste. Tra i suoi scritti ricordiamo Effettività e partecipazione nella Costituzione italiana e nei partiti, 1968; La teoria politica di Marx, 1970; Scienza dello Stato e filosofia politica in Hegel, 1975; Problemi e indirizzi della filosofia del diritto, 1978; Francesco Olgiati, Metafisica e diritto, 1983; Dogmatismo e storicità nel marxismo, 1984; Il tesoro giuridico. Persona umana, ius e lex, 1988; Francesco Carnelutti. Il realismo giuridico italiano, 1989; Il diritto come diakonia. Studi sulla filosofia del diritto pubblico, 1993; Introduzione alla dottrina dello Stato, 1998.
I diritti umani, oggi normalmente declinati anche come diritti innati, connaturali, inalienabili o in altri modi ancora sono, sono in verità, i beni fondamentali ed universali della persona. Si tratta di realtà invisibili, come beni, che solo l’intelletto può contemplare e di realtà visibili, come condizioni di vita, che solo possono conferire all’uomo dignità di esistenza. Sinteticamente, e riduttivamente, potremmo dire che si tratta della vita, della libertà e dell’educazione. L’A., nel prologo li definisce come: «la pelle che riveste il corpo, sono il derma del diritto, che è regola altrettanto universale della vita. Ma essi possono altresì essere immaginati alla stregua della casa in cui tutti trovano il loro posto e vi sono protetti, nutriti e riscaldati. Una dimora parimenti universale».
L’intenzione teoretica del testo, è quella di analizzare i fondamenti di tale casa comune perché, rinunciando ad essi, la casa stessa sarebbe sottoposta ad ogni sorta di oscillazioni. Fuor di metafora è il tentativo di superare un semplice cordialismo semantico ed emotivo che vorrebbe legare tutte le Nazioni quasi fosse un novello ius gentium.
A questo scopo è importante chiedersi se i diritti umani sono vero sapere, per cui il bene è visto, appreso e rispettato dal pensiero e quindi conquista, muove e sorregge le volontà oppure se sono mera finzione, utile alla liturgia universale del politicamente «buono e corretto» e ai casti sentimenti autoassolutori; è utile inoltre chiedersi se costituiscono un’autentica assiologia oppure se sono semplicemente un’iconologia valida semplicemente sotto il profilo estetico.
Per l’A. il: «luogo eletto e prediletto dei diritti umani, infatti, è proprio quello celestiale dei fondamenti (nelle stelle, secondo il monito di Platone nella Repubblica), nonostante le contrarie opinioni al riguardo (per tutti Peter Singer o Michael Ignatieff)».
I fondamenti sono rilevanti sia perché fondano, appunto, la consistenza della natura dei diritti umani, sia perché assicurano la stabilità e la durata della casa comune.
Il lavoro raccoglie dieci saggi sui diritti umani, alcuni peraltro già editi anche se rivisti ed ampliati in più punti, che assomigliano a: «cellule tematiche quasi a sé stanti, pur attraversate, è evidente, da un’anima comune: una inguaribile vocazione metafisica». Pur conoscendo bene le obiezioni che possono esser fatte all’A. riguardo a tale ispirazione egli afferma che: «il giustificazionista, possedendo (o credendo di possedere) il fondamento, non muove ex angulo suo, ma si muove dentro l’Intero in cui tutte le voci sono compresenti e quindi l’intenzione e il rispetto per esse è un dovere di ospitalità. Similmente il fondazionalista non impone il suo credo, ma lo depone e lo espone ai piedi dell’altare della Patria (nello spazio e nel linguaggio pubblici) e al contempo impone a sé stesso il massimo impegno pubblico per la vita del fondamento».
In specifico i dieci saggi che compongono il testo riguardano: il problema dei diritti umani nel pensiero «classico» e «moderno»; la genesi e salvezza dei diritti umani; i diritti umani e la maternità della giustizia; l’educazione ai diritti umani; il diritto allo sviluppo negli atti delle Nazioni Unite; la lampada del filosofo, la bilancia del giudice e il pane dell’educatore: tre sentieri dei diritti umani; la bioetica e i diritti umani; la globalizzazione e diritti umani; la natura e l’arte nel diritto naturale; e da ultimo un saggio su la politica e il Decalogo di Mosè. Alle sorgenti dei diritti umani. Note sul pensiero di Paolo Segneri e di Antonio Vieira.
Nel primo saggio L’A. mostra come il problema dei diritti umani nel pensiero classico riguardi l’ordine dell’essere, vale a dire concerne la dimensione interiore della persona, mentre nel pensiero moderno riguardi l’ordine del gioco, vale a dire la ricerca di regole del gioco o di norme esteriori di funzionamento: se per il pensiero classico la preoccupazione fondamentale era la ricerca della verità, per il pensiero moderno è fondamentale costruire una macchina che funzioni: la società.
A partire dal duplice ordine rilevato nel primo saggio, nel secondo l’A. mostra come sia necessario porsi la domanda ontologica sull’uomo e sul diritto per comprendere come il diritto normativo concretizzi e custodisca, al tempo stesso, il senso profondo del diritto stesso inteso come bene che afferisce all’esistenza umana.
Il terzo saggio tratta della giustizia quale tema fondamentale della filosofia della prassi. Dopo aver esaminato, percorrendo un ampia carrellata storica, le concezioni più significative del concetto, L’A. mostra come tale concetto non venga tradito se si lascia guidare dal principio personalistico, vale a dire tenda al pieno ed effettivo sviluppo della persona umana realizzando così la sua vocazione di madre dei diritti umani.
Nel quarto saggio si tratta dell’educazione ai diritti umani come educazione della coscienza perché: «la coscienza è il luogo in cui la realtà viene vista nella bontà del suo essere. I diritti umani devono anzitutto essere visti, con occhio spirituale ed interiore, per quello che sono e valgono in sé stessi. Per ora sono stati molto detti; da adesso devono cominciare ad essere in primo luogo visti. Dalla coscienza e nella coscienza» (p. 75).
Nel quinto saggio, particolarmente ampio, si specifica il concetto di sviluppo, il concetto di persona e, soprattutto, il concetto di «pieno sviluppo della persona umana» presente nel paradigma italiano. Quest’ultimo, particolarmente importante ai fini della comprensione di diritti umani, contiene un movimento, un fine ed un ordine che rinviano a tre principi distinti ma non separati: il movimento rinvia al principio di pienezza o integralità; il fine rimanda la principio della circolarità e l’ordine a quello di totalità: «i diritti della persona, infatti, […] sono un complesso unitario che si richiamano e si implicano a vicenda. Se non impostiamo il discorso sui diritti della persona alla luce dei tre principi menzionati, cadiamo in un errore logico e in un rischi pratico: il rischio pratico è di operare una frattura, per esempio tra i tradizionali diritti di libertà ottocenteschi (libertà di) e quelli economico-sociali emersi, in modo sempre più numeroso e prepotente, nel secondo dopoguerra (libertà da o liberazione dai limiti, dagli ostacoli, dai vincoli: a questo secondo significato delle libertà, piuttosto che al primo, risulta congruo il concetto del diritto allo sviluppo). Il vizio logico è l’arbitraria e ricorrente separazione intellettualistica tra diritto e diritto o tra un bene e l’altro» (p. 85). Il saggio si chiude con le considerazioni che pongono in relazione il concetto di sviluppo integrale della persona con il diritto umanitario internazionale, e la considerazione di quest’ultimo come «ius emozionale».
Il sesto saggio, a carattere narrativo-sapienziale, riprende alcune questioni — ragione, protezione, educazione, questione teoretica e questione giudiziaria — relative ai diritti umani. La novità di questo saggio consiste nella considerazione della questione pedagogica che l’A. definisce santa energia: «c’è un itinerarium mentis e c’è un itinerarium cordis. Il secondo è più essenziale, credo, del primo, perché il primo può non esserci o, se c’è, può essere contraddetto sia nella controversia tra le parti che disputano sia nella disapplicazione quotidiana della norma da parte del suddito o dello Stato. Ma il secondo non può non esserci. Innanzitutto il grado di educazione al senso e alla pratica dei diritti umani è direttamente proporzionale al senso e alla pratica di una gerarchia (individuale e collettiva) di valori di vita. I diritti umani presuppongono una mentalità “di scala”» (p. 124).
Nel settimo e nell’ottavo saggio troviamo l’applicazione pratica delle riflessioni precedenti a due problematiche contemporanee: la bioetica e la globalizzazione. Anche in questi saggi si conferma la pertinenza dei diritti umani all’ordine dell’essere ed al tempo stesso la loro inviolabilità che si configurerebbe come inviolabilità della persona stessa.
Il penultimo saggio, dedicato alla natura del diritto naturale, evidenzia come i diritti umani rappresentino la traduzione aggiornata della dottrina del diritto naturale stesso. L’A. deriva gli attuali diritti umani da una precisa configurazione il diritto naturale che, dal punto di vista teoretico ed ontologico, si svolge in un triplice schema. Dal punto di vista teoretico si ha prima il riconoscimento dell’essere (recta ratio) che pone l’obbligo del rispetto (ius) e di conseguenza promuove il bene di tutti gli enti con al vertice la persona umana (vera lex). Dal punto di vista ontologico, questo schema teoretico si trasforma in un secondo triplice schema: ens — motus — finis. Dove ens comprende la totalità degli esseri viventi; motus allude al movimento di attuazione e di sviluppo del loro essere, o della loro natura; finis sta a significare il raggiungimento del loro bene proprio nel télos o perfezione finale.
Nell’ultimo saggio, quasi in forma di postilla, come afferma l’A. sono ripresi i precedenti con la semplice annotazione di alcuni passi essenziali del pensiero di Paolo Segneri e Antonio Vieira: «i maggiori missionari, predicatori ed educatori del Seicento europeo: entrambi propugnatori di una pastorale d’urto per attuare una generale riforma della società civile e delle istituzioni politiche» (p. 211).
In questa copiosa raccolta di saggi Domenico Coccopalmerio ha mostrato come i diritti umani sono chiamati a svolgere un’essenziale funzione di orientamento e di solidarietà in una società - come quella contemporanea - pluralista non solo per differenti filoni di idee, ma anche per diverse provenienze culturali e continentali.
Infatti, il principio formale che potrebbe formularsi come: tolleranza reciproca e rispetto delle tradizioni altrui non funziona, quando il consenso fattuale generale si restringe molto e non riguarda alcuni valori essenziali.
Possiamo riconoscere con l’A. che si è passati dall’oppressione di troppi valori su una libertà annientata a una libertà disorientata perché senza più quadro valoriale: da all values, no choices a all choices, no values.
Si rende necessario quindi, per ridare sicurezza all’individuo e per far funzionare la società, ritrovare un corpus di regole e di contenuti per le scelte collettive.
Probabilmente un nuovo principio potrebbe essere individuato e formulato come: individualità personale insieme all’impegno per i valori, sia a livello dei singoli che dei gruppi sociali ampi. In realtà, i diritti dell’uomo sono insieme diritto immediato di ogni singolo membro della società umana e dovere della collettività statale verso di lui, ciò significa che, indirettamente, essi sono dovere di ogni uomo verso ogni altro.
Anche per questo è essenziale che i diritti siano intesi in modo universale: cioè, alcune formulazioni debbono essere riconosciute come obbliganti per ogni collettività politica.
Siccome, nondimeno, la loro osservanza comporta costi politici ed economici di vario genere, è probabile che non vengano facilmente rispettati dalle autorità né promossi da tutti i gruppi di rappresentanza di interessi.
Pur rispettando quindi la distinzione classica tra nozione giuridica e nozione morale dei diritti dell’uomo, ci sembra chiaro che le due dimensioni vadano di fatto insieme e che, se è vero che senza diritti codificati l’impulso morale ha poca presa reale, è anche vero che senza quest’ultimo i primi restano paragrafi vuoti, di dubbia efficacia e di reticente applicazione.
Come avviene in ogni ricerca, le prospettive da cui si può ragionare su una materia sono molteplici, per non dire infinite. L’A. ha mostrato alcune proposte ex angulo suo. L’auspicio è che siano utili alla riflessione e alla interiorità di chi vorrà accostare il testo stesso.