Ontologie del denaro. Oltre Searle

In queste pagine mi prefiggo un duplice scopo. In primo luogo cercherò di dare una definizione aggiornata ed interdisciplinare del concetto di denaro, in una accezione interdisciplinare (filosofica, sociologica ed anche economico-finanziaria), accennando e non sviluppando anche alcune tematiche di contorno che appaiono tuttora irrisolte circa la sua natura complessa e polimorfa. In secondo luogo cercherò di dimostrare come la teoria espressa nel 1995 da John Searle in The Construction of Social Reality1 non riesca oggi ad essere del tutto convincente, concreta e definitiva nel tentativo di sistematizzazione del particolare «oggetto sociale» denaro.

Nell’argomentare attorno al tema del denaro quale «oggetto sociale» nell’accezione più prettamente filosofica mi sforzerò inoltre di non sovrapporre problematiche di natura ontologica a problematiche di natura fenomenologica, focalizzandomi altresì sulle prime. Nel tentativo di descrivere il denaro nella sua natura complessa di «oggetto sociale» tenderò pertanto a trascurare la componente fenomenologica e pertanto a trascendere qualunque visuale di coscienza soggettiva di un osservatore esterno che lo assuma come oggetto.

2. Che cos’è il denaro?2

Per il senso comune ancora odierno, nella sua immediatezza, per denaro si intendono le banconote materiali (quelle che si ritirano ad esempio da un bancomat o che si versano allo sportello di una banca). Meno immediata è la percezione che:

  1. le banconote (e le monete metalliche) rappresentavano in effetti già venti anni fa al massimo il 2/3% del denaro effettivamente circolante e, per così dire, esistente — essendo il 97/98% del denaro in circolazione puramente ed interamente simbolico (come il denaro, non a caso denominato scritturale depositato sotto la forma di conto corrente, deposito a risparmio e così via) —;
  2. oggi anche questa rappresentazione del denaro quale massa scritturale (in senso simbolico ma comunque ancora pienamente anche se sottilmente fisico) appare decisamente intellettualmente obsoleta, in declino e foriera di potenziali missleadings: il denaro è oggi prevalentemente una serie di bit (cifre binarie indicate convenzionalmente a gruppi tra 0 ed 1), ancor più simbolico e, come vedremo meglio oltre, sempre più immateriale e proiettata in dimensioni spazio-temporali poco tangibili.

La pervicace ed ottocentesca distinzione di Marx3 tra denaro «vero» e denaro «finto» o «fittizio» (virtuale diremmo oggi) poggiava appunto sulla percezione (peraltro abbondantemente e colpevolmente condivisa dalla maggior parte degli odierni manuali di macroeconomia) del denaro quale semplice mezzo di pagamento o di scambio,4 della sua natura pertanto meramente strumentale: in tale veste pertanto se proveniente dalla cessione di beni o servizi reali sarebbe «vero», se proveniente da rendite finanziarie e plusvalenze (cioè dalla parzenogenesi di sé medesimo) sarebbe «falso». In realtà il denaro è principalmente e sopratutto una promessa di valore, dall’apparenza consistente e concreta e comunque assolutamente tutelata: qualunque sia la sua origine assicura al suo possessore un dominio effettuale su cose reali.

In sintesi potremmo definire il denaro un’entità astratta ed immateriale5 a prevalente natura numerica,6 del tutto distinta dal suo eventuale supporto fisico (banconota, moneta metallica od altro).

2. Produzione di denaro a mezzo di denaro: una matassa ingarbugliata

Una promessa di valore che non ha (più ormai) quasi alcun rapporto con la fisicità del denaro od anche con la sua scritturalità, poichè il denaro genera denaro a velocità inesorabile ed attraverso meccanismi di parzenogenesi logica quali futures, opzioni, derivati (in extrema ratio dimostreremo successivamente che il denaro è esso medesimo un derivato di valore con inquietanti e contradditorie implicazioni logico-filosofiche) le cui variabili principali di incremento paiono essere tempo, generazione di valore attraverso probabilità futura e attesa di valore medesimo (il cui limite tende a sua volta ad infinutum) e velocità di scambio/generazione (e non più pertanto controvalore garantito in termine di potere d’acquisto, come ad esempio nel gold exchange standard fino agli accordi di Bretton-Woods del 1973.7

La maggior parte del denaro oggi in circolazione -oltre il 90% della osidetta massa monetaria,8 che è anch’essa in realtà una percentuale assai infima di quello che concretamente si intende per denaro- viene creata da banche commerciali attraverso l’immissione di bit sui propri attivi/passivi senza alcuna attinenza a qualche contropartita fisica (forse nemmeno simbolica strictu senso, ma il discorso ci porterebbe lontano)9 in termine di merce/valore, ma solo e semplicemente concedendo crediti cioè feticci di future ed eventuali generazioni di valore tutte da venire, privi fattualmente di un adeguato collaterale; il denaro non viene infatti creato con i depositi, poichè il credito non viene creato in relazione a depositi (è esattamente il contrario ormai: sono i depositi ad essere creati in ragione del credito, che quindi è a sua volta l’originatore primario del denaro, a dimostrazione della sua ormai chiara origine contrattuale e derivativa). La componente contrattuale del denaro (quella più evanescente, di opzione di valore) sempre presente anche in passato, prevale oggi in misura netta e distinguibile sulla componente per così dire materiale e questo come vedremo in seguito non è privo di implicazioni poichè la natura dei contratti è alquanto magmatica e sfuggente. In particolare oggi le banche private dicevamo creano denaro semplicemente e prevalentemente concedendo crediti (a cui simmetricamente corrispondono debiti) ad individui, imprese, enti territoriali, Stati; tale processo di moltiplicazione del credito e quindi di denaro, dal nulla (la cosidetta debt-economy) , considerato inizialmente positivo per l’economia reale (a partire dagli anni ’80 del secolo scorso), mostra oggi tutti i suoi limiti ed i suoi pericolosi difetti (vedi il susseguirsi di scandali finanziari, da Enron a Parmalat, sfociati nella grande crisi economica finanziaria 2008 tuttora in corso).10

La natura polimorfa, proteiforme e mutante del denaro qui rappresentata fa sì che il denaro sia anche una forma di potere permanente («si tratta realmente di una pura possibilità, in quanto il presente, ciò che abbiamo nelle mani, è importante solo in rapporto al futuro, ma si tratta anche di un potere autentico perchè abbiamo la completa certezza della realizzabilità di questo futuro… »)11 capace di attraversare il tempo e lo spazio e per la sua capacità di prezzare (ossia dare il nome) ad ogni cosa sia pertanto anche un linguaggio, da una latitudine semantica.

Sembrerebbe in definitiva tornare per il denaro di attualità il quesito irrisolto di Marx a proposito della natura della merce, su cui ha poi costruito ulteriori e sofisticate digressioni ipotetiche Sraffa:12 «cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezza metafisica e di capricci teologici».13

3. Obscurum per obscurius: che cosa sono i derivati finanziari e come rappresentino oggi il principale generatore di denaro

Nella Politica di Aristotele14 si narra che Talete avendo previsto (in base ad un suo modello astronomico) una raccolta particolarmente abbondante di olive fece incetta di tutti i frantoi di Chio e Mileto e quindi li affittò ad un prezzo elevato al momento della raccolta ricavandone un lauto guadagno. E’forse questo il primo esempio documentato di derivato (in questo caso tecnicamente un future correlato ad una previsione di incremento di produzione di una materia prima).

Un derivato finanziario è un prodotto che non ha valore in sè ma il cui valore deriva da uno o più prodotti finanziari sottostanti (azioni, obbligazioni, interessi, materie prime, crediti, debiti ed anche ad esempio condizioni meteorologiche (si parla in questo caso di weather derivatives)). Ebbene mi interesso in questa sede alla natura dei derivati poichè oggi la maggior parte della produzione di denaro non è legata alla simmetrica produzione di moneta (cartacea, metallica, scritturale) ma alla moltiplicazione (del tutto fuori controllo da parte di Stati sovrani, istituzioni, banche private, etc.) dei contratti finanziari nel senso lato di entità derivate. Vendendo ad esempio del grano a 3 mesi uno speculatore in futures non deve possedere il grano al momento del contratto: dovrà solo comperarlo e consegnarlo al momento adatto; avrà però generato valore lucrando sulla differenza attesa senza più alcuna relazione con il sottostante contrattuale e potrà anche rivendere l’opzione embedded nel suo contratto (cioè ancora il nulla) e con la cassa generata generare altra liquidità (ed altri nulla virtuali). Possiamo individuare, semplificando, due grandi macro-categorie di derivati:

  1. futures: contratti che impegnano all’acquisto (o simmetricamente alla vendita) di un certo bene ad un prezzo ed una scadenza certa;
  2. opzioni: contratti che conferiscono il diritto all’acquisto (o simmetricamente alla vendita) di un certo bene ad un prezzo ed una scadenza certa.

Entrambe le situazioni contengono un numero elevatissimo di variabili (come nel concetto stesso di denaro, peraltro) il che conduce peraltro ad una duplice conseguenza: la nozione stessa di valore di un bene od una merce è differente da quella dei valori sottostanti (supponiamo, prendendo ad esempio un future che il valore di una partita di grano (G) abbia un valore previsto (pG) ed un valore di mercato (vG): il valore del derivato (D) sarà uguale alla differenza tra pG e vG, ma anche alla differenza algebrica di altri fattori complementari: disponibilità del denaro o della merce al momento del contratto, utilizzo del credito (leverage) per l’acquisizione, nel caso di contratto di opzione) e dipendente piuttosto dall’andamento di quel valore, determinato determinabile anche dagli agenti stessi dell’operazione, i due contraenti. Abbiamo qui insomma una situazione di tipo performativo: i contratti derivati derivano il loro valore dall’andamento dei sottostanti che a loro volta derivano il proprio valore dall’andamento dei derivati. E la creazione di denaro (anche’esso, possiamo qui «sciogliere il velo di Maja» è dunque sopratutto un derivato di valore) risulta nell’intera economia mondiale dipendente pressochè in toto da questo meccanismo, senza più alcun riferimento concreto ad un controvalore fisico (oro, sale od altro) della concezione «tradizionale» del denaro.

4. Alice in Wonderland

Ma in quale senso possiamo affermare che i derivati finanziari possono essere oggi considerati la principale forma di denaro ed il denaro stesso un derivato di valore? Avevamo censito tra le caratteristiche di valore del denaro anche quella di essere ed incarnare una promessa di valore. Ebbene, prendendo ad esempio la forma più semplice di accordo tra 2 parti avente per oggetto derivati, troveremo una situazione in cui due soggetti si impegnano a vendere o simmetricamente ad acquistare un determinato sottostante ad un prezzo ed una data certi. Per una delle due parti la promessa di valore non si realizzerà, anche se entrambe considerano il contratto come una promessa di valore e se società, potranno entrambe, entro certe regole, contabilizzare l’opzione tra gli attivi, creando appunto valore e denaro per parzenogenesi: come sostiene Gallino «più ancora che come moneta e valore, i derivati si propongono come un vero e proprio sistema monetario».15

Per rafforzare il concetto possiamo qui oltretutto definitivamente ed ad abundantiam constatare l’evidenza che denaro e moneta non siano oltretutto la stessa cosa. Il denaro nasce prima della moneta16 (quest’ultima un oggetto speciale di indubbia natura sociale) ed assume materialità differenti incorporando, all’interno di una natura contrattuale intenzioni di valore, promesse di valore, aspettative di valore, credenze di valore, linguaggi, fatti sociali.

Dicevamo in precedenza della natura magmatica e sfuggente dei contratti: cosa sono esattamente? Oggetti? Eventi? L’uno e l’altro? Come si può definire un contratto esattamente e cos’è? La risposta più istintiva ed immediata potrebbe essere: un pezzo di carta su cui sono apposte delle firme (consensuali) e tutte le forme elettromagnetiche analoghe (in realtà anche un accordo verbale è giuridicamente un contratto, ma hic non est locus). Ma le firme e apposte sul contratto, i gesti di firma potrebbero essere definiti eventi sociali, e quindi se ogni contratto è in realtà un’entità derivata racchiudente più opzioni,17 potremmo provvisoriamente sostenere che anche i derivati (e pertanto anche il denaro) appartengano alla famiglia delle oggetti sociali, anche se in realtà in maniera apparentemente sfuggente e del tutto fuori controllo, perchè soggetti a forti accelerazioni e fughe spazio-temporali e del tutto slegati da componenti di fisicità anche scritturale.

5. Il denaro nella visione di Searle

Dopo questa breve digressione sull’ambigua ed irrisolta natura del denaro, mi propongo qui lo scopo di dimostrare che Searle è ben lontano dall’aver individuato nell’«oggetto sociale» una categoria di appartenenza soddisfacente del denaro.

Ritorniamo per un attimo alla natura di entità sociali dei derivati e del denaro in particolare: non lo sono in virtù di loro caratteristiche intrinseche (abbiamo dimostrato che un derivato ed anche il denaro non coincidono affatto con alcun supporto materiale, banconota, gesto della mano, firma, etc. in cui potrebbero apparire per così dire «embedded», ed anzi se ne allontano logicamente sempre più in direzione di fuga spazio-temporale) ma, parafrasando il critico d’arte Dino Formaggio,18 i derivati ed il denaro in particolare sono entità sociali in quanto gli uomini li considerano tali: è ciò che Searle definisce attribuzione di status: «X conta come Y nel contesto C». In questo caso Y sarebbe il derivato (o il denaro strictu senso), C il contesto economico-finanziario. Ma abbiamo visto che Y non è indipendente da C, ma strettamente interconnesso (bi-direzionalemente): ed allora non può funzionare: se Y e C sono interdipendenti come può X contare come Y facendo affidamento su C? Searle, nelle 162 citazioni del denaro contenute in «The construction of social reality» ne fà in effetti l’esempio preferito di oggetto sociale; ma a quale tipo di denaro pensa in realtà? O meglio a cosa corrisponde la sua idea di «denaro»? Facciamo un passo indietro: in che modo secondo Searle gli uomini generano i fatti istituzionali? Un primo elemento è l’intenzionalità collettiva; un secondo elemento l’attribuzione di funzione (che deriva dalla prima) e tra le funzioni quella particolare di status, che viene, per così dire, imposta su enti concepiti in certi contesti per realizzarla; un terzo elemento è costituito dalla distinzione tra regole regolative e regole costitutive (come ad esempio il gioco degli scacchi). I fatti istituzionali stanno all’interno di sistemi di regole costitutive. Nel nostro esempio X sarebbe un fatto bruto (un pezzo di carta, una banconota, un contratto («fatto» in realtà un pò meno bruto, etc.)), Y un fatto istituzionale (il denaro, un derivato (?)). Y diventa tale poichè i membri di un contesto gli assegnano (tramite l’intenzionalità collettiva) una funzione di status. Qui non sembra funzionare fluidamente. «Hier stimmt mir etwas nicht « (qui qualcosa non mi quadra) per dirla a là Wittgenstein.19 Non sembra funzionare perchè il denaro, abbiamo visto in precedenza, anche ridotto alla sua essenza di mezzo di scambio20 e privato di alcune caratteristiche in realtà inscindibili, sembra possedere ancora una natura ontologica complessa21 e forse ormai priva di qualunque riferimento a controvalori fisici, foss’anche scritturali. In effetti è del tutto assente in Searle una distinzione tra il denaro ed una delle sue controfigure, ormai rudimentale ed in via di estinzione, la moneta, che vengono da lui sovente richiamati come sinonimi oppure alternativamente ed indistintamente tra loro: in realtà come abbiamo accennato in precedenza la moneta (le banconote, le monete metalliche, la moneta scritturale) non corrisponde affatto al denaro, ma ne è appunto solo l’eventuale supporto fisico. Non sembra funzionare perchè il denaro non pare necessitare più del fatto bruto, del supporto fisico, della «X» (se mai ne ha realmente necessitato). E sicuramente non ne necessità la forma nuova del denaro, il suo generatore primario, il derivato, nella sua funzione di creatore implicito di denaro potenziale. Con l’ulteriore complicazione che, come abbiamo visto, nel caso del derivato (e quindi probabilmente anche del denaro) non funziona affatto nemmeno il rapporto tra Y e C, che pare non essere indipendente e mina tutta la costruzione formale alla radice della teoria.

6. Il denaro è un oggetto sociale? Non-oggetti, oggetti sociali non identificati e qualche breve conclusione

Abbiamo in precedenza argomentato, a proposito della natura del denaro e dei derivati del denaro, che forse nel denaro stesso e sicuramente nei derivati mancano alcuni elementi essenziali per dare fluidità al ragionamento di Searle; con Searle Ferraris22 enfatizza l’ingresso in scena di «un’enorme ontologia invisibile» e sottolinea peraltro come talune entità complesse, quali i debiti, parrebbero non possedere per definizione alcuna controparte fisica minando alla radice la costruzione searliana, il cui l’apparato teorico (imponente pur nella sua semplicità) pare incepparsi in qualche passaggio fondamentale e dimostrarsi meno convincente proprio nell’esempio tipo di tutto il testo, il denaro.23

Nell’ontologia sociale di Searle di fatto gli oggetti di cui si occupa appaiono ovvi, non riducibili alla fisica ed invisibili, ma sembrerebbe evidente a chi scrive che nella rete concettuale searliana siano presenti e per così dire visibili smagliature legate alla presenza vagante di non-oggetti (Smith24 li definisce entità Y indipendenti, oggetti che non possiedono una controparte fisica, quali uno Stato, un’Università, i debiti) la cui natura ontologica andrebbe ulteriormente meditata ed approfondita.

Questi non-oggetti sul piano strettamente ontologico, oppure forse meglio oggetti ontologicamente non identificabili a natura fortemente mutante, provocano un sensibile inceppamento ed imbarazzo alla fluidità dell’argomentare searliano a proposito di oggetti sociali nei confronti di un osservatore critico, senza peraltro minare radicalmente ed alla base l’intelligenza dell’impianto teorico complessivo.

Ma proprio poiché del denaro Searle fa l’esempio tipo di tutto il libro, non risulta accettabile la reductio che ne propone a livello paradigmatico e la forte confusione con il concetto di moneta che ne trapela a ripetuto livello esemplificativo.


  1. Searle J. R. (1995), The Construction of Social Reality, London: Allen Lane (tr. it. La costruzione della realtà sociale, Torino, Einaudi 2006). ↩︎

  2. Sono parzialmente debitore di quest’impostazione alle recenti riflessioni di Luciano Gallino all’argomento «denaro» (in particolare si veda Gallino L. (2006) voce «Sociologia del denaro» in Dizionario di Sociologia, Torino: Utet; Gallino L. (2009), Con i soldi degli altri. Il capitalismo per procura contro l’economia, Torino: Einaudi; Gallino L. (2011), Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi, Torino: Einaudi), pur non condividendone in toto le conclusioni. L’impostazione generale del tema sta in Mauss M. (1914), Les origines de la notione de la monnaie, ora in Œuvres.2. Représentations collectives et diversité des civilitations, Paris: Les editions de Minuit, pp- 106-112 e sopratutto in Simmel G. (1900), Philosophie des Geldes, Berlin: Bunker & Humblot . Alcuni spunti teoretici aggiornati sono anche in P. Dacrema (2005), Trattato di economia in breve. Frammenti di filosofia del gesto, Milano: Rubbettino. ↩︎

  3. Marx K. (1867), Das Kapital. Kritik der politischen Oekonomie. Band III (trad. it. Il Capitale- Critica dell’economia politica, Libro I, Roma: Editori Riuniti ed. 1977). ↩︎

  4. In questa veste particolare il denaro si è affermato sopratutto per il fatto di essere più stabile, prevedibile e facile da maneggiare rispetto al baratto. ↩︎

  5. Ma come abbiamo visto dall’apparenza consitente e concreta. ↩︎

  6. Così anche Mathieu V. (1985), Filosofia del denaro, Roma: Armando. ↩︎

  7. Sul tema del controvalore garantito bisognerebbe poi aprire una lunga parentesi a proposito del ruolo e la trasformazione del denaro nelle economie ad alto tasso di inflazione e su come in casi simili l’inflazione medesima riapra le porte al baratto e pertanto l’unico valore di riferimento diventi il bisogno reciproco di chi lo pratica. Su tutti all’argomento Fergusson A. (1975), When Money Dies. The Nightmare of Weimar Collapse, London: Kimber., in una memorabile ricostruzione critica dell’economia di Weimar. In definitiva uno dei motivi dell’abbandono del gold exchange standard fu proprio la constatazione che non vi era più un legame fattualmente gestibile tra moneta e denaro, e tra denaro e sua contropartita fisica (in questo caso l’oro). ↩︎

  8. La BCE adotta una distinzione della massa monetaria con tre macroaggregati: M1, denaro formato da contanti, conti correnti, depositi interbancari a brevissimo termine (massimo 2 giorni); M2, formato da M1+ depositi fino a 2 anni e depositi riscattabili con preavviso fino a 3 mesi; M3 formato da M2 più quote di fondi monetari, vendite con patto di riacquisto e titoli di debito fino a 2 anni. Nell’ultimo decennio M3 è raddoppiata, accanto ad un’ulteriore massa monetaria non registrata costituita dai titoli di debito con scadenza superiore ai 2 anni ed altre varie tipologie di debito. Negli Stati Uniti, si ritiene allo scopo di non spaventare i consumatori, la FED ha di fatto eliminato M3, ormai totalmente fuori controllo, dalla base di computo della massa monetaria. Cfr. Buiter W.H. (2004), «Helicopter Money. Irredeemable Fiat money and the Liquidity Trap. Or: Is Money Net Wealth After All», European Bank for Reconstruction and Development, London, 2004, p.1. ↩︎

  9. Sulla tematica del cyber-spazio e della metafisica della realtà virtuale Heim M. (1993), The Metaphysics of Virtual Reality, Oxford e New York: Oxford University Press ed il più recente Heim M. (1998), Virtual Realism, Oxford e New York, Oxford University Press. ↩︎

  10. Si stanno realizzando in parte le profetiche previsioni relative al denaro nel processo di circolazione di Rudolf Hilferding, Ministro delle Finanze nella Repubblica di Weimar, contenute nel momentale Das Finanzkapital del 1909. ↩︎

  11. Simmel G. (1900), op. cit., tr. it. pp. 353-354. ↩︎

  12. Sraffa P. (1960), Produzione di merci a mezzo di merci, Torino: Einaudi. ↩︎

  13. Marx K. (1867), ib., p. 102. ↩︎

  14. «Siccome, povero com’era, gli rinfacciavano l’inutilità della filosofia, avendo previsto in base a calcoli astronomici un’abbondante raccolta di olive, ancora in pieno inverno, pur disponendo di poco denaro, si accaparrò tutti i frantoi di Mileto e Chio per una cifra irrisoria, dal momento che non ve n’era alcuna richiesta; quando giunse il tempo della raccolta, cercando in tanti urgentemente tutti i frantoi disponibili, egli li affittò al prezzo che volle imporre, raccogliendo così molte ricchezze e dimostrando che per i filosofi è molto facile arricchirsi, ma tuttavia non si preoccupano di questo» Aristotele, Politica (A 11, 1259). L’esempio è riportato anche in Varzi A.C. (2008), «Che cos’è un derivato? Appunti per una ricerca tutta da fare» in Berrini A., 2008, Le crisi finanziarie e il «Derivatus paradoxus», Saronno: Editrice Monti, pp. 143-171. ↩︎

  15. Gallino L. (2011), op. cit., p. 190. ↩︎

  16. La tesi è ben dimostrata in Turri M.G. (2009), La distinzione tra moneta e denaro. Ontologia sociale ed economia, Milano: Carrocci. ↩︎

  17. Robert Merton, figlio del sociologo Robert K. Merton, ha vinto nel 1997 il Premio della Banca di Svezia per le scienze economiche (comunemente ed erroneamente denominato «Premio Nobel per l’economia») assieme a Myron Scholes per una rivoluzionario sistema di calcolo di prezzo per le opzioni finanziario-contrattuali che ha aperto la strada alla completa ed attuale finanziarizzazione dell’economia reale. ↩︎

  18. «Arte è ciò che gli uomini chiamano arte» è una frase comunemente attribuita a Dino Formaggio che trova le sue radici in Formaggio D. (1953), L’arte come comunicazione. I Fenomenologia della tecnica artistica, Milano: Nuvoletti. ↩︎

  19. Wittgenstein L. (1932), Philosophie, §§ 86-93 (S. 405-435) aus dem sogenannten «Big Typescript (Katalognummer 213), § 415. ↩︎

  20. In realtà Searle (1995) nei 162 esempi citati parla sovente di denaro e moneta in senso interscambiabile e propende, quasi istintivamente, per un concetto di denaro nel suo paradigma prevalente di mezzo di pagamento e di scambio privo delle funzioni di promessa di valore e delle funzioni complesse di potere e di linguaggio. Tale concezione persiste anche quando l’autore ipotizza la spiegazione della nascita del denaro nell’utilizzo dell’entità oro (le cui peculiarità fisiche portano inizialmente ad un desiderio generalizzato di possesso) quale mezzo di scambio collettivo. ↩︎

  21. Cfr. anche Beretta Piccoli R. e Rossi S. (2008), «Ontologia del denaro: moneta e valore da una prospettiva interdisciplinare», Paper per il decimo convegno internazionale dell’AISPE↩︎

  22. Ferraris M. (2005), «Lineamenti di una teoria degli oggetti sociali» in Bottani A. — Davies R. (a cura di), Ontologia della proprietà intellettuale, Milano: Angeli. ↩︎

  23. Sempre Ferraris, nel situare la teoria degli oggetti sociali in un contesto di «realismo debole» (in alternativa tassonomica a «realismo forte», «testualismo forte», «testualismo debole») identifica due ulteriori tipi di difficoltà a limitare la portata euristica dell’analisi searliana: a) problemi con l’atto («l’atto che trasforma un oggetto fisico in un oggetto sociale ha l’aria di un colpo di bacchetta magica», a proposito dell’intenzionalità collettiva; b) problemi con l’oggetto («non è per niente chiaro […] come dall’oggetto fisico, si riesca ad arrivare all’oggetto sociale» e come «dall’oggetto sociale, si riesca a individuare regolarmente un oggetto fisico che gli corrisponda», un problema dunque di reversibilità. Ferraris M. (2005), ib↩︎

  24. Smith B. (2003), «Un’aporia nella costruzione della realtà sociale. Naturalismo e realismo in John R. Searle» in Di Lucia P. (a cura di), Ontologia sociale. Potere deontico e regole costitutive, Macerata. ↩︎