Recensione a Domenico Felice, Montesquieu. Tutte le opere (1721-1754)

Domenico Felice (curatore), Montesquieu. Tutte le opere (1721-1754), Bompiani, Milano 2014,

Montesquieu. Tutte le opere (1721-1754), a cura di Domenico Felice, presenta, in una nuova traduzione, la raccolta completa delle opere che il filosofo francese diede alle stampe durante la sua vita: le Lettres persanes (1721), il Temple de Gnide (1725), le Considérations sur le causes de la grandeur des Romains et de leur décadence (1734), il Dialogue de Sylla et d’Eucrate (1745), l’Esprit des lois (1748), la Défense de l’Esprit des lois (1750) e il Lysimaque (1754). Questo volume, che fa parte della celebre e ben affermata collana «Il pensiero occidentale» della casa editrice Bompiani, ha il pregio di recare il testo a fronte e un apparato di note che tiene conto della bibliografia italiana e straniera più recente sul Président.

L’edizione si apre riproponendo il recente saggio di Felice Introduzione a Montesquieu (Bologna, Clueb, 2013), stilisticamente perfezionato e bibliograficamente aggiornato, che nel corso di nove capitoli offre una ricostruzione del percorso intellettuale di Montesquieu, non priva di alcune interessanti piste d’indagini da approfondire (monografia che non tratteremo nella presente recensione). Essa si chiude con due «Apparati» preziosi e indispensabili per la ricerca storica, ossia la bibliografia (suddivisa in «Repertori e passate edizioni francesi», «Edizioni italiane» e «Letteratura secondaria 1952-2012») e l’Indice dei nomi.

Innanzitutto, è doveroso osservare — come si premura di fare Felice nella «Nota editoriale» anteposta alle opere — che «il presente volume è solo il primo di questa nostra impresa collettiva» (p. CCLI). Si tratta di un’impresa collettiva in quanto, se la trascrizione dei testi in lingua originale è stata approntata da Piero Venturelli — ad eccezione del Temple de Gnide che è stato curato da Davide Monda — , come debitamente indicato dall’accurata «Nota al testo» che precede le singole opere i curatori delle traduzioni e dell’apparato critico sono numerosi: nel dettaglio, oltre a Domenico Felice, vanno ricordati Riccardo Campi e Stefania Stefani per le Lettres persanes, Giovanni Paoletti e Rolando Minuti per l’Esprit des lois.

Inoltre, è già stata pianificata la pubblicazione di due ulteriori volumi: l’uno che conterrà gli scritti principali di Montesquieu pubblicati dopo la sua morte, l’altro dedicato alla sua corrispondenza.

Bisogna porre in evidenza come questa edizione delle opere di Montesquieu venga a colmare una lacuna nel campo dell’editoria italiana che si protraeva da — è il caso di osservarlo — illo tempore: in effetti, bisogna risalire addirittura al 1979, anno in cui fu pubblicato Montesquieu. Le leggi della politica (Roma, Editori Riuniti) a cura di Alberto Postigliola, per trovare un’antologia — seppur corposa, contando ben 563 pagine — di testi del Nostro che, pur presentando un interessante saggio introduttivo al suo esordio, non aveva alcuna esigenza di completezza, quale viene richiesta invece a un’edizione delle opere complete. Gli anni seguenti hanno però visto la pubblicazione di singole opere di Montesquieu a cura proprio di Domenico Felice (Saggio sulle cause che possono agire sugli spiriti e sui caratteri, Pisa, Ets, 2004; Scritti filosofici giovanili: 1716-1725, Bologna, Clueb, 2010) o di altri curatori (Riccardo Campi, Saggio sul gusto nelle cose della natura e dell’arte, Bologna, Clueb, 2009; Giovanni Cristani, Scritti scientifici, Bologna, Clueb, 2009) che collaborano comunque a Montesquieu. it, sito dedicato alla figura del Président che fa capo allo stesso Felice.

Oltre a questo aspetto che attiene al piano della storiografia italiana, non sarà affatto superfluo osservare che questa edizione delle opere di Montesquieu offre un’analisi della riflessione filosofica del Nostro che si aggiunge, ponendosi talvolta in maniera critica, a quella portata avanti dall’équipe di Catherine Volpilhac-Auger e Pierre Rétat che, proprio in questi anni, sta approntando l’edizione delle Œuvres complètes (il progetto originario è di Jean Ehrard: Voltaire Foundation per i primi volumi, dal 2010 ENS Éditions e Classiques Garnier). Tenendo conto del fatto che anche alcuni tra i maggiori esperti italiani di Montesquieu, quali ad esempio — senza avere intenzione di escludere nessuno — Alberto Postigliola e Lorenzo Bianchi, partecipano a tale iniziativa editoriale e ne condividono pertanto sia i principi metodologici sia la medesima visione d’insieme, il fatto che esista un’alternativa a tale impostazione non ci sembra debba essere visto sotto una cattiva luce. Al contrario, tenendo conto anche dell’analogia con l’ambito delle scienze naturali che ci insegna come sia la biodiversità a permettere alla specie di conservarsi, riteniamo fermamente che la diversità ermeneutica sia condizione necessaria a una comprensione sempre crescente dell’originalità di un autore così complesso, quale è Montesquieu.

Venendo a questioni più specifiche inerenti il testo in esame, al di là di segnalare come la mancanza delle Réflexions sur la monarchie universelle en Europe (1734) sia giustificata dalla pressoché totale assenza di circolazione di questo scritto — avendone Montesquieu fatto distruggere tutti gli esemplari (Montesquieu. Tutte le opere (1721-1754) , p. CCIL), ci sembra interessante sottolineare come l’edizione scelta dell’Esprit des lois sia quella in tre tomi del 1750 (Paris, Huart et Moreau) e non la prima, risalente alla fine di ottobre del 1748. Le ragioni addotte sono due: da una parte, è l’autore stesso a definirla come «la plus exacte»1 tra quelle che erano apparse fino ad allora, riportando in particolare tutte le «acquisizioni» delle edizioni parigine del 1749 (seguite da vicino da Montesquieu) e, inoltre, la Carta geografica che fu modificata di nuovo solo nell’edizione postuma del 1757.

La seconda ragione è riconducibile più propriamente alla materia dell’Esprit des lois: l’edizione del 1750, infatti, tra le numerosissime edizioni settecentesche è l’unica a riprodurre la fondamentale divisione in sei parti del trattato che, secondo Felice, è la più «scientifica e rigorosa» rispetto alle ripartizioni dell’opera che gli studiosi «si cimentano tuttora a proporre» (p. CCLI; cfr. pp. 885-893). A questo proposito, non bisognerà dimenticare la viva resistenza che Montesquieu stesso oppone alla soppressione di tale suddivisione nell’editio princeps del 1748.2

In ultima analisi, ci auguriamo che questa recensione a Montesquieu. Tutte le opere (1721-1754) sia riuscita a porre sufficientemente in luce come la comparsa di questo volume, al di là di fornire un’opportuna e accurata risposta a una vera e propria urgenza storiografica che si protraeva ormai da troppi anni, presenti il merito di proporre all’attenzione degli studiosi quegli scritti che il Président reputava essere degni di comparire dinanzi alla comunità scientifica del tempo, con tutto ciò che ne avrebbe potuto comportare e che, in effetti, ne comportò: si trattò di un successo editoriale,3 non vi è dubbio, ma l’altra faccia della medaglia — e Montesquieu ne era consapevole — furono critiche, smentite e addirittura — come accadde nella polémique che seguì alla pubblicazione dell’Esprit des lois — feroci e spesso ingiustificate accuse.4

Non possiamo perciò che salutare con vivo favore questa pubblicazione, aspettando che i due volumi in preparazione si configurino come ulteriori strumenti alla ricerca storica su un autore la cui attualità, in effetti, è confermata dai numerosi e ambiziosi progetti editoriali che ne approfondiscono l’opera, oltre che dai convegni nazionali e internazionali che continuano ad avere luogo ben 260 anni dopo la sua scomparsa, sia che portino direttamente sui suoi scritti sia che riguardino il pensiero del Secolo dei Lumi.


  1. Cfr. la lettera di Montesquieu a Grosley, 8 aprile 1750, in OC, III, p. 1297 (Montesquieu, Œuvres complètes, a cura di André Masson, Paris, Nagel, 1950-1955, 3 voll.). ↩︎

  2. Cfr. la lettera di Vernet a Montesquieu, 4 settembre 1748, in OC, III, p. 1130. ↩︎

  3. Oltre ai numerosi studi in proposito, Felice ricorda opportunamente due lettere di Montesquieu: la prima al duca di Nivernais, 26 gennaio 1750; la seconda al cavaliere Blaise-Marie d’Aydie, 8 febbraio 1749 (Montesquieu. Tutte le opere (1721-1754), p. 889). ↩︎

  4. Cfr. Federico Bonzi, «L’ ‘honneur’ de L’Esprit des lois: un principe mal compris?», Revue française d’histoire des idées politiques, 35, 1ère semestre 2012, pp. 51-60. ↩︎