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Castità e generazione nel bello.
L'eros nel Simposio di Metodio d'Olimpo

di M. Benedetta Zorzi (1º settembre 2003)

La prima trattazione cristiana sull'eros si trova nel Simposio di Metodio d'Olimpo (III sec.). Metodio, pur facendo eco all'opera platonica, se ne distanzia allo stesso tempo criticamente, così che la sua trasposizione del concetto di eros platonico in quello di castità cristiana costituisce uno dei primi e più geniali tentativi di reinterpretazione cristiana della tradizione platonica.

Tale tentativo è stato interpretato dagli studiosi in vari modi. La lettura più convincente è tuttavia che Metodio non si limita a sostituire né a contrapporre semplicemente il concetto di castità / verginità a quello di eros. I due termini sono invece sottoposti ad una mutua trasformazione: Metodio ha tratto dalla concezione dell'eros platonico quell'ideale che ne faceva l'accesso a Dio (eros celeste), e il concetto di castità a sua volta si troverà ad essere grandemente dilatato rispetto ad una interpretazione moralista (encratita). Anche la castità, come il cammino di eros, ha il suo esito in una nuova generazione nel bello: la vita della generazione e rigenerazione spirituale, resa possibile dall'incontro amoroso e fecondo tra il Logos e i credenti.

1. Metodio d'Olimpo

La più recente traduzione italiana del Simposio di Metodio d'Olimpo1 reca in copertina il titolo «La verginità», che contiene una duplice imprecisione: in primo luogo perché il titolo dell'opera in greco è Symposion, intenzionale allusione all'omonima opera platonica; in secondo luogo perché il sottotitolo è perí hagnéias che va tradotto «sulla castità» («sulla verginità» sarebbe perí parthenías),2 voluta trasposizione del dialogo sull'eros di Platone.

Tale scelta editoriale rischia di non far cogliere già nel titolo la carica così fortemente simbolica (allusiva ma allo stesso tempo critica) del Simposio platonico, anche perché nel caso di Metodio il concetto di hagnéia risulta essere assai vasto, articolato e del tutto originale, così che il sottotitolo sulla verginità per quanto ne rispetti il contenuto generico, rischia di falsarne l'interpretazione.

Lo slittamento terminologico e l'ambiguità cui è virtualmente sottoponibile il titolo evidenzia tuttavia il problema che vorremmo affrontare in questo studio: quale sia la natura dell'allusione di Metodio al Simposio di Platone, ovvero di che tipo di trasposizione si tratti quando Metodio sostituisce al concetto di eros platonico quello di castità cristiana.

A questo problema sono state date varie soluzioni, a volte del tutto contrastanti tra loro. Vogliamo qui analizzare debiti e novità di Metodio rispetto all'eros platonico, rilevare quali siano state le interpretazioni di questo suo tentativo da parte di alcuni autori moderni, per avanzare infine una possibile interpretazione.

Gli elementi per precisare l'identità e l'ambito geografico di Metodio sono ben scarsi e poco chiari. Girolamo è il primo e tutto sommato l'unico a riportarci testimonianze su Metodio:3 secondo lui Metodio sarebbe stato vescovo di Olimpo di Licia e poi di Tiro; avrebbe composto un libro contro Porfirio, un simposio delle dieci vergini; un trattato sulla risurrezione contro l'opera sulla pitonessa di Origene, un De autexousio e dei commentari alla Genesi e al Cantico dei cantici. Secondo Girolamo sarebbe morto martire nella (recente) persecuzione di Decio e Valeriano, in Calcide di Grecia.

Chiaramente alcuni elementi che Girolamo fornisce non tornano, dando filo da torcere agli studiosi:4 anzitutto c'è il problema della data del Contra christianos di Porfirio che è discussa,5 inoltre la persecuzione di Decio risale al 250 e quella di Valeriano al 259.6 Probabilmente quindi Girolamo si riferisce alla recente persecuzione di Diocleziano del 311-12, avvenuta sotto Massimino Daia,7 ed è più facile che Metodio sia stato vescovo di Olimpo in Lycia8 mentre Tiro sarebbe un errore di Girolamo.9 Tra le cinque Calcide possibili, per Musurillo quella in cui più verosimilmente Metodio morì fu la Caldice di Eubea, ma Barnes propone Patara. Per lo più dunque possiamo dire con certezza solo che fu vescovo e che morì martire.

Oltre al Simposio, che è l'unica sua opera pervenutaci completa in greco, ci sono rimasti: un'opera sul libero arbitrio (De autexousio) e sulla risurrezione (Aglaophono) in paleoslavo (per un felice errore di attribuzione a causa dell'omonimia con l'evangelizzatore degli slavi del IX secolo), anch'esse in forma di dialogo, quest'ultima contro le teorie di Origene sulla natura dei corpi risorti.10 Delle altre sue opere11 ci restano solo frammenti, mentre tra i trattati perduti12 forse è soprattutto il Commentario al cantico dei cantici quello di cui lamentiamo la scomparsa, perché avrebbe potuto offrire più chiari elementi per un confronto con Origene e la sua omonima opera.

2. La cosiddetta teologia asiatica

Sebbene la si denomini «asiatica»,13 il tipo di cultura che si intende sotto questo nome è diffusa anche fuori dell'Asia minore ed è soprattutto una tendenza di pensiero caratterizzata in modo particolare dall'essere diversa (a volte opposta e, secondo Manlio Simonetti, di livello culturale inferiore) rispetto a quella alessandrina, la quale risulta invece ben più chiaramente determinata e unitaria. I punti che caratterizzano questa facies culturale asiatica sono: una maggior tendenza letteralista in campo esegetico; un marcato materialismo che diventa in campo escatologico millenarismo e che in ambito antropologico (di tradizione aristotelica, secondo la quale l'uomo è un sinolo di materia e forma) identifica le due narrazioni della creazione in Gn 1,26 e 7,2; una maggior tendenza monarchiana in campo teologico.

Nonostante sia un esponente di questa cosiddetta teologia asiatica -- e quindi nonostante l'antiorigenismo di alcune sue posizioni dottrinali (è il primo vero critico di Origene) -- Metodio risente di un certo influsso di Origene soprattutto nell'esegesi e nella mistica.14 Alle dottrine più problematiche di Origene (quella di provenienza spiccatamente platonica sulla preesistenza delle anime rispetto ai corpi, quella sulla successione indefinita dei mondi e quella -- per Metodio troppo spiritualizzante -- sulla risurrezione dei corpi) Metodio oppone affermazioni di spiccata provenienza ireneana15 (come quella della salus carnis e del progresso storico), ma presenta una tale libertà nelle sue posizioni rispetto all'una o all'altra tradizione che è stato definito un vero «ponte culturale»16 tra queste due linee teologiche.

3. Il Simposio

Se si considera il Simposio di Metodio principalmente come un trattato sulla verginità,17 allora bisogna dire che esso non può essere collocato sullo stesso piano delle opere che seguiranno sullo stesso argomento,18 sia per l'originalità di contenuto,19 come vedremo, sia soprattutto per la forma dell'argomentazione e lo spessore semantico che assume in Metodio il concetto di hagnéia.

Con il Simposio metodiano -- è la nostra ipotesi -- ci troviamo di fronte ad uno dei primi esempi, forse tra i più geniali -- sicuramente tra i più evidenti -- di come i padri abbiano utilizzato con grande libertà i dati biblici, filosofici (platonici e aristotelici) e dell'ascesi stoica, ai fini dell'espressione della loro fede cristiana.20 In questo processo di rielaborazione, gli stessi termini hanno subìto degli slittamenti semantici fino ad assumere significati nuovi.

Partiamo dunque dalle seguenti domande: perché Metodio scriverebbe un'opera sulla verginità intitolandola Simposio? Cosa vuole dire e a chi si rivolge quando si pone a scrivere un dialogo delle dieci vergini?

Certo «a nessuno possono sfuggire le somiglianze tra questa opera e la sua omonima platonica».21 Ma di che natura è questo rimando che Metodio palesemente fa a Platone? Bisogna supporre una dipendenza totale di Metodio da Platone, tale che in Metodio l'eros platonico sarebbe solo come abbellito da un vestito cristiano consistente in qualche citazione biblica sparsa, al punto che si debba parlare -- come fa Anders Nygren22 -- di un tradimento del cristianesimo o di una sconfessione del concetto di agape (che caratterizzerebbe, secondo la famosa e criticata posizione di Nygren, la «purezza» del cristianesimo) a favore di quella dell'eros (prerogativa del paganesimo, sempre secondo Nygren)? O piuttosto il contrario: cioè Metodio nella sua opera «opporrebbe» al concetto platonico di eros quello del tutto contrario di verginità cristiana,23 che sarebbe la contraddizione e la negazione dell'eros? O magari si tratta di un tentativo più o meno riuscito, ma comunque inammissibile, di sintesi tra l'uno e l'altro? A partire infatti dall'opera di Albert Jahn (S. Methodius Platonizans, Halle 1865), in cui venivano messi in parallelo i testi di Platone e quelli di Metodio in ogni dettaglio, se ne ricavò forse l'idea di una rigida dipendenza «servile» di Metodio da Platone. Ma già con Vinzenz Buchheit (Studien zu Methodios von Olympos, Berlin 1958) e Michele Pellegrino si cominciò a sottolineare l'autonomia di Metodio rispetto a Platone, anche se in modo del tutto generale, ovvero circa il suo platonismo, senza scendere all'analisi dei concetti specifici.24

Ciò che vogliamo capire in questo studio è se Metodio assuma acriticamente il concetto di eros platonico; se l'eros di Platone venga contraddetto dal concetto di castità di Metodio. Quali assunti del concetto di eros platonico restano in Metodio? Quali trasformazioni rivendica Metodio su tale concetto? Infine, quale significato assume il concetto di verginità/castità nel suo Simposio?

4. La forma del testo: il genere del dialogo

Il genere letterario classico del dialogo25 fu utilizzato ampiamente dagli autori cristiani dei primi secoli in campo teologico, i quali si rifanno in vario modo ai modelli delle dispute rabbiniche e alle diatribe cinico-stoiche. Per quanto riguarda invece il dialogo propriamente filosofico, i cristiani si rifanno esclusivamente a Platone e a Cicerone: qui il dialogo filosofico cristiano26 tenta di elaborare risposte razionali autonome dalla rivelazione, anche se con essa integrantesi.

Già Origene aveva composto tale tipo di componimento, ma Metodio d'Olimpo vi si cimenta varie volte «riuscendo a temperare l'intenzione polemica nelle forme letterarie esigenti del dialogo platonico».27 Il suo Simposio è uno di questi. L'opera ha un forte sottofondo polemico antiencratita.28

Una delle caratteristiche del dialogo tipicamente platonico, soprattutto nella forma del simposio (cioè di varie argomentazioni proposte da varie persone su di un tema) è che in esso la verità emerge gradualmente nei e attraverso i vari interventi. Questa è una caratteristica che Metodio mantiene nel suo Simposio.29 Non possiamo certo trattare qui dei vari aspetti della natura dialogica della filosofia platonica,30 ma ricordiamo almeno una delle sue caratteristiche fondamentali per meglio capire il gioco di prospettive presente tra le oratrici di Metodio: «l'uso del genere letterario del dialogo filosofico non è in Platone un espediente per nascondere le proprie opinioni o per suggerire l'inafferrabilità della verità. Esso è piuttosto il presupposto per la creazione di un modello comunicativo in cui contemporaneamente abbiano voce tutti i possibili lógoi umani, nella loro ampiezza e policromia, e si mostri nella sua vittoria l'unicità del lógos ben fondato, che quasi assume il ruolo di vero protagonista della ricerca».31

Nella forma del Simposio, come nei dialoghi platonici, le diverse prospettive apportano maggiore luce alla verità senza necessariamente doversi escludere a vicenda.32 Posizioni assai differenti si trovano anche nel Simposio metodiano:

Vi sono innumerevoli accessi ad una conversazione e mille le possibilità di svilupparla, da momento che Dio ci ispira più volte e in molte maniere (cfr. Eb 1,1) (IV, 1).

Le prime due oratrici, ad esempio, sono in evidente disaccordo tra loro e solo con la terza si arriva ad una mediazione.33 Questo è, tra l'altro, uno degli elementi che ci porta a dire che il titolo verginità sembra meno adatto al Simposio metodiano, dal momento che il tema della prima oratrice riguarda la storia della progressiva rivelazione della verginità mentre quello della seconda riguarda descrizioni dell'atto sessuale.

5. Il concetto di eros

John M. Rist ha dimostrato a più riprese come la nozione diventata ormai comune di eros come di un desiderio o amore esclusivamente appetitivo non resista ai testi.34 Secondo Rist, in ambito pagano, dopo Platone, il concetto di eros aveva sviluppato delle valenze non del tutto estranee a Platone, ma da Platone non esplicitate.35 Al di là dello sviluppo prettamente filosofico (soprattutto in Plotino VI, 8, 15), bisogna sottolineare che Apuleio, personificando in Cupido l'oggetto del desiderio di Psyche, aveva enormemente contribuito a divulgare il tema di eros a livello popolare con il suo romanzo a sottofondo erotico, Le Metamorfosi (o L'Asino d'oro), in cui si narra la favola di Cupido e Psiche. Dunque, a livello popolare pagano, il concetto di eros era diffusamente e probabilmente comunemente usato in senso meramente sessuale (forse con lo stesso risultato di oggi se si facesse una ricerca della parola eros in Internet!) e quindi quando il concetto entra nella tradizione cristiana è assai passibile di fraintendimento. Il fatto sconcerta se pensiamo che Ignazio d'Antiochia, certamente imbevuto di cultura ellenistica, inserisce in un passo della sua lettera ai Romani questo termine che in seguito Origene, nel suo prologo del Commento al cantico dei Cantici, interpreterà come riferito a Cristo.36 Anche questo testo origeniano però sconcerta: con un atto non privo di rischi, infatti, Origene sembra accettare la sfida dell'ambiguità che il termine portava con sé, e arriva ad affermare che «non c'è alcuna differenza se nelle Sacre Scritture si parla di amore (agape) o di desiderio (eros)»37 e quindi non fa differenza chiamare Dio eros o agape, perché il contenuto delle parole è lo stesso, anche se la Bibbia usa termini diversi. Eros e agape indicano, secondo Origene, una stessa realtà, ma per evitare che gli inesperti trovino inciampo o pretesto nella Bibbia per una condotta dissoluta (questa è motivazione ricorrente nei padri e alla luce di quanto detto lo si comprende meglio), «la Scrittura ha evitato il termine eros» (44) e lo ha usato solo nei casi (secondo Origene due, ma nella Bibbia ve ne sono alcuni di più) in cui il significato non fosse passibile di fraintendimenti.38

Non si può comparare quindi Metodio direttamente con il concetto di eros platonico senza tenere presente il tramite costituito dal Commento al Cantico di Origene;39 da questi del resto Metodio deriva la sua doppia interpretazione allegorica della sposa: essa è sia la chiesa sia l'individuo. Ma qui le dipendenze si fanno problematiche, perché se da una parte tutta l'esegesi e alcuni temi metodiani respirano ancora un'aria alessandrina o l'impostazione origeniana, dall'altro sappiamo che Metodio si pone in modo critico rispetto ad Origene e ad alcuni suoi assunti:40 uno di questo sembrerebbe essere anche il concetto di eros così come Origene lo aveva appunto fatto entrare nel suo prologo al Commento al Cantico.41

Rispetto ad Origene, Metodio sembrerebbe fare infatti un passo in più o forse semplicemente diverso. Mentre Origene aveva accolto la parola eros in campo teologico riferendola o adattandola ad una realtà cristiana (in questo caso un appellativo stesso di Dio) Metodio «sostituisce» la parola eros con quella di hagnéia. Un tale ribaltamento però non avviene solo, come era stato in Origene, trasformando di significato la parola eros, ove abbiamo il caso che uno stesso significato viene ad avere due termini o modalità di espressione; a nostro parere infatti in Metodio non vi sarebbe una semplice sostituzione di parola, ma uno slittamento semantico nel concetto di eros che implica tra l'altro anche un corrispettivo ampliamento semantico del concetto di castità = hagnéia.42 Dunque -- è il centro della presente argomentazione -- il termine hagnéia in Metodio arriva a significare insieme l'eros celeste platonico, l'agape neotestamentaria, la continenza e la verginità vera e propria.

Sulla base di questa supposizione, anche tante immagini e la struttura stessa del testo metodiano, costruita ad arte, si mostrano come un continuo dialogo con, assunzione di, critica e trasformazione dei significati platonici. L'analisi del proemio in questo senso può esserne un dettagliato saggio.

6. Paralleli letterali e intenzionali divergenze con il Simposio di Platone

Lungo tutto il testo si possono ritrovare riferimenti espliciti o meno ad opere di Platone (in particolare al Simposio e al Fedro, quelle dedicate appunto ad eros). Il testo che più si presta però ad un tale confronto è indubbiamente il prologo di Metodio, dove i riferimenti sono addirittura puntuali.

Lo schema è classico: tutto inizia dall'incontro tra due personaggi e l'uno vuole sapere dall'altro quali siano stati i discorsi su un certo argomento, con un gioco a volte molto complesso (soprattutto nel Fedro) tra discorso diretto e indiretto, che tanto valore assume in Platone. Nel Fedro l'incontro è tra Socrate e Fedro; nel Simposio platonico tra Apollodoro e un altro compagno. Salta subito agli occhi che i due personaggi nel caso di Metodio sono donne.43 Alcuni studi hanno evidenziato come Metodio presenti espliciti elementi di rivalutazione della posizione della donna.44 Indubbiamente, dietro a questa nuova dignità e libertà di parola data a delle donne, vi è quella «rivoluzione» che dovette costituire agli occhi di se stesse e della società la scelta da parte di alcune donne cristiane del rifiuto del matrimonio e degli obblighi ad esso associati.45 Che vi sia anche un velato tentativo di indicare quella trasposizione e diversità che Metodio fa dell'eros platonico, già nella scelta dei personaggi, è una domanda destinata a restare tale.

In Platone l'incontro tra i due personaggi è sempre casuale, mentre in Metodio Eubulion sta già cercando Gregorion. È possibile, come avviene spesso per gli antichi, che vi sia un gioco sui significati dei nomi: in questo caso dietro Eu-boulion si potrebbe vedere la buona-volontà che è prevenuta da Gregorion = vigilanza; questo assumerebbe grande significato a riguardo del fatto che Metodio sta scrivendo un'opera polemica antiencratita. Tra l'altro Euboulion afferma di essere bouloméne mathéin, Prol 2 (mathéin è verbo pregnante nel NT, è quello del discepolato) e Gregorion arriva per prima (13), di corsa, in fretta (14): ciò potrebbe alludere alla precorrenza della vigilanza sulla volontà. Tranne che per questo elemento, i primi versetti del testo calcano parola per parola il Simposio platonico:46

Platone, SimposioMetodioPlatone, Simposio
Poco fa ti cercavo, perché desideravo informarmi di quella riunione di Agatone, di Socrate, di Alcibiade e degli altri che allora parteciparono al simposio, e sapere quali furono i loro discorsi sull'eros (Symp. 172a-b). Sei giunta in un momento quanto mai opportuno, o Gregorion: infatti poco fa ti cercavo, volendo sapere della riunione di Marcella, Teopatra e delle altre vergini che si sono trovate alla cena a discorrere sulla castità: cosa s'è detto (Prol. 1-5). Aristodemo arrivi proprio al momento giusto per cenare con noi. Se sei venuto per un altro motivo, rimanda a dopo (Symp. 174e).

Il fatto che la narrazione sia indiretta è in Platone un gioco letterario per sottolineare l'importanza della memoria nella ricerca della verità, e l'elemento della tradizione orale, che in Platone è sempre più importante di quella scritta.47 In questo parallelismo balzano agli occhi le somiglianze ma anche le differenze: inoltre Apollodoro è chiamato da dietro da uno che lo cerca mentre lui sta salendo (allusione alla sua ricerca filosofica come la scala platonica?) in città ed egli si «ferma», Gregorion invece giunge, va incontro a Eubulion che la cerca, come farà anche la figura di Virtù, andando incontro alle fanciulle che salgono sul monte nel loro cammino (evidente allusione al cammino spirituale). Anche se il parallelo potrebbe calcare il Fedro, questa è una divergenza dal Simposio platonico degna di nota, dal momento che a più riprese in seguito Metodio si riferisce al fatto che la castità è un dono (IV,1; scaturisce dal seno dell'onnipotente... I,1; III,14).

Sappiamo come in Platone il camminare sia una metafora dello stesso far filosofia, del cammino cioè di eros, sia nel Simposio che nel Fedro. Lungo un percorso che prevede il passaggio del discorso attraverso posizioni distinte e anche differenti tra loro, la verità viene raggiunta tramite il lógos che passa da uno all'altro (diá), arricchendosi per via. Questa ricerca è spesso simbolizzata nel vero e proprio camminare dei due personaggi in dialogo, nel loro salire insieme, o fare un pezzo di strada assieme. È stato rilevato che l'incentrarsi sulla terminologia di hodós potrebbe alludere alla méth-hodos, cioè alla dialettica (Resp. 533) intesa come movimento ideale da pensiero a pensiero.48 Il processo filosofico platonico infatti si prospetta come esercizio in comune per arrivare ad un esame di coscienza e ad un cambiamento di posizione, di atteggiamento interiore. Per questo è importante che ogni dialogo sia ad hominem.49 Il dialogo è una lotta amichevole che deve condurre l'interlocutore ad un certo atteggiamento mentale, a cambiare se stesso, a convertirsi, a lottare con se stesso.50 In questo modo alla fine diventa quasi più importante il cammino fatto per percorrere la strada, che ciò che si raggiunge.51 In questo senso Apollodoro dice che prima di incontrare Socrate «girellava dove capitava» (Symp. 173a).

Platone, SimposioPlatone, Fedro52
«Perché allora non mi racconti? La strada che conduce in città sembra proprio adatta a parlare e ad ascoltare mentre si cammina». Così, mentre camminavamo, parlavamo... (Symp. 173b). S.: Come avete trascorso il tempo? ... F.: Lo saprai se hai tempo di camminare con me e di ascoltarmi... muoviti dunque! S: purché tu parli! (Phaedr. 227b-c).

Un altro elemento che Metodio condivide con Platone nel Prologo sta nella conoscenza parziale di uno dei personaggi e la sua conseguente ricerca di conoscenza maggiore: il «sentito dire» (dóxa) non ancora chiaro, il principio di una conoscenza, che da una parte è oscura e mancante, dall'altra però proprio in quanto tale stimola al desiderio di una conoscenza maggiore. Allusione a «filo-sofia» che, come Eros, nasce da mancanza e pienezza (Penìa / Poros).53

Platone, SimposioMetodio
Me ne aveva parlato un altro che li aveva sentiti da Fenice, il figlio di Filippo, e mi disse che anche tu li conoscevi. Ma egli non seppe dirmi nulla di chiaro. Dunque raccontameli tu... (Symp. 172b). ... Non abbiamo appreso, carissima, nulla con certezza di quanto è avvenuto (Prol. 17-18).

Il momento storico in cui viene ambientato il banchetto assume in Platone grande significato dal momento che diventa criterio di giudizio dell'eros di Alcibiade, il tiranno che subirà la disfatta l'anno dopo della data del convegno.54 Il periodo dell'avvenimento del Simposio metodiano appare invece oscuro: qualcuno ha proposto quel periodo intermedio tipico di una concezione millenarista e così importante in Metodio.55 Ancora un parallelo:

Platone, SimposioMetodioPlatone, Fedro
Apollodoro, non è il caso di litigare ora su queste cose! Fai, piuttosto, come ti abbiamo pregato; non sottrarti, ma raccontaci quali furono quei discorsi (Symp. 173e). ... Sei sempre lo stesso... accusi sempre te stesso e gli altri e mi sembra proprio che, eccetto Socrate, giudichi tutti miserabili, a cominciare da te (Symp. 173d). Non vale la pena litigare adesso, su queste cose, Gregorion, ma poiché te lo chiediamo, raccontaci l'accaduto fin dall'inizio (Prol. 33-35). ... Sei sempre tremendamente desiderosa di sapere ... tu convinci proprio tutti! E ora ho un così grande desiderio di udire, che, se anche tu, camminando, prolungassi la tua passeggiata... (Phaedr. 227d).

Davanti all'evidenza del parallelo, sfugge il senso delle divergenze. Musurillo suppone una lacuna nel testo metodiano, per cui non riusciamo a risalire alla esatta corrispondenza tra le battute di Eubolion e Gregorion. In realtà il tema del desiderio di ascoltare non è presente nel Simposio platonico ma lo è invece nel Fedro; e se supponessimo che in Metodio manchi una battuta simile a questa che troviamo nel Fedro, allora apparirebbe più conseguente la risposta successiva di Gregorion:56

Ed ecco che si è imbattuto in uno malato dalla passione di ascoltare discorsi. Lo ha visto e nel vederlo si è rallegrato di aver trovato uno con il quale avrebbe fatto il coribante, e lo ha invitato a camminare con lui. Quando poi questo amatore di discorsi lo ha pregato di recitargli il discorso, egli dapprima si è schermito, come se non desiderasse parlare. Ma alla fine si sarebbe messo a parlare con la forza, se uno non avesse consentito ad ascoltarlo (Phaedr. 228b-c).

Visti i paralleli, ci si deve chiedere ora quale che significato essi abbiano. Se, come è di norma, il proemio costituisce l'atrio in cui si giocano già tutti gli elementi che si spiegheranno nel corso del testo, fin qui potrebbe sembrare che Metodio o assuma acriticamente concetti platonici oppure proponga una sorta di invito ad un pagano / filosofo greco per poi contrapporgli qualcosa di molto diverso. Ma se continuiamo a leggere scopriremo che le cose non stanno proprio in questa opposizione netta:

Mi cimenterò. Prima, però, dimmi tu stessa: conosci vero la figlia di Filosofia Virtù?

Come in un'eco al discorso tra Diotima e Socrate (Symp. 201d e ss), Gregorion chiede a Eubolion se conosca la figlia di filosofia, Virtù. Riecheggia la narrazione della nascita di Eros come figlio di Poros e Penia (Symp. 203b e ss). La virtù (castità) risulta essere qui figlia della filosofia, cioè di eros, e quindi sembra proseguire il cammino di quella forma di «generazione nel bello» cui portava il cammino di eros (cfr. Symp. 206b-209e), venendo ad essere addirittura il frutto maturo di esso (si ricordi che eros in Platone è anzitutto l'interpretazione dello spirito della ricerca filosofica).57 Da questo punto di vista, allora, il cammino di eros non viene affatto soppresso, ma nemmeno assunto alla lettera: esso trova il suo vero frutto e compimento nella hagnéia. Secondo una sorta di interpretazione «tipologica» della tradizione filosofica l'hagnéia metodiana da una parte presuppone tutto il cammino di eros,58 dall'altra lo dichiara allo stesso tempo incompleto, perché frutto maturo di questo cammino risulta l'hagnéia. Questi rilievi trovano conferma ampiamente nel resto del testo metodiano, ma vi ritorneremo più avanti.

Calato il testo nell'evocativo ambiente del Simposio e del Fedro, appaiono ora più significativi i ritocchi e le variazioni metodiane rilevabili nella descrizione del giardino dell'incontro:

fummo invitate nel suo giardino, verso oriente, a raccogliere i frutti della stagione: ci siamo recate io ... .

Il giardino allude chiaramente a Gn 2,8 (per la presenza di quel kat' anatolás) ma, come meglio vedremo anche in seguito, al lettore greco esso poteva ricordare quello del Simposio platonico (203b) dove vi fu l'incontro tra Poros e Penia; o forse anche quello del Fedro (276d). Più metaforicamente, e lo si capisce dalla tensione di tutto il discorso, si può pensare al giardino chiuso di Ct 4,12, che nella tradizione è sempre stato visto come allegoria della Chiesa. Il carattere neotestamentario diventa ancora forte nella affermazione che segue:

MetodioMatteo
Come fu aspro e impraticabile il cammino che percorremmo, e quanto ripido (Prol.). Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita! (Mt 7,14).

Anche il cammino di eros è un cammino in salita (tanto che Diotima ne parla come di una «scala»; cfr. anche Resp. 2, 364d, 515e). Ma in questo caso in Metodio sembra molto più forte l'influsso del riferimento evangelico. Che qui la porta stretta nel NT non sia assolutamente identificabile con la verginità, è dato evidente. Piuttosto altrove la porta è identificata con Cristo. Proseguendo nella lettura del Prologo metodiano ci imbattiamo nella personificazione della virtù:

Quando dunque fummo vicine al luogo ... ci venne incontro una donna, grande e avvenente, avanzando con passo calmo e composto, ricoperta di una veste splendente come riflesso di neve. Era tutta una bellezza divina e veramente straordinaria... non so, diceva, d'aver contemplato cosa simile.

Come nelle personificazioni veterotestamentarie della donna-sapienza, anche qui la virtù (anche in greco di genere femminile) è personificata in una donna. Abbiamo già notato come Metodio spesso affermi che la virtù non è solo opera della buona-volontà (ha bisogno infatti di entrare in sinergia con la vigilanza o col momento opportuno) ma è dono,59 viene incontro (polemica antiencratita?). Tuttavia dobbiamo riconoscere che anche nella salita dell'eros platonico verso la bellezza vi era un singolare ultimo punto, un apparire improvviso del Bello in sé:

Chi è stato educato fino a questo punto nelle cose d'amore, contemplando una dopo l'altra e nel modo giusto le cose belle, quando sta per giungere ormai al termine delle cose d'amore, scorgerà immediatamente60 qualcosa di bello per sua natura meraviglioso, proprio quello, Socrate, per il quale sono state sostenute tutte le fatiche di prima: in primo luogo, qualcosa che sempre è ... È questo il momento nella vita, caro Socrate, ... che più di ogni altro è degno di essere vissuto da un uomo: quando egli contempla il bello in sé (Symp. 210e-211d).

La donna-virtù, per la cui descrizione probabilmente Metodio è debitore a Senofonte,61 ha i tratti della donna ammantata di luce di Ap 12,1 (ma anche del personaggio misterioso in Ap 1,13) e della sposa del Cantico che è tutta delizie (Ct 5, 16; 7, 7).

Pertanto avanzando con molta gioia come una madre che non ci avesse visto da molto tempo, abbracciava ciascuna di noi e ci baciava dicendo: «O figlie come desidero condurvi nel prato dell'immortalità...»

Anche nel Fedro si parla di un prato (Phaedr. 248c), collegato alla metafora della Pianura della verità, dove l'anima si nutre; il concetto avrà molta fortuna dopo Platone.62

Se da una parte quindi per Metodio la castità è il frutto maturo del cammino di eros verso la bellezza, dall'altra costituisce anche la «riapertura del paradiso» (IV,2) come alluso dal fatto che c'è un re-incontro. Ma con questo siamo introdotti ad un tema non presente in Platone, quello del peccato:

Con fatica avete percorso la strada lungo la quale forse variegati serpenti vi hanno infuso paura. Guardandovi da lontano vedevo infatti che spesso facevate una deviazione ed avevo timore che ritraendo il passo scivolaste nei dirupi.

Per Metodio, il peccato, secondo la più genuina tradizione biblica, è de-viazione dal cammino retto. Egli scarica così il peccato dei progenitori di ogni riferimento sessuale (a differenza di tanta parte della tradizione patristica).63 Per questo motivo il concetto metodiano di castità-verginità, come ciò che riapre il paradiso, deve avere una valenza più ampia di uno stretto riferimento sessuale.

Uno dei problemi che si sono posti alla tradizione filosofica, sia platonica che stoica, era se l'uomo potesse arrivare rispettivamente al Bello (Platone) all'unione con l'Uno (Plotino) o all'apátheia (stoicismo) con le sue sole forze, senza l'aiuto divino. Soprattutto nella tradizione precedente all'era cristiana la risposta risultava affermativa. Invece nel neoplatonismo (non per Plotino, ma già da Porfirio in poi, secondo quella che è stata chiamata la «crisi dell'etica neoplatonica»)64 si sentì il bisogno di ricorrere alla teurgia, una sorta di parallelo pagano sacramentale. In campo cristiano il dubbio non c'è mai stato e la consapevolezza del fatto che l'uomo avesse bisogno dell'aiuto divino era unanime; semmai fu sul come, sul modo in cui queste due azioni o volontà coagissero, che il problema diversificò l'oriente (che parla più spesso intermini di sinergia) dall'occidente (che con la controversia pelagiana entrò nell'opposizione estrema grazia-libertà, dalla quale forse ancora oggi non riesce ad emanciparsi).

Concordemente ad una visione cristiana, Virtù afferma che la possibilità di evitare il peccato sta nell'essere guardati da lontano, guidati dall'alto (si noti il carattere personale di tale aiuto) e soprattutto nell'azione efficace della preghiera:

Ma sia grazia allo sposo a cui vi ho fidanzate o figlie: egli ha portato completamente a termine le mie preghiere.

L'appellativo di figlie dato alle ragazze (tra l'altro le dieci vergini sono un esplicito riferimento al vangelo di Matteo dove il termine può tradursi semplicemente «ragazze») si ritrova spesso nella Bibbia, in modo particolare nell'AT (si ricordino tra le altre le thygatéres Ierusalem / Sion del Ct);65 il riferimento sponsale ha uno stretto parallelo in 2Cor 11,2: avendovi promessi ad un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo, ma si ritrova altrove nel NT (cfr. Ap 21,9; 22,17). Qui, come agli inizi dell'era cristiana, è la chiesa nella sua interezza a portare l'appellativo di vergine casta.66

Platone, SimposioMetodio
Dopo aver detto queste cose, ... si incamminarono. Ma Socrate, tutto assorto fra sé e sé, procedeva lungo la strada restando indietro... giunto alla casa di Agatone, trovò la porta aperta. Venne subito incontro uno schiavo e lo condusse dove gli altri erano sdraiati ed erano sul punto di mettersi a cenare (Symp. 174e). Durante questo parlare, noi giungiamo al recinto mentre le porte sono ancora aperte: entrando sorprendiamo Tecla, Agata e Marcella in procinto di cenare (Prol.).

Come già notato sopra, il parlare come cammino è una eredità platonica (Symp. 174e; Phaedr. 227b-c), mentre l'immagine del recinto richiama variamente citazioni bibliche (Is 54,12; Ez 42,20); anche l'elemento della porta aperta, che già era presente nel Simposio platonico, acquista spessore biblico nell'alludere a quella porta aperta alle vergini sagge, della parabola matteana (Mt 25,10) -- riferimento esplicitato poco più avanti: eravamo dieci commensali in tutto -- andando a sovrapporsi forse anche all'immagine della porta del paradiso riaperto dalla castità. Allo stesso modo, anche l'elemento della cena, se da una parte è costitutivo del Simposio platonico, in Metodio si connota di chiare caratteristiche e allusioni eucaristiche.

Nella descrizione del luogo del banchetto Metodio è debitore di nuovo all'Eden, ma forse stavolta soprattutto al Fedro nella descrizione platonica di quel luogo fuori città, lungo l'Illisso dove in un posto tranquillo Fedro e Socrate si siedono (Phaedr. 229a).:

BibbiaMetodioPlatone, Fedro
Poi il Signore Dio piantò un giardino a oriente e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi (Gn 2,8-10). Alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo (Ct 2,3). Il luogo era quanto mai bello, pieno di molta pace. Un'aria, infatti, temprata da puri raggi di luce, circolava leggera spirando moderatamente; una fontana, proprio nel mezzo, lentamente a guisa di olio faceva scaturire una dolcissima acqua da cui un limpido fiotto e un puro ruscello formavano dei canaletti. Questi alla maniera di un fiume, si riversavano coll'irrigare tutto il luogo dotandolo di copiose correnti. C'erano colà inoltre diversi alberi colmi di frutti rigogliosi, così sospesi da formare una bellezza unica: prati sempre adorni di fiori ondeggianti e multicolori, dai quali si sprigionava un dolce effluvio che emanava un grande profumo. Lì vicino si ergeva un agnocasto sotto cui andammo a riposare; essendo molti grande e ombroso. E.: mi dai l'impressione di farmi balenare questo luogo come un secondo paradiso. Giriamo di qui e andiamo lungo l'Illisso, poi, dove ci sembrerà un posto tranquillo, ci metteremo a sedere (Phaedr. 229a). ... Bel luogo per fermarci! Questo platano è molto frondoso e alto; l'agnocasto è alto e la sua ombra bellissima; e, nel pieno della fioritura com'è, rende il luogo profumatissimo. E poi sotto il platano scorre una fonte graziosissima, con acqua molto fresca, come si può sentire col piede... sembra un luogo sacro... senti come è gradevole e dolce il venticello del luogo. Un mormorio estivo risponde al coro delle cicale. Ma la cosa più piacevole di tutte è quest'erba che, disposta a dolce declivio, sembra cresciuta per uno che vi si distenda sopra... (Phaedr. 230b-c).

Tutto richiama uno dei pochi passi in cui Platone descrive un paesaggio, il Fedro.67 Si vede come Metodio giochi sui due registri e come intersechi le immagini platoniche con quelle edeniche. Gli alberi sono menzionati sia in Platone che nella Genesi; nel Fedro si parla dapprima di un plátanos, che alluderebbe al soprannome di Platone -- il cui vero nome era Aristocle68 -- poi invece di un ágnos, i rami del quale le giovani ateniesi ponevano sui loro letti durante la festa delle Tesmofòrie, che imponeva loro la castità, per placare il desiderio sessuale;69 a causa della sua somiglianza al termine hagnós fu associato infatti alla nozione di castità. E con tale significato arriva in Metodio. Il profumo è elemento che c'è già in Platone, ma Musurillo afferma che si tratta anche di una immagine biblica della santità70 (cfr. Gn 8,21 e poi Cristo in Ef 5,2 e Fil 4,18) e del resto l'ombra sotto la quale le ragazze si riposano (stavolta con termine escatologico pregnante anapáusis) può far riferimento anche a Ct 2,3 (alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo).

Dunque un secondo paradiso, ma non lo stesso: Metodio ritiene infatti che la castità «riapra il paradiso» ma non nel senso di un mero ritorno alla situazione precedente alla caduta:71 questo per il suo forte senso della storia che gli deriva da Ireneo.72 Metodio evita di «impostare il discorso sulla verginità nel senso di un ritorno, per suo tramite, ad una condizione prelapsaria. La verginità, che permette l'aphtharsía, è un dono aggiuntivo fatto all'uomo, che era stato creato privo di esso, è predicata per la prima volta da Cristo ed è una primizia del futuro».73

Come si accennava sopra, le ultime righe del prologo metodiano hanno un esplicito riferimento cristologico:

MetodioPlatone, SimposioGenesi
Eravamo quindi ad un banchetto d'ogni ben di Dio e con tanta allegrezza che non ci sentivamo privare di alcuna delizia, quando ecco entrare Virtù a far questa proposta: «O fanciulle, mio vanto e mia gloria, vergini belle che con mani caste coltivate le intatte praterie di Cristo, basta ora col cibo del banchetto: siamo state nella sazietà e nell'abbondanza totale. Che cosa allora voglio da voi e da voi mi aspetto? Ecco: ciascuna di voi tenga un discorso in lode della verginità. Incominci Marcella poiché siede al primo posto ed è anche la maggiore... ... Dopo che ebbero cenato, fecero le libagioni e, dopo aver cantato gli inni in onore del dio e dopo aver compiuto gli altri riti consueti, passarono a bere. Allora Pausania ... cominciò a parlare press'a poco così: «... Come possiamo bere nella maniera più agevole» (Symp. 176a). Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse (Gn 2,15).

È il momento del vero e proprio simposio: quello in cui, finita la cena, gli antichi greci facevano le libagioni. Nel Simposio platonico i convitati fanno una scelta di moderazione nel bere vino (eccetto Alcibiade che arriva ubriaco) a causa di una precedente ubriacatura del giorno prima.74 In Metodio, Virtù sottolinea che l'abbondanza di cui le vergini si sono saziate è quella totale. Come visto sopra, il prato della verità in Platone era quello al quale si nutriva l'anima (Phaedr. 248c), ora le vergini sono saziate nelle praterie di Cristo: l'affermazione assume così una riferimento eucaristico e il banchetto diventa quello di Cristo. Anche il tema dell'uomo custode del giardino è tema forte fin da Gn 1 come nel Ct (la donna custode delle vigne) ed è per questo che Cristo come nuovo Adamo riappare alla Maddalena nelle sembianze di un giardiniere (Gv 20,15). Le donne danno infine inizio ai loro discorsi stabilendosi uno stesso criterio:

Platone, SimposioMetodio
Cominci Fedro dal momento che è disteso al primo posto ed è, a un tempo, padre di questo discorso (Symp. 177d). Incominci Marcella poiché siede al primo posto ed è anche la maggiore.

Il parallelismo esplicito tra questi due personaggi serve a meglio capire l'elogio così esagerato75 che Marcella tributerà alla verginità, discorso che susciterà la reazione della seconda oratrice. È il calco formale del discorso di Marcella su quello di Fedro che ci aiuta a ridimensionare il contenuto. Le analisi potrebbero andare avanti in questo senso, ma qui ci limitiamo a rilevare il dato.

Le vergini infine non sono chiamate sagge, ma belle:76 l'attributo tipicamente greco precede per un attimo quello biblico di «sapienti», anche se infine Virtù si propone di dare la corona incorruttibile della sapienza, con una frase sovrabbondante di riferimenti paolini: 1Cor 9,25; 2Ti 2,5 per il tema della lotta atletica; il tema paolino del vergognarsi (tema escatologico nei vangeli), ma anche Bacchilide 5,186 per la corona incorruttibile:77

Ora possa vergognarmi di me stessa, se quella che avrà gareggiato meglio, non la cingo della corona incorruttibile della sapienza da destare invidia.

7. Interpretazioni

Si deve alla grande opera di Nygren, Eros e Agape, uno degli studi più approfonditi sulla storia di questi concetti nell'antichità, ma anche uno dei fraintendimenti più persistenti nella mentalità comune odierna, non solo circa tali concetti, ma anche circa la patristica antica. L'idea che guida la ricerca di Nygren è che la parola eros sia indice dell'ellenismo o (quando presente in un padre della chiesa) dell'inammissibile ellenizzazione del cristianesimo, la cui essenza starebbe invece nel concetto opposto di agape. Eros significherebbe un amore assolutamente egoistico e appetitivo, mentre l'agape indicherebbe l'amore oblativo proprio solo di Dio, rivelato esclusivamente nell'evento Cristo, un amore che esce da sé, gratuito.

Nygren purtroppo in tutta la sua analisi sembra determinato da una rigida e unilaterale impostazione di fondo, viziata forse da una certa ideologia protestante che assegna al concetto di eros il significato di amor sui luterano e cioè fondamentalmente del concetto di concupiscentia passato per Agostino e poi per la Riforma.

Questa visio di fondo porta Nygren a leggere le soluzioni dei Padri, per quanto varie ed articolate, come vittorie o sconfitte di un tema sull'altro o addirittura come fusioni sincretistiche. In questo modo però non solo si perdono sfumature e specificità dei singoli padri, ma anche quella loro capacità di traduzione di concetti, fino ad una vera e propria plasmazione di un linguaggio, che ha comportato a volte anche l'esplosione dei termini tradizionali o slittamenti di significato per cui, laddove si utilizzano le stesse parole spesso si parla di realtà differenti e laddove si intende uno stesso significato a volte vi sono parole differenti (si vedano per esempio i criteri ermeneutici esplicati da Origene nel suo Prologo al Commento al Cantico).

Cosa dice dunque Nygren del Simposio di Metodio? Sostanzialmente che Metodio dipenderebbe servilmente da Platone, non solo nella stesura formale ma anche nella composizione, nel contenuto e nel motivo fondamentale della sua opera, arrivando ad un «compromesso» tra i due temi.78 «Metodio con quest'opera ha voluto opporre un riscontro cristiano al Convito di Platone per superare il concetto di eros con l'ideale della verginità (che Metodio riteneva la virtù specificamente cristiana)» (415), e «la verginità assume le funzioni dell'eros» (415). Su quest'ultima affermazione sarebbero concordi tutti i commentatori, come anche sul fatto che «in Metodio la verginità è intimamente connessa con il concetto di eros» (416); ma poi Nygren conclude che «il risultato a cui è giunto [Metodio] non si differenzia di molto... dalla solita concezione dell'eros» (415). Questa solita concezione dell'eros non sarebbe altro per Nygren che sic et simpliciter quella platonica,79 non solo assunta in una interpretazione già di per sé distorta,80 ma come se Metodio non avesse apportato di suo nulla di nuovo. Eppure proprio Nygren è disposto ad affermare che «le teorie platoniche dell'"eros celeste" sono riprese integralmente da Metodio e adattate alla verginità». In che modo allora Metodio adatta queste idee? Dice infatti Nygren che «anche là dove [Metodio] fa uso del vocabolo agape, gli attribuisce il significato di eros» (418), per di più l'eros «volgare» (417, n. 420).

A nostro parere invece il tipo di sviluppo dottrinale (più o meno implicito) cui Metodio sottopone il concetto di eros non è quello che porta a dire Nygren che in Metodio i due motivi «coesistono»,81 ma quello per il quale l'eros viene assunto, criticato e riceve completamento dal concetto di castità, la quale a sua volta da eros assume nuovi significati.

In questo caso, forse, un approccio meno sistematico e più teso a vedere la trasformazione dei processi culturali che modificano i termini e affinano l'elaborazione dei concetti incorre meno facilmente in un errore ermeneutico.82 Se da una parte infatti è vero -- come dice Nygren -- che in Metodio «La verginità assume la funzioni dell'eros», questo accade nel senso non tanto che «le teorie platoniche dell'eros celeste sono riprese integralmente da Metodio e adattate83 alla verginità», quanto piuttosto che l'eros di Metodio ha già subito e subisce una trasformazione di significato84. Dunque dovremmo chiederci se il cambiamento di termini implichi un altrettanto grande divario in quello del significato o se qui i termini apparentemente tanto diversi di eros e hagnéia non siano sottoposti ad un avvicinamento semantico molto maggiore in virtù del fatto che il concetto di eros ha subito e sta subendo ancora al tempo di Metodio trasformazioni e rielaborazioni.

Molti elementi ci portano in effetti in questa seconda direzione: dapprima il fatto che -- nota sempre Nygren -- Metodio afferma che la verginità è il dono maggiore che l'uomo possa offrire a Dio; il dono più grande (I,1; V,1); la via più breve al cielo (V, 6), guida verso l'alto. Come non ricordare che Platone aveva affermato che «per procacciare alla natura umana un tanto acquisto, non si può facilmente trovare un collaboratore più valido di eros» (Symp.178a) e, come affermerà nel Fedro per bocca di Socrate, «I beni più grandi ci giungono attraverso la follia che in realtà è data per dono divino» (Phaedr. 244a; cfr. V,1)?

Nygren parla di accomodamento dei concetti filosofici a quelli cristiani,85 o di «un compromesso tra eros e agape»;86 ma è difficile concordare ad una lettura approfondita del testo. Meraviglia che anche un'opera così originale (certamente meno viziata da impostazioni confessionali) come quella di Brown arrivi ad affermare per Metodio sostanzialmente lo stesso.87 Piuttosto che pensare ad un'adulterazione dei concetti del cristianesimo -- di cui a questo punto Nygren deve stabilire previamente (ed è questo l'errore ermeneutico di fondo) i connotati sistematici --, bisognerebbe capire in che senso i padri abbiano fatto opera di traduzione: il che implica -- fuori dal binomio sintesi o compromesso -- un'opera di discernimento, o forse addirittura di interpretazione tipologica anche nei confronti della tradizione pagana. In questo modo possiamo dire che già nel titolo l'opera di Metodio non «tradisce» solo la dipendenza da Platone,88 ma vuole esserne un contrapputo, una risposta cristiana alternativa, che implica da una parte assunzione, critica e trasformazione del concetto di eros, ma dall'altra anche un significato molto dilatato di verginità.89 Metodio stesso, in un passo del suo Simposio a proposito del confronto Adamo-Cristo, e dunque a spiegazione della tipologia, scrive:

Quando si stabilisce un confronto, bisogna che un termine sia per molti aspetti simile ed affine a quello cui è paragonato e non presenti una struttura con elementi contrari ed estranei (III,3).

Ci sarebbe da chiedersi se questo non valga anche per la hagnéia nei confronti dell'eros platonico, se cioè anche nel confronto tra eros e verginità, che egli stabilisce, non si possa parlare di interpretazione tipologica e se egli non consideri per caso l'eros platonico una forma tipologica della verginità / hagnéia.

Se fosse così, non si dovrebbe parlare di opposizione e/o sostituzione, come fa Nygren. Nel corso del suo ragionamento egli sarà costretto ad affermare, in un lavoro di ermeneutica «tautologica»: «sembra che [Metodio] non si sia accorto della discrepanza tra queste due concezioni»; ma si dovrebbe sempre essere cauti nell'attribuire agli antichi mancanza di conoscenze che noi moderni presumiamo invece di avere. Cercando previamente ciò che non trova (e non può trovare, perché Nygren ha un problema che forse Metodio ancora non aveva), è costretto sostanzialmente a dichiarare che i padri non avevano capito il cristianesimo. Sembra dunque aver ragione chi afferma che «la contrapposizione polare tra universo culturale ellenistico e cristiano -- diventato ormai un luogo comune dopo Nygren -- che oppone il concetto di eros ad agape, non ha sostegno nelle fonti, a meno che non si voglia decidere a priori cosa sia il «vero» cristianesimo».90

Vi è poi la corrente delle interpretazioni che va in direzione opposta a quella di Nygren: Antoniono, il curatore della recente traduzione del Simposio metodiano, afferma che «all'eros pagano Metodio ha sostituito l'agape cristiana e la sua forma ideale che è l'hagnéia».91 Anche secondo Emanuela Prinzivalli (1984, L'esegesi, 12; poi modifica la sua posizione e la vedremo in dettaglio), il Simposio di Metodio contrappone la castità cristiana all'eros pagano. Tuttavia anche questa soluzione sembrerebbe supporre un originario divario e opposizione dei due concetti e se è così allora non si capisce come l'agape possa sostituire così facilmente l'involucro dell'eros.92 Se il concetto di agape sostituisse, cancellandolo o abrogandolo, il concetto di eros, si perderebbero tutti quei riferimenti a quella vera e propria lotta che avviene nell'anima secondo le vivide descrizioni di Platone e che sono presupposti nell'agone della castità metodiana (cfr. l'epilogo dialogato tra Eubulion e Gregorion). Inoltre resterebbe quanto meno da chiarire che cosa voglia dire che la forma ideale dell'agape sia l'hagnéia.

Sono indubbiamente i discorsi VII e VIII che ci aiutano in questo senso e in cui troviamo più ampi riferimenti e parallelismi al Fedro.93 Pensiamo a VIII,1,8 in cui si dice che la parthenía -- con un gioco di parole -- conduce alla parthéia, ovvero alla homóiosis theóu: l'idea era passata in ambito cristiano già tramite 1Gv 3,2, ma si pensi al fatto che vien detto che la verginità dà le ali con le quali l'uomo si innalza al cielo (VII,2) e dunque all'immagine del carro dell'anima del Fedro, o che la sua meta è la contemplazione della bellezza divina (eccoci di nuovo al sommo della scala platonica esposta nel Simposio platonico) o che procura l'immortalità VIII,2 (come viene detto di eros nel Fedro).

Per dimostrare che non si può abbracciare la soluzione che considera l'hagnéia cristiana metodiana un'abrogazione dell'eros platonico, ci si limiterà ad alcune descrizioni -- presenti già nel Simposio platonico, ma che acquistano un tono addirittura drammatico nel Fedro -- circa la lotta dell'auriga nei confronti delle passioni e il modo in cui eros fa mettere le ali all'anima -- come la verginità susciterà in Metodio l'amore di Cristo (VII,1).94

A dispetto dei sostenitori di un concetto appetitivo dell'eros platonico, nel Fedro si dice che eros è una forza che trae l'anima fuori di sé (Phaedr. 245a), che costringe quasi con violenza a volgere lo sguardo verso il dio (Phaedr. 253a). Il parallelo in Metodio resta, e in un duplice senso: da una parte è Cristo colui che ha i caratteri dell'amante (VII,1,30-31; VII,1,39).95 Dall'altra però si dice anche che è il cuore di Cristo a mettere le ali del desiderio (VII,2,10-12), infiammato dallo sguardo dell'intelligenza dell'anima, con una interpretazione di Ct 4,9 che ribalta le situazioni della dinamica che in Platone avveniva non all'amante ma all'amato (cfr. Phaedr. 255c).

Anche le vivide descrizioni in Platone del desiderio d'amore suscitato a partire dallo sguardo96 (quando vedono qualcosa che sia un'immagine delle realtà di lassù, esse restano colpite e non rimangono più in sé, Phaedr. 250a) e infine della grande fatica e lotta suprema (Phaedr. 247b) che l'auriga deve sostenere nei confronti del cavallo della passione, ci restituiscono un'ascesi «erotica» (e quindi poi dell'hagnéia metodiana) tutt'altro che disincarnata e a-patica:97

La vista è per noi la più acuta delle sensazioni che riceviamo mediante il corpo... (Phaedr. 250d).98

... Se scorge un volto d'apparenza divina, o una qualche forma corporea che ben riproduca la bellezza, prima sente i brividi e si sente mancare; poi, rimirando questa bellezza, la venera come divina e, se non temesse d'essere giudicato del tutto impazzito, sacrificherebbe al suo amore come all'immagine di un dio (251a).99

... Al vederlo lo coglie come una reazione che proviene dal brivido e un sudore e un calore insoliti. Ricevendo infatti attraverso gli occhi l'effluvio della bellezza, si scalda nel punto in cui la natura dell'ala si alimenta... (251a-b).

Quando l'auriga, vedendo la visione amorosa, e riscaldandosi interamente in tutta l'anima per questa sensazione, è riempito dal solletico e dal pungolo del desiderio... l'altro cavallo ... si lancia con balzi violenti e procurando molti inconvenienti al compagno e all'auriga, li costringe a procedere verso l'amato e a fargli memoria dei piaceri di Afrodite... e come la vede, colto da timore e da rispetto, cade all'indietro e, a un tempo, è costretto a tirare indietro le redini in modo così forte che a tutti e due i cavalli si piegano sulle cosce... nel ritrarsi più ontano l'uno per vergogna l'altro per sbigottimento bagna di sudore tutta l'anima... (254a-e).

Tra gli studi che finora hanno trattato della rielaborazione in Metodio del concetto di eros platonico, a nostra conoscenza solo due hanno parlato in modo esplicito100 e articolato del rapporto tra eros platonico e parthenía / hagnéia metodiana, entrambi datati 1999 e indipendenti tra loro (rafforzando quindi la tesi comune!): presentiamo anzitutto la posizione di Prinzivalli, che ci permette di sollevare e focalizzare in modo chiaro il problema generale; per quanto riguarda l'ampia monografia di Bracht ci limitiamo qui a osservazioni particolari, riservando a un prossimo futuro un più meditato intervento.

Nel suo articolo, Prinzivalli dedica un'ampia introduzione per collocare Metodio all'interno del dibattito sul significato e il posto della sessualità nel contesto della teologia del III secolo. Ella nota come la complessità della teologia di Metodio faccia di questo autore un ponte culturale tra cultura asiatica e alessandrina. L'indubbia novità dello studio dell'autrice sta nell'essersi svincolata dall'opposizione Metodio platonico / Metodio cristiano, affrontando il problema su un'altra base, che non è tanto quello di cristianesimo o platonismo, e nemmeno quello di eros / agape, ma quello di castità / eros. Così ella evidenzia come il concetto di hagnéia di Metodio sia «concetto complesso», come «coinvolge anima e corpo» nel senso dello «slancio dell'essere umano verso le altezze di Dio, come essa sia scelta nutrita dalla meditazione della Scrittura e coincidente con l'amore del bello» e mostra la necessità di dissipare il fraintendimento di «un parallelismo antitetico che chiude ciascuno dei due poli (la castità e l'eros) in una apparente inconciliabilità», come anche il fatto che «Metodio non si limita a imitare stilisticamente Platone, salvo poi contrapporgli una diversa ideologia».101

L'hagnéia di Metodio sarebbe piuttosto per l'autrice «il punto di arrivo della concezione impostata da Platone nell'ultima parte del suo dialogo, circa l'eros come desiderio di generare nel bello».102 Quello di Metodio sarebbe insomma uno «sforzo di interazione e integrazione». «L'hagnéia cristiana quindi non si limita a negare l'eros platonico ma pretende di proporsi come suprema espressione dell'amore cristiano». Riconoscendo sostanzialmente a Prinzivalli di aver centrato davvero la prospettiva del Simposio di Metodio in questo senso, ci riserviamo solo alcune precisazioni per ulteriori aperture in questa direzione.

L'argomentazione di Prinzivalli si focalizza a partire dall'apologia della generazione fisica103 (dato presente in Metodio, come in pochi altri padri della chiesa), che è la preoccupazione complessiva dei contributi del volume all'interno del quale si colloca anche il suo. Prinzivalli si chiede che cosa Metodio dica in base a questa prospettiva sulla generazione fisica (con un'attenzione speciale al secondo discorso): qui vogliamo chiederci che cosa la sua trattazione dell'eros platonico e della generazione fisica abbia da dire sulla castità e sulla generazione spirituale (con un'attenzione speciale al terzo discorso), e se è vero, come nei dialoghi platonici,104 che diverse prospettive apportano maggiore luce alla verità senza necessariamente escludersi a vicenda e se le scelte di vita e le affezioni personali non possono essere mai del tutto escluse da un lavoro anche intellettuale e scientifico.

A questo punto si capirà come nel discorso fatto fin qui resti ancora da chiarire come si deve intendere hagnéia.

8. Il concetto di verginità di Metodio: iperbole e ristrettezza di orizzonti?

Finora105 abbiamo visto che nel Simposio metodiano l'eros platonico non è ripreso semplicemente in modo acritico da Metodio, né viene abrogato da una concezione ad esso opposta. Esso viene assunto in un modo che abbiamo chiamato tipologico: la verità della sua completezza viene raggiunta nella hagnéia.

Bisogna che la vergine sia sempre presa dall'amore per il bello (I,1).

La vergine è dunque la perfetta filosofa, che dev'essere, come il filosofo, come Socrate definito erotikós (cfr. Phaedr. 248d),106 amante del bello, colei che aspira alle vette della contemplazione, dell'immortalità, alla partecipazione con Dio, all'assimilazione a lui. Castità è per Metodio il modo di far crescere in noi la somiglianza. Qui soggiace la concezione antropologica ireneana di Metodio secondo la quale l'uomo ha perduto la somiglianza con Dio ma non l'immagine. Metodio dichiara esplicitamente che la meta della verginità è di «giungere all'eros celeste» (VI,2;); la verginità così prende il posto dell'eros celeste che prometteva l'immortalità (VIII,2) come nel Fedro.

La verginità assume quindi quella fiamma, quella forza e il carattere di quella passione proprie alle insuperate descrizioni del Fedro, per cui il moto erotico che conduce a Dio è tutt'altro che a-patico (contro certe tendenze alessandrine). Sappiamo che Platone oscilla107 nella sua idea molto dualista sull'uomo (del Fedone) secondo la quale l'anima deve semplicemente liberarsi dal corpo, ed espone in seguito nel Fedro una problematica più articolata: se l'anima non riesce a liberarsi dal corpo, il problema deve stare nell'anima stessa. Il vero problema sarà quindi a quale delle sue tre facoltà spetti la direzione dell'anima e quale sia la giusta relazione tra esse: logistikón, thymoeidés, epithymetikón (qui l'auriga e i due cavalli, Phaedr. 253d; cfr. Resp. 440e).108

Metodio ha tratto dalla concezione dell'eros platonico quell'ideale che ne faceva l'accesso a Dio (eros celeste), e quindi il concetto di verginità (sulla base dell'equivalenza: parthéia gar he parthenía, VIII,1,8) a sua volta si troverà ad essere grandemente dilatato; anzi solo valutandolo sullo sfondo della concezione platonica certe accentuazioni e lodi della verginità da parte di Metodio non ci sembreranno più eccessive. Qui si tratta infatti meno di quella virtù che sarà oggetto di lode soprattutto in autori successivi che di un ideale cristiano di cammino a Dio in una esatta connessione tra anima e corpo.

Del resto solo se il Simposio metodiano viene messo in parallelo a quello platonico si può capire che le «lodi con cui l'autore esalta la verginità»109 non sono altro che una ripresa letteraria, un'eco di alcune parole di Platone sull'eros e dunque questa virtù può essere ridimensionata se considerata al pari di eros, come ciò che congiunge l'uomo a Dio e dunque al pari tutta la globalità e articolazione della disciplina sul desiderio,110 senza il quale (lo sapeva Origene) ne va del desiderio stesso di Dio, perché il desiderio, qualsiasi desiderio, ha una sua verità.111

Se quindi non viene messa in disparte o negata la dinamica della disciplina dell'auriga nel disciplinare il moto di eros; se -- come abbiamo visto -- i concetti di enkráteia e di apátheia vengono interpretati in modo polemico rispetto ad una concezione che implica la totale assenza di passioni, emozioni e sentimenti; se il concetto di agape viene assunto anch'esso (la cintura è segno della hagnéia, IV,6), se vi è una duplice raffigurazione di Cristo come amato e come amante; se nel concetto di castità metodiana infine c'è posto anche per il secondo discorso sull'atto sessuale, allora vuol dire che questo concetto di verginità / castità -- almeno nel Simposio di Metodio -- assume un significato che va ben al di là della semplice -- seppur grande -- rinuncia all'unione sessuale. Nell'involucro del termine hagnéia ci sembrano quindi venir racchiusi i significati di éros, agápe, enkráteia, apátheia, parthenía, hagnéia, harmonía, sophrosýne (per non parlare del discernimento degli spiriti del discorso di Virtù) per formare un nuovo e più dinamico concetto che può ora arrivare a designare la complessità della dinamica di una vita cristiana.

In questo modo possiamo concordare con Musurillo nell'affermare che la castità per Metodio ha una sua natura specifica, irriducibile alle altre virtù, perché purificando tale concetto da certe idee di stampo ancora troppo moralistico -- che implicano una totale repressione di ogni fenomeno corporeo e affettivo (erotico in senso platonico) -- dilatiamo la semantica del termine.

Ormai da diversi decenni la teologia, sulla base della sensibilità odierna, è tesa a riscoprire il valore e il posto del corpo all'interno dell'esperienza di fede e nella spiritualità:112 in questa scia il cammino di castità -- per secoli nutrito da una concezione che potremmo chiamare encratita -- può essere riconsiderato anche sulla base delle fonti patristiche come «l'espressione più alta e caratteristica del cristianesimo» ma solo nel caso in cui però lo si riconosca come quella giusta relazione tra anima e corpo, che come fa notare Brown113 a proposito di Origene: «in base a questa nuova concezione, la verginità non era più la fase critica di una sessualità sospesa ... ma esprimeva invece lo stato originario di unione tra anima e corpo». Questa unione è celebrata in Talia come immagine perfetta dell'armonia tra anima e corpo, quella somma virtù che fin da Platone della Repubblica (554e; anche III e IV), ma poi in tanti padri, viene espressa nella metafora della musica.114 Che questo non valga anche per Metodio è una conclusione che detta da Brown delude. Davvero Metodio proporrebbe solo -- come scrive Brown -- figure eteree,115 lui che scriverà -- proprio in contrapposizione ad Origene -- un de resurrectione e per il quale quindi la riflessione sul corpo assume un ruolo maggiore rispetto a quanto avviene nella riflessione di Origene, anche a causa di una sua maggior dipendenza da Ireneo? Tra l'altro per Metodio la verginità non è mero ritorno allo stato prelapsario116 e -- come abbiamo cercato di dimostrare -- la sua idea di castità si contrappone fortemente a concezioni encratite.

9. Una nuova generazione nel bello

Il passo che più ci aiuta a capire la connessione tra castità e globalità della vita spirituale cristiana è indubbiamente il discorso III, ma esso può essere compreso solo alla luce del discorso II.

Le leggi della vita spirituale e sacramentale -- sembrerebbe dire Metodio -- hanno le stesse leggi di quella corporea e naturale, non il contrario: il ribaltamento non è da sottovalutare. In questo discorso si fa una presentazione antropologica della chiesa ed è un vero capovolgimento di prospettiva rispetto a ciò che normalmente ci viene proposto: una presentazione ecclesiologica dell'antropologia (a partire da Ef 5). Qui la dimensione sponsale della vita spirituale e sacramentale prende senso e significato a partire da quella corporea.

L'interpretazione metodiana del passo della Genesi (spiegato nel discorso secondo alla lettera e qui allegoricamente) in chiave ecclesiale e quindi accostandovi Ef 5 segue probabilmente quella che doveva esserne stata l'esegesi da parte di Origene.117

Non possiamo qui entrare in una dettagliata analisi del testo di III,8;118 ci limitiamo a rilevare che esso mostra i vari livelli in cui l'interpretazione fisica di Gn riferita all'amplesso dell'uomo e della donna spiega le leggi della vita divina: anzitutto a livello del Verbo Preesistente (con una originalissima interpretazione del lógos prophorikós alla luce di Gn 2) che lascia il Padre (stavolta nei cieli) per incarnarsi; poi a livello storico nell'incarnazione e nell'estasi di Cristo nella passione, consegnando il suo corpo alla sposa, la chiesa, come un amante fedele fino alla morte (con una originale interpretazione del lógos spermatikós); poi c'è un livello sacramentale per cui questa stessa estasi e unione d'amore si ripropone nel lavacro battesimale e nel ricordo della passione per ciascun credente e poi a livello personale (notiamo come dietro vi sia lo schema origeniano dell'interpretazione ecclesiale e psicologica); infine vi è un'analoga unione sponsale, che si realizza a livello spirituale, del seme della parola immesso nel cuore di ciascun fedele.

Quindi119 l'Apostolo ha riferito direttamente a Cristo tutto quanto era stato detto di Adamo. Così si può ben convenire nel dire che proprio dalle ossa e dalla carne di lui sia nata la chiesa, per la quale, lasciato il Padre che è nei cieli, il Verbo discese per congiungersi120 alla sua donna, e s'addormentò nell'estasi della passione, morendo volontariamente per121 lei, «per farsi comparire davanti la Chiesa, gloriosa e senza macchia, purificata nel lavacro» pronta a ricevere il seme spirituale e beato; lui lo semina come eco e deponendolo nella profondità dello spirito mentre la chiesa come la donna lo riceve e gli dà forma per generare e nutrire122 la virtù.

Ogni volta una unione è accompagnata da una rispettiva fecondità (Cristo preesistente fa nascere la chiesa; la chiesa fa nascere la «virtù»; il lavacro battesimale fa nascere i credenti; l'eucaristia nutre i credenti e li rende «perfetti»; la parola seminata nei cuori dai perfetti fa crescere i semplici ecc...).

In questo modo giustamente si compie il detto «crescete e moltiplicatevi», crescendo la chiesa in grandezza, bellezza e numero di giorno in giorno per mezzo dell'amplesso e della comunione col Verbo che insieme discende in noi123 andando anche ora fuori di sé nel memoriale della sua passione. Non potrebbe in altro modo infatti la chiesa concepire e rigenerare i fedeli «per mezzo del lavacro» della rinascita, se non perché, avendo Cristo esinanito124 se stesso anche per loro al fine di trovare spazio125 alla ricapitolazione della passione, come ho detto, non morisse di nuovo, scendendo dai cieli e congiungendosi alla sua donna, la chiesa,126 offrendo il fianco perché se ne tragga una certa sua potenza;127 così crescono tutti coloro che vengono in lui edificati128 e generati per mezzo del lavacro prendendo129 dalle sue ossa e della sua carne, e cioè dalla partecipazione alla sua santità e dalla sua gloria... .

Spesse volte infatti accade che le Scritture chiamino chiesa la stessa aggregazione, massa e folla dei credenti, mentre i più perfetti nel progresso [spirituale]130 sono elevati a[lla dignità di] una sola persona e corpo della chiesa. Da una parte infatti i migliori e coloro che più distintamente hanno già succhiato131 la verità, questi per mezzo di una perfetta purificazione e fede, spogliati132 dalle cose sconvenienti133 della carne, diventano chiesa e aiuto di Cristo, la vergine, così come dice l'Apostolo, a Lui fidanzati e sposati,134 affinchè, ricevuto il puro e fecondo seme della dottrina, cooperino alla salvezza degli altri come aiuto nella predicazione.

Sono queste anime perfette (si noti il vocabolario di quest'ultima parte tutto origeniano: come non ricordare l'interpretazione della sposa e delle fanciulle del In Ct di Origene?) che sono chiamate spose, fanciulle, e «la vergine» di cui parla l'apostolo. È dunque questo senso globale che assume in Metodio il concetto di verginità.

C'è poi un passo con più evidenti riferimenti al concetto di generazione nel bello, che diventa l'intero processo della vita cristiana, intesa come progresso verso la piena maturità di Cristo (Ef 4,13) con echi però dal discorso di Diotima (Symp. 206c-d; 210d; 212a) e del concetto di doglie del parto (odínein) dell'anima di Phaedr. 251e, passato però evidentemente attraverso quelle doglie del parto di Rm 8,22 (synodínein) dell'intera creazione, preludio al sorgere di una creazione rinnovata.

Dall'altra parte invece coloro che sono ancora imperfetti e agli inizi negli insegnamenti della salvezza, sono partoriti nelle doglie e vengono formati da parte dei più perfetti come da madri, fino a che, di nuovo partoriti, siano rigenerati ad una grandezza e bellezza di virtù; e a loro volta poi questi, diventando lungo questo progresso chiesa, cooperano ad un altro parto di figli e al nutrimento a guisa d'utero nel ricettacolo dell'anima portando a maturità la sana volontà del Verbo.

Il testo meriterebbe più dettagliata analisi, ma già il gioco di allusioni a testi, sia platonici che neotestamentari, è sufficiente ad evocare immagini ricche di significato e desiderio di approfondimento. In questo testo Metodio sembrerebbe aprire la via anche ad una mistica sacramentale che solo la tradizione orientale porterà avanti, mentre nella tradizione latina il cammino dell'uomo con Dio si sbiadirà in un orientamento sempre più prettamente morale/istico, che riguarderà anche il concetto di verginità. Se poi pensiamo che all'interno delle varie teorie biologiche antiche sulla generazione (si noti il vocabolario «biologico»), Metodio propende per il ruolo attivo della donna,135 allora la sua riflessione sulla fecondità della vita cristiana e della chiesa (del cui ruolo attivo Metodio parla per esempio in VIII, 7-9) appare ancora più originale.

Il cammino in salita versò la «virtù» non è dunque staccato da un cammino che cresce e si alimenta con la Parola di Dio (cfr. I,1); un cammino che ha un sostegno fortemente cristologico e sacramentale (cfr. III); un cammino fecondo alimentato dall'eros e dall'amore del bello (cfr. VII-VIII), da Cristo e dalla disciplina del desiderio allo stesso tempo (X), il tutto all'interno di quel gioco di prospettive in dialogo che rendono dinamico l'avanzare non solo del discorso ma anche -- forse -- della vita spirituale. In Metodio, una volta di più, non si può scegliere tra eros o agape; matrimonio o verginità. La verità segue forse la complessità e la multiformità del reale e forse si raggiunge alla fine di un cammino di dialogo tra diverse prospettive non escludentesi.136

L'unione tra il Simposio di Platone e il Cantico dei cantici è fatta, ma senza che essa si presenti come sostituzione o tradimento del cristianesimo con l'ellenismo: forse piuttosto è semplicemente opera di traduzione patristica: sollevata su ali della verginità che traversano il cielo, l'anima può elevarsi a Dio ed entrare orgogliosamente nella camera nuziale (VIII,12 = Sal 44).

Seguire il percorso che Metodio fa compiere al concetto di eros nel suo Simposio è stato anche un approfondimento di come i padri abbiano affrontato e superato la prova della sfida della inculturazione, e di come essi possano esserci in questo ancora modello e testimonianza efficace.

Uno degli assunti che ha condotto il percorso è stata la sottintesa domanda se si possa delimitare un'idea previamente al suo emergere nei testi ovvero se si possa arrivare a individuare il puro messaggio cristiano oltre gli schemi culturali nei quali esso si è originato, come purificandolo dalla veste culturale che storicamente ha preso -- come se questa fosse qualcosa di appiccicato -- per poter poi giudicare se un autore se ne discosti o meno (come fa Nygren). Il problema non è affatto ozioso, visto che sembrerebbe inserirsi all'interno di quello più ampio del rapporto tra rivelazione e storia (o tra ontologia e storia) nel cristianesimo, oggi vivo per esempio nella forma dell'incontro del cristianesimo con religioni diverse o nella maturazione dei concetti teologici rispetto alle nuove culture (in particolare orientali).

Anche i padri avevano una terminologia affinata, quella della filosofia. Essi l'hanno saputa assumere per potersi spiegare al mondo culturale di cui si sentivano parte, ma non sono restati legati ai termini e tanto meno ai sistemi che li hanno originati: più spesso hanno fatto subire ai concetti una trasformazione semantica. Un approccio al testo che si chieda anzitutto che cosa l'autore abbia voluto dire, quali strumenti egli abbia utilizzato ma soprattutto una sensibilità più attenta agli slittamenti semantici aiuterà ad uscire dall'empasse in cui pone un approccio che invece è teso solo a chiarire se ciò che l'autore vuole dire si adatti semplicemente a ripetere concetti antichi o li rigetti. In Metodio abbiamo visto che i concetti di eros e hagnéia sono stati sottoposti ad una mutua trasformazione.137

[Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta in Mneme il 30 agosto 2002.]

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Note

  1. Metodio d'Olimpo, La verginità, a cura di Normando Antoniono, [Testi patristici 152], Roma 2000. Testo

  2. La tradizione manoscritta in effetti testimonia una alternanza nel sottotitolo ma le edizioni critiche (Methodius, Methodius, v. d. G. N. Bonwetsch, [Die griechischen christlichen Schriftsteller der ersten Jahrhunderte 27], Leipzig 1917; H. Musurillo e V. H. Debidour, Methode d'Olimpe, Le Banquet, [Sources Chrétiennes 95], Paris 1963), scelgono perí hagnéias. C'è da chiedersi se il sottotitolo perí parthenías (che compare nei mss. tardivi) non sia stato influenzato dagli scritti omonimi successivi. Testo

  3. De viris illustribus 83. Secondo quanto Girolamo riporta nel Contra Rufinum 1, 11, anche Eusebio nomina Metodio e precisamente nel libro VI aggiunto da lui all'Apologia scritta da Panfilo (accusandolo di voltafaccia nei confronti di Origene e forse per questo motivo non lo inserisce nella sua Hist. Eccl.), ma lo stesso Eusebio riporta poi un passo di Metodio dal De libero arbitrio che tuttavia attribuisce ad un certo Massimo (probabilmente o lui o uno dei sui copisti ha forse scambiato il titolo di un opera con l'autore), cfr. Timothy David Barnes, «Methodius, Maximus, and Valentinus»: Journal of Theological Studies NS 30 (1979) 47-55, in particolare 51 e 54; Emanuela Prinzivalli, L'esegesi di Metodio d'Olimpo, Roma 1984, 10, n. 6; L. G. Patterson, Divine Sovereignty, Human Freedom and Life in Christ, Washington 1997, 16. Metodio è nominato inoltre da Epifanio e dal lessico della Suda. Lo storico Socrate riprende le notizie di Girolamo. Testo

  4. Cfr. la ricostruzione di Herbert Mussurillo, Tr. and ann.: St. Methodius. The Symposium. A Treatise on Chastity, [Ancient Christian Writers 2], London 1958, 3-5 confluita in SCh 95. Testo

  5. Normalmente è fissata attorno al 270, e su questa data si basano le conclusioni di Musurillo e altri; ma si veda T. D. Barnes, «Porphyry against the Christians»: Journal of Theological Studies 24 (1973) 424-442; Id., «Scholarship or Propaganda?»: Bulletin of the Institute of Classical Studies of the University of London 38 (1994) 53-65; Id., «Monotheists All?»: Phoenix 55 (2001) 142-162 che è andato sempre più proponendo una data posteriore al 300. Testo

  6. Fu invece probabilmente Massimo a morire in Grecia sotto Decio o Valeriano. Dietro questa confusione soggiacerebbe ancora lo scambio tra Metodio e Massimo, cfr. Barnes, Methodius, 54-55. Testo

  7. Barnes propende per la data del 20 giugno 312 (cfr. Barnes, Methodius, 54). Testo

  8. Socrate ritiene che Olimpo si trovi in Lycia di Grecia, per questo verrà in seguito (da Giovanni di Antiochia) ritenuto greco. Un'aggiunta nella Suda specifica «Olimpo di Lycia o di Patara». Vi sono tuttavia state delle evidenti contaminazioni e si parla addirittura di 4 diversi Metodio (Stiltinck), tra l'altro il nostro sarà confuso anche con l'omonimo evangelizzatore degli slavi del IX secolo e per questo gran parte dei suoi frammenti ci sono stati mantenuti in paleoslavo. L'opinione di Diekamp è che Metodio sia stato vescovo di Filippi, come spesso si può trovare scritto. Testo

  9. Cfr. Barnes, Methodius, 54. Testo

  10. Cfr. PG 18, 9-408; CGS 27 (1917); PO 22, 5, 637-889. Testo

  11. De vita; De cibis et de vacca rufa; De lepra; De sanguisuga; De creatis; Contra Porphyrium; In Iob; De martyribus. Testo

  12. Si tratterebbe di un commentario alla Genesi, uno al Cantico dei Cantici e uno scritto contro il de pytonissa di Origene. Testo

  13. L'idea è stata coniata da Manlio Simonetti, cfr. «Asia (minore)»: DPAC 414-416; Id., Cristianesimo antico e cultura greca, Roma 1990, 43; 57 n. 33. Testo

  14. Cfr. Prinzivalli, L'esegesi,; Manlio Simonetti, Cristianesimo antico, 58. Testo

  15. Cfr. Calogero. Riggi, «Metodio d'Olimpo»: DPAC 2239-2240. Testo

  16. Emanuela Prinzivalli, «Desiderio di generazione e generazione del desiderio. Metodio d'Olimpo e le polemiche sull'Eros tra III e IV secolo»: L'Eros difficile. Amore e sessualità nell'antico cristianesimo, a cura di Salvatore Pricoco, Catanzaro 1998, 47. Testo

  17. Cfr. Michele Pellegrino, L'inno del Simposio di S. Metodio Martire, Torino 1958: «... è il primo trattato sistematico sulla verginità nel quale si dà un ordinamento e una sintesi delle nozioni che si trovano sparse in Origene», 19. Testo

  18. Soprattutto in campo latino: si pensi a Ambrogio, De virginitate; Girolamo, ep. 22; in campo greco forse solo l'omonimo testo di Gregorio di Nissa, risente ancora molto fortemente della dipendenza da Metodio, sebbene con i dovuti distinguo. Prinzivalli, L'esegesi: «è la prima [opera] nella letteratura cristiana ad essere dedicata ad una trattazione sistematica della verginità svincolata da scopi disciplinari o immediatamente parenetici», Roma 1984, 12. Ambrogio per esempio scrive il suo De virginitate in contrapposizione netta al mondo delle vestali romane, cfr. Rita Lizzi, «Vergini di Dio -- vergini di Vesta. Il sesso negato e la sacralità»: L'eros difficile, 89-132, in particolare 93 e 96. Testo

  19. Musurillo afferma che nel caso di Metodio si tratta di un vero e proprio manuale di dottrina cristiana, filosofia e teologia anche se unificato sotto il tema della castità, cfr. Herbert Musurillo, St. Methodius. The Symposium a treatise on chastity, London 1958, 11. Affermazione ritenuta tuttavia eccessiva da Carlo Tibiletti, «Metodio d'Olimpo»: Verginità e matrimonio in alcuni scrittori cristiani, [Annali Facoltà Lett. e Filos. Univers. di Macerata II] 1969 e Prinzivalli, Desiderio, 48 n. 23. Testo

  20. Riteniamo adeguato un approccio ai padri che non tenti di separare semplicemente dipendenza filosofica o dipendenze bibliche, ma che si chieda cosa l'autore abbia voluto dire e quali mezzi abbia usato per farlo. Spesso infatti stessi termini, anche della tradizione, sono usati con una tale libertà -- ed è il caso di Metodio -- che il contenuto fa in un certo senso «scoppiare» l'involucro del termine che lo racchiude. Testo

  21. Patterson, Divine Sovereignty, 67 (trad. mia). Testo

  22. Anders Nygren, Eros e agape. La nozione cristiana dell'amore e le sue trasformazioni, Bologna 1990 [or. sved. Stockholm 1930], secondo il quale «già il titolo tradisce la dipendenza da Platone», 415 n. 410. Testo

  23. È il parere per esempio di Antoniono, Introduzione: La Verginità, 33 n. 2 e anche di Prinzivalli, L'esegesi, per la quale «il Simposio di Metodio contrappone la castità cristiana all'eros pagano», 12, tuttavia la stessa autrice nella sua più recente argomentazione (cfr. Desiderio) ha una posizione più articolata e approfondita destinata ad aprire decisamente il campo ad osservazioni ulteriori, nella scia delle quali ci inseriamo. Testo

  24. Cfr. Pellegrino, L'inno, 23, n. 19. Testo

  25. Cfr. Pier Franco Beatrice, «Dialogo»: DPAC 939-942. Testo

  26. Si pensi al Dialogo sull'anima e la risurrezione di Gregorio di Nissa (direttamente ispirato al Fedone di Platone) o ai dialoghi giovanili di Agostino. Testo

  27. Beatrice, DPAC 940. Testo

  28. Sull'antiencratismo di Metodio le posizioni degli studiosi, come si sottolineerà lungo il percorso, si diversificano: c'è chi attribuisce a Metodio un encratismo «morbido» (Sfameni Gasparro) e chi ritiene Metodio un antiencratita (Prinzivalli). A quest'ultima posizione sembra farci pervenire il dialogo finale tra Eubolion e Gregorion, cfr. M. Benedetta Zorzi, «La personalità delle vergini e l'epilogo del Simposio di Metodio d'Olimpo: una critica all'encratismo», in «Mneme» [in linea], <http://mondodomani.org/mneme/abz03.htm> (30 agosto 2002). Testo

  29. Cfr. Prinzivalli, L'esegesi, 25 n. 53. Testo

  30. Si veda tuttavia John M. Rist, «On the Aim and the Effect of Platonic Dialogues»: Iyyun, The Jerusalem Philosophical Quarterly 46 (1997) 29-46 che sottolinea da una parte l'importanza della forma del dialogo, a causa della natura ad hominem di ogni argomentazione filosofica, allo scopo di provocare nel referente un cambiamento di posizione interiore. Come poi il dialogo esprima che colui che cerca non possa mai davvero catturare interamente ciò che cerca, è affermato escludendo tuttavia il rischio -- tipico per noi moderni -- di una lettura «debole» di questo asserto, cfr. in particolare 44-46. Testo

  31. Giovanni Salmeri, Il discorso e la visione. I limiti della ragione in Platone, [La cultura 72], Roma 1999, 77. Testo

  32. Cfr. Prinzivalli, Desiderio, 49. Testo

  33. Cfr. Patterson, Divine Sovereignty, 72; 76; Manlio Simonetti -- Emanuela Prinzivalli, Storia della letteratura cristiana antica, Casale Monferrato 1999, 152-153. Testo

  34. Cfr. John M. Rist, «A note on Eros and Agape in Pseudo-Dionysius»: Vigiliae Christianae 20 (1966) 235-243 parzialmente corretto in Id. «Love, Knowing and Incarnation in Pseudo-Dionysius»: Traditions of Platonism: Essays in Honour of John Dillon, J. J. Cleary ed., Aldershot 1999, 375-388; Id., Eros e Psyche. Studi sulla filosofia di Platone, Plotino e Origene, [Platonismo e filosofia patristica. Studi e testi 6], Milano 1995 (or. ingl., Toronto 1964). Testo

  35. Un esempio è l'interpretazione che ne fa Plutarco, cfr. John M. Rist, Plutarch's Amatorius: a Commentary on Plato's Theories of Love?: Classical Quarterly 51. 2 (2001) 557-575. Testo

  36. Sull'esatto significato del passo in Ignazio cfr. l'interpretazione di Rist, A note on eros, 243; F. Cocchini, «Eros in Origene. Note su una dottrina del'ardore»: Pricoco, L'eros difficile, 35. Testo

  37. Origene, Commento al Cantico dei cantici, a cura di Manlio Simonetti, [Collana di testi patristici 1], Roma 1976, 43. Testo

  38. Secondo Origene i passi sono Prv 4,6.8 e Sap 8,2 ma in realtà se ne trovano altri in cui invece il significato è passibile di fraintendimento in quanto riservato proprio ai piaceri sessuali anche illeciti (cfr. Prv 7,18; 30,15-16; dubbio in Ct 8,6), cfr. Mauro Perani, «Ebraismo e sessualità fra filosofia e Qabbala. La Iggeret ha-Qodesh (Lettera sulla santità)»: Annali di Storia dell'Esegesi 17 (2000) 2, 463-485, qui 478-480. Forse per questo Origene non li cita? Oppure dobbiamo ipotizzare che avesse sotto mano versioni del testo biblico diverse dalla nostra. Testo

  39. Già notato da Prinzivalli, L'esegesi, 55. Testo

  40. Prinzivalli, L'esegesi: «L'esegesi metodiana, che accoglie i presupposti di quella origeniana, lascia cadere quello forse più qualificante: la convinzione che tutta la scrittura sia passibile di allegorizzazione», 127. Testo

  41. Purtroppo non ci è pervenuto il commento al Ct di Metodio che avrebbe chiarito in questo campo certamente molte cose. Che comunque già il Simposio sia toccato dalla polemica con Origene cfr. Simonetti -- Prinzivalli, Storia della letteratura, 151. Testo

  42. A questo riguardo cfr. i fondamenti filosofici di una tale operazione, che normalmente accade in ogni lavoro di traduzione, rilevati da John M. Rist, «On the Very Idea of Translating Sacred Scripture»: The Slovenian Academy of Sciences and Arts, Interpretation of the Bible, Ljubliana 1998, 1499-1511, in particolare 1508. Testo

  43. Platone aveva parlato di un eros nelle relazioni omosessuali. La questione se l'eros fosse possibile anche per delle donne doveva essere questione aperta, che comunque Plutarco risolve nel suo Amatorius, cfr. Rist, Plutarch's Amatorius. Che Metodio abbia conosciuto questo dibattito interno alla tradizione platonica? Testo

  44. Cfr. Emanuela Prinzivalli, «Donna e generazione nei Padri della Chiesa»: La donna nel pensiero cristiano antico, a cura di Umberto Mattioli, Genova 1992, 79-94 in particolare 88-89; Ead., «Il simbolismo del sangue in Metodio d'Olimpo»: Atti della settimana di studi «Sangue e antropologia biblica nella letteratura cristiana»: Roma 1983, III, 1181-1192 in particolare 1191-1192; L'esegesi, 14. Testo

  45. Cfr. Peter Brown, Il corpo e la società. Uomini, donne e astinenza sessuale nel primo cristianesimo, [Biblioteca di cultura storica 189], Torino 1992, 131-145. Testo

  46. Platone, Simposio, a cura di Giovanni Reale, Rocca San Casciano 2001. Testo

  47. Giovanni Reale, Introduzione a: Platone, Simposio, XX-XXIII. Testo

  48. Cfr. Reale, Commento a: Platone, Simposio 173b 7-8, 162. Testo

  49. È ciò che accade ad Alcibiade alla fine del Simposio platonico. Cfr. Rist, On The Aim, 37-41; 44-45. Testo

  50. Cfr. Pierre Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, Torino 1988, 47; Rist, On The Aim, 44-46. Testo

  51. Cfr. Hadot, Esercizi, 48-49. Testo

  52. Platone, Fedro, a cura di Giovanni Reale, Milano 1998. Testo

  53. Cfr. Symp. 203a-204a e il dialogo tra Diotima e Socrate Symp. 200ss. Testo

  54. Secondo Platone il tiranno è un filosofo fallito, uno che avrebbe avuto grandi possibilità di diventare filosofo, ma che ha indirizzato male il suo eros. Testo

  55. Cfr. Patterson, Divine Sovereignty, 70-71. Testo

  56. Propone un'altra soluzione a questa questione, senza supporre una lacuna nel testo, Katharina Bracht, Vollkommenheit und Vollendung. Zur Anthropologie des Methodius von Olympus, Tübingen 1999, 177 n. 14. Testo

  57. Salmeri, Il discorso: «La filosofia è eros anzitutto perché vuole o suppone un'intima trasformazione e partecipazione dell'uomo, perché è realizzazione della sue più integrali aspirazioni», 67. Testo

  58. Il che implica anche che come ricorda Elio Rindone, «Eros, Agape, Charitas. L'amore dalla Grecia classica alla fine del Medioevo [1]», in Il Giardino dei Pensieri -- Studi di storia della Filosofia, <http://www.ilgiardinodeipensieri.com/storiafil/rindone-1.htm>, dicembre 2000: «Contrariamente a quanto si pensa comunemente, non è affatto vero che l'amore platonico escluda la dimensione corporeo-sessuale. Nel Fedro Platone mostra di conoscere bene i brividi della passione amorosa e le sue pene, che descrive con estremo realismo». Testo

  59. Cfr. I,1; III,12; IV,1. Testo

  60. Su questo concetto chiave si veda Reale, Commento a: Simposio 210e4, 250-252. Testo

  61. SCh, 47 n. 4. Testo

  62. Cfr. Reale, commento a: Fedro 248b5-c2, 217. Testo

  63. Come non faranno gran parte dei padri. Su questo si veda Prinzivalli, Desiderio, 39-46. Testo

  64. Cfr. John M. Rist, «Pseudo-Dionysius, Neoplatonism and the Weakness of the Soul», in: From Athens to Chartres: Neoplatonism and Medieval Thought: Studies in Honour of Edouard Jeauneau, Leiden 1992, 135-161 qui 140-144; Id., Love, 380-383. Testo

  65. Ct 1,5; 2,7; 3,5; 5,8; 5,16; 6,9; 8,4; Sal 45. Testo

  66. Brown, Il corpo, fa notare che nei primordi della storia della chiesa quando un autore (per es. Erma) parla di verginità ha in mente la fedeltà perpetua della Chiesa (cfr. 67). Solo progressivamente essa sarà considerata come il mezzo più efficace per raggiungere la purezza dell'anima (cfr. 73). Per la metafora sponsale applicata alla chiesa si veda Giuseppe Baldanza, «L'uso della metafora sponsale in 1Cor 6,12-20. Riflessi sull'ecclesiologia»: Rivista Biblica 46 (1998) 3, 317-340; sullo sviluppo storico dell'allegoria matrimoniale nella Bibbia si veda invece Gianfranco Nolli, Cantico dei Cantici, [La Sacra Bibbia, a cura di Salvatore Garofalo; Antico testamento, a cura di Giovanni Rinaldi], Roma 1968, 20-31. Testo

  67. Piuttosto che un riferimento platonico -- come propone SCh, 49 n. 4, al Teeteto 144b -- sembra essere biblico. Testo

  68. Cfr. Reale, Introduzione a Fedro, XXVI. Testo

  69. Cfr. Brown, Il corpo, 169. Testo

  70. SCh, 50 n. 1. Testo

  71. Su questo punto gli studiosi sono divisi. Testo

  72. Carlo Tibiletti, «Metodio d'Olimpo: verginità e platonismo»: «Metodio si appropria del modulo di Ireneo relativo alla storia e progresso dell'umanità: la perfezione non è agli inizi, ma alla fine della storia, l'uomo poco per volta si evolve e progredisce, e solo dopo un lungo cammino raggiunge la perfezione»: Orpheus 8 (1987) 127-137, qui 130. Testo

  73. Prinzivalli, Esegesi, 111; del parere contrario sono Giulia Sfameni Gasparro, Enkrateia e antropologia. Le motivazioni protologiche della continenza e della verginità nel cristianesimo dei primi secoli e nello gnosticismo, [Studia Ephemeridis Augustinianum 20], Roma 1984, 228 e Katharina Bracht, Vollkommenheit, 147-148. Testo

  74. Non possiamo entrare nel significato di questi dettagli. Testo

  75. Pellegrino, L'inno, 20 Testo

  76. Si aprirebbe qui un capitolo che non possiamo affrontare per ragioni di spazio, quello che riguarda il problematico collegamento tra donne («perbene») ed eros, cfr. Rist, Plutarch's Amatorius. Testo

  77. Cfr. Sch 51, n. 3. Testo

  78. Cfr. Nygren, Eros e agape, 412-413; 415. Testo

  79. Interpretazione di Platone da parte di Nygren sarebbe tra l'altro già originariamente distorta, cfr. Bracht, Vollkommenheit, 191. Peccato che questa studiosa che dedica la sua opera a Metodio non dica una sola parola sulla interpretazione di Metodio di Nygren. Testo

  80. Cfr. Bracht, Vollkommenheit, 206-236. Nel suo interessante excursus, la studiosa purtroppo non rileva l'Amatorius di Plutarco (cfr. Rist, Plutarch's Amatorius) e di Plotino VI, 8, 15 (cfr. Rist, Love, Knowing, 376). Dell'analisi su Clemente non sfrutta i risultati -- che sarebbero stati altamente chiarificanti -- per Metodio e del tutto insufficiente infine risulta il riferimento alla Stoa. Testo

  81. «Non si giunse pertanto ad una vera sintesi, ma ci si fermò ad un compromesso», 413. Testo

  82. Ringrazio il prof. John M. Rist di avermi permesso di leggere le bozze del suo saggio di prossima pubblicazione che tratta di questo delicato problema, cfr. Rival tradition 1: Christian Theology and Secular Philosophy che apparirà in G. Evans, The First Christian Theologians, Oxford. Testo

  83. Il corsivo è mio. Testo

  84. Sviluppo che si nota già ad opera di Plutarco su Platone stesso, cfr. Rist, Plutarch's Amatorius. Testo

  85. Anders Nygren, Eros e agape, 232. Testo

  86. Nygren, Eros e agape, 413. Testo

  87. Cfr. Brown, Il corpo, 171-172. Testo

  88. Nygren, Eros e agape, 415 n. 410. Testo

  89. Che il concetto di verginità in Metodio sia da intendersi in senso ampio cfr. Paolo Ubaldi (ed.), Il convito delle dieci vergini: «Metodio dà alla castità un significato ampio, che può benissimo abbracciare tutte le virtù praticate nella vita spirituale cristiana», Torino 1926, 44. Non è d'accordo Tibiletti, Metodio d'Olimpo, 154 n. 158. Bracht, Vollkommenheit, toglie a parthenía ogni riferimento sessuale, cfr. 172-174. Testo

  90. Salmeri, Il discorso, 263-264, n. 9. Testo

  91. Cfr. Metodio, La verginità, 33, n. 1. Testo

  92. Contraddittoria ci sembra l'affermazione di Antoniono, Introduzione a: Metodio d'Olimpo, La verginità: «la duplicità della tradizione manoscritta che presenta le forme perì hagneìas e perì parthenìas, conferma l'equivalenza dei due termini. Metodio, d'altronde, li usa indifferentemente traducendoli entrambi con «verginità» pur notando come la verginità sia la più alta espressione della castità, che assume invece un valore più generico e si può riferire a qualunque stato di vita, compreso quello coniugale» 5, n. 2 (corsivo mio). Forse il traduttore voleva esporre una sua opzione personale usata nella traduzione? Allora, come sembra, Antoniono ha tradotto con il termine verginità le parole enkráteia, hagnéia, parthenía ci sarebbe un grosso spoglio da fare. Testo

  93. Secondo Bracht, Vollkommenheit il discorso di Tecla sarebbe un contrappunto a quello di Diotima, cfr. 186-206. In realtà, sebbene in linea generale i rilievi di Bracht siano esatti (le differenze tra Platone e Metodio sui concetti di immortalità, di trascendenza etc.), non si rileva a conti fatti una stretta corrispondenza tra i due discorsi. Testo

  94. Cristo stesso è chiamato erastés tes hóras, amante della bellezza (VII, 1) come Socrate, che in quanto filosofo era erotikós (cfr. Phaedr. 248d), visto che la filosofia si identifica con l'amore del bello. Testo

  95. C'è un precedente in Clemente Alessandrino str. 7,10,3: «L'essere degno di amore trae così alla contemplazione di se stesso ognuno che si sia votato alla contemplazione per amore della gnosi» (Stromati. Note di vera filosofia, a cura di Giovanni Pini, Milano 1985), ma anche III,5,43; IV,22,145; VI,9,72.76, come evidenzia Bracht, Vollkommenheit, 222-223, senza però vedere il collegamento a Metodio. Testo

  96. Cfr. Salmeri, Il discorso, 98-105. Testo

  97. Bisognerebbe riportare tutta l'ampia sezione del Fedro 250a-255d. Testo

  98. Traduzione di Reale, Fedro, tranne che per il passo successivo. Testo

  99. Traduzione di Salmeri, Il discorso, 99. Testo

  100. In realtà già Pellegrino, L'inno, avanzava una timida affermazione sulla non contrapposizione ma sull'affinità tra Platone e Metodio (cfr. 22), rilevando che Metodio intende il concetto di castità in un modo molto largo che suppone il dominio di tutte le passioni (cfr. 20) e soprattutto mettendo in evidenza la «felice intuizione della continuità profonda della tradizione antica nel messaggio cristiano» (41), ma il suo studio tocca solo tangenzialmente questa questione tanto che parla grossolanamente di «amore e castità» (22) intendendo di fatto matrimonio e consacrazione. Testo

  101. Cfr. Prinzivalli, Desiderio, 47-48. Testo

  102. Nel discorso di Diotima è anche detta generazione spirituale. Testo

  103. Così il titolo del paragrafo e altrove: «Vedremo come Metodio ripensi l'amore umano secondo una scala di valori che lo pone certo in secondo piano rispetto alla scelta verginale ma che tuttavia integrandolo nel permanente piano di Dio lo rilegittima», 48-49. A p. 51 rileva come Metodio scarichi dal biasimo la generazione fisica (a differenza di tanti autori che in seguito contribuiranno a gettare un'ombra sul matrimonio). Ancora l'avversione di Metodio contro l'encratismo per legittimare l'atto sessuale, 54, la sacralità della generazione fisica, 55; del resto il suo commento si dilunga sul secondo discorso di Teofila. Evidenzia tramite un argumentum e silentio la tendenza di Metodio a non gravare la procreazione da prospettive negative, 55; Testo

  104. Cfr. la stessa autrice, Desiderio, 49. Testo

  105. Cfr. Pellegrino, L'inno, 20. Testo

  106. Per quanto riguarda la questione dibattuta, se una donna potesse essere erástria, cfr. Rist, Plutarch's Amatorius, in cui si mostra che Plutarco si pone la questione oltre che se una donna possa seguire autenticamente il cammino platonico di eros, anche del rapporto tra matrimonio e eros / amicizia; in particolare 558-9; 565; 573. Testo

  107. Cfr. G. Reale, Storia della Filosofia antica, 2. Platone e Aristotele, Milano 19875, 246. Testo

  108. Cfr. John M. Rist, «Plato says that we have tripartite souls: if he is right, what can we do about it?»: SOPHIES MAIHTOPES. «Chercheurs de sagesse»: hommage à Jean Pépin, éd. Marie-Odile Goulet-Cazé [et alii], [Collections des Études Augustiniennes. Série Antiquité, 131], Paris 1992, 103-124, in particolare 115-118. Testo

  109. Tibiletti, Metodio d'olimpo: verginità e platonismo, [643]. Testo

  110. Con l'influsso dell'ascetica stoica per la quale una virtù è sempre collegata a tutte le altre, come Evagrio espone nel suo Trattato sulla vita monastica. Testo

  111. Come vede Lafont in una breve ma puntualissima storia del desiderio in Richard Kearney -- Ghislain Lafont, Il desiderio e Dio, Cinisello Balsamo 1997: «La verità del desiderio non passa attraverso il diniego ma attraverso le conversioni della sua intensità irriducibile», 94. Testo

  112. Si ricordino le udienze generali di Giovanni Paolo II sulla «teologia del corpo» [L'unità originaria dell'uomo e della donna «Catechesi sul Libro della Genesi» (1979-1980)]; per la letteratura solo un paio di esempi: Elisabeth Moltmann-Wendel, Il mio corpo sono io. Nuove vie verso la corporeità con bibliografia; Annick de Souzanelle, Il simbolismo del corpo umano, Bergamo 2000; Ead. -- (Jean Mouttapa), Nel cuore del corpo la parola. L'essere e il corpo, Bergamo 2001, originalissimo anche se criticabile approccio al corpo del testo biblico e al libro del corpo. Testo

  113. Il corpo e la società, 156. Testo

  114. Cfr. M. Benedetta Zorzi, «L'esperienza del canto liturgico secondo le Enarrationes in Psalmos di S. Agostino. I», in Inter Fratres 52 (2002), pp. 27-53; Ead., «Melos e iubilus nelle Enarrationes in Psalmos di Agostino. Una questione di mistica agostiniana», in Augustinianum 42/2 (2002), 1-31. Testo

  115. Tutt'altro ci sembra, ad una analisi dettagliata, la personalità delle vergini di Metodio, cfr. Zorzi, «La personalità delle vergini», <http://mondodomani.org/reportata/zorzi03.htm>. Testo

  116. Su questo non è d'accordo Bracht, 147: Metodio non avrebbe un concetto di sviluppo storico come Ireneo e Clemente e questo (cfr. n. 31 di p. 147 dove dice che la parola paidíon non compare in Metodio, ma si veda invece come essa sia presente per es. in III,9,9 oltre a tante affermazioni che ne sottintendono l'idea) contro Prinzivalli, Tibiletti, Patterson; e invece assieme a Sfameni-Gasparro e altri. L'uomo quindi per Metodio -- secondo questa interpretazione -- viene ricostituito alla sua perfezione originaria. Testo

  117. Cfr. Prinzivalli, L'esegesi, 55. Testo

  118. Per la struttura rimandiamo a Bracht dalla quale però non accettiamo l'interpretazione complessiva «battesimale». A differenza di Bracht, infatti, questo testo potrebbe essere un primo contrappunto alla «generazione nel bello», quale appare nel discorso di Diotima del Simposio platonico, cfr. Bracht, Vollkommenheit, da 149ss. Testo

  119. Per il testo italiano di questo passo proponiamo una traduzione nostra. Testo

  120. Lett.: agglutinarsi (è termine usato anche da Galeno oltre che ovviamente in Gn 2,24; Mt 19,5 e par.; Ef 5,31). Testo

  121. Nel NT ha forte valore salvifico. Testo

  122. Cfr. Platone, Tim. 91d. Sulle teorie biologiche antiche, cfr. Prinzivalli, Donna e generazione, in particolare Platone sul doppio seme, 80. Testo

  123. Si noti l'insistenza in questa frase del syn- che potrebbe comportare un fortissimo significato sacramentale della chiesa mediazione per ogni rapporto tra singolo e Cristo. Testo

  124. Il famoso concetto di kénosis proveniente da Fil 2,7. Testo

  125. Difficile da rendere, il concetto è plastico: vuol dire trovare uno spazio per essere contenuto e quindi anche essere accolto, concepito. Testo

  126. Infondata e sconcertante risulta essere qui l'esplicazione / aggiunta della Bracht secondo la quale si tratterebbe della Vergine Maria! Cfr. Bracht, Vollkommenheit, 161-164 (ripetutamente!). Testo

  127. Oltre al tema della costola di Gn c'è forse l'immagine dell'emorroissa che, toccato il mantello di Gesù, fa uscire da lui una dýnamis sanante e guarente (Mc 5,30)? Testo

  128. Col 2,7. Testo

  129. È sottinteso il prendere cibo, alimentarsi. Testo

  130. Quelli che sono diventati più perfetti col progresso. Testo

  131. Lett.: tirare, estrarre, anche gustare, ma con mastón significa succhiare al seno. Testo

  132. Mantiene un carattere passivo e quindi lo preferisco a liberatisi. Testo

  133. Lett.: fuori luogo, prive di equilibrio. Testo

  134. Si noti il maschile! Testo

  135. Metodio respira il clima culturale del suo tempo e combina in modo libero e originale le varie teorie biologiche sulla generazione; cfr. Prinzivalli, Donna e generazione, 87-89. Testo

  136. Cfr. John M. Rist, «On the Aim and the Effect of Platonic Dialogues»: Iyyun, The Jerusalem Philosophical Quarterly 46 (1997) 29-46 che sottolinea come il dialogo esprima che colui che cerca non possa mai davvero catturare interamente ciò che cerca, escludendo tuttavia il rischio -- tipico per noi moderni -- di una lettura «debole» di questo asserto, cfr. in particolare 44-46. «In going through a Platonic dialogue we can experience, with Plato's characters, this "divining", this reaching for something which we cannot properly capture: something, as we said above, to which we can refer, with which we can be acquainted ... but which we cannot wholly grasp», 44-45. Testo

  137. Cfr. Rist, On the Very Idea, 1508. Ringrazio il prof. John M. Rist e la prof.ssa Emanuela Prinzivalli per l'attenzione e i preziosi suggerimenti datimi dopo la prima stesura di questo studio. A Giovanni Salmeri, cui mi lega profonda amicizia di lunga data, esprimo tutta la mia gratitudine per la generosità che sa mettere nella collaborazione scientifica: ne è segno pieno il suo originale sito web in cui ha accettato di ospitare i miei studi. Testo