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Recensione ad Ignazio IV Patriarca di Antiochia, Un amore senza finzioni

di Clara Aiosa (15 giugno 2007)

Ignazio IV Patriarca di Antiochia, Un amore senza finzioni, Ed. Qiqaion, Magnano 2006, pp. 214, € 13.00

Non si può leggere questo libro e non rimanere affascinati dalla figura e dal pensiero di Ignazio IV Hazim (nato nel 1920), dal 1979 patriarca greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente, con sede a Damasco, riconosciuto unanimemente come uno dei più importanti protagonisti, non solo del rinnovamento dell'ortodossia di lingua e cultura araba, ma dello stesso cammino ecumenico e del dialogo con le altre religioni, in modo particolare l'Islam. Uomo di straordinaria affabilità, conoscitore attento delle Sacre Scritture, uomo di speranza e di dialogo, non è la prima volta che ci offre il suo pensiero e la sua testimonianza.

Antiochia, da cui proviene il patriarca Ignazio, da parte sua, è luogo pregnante. Circostanze provvidenziali le conferiscono quello che potremmo definire un genius loci tutto particolare: in questo luogo infatti i discepoli di Cristo sono stati detti "cristiani" per la prima volta (cf At 11, 26); è proprio questa chiesa che ha accolto per prima l'apostolo Pietro; proprio da questa chiesa, infine, si è grandemente propagato il Vangelo, ha ricevuto il suo massimo impulso la dimensione cattolica della chiesa.

Questo libro, nasce da un incontro, da un dialogo: quello dei fratelli e delle sorelle di Bose con il Patriarca, avvenuto nel monastero di Bose dal 18 al 22 ottobre 2001. Il volume trasmette perciò un'atmosfera fraterna e sororale talmente intensa da riuscire a coinvolgere lo stesso lettore e a segnarne -- se si è fortemente presi dalla passione del dialogo ecumenico -- la vita fino al punto, ex post, di fargli rimpiangere la mancata presenza a quell'esperienza davvero unica. Così lo stesso priore di Bose, Enzo Bianchi, si esprime l'ultimo giorno della visita del patriarca al suo monastero: "Ma com'è possibile che non si siamo mai incontrati prima" (p. 6). Un evento che porta alla mente la pesantezza di una storia fatta di divisioni e di separazioni, ma che viene ora illuminata dalla luce radiosa del volto di un patriarca così provvidenzialmente attento ad una teologia del volto umano nel quale si riflette il volto di Dio nel creato e che sente di rappresentare il vento nuovo dello Spirito che soffia nel cuore e nell'anima dei cristiani che rappresenta.

Il volume è diviso in cinque capitoli più un'appendice che contiene alcuni discorsi di Ignazio IV: l'omelia sulle beatitudini (Mt 5, 1-12) tenuta a Parigi nella chiesa di Saint Louis des Invalides il 17 novembre 1990, Le beatitudini contestano il massacro degli innocenti; la comunicazione alla seduta di apertura del XII incontro internazionale "Uomini e religioni", organizzato dalla comunità di Sant'Egidio a Bucarest dal 29 agosto al 2 settembre 1998, Dio creatore, il Dio di noi tutti; l'omelia sul testo di Ef 4, 15-16. 29-32, pronunciata in occasione della cerimonia di apertura della sessione del comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese che si è tenuto a Mosca dal 18 al 27 luglio 1989, Crescere insieme verso la verità camminando nella carità.

Introdotte da intelligenti e incalzanti domande, le pagine del libro, vive e vibranti, seguono il semplice ma straordinario vissuto di quest'uomo di Dio: le notizie biografiche, il suo tenero ricordo degli affetti familiari, in particolare del padre, del suo villaggio natale, i suoi studi a Beirut e a Parigi, presso l'Istituto Saint-Serge, l'incontro con alcuni amici, con teologi cattolici, tra cui Congar, teologi russi, Lossky, teologi anglicani, tra cui Mascall, il suo servizio presso il patriarcato di Antiochia, la sua ecclesiologia, il suo spiccato e intelligente ecumenismo, la sua teologia viva. Parole che esprimono il grande amore per la Chiesa a lui affidata, per le chiese sorelle, cattoliche e ortodosse, per le quali avverte un'intima sollecitudine; il suo amore per gli uomini e le donne, le cui relazioni passano attraverso uno sguardo amorevole e puro; il grande rispetto per i credenti di altre religioni, al cui servizio egli si è sempre posto e per i suoi cristiani "arabi tra gli arabi"; il suo amore per la pace e per i giovani di cui rispetta la libertà e la creatività esistenziale; la sua passione per il cammino ecumenico all'interno delle chiese; insomma, il suo amore e la sua simpatia evangelica per ogni uomo che lui ha imparato -- e invita -- a guardare con gli occhi di Dio.

Credo che le parole rivolte a Giovanni Paolo II durante la visita di quest'ultimo alla cattedrale Maryamiyyeh di Damasco, il 6 maggio 2001 costituiscano un'ulteriore conferma della profonda spiritualità di Ignazio IV: "Dopo tanti secoli di massacri, di anatemi di ogni sorta, di rifiuto dell'altro (del rifiuto di modi di vivere e di pensare differenti), la comunità cristica è chiamata a incarnare sempre di più il lieto annuncio di Gesù ai poveri; non solo ai singoli poveri, ma a tutti i popoli che vivono nella povertà. Dobbiamo trovare le parole e i mezzi concreti per ricordare alle nazioni ricche che i beni della terra devono essere condivisi in vista del regno di Dio. Solo così i diseredati potranno scoprire che il volto di Dio si rivela già prima della piena irruzione del Regno. Tutto appartiene a Dio. Il mondo non è che il banchetto a cui egli invita tutti i suoi figli, senza esclusione. Come il loro Signore, i cristiani devono lavare i piedi a tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro religione o dalla loro razza. Noi siamo chiamati ad asciugare le lacrime di tutti coloro che piangono. Questo compito, possiamo e dobbiamo portarlo avanti insieme. Esso costituirà una forte testimonianza, da affiancare a quella che ciascuna delle nostre chiese si sforza di rendere nella cultura del proprio paese. I diritti di Dio sul pensiero e il cuore degli uomini costituiscono un preludio al diritto degli uomini alla vita e alla dignità. Senza ignorare i benefici della mondializzazione, il nostro dovere è di sottolinearne i pericoli e di proclamare la sovranità di Dio e il diritto che tutti gli uomini hanno di condividere gli alimenti terreni e il pane disceso dal cielo".

Amore senza finzioni, per una unità e una pace senza finzioni. Come è stato quello del Cristo, che Ignazio IV invita a guardare soprattutto come Signore Risorto, a Cui solo va la gloria (p. 184).

Se è vero che un testo una volta scritto non appartiene più all'autore ma a quelli che lo leggeranno, questo libro appartiene a ogni lettore, a ogni cristiano d'Oriente e d'Occidente, e finanche ad ogni musulmano, a chi come il Patriarca, come i monaci di Bose, non spengono la speranza e non fanno venire meno la loro fede in quel Dio che, alla fine dei conti, è il maestro dell'impossibile. L'importante è non chiudere le nostre porte al vento dello Spirito!

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