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La Croce nel concetto: rileggere Hegel alla luce della teologia trinitaria

di Paola Mancinelli (Roma, 26-28 maggio 2011)

La proposta filosofica di Hegel continua a sprigionare fascino, pur nelle sue molte ambiguità, dato che si esplica come ermeneutica del Cristianesimo e come possibilità di riprendere un dialogo interrotto fra Rivelazione e ragione moderna, certamente oltre ogni modello sacrale ma secondo la possibilità di una feconda coniugazione di fede e sapere, la cui storia degli effetti, non è possibile negarlo, ha partorito la bella elaborazione della connessione, dell'und di filosofia e teologia da parte di Franz Rosenzweig.1

Inoltre, Hegel, ha tentato una lettura dialettica il cui debito è quello del Vangelo di Giovanni, specie quanto all'idea di Spirito ma della teologia trinitaria, il cui dinamismo delle divine persone è recuperato nell'ambito di un percorso dello Spirito nella storia, o meglio in una storia dello Spirito, che, rimanda davvero ad una Trinità come storia2 nonché all'avventura di un Dio che non rifiuta affatto l'arrischiarsi nell'altro da sé fino ad assumerne l'assoluta devastazione (come si può vedere dall'Introduzione alla Fenomenologia dello Spirito) ed il perdersi per recuperare tutta la Sua deità arricchita della contraddizione della storia.

Certo, della fatica del concetto, si tratta, da un lato; dall'altro, però, non si può escludere che in questa allure hegeliana si senta un'intensità drammatica di sapore quasi esistenzialista nel momento in cui ne va dell'eterno alle prese con il tempo e con l'enigma del negativo.3 Del resto gli studi teologici allo Stift di Tubinga e i contatti con Schelling, amico di studi e pensiero sono una prova eloquente.

Sulla base di queste istanze si muoverà la nostra lettura di Hegel, meglio dire rilettura, dato che intendiamo operare un'inversione di cui diamo conto. Il nostro intento, infatti, è quello di un'analisi critica ed ermeneutica di Hegel alla luce della teologia trinitaria, il primato, quindi è di natura teologica, così che si potrà evincere meglio quella trama di promessa e tradimento che, a detta di Pero Coda, promana dal sistema hegeliano.

La pista ermeneutica fondamentale al cammino intrapreso è proprio l'opera dei teologi italiano Piero Coda, Il negativo e la Trinità4 nella quale, pur conscio di molteplici divaricazioni fra Hegel ed il dato della tradizione cristiana, egli ritiene che la sfida starebbe, da parte del pensiero cattolico, nel riappropriarsi del corpus hegeliano fino a ripensare un umanesimo trinitario dove vi sia spazio per una relazione aperta, oltre la reciprocità dell'io-tu ad un terzo che, pur nella sua orizzontalità terrestre costituisca un'apertura alla logica del dono e della gratuità.

Renderemo ragione tanto dell'istanza di Coda che ravvisa in Hegel lo stimolo ad elaborare una teologia trinitaria a partire dall'Incarnazione quanto anche della riserva, assolutamente decisiva, determinata dal fatto che manca ad Hegel la nozione di pericoresi necessaria ad un'autentica comprensione trinitaria, così come la categoria di una filosofia analogica capace di porre al pensiero il suo limite e le sue possibilità una volta che si trovi alle prese con una logica trinitaria.

Altra questione assolutamente fondamentale riguarderà la dimensione intersoggettiva e cristologica di questa allure trinitaria, fondata sulla staurologia come istanza di rivelazione della trinità economica, per usare il linguaggio di Karl Rahner, ove, però, il percorso dell'Assoluto nel suo perseguimento di un cammino storico divenuto in Hegel il suo Calvario sembra essere inficiato da un'immanente logica della necessità che sfigura in ultima analisi il discorso cristiano.

Coda sarà l'interlocutore privilegiato che ci condurrà nello sforzo di dipanare la tela del rapporto hegeliano tra Trinità e storicità, decifrandone suggestioni e fraintendimenti; ciononostante, è proprio attraverso la sua opera che potremmo rendere meglio ragione di come il Cristianesimo assuma sempre più i tratti del linguaggio filosofico della modernità, Hegel sa molto bene questo, così che- all'avviso di Coda è proprio lo stesso tradimento del corpus cristiano a rendere ancora più intenso ed interessante il confronto fra Trinità e dialettica hegeliana sfidando la teologia a pensare oltre Hegel ma memorie dell'apporto hegeliano, specie quanto all'idea che la fenomenologia è pur sempre un'elaborazione del'esperienza della coscienza, le quali è sempre coscienza dell'Altro e della relazione.

1. Hegel imprescindibile interlocutore dei teologi: la lettura di Piero Coda

La vicissitudine di Hegel nell'ambito del pensiero teologico, tanto cattolico, quanto protestante, non è certo caratterizzata dall'indifferenza, anche se le reazioni teoretiche risultano all'avviso di Coda variegate spesso discutibile.

Osserva l'autore:

Nel passato il pensiero hegeliano è stato più esorcizzato dall'esterno che sviscerato nei suoi presupposti, nelle sue intenzioni e nei suoi risultati per poter essere valutato senza preconcetti. » Ma già la teologia dell'Incarnazione proposta negli anni 50 da Karl Rahner lasciava trasparire un più o meno larvato influsso di talune prospettive hegeliane.5

L'affermazione di Coda contiene due importanti dati di fatto: da un lato una sorta di esorcismo del pensiero hegeliano per timore di derive immanentistiche, dall'altro, però, l'accortezza intuitiva della teologia che sa fiutare la possibilità di dialogo con la cultura per rendere comprensibile alla coscienza moderna il kerygma della fede. Un dialogo che, naturalmente non appiattisce su posizioni hegeliane la teologia o muta la filosofia hegeliana in criptoteologia, ma permette ad entrambe di stare sull'orizzonte della domanda circa come parlare di Dio e dire la fede a partire da una cultura che, dopo Kant, ha voluto rifare i conti con la fede ed il sapere cercando di rendere ad ognuno il proprio ambito epistemologico e fornendo alla stessa cultura filosofica la possibilità di pensare l'ulteriore6

Inoltre egli ritiene che Hegel possa e debba costituire, se seriamente interpellato il presupposto per svincolarsi dalle aporie dell'immagine pre-cristiana di Dio stesso ereditata dalla teologia e porre le basi per una cristologia futura7

Non solo, Hegel va valorizzato all'avviso di Coda anche per quanto riguarda la centralità della theologia crucis attorno a cui ha luogo l'epifania escatolgica del mistero trinitario.8

Coda riprende due voci della teologia cattolica che, dopo Kung si sono mosse intorno al nucleo staurologico della filosofia hegeliana, spinte dal fatto che il Dio di Hegel presenta un carattere di storicità che, per questo stesso motivo, include l'idea del negativo, intesa come sofferenza e durezza dell'abbandono.9 Come dimenticare, infatti, le pagine memorabili della Fenomenologia dello Spirito nelle quali Hegel parla di un essere presso di sé da parte dello Spirito pur nell'assoluta devastazione e come non sentire una certa allure kenotica che riecheggia il celeberrimo inno di Paolo ai Filippesi?

Riteniamo che la fatica di Piero Coda di rileggere Hegel da teologo cristiano sia fondamentale per la nostra coscienza credente di ricercatori dato che egli fissa l'accento su questa tensione drammatica del negativo che richiama molto di più il dato cristiano di quanto non abbia fatto tanta filosofia ad esso ispirata, la cui centralità posta un Ipsum esse in se subsistens spesso impassibilis, pur guadagnando teologicamente e logicamente nel concetto, subiva un'indubbia perdita quanto alla ricchezza dinamica del Dio biblico che si presenta già da subito nei suoi caratteri relazionale e trinitario, soprattutto come scandalo e demistificazione rispetto ad ogni mitizzazione di Dio, nella stultitia crucis che, per parafrasare Italo Mancini rivela il Deus maxime, il Deus pro nobis.

Hegel vuole dire filosoficamente di questo scandalo, e qui sta la sua promessa, sia pur ponendolo nell'ambito di una fatica del concetto, nonostante l'attenzione alla storia e certamente, nonostante un tentativo di prendere sul serio la questione del male e del negativo.

Allievo di Luigi Pareyson di cui resta la superba lezione contenuta negli scritti raccolti sotto il titolo di Ontologia della Libertà 10 in cui egli cerca di riflettere sulla questione immensa del male in Dio, Piero Coda pone in evidenza quanto il pensiero hegeliano centrato sul negativo costituisca il nesso di una filosofia trinitaria.

Asserisce il nostro teologo:

Questa centralità del negativo nella filosofia hegeliana eil suo nesso strutturale con l'immagine trinitaria dell'Assoluto cristiano, però, ci pare sia stata fin ora più intuita che tematizzata o approfondita nella sua genesi e nel suo significato [...] questo centrale nucleo problematico non è stato fin ora affrontato globalmente dalla teologia cattolica.11

Come dire che la teologia cattolica mostra ancora, a differenza di quella protestante, (si veda p. es il celeberrimo libro di Moltmann, Der gekreuzigte Gott) una sorta di titubanza e di dubbio sulla concezione dialettica hegeliana del negativo, quasi che essa costituisca un problema di natura ermeneutica e forse dogmatica i cui motivi però, restano tuttora non specificati.

Nonostante questa sorta di epoché circa il negativo hegeliano, fa notare Coda che altre autorevoli voci del Cattolicesimo sembrano aprire sentieri nuovi.

Come ha scritto anche Walter Kasper, la dialettica di Hegel e dello stesso idealismo tedesco ha urgente bisogno di venire elaborata dalla teologia.12

All'avviso di Coda si dà l'esigenza di una riconciliazione autentica fra la teologia classica e la teologia moderna: recuperando le preziose osservazione di un teologo come G. Lafont, Coda ammonisce circa il fatto che l'homoousia della teologia classica che attiene al Verbo Incarnato deve poter rendere conto di quell'istanza kenotica per cui il Verbo fatto Carne ha veramente assunto una natura di servo, facendosi prossimità totale alla profondità abissale della negatività umana.

Se la formula hegeliana legittima qualche riserva in virtù di una dialettica di stampo necessaristico, così come del concetto di una Offenbarung, ovvero di una rivelazione che, nell'etimo tedesco, implica il toglimento di ogni velo, è pur vero, tuttavia, che Hegel ha riflettuto veramente sul senso e sul segno della Croce, riconoscendo nello specifico cristiano anche l'istanza di una comprensione dello Spirito a partire dalla sua relazione all'altro, a partire da un Soggetto che si esplica in un gioco dell'amore in sé e con l'altro da sé, capace di rileggere nel segno dell'Incarnazione e della Croce la connessione storica di fede e sapere.

Difficile non riconoscere il carattere cristiano del pensiero di Hegel, almeno, come osserva Coda quanto alla metodologia, e pure non solo di una metodologia si tratta, dato che il filosofo dell'idealismo ha cercato di conferire una Denkform trinitaria alla sua poderosa capacità speculativa.

Preziose, da questo punto di vista, le chiarificazioni metodologiche di Coda:

Il terreno nel quale vedremo all'opera sia nella sua genesi che nel suo strutturarsi, la Denkform hegeliana è quello della «filosofia della religione» sia pure intesa in senso lato [...] . Il tema della religione, d'altra parte ci pare particolarmente adatto per vedere all'opera, e per valutare, quella tipica inflessione della Denkform hegeliana che è la valenza teo-logica (cioè relativa al discorso su Dio) del negativo.13

Le lezioni di Filosofia della religione, tenute a Berlino da Hegel nell'ultimo decennio della vita, dal 1821 al 1831 sottendono il profondo interesse del filosofo per la religione, un interesse che per altro deriva anche dallo Zeitgeist nel quale si trova ad operare.14 Hegel ritiene che essa sia un rapporto da spirito a spirito e che per questo sottenda l'innalzamento dell'uomo a Dio, proprio per questo essa rappresenta l'eccelsa rappresentazione dello Spirito Assoluto nel suo processo di alterazione (nel senso di divenire altro da sé) nel finito.

Su questa ricchezza concettuale, tuttavia, sorge il principale problema ermeneutico di cui dovremo occuparci, come Piero Coda evidenzia ponendosi una domanda:

La suddetta Denkform hegeliana sorge dal cuore della rivelazione cristiana (sia pure interpretata ed espressa in un proprio e determinato modo di concepire il reale), o- al contrario- è tale Denkform che coarta dall'esterno la rivelazione cristiana in una gabbia concettuale aprioristica e soffocante? .15

Tale domanda funge da pista ermeneutica fondamentale e secondo Coda si potrà pervenire ad una conclusione solo intersecando nell'ambito di tale esegesi hegeliana, il momento genetico con quello più maturo e speculativo. Si tratta di comprendere Hegel a partire da Hegel, certo, ma in questa operazione interpretativa è impossibile non affiancare l'approccio teologico -- sistematico.

La proposta di Coda si fa interessante nel momento in cui egli evidenzia come la sfida posta da Hegel diventa feconda se la teologia della Rivelazione Cristiana, nonché lo stesso discorso cristologico illuminerà la riflessione provocando un fecondo dialogo da ambedue le prospettive.

Tuttavia, qui, non è possibile non delineare un'ipotesi, per quanto in forma di abbozzo: il sistema hegeliano non nasce se non come ermeneutica del dato più autentico della Rivelazione, che è la stessa crux del pensiero e la sua capacità di misurarsi con una verità vissuta ed esperita, dato che per Hegel ragione e libertà restano la parola d'ordine ed il punto d'incontro con la Chiesa invisibile come scrive nel suo Epistolario.

Proprio su questa ermeneutica dell'Assoluto trinitario cercheremo di muoverci tenendo aperta la prospettiva di un dialogo con Hegel ma anche quella di una riserva critica della teologia che pure è chiamata su questo versante a ripensare la Croce alla luce della Trinità, alla luce di una vera e propria Teo-drammatica (H. U. Von Balthasar.)

2. Fenomenologia dell'Amore e intersoggettività: l'intuizione di teologia trinitaria hegeliana

Coda rintraccia nel momento genetico della filosofia hegeliana i prodromi del successivo sviluppo della speculazione che intesse Assoluto e storicità, che fa della storia la dimensione in cui è possibile una lettura della stessa kenosis del Logos.

Un primo ed importante punto di questa Denkform è sancita dalla categoria dell'Amore (Liebe) che tanta parte ha avuto nel pensiero del giovane Hegel, già pregno di una imprescindibile istanza cristiana.

Il teologo italiano mette in evidenza come già a partire da Der Geist der Christentums, lo Spirito del Cristianesimo, l'amore sancisce la chiave risolutiva della Versöhnung, ovvero della riconciliazione fra religione e prassi, concetto questo che tanto risente della influenza della Critica della Ragion Pratica di Kant, dato che Hegel è sinceramente impegnato a tentare di riconciliare la scissione sperimentata dall'epoca moderna, specie di stampo romantico, fra individuo e totalità. Su questo punto, non poco controverso, Hegel ravvisa il ruolo del Cristianesimo come dialettica fra unità e non unità che deve ricomporsi in una nuova e superiore unità.

La soluzione kantiana di una religione della moralità non può rendere, tuttavia, ragione di questa dialettica per la quale è Cristo stesso a cercare un'integrazione con la natura umana attraverso questo necessario percorso di lacerazione che conduce a quella riconciliazione in Dio a partire da una alienazione di Dio da Dio16

Si può notare subito come l'istanza dell'Amore riconduca alla figura di Cristo, che assurge a riconciliazione fra trascendenza e storia, religione e società. In verità Hegel vi approda dopo aver concettualmente percorso il cammino dell'ebraismo, visto come scissione e coscienza infelice, dato che lascia il soggetto storico con una sete d'Assoluto la cui distanza è impossibile da colmare, nonostante quell'Assoluto stesso sia, pur nella forma di un immenso Streben (anelito) già unito alla coscienza, che, lo sperimenta però come totalmente Altro.

Potremmo parlare, qui, con Dilthey di un panteismo romantico del giovane Hegel, a partire da un componimento poetico offerto all'amico Hölderlin dove il filosofo dice: mi so dentro all'incommensurabile, sono in esso, sono tutto, non sono che questo verso che Coda commenta come segue:

al di là dell'artificio poetico è indubbio che qui Hegel ci scopre qualcosa di più profondo, quella struggente Sehnsucht dell'infinito, della totalità conciliata che egli proprio negli anni d Francoforte stava cercando di raggiungere ed afferrare anche razionalmente.17

La figura di Cristo nella compiutezza storica della sua natura teandrica illumina questa dialettica da un lato e dall'altro la compie in un momento di suprema altezza.

Su questa prima fase è necessario sostare, in ascolto dell'importante rilievo di Coda, il quale riavvisa in essa l'interpretazione pur singolare delle tematiche cristiane dell'amore e della vita presupponendo che

Hegel vede nell'amore l'unità dell'unità e della non-unità, cioè il dinamismo in grado di superare la scissione (aufheben), ricomponendola all'interno dell'unità originaria.18

La fenomenologia dell'amore qui abbozzata si riferisce ad un dinamismo ontologico nel quale traluce l'intuizione hegeliana di un Soggetto Assoluto che, avviando in se stesso un gioco dell'Amore, può ospitare la relazione con il suo altro riconoscendolo nell'unità dinamica del suo intrinseco moto. Se, qui emerge un abbozzo di ciò che sarà il metodo dialettico di Hegel, è già possibile recuperare un germe di intuizione trinitaria che intriderà la sua stessa riflessione sullo Spirito come storia dell'Assoluto dispiegato, attraverso la scissione e la sua nuova unità che toglie la scissione pur conservandone la memoria come una ferita inferta dall'altro che mette in atto l possibilità dell'Amore come nuova integrità.

La dialettica di Hegel assume un'allure che risente del pathos, non solo di una filosofia, ma anche di una teologia dialettica, che lo allontana sempre di più dalla soluzione proposta da Kant di cui Hegel stesso riconosce la provvisorietà.

Ancora una volta è necessario far convergere l'attenzione sul Cristo che si presenta ad Hegel come colui che vuole ricostruire l'integrità della natura umana e che, grazie all'amore permette di superare la scissione kantiana fra moralità ed inclinazione. Grazie a Cristo è possibile la concordanza fra dovere universale ed inclinazione particolare, così che Egli rappresenta la stessa chiave ermeneutica che ricompone i due elementi teoretici di Liebe e Leben, cioè dell'Amore e della Vita nell'integralità del Sein (dell'essere) inteso nel dinamismo ontologico di cui si diceva dianzi.

Puntualizza Piero Coda:

Al di là della fluttuazione terminologica, ancora evidente è chiaro che qui i vari termini come Sein, Leben, Liebe hanno un significato analogo, anche se leggermente diverso. La Leben si presenta come il tutto (l'en kai pan di Hölderlin) ed è equivalente al Sein integrale; il Liebe è la vita in quanto essa è «relazione di elementi diversi», relazione che li riunifica all'interno di un'unità originaria.19

Questo linguaggio hegeliano fa risuonare un'eco trinitaria indubitabile. Teologicamente è innegabile che l'Amore è lo stesso dinamismo della vita di Dio ed in Dio che in se è comunione di differenze (elementi diversi), il quale rende manifesto il Mistero ontologico di un Essere che è Soggetto e non Sostanza e solo in quanto soggetto sa ricomporre la separazione dell'altro portandola in se stesso come sua stessa separazione.

Sia pur in altri termini e obbedendo ad una logica rigorosamente speculativa Hegel sembra riecheggiare la regula caritatis di Agostino per cui vedi la Trinità se vedi l'Amore, regula che, tuttavia esprime tanto una metafisica dell'interiorità quanto una metafisica dell'essere di Dio come Spirito uno e trino.20 Tale carattere speculativo troverebbe una coincidenza fra i due pensatori.

Tuttavia il giovane Hegel è catturato dall'idea che l'amore attenga ad un dinamismo ontologico, il quale ha ragione dell'alienazione fra vita e destino ricomponendoli in una unità divina che non perde, in ogni caso, il moto dialettico che la rende tale, facendo si che la vita ritrovi se stessa nell'unica divinità21 . Proprio per questo motivo la fenomenologia dell'Amore (Liebe) assume nel giovane Hegel i tratti cristologici. Afferma Coda, da questo punto di vista:

Il grande merito di Cristo risiede nel fatto che egli trovò la connessione [...] fra alienazione da Dio e riconciliazione con Lui (Enfremdung von Gott un Versöhnung mit ihm ecco i termini centrali che riassumono la problematica del giovane Hegel): nella natura e non fuori di essa, per cui egli»pose la riconciliazione nell'amore e nella pienezza della vita.22

La preposizione tedesca che dice l'alienazione da Dio, von, molto spesso, in questa lingua sottende, però, una particella genitiva, così che potremo legittimamente parlar di alienzazione da Dio, m altrettanto di alienzazione di Dio nel senso di un genitivo soggettivo e locativo che indicherebbe un processo compiuto in Dio stesso, mediante la Passione e la Croce di Cristo, viste come infinita separazione e climax della comunione nella tradizione teologica cristiana. Tuttavia ci sembra importante tale digressione linguistica perché inerisce a nostro avviso, tanto all'idea del negativo riconciliato, quanto al dinamismo trinitario che implica anche la riconciliazione Spirito- Natura. È innegabile che Hegel risente, qui, l'influenza della staurologia luterana che fa della Croce il grande mistero per cui nemo contra Deum nisi Deus ipse e quella del poeta Jean Paul, contemporaneo del filosofo che parla di una morte di Dio in Dio.

In entrambi i casi il negativo, riconciliato in Dio da Dio è quello stesso negativo che Dio ha portato in se stesso come scissione vinta attraverso l'amore. Scissione, la cui allure trinitaria non è affatto in questione: è la seconda Persona della Trinità, Cristo, a portare in Dio stesso la pena infinita della scissione, la passione del negativo, ma questa sua riconciliazione sancisce l'unità della Vita di Dio in ogni vita.

Il nostro teologo non manca di fare osservare come si può notare già in queste prime rielaborazioni.

un'attenzione ed un inizio di approfondimento del significato dell'opposizione (Entgegensetzung): essa non è altro che la «possibilità della riunificazione (Wiedervereinigung) e di quanto nel dolore la vita era un opposto, di tanto vi è la possibilità di riassumerla.23

Sebbene non troviamo qui ancora il concetto dell'immane potenza del negativo espresso nella Phenomenologie des Geistes, sono evidenti gli sviluppo futuri.

Hegel, in ogni caso, vuol rendere ragione di come sia consumata questa unità; leit-motiv, questo che condurrà il suo pensiero fino alle sue Vorlesungen uber die Philosohie der Religion (Lezioni di filosofia della Religione).

Coda afferma che, in questa sede, si tratta di una vera e propria questione teologica, al di là delle pur presenti implicazioni gnoseologiche e metafisiche. Cristo è, infatti, visto come il simbolo reale dell'unificazione di finito ed infinito: la Versöhnung in atto, e di questa consumata riconciliazione Hegel vuol rendere ragione partendo dal discorso di Giovanni,24 in cui Gesù dice che l'unità perfetta è quella per cui Egli è nei suoi discepoli ed essi in Lui.

Analizzando questa affermazione, però, Hegel sostiene che

occorre che Gesù come individuo particolare distinto rispetto ai suoi discepoli scompaia perché sia definitivamente dimesso ogni diaframma interposto tra Dio e l'uomo e lo spirito di Dio possa vivificare allora la loro intera essenza.25

Se, cogliendo il suggerimento di Coda, tentiamo di leggere queste istanze in maniera sinottica con la Fenomenologia dello Spirito, potremmo comprendere il germe del successivo sviluppo. Sebbene Hegel non tematizzi ancora speculativamente il Geist, lo Spirito come milieu ontologico dell'unificazione26dopo che Cristo ha dismesso la sua oggettività particolare, egli non manca però di evidenziare, sempre sulla pista ermeneutica di Giovanni come sia lo stesso Gesù ad alludere proprio a questa unità nell'Amore

Se due di voi si accorderanno per chiedere qualcosa il Padre ve la farà avere. Un'unità di due o tre, precisa Hegel -- è nell'armonia del tutto, è un suono in accordo con questa ed è apportato da questa, ed è in quanto è in essa, è un che di divino. Con questa comunanza con il divino essi che sono uno, sono al contempo in comunanza con Gesù. «Colà dove due o tre sono uniti nel mio spirito, (eis tò ónoma mon) nella disposizione, cioè in cui a me provengono essere e vita eterna e in cui io sono. Io sono in mezzo a loro e così il mio spirito.27

In questo passaggio, Hegel sembra compiere una sorta di avvicinamento fra la nozione di Liebe e la nozione di Geist. Amore e Spirito, dunque, costituendo i due capisaldi del sistema hegeliano sono anche le due nozioni che ineriscono a quello che Coda chiama dinamismo dell'interpersonalità e che forniscono la possibilità di una lettura trinitarial.

Vorremmo tuttavia soffermarci, per quanto attiene alla questione ad una glossa a margine della categoria della Liebe in Hegel in cui Coda fa notare come il filosofo tedesco ritenga la riunificazione in Cristo come evento in Leben und Geist, in Spirito e Vita e nicht in Begriff, non nel concetto. Così la vita si arricchisce come uni-totalità nell'Amore. Ora, questi elementi, dicono certamente di un carattere quanto meno triadico, ma l'acutezza teologica del nostro interprete ritiene di poter individuare un abbozzo squisitamente trinitario.

Partendo dal presupposto della Vivente unità umano-divina avvenuta in Cristo ed attraverso il superamento della sua oggettività individuale, come detto sopra, è lo Spirito a rendere uno in Dio ciò che prima era la comunità storicamente radunata attorno a Gesù. Ora la Pasqua di Gesù che lo manifesta a tutti gli effetti Cristo, nella sua eguaglianza con Dio, il Padre è anche l'evento per cui lo Spirito è all'opera riunificando nell'Amore la vita di Dio con ogni vita. Su questa pista ermeneutica, Hegel tenta addirittura una lettura sacramentaria a partire dal battesimo.

Non c'è nessun sentimento che sia così omogeneo col desiderio dell'infinito con la brama di sprofondare nell'infinito, quanto il desiderio di seppellirsi in una distesa d'acqua (Vorlesungen p. 432) per cui il comandi di Gesù di battezzare tutte le genti significa «Andate fra tutti i popoli e fateli vostri discepoli, consacrateli nella relazione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, si che essa come l'acqua intorno a coloro che sono immersi in essa scorra tutt'intorno a loro e sia avvertita in ogni punto del loro essere.28

Riteniamo importante sottolineare la pregnanza di questo passaggio e quanto queste stesse righe suggeriscano alla teologia cristiana importanti spunti di riflessione.

Il primo attiene certo a come la Liebe di cui parla Hegel permetterebbe di leggere l'unicità e l'unità di Dio attraverso un dinamismo ontologico che rimette al centro le divine persone e l'idea di Comunione, rendendo così ragione tanto di una storicità di Dio quanto di una storia con Dio che faccia riflettere sulla natura cristologico- trinitaria della stessa Chiesa.

Il secondo riguarda il fatto che la riunificazione che Cristo reca nell'Amore di ogni vita nella vita stessa di Dio è l'hapax legomenon che si rinnova perennemente nella comunità ecclesiale e che, attraverso di essa si esplica come storia del Dio con noi.

Il terzo concerne l'idea di un universale concreto che promana dall'immagine del Cristo risorto trapassata nella comunità che rende viva questa dialettica trinitaria.29

Piero Coda sostiene che lo schema Liebe -- Leben, corrispondente all'impianto dell'Evangelo di Giovanni sia la chiave ermeneutica che illumina la fenomenologia di Hegel, di conseguenza l'intero sistema, dato che

l'unità organica della Leben ritrova se stessa nell'alterità. Tipico del Liebe è un «prendere ed un dare reciproco, per cui «colui che prende non si trova con ciò più ricco dell'altro: si arricchisce certo, ma altrettanto fa l'altro; parimenti quello che dà non diviene più povero, nel dare all'altro egli ha aumentato i suoi tesori.30

È l'amore, dunque, a strutturare l'unitotalità della vita che in Hegel assume un vero e proprio valore religioso fino a che, anche termino logicamente, si assiste ad una mutazione: questa nuova acquisizione segna la ricorrenza del termine Geist, ovvero Spirito, che, fa notare Coda è immanente al molteplice e si risolve nell'unificazione della molteplicità separata, ritrovando la pienezza di sé31

Quanto alla nozione di Geist, anche in questo caso Hegel trae spunto dalla categoria del Vangelo giovanneo, che, indicando Dio come Spirito gli darà occasione di individuare nella triadicità del movimento l'intera esplicazione di Dio stesso.

Tentando un primo abbozzo di conclusione quanto alla Denkform hegeliana ed alla necessaria mediazione ermeneutica del Cristianesimo, è importante notare -- e Coda lo sottolinea con puntualità- che la primitiva soluzione kantiana viene abbandonata in virtù di una sempre maggiore esigenza di speculazione che si presenta al pensiero hegeliano e lo conduce a pensare ad una conciliazione fra oggettivo e soggettivo, storia e religione, nonché fede e sapere. Su quest ermeneutica hegeliana del Cristianesimo risultano pregnanti le considerazioni di M. Pagano.

Il vero significato dello Spirito per Hegel è un sapere che è attività e che esce da sé alienandosi per ritornare più ricco e determinato di nuovo a sé. Nella trinità trova espressione, nel più alto grado mai raggiunto dalla religione, il tema della conciliazione, inteso non come unità immota ed indifferente ma come identità dell'identità e della differenza, come unità cui si perviene attraverso la differenza.32

Come si può vedere il Cristianesimo attraverso le categorie dell'amore e della vita diviene per Hegel la pista ermeneutica per ridare un linguaggio alla filosofia ed alla teologia e per recuperare all'istanza speculativa il corpus stesso della dogmatica cristiana.

Pregnante e decisivo è, dunque, il punto di vista di Coda che intuisce in questa istanza hegeliana tanto un influsso della mistica pietista, sia pur mediata dalla tradizione illuministica, tanto un influsso della mistica medievale renana, nella fattispecie quella di Meister Eckhart, per quanto concerne, p. es., l'istanza della conciliazione fra libertà soggettiva e libertà oggettiva o per quella istanza di Bildung33 che prelude nei sermoni tedeschi all'unità con la deità raggiunta mediante uno svuotamento (Entleerung) di quanto è diviso. Afferma Coda:

Concetti quali quelli di Liebe e Leben, Einheit vengono spesso ritrovai e letti da Hegel a partire dal Nuovo Testamento. Ma ciò che caratterizza fin d'ora la tipicità della lettura hegeliana- che del resto era assiano une nel clima romantico della Germania del tempo- è una pre-comprensione che, seppure con le debite precisazioni deve essere detta sfondo panteistico: quel concetto di intero e di unitotalità che sta un po'al di sotto di tutta la riflessione hegeliana di questo periodo ha infatti un'indubbia coloritura panteistica.34

Nonostante questo ci dovremmo chiedere se il panteismo hegeliano non sia anche determinato dall'idea di partire dall'Assoluto come uni-totalità per poter rendere ragione del movimento intrinseco che ha come finalità l'Auf-hebung la cui traduzione è, a dun tempo toglimento/conservazione.

Questione, che ci pare legittimo porre anche a partire da alcune letture tedesche di Hegel citate da Coda che ravvisano nel pensiero hegeliano una vera e propria dottrina contemplativa (Kontemplative Gotteslehre) 35data la suggestione eckhartiana, ma, in qualche aspetto Coda evince anche un'influenza di Giovanni della Croce, che legge a partire dal Todo divino il nada delle creature, così come fa Eckhart con il suo echtes Nicht, per indicare l'unità mistica in Dio, di Dio nell'uomo, dell'uomo in Dio. Una speculazione legata all'amore, la cui istanza mistica è tanto forte quanto lo è quella della filosofia fatta sapere in atto, che, mentre supera il dualismo fra amore e sapere alla volta del secondo, non annienta in se stessa il cammino di un amore che mai si ritrova se non in un perdersi.

3. Trinità e storicità: il cammino dello Spirito fra religione e concetto

Pervenuto allo Spirito, il sistema hegeliano, sente l'esigenza di rendere filosoficamente con il pensiero il proprio tempo, e se il pensiero si esplica come Spirito che raggiunge la sua effettualità (Wirklichkeit) nel cammino di differenziazione e di alterazione da sé, Hegel deve recuperare la condizione di storicità come istanza dialettica di un sapere triadico/trinitario che esplica in se stesso la non unità e l'unità. In tal senso l'ermeneutica trinitaria rappresenta la comprensione speculativa della storicità di Dio.

Tuttavia, se le cose stanno così, non è possibile non ravvisare nel sistema hegeliano, un'altra fondamentale esigenza di conciliazione (Versöhnung), quella fra fede e sapere (Glauben und Wissen) . Naturalmente l'esigenza è dovuta, come Coda ben asserisce, al fatto che il contrasto fra ragione illuministica e fede cristiana sembra concludersi con una vittoria della ragione sulla fede.36

Ma ad un esame più profondo dei termini del problema occorre in verità chiedersi «se la ragione vittoriosa non abbia sperimentato il medesimo destino a cui sono solite sottostare le forze vincenti delle nazioni barbare in rapporto alla debolezza soccombente delle nazioni più colte, cioè di conservare la supremazia per ciò che concerne il dominio esteriore ma di essere sottomesse al vinto per ciò che concerne lo spirito.37

Come dire che Hegel ritiene la religione cristiana ancora in grado di dominare la ragione, anche se dovremmo intenderci in che senso egli usa il termine. Non si tratta certo di una ragione umiliata o mortificata, quanto, invece, di una ragione che può e deve pensare il dato cristiano come l'istanza più profonda di se stessa e della propria storia. Se le cose stanno così, Hegel propone in verità un'ermeneutica trinitaria a partire dal concetto di storicità.

Hegel ritiene che l'illuminismo abbia tentato certo una riconciliazione ma a prezzo di un'esclusione della fede per affermare la propria autonomia.38

Egli parla dunque di nullità dell'illuminismo.39 A suo avviso, infatti, la ragione illuministica sta scontando nei confronti della fede la sua incapacità di comprendere i problemi religiosi il che costringe la sua soggettività a porre il meglio di sé in un al di là di sé, in una fede al di fuori, al di sopra di sé,40

All'avviso di Hegel questo inficia da un lato la soluzione che da Kant passa attraverso Jacobi e Fichte, dato che il loro pensare è legato all'infinitezza come lato negativo dell'assoluto, identificando in questo anelito sapere e fede.

Se il guadagno è dato dal fatto che si ipostatizza un pensiero della soggettività e dell'infinitezza che si avvicina maggiormente all'Assoluto, però resta l'istanza di un'indifferenziazione che fa cadere tutto nella notte dell'infinitezza. Tale parabola filosofica va, dunque, reinterpretata a partire da un colpo d'ala, come Coda chiama la pagina finale di Glauben und Wissen, fede e sapere41ovvero la sua lettura del pensiero moderno a partire da

uno schema di Assoluto che si esprime e si realizza nella storia attraverso la negazione di oggetto e soggetto per pervenire a sé, ma anche sulla falsariga dell'evento centrale della fede cristiana: la morte e la resurrezione del Cristo.42

L'idea portante sta nel fatto che la dialettica trinitaria è collegata al superamento della potenza del negativo. Ciò che di più suggestivo possiamo trovare in questo pensiero è proprio il farsi storico e concreto della dimensione speculativa che reca tutta la durezza dell'assenza di Dio, che è anche il dramma stesso insito nella Trinità, ma che pure, riprendendo Pascal, è il Dio perduto et dans l'homme et dehors de l'homme, anche se si tratta del mero momento dell'idea assoluta, la cui suprema totalità dell'intero risorgerà luminosa e libera.43 La centralità del negativo sancisce, dal punto di vista hegeliano l'entrata di Dio nella storia universale, attraverso la stessa Croce di Cristo, nella quale si è conchiusa la conciliazione. Tuttavia ancora più potente è l'idea che dal negativo promana in quanto Hegel lo legge come morte di Dio, evidenziando come questo evento sancisca lo stesso compiersi della storia divina, ma questo stesso compiersi attraverso la kenosis ed il negativo è la stessa natura di Dio fattasi storia.44

In questo evento unico si dà anche la stessa possibilità di comprensione della storia.

Hegel, tuttavia, parla anche di un dolore infinito, una tonalità spirituale che in precedenza si era radicata nella cultura solo storicamente, nella vicenda di quel Venerdì santo storico e che ora deve diventare speculativo, assurgendo ad esistenza filosofica. È chiaro che Hegel alluda alla vicenda cristologica, ma ravvisa nel Cristo il momento di passaggio dell'Assoluto stesso che prelude alla Resurrezione della totalità.

Coda non manca di rimarcare che la pista hegeliana attiene ad un'istanza metafisico gnoseologico della modernità nel momento in cui ritiene che il negativo della morte di Dio sia all'inizio una mera idea della soggettività, che ora deve, però, divenire verità in Dio stesso (donde l'idea di una dimensione storica dello stesso evento staurologico che si innerva nel cuore trinitario di Dio). L'originalità è costituita, ad ogni modo, dal fatto che l'intuizione hegeliana ha un inestimabile valore teologico: Hegel, infatti, legge la kenosis di Cristo e l'evento del Venerdì Santo come un momento di Verità in Dio stesso. Afferma Coda:

L'essenziale ci pare, è riconoscere che Hegel, probabilmente per primo e con una radicalità sino a lui sconosciuta, ha colto attraverso il mistero del Crocifisso che il non è un momento interiore della vita stessa di quel Dio che è Amore in quanto è Trinità e che in questo non nel suo mistero ineffabile è racchiuso anche il segreto più profondo della creazione e del mistero della salvezza.45

La Croce di Cristo rappresenta in primis il dramma di Dio in Dio, il mistero di un abbandono offerto in amore puro a Colui che abbandonando, permette all'abbandonato di sperimentare tutta la potenza abissale dell'Assenza di Dio, pur mentre ne riconduce, in quello stesso abbandono l'intensità della Presenza come comunione. Come afferma la teologia cristiana, nella fattispecie di una voce suggestiva qual è quella di Moltmann, la Croce rappresenta il climax della Rivelazione di Dio come comunione, la manifestazione suprema del Suo Mistero inaccessibile. Allo stesso modo, la speculazione hegeliana perviene alla conclusione secondo la quale

la riconciliazione in Cristo nella quale si crede non ha alcun senso se Dio non è conosciuto come trino.46

Mantenendo fermo quell'intreccio di ontologia e gnoseologia, dato che in Hegel essere e conoscere coincidono (è lo Spirito Assoluto che sa di se stesso nella conoscenza dell'altro da sé che determina la sua dinamica unitaria), il filosofo tedesco può affermare che

Tutto ciò è intuito nel Cristo e più precisamente nel Cristo Crocifisso. Nel Cristo viene rivelata la natura divina, questo stesso corso della vita, la Trinità ove l'universalità si oppone a se stessa e vi resta identica con se stessa. Dio è in questo elemento di eternità il congiungersi con se stesso, questa congiunzione di sé con sé. Solo la fede concepisce ed è cosciente che nel Cristo questa verità, che è in sé e per sé è intuita nel suo corso e che solo attraverso lui viene rivelata questa verità.47

Coda mette in evidenza che il sistema hegeliano si esplica davvero come ermeneutica dell'evento pasquale a partire da una lettura trinitaria della Croce. In sintesi la Pasqua di Cristo è speculativamente evento trinitario e nocciolo del kerygma cristiano, visto che la consumazione storica di Gesù di Nazaret coincide, per così dire, con l'evento del Cristo della fede e l'invio stesso del Risorto alla sua comunità è un invio di tipo trinitario.

In ogni caso è fondamentale rilevare la dimensione storica di questo evento trinitario che nella storia stessa si dà a comprendere.

Dicendo che la Pasqua del Cristo è il centro e la totalità della storia, Hegel ha certamente voluto dire che in essa è racchiuso il senso e il nucleo propulsore della storia universale -come storia di Dio e storia dell'uomo.48

Crediamo sia necessario richiamare l'attenzione su due punti focali. Il primo attiene all'idea secondo cui in Cristo l'Assoluto di Dio invera se stesso come Totalità a partire dalla riconciliazione e dalla vittoria sul negativo, dando a questa sua dialettica il carattere trinitario, nel trionfo del Geist, dello Spirito stesso. Il secondo riguarda l'istanza teologia di una ricapitolazione in Cristo della creazione intera. Per questo stesso motivo Coda fa notare che

Quando Barth parla di inklusive Geschichte e W. Pannenberg di prolessi cristologica, rifacendosi almeno in parte allo stesso Hegel, l'indicazione hegeliana della totalità della storia realizzata in Cristo si esprime in forme che rispettano la complessità del mistero cristologico e pasquale.49

Questa digressione ci permette di offrire una visone altra del sistema hegeliano rispetto ad un'interpretazione, talora unilaterale, a favore della chiusura della sua speculazione. Se, infatti, il corso dell'Assoluto richiede il suo snodarsi nella storia, esso non può che conferire alla storia lo statuto di un'ermeneutica mai risolta, la cui finalità è prolettica, e, tuttavia si tratta di una prolessi che indica un orizzonte disteso nel già-non ancora di un compimento che non esclude il divenire.

Per questo motivo la portata speculativa hegeliana ha una ricaduta squisitamente teologica e trinitaria dato che, centrando se stessa sul kairós cristologico come evento trinitario dispiegato mantiene aperta la dialettica a favore di una storicità che continua come storia dello Spirito (Geist) nella comunità la quale, nella sua forma di creazione ultima, germoglia dallo stesso evento staurologico, trionfante sull'immane potenza del negativo.

Così viene concessa una dimensione nuova della storia che dice come in Cristo l'uomo ha raggiunto la sua unità con Dio, come lo Spirito sia davvero la sintesi di ogni tempo che, in questo cammino dell'Assoluto è sempre tempo di grazia.

4. Il venerdì santo speculativo: la chiave dell'evento pasquale e il momento di verità in Dio stesso

Ci vorremmo soffermare, ora, su questa idea grandiosa del venerdì santo speculativo che già fu storico perché la riteniamo molto pregnante da un punto di vista teologico. Nonostante il linguaggio altamente filosofico, tipico di una speculazione altissima come quella hegeliana, la cifra è del tutto cristologica.

Vi possiamo ravvisare, come dice Von Balthasar nella sua poderosa opera dal titolo TeoDrammatica una sorta di cristologia dei due stati:

a) Lo status exinanitionis che conduce Cristo all'obbedienza fino alla morte ed alla morte di Croce.

b) lo status exaltationis che conduce Cristo alla gloria della Resurrezione.

Essi possono corrispondere alla storicità ed alla speculazione, intendendo con la seconda categoria quella sorta di metafisica dello Spirito che diviene altro da sé per inverarsi nella storia e per illuminarla dall'interno. Tuttavia si tratta di un vero e proprio dramma di Dio in Dio che riconduce a Dio tutta la durezza della storia di morte. In effetti, questo venerdì santo rende manifesta:

non solo la differenza (trinitaria) tra il Padre e il Figlio, ma anche quella tra lo Spirito e il Figlio, e viene vietato qui ogni tentativo di identificazione fra i due.50

È in questa differenza, tuttavia, che si esplica anche la più intensa coscienza che Dio stesso si dona nel sembiante dell'uomo Gesù abbandonato, che lascia intravedere il Nichts, il Nulla dell'Assenza di Dio ma divenendo, proprio per questo, una sorta di eckhartiana negatio negationis che si esplica come toglimento del nulla stesso attraverso l'evento aletico che promana dalla Croce stessa dato che la Verità di Dio si rivela nel dono che infinitamente abbandona.

Si tratta, in ogni caso, di una Verità che tocca lo s-fondo stesso della Deità (Ab-grund nel senso eckharitano) tale che Dio stesso non può essere Dio senza il segno di questo venerdì santo che, per converso, possiamo chiamare storico, in quanto fu già speculativo, in quanto il dramma divino è stato proletticamente consumato in un kairos eterno che non può smettere di compiersi dialetticamente nel tempo.

Il venerdì santo speculativo che già fu storico è la più grande ermeneutica che implica la storia dell'uomo in Dio e la storia di un Dio consustanziale all'umanità.

Per questo stesso motivo è fondamentale quanto il nostro teologo asserisce, ossia, che la teologia trinitaria, ripensata e riproposta sulla pista hegeliana può e deve illuminare in una rinnovata ermeneutica storica lo stesso dogma della homoousia di Cristo con il Padre.

Esso, tuttavia, sta a simboleggiare anche l'evento della morte di Cristo, la quale si può coniugare allo stesso modo con il momento di verità di Dio ed in Dio in quanto essa segna la soglia del Regno di Dio, che è la sua sovranità liberamente accettata da ogni uomo51

Si diceva del carattere drammatico di tale venerdì santo speculativo e questo è tanto più vero se, come afferma Piero Coda:

Sarà dalla morte in Croce di Cristo che la differenza, consumato tutto lo spazio infinito del suo dispiegarsi si convertirà nella riconciliazione, cioè nell'unità dello spirito assoluto. Occuparsi della seconda sfera è dunque occuparsi del momento dell'oggettività divina sviluppata, nel quale il divino giunge al suo più alto essere fuori di sé, e, insieme al suo punto di conversione poiché la più grande estraneazione, il punto, la verità estrema dell'esteriorizzazione è anche il momento del ritorno a sé.52

Non solo il Cristo Crocifisso è la Verità di Dio, la Verità stessa con la quale il Mistero di Dio è rivelato in quanto accesso nello Spirito a quel Regno di Dio in/tra noi, come libera accettazione della Sua sovranità creduta, attestata, ma invocata allo stesso tempo, bensì è chiave ermeneutica dell'intera totalità.53 Sottende il proprio dell'idea di Dio rivelata nel Cristianesimo, la quale

non è immobilità ma dinamicità capace di rendere presente Dio senza alienarlo nel suo stesso contrario: la finitezza la morte il peccato.54

D'altro canto l'istanza di verità di Dio coglibile nel venerdì santo speculativo- storico si esplica specularmente nella stessa verità dell'uomo mediante l'Incarnazione (Menschwerdung). Come dice Coda

Se dal racconto gene isiaco è dunque già implicita «la coscienza dell'unità della natura divina e dell'umana in quanto l'uomo porta in sé l'idea divina e non la porta in sé solo come una cosa qualunque, ma come ciò che è la sua natura sostanziale, la sua determinazione, la sua unica possibilità.55

Hegel ritiene di dover concepire l'alterità fra natura umana e divina sulla base della differenza fra l'alterità fra il Figlio ed il Padre, ovvero come un'alterità che non diminuisce o compromette l'unità ma la esprime e la rende possibile.56 Proprio per questo motivo si può leggere la categoria del venerdì santo alla luce di quella dell'Incarnazione -- fin qui l'impianto teologico è ineccepibile- ma. occorre subito specificare che Hegel pone l'accento sul werden, ovvero sul divenire, attraverso cui la natura umana trapassa in quella divina, il che può essere solo se Dio stesso è questa soggettività della natura umana57

Quale soggettività della natura umana potrebbe Dio stesso incarnare se non quella di Cristo e di Lui Crocifisso, che è anche il culmine della compiuta riconciliazione dato che l'abbandono da parte di Dio si rivela come abbandono in Dio di Dio stesso, di quel Dio che in Cristo muore sperimentando il nulla di Dio, pur divenendo Egli stesso la condizione di una nuova presenza di Dio nel dono dello Spirito?

Ineludibile è, qui la portata cristologica dell'edificio hegeliano, di cui però restano delle ambiguità da valutare.

5. Trinità: cuore del Cristianesimo e statuto del pensiero: il paradosso di Hegel

Abbiamo già ripetutamente evidenziato che la teologia cristiana ha di recente maturato una consapevolezza, per altro, sempre viva nella speculazione della grande Traditio ma ora ancor più viva grazie anche al guadagno ermeneutico della categoria antropologica della Relazione, che il suo cuore stesso è trinitario e che l'unità di Dio non può che essere pensata a partire dalla communio personarum divinarum. Come dice Coda questa istanza è fondamentale per conferire una nuova prospettiva ermeneutica globale sull'intero mistero cristiano.58

Esplicandosi come rivelazione stessa del Dio cristiano, la Trinità, non può che essere una sfida per il pensiero filosofico che è stato invitato a confrontarsi con essa, a rinnovare, sulla base di questo dato rivelato, consegnato alla sua sempre possibile ermeneutica, la stessa questione ontologica e metafisica, a ripensare di nuovo la relazione.

In ogni caso, la teologia trinitaria pone, oggi, una sfida importante anche al dialogo con il pensiero orientale e a quello islamico, quanto all'unità ed alla relazione che la caratterizza, in modo tale che è in virtù di essa che si può sviluppare un'ermeneutica sempre più consapevole del Cristianesimo, ma anche dare origine ad una fede pensata, secondo quanto auspicava lo stesso Agostino.

Piero Coda è ben consapevole di queste istanze tanto che le sue Ipotesi su Hegel nascono nell'alveo del dialogo sia in prospettiva ecumenica, sia in rapporto alla cultura moderna e contemporanea, nel solco del Vaticano II.59

In ogni caso lo stesso Hegel non ignora che l'esito trinitario, nonché pasquale del pensiero cristiano ridisegna un nuovo rapporto fra ragione e rivelazione, e, secondo la visione da lui offerta alla cultura, esso fornisce allo stesso pensiero la sostanza forte della sua speculazione, quanto alla dialettica fra storia e spirito, fra storia e fede che si esplica specie nel secolo di Hegel.

Per questo motivo dovremmo concentrare l'attenzione su Hegel e la teologia, cercando, come si diceva all'inizio della nostra trattazione di rileggere il nostro filosofo alla luce delle ultime formulazioni teologiche. Osserva Coda:

La prospettiva teologica in cui l'incidenza hegeliana è oggi marcatamente più evidente è quella del Gekreuzigte Gott, sia nella versione che ne ha dato Moltmann sia in quella che ha proposto Eberhard Jüngel [...] . Il pensiero hegeliano è rivalutato e messo a profitto dopo la svalutazione radicale che ne aveva fatto la teologia di marca esistenzialista- per la duttilità tutta particolare che sembra mostrare nel coniugare i profondi interrogativi che interpellano la fede cristiana a partire dal mondo della morte di Dio con il centro stesso di questa fede: la rivelazione cristologica.60

In effetti, l'evento della Croce, che dà a pensare, specie se visto alla luce di un dinamismo trinitario nel quale il Dio riconciliato in sé nell'amore, si presenta come Colui che riconcilia l'immane negatività del mondo, essendo presente come Dio che si abbandona là dove regna l'assenza di Dio, sembra avere in Hegel un'allure drammatica e una intensità mistica assolutamente distante dalla List der Vernunft in cui pure il pensatore ritiene di dover ricondurre ogni particolare in un incontrovertibile panlogismo.

Qui, però, è innegabile l'afflato cristologico e pasquale che vuol rendere ragione di come dire Dio nei tempi moderni.

Importante è notare come la concezione della totalità della storia che Hegel elabora sia inclusa nell'evento pasquale del Cristo.61 Se le cose stanno così, è necessario precisare che la visione hegeliana della storia implica una sorta di secolarizzazione della teologia trinitaria, dato che il climax è la glorificazione Dio, intesa nel senso dell'attuazione della libertà di Dio nell'uomo e di quella dell'uomo in Dio62

Questo significa, tuttavia, assumere l'implicazione dialettica per rendere ragione di tale ermeneutica trinitaria, e individuarne il cammino nei punti seguenti:

-il toglimento del Cristo e della sua esteriorità

-il toglimento della realtà di Dio come altra da quella dell'uomo

-il superamento della finitezza dell'uomo nella sua unità reale con la natura divina63

Quanto al primo punto, si allude certamente al fatto che la morte stessa di Cristo in Croce rivela la natura intrinseca di Dio ma anche quella dell'uomo che, attraverso Cristo, può riconoscere come intimo a se stesso Dio. Ne consegue che Dio e uomo cessano di essere reciprocamente alterità e recuperano al contrario una reciproca appartenenza, tale che l'uno può rinviare all'altro. Così l'uomo reca realmente in se stesso la coscienza di Dio infinito, superando quella infelice di una scissione ricomposta solo in un anelito. Così scrive lo stesso Hegel:

La verità cui gli uomini soni giunti per mezzo di questa storia è che l'idea di Dio è diventata per essi una certezza, che l'uomo ha raggiunto la certezza della sua unità con Dio, che l'uomo è veramente spirito presente e veramente tale, che questa storia come lo spirito che comprende, è la rappresentazione stressa del processo che l'uomo è spirito e [...] nella morte di Cristo è stata uccisa per la vera coscienza dello spirito la finitezza dell'uomo.64

Lo Spirito sembra essere il climax della perfetta riconciliazione,: dispiegamento effettivo della Soggettività assoluta (Dio nella storia) esso è la stessa riconciliazione in Lui dell'antica scissione della natura umana, dato che, nello Spirito l'uomo si sa in Dio e Dio raggiunge nell'uomo Gesù la Sua stessa Verità.

Tuttavia, il linguaggio teologico della riconciliazione si declina in modo armonico con una categoria di valore altrettanto teologico quanto quella della mediazione. La riconciliazione nello Spirito è stata raggiunta attraverso la mediazione di Cristo che toglie in sé la negazione, nonostante sembra che in Hegel lo Spirito determini ancora un toglimento della figura di Cristo, quasi vanificando un'illuminante intuizione in una logica necessaristica.

Se da un lato, infatti, possiamo cogliere in Hegel un'istanza intersoggettiva che sfocia nel riconoscimento reciproco di Dio in Dio e attraverso Cristo dell'uomo in Dio, sembra che questo dinamismo iniziale si esplichi nel risultato dell'unitotalità. Pure, come fa notare Coda, cogliendo un'ambiguità che si rivela feconda:

Lo Spirito si identifica, infatti, per Hegel in quel terzo elemento che permette al rapporto intersoggettivo di realizzarsi cioè come dispiegamento effettuale della soggettività assoluta. Ritorna così uno dei temi centrali della PH G (si ricordi la dialettica del riconoscimento) a confermare ancora una volta la poderosa organicità della sintesi hegeliana.65

Crediamo importante soffermarci sull'istanza del dispiegamento effettuale della soggettività assoluta, dato che si può ravvisare in esso un germe importante per la teologia stessa. Se la soggettività assoluta si dispiega nella storia, ravvisando la sua dialettica intrinseca, come abbiamo avuto modo di evidenziare, potremmo concludere da un punto di vista teologico che la Trinità immanente coincide con la Trinità economica secondo quanto dice Karl Rahner: dunque la Rivelazione di Dio come Trinità è la stessa autorivelazione di Dio.

Non poche sono le suggestioni di teologia trinitaria che emergono dalla poderosa sintesi del pensiero hegeliano, anche se i fraintendimenti della sua filosofia e la visione pan logistica che la caratterizzano hanno spesso contribuito ad una deriva immanentistica tanto da accentuare una distanza critica.

Per questo motivo dovremmo individuare quelli che Coda vede come i tradimenti della promessa hegeliana alla teologia. Avviandosi quasi alla conclusione della sua notevole opera, il teologo italiano non manca di far rilevare come:

Hegel ha voluto leggere tutta la problematica del mondo moderno (quella filosofico-teologica come quella etico -- politica) alla luce della rivelazione cristiana. Anzi egli ha voluto trovare la soluzione anche ai più acuti problemi dell'epoca moderna sino a quelli più drammatici del nichilismo e dell'»assenza di Dio- proprio all'interno della proposta cristiana: basta ricordare in proposito l'emblematica pagina finale di GW. [...] . Per Hegel la rivelazione cristiana resta l'orizzonte di comprensione della cultura occidentale oltreché il compimento del cammino religioso dell'umanità intera.66

Cristianesimo e cultura sono dunque i due momenti sui quali Hegel fonda il suo sistema, e sui quali la teologia stessa può stabilire un dialogo. In ogni caso, un dialogo onesto e serio è quello che individua anche i punti di contrasto e gli eventuali fraintendimenti che si possono nascondere. In effetti, Piero Coda continua dicendo:

Eppure, non bisogna dimenticarlo mai, forse in nessun pensatore moderno come in Hegel si possono scorgere con più evidenza le radici del secolarismo e dell'antropocentrismo contemporanei come dimostrano in particolare gli sviluppi dell'hegelismo che da Feuerbach portano a Marx e a Bloch e- quelli meno evidenti -- ma altrettanto giustificabili- che da Nietzsche portano a Altizer. Perché? Perché l'esaltazione voluta e ricercata del cristianesimo s'è rovesciata nella sua pratica e teoretica negazione?67

Questa domanda deve restare aperta: in effetti, essa inerisce al gioco dialettico con cui Hegel intuisce l'Assoluto farsi immanente alla storia, con cui ravvisa nella figura del Cristo e nell'evento pasquale la categoria della totalità come finalità e ricapitolazione stessa della storia.

Resta dunque questo dubbio e questa ambiguità che non permette ad Hegel di essere il teologo del Protestantesimo, come ben evidenzia Barth ed insieme resta la grandezza di un pensiero ceh coglie nel Cristianesimo la radice di un sapere ermeneutico. Osserva ancora Coda:

Sul versante delle soluzioni avanzate in campo cristiano qualcuno ha persino voluto vedere anticipate in Hegel alcune tematiche sul rapporto fra la storicità dell'uomo e la Rivelazione di Dio, fra la Chiesa e il mondo proposte dal Concilio Vaticano II.68

Si tratta, in effetti, di una questione importante, già rilevata da un grande Padre come Sant'Agostino. Come si può dare una fede ed una fede pensata? In ultima analisi come può darsi una fede nell'ambito di un sapere che permetta un riconoscimento reciproco ed una dialettica di entrambi? È vero che resta pure l'ambiguità di una religione tolta e ricompresa nella filosofia, di un toglimento della rappresentazione nel concetto. Ma in questa fatica del concetto è forse così illegittimo scorgere la fatica di una storicità aperta all'Assoluto ed il cammino di un Assoluto che vuol incontrare la storia? Non si può forse cogliere la fatica di un uomo che ritrova in se stesso il divino, ma anche la passione e l'estasi di Dio verso il suo altro cercato ed amato, la cui alterità è assunta da sempre nell'intimo della comunione? Scrive Hegel:

Solo la Trinità è la determinazione di Dio come spirito, senza questa determinazione spirito è una vuota parola.

E ancora:

Se, in quanto spirito, non può essere per noi una parola vuota, Dio deve essere concepito come Dio uno e trino, questo è ciò in cui si esplica la natura di Dio. Dio viene così concepito in quanto si fa oggetto per se stesso nel Figlio e permane in questo oggetto;inoltre in questa distinzione di sé da se stesso supera in pari tempo la distinzione e in lui ama se stesso, e cioè è identico con sé, si ricongiunge con sé in questo amore. Solo così Dio è spirito.69

Come non cogliere, qui, tutto lo sforzo ermeneutico di dire, nella Trinità, l'istanza teologica di un Dio che vuol farsi storia, che in Gesù Cristo ha preso carne, sangue, ha vissuto la fatica della terra, ha assaporato il pathos profondo dell'umanità ferita, il brivido stupito della creazione, l'agonia e la speranza del ritorno al Padre? Forse che la stessa teologia, elaborando la riflessione cristologica non parla di una fede di Gesù che nell'istante supremo dell'abbandono si fa intensità della comunione con il Padre?

A questo proposito non possiamo non sottolineare come l'istanza del negativo, ovvero la potenza del non assuma un ruolo centrale, dato che esso costituisce la negazione di sé per amore nel rapporto con l'alterità, così che Hegel ha davvero intuito La forma specifica della rivelazione cristiana.70

Fin qui la promessa hegeliana e l'impulso offerto dalle lezioni sulla religione e dalla sua comprensione del Cristianesimo di donare un linguaggio moderno alla stessa riflessione teologica.

Tuttavia, quasi ottemperando all'intrinseco imperativo della sua dialettica, è la stessa promessa che cela il tradimento. Asserisce Coda:

È vero che da un lato il fallimento della sintesi hegeliana ha accelerato e reso in certa maniera più lucidamente disincantata (se non talvolta disperata) la corsa verso l'ultima spiaggia dell'autodistruzione del soggetto umano di tutta una linea filosofica, che da Nietzsche si snoda fino a certe interpretazioni atee dell'esistenzialismo e allo strutturalismo di Michel Foucault: ma, d'altro lato è altrettanto certo che, per più aspetti, Hegel si presenta come un precursore, un pensatore che ha voluto risolvere in radice alcuni centrali nodi teoretici che ancor oggi restano in gran parte da sciogliere, non solo in campo filosofico ma anche in quello teologico.71

Il passaggio citato evidenzia esattamente come Hegel sia davvero segno di contraddizione: se ci si attiene alla cifra della storicità nell'ambito di un'ottica trinitaria si può vedere come la teologia non possa rimanere insensibile alla necessità di dare alla fede, in virtù della storicità della Rivelazione- la storia è invero locus theologicus -- un carattere ermeneutico: fede e sapere si possono benissimo esplicare come credere e comprendere. Ma se il moto dialettico dello Spirito ricongiunto a sé dopo la scissione è visto nell'ambito di una logica della necessità, la perfetta Afhebung è davvero un toglimento dell'Assoluto stesso, perfettamente coglibile in un struttura totalitaria di carattere ambiguo e pericoloso, come ha ben evidenziato Franz Rosenzweig.72 In effetti, si giunge alla morte di Dio ma anche alla morte dell'uomo, intese come una sorta di de profundis tanto per l'istanza metafisica (da Hegel reputata necessaria al pensare), tanto per quella ontologica.

Possiamo, però, rendere ragione di come un'intuizione geniale quale quella hegeliana si sia trasformata in questo tradimento.

Hegel ravvisa nel Cristianesimo non un nebuloso coacervo di Verità credute per autorità esteriore ma invece la luminosità di una verità che è in grado di illuminare tutta la realtà a livello ontologico ed etico-politico.73 Anche su questa idea portante, fa osservare Coda, bisogna operare una serie di distinzioni teoreticamente articolate quanto sfumate.

Inizieremo dalla seconda parte dell'assunto, quello secondo cui la verità cristiana illumina la realtà ontologica ed etico- politica.

La teologia cristiana non può eccepire nulla su questo fronte. La Gaudium et Spes al n. 22 sostiene che in Cristo morto e risorto l'uomo assurge al suo vero stato e che Gesù non solo rivela il volto di Dio ma rivela l'uomo a se stesso. Questa istanza, che Hegel ravvisa, sia pur in un linguaggio differente non è che l'implicazione più vera del dogma di Calcedonia.74

In seconda istanza, è vero che la teologia trinitaria ha effettivamente permesso il rinnovamento dell'ontologia e ha anche fornito una logica alla comprensione della cultura moderna.

Ci si deve, però, chiedere se la ricerca hegeliana, coincida, di fatto, con quella di un'ermeneutica teologica impegnata sul fronte trinitario.

Su questo orizzonte comincia, però, ad affacciarsi il fatale tradimento come lo chiama Coda il quale lo ravvisa nell'impianto epistemologico che è alla base della Denkform hegeliana. Si tratta, infatti, di

una pre-comprensione panteistica e razionalistico- idealistico con cui Hegel si è avvicinato al centro della rivelazione cristiana.75

Questo basta per evincere la presenza di impulsi autenticamente cristiani nel pensiero di Hegel, di cui abbiamo già parlato, ma anche quella di elementi eterogenei che deformano i primi. L'istanza razionalista e panteista sembra risolvere il movimento dialettico in una sorta di unitotalità che pare dimenticare la differenze, donde l'equivocità dell'Aufhebung, ed inoltre rimanda ad una logica delle necessità del negativo che svia dall'idea della gratuità e della libertà con cui Dio si fa prossimo all'uomo, assumendo, come recita Fil. 2 la figura di Servo.

È chiaro che, in una via ermeneutica, non si può cercare l'intentio auctoris, però non possiamo, qui, esimerci dal chiederci se Hegel volesse davvero tradurre, da teologo, il messaggio cristiano nei tempi moderni. Probabilmente, fa osservare Coda,76 se lo voleva, egli mirava comunque a qualcosa di più, ovvero ad un superamento della religione nella pura speculazione, tale che il concetto si esplichi in tutta la sua istanza di Assoluto, e sia totalmente l'Aperto (offen-bart).

Ci chiediamo se questa dimensione dell'Offenbarung che reca l'istanza semantica di una totale apertura non sia stata poi la cifra dello sviluppo successivo della cultura tedesca e mitteleuropea che attraverso Hölderlin giunge fino a Rilke,77 nella quale la cifra cristiana, se pur con elementi spuri, ha giocato un ruolo fondamentale nella condizione esistenziale.

Di fatto Hegel ha cercato una conciliazione fra il Cristianesimo ed altre possibilità di pensiero, come quelle che si rifanno ai Greci seguendo il sogno della nuova Ellade tedesca.

In ogni caso si dovrebbe anche individuare una certa sfumatura gnostica nell'ermeneutica cristiana proposta da Hegel. Essa può evincersi ad esempio nell'ambito della conciliazione fra fede e sapere ove l'accento sulla conoscenza è preminente e si raggiunge la certezza della verità nel sapere di sé attraverso la negazione e l'alterazione. Decisamente Jacob Boheme è molto più presente di quanto si immagini e l'allure mistica, pur innegabile in Hegel, presenta una continuità con il neoplatonismo. Coda osserva in modo molto pregnante che:

Nella formazione della pre-comprensione hegeliana manca assolutamente ogni mediazione della tradizione cristiana (teologica e filosofica) patristica e medievale. Il che, ovviamente, non è cosa di poco conto. In una parola non era in certa maniera già prevedibile che una pre-comprensione a sfondo panteistico avrebbe di per sé pregiudicato un adeguato approfondimento del principio cristiano dell'unità e della libertà come nucleo della verità logica ed ontologica del mistero trinitario stesso?78

Ineccepibile l'osservazione, specie se, si considera che nell'economia trinitaria le persone divine, pur nella comunione, mantengono la diversità che consente la relazione, e in unico Amore sono i tre amanti la cui unità ha bisogno di essere compresa attraverso un'analogia (con un sensus eminentior) in quanto trascende totalmente ogni comprensione, così che l'accesso ad esso è davvero in una docta caritas che è dono di grazia.

Ora, in Hegel, manca completamente la dottrina dell'analogia che ha un grande ruolo nell'ambito di una comprensione del mistero cristiano, come ben evidenziato dai Padri.79 Questa mancanza viene giustificata da Coda come segue:

Un secondo e più grave handicap è la fiducia eccessivamente razionalistica con cui Hegel ha voluto tradurre la sua intuizione speculativa del Cristianesimo e -- di conseguenza -- le categorie eccessivamente impersonali ed astratte con cui l'ha fatto.80

Che Hegel abbia ravvisato nel Cristianesimo e nel cuore trinitario lo statuto del pensiero e del linguaggio moderni, come già rilevato, è di un'assoluta importanza. Il problema, tuttavia, rimane nel fatto che Hegel abbia pensato la perfetta trasparenza del Mistero a partire da un panlogismo che risolve ogni cosa in un'astratta (e monistica) universalità quasi dimenticando lo spessore e il sapore della fatica propria di un cammino storico, quello dell'Incarnazione di Dio, che si esplica in un'istanza soteriologica dell'uomo.

Hegel si è affrettato81 a risolvere tutte le questioni nella fatica del concetto, passando molto spesso da un tema all'altro nella spasmodica ricerca di un ubi consistam definitivo.82

Da ultimo manca in Hegel il riferimento alla dottrina della pericoresi, quell'inabitazione divina che permette alle persone divine una libera e continua donazione reciproca in un en-stasi ed un'estasi che si esplica nella stessa creazione, il filosofo tedesco aveva, infatti, ritenuto di risolvere il midollo stesso della rivelazione cristiana nell'attività specificamente razionale. In questo senso sfugge ad Hegel totalmente la differenza strutturale tra l'idea dell'amore e la struttura monologica della coscienza.

In modo tale che diventa comprensibile da un punto di vista hegeliano la tesi dell'analogia strutturale tra concetto e soggetto.83

Quanto alla questione della salvezza, riteniamo che Hegel doni a pensare. La sua soluzione che ravvisa nella totalità dell'Assoluto ogni aspetto della singolarità, della finitudine, del negativo, come calmando l'angoscia esistenziale in un etereo infinito dice davvero di una Bildung dello Spirito, e rende ragione della necessaria storicizzazione, ma forse non è che un racconto, una sorta di romanzo di formazione filosofica che, mentre si concentra sulla potenza del negativo in qualche modo la svuota di senso intuendola come un momento transeunte del sistema, facendo si che l'Assoluto passi davvero attraverso le sue figure poste, però, da un'intrinseca attività che potremmo definire autocreazione (autoctsis). Questo, però, oltre ad inerire ad una struttura eccessivamente monologica dello Spirito soggetto/oggetto del dramma, non toglie forse il pathos e l'intensità drammatica del corpus cristiano contenuto nei racconti evangelici della Passione? In questo darsi di elementi eterogenei, non viene forse davvero spostata la fede in una salvezza che si sperimenta come dono e come grazia) ed in ultima analisi nell'hapax di una theologia crucis che come scrive Paolo non può essere resa vana, in virtù di un sapere che risolve la differenza tanto ontologica quanto teologica in una logica dell'identico e che dà origine ad un'insolente teologia dell'identità per dirla con Barth?

La sfida proposta dalla pista hegeliana è davvero intensa e il suo sistema sicuramente non è chiuso.

Crediamo che la teologia debba coglierla, stare in compagnia di Hegel per superare Hegel, memore della storia degli effetti che può produrre, del guadagno che le può venire da una speculazione che la invita a ripensare i freschi legami della sua magnifica traditio.

6. Conclusione: Dialettica/dialogica. Per un'ontologia trinitaria con Hegel ed oltre Hegel

L'intuizione di Hegel resta indubbia e pregnante pur nel tradimento e di questo Coda è ben consapevole, ma ritiene che sia opportuno, proprio per questo ceh cessi il misconoscimento hegeliano e che con Hegel la teologia, specie cattolica, faccia seriamente i conti.

Osserva il teologo italiano:

la specificità e la genialità dell'intuizione hegeliana sta essenzialmente, a nostro avviso, nell'aver colto la struttura intrinsecamente trinitaria, o di unità nella libertà del mistero cristiano. Il tradimento invece nell'aver ridotto la specificità personalistico -- comunionale di questa struttura trinitaria nel ferreo necessitarismo del monologo con se stesso dello spirito assoluto.84

È pur vero che troviamo in Hegel un'istanza di soggettività, ma, proprio per i motivi di cui si diceva sopra essa non sembra mai avere i caratteri del dialogo nel quale le divine persone si interpellano nella libertà, nel quale la stessa vocazione da parte di Dio per l'uomo si esplica nell'istanza di un Volto davanti a cui la libertà umana è convocata.

Per poter cogliere questa specificità pregnante è la riflessione che Von Balthasar fa sul concetto di volto nell'ambito ebraico- cristiano:

Ciò che dice acusticamente la risposta (Antwort) dice visivamente la faccia (Antlitz). Nel litz si cela l'anglossassone wlitan in antico nordico lita, vedere, guardare ed in corrispondenza wlite, apparire, forma [...] Il volto è dunque ciò che risponde con lo sguardo. L'uomo e la donna stanno gli occhi negli occhi [...] . Colui che guarda incontra un contro sguardo, in cui egli che vede diventa visto.85

Viene, qui, evidenziata l'istanza di un'ontologia della persona attraverso la relazione, tanto più se si pensa ad una fenomenologia dello sguardo, sia pur del tutto particolare, insita nella teologia cristiana per cui attraverso e nello sguardo del Figlio si esprime la comunione del Padre con ogni creatura, chiamata da questo stesso sguardo alla comunione con la vita trinitaria.

Quanto ad Hegel, proprio qui sta il problema, quell'ostacolo che gli ha impedito di perseguire la sua intuizione geniale. Manca in Hegel il concetto di persona intesa come nucleo ontologico comunionale/relazionale che si esprime nella libertà. Fa notare Piero Coda:

Se, dunque, è impersonale l'idea di sostanza su cui si reggeva l'impianto della metafisica classica- ed Hegel ha per certi versi ragione nel criticarla e nell'invitare a un suo superamento sotto questo profilo- altrettanto impersonale è infondo anche la nozione hegeliana di un unico soggetto assoluto che, secondo le movenze necessitanti ed immanenti del suo concetto si auto evolve in un monologo chiuso in se stesso.86

Tale questione dirimente ravvisato dal nostro teologo è, da un punto di vista autenticamente dialettico, anche il presupposto per cui la teologia può e deve essere chiamata a ripensarsi trinitariamente nella sua Denkform. Seguendo la stessa suggestione di Hegel per cui il contenuto è il metodo stesso del pensare o viceversa (Si veda la nota prefazione alla Fenomenologia dello Spirito) la teologia cristiana è invitata davvero a ripartire dal Mistero Trinitario che è il suo specifico passando dalla dialettica hegeliana ad una dia-logica che permette di superare l'impersonalità monologica del Begriff. A questo proposito non si può non citare tanto la riflessione di W. Kasper che recupera suggestioni im portanti del pensiero dell'ultimo Schelling o quella di Klaus Hemmerle che, a questo proposito parla di una Dia-logische Analogie als Weg des Denkens zum göttliche Gott, ovvero di una analogia dialettica come via al pensiero di un Dio divino87

Coda si sofferma sul fatto che tale dialogicità può davvero essere la via per ripensare una teologia analogica, ma ritiene di dover meglio scrivere ana-logica dato che il suffisso ana implica il movimento verso l'altro88 ed il Dio cristiano è invero il Dio che si rivela in una sorta di ek-stasis verso l'altro. In tal senso lo Spirito Santo, in quanto Dio nell'estasi da sé verso il creato è davvero la Terza persona dell'eterno dialogo che unisce il Padre al Figlio, ma che unisce i divini tre nell'evento trinitario della creazione stessa.89

Il paradosso è secondo Coda che, da un punto di vista filosofico la Denkform del Cristianesimo di stampo hegeliano abbia condotto a Marx, e ancor prima a Feuerbach, nonostante Hegel abbia voluto pensare la storicità di Dio. La questione, però, è che in questo tentativo la soluzione panteistica già evidenziata ha condotto ad una in distinzione fra Dio e storia, fra Dio e creazione, ed infine anche fra singolo e tutto sociale.

Eppure, Coda sostiene, che forse la teologia può proprio ripartire da qui, da questa intuizione, per ripensare un autentico umanesimo trinitario, oltre ogni deriva cripto antropologica, e ripensarlo nell'ambito di un'autentica ospitalità davvero capace di fare spazio al terzo, inverando, nella distanza il detto di Hegel secondo cui Chi ignora che Dio è trino non sa nulla del Cristianesimo, ma certo neppure dell'uomo.

Copyright © 2011 Paola Mancinelli

Paola Mancinelli. «La Croce nel concetto: rileggere Hegel alla luce della teologia trinitaria». Elaborare l'esperienza di Dio [in linea], Atti del Convegno «La Trinità», Roma 26-28 maggio 2009, disponibile su World Wide Web: <http://mondodomani.org/teologia/>, [**103 B].

Note

  1. Si veda, non solo, l'opus magnum, tanto noto, quanto ancora poco studiato, Der Stern der Erlösung, Nijhoff, The Hague 1981, trad. it di G. Bonola, La Stella della Redenzione, Marietti, Genova 1985, ora anche Vita e pensiero, Milano 2005. Testo

  2. Parafrasiamo, così, il titolo della celeberrima opera di Bruno Forte, incipit della sua Simbolica ecclesiale, uscita per i tipi delle Edizioni Paoline nel 1988. Testo

  3. Su questo rimandiamo specie alla suggestiva interpretazione di Jean Wahl. Testo

  4. P. Coda, Il negativo e la Trinità. Ipotesi su Hegel, Città Nuova, Roma 1987. Testo

  5. P. Coda, Il Negativo..., cit., p. 9. Testo

  6. Su questo non possiamo non rimandare al significativo studio di I. Mancini, Kant e la teologia, Cittadella Editrice, Assisi. Più recentemente è stato pubblicato anche il pregevole volume di G. Ferretti, Ontologia e teologia in Kant,Rosenbeg & Sellier, Torino 1997. Testo

  7. P. Coda, ibidem. La teologia cristiana ha spesso assunto una mediazione ermeneutica per dire il Dio cristiano non corrispondente a categorie proprie di Dio, dimenticando talora la storicità e talora riducendo la stessa Incarnazione di Gesù ad una sorta di ruolo recitato dalla seconda persona celeste,nonostante la grande Traditio ecclesiale avesse espresso una poderosa e intensa teologia trinitaria, basti pensare ad Agostino in ambito occidentale. Hegel ha recuperato decisamente la dimensione della storicità, tanto che un teologo cattolico come Hans Kung vi ha ravvisato i prolegomeni di una cristologia, come si può evincere dalla sua opera, Menschenwerdung Gottes. Eine Einführung in Hegels theologisches Denken als Prolegomena zu einer künftiger Christologie, Herder Verlag, Freiburg1970, tradi .it. di D. Pezzetta, Incarnazione di Dio, Queriniana,Brescia 1972. Testo

  8. Ibidem. Testo

  9. Ivi,p.21. Testo

  10. L. Pareyson, Ontologia della Libertà, Einaudi, Torino 1995 Il testo raccoglie, per la cura di G. Vattimo e F. Tomatis le lezioni tenute dal celebre filosofo torinese presso l'Istituto Suor Orsola Benincasa di Napoli Testo

  11. Coda, Il negativo cit., p.21. Testo

  12. Ibidem. Coda cita in particola re l'intervento di W. Kasper nel dibattito sul Dio crocifisso di J. Moltmann, che pure era apparso in tedescoin Theologische Quartalschrift per evidenziare come Hegel possa fornire alla teologia una sfida ed anche una possibilità, quella di poter ripartire dall'ontologia trinitaria per parlare di una cristologia che pur serbando l'istanza della consustanzialità, possa recuperare l'idea di una prossimità di Cristo all'immane negatività del peccato, secondo l'assunto paolino. Inoltre l'accento viene posto sulla possibilità che una teologia che parla di Dio per amore del Crocifisso sia capace di fornire al pensiero una forte riserva critica. Testo

  13. P. Coda, Il negativo cit. p.26. Testo

  14. Si tratta dell'Aufklärung con la sua ermeneutica del dato religioso da Kant passando per Schleiermacher fino a Lessing. Testo

  15. P. Coda, Il negativo cit., p.26. Testo

  16. L'influenza della staurologia di matrice luterana è qui fin troppo evidente per non evidenziare come il dato del Cristianesimo rappresenti per Hegel una cospicua riserva teoretica. Testo

  17. P. Coda, Il negativo p.47. Testo

  18. Ivi, p.43. Testo

  19. Ivi, p.51. Testo

  20. P. Coda, Sul luogo della Trinità, rileggendo il De Trinitate di Agostino, Città Nuova, Roma 2008, p.94. Testo

  21. Non si può non sentire una assonanza con il linguaggio del Prologo del Vangelo di Giovanni nel quale la vita e la luce si esplicano nel loro dinamismo attraverso il Verbo che, compie, incarnandosi un processo di negazione del negativo Testo

  22. P. Coda, Il negativo cit., p. 51. Dobbiamo precisare che il teologo italiano si riferisce, nella trattazione della questione della Liebe alle opere hegeliane giovanili, in particolare Volksreligion und Christentum, (Religione popolare e Cristianesimo) nel biennio 1793-95 e la famosa Das Leben Jesu, La vita di Gesù del 1795. In queste opere, in effetti, il filosofo tedesco è occupato dal problema della scissione e della riconciliazione, abbandonando, come già detto, la soluzione kantiana. Testo

  23. P. Coda, cit., p.51. Testo

  24. Hegel si riferisce alla preghiera sacerdotale di Giovanni 17. Testo

  25. G.W.F. Hegel, Vorlesungen Über die Philosophie der Religion, trad. it di E. Oberti e G. Borruso, Lezioni sulla filosofia della religione, 3, voll., Laterza, Bari 1983 vol III, p.427. D'ora in poi abbreviato in V. Ph R Testo

  26. P. Coda, Il negativo p.54. Testo

  27. P. Coda, Il negativo cit., p. 54. Testo

  28. P. Coda, Il negativo cit., p.56. Testo

  29. Riteniamo che la storia degli effetti hegeliana cominci a trasparire anche in qualche produzione del pensiero cattolico attuale. Non si può non citare B, Forte, Trinità come storia o K. Hemmerle, Thesen zu einer trinitarischen Ontologie, Johannes Verlag, Einsiedeln 1976; trad. it di V. De Marco, Tesi di ontologia trinitaria, Città Nuova, Roma 1986. Testo

  30. P. Coda, Il negativo cit., p. 60. Testo

  31. Ivi, p. 64. Testo

  32. M. Pagano, Il luogo della conciliazione, in Aa. Vv, In lotta con l'Angelo, la filosofia degli ultimi due secoli di fronte al Cristianesimo, Sei, Torino 1989, p. 89. Testo

  33. Il termine Bildung, usato oggi anche in senso pedagogico e nell'ambito della filosofia della cultura, da importanti autori come Gadamer e Jaeger, è un termine precipuamente legato al linguaggio religioso cristiano mutuato tanto dalla mistica cattolica quanto da quella pietista e inerisce proprio a quel processo di formazione dell'immagine divina nell'uomo secondo un'unità sovrasostanziale e non confusa. Per la verità si può notare in Eckhart un influsso del neoplatonismo, la cui portata speculativa deve aver appassionato il giovane Hegel. Testo

  34. P. Coda, Il negativo cit., p.72. Testo

  35. Si veda p. es Schultz e Steinbuchel, così come Mosheim. Testo

  36. Si veda p. es la lettura kantiana contenuta in Die Religion innerhalb der bloßen Vernunft, ove il famoso filosofo del criticismo ritiene di dover coniugare in senso morale il dogma cristiano della Trinità Testo

  37. P. Coda, Il negativo, cit., p. 94. Testo

  38. Su questo, tutta è importante affermare che la storia degli effetti è andata in altra direzione, quasi per una sorta di eterogenesi dei fini. La famosa affermazione di Kant (Critica della Ragion pura) ho dovuto eliminare il sapere per far posto alla fede, implicherebbe l'istanza di un'ermeneutica teologica non contaminata da istanze metafisiche che non le appartengono. Da notare che il termine usato da Kant è lo stesso termine di Hegel: aufheben. Testo

  39. P. Coda, Il negativo, cit. p.94. Testo

  40. Ibidem. Testo

  41. P, Coda, Il negativo, cit. p.95. Testo

  42. P. Coda, Il negativo cit, p.97. Testo

  43. P. Coda, Il negativo cit., p.99 Testo

  44. Su questo si può anche vedere il bel saggio di V. Mancuso, Hegel la salvezza trinitaria della storia, in Aa Vv. La Trinità e il pensare Città Nuova, Roma 1997, p.41ss. Testo

  45. P. Coda, Il negativo cit., p.321. Testo

  46. V PH R III p.155. Testo

  47. V PH R, trad. it. cit., III p.152 Testo

  48. P. Coda, Il negativo cit., p. 322. Testo

  49. P. Coda Il negativo, cit. p. 323. Testo

  50. H.U. von Balthasar, Theodramatik. Die Personen des Spiels- Teil 2 Die Personen in Christus, Johannes Verlag Einsiedeln 1978, trad. it di G. Sommavilla, Teodrammatica, Vol III, Le persone del dramma. L'uomo in Cristo, Jaca Book, Milano 1983, p.178 Testo

  51. Su questo rimandiamo al già citato articolo di Vito Mancuso. Testo

  52. p. Coda, Il negativo, cit. p.295. Testo

  53. Ibidem. Testo

  54. ibidem. Per la verità Coda si interroga, qui, anche sull'ambiguità del pensiero hegeliano nel senso che in questa dialettica coglie anche un'istanza necessaristica che, di fatto, forza e deforma il dato cristiano operando quello che abbiamo chiamato tradimento. Di questo discuteremo, però, diffusamente nel corso della trattazione. Testo

  55. ibidem p.302. Testo

  56. ibidem Testo

  57. ibidem Testo

  58. Aa Vv, La Trinità, cit. p.9. Testo

  59. P. Coda, Il negativo, cit p. 7. Testo

  60. P. Coda, Il negativo, cit.p 17. Testo

  61. P, Coda, Il negativo, cit., p. 323. Testo

  62. Su questo si veda anche la trattazione di W. Pannenberg, Teologia e Filosofia p. 238. Interessante è anche il f atto che l'idea di totalità qui implicata assume una declinazione totalmente altra rispetto a quella conferita dagli esiti successivi del pensiero filosofico, essendo la riconciliazione fra storia ed assoluto, fra Dio e l'uomo come Logos perfettamente dispiegato nel tempo umano e che illumina dall'interno il tempo della storia. Testo

  63. P, Coda Il negativa, cit., p. 324. Testo

  64. G.W.F. Hegel, V Ph R, trad. it. cit., III p.147. Testo

  65. P. Coda, Il negativo, cit., p. 325. Da notare che la dialettica del reciproco riconoscimento rappresenta un vero e proprio processo di Bildung dello Spirito oseremo dire, una sorta di romanzo filosofico tale che il compimento dello Spirito passo attraverso figure di assoluta contraddizione come la dialettica serva/signore e la coscienza infelice. Nelle Vorlesungen, invece è interessante evidenziare come lo Spirito inerisca al dinamismo intrinseco della Soggettività Assoluta, vale a dire teologicamente, al dinamismo delle persone divine. Un'intuizione importante, questa, le cui assonanza possono essere ravvisare p. es in alcune cristologie contemporanee, viste in prospettiva trinitaria, p. es quella di Schillebeeckx. Tuttavia, come avremo modi esplicitare nella trattazione del paradosso hegeliano, un'intuizione in fondo negletta, a favore di una dialettica dell'unitotalità che ignora la nozione- fondamentale per una vera teologia trinitaria- della pericoresis o inabitazione. Testo

  66. P. Coda, Il negativo, cit., p. 357. Testo

  67. P. Coda, Il negativo, cit., p. 356. Testo

  68. P. Coda, Il negativo, cit., p. 353. Testo

  69. G.W.F. Hegel, V Ph R, trad. It. cit., I p.97. Testo

  70. Anche sull'idea dell'alterità resta l'ambiguità hegeliana. Non sembra, infatti, emergere l'idea di una gratuita donazione delle divine persone propria della dottrina dell'inabitazione Testo

  71. P. Coda, Il negativo, cit., p. 354. Testo

  72. P. es. nella sua opera, Hegel und der Staat, Oldenburg, München Berlin 1920, trad it di A. Kunkler Giavotto, Hegel e lo Stato, Il Mulino Bologna 1976. . Si veda su questo il nostro Pensare altrove, Rivelazione e linguaggio in Franz Rosenzweig, Quattroventi Urbino 2006. Testo

  73. P. Coda, Il negativo, cit., p. .357. Testo

  74. Che sancisce l'unità della Persona nelle due nature: divina ed umana. Testo

  75. P. Coda, Il negativo, cit., p. 359. Testo

  76. P, Coda, Il negativa, cit., p. 360. Testo

  77. Si pensi per esempio ai canti del poeta amico di Hegel o alla cifra della trascendenza evinta nel Libro delle ore rilkiano Testo

  78. P. Coda, Il negativo, cit., p. 361. Testo

  79. Basi solo pensare alla poderosa analogia di Agostino nel De Ttinitate, a partire tanto dal dinamismo della carità tanto da quel dinamismo che inerisce alla costituzione antropologia dell'uomo in quanto, mens, notitia, amor. Testo

  80. P. Coda, Il negativo, cit., p. p. 363. Testo

  81. Mutuiamo il termine da Coda che parla della fretta hegeliana. Testo

  82. P. Coda, Il negativo, cit., p. 362. Testo

  83. P. Coda, Il negativo, cit., p. 363. Testo

  84. P. Coda, Il negativo, cit., p. 368. Testo

  85. H.U. von Balthasar, Theodramatik, trad. it. cit III 265. Testo

  86. P, Coda, Il negativa, cit.,p 364. Testo

  87. P. Coda, Il negativo, cit.,p 365. Su questa idea del Dio divino differente dal Dio causa sui proposto dalla metafisica classica, ma non diversamente da Hegel data la soluzione totalitaria della sua dialettica monologica, ha parlato molto anche Martin Heidegger nella celeberrima Lettera sull'umanesimo (Brief über denHumanismus). Tuttavia anche i caratteri del Dio divino heideggeriano, nonostante una maggior seduzione sulla teologia tout court,rispetto ad Hegel, non sembrano affatto coincidere con quelli del Dio cristiano. Ci chiediamo, al contrario, se la vera identità del Dio divino, ovvero quella trinitaria è già insita nel patrimonio teologico a patto che essa riesca a ri-pensare l0istanza della relazione e delle persone divine, riflettendo in particolare sulla dimensione personale dello Spirito Santo, come il terzo del dialogo o forse del trialogo. A nostro avviso questo costituirebbe la sfida più improntate anche per evidenziare la connessione fra trinità immanente e trinità economica. Testo

  88. P. Coda, Il negativo, cit., p366. Testo

  89. Su questo ci sembrano molto illuminanti le osservazioni che fa S. Bulgakov nella sua mirabile opera il Paraclito a proposito della Terza ipostasi. Qui, in effetti, si può afferrare tanto un autentico movimento dialettico dato che anche per Bulgakov le ipostasi divine non sono mere giustapposizioni,come a suo avviso voleva la prima teologia patristica, ma anzi,nel soggetto divino assoluto che è uno, si realizzano tutte le extra-posizioni dell'io (p.107), d'altra parte, però, egli indica che si tratta di tre centri ciascuno dei quali è un io che ipostatizza la divinità, la natura divina. Ed essi non confluiscono affatto in una totalità monologica, ma conservano il loro centro ipostatico (cioè di sussistenza). Testo

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