La storia politica de L’ideologia tedesca. Influenze editoriali nella costruzione del primo capitolo

1. Il carattere “apocrifo” dei manoscritti de L’ideologia tedesca

La storia politica delle edizioni de L’ideologia tedesca copre un intero secolo e ha un ruolo significativo per quanto riguarda l’impatto che quest’opera ha avuto sulla ricezione del pensiero di Marx ed Engels, nonché sulla sistematizzazione del pensiero dei due autori. Tutte le edizioni e le traduzioni de L’ideologia tedesca che si sono succedute fino a ora hanno una importante matrice storico-politica e sono quindi espressione degli eventi più significativi del ventesimo secolo come la rivoluzione russa, l’avvento di Stalin, il nazismo in Germania, la seconda guerra mondiale e la successiva guerra fredda che ha coinvolto l’Unione sovietica e i regimi rivali in oriente e occidente, la caduta degli Stati comunisti nell’est Europa e l’influenza politico-economica dei successivi regimi capitalistici.

Il dispiegarsi di questi eventi è strettamente correlato alle analisi critiche delle pratiche editoriali che risulta evidente nella genealogia delle edizioni fino a oggi. Si può sostenere, accogliendo la tesi di Daniel Blank e Terrell Carver, che quello che oggi chiamiamo L’ideologia tedesca in realtà non sia mai esistita.1 Neanche il titolo L’ideologia tedesca o termini cruciali quali “concezione materialistica della storia”, “materialismo storico” sono rintracciabili nei manoscritti originali del 1845-1846. Il carattere “apocrifo” de L’ideologia tedesca è rimasto segreto a molti lettori di questo straordinario lavoro politico del diciannovesimo secolo. Anche i lettori più vicini alle opere di Marx ed Engels sono spesso sorpresi nel sapere che non è stato mai pubblicato dai due autori. Quello che infatti è visto come uno scritto autentico, è il frutto di una lunga e complicata storia di edizioni, un mosaico costruito dagli editori a partire da una raccolta di manoscritti. Da quando il cosiddetto capitolo I. Feuerbach fu pubblicato per la prima volta in tedesco nel 1926, L’ideologia tedesca è stata ripubblicata in almeno una decina di modi differenti ed è stata tradotta in varie lingue compreso russo, inglese, francese, spagnolo, cinese e giapponese.

Il mio intento è quello di andare oltre una mera raccolta cronologica e concentrarmi sugli esseri umani che vi sono dietro le edizioni. Ritengo essenziale soffermarmi sulle ragioni, i motivi, le passioni dei vari editori nel pubblicare L’ideologia tedesca e i modi in cui effettivamente l’hanno fatto. Sono convinta che la storia di queste edizioni debba essere studiata come una storia politica, una storia profondamente incarnata nelle lotte eroiche e nelle sconfitte amare della politica del ventesimo secolo. Come si vedrà, nella storia politica delle edizioni de L’ideologia tedesca troveremo non solo solidarietà, speranza e spirito rivoluzionario ma anche omicidi, tradimenti e intrighi politici. Il range degli eventi storici si dispiega dalla repubblica di Weimar e l’Unione sovietica con Stalin fino alla guerra fredda e all’avvento del regno del capitalismo globale. Quindi la storia politica delle edizioni de L’ideologia tedesca è essenzialmente la storia del ventesimo secolo. Come si vedrà, infatti, il lavoro editoriale sarà in alcuni casi ostacolato o promosso dalle realtà politiche in cui gli editori vissero e lavorarono. In linea di massima vi sono due tensioni che animavano gli editori. Alcuni, miravano ad utilizzare gli scritti di Marx ed Engels per una propaganda “di sinistra” fra la classe operaia. Secondo questi, le edizioni de L’ideologia tedesca dovevano avere un testo logicamente strutturato in modo da fornire ai lettori un semplice accesso a una visione del mondo scientifica. Altri editori propendevano, invece, per un’accuratezza scientifica nelle loro pubblicazioni; il loro imperativo era quindi di pubblicare i manoscritti del 1845-1846 secondo una visione scientifica e storico-critica. L’ultimo approccio sosteneva, dunque, che le edizioni de L’ideologia tedesca dovessero essere rivolte solo a una élite marxologica.

Dalla logica oscura che fu applicata dai primi editori nel revisionare i manoscritti del 1845-1846, scopriremo una logica ancora più profonda: la logica dello sviluppo intellettuale di Marx ed Engels nel 1845-1846. Dall’esposizione schematica delle interpretazioni riguardo al contenuto de L’ideologia tedesca, veniamo in contatto con le intuizioni rivoluzionarie che animarono la “concezione della storia” (Geschichtsauffassung) di Marx ed Engels. Soltanto attraverso lo studio della storia politica delle edizioni de L’ideologia tedesca è stato possibile mettere a punto una corretta e aggiornata edizione storico-critica che non solo è una fonte genuina di informazioni e di ispirazione per un vasto pubblico, ma fornisce a quest’ultimo i mezzi per capire come la “concezione della storia” di Marx ed Engels possa essere utilizzata a loro beneficio.

2. Gli anni ’20: le prime dispute politiche su L’ideologia tedesca

Gli autori dei manoscritti del 1845-1846 hanno tentato più volte di pubblicarli per intero o in parte e, in effetti, alcune parti sono state pubblicate quando Marx ed Engels erano ancora in vita, altre invece sono state pubblicate dopo la loro morte da Peter von Struve ed Eduard Bernstein. Anche se la pubblicazione e la ripubblicazione di questo testo negli anni fu mossa da intenzioni politiche,2 non ci sono prove evidenti del fatto che questo abbia innescato una reazione a catena di forme politiche equivalente all’impatto politico dal 1920 in poi.

Ci sono solo tre pubblicazioni di piccole parti dei manoscritti del 1845-1846 che furono stampate quando Marx ed Engels erano ancora in vita. La prima pubblicazione la troviamo nel giornale «Gesellschaftsspiegel» del gennaio 1846 (vol. II, n. 7). Il contenuto di questo articolo anonimo è parzialmente identico con alcuni passaggi della critica II. Sankt Bruno del primo volume di quella che sarà conosciuta come L’ideologia tedesca. Sebbene l’articolo non avesse un titolo, la letteratura colta lo riporta come Gegen Bruno Bauer (Contro Bruno Bauer). Inoltre, studi recenti hanno concluso che Marx deve essere identificato come il solo autore di questo breve articolo contro Bruno Bauer. Una seconda pubblicazione si trova nella «Deutsche-Brüsseler-Zeitung» del 12 e 16 settembre 1846 (nn. 73-74). Quest’articolo, anch’esso pubblicato anonimamente, è intitolato Karl Beck: ‘Lieder vom armen Mann’, oder die Poesie des wahren Sozialismus. Si crede che Engels sia il solo autore della critica a Karl Isidor Beck e che inizialmente facesse parte del secondo volume di quella che oggi conosciamo come L’ideologia tedesca. La terza pubblicazione è la più lunga delle tre, ed è stata stampata nel giornale «Das Westphälische Dampfboot» nell’agosto e nel settembre del 1847 (nn. 8-9). Il titolo di questo articolo anonimo è Karl Grün: Die soziale Bewegung in Frankreich und Belgien (Darmstadt 1847) oder Die Geschichtsschreibung des wahren Sozialismus. Stando all’appendice dei Marx-Engels-Werke il suo contenuto è identico a quello del capitolo IV del secondo volume de L’ideologia tedesca.

Si hanno poche altre pubblicazioni nel 1920 risalenti al periodo in cui Marx ed Engels erano ancora in vita. La prima si trova nel giornale «Die Neue Zeit» del 1896 (vol. II). Qui Peter von Struve ripubblicò diverse sezioni del sopramenzionato articolo del 1847 su Karl Grün. Poco dopo, nel 1899 e 1900, l’editore e giornalista Bernstein rese disponibile l’intero capitolo IV (Karl Grün) ai lettori del «Die Neue Zeit». Tra il 1903 e il 1904 Bernstein pubblicò anche un’ampia sezione di III. Sankt Max nel suo Dokumente des Sozialismus.3 In questo periodo Bernstein non aveva idea della relazione che vi era tra la critica di Marx ed Engels a Max Stirner e le altre parti di quella che oggi è conosciuta come L’ideologia tedesca. Nel 1913, infine, decise di pubblicare un’altra piccola sezione intitolata Mein Selbstgenuß. Anche questa faceva parte di III. Sankt Max e fu stampata sia nell’«Arbeiter-Feuilleton» che nell’«Unterhaltungsblatt des Vorwärts».

3. Dal 1921 all’era di Stalin

3.1. Il contributo di Gustav Mayer e la fondazione del Marx-Engels Institut (MEI)

La storia politica delle edizioni de L’ideologia tedesca comincia dopo la pubblicazione dei manoscritti che emergono negli anni 1920. Iniziò tutto nell’agosto del 1921 quando Gustav Mayer pubblicò alcune parti importanti del Das Leipziger Konzil in cui commentava il contenuto del terzo volume della «Vierteljahrsschrift» di Wigand. Questi estratti dai manoscritti furono pubblicati nel periodico tedesco «Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik» edito da Edgar Jaffé insieme a teorici più conosciuti come Werner Sombart, Max Weber, Joseph Alois Schumpeter, e a cui lavoravano anche altri autori come Walter Benjamin, Franz Oppenheimer, e ovviamente, Gustav Mayer.

È interessante soffermarsi sui motivi che spinsero Mayer a riprendere parti del Das Leipziger Konzil in questo particolare momento. Da un lato, bisogna considerare il fatto che questi frammenti di quella che oggi è conosciuta come L’ideologia tedesca non erano stati pubblicati precedentemente ma, dall’altro lato, bisogna notare che anche altri lavori interessanti di Marx ed Engels non erano stati pubblicati. Dopo il suicidio della figlia di Marx Laura Lafargue, che ereditò molti scritti di Marx, i fogli dei manoscritti furono semplicemente conservati negli archivi del Partito socialdemocratico di Germania (SPD) a Berlino. Fino a quel momento l’interesse pubblico nei manoscritti non pubblicati era stato scarso e il semplice fatto che qualcosa fosse riconosciuto come uno scritto di Marx o Engels non giustificava di per sé una pubblicazione nei primi anni del ventesimo secolo.4 Tuttavia, Mayer deve avere avuto le sue ragioni se scelse di presentare ai suoi lettori determinate parti del Das Leipziger Konzil nei primi anni del 1920.

Per avere un quadro chiaro del background storico della situazione, bisogna analizzare da vicino le tendenze politiche nella SPD in quel momento storico. Curiosamente, quasi tutti i manoscritti che oggi sono conosciuti come L’ideologia tedesca non erano negli archivi della SPD ma nelle mani di Bernstein che amministrava i manoscritti e i lavori non pubblicati del defunto Engels.5 Solo la breve introduzione al Das Leipziger Konzil e la critica a Bauer (II. Sankt Bruno), come parte integrante del Das Leipziger Konzil, rappresentano delle eccezioni, grazie al contributo di Franz Mehring, che fu spinto dalla SPD a pubblicare un’edizione dei cosiddetti scritti giovanili di Marx ed Engels nel 1898. Stando a una dichiarazione di David Borisovich Rjazanov, Mayer chiese a Bernstein tutti i manoscritti che oggi conosciamo come L’ideologia tedesca, ma il suo tentativo fallì. Bernstein fu evasivo nella sua risposta e per liberarsi di Mehring, Bernstein gli offrì solo le suddette parti del Das Leipziger Konzil. Rjazanov sostenne che le differenze politiche tra il “revisionista” Bernstein e il più “ortodosso” Mehring avrebbero giocato un ruolo importante in questa faccenda.

Sebbene Bernstein avesse pubblicato alcuni dei manoscritti del Das Leipziger Konzil in accordo con Stirner nel suo Dokumente des Sozialismus (1903-1904), non aveva intenzione di rendere accessibili tutti i manoscritti a un pubblico disinteressato. Nel 1921 Mayer aveva una visione diversa della questione e non solo riteneva la pubblicazione essenziale, ma lo considerava un progetto scientificamente meritevole. Inoltre, Mayer aveva più volte sottolineato il fatto che, a differenza dei tempi in cui Marx ed Engels volevano pubblicare i loro scritti (ora raccolti sotto il titolo L’ideologia tedesca), il lavoro avrebbe facilmente trovato un editore negli anni ’20. Pertanto, il panorama politico e gli interessi editoriali devono essere cambiati radicalmente nell’intervallo tra i due periodi. Mayer, inoltre, avvertì i lettori del Das Leipziger Konzil che la critica in questo testo era obsoleta e non avrebbe incontrato “la moda contemporanea” e pertanto avrebbero potuto stancarsi di leggerlo. Tuttavia, Mayer sembrava ancora apprezzare il messaggio politico profondo di questo minuscolo frammento dei manoscritti del 1845-1846, perché riteneva che fosse così importante da rendere la sua pubblicazione una priorità rispetto a molti altri lavori di Marx ed Engels che giacevano ancora non esaminati negli archivi della SPD o venivano amministrati da Bernstein.

Mayer considerava il Das Leipziger Konzil come uno scritto politico che avrebbe permesso ai lettori dei primi anni ’20 di imparare la differenza tra il “vuoto” filosofico e la frase politica da un lato, e i fattori reali della storia e il cambiamento storico dall’altro. Secondo Mayer, l’importanza di questo testo, parti del Das Leipziger Konzil, risiede nel fatto che Marx ed Engels avevano sviluppato una comprensione della realtà storica e un cambiamento pratico che erano considerati nuovi e audaci in quel particolare periodo storico. Tutto sommato, Mayer sembra aver usato l’autorità degli autori classici come mezzo per sottolineare la sua stessa convinzione che la classe operaia degli anni ’20 avrebbe dovuto seguire l’esempio di Marx ed Engels nello sviluppo di una “concezione economica della storia” in modo da vedere nella frase filosofica e politica del proprio tempo uno strumento per essere coinvolta praticamente nel cambiamento storico. Usare gli scritti di Marx ed Engels per sostenere i messaggi politici di teorici e leader del movimento rivoluzionario della classe operaia non era certamente niente di nuovo o di eccezionale, ma l’uso esplicito dei manoscritti a noi noti come L’ideologia tedesca era qualcosa di completamente diverso.

La pubblicazione di Mayer di parti del Das Leipziger Konzil ha segnato il punto di partenza da cui la storia politica de L’ideologia tedesca può essere raccontata. Questo fu un punto di svolta nell’interpretazione e nell’impiego di questi manoscritti. Sebbene l’esistenza dei manoscritti de L’ideologia tedesca fosse già nota agli specialisti e ad altri interessati alle opere di Marx ed Engels, la loro qualità e il loro significato era stato sottovalutato da molti. Mentre Mehring criticava i manoscritti a lui noti commentando il loro aspetto formale e la loro leggibilità, fu Mayer a scoprire il significato più profondo di questo “primo lavoro” di Marx ed Engels. Grazie a lui, la breve introduzione al Das Leipziger Konzil e la critica di Bauer (II. Sankt Bruno), presentata come parte integrante del Das Leipziger Konzil, furono pubblicati per la prima volta nel 1921, e Mayer sottolineò nella sua prefazione al testo che si può considerare una fortuna il fatto che la «rodente critica dei topi» abbia risparmiato le parti più estese del manoscritto.

Gli standard editoriali applicati da Mayer quando preparò i manoscritti per la pubblicazione sono di grande importanza per questo studio. Osservando il testo diventa immediatamente evidente che Mayer usò il titolo Das Leipziger Konzil per una parte dei manoscritti de L’ideologia tedesca che in seguito furono separati in due distinti frammenti (“Textzeugen”). Nell’edizione del 1921 Mayer ordinò il frammento intitolato II. Sankt Bruno direttamente dopo Das Leipziger Konzil, facendolo apparire come un testo singolo e coerente.6 Mayer cercò di determinare il momento esatto in cui Das Leipziger Konzil fu scritto dai suoi autori, ma, dal momento che non vi è alcuna dichiarazione diretta in merito alla datazione dei manoscritti, e anche le lettere inviate da Marx ed Engels nel 1845-1846 non forniscono una risposta a questa domanda, Mayer ha proposto la seguente cronologia.

Prima di tutto il Das Leipziger Konzil è uno scritto polemico che ha commentato gli articoli pubblicati nel terzo volume di un giornale trimestrale («Vierteljahrsschrift») di Otto Wigand che, presumibilmente, non era in vendita prima di ottobre 1845. In secondo luogo, un breve articolo si può trovare nel primo numero del periodico «Gesellschaftsspiegel» del 1846, un giornale fondato da Moses Heß. A questo punto, Mayer fa una scoperta molto importante. Confrontando accuratamente questo breve articolo, datato 20 novembre 1845, con i suoi frammenti dei manoscritti de L’ideologia tedesca, scoprì molte somiglianze tra i due, e arrivò alla conclusione che questo stesso articolo potrebbe essere considerato una “prima bozza” del Das Leipziger Konzil. Anche se si rendeva conto del significato della sua scoperta, non si preoccupò di ripubblicare l’articolo perché, a suo parere, era “troppo lungo”. L’articolo era stato pubblicato in modo anonimo ma, secondo Mayer, Engels doveva essere identificato come l’autore. Questa affermazione fu rivista più volte da molti, ma Mayer cercò di rafforzare la sua interpretazione informando il lettore che il Das Leipziger Konzil fu scritto principalmente da Engels e che Marx aveva apportato solo alcune correzioni una volta che tutto era stato messo su carta. Mayer, tuttavia, ammise che non si deve saltare a nessuna conclusione quando si arriva a determinare la paternità di questi documenti, perché Marx ed Engels stavano lavorando in stretta collaborazione sull’argomento.

A questo proposito, bisogna ricordare che Mayer era un esperto dei cosiddetti primi scritti di Engels ed era anche il primo biografo di Engels, quindi questa potrebbe essere una spiegazione del motivo per cui ha riconosciuto Engels come primo autore del Das Leipziger Konzil e Marx come secondo. Oltre a dire che il Das Leipziger Konzil, che include II. Sankt Bruno, potrebbe non essere stato scritto prima del 20 novembre 1845, e affermare che Engels piuttosto che Marx dovrebbe essere considerato l’autore principale, Mayer non ci fornisce altri dettagli storico-critici. Non ci fornisce dati su come i “fogli di stampa” siano stati divisi in doppie colonne, come solo la colonna sinistra sia stata utilizzata per scrivere il testo e come la colonna di destra sia stata lasciata vuota per correzioni e commenti. Non ha dato alcuna informazione in merito alla numerazione delle pagine, se i manoscritti che stava pubblicando fossero delle bozze o una “bella copia” (Reinschrift), e se le condizioni generali dei manoscritti fossero buone quando li riceveva.

Nei primi anni del ventesimo secolo la SPD non era sicuramente interessata a finanziare una costosa edizione con numerosi commenti storico-critici, inoltre la preparazione di una tale edizione avrebbe richiesto tempo e avrebbe distolto gli intellettuali del partito dalla scrittura per gli organi di partito e altre pubblicazioni di massa. Quindi è solo grazie alla Rivoluzione d’ottobre del 1917 in Russia che un’impresa enorme come la pubblicazione scientifica delle opere di Marx ed Engels poteva essere presa in considerazione.7 Solo l’apparato statale sovietico era in grado di stanziare risorse intellettuali e finanziarie per un progetto che sicuramente non avrebbe avuto alcun impatto immediato sulle coscienze e sull’impegno della classe operaia e dei contadini in Russia o da qualsiasi altra parte. La Rivoluzione russa trasformò la pubblicazione e la divulgazione dei classici in vari modi:

In primo luogo trasferì il centro degli studi dei testi marxiani a una generazione di curatori che non aveva avuto alcun contatto personale con Engels né tanto meno con Marx, uomini come Bernstein, Kautsky e Mehring. Questo nuovo gruppo non era quindi più direttamente condizionato né dai giudizi personali di Engels sugli scritti classici, né dalle questioni di tatto e opportunità, relative sia alle persone sia alla politica contemporanee, che avevano così evidentemente influenzato gli immediati esecutori letterari di Marx ed Engels. Il fatto che il centro principale delle pubblicazioni marxiane fosse ora il movimento comunista sottolineò questa cesura, poiché i curatori comunisti (e in special modo quelli russi) tendevano, a volte del tutto a ragione, a interpretare le omissioni e modifiche nei primi testi da parte della socialdemocrazia tedesca come distorsioni “opportunistiche”. In secondo luogo, la Rivoluzione consentì ai bolscevichi marxisti, i quali potevano ora fare assegnamento sulle risorse dello Stato sovietico, di conseguire il loro obiettivo di pubblicare l’intero corpo degli scritti classici: in breve, una Gesamtausgabe.8

Di conseguenza, fu lo Stato sovietico che decise di fondare un Istituto Marx-Engels (MEI) a Mosca in grado di pubblicare le opere di Marx ed Engels. L’istituto fu ufficialmente inaugurato il 1° giugno 1922, sotto il suo direttore Rjazanov;9 a cui V.I. Lenin aveva chiesto in una lettera del 2 febbraio 1921,10 di mettere insieme le opere di Marx ed Engels. Rjazanov probabilmente non era lo studioso più eminente che lavorava su Marx ed Engels nel ventesimo secolo, come Volker Külow e André Jaroslawski lo descrivono11 ma era certamente competente quando si trattava di raccogliere documenti storici. Nell’autunno del 1923, i membri dell’Istituto iniziarono a fotografare i manoscritti di Marx ed Engels, che erano, come già accennato, principalmente nell’archivio della SPD in Germania. Nel 1931, l’archivio dell’Istituto Marx-Engels conteneva oltre 175.000 fotografie dei manoscritti originali. Tuttavia, Rjazanov non riuscì a mettere insieme gli scritti di Marx ed Engels, ma contribuì al rapido sviluppo della discussione tra studiosi di molti paesi su come pubblicare manoscritti di questo tipo, come quelli che ora conosciamo come L’ideologia tedesca.

3.2. L’archivio di Grünberg e le controversie tra comunisti “ortodossi” e “opportunisti” socialdemocratici

Il periodico «Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung» (Archivio per la storia del socialismo e del movimento dei lavoratori), pubblicato da Carl Grünberg nel 1920, divenne un importante spazio critico per questo dibattito accademico. Grünberg era il direttore dell’Istituto per la ricerca sociale dell’Università di Francoforte sul Meno, e invitò autori famosi come Max Adler, Karl Korsch, Georg Lukács e il suo ex studente David Rjazanov a scrivere per la sua rivista. Nel 1925, Grünberg pubblicò un discorso che Rjazanov aveva tenuto due anni prima a una riunione dell’Accademia socialista a Mosca.12

Il discorso trattava prevalentemente dei risultati di Rjazanov nel “trovare” e assicurare i resti di ciò che conosciamo come L’ideologia tedesca. Descriveva estesamente e in modo molto dettagliato come e quando aveva ricevuto i diversi manoscritti che erano divisi tra Bernstein e l’archivio della SPD. La domanda che poneva era: dove sono i «due grossi fascicoli in ottavo» che Marx menzionò nel suo Vorwort del 1859 in Zur Kritik der politischen Ökonomie?13 Inoltre Rjazanov, per la prima volta, segnalò chiaramente nel suo discorso che ciò che Mayer aveva chiamato semplicemente Das Leipziger Konzil comprendeva sia un’introduzione a Das Leipziger Konzil che la critica II. Sankt Bruno. Rjazanov sostenne nel suo discorso che era stato lui stesso a invitare Mayer a pubblicare questa parte dei manoscritti de L’ideologia tedesca, poiché lui, come tutti gli altri in quel momento, non era molto interessato a questi. Ed è esattamente a questo punto che la dimensione politica di questa storia delle edizioni guadagna slancio. Forse Rjazanov nel 1923 non era a conoscenza, quando tenne il suo discorso (in russo) all’Accademia socialista di Mosca, che Mayer avrebbe letto una traduzione in tedesco di esso, ma in quell’anno iniziò a muovere pesanti accuse contro Mayer. Riferendosi alla biografia di Mayer su Engels,14 di cui il primo volume fu pubblicato nel 1920, Rjazanov disse:

Mayer è uno scrittore borghese. Solo recentemente è diventato un socialdemocratico o per essere più preciso: un nazionalsocialdemocratico tedesco. È organicamente incapace di comprendere il marxismo come un insegnamento filosofico e rivoluzionario. Nel migliore dei casi riconosce Engels come un tedesco buono e patriottico […]. Mayer è un giornalista, un vecchio giornalista e ha ancora le abitudini di un giornalista. Anche se sta scrivendo un libro scientificamente, non dice precisamente di quali manoscritti si è servito. Sarebbe inutile, se si cercasse di trovare qualche informazione nei suoi scritti circa le parti de L’ideologia tedesca e i manoscritti che ha usato, dove sono, da quali manoscritti e da quali pagine sono state prese le citazioni. Mayer non dice nulla di tutto questo.15

Ovviamente Rjazanov era in collera per il modo in cui Mayer sembrava aver “sequestrato” le fonti da cui trasse le sue conclusioni sul contenuto dei manoscritti de L’ideologia tedesca. Ma chiamare Mayer uno «scrittore borghese» che è «incapace di comprendere il marxismo» portava la polemica a un livello molto alto. Queste pesanti accuse possono essere interpretate solo come parte di una lotta in corso tra due studiosi abbastanza noti, i quali affermavano entrambi di aver “scoperto” per primo L’ideologia tedesca. Mentre Mayer fu sicuramente il primo a sottolineare l’importanza del contenuto dei manoscritti del 1845-1846, fu Rjazanov nel suo discorso che rese noto alla comunità scientifica il suo merito di aver portato l’intera Ideologia tedesca alla luce del giorno. Considerando il fatto che i manoscritti de L’ideologia tedesca non furono mai veramente persi, ma furono semplicemente più o meno nascosti da Bernstein, la parte di Rjazanov nella riscoperta dei manoscritti non era così grandiosa nel 1923. Pertanto, si deve presumere che fu Rjazanov, semplicemente usando le sue accuse contro Mayer come mezzo per sottolineare i propri sforzi, a recuperare le parti mancanti dei manoscritti di Bernstein.

Un anno dopo, nel 1926, Mayer colse l’occasione per pubblicare una replica riguardante la questione su chi avesse “scoperto” prima i manoscritti. Il suo articolo fu pubblicato nello stesso periodico che aveva precedentemente pubblicato il discorso di Rjazanov, il «Grünberg Archiv». Il titolo di Mayer era Die Entdeckung des Manuscripts der Deutschen Ideologie (La scoperta dei manoscritti de L’ideologia tedesca).16 E, cosa interessante, nella prima nota a piè di pagina dell’articolo, Grünberg dichiarò che la risposta di Mayer avrebbe posto fine a questa polemica nel suo archivio. Si può solo essere sorpresi di questo, tenendo a mente che un anno prima Grünberg aveva pubblicato il discorso di Rjazanov, dichiarando esplicitamente il suo apprezzamento, in quanto di immenso valore nella storia letteraria.

Gottfried Niedhart fornisce una spiegazione plausibile:17 non solo Rjazanov, come già accennato, fu un ex studente di Grünberg a Vienna, ma, inoltre, Mayer in precedenza aveva rifiutato l’offerta di diventare il primo direttore dell’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte nel 1922, che aveva poi accettato Grünberg. Mayer si era opposto alle tendenze “di sinistra” del finanziatore dell’istituto. Nel suo articolo del 1926 Mayer afferma che i manoscritti non erano mai stati persi fisicamente (dal momento che tutti sapevano che erano per lo più nelle mani di Bernstein) e, quindi, Rjazanov non poteva affermare semplicemente di averli trovati. Mayer stesso sostenne che non aveva mai avuto problemi ad accedere ai manoscritti. Bernstein, secondo Mayer, voleva semplicemente conservare il suo diritto di pubblicarli da solo. Si può supporre che il “revisionista” Bernstein fosse probabilmente riluttante a mettere i manoscritti nelle mani di un ben noto sostenitore della Rivoluzione d’ottobre come Rjazanov. Mayer terminò il suo breve articolo facendo riferimento alla sua scoperta intellettuale di ciò che chiamò L’ideologia tedesca, inoltre, sottolineò che fu lui a incoraggiare la comunità scientifica nella sua biografia di Engels,18 pubblicata nel 1920, a realizzare ulteriori ricerche su questi manoscritti. Pertanto, sarebbe stato molto più fruttuoso per i lettori interessati se Rjazanov lo avesse fatto, invece di attaccare gli altri. Mayer, quindi, ripagò dicendo indirettamente che lo stile del lavoro di Rjazanov era «individualista» e «dittatoriale».

Il linguaggio usato da Mayer e Rjazanov fornisce al lettore un punto di vista interno su una dicotomia che cresce rapidamente all’interno del movimento della classe operaia del 1920. Non è una coincidenza il fatto che Mayer abbia etichettato Rjazanov come «dittatoriale», mentre Rjazanov definiva Mayer uno «scrittore borghese». La storia politica delle edizioni de L’ideologia tedesca inizia quindi con le controversie che accompagnano una lotta in evoluzione tra comunisti “ortodossi” e “opportunisti” socialdemocratici. La spaccatura all’interno della Seconda Internazionale, che ha portato alla sua finale rottura nel 1914 e la successiva frammentazione del movimento operaio organizzato, è visibile nella storia delle edizioni de L’ideologia tedesca.

3.3. La prima edizione in lingua tedesca di I. Feuerbach nel 1926

Nel discorso che Rjazanov pronunciò il 20 novembre 1923 all’Accademia socialista a Mosca, attirò l’attenzione del suo pubblico su determinati manoscritti de L’ideologia tedesca: questi erano quelli che presumibilmente formavano un capitolo su Feuerbach. Si deve supporre che la maggior parte dei suoi ascoltatori prima o poi avesse letto questi importanti manoscritti, semplicemente perché erano citati da Engels stesso in uno dei suoi scritti più noti. Chi studiava il marxismo e la sua visione del mondo (Weltanschauung) nel 1920, era obbligato a studiare Ludwig Feuerbach und der Ausgang der klassischen deutschen Philosophie.19 di Engels (Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca) pubblicato nel 1886. Nella sua prefazione all’edizione del 1888 Engels affermava chiaramente che era tornato sui manoscritti del 1845-1846 ancora una volta per osservarli da vicino, trovando poi che la «sezione su Feuerbach» non era stata completata20 Poi, 35 anni dopo, Rjazanov informò i suoi ascoltatori che, anche se Mayer aveva avuto accesso al “capitolo Feuerbach” dei manoscritti de L’ideologia tedesca, aveva omesso di fornire un resoconto del suo contenuto come avrebbe dovuto fare.

Nell’interpretazione offerta da Rjazanov di questo particolare “capitolo”, Marx ed Engels stavano delineando un’introduzione allo studio della storia umana. Gli autori partono dal presupposto che non si dovrebbe ricorrere a qualcosa di “astratto”, ma piuttosto bisogna esaminare attentamente i “veri individui” e le loro azioni, le circostanze in cui questi individui vivono e i modi in cui stanno cambiando queste circostanze attraverso l’attività produttiva umana. Dunque, chiunque sia interessato allo studio della storia umana dovrebbe prima di tutto studiare gli esseri umani stessi e il “milieu” in cui stanno lavorando. Tutti questi nuovi e importanti approcci teorici, secondo Rjazanov, furono presentati nei manoscritti su Feuerbach in modo superbo, specifico e chiaro. Ed è proprio per questo motivo che si sentì obbligato a pubblicare I. Feuerbach il più rapidamente possibile, anche prima che tutti i manoscritti de L’ideologia tedesca fossero preparati per la stampa come un volume unico all’interno della serie emergente delle opere complete. Pertanto, nel 1924, una traduzione in russo dei cosiddetti manoscritti di Feuerbach furono preparati e stampati in Unione Sovietica. Poco dopo, nel 1926, I. Feuerbach fu finalmente pubblicato per la prima volta nella sua lingua originale nel giornale «Marx-Engels-Archiv».

Il «Marx-Engels-Archiv», la rivista dell’Istituto Marx-Engels di Mosca, era stata fondata dallo stesso Rjazanov nel 1926 per presentare i documenti circa “L’origine, lo sviluppo e la diffusione delle idee sul socialismo scientifico”. Tuttavia, come Rjazanov chiarì nella sua “Premessa dell’editore”, il «Marx-Engels-Archiv» non avrebbe pubblicato articoli o lavori incentrati su eventi storici accaduti dopo il crollo della Seconda Internazionale nel 1914. In altre parole, sembrava che Rjazanov non avesse alcun interesse a pubblicare qualcosa sulla spaccatura all’interno del movimento operaio organizzato, su Lenin e sul partito bolscevico, o sulla Rivoluzione d’ottobre del 1917. La sua rivista doveva essere principalmente storica, impegnata solo nello studio scientifico e critico delle opere di Marx ed Engels. Il «Marx-Engels-Archiv» deve, quindi, essere visto come uno spazio critico per il dibattito accademico sulle origini del marxismo, piuttosto che come organo per la propaganda del partito. Tuttavia, il «Marx-Engels-Archiv» avrebbe dovuto contribuire ad un’altra causa, vale a dire, la prevista pubblicazione della prima Marx-Engels-Gesamtausgabe, nota come MEGA1. Fino a questo momento le opere inedite di Marx ed Engels venivano stampate sul giornale prima della loro pubblicazione nella MEGA1. Il «Marx-Engels-Archiv» avrebbe quindi permesso un esame critico da parte di studiosi di molti paesi molto prima che questi lavori sarebbero stati finalmente pubblicati come volumi della Gesamtausgabe (edizione completa). Il semplice fatto che il cosiddetto “capitolo Feuerbach” de L’ideologia tedesca fu pubblicato nel primo volume del «Marx-Engels-Archiv» sostiene il punto di vista secondo cui Rjazanov considerava i manoscritti de L’ideologia tedesca come un testo chiave tra i cosiddetti primi scritti di Marx ed Engels.

Come descritto in precedenza, solo grazie alla Rivoluzione d’ottobre e al primo “Stato operaio-contadino” ci furono le condizioni e la necessità di fondare un istituto interamente impegnato nella pubblicazione delle opere di Marx e Engels. È grazie a ciò che qualcuno come Rjazanov riuscì ad acquisire i mezzi finanziari e organizzativi per la raccolta e la stampa dei cosiddetti manoscritti su Feuerbach. Ma a questo punto dobbiamo chiederci cosa lo abbia spinto a farlo, a quale scopo e, soprattutto, perché questi manoscritti erano così importanti per Rjazanov in questo momento. Alcune risposte a queste domande si possono trovare nell’introduzione di Rjazanov a I. Feuerbach, pubblicato nel «Marx-Engels-Archiv». Qui Rjazanov fece un passo avanti. Non solo continuava a ripetere che era stato lui a «dissotterrare» fisicamente i manoscritti de L’ideologia tedesca, ma ora affermava anche di aver svelato il loro contenuto «segreto». La sua affermazione era diretta precisamente a Mayer, alla persona con cui aveva iniziato nel 1921 l’intera discussione politica sul contenuto dei manoscritti de L’ideologia tedesca.

A differenza di Mayer, che non aveva avuto la possibilità di studiare i cosiddetti manoscritti su Feuerbach, Rjazanov ora legge e interpreta L’ideologia tedesca attraverso il suo “Primo capitolo”. Valutò le sue scoperte descrivendo le «parti finite» di questo presunto capitolo come «la prima esposizione della concezione materialistica della storia» (die früheste Darlegung der materialistischen Geschichtsauffassung). Questa valutazione è qualcosa di completamente nuovo, perché costituisce una grande differenza se Marx ed Engels hanno semplicemente applicato la loro concezione della storia o se hanno fornito del materiale esplicativo sulla loro concezione. È noto che Marx ed Engels hanno fatto ampio uso della loro concezione della storia finché si trattava di criticare polemicamente i loro oppositori, ma raramente hanno fornito resoconti dettagliati sul loro metodo di lavoro. Un noto esempio è quello della Prefazione del 1859 a Per la critica dell’economia politica, in cui Marx discute la «conclusione generale» tratta dai suoi studi precedenti, che poi gli è servita come principio guida.21 Probabilmente è il destino di molti grandi teorici politici se ricercatori e “seguaci” sono spesso alla ricerca di brevi riassunti e facili introduzioni ai loro lavori, pertanto, qualsiasi spiegazione breve e leggibile che abbia a che fare con la concezione della storia di Marx ed Engels deve essere stata accolta favorevolmente. Ma c’è sicuramente un’enorme differenza tra informare i lettori sui metodi usati in scritti politici e storici, come Marx ed Engels fanno in ciò che ci è noto ora come L’ideologia tedesca, e l’applicazione di una “ricetta o schema” a priori, che fa violenza al materiale che viene indagato.

Mentre molti esempi sui metodi di lavoro possono essere trovati nel cosiddetto capitolo su Feuerbach, Marx ed Engels si oppongono fortemente a qualsiasi rimprovero di aver semplicemente applicato un preconcetto “ricetta o schema” (storico) al materiale storico. In realtà, questo è esattamente ciò su cui vertono i manoscritti del 1845-1846 e le loro critiche a Feuerbach e Bauer. Sembra impossibile che Rjazanov, il quale sosteneva di aver svelato il contenuto “segreto” dei manoscritti de L’ideologia tedesca, in realtà avesse trascurato una differenza molto importante: quella tra una metodologia applicata e uno schema dogmatico. Ma fu sempre Rjazanov che, per la prima volta in questo contesto, parlò di uno «schema storico-economico» che era stato presumibilmente «costruito» da Marx ed Engels. Chiamando il metodo altamente induttivo di Marx ed Engels «schema storico-economico», Rjazanov traspose alcuni concetti metafisici e speculativi nella sua interpretazione del testo. Rjazanov la reputava una questione di importanza cardinale nella storia del marxismo: si chiedeva fino a che punto la concezione materialistica della storia potesse essere vista come un risultato del lavoro originale di Marx e (in una certa misura) di Engels.

L’edizione del 1926 del «Marx-Engels-Archiv» offre, secondo Rjazanov, il primo «punto di riferimento» (Fixpunkt) da cui si potrebbe avviare un’indagine su quest’argomento. L’introduzione dell’editore (Einführung des Herausgebers), scritta da Rjazanov, presenta una sezione molto dettagliata e accademica sulla «scrittura manuale e revisione del testo» ed è qui che rende noto al lettore che tutto ciò che è stato scritto da Marx (come interpolazioni, aggiunte di testo, note marginali, correzioni, ecc.) è stato riprodotto nel testo, e la paternità di Marx di parole e righe particolari possono essere rilevate nelle note a piè di pagina. L’esclusiva riproduzione dei manoscritti di Rjazanov consente al lettore di seguire lo sviluppo di ogni frase e di ogni paragrafo cronologicamente, senza essere costretto a consultare contemporaneamente un apparato critico. Subito diventa evidente in quali fasi dello scritto (che è stato per lo più scritto da Engels, per la sua grafia più leggibile) Marx intervenne cancellando, aggiungendo o correggendo parole, frasi e persino paragrafi. Questo particolare modo di editare I. Feuerbach è stato un notevole risultato accademico al suo tempo e può essere considerato tale ancora oggi. Oltre a questo, Rjazanov cercò di determinare la paternità in un modo molto simile a Mayer, percependo il tono ed esaminando attentamente la grafia. Questo metodo impreciso portò Rjazanov alla «impressione» che fosse stato Marx a dettare il frammento di testo A. Die Ideologie überhaupt, namentlich die deutsche (A. Ideologia in generale, ideologia tedesca in particolare) direttamente a Engels. Notò che in questo frammento si trovavano un maggior numero di correzioni significative apportate da Engels rispetto a quelle che si potevano trovare negli altri manoscritti di ciò che divenne noto come L’ideologia tedesca. Rjazanov sostenne inoltre che il resto di I. Feuerbach fu messo su carta esclusivamente da Engels, cioè senza il dettato di Marx. Ma tutto ciò sembra essere stata una questione piuttosto “difficile” per Rjazanov, che allora analizzò l’ordine dei manoscritti così come fu effettuato dagli autori. Prima di tutto, Rjazanov concordò con Engels nel descrivere la «sezione» su Feuerbach come incompleta. Poi fece un elenco dettagliato di ciò che lui aveva presumibilmente «corretto».

Nel 1926 Rjazanov era in possesso di un «manoscritto principale» (Hauptmanuskript) composto da 19 fogli di stampa più 1 singola pagina e una «bella copia» (Reinschrift) composta da 4 fogli di stampa che possono essere divisi in altre due parti. Il manoscritto principale sembrava essere in ordine, sebbene Rjazanov avesse correttamente sottolineato che il testo mancava di coerenza interna. In tutto il manoscritto principale si può trovare una numerazione quasi continua di pagine fatta da Marx. La numerazione di Marx inizia con il numero 8 e arriva fino a 72. Le sole pagine che apparentemente mancano nell’impaginazione di Marx sono le pagine 1-7, 29 e 36-9. Il quadro cambia se si guarda la numerazione dei fogli di stampa, che, secondo Rjazanov, fu fatta da Engels. Engels presumibilmente inizia con il foglio di stampa 1, quindi mancano 4 fogli, continua con 5-11, quindi mancano altri 9 fogli, continua con i fogli numero 20-21, quindi mancano altri 63 fogli e finisce con la numerazione dei fogli 84-92. Stando a quella che Rjazanov identificava come numerazione di Engels, almeno 73 fogli di stampa (circa 300 pagine) devono essere andati completamente persi.22

Rjazanov cercò di risolvere il mistero delle pagine mancanti sostenendo che altre parti dei manoscritti de L’ideologia tedesca (l’introduzione a Das Leipziger Konzil, II. Sankt Bruno, III. Sankt Max e le sezioni sui «veri socialisti») erano numerate in modo molto coerente, dunque non è possibile che i fogli di stampa mancanti fossero semplicemente uniti a queste altre parti. Secondo Rjazanov, è più probabile che questi fogli mancanti siano stati separati da I. Feuerbach in una fase molto precedente, e sembra che il loro contenuto sia stato elaborato a partire dalle belle copie dell’introduzione a Das Leipziger Konzil, II. Sankt Bruno, III. Sankt Max, e le sezioni sui «veri socialisti». Poiché si possono trovare alcuni esempi di brani cancellati in I. Feuerbach, che appaiono con minori modifiche anche in II. Sankt Bruno e III. Sankt Max, la teoria di Rjazanov di prima suona abbastanza convincente. Guardando il capitolo su Feuerbach dell’edizione del 1926 de L’ideologia tedesca, si conclude che Rjazanov mirava chiaramente a costruire un “capitolo” lineare I. Feuerbach inserendo diversi frammenti di manoscritti completamente indipendenti.

Innanzitutto, Rjazanov commise l’errore di identificare una delle cosiddette aperture di capitolo, che è intitolata I. Feuerbach, 1. Die Ideologie überhaupt, speziell die deutsche Philosophie (I. Feuerbach, 1. Ideologia in generale, in particolare la filosofia tedesca), non solo come parte del manoscritto principale, ma anche come il primo foglio di stampa numerato da Engels. Tuttavia, nessuna impaginazione da nessuno dei due, Marx o Engels, può essere trovata su questo frammento di testo. In secondo luogo, suppose che un foglio di stampa, che Engels aveva presumibilmente numerato con 5 fosse in stretta relazione testuale con le pagine che erano state numerate da Marx, e che quindi dovesse essere presentato poco prima della pagina 8 di Marx. Lo stesso vale per la pagina singola che Rjazanov aveva trovato tra i lavori inediti dei due autori, e che aveva erroneamente considerato come parte del manoscritto principale, cioè come parte delle pagine che erano state messe in ordine da Marx. Rjazanov sostenne che Marx non si era preoccupato di numerare questi primi fogli e pagine, semplicemente perché questi avrebbero dovuto essere comunque riscritti. Inoltre, Rjazanov tirò in ballo nella discussione anche il secondo manoscritto da lui trovato: il manoscritto della bella copia che consiste in soli 4 fogli stampati.

Secondo Rjazanov, questa seconda parte (fogli di stampa 3 e 4) potrebbe essere unita sia fisicamente che in termini di contenuto a ciò che chiama il manoscritto principale, ma non ha fornito alcuna spiegazione per averlo fatto. Secondo lui, la prima parte (fogli di stampa 1 e 2) potrebbe essere divisa ancora una volta in due sezioni. La prima sezione non è altro che una bella copia (con solo poche parole aggiuntive) dell’inizio cancellato del manoscritto principale, e così Rjazanov non si preoccupò di riportarlo due volte nella sua edizione del 1926. La seconda parte è presumibilmente una nuova versione del brano 1. Die Ideologie überhaupt, speziell die deutsche Philosophie, qui Rjazanov decise che in termini di contenuto poteva essere stampato tra l’inizio del manoscritto principale e il brano 1. Die Ideologie überhaupt, speziell die deutsche Philosophie. La prima edizione di I. Feuerbach, pubblicata nel «Marx-Engels-Archiv» del 1926, quindi, si presentava nel seguente ordine:23

  • I. Feuerbach, Gegensatz von materialistischer und idealistischer Anschauung (I. Feuerbach, Il modo materialista di concepire le cose in contrapposizione al modo idealista). Il secondo titolo fu scritto a matita da Engels nell’ultima pagina del manoscritto principale.
  • A. Die Ideologie überhaupt, namentlich die deutsche (A. Ideologia in generale, ideologia tedesca in particolare). Qui Rjazanov inserisce una sezione del secondo manoscritto nota come bella copia.
  • 1. Die Ideologie überhaupt, speziell die deutsche Philosophie (1. Ideologia in generale, in particolare la filosofia tedesca). Qui il manoscritto principale continua presumibilmente i due paragrafi, trovati da Rjazanov sulla pagina singola, che sono stati inseriti poco prima della pagina numero 8. Pagine 8-35 (impaginazione secondo Marx).
  • [B. Wirtschaft, Gesellschaft, Individuum und ihre Geschichte in materialistischer Anschauung.] ([B. Economia, società, individuo e la loro storia nella concezione materialistica]). Questo titolo è un’invenzione di Rjazanov come la sua ipotesi che abbiamo a che fare con un capitolo B. Pagine 40-73 (pagina 73 non era numerata da Marx).
  • [Teilung der Arbeit und Formen des Eigentums] ([Divisione del lavoro e forme di proprietà]). Il paragrafo sotto questo titolo fittizio di Rjazanov è un’altra parte del secondo manoscritto noto come bella copia.

Oltre al già citato manoscritto principale, con i suoi due inserimenti tratti dalla bella copia, Rjazanov pubblicò altri due documenti nel 1926. Il primo era un manoscritto scritto esclusivamente da Marx, a differenza di altre parti dei manoscritti del 1845-1846. Rjazanov lo trovò tra i manoscritti che Laura Lafargue aveva tenuto dopo la morte di Marx e pensò che si trattasse di una introduzione al primo volume de L’ideologia tedesca. Il secondo documento, noto come le Tesi su Feuerbach (primavera del 1845), sicuramente non fa parte dei manoscritti de L’ideologia tedesca, anche se sono stati pubblicati insieme molte volte in seguito.

Concludendo, attraverso l’analisi della storia politica delle edizioni è possibile mostrare come il tendenzioso processo della diffusione degli scritti e l’assenza di una loro edizione integrale, insieme con la originaria incompiutezza, il lavoro postumo degli editori, le letture “ideologiche” e le più numerose non letture, sono le cause principali di un costante snaturamento del pensiero di Marx ed Engels e della nascita di un’ideologia che s’ispirava a degli autori le cui opere erano, in parte, ancora sconosciute. L’affermazione del “marxismo” e la diretta sistematizzazione in un corpus dogmatico sono avvenute in una fase precedente a quella della conoscenza di testi, la cui lettura è indispensabile per comprendere la formazione e l’evoluzione del pensiero di Marx. Nel caso particolare, L’Ideologia tedesca, che viene considerata la prima esposizione sistematica della concezione materialistica della storia, è restituita nella sua originaria incompiutezza che rende tortuoso ogni tentativo di sistematizzazione.

Come ricorda Antonio Labriola nel 1897, il «materialismo storico, che poi in un certo senso è tutto il marxismo, prima che entrasse nell’ambiente critico letterario degli atti a svolgerlo e continuarlo, è passato qui, fra noi popoli di lingue neolatine, attraverso ad una infinità di equivoci, di malintesi, di alterazioni grottesche, di strani travestimenti e di gratuite invenzioni». In effetti, molti dei loro testi erano rari o irreperibili anche in lingua originale e, da qui, l’invito dello studioso italiano a dare vita a «una edizione completa e critica di tutti gli scritti di Marx ed Engels» in modo che «tutta la operosità scientifica e politica, tutta la produzione letteraria, sia pur essa occasionale, dei due fondatori del socialismo critico, deve essere messa alla portata dei lettori […] perché essi parlino direttamente a chiunque abbia voglia di leggerli». Egli considerava tutti gli scritti e i lavori di Marx ed Engels, non portati a termine, come «i frammenti di una scienza e di una politica, che è in continuo divenire». Per evitare di cercare al loro interno «ciò che non c’è, e non ci ha da essere», ovvero «una specie di volgata o di precettistica per la interpretazione della storia di qualunque tempo e luogo», essi potevano essere pienamente compresi solo se ricollegati al momento e al contesto della loro genesi, che è come la traccia e l’orma, e a volte l’indice e il riflesso della genesi del socialismo moderno. Diversamente, coloro i quali «non intendono il pensare ed il sapere come operosità che sono in fieri», ossia «i dottrinarii e i presuntuosi d’ogni genere, che han bisogno degl’idoli della mente, i facitori di sistemi classici buoni per l’eternità, i compilatori di manuali e di enciclopedie, cercheranno per torto e per rovescio nel marxismo ciò che esso non ha mai inteso di offrire a nessuno»:24 una soluzione sommaria e fideistica ai quesiti della storia.


  1. Terrell Carver in una sua recente pubblicazione ha sostenuto che «non è mai stata scritta e pertanto non esiste». Cfr. T. Carver, The German Ideology Never Took Place, in «History of political Thought», XXXI (2010), n. 1, pp. 107-127. ↩︎

  2. «Tra i presupposti teorici del socialismo […] e la pratica della socialdemocrazia (da qui il titolo del libro) vi è contraddizione. Il compito che [Bernstein] si impone è di rivedere la teoria, ormai utopistica e invecchiata, per metterla al passo con la politica pratica del partito. L’intento del libro, in breve, è di contestare che esista un rapporto necessario tra il marxismo e il movimento operaio. Il socialismo deve potersi liberare dagli impacci della vecchia teoria. “Il difetto del marxismo è nell’eccesso d’astrazione” e nella “fraseologia teorica” che ne consegue» (L. Colletti, Bernstein e il marxismo della Seconda Internazionale, in Id., Ideologia e società, Roma-Bari, Laterza, 1975, p. 67). ↩︎

  3. # Cfr. E. Bernstein, Dokumente des Sozialismus. Hefte für Geschichte, Urkunden und Bibliographie des Sozialismus, Berlin, Sozialistische Monatshefte, 1903. ↩︎

  4. Cfr. E.J.E. Hobsbawm, Il Secolo breve. 1914-1991: l’era dei grandi cataclismi, trad. it. di Brunello Lotti, Milano, Rizzoli, 1995. ↩︎

  5. «Quando Marx morì nel 1883, lasciò le sue carte a Engels, e quando Engels morì nel 1895, lasciò le sue carte a August Bebel e Eduard Bernstein, che fungevano da fiduciari del Partito socialdemocratico tedesco (SPD). Alcuni anni dopo questi documenti vennero portati da Londra a Berlino e depositati negli archivi del partito della SPD. Secondo la volontà di Engels, le carte di Marx furono date alle figlie di Marx. Prima sono stati tenuti da Eleanor Marx Aveling a Londra. Dopo la sua morte nel 1898, l’altra figlia di Marx, Laura Lafargue, che viveva all’epoca a Draveil, vicino a Parigi, si prese cura di loro. Dopo la sua morte, anche la maggior parte dei documenti di Marx fu depositata negli archivi del partito SPD a Berlino. Quindi, da quel momento la maggior parte degli archivi di Marx-Engels era detenuta dalla SPD» (J. Rojahn, Publishing Marx and Engels after 1989: The fate of the MEGA, in «Journal of Socialist Theory», vol. 29, 2001, p. 199, traduzione mia). ↩︎

  6. Bisogna però ricordare che è stato Mehring il primo a descrivere i manoscritti come una critica filosofica post-hegeliana e ad assegnarli al primo volume di ciò che è diventata nota come L’ideologia tedesca. Mehring è stato anche il primo a supporre una connessione testuale prospettica tra Das Leipziger Konzil e III. Sankt Max↩︎

  7. Bisogna precisare che l’idea di una pubblicazione delle opere complete di Marx ed Engels era già stata discussa nel 1910, ma divenne realtà solo nel 1920 con Rjazanov. A questo proposito, vedi G. Langkau, Marx-Gesamtausgabe - dringendes Parteiinteresse oder dekorativer Zweck? Ein Wiener Editionsplan zum 30. Todestag, Briefe und Briefauszüge, in «International Review of Social History», n. 28 (1983), pp. 105-142. ↩︎

  8. E.J.E. Hobsbawm, Come cambiare il mondo. Perché riscoprire l’eredità del marxismo, trad. it. di Leonardo Clausi, Milano, Rizzoli, 2011, p. 187. ↩︎

  9. Sul fondamentale lavoro svolto da Rjazanov per dare alla luce una rigorosa edizione degli scritti di Marx, cfr. E. Czóbel, Rjazanov als Marxforscher, in «Unter dem Banner des Marxismus», 4, 1930, pp. 401-417; B. Burkhard, D.B. Rjazanov and the Marx-Engels Institute: Notes toward Further Research, in «Studies in Soviet Thought», XXX (1985), n. 1, pp. 39-54; V. Külow, A. Jaroslawski, David Rjazanov: Marx-Engels-Forscher, Humanist, Dissident, Berlin, Dietz Verlag, 1993; D.B. Rjazanov, Marx ed Engels, Roma, Samonà e Savelli, 1969. ↩︎

  10. V.I. Lenin, Opere Complete, vol. 45 (integrazioni novembre 1920-marzo 1923), Roma, Editori Riuniti,1970, pp. 47-48. ↩︎

  11. Cfr. V. Külow, A. Jaroslawski, David Rjazanov, cit. (n. 9). ↩︎

  12. Cfr. D. Rjazanov, Neueste Mitteilungen über den literarischen Nachlaß von Karl Marx und Friedrich Engels, in «Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung», II (1925), in particolare pp. 385-6. Il testo di Rjazanov fu originariamente pubblicato in russo nel 1923. La traduzione italiana di questo articolo intitolata Comunicazione sull’eredità letteraria di Marx ed Engels, si trova in appendice all’opuscolo di L. Goldmann, Ideologia tedesca e le tesi su Feuerbach, Roma, Samonà e Savelli, 1969, pp. 53-76. ↩︎

  13. «Noi decidemmo di mettere in chiaro, con un lavoro comune, il contrasto tra il nostro modo di vedere e la concezione ideologica della filosofia tedesca, di fare i conti, in realtà, con la nostra anteriore coscienza filosofica. Il disegno venne realizzato nella forma di una critica della filosofia posteriore a Hegel. Il manoscritto, due grossi fascicoli in ottavo, era da tempo arrivato nel luogo dove doveva pubblicarsi, in Vestfalia, quando ricevemmo la notizia che un mutamento di circostanze non permetteva la stampa. Abbandonammo tanto più volentieri il manoscritto alla rodente critica dei topi, in quanto avevamo già raggiunto il nostro scopo principale, che era di vedere chiaro in noi stessi» (K. Marx, Prefazione a Per la critica dell’economia politica, in K. Marx, F. Engels, Opere complete, vol. XXX, Roma, Editori Riuniti, 1986, p. 300). ↩︎

  14. Cfr. G. Mayer, Friedrich Engels. Eine Biographie, vol. I: Friedrich Engels in seiner Frühzeit, Berlin, Springer, 1920. ↩︎

  15. T. Carver, D. Blank, A Political History of the Editions of Marx and Engels’s German Ideology Manuscripts, Basingstoke and New York, Macmillan, 2014, p. 15 (traduzione mia). ↩︎

  16. Cfr. G. Mayer, Die Entdeckung des Manuscripts der Deutschen Ideologie, in «Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung», XII, 1926. ↩︎

  17. Cfr. G. Niedhart, Gustav Mayer und Rjazanov, in «Beiträge zur Marx-Engels-Forschung», Sonderband 1 (1996), pp. 77-84. ↩︎

  18. Cfr. G. Mayer, Friedrich Engels. Eine Biographie, vol. I, cit. (n. 14). ↩︎

  19. Una traduzione completa di Georgij Valentinovič Plekhanov la rese disponibile in lingua russa dal 1892. ↩︎

  20. Cfr. F. Engels, Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, traduzione e cura di Giovanni Sgro’, Napoli, La Città del Sole, 2009, pp. 51-53. ↩︎

  21. «Il risultato generale al quale arrivai e che, una volta acquisito, mi servì da filo conduttore nei miei studi, può essere brevemente formulato così: nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una soprastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere costatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, in una parola le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo» (K. Marx, F. Engels, Opere complete, vol. XXX, Roma, Editori Riuniti, 1986, pp. 298-299). ↩︎

  22. Sull’analisi dei manoscritti e la numerazione dei fogli di stampa, vedi T. Carver, D. Blank, Marx and Engels’s “German Ideology” manuscripts. Presentation and Analysis of the “Feuerbach chapter”, New York, Palgrave Macmillian, 2014, pp. 34-381. ↩︎

  23. Utilizzo lo schema di T. Carver, D. Blank, A Political History …, cit. (n. 15), pp. 22-23. ↩︎

  24. A. Labriola, Discorrendo di socialismo e filosofia, in Id., Scritti filosofici e politici, a cura di Franco Sbarberi, Torino, Einaudi, 1973, pp. 667-677. ↩︎