L’antropologia naturale in Cabanis e Destutt de Tracy. La nuova immagine dell’uomo dopo l’Illuminismo

1. L’epistemologia idéologique

«Tutti sanno, più o meno, chi sono gli idéologues. Ma quanti, in realtà, conoscono gli idéologues? Pochi, senza dubbio».1 Così un grande esperto dell’età dell’Illuminismo come Sergio Moravia denuncia il mancato, o troppo esiguo, approfondimento da parte degli storici della filosofia dell’ultima fase dell’Illuminismo francese. La prima causa di questo oblio è l’errore, compiuto dalla storiografia moderna, di far terminare il periodo dei Lumi intorno agli anni ottanta del Settecento; in quel periodo sono morti tutti i grandi intellettuali della cerchia dei philosophes: Helvétius nel 1771, Voltaire e Rousseau nel 1778, Condillac nel 1780, D’Alembert nel 1782, Diderot nel 1784, D’Holbach nel 1789. All’inizio dell’ultima decade del secolo i più influenti intellettuali dell’Illuminismo erano venuti a mancare, ciononostante non è possibile collocare in questo periodo la fine dell’età dei Lumi. A raccogliere l’eredità dei philosophes infatti sono stati gli ideologi: «la storia, o se si preferisce la preistoria, degli idéologues nasce in un ambiente prettamente philosophique».2 Recentemente è stato giustamente osservato che i limiti temporali dell’età dei Lumi — convenzionalmente circoscritti al Settecento — non rendono giustizia della complessità dell’Illuminismo francese, ed è per questo che sono stati allargati, così da concepire una periodizzazione lunga,3 che ha il proprio inizio alla fine del XVII secolo, con il regno di Luigi XIV, e si estende fino al 1820 circa. Le radici dell’Illuminismo vanno ricercate nel pensiero degli spiriti forti — i libertini eruditi — e nelle opere di Pierre Bayle e degli empiristi inglesi; dopo di loro, a raccoglierne l’eredità, ci sono stati i philosophes, grazie ai quali è stata abbandonata la vecchia concezione elitaria della filosofia ed il mondo degli intellettuali si è aperto al popolo.4 La fine dell’età dei Lumi non coincide più con il 1789, anno della Rivoluzione Francese, bensì si estende fino a comprendere il periodo rivoluzionario. Il tramonto dell’Illuminismo è Illuminismo.5 Dunque, la filosofia degli idéologues, che si colloca in continuità con il pensiero dei philosophes, deve essere, a pieno titolo, annoverata nella corrente dell’Illuminismo francese.6

Le due generazioni erano entrate in contatto nei salotti culturali, tra cui quello di Madame Hélvetius. In questi ambienti i philosophes hanno trasmesso agli idéologues la loro eredità intellettuale, senso critico e metodo d’indagine, basato su observation e analyse. Denis Diderot aveva sottolineato l’importanza dell’osservazione e dell’esperienza in ogni campo del sapere, dallo studio della natura alla filosofia,7 ed i suoi successori non dimenticarono la lezione. Con Diderot, Pierre Jean Georges Cabanis — médecin-philosophe — condivise la propria concezione vitalistica della materia ed i presupposti anti-meccanicistici della sua concezione dell’organismo, che hanno portato ad una vera e propria emarginazione del tradizionale concetto di âme. Gli idéologues, Cabanis per primo, si schierarono contro i metafisici per propugnare un monismo di stampo materialista. Per questo concentrarono la propria attenzione sulla corporeità; ciononostante si distaccarono dalle posizioni, come quelle di Helvétius e Condillac, che, nonostante i meriti, avevano compiuto l’errore di rimanere in un certo qual modo cartesiane, concependo il corpo umano come mera materia inerte. Al contempo però si allontanarono anche dal meccanicismo di Julien Offray de La Mettrie, il quale ridusse l’uomo ad una macchina governata da leggi fisico-chimiche.8 Gli idéologues Cabanis e Destutt de Tracy hanno indubbiamente dei debiti nei confronti di questi filosofi, tuttavia hanno elaborato una concezione nuova dell’uomo, inteso come sensibilità ed organizzazione, il cui corpo non è mera res extensa, né semplice machine, ma materia vitale e dinamica.9

Interesse comune degli intellettuali della cerchia degli ideologi è il tema della Science de l’Homme, argomento già al centro delle indagini dei philosophes. Fu per approfondire la scienza dell’uomo che venne fondata, nel 1799, da Jauffret, la Société des Observateurs de l’homme, con l’intento di studiare l’essere umano nel suo complesso; per questo motivo, al progetto parteciparono studiosi provenienti dalle diverse branche del sapere: filosofi, medici, geografi, naturalisti, storici, tutti accumunati dal motto gnóthi seauton.10 Cabanis e Destutt de Tracy collaborarono a questo progetto, il primo da fisiologo, il secondo da filosofo. I due idéologues erano convinti che solo dopo un preliminare studio dell’organismo umano si potesse procedere ad un’analisi delle facoltà superiori: l’intelletto, i sentimenti, le idee sono infatti strettamente connessi all’organizzazione fisica dell’individuo.

Il termine ideologia fu coniato da Antoine-Louis-ClaudeDestutt de Tracy — negli Éléments d’idéologie, opera scritta fra il 1801 e il 1815 — e sta ad indicare la scienza della formazione delle idee. Abbandonando la prospettiva platonica, per la quale le idee rappresentano l’essere per eccellenza, modelli delle cose materiali e costituenti un mondo ontologicamente differente rispetto al mondo sensibile, de Tracy elabora una scienza della formazione materiale delle idee. L’idéologue studia scientificamente l’uso e la genesi delle idee, per questo la sua si può definire una fisica delle idee: un’idea è una rappresentazione della mente ed un prodotto della sensibilità.11 Idee e sensazioni, intelletto e volontà non si possono considerare separatamente: l’uomo va studiato in maniera olistica, a partire dalla corporeità, dato che dalla materia dipendono le funzioni superiori. La fisiologia risulta essere così il fondamento della speculazione filosofica e, come aveva detto Pierre Damiron, Destutt de Tracy era il metafisico di quella scuola filosofica di cui Cabanis era il fisiologo;12 filosofia ed ideologia devono essere prese in considerazione nella loro sostanziale unitarietà.

Linea comune tra gli idéologues Cabanis e Destutt de Tracy è stata una nuova concezione dell’uomo fondata sul rifiuto di qualsiasi ipostasi trascendente, su una visione materialista delle facoltà umane superiori, sull’abbandono della prospettiva dell’homo duplex e sulla necessità di un metodo sperimentale, fondato su observation e analyse senza il quale non sarebbe stato possibile lo studio dell’uomo nel suo complesso.

2. Cabanis. Observation e analyse nello studio dell’uomo fisico e morale

Cabanis fu medico e filosofo, e fu grazie a questo connubio che poté elaborare una nuova visione dell’uomo. Non fu solo un teorico, accompagnò anzi le sue indagini speculative ad un forte impegno sociale, e ne diede testimonianza nel Du degré de certitude de la médecine (1797): visitò personalmente gli ospedali nel periodo in cui la medicina, a suo dire, stava attraversando una vera e propria crisi, per quanto riguarda il metodo d’insegnamento — troppo astratto — e per la condizione tutt’altro che buona delle strutture sanitarie. Per motivi pratici, i suoi colleghi utilizzavano terapie pressoché simili per tutti i malati; Cabanis, al contrario, era assolutamente convinto che non si potessero classificare in modo fisso i malati e le malattie trascurandone la specificità.13 Quella del medico è una nobile professione e, contro coloro che dubitano della certezza della medicina, Cabanis — per dimostrarne la fondatezza — chiama in causa la sensibilità: la facoltà di sentire è una struttura naturale ed universale, e la medicina, che si fonda su di essa, ha dunque un fondamento naturale ed universale.

L’arte medica ha un ruolo fondamentale: oltre ad avere come obiettivo la cura del malato, essa è lo strumento principale di una filosofia razionale. Il medico ed il filosofo non possono fare a meno dell’indagine empirica, e devono condurre le proprie ricerche mediante l’osservazione dei fenomeni e l’analisi della concatenazione dei fatti. Scoprire la causa di un fenomeno è sì importante, ma non fondamentale; quello di cui si ha bisogno è essenzialmente l’observation dei fenomeni.14 Scrive Sergio Moravia a proposito di Cabanis:

Il senso vero del suo fenomenismo e del suo pragmatismo sta nell’invito a non abbandonare l’observation del visibile per la speculazione sull’indivisibile; a non tralasciare l’analyse dei dati d’interesse immediato per inseguire illusorie verità sugli universalia […]. Il suo fenomenismo, ben lungi dall’equivalere ad un’ammissione di impotenza, vuol gettare i fondamenti teorici di una conoscenza empirico-sensibile priva di complessi, e consapevole invece d’essere uno strumento validissimo per la decifrazione e la trasformazione dei fenomeni che affèttano direttamente l’uomo.15

L’intento di Cabanis non è negare la validità di principi generali, bensì puntare l’attenzione su quanto può essere empiricamente osservato ed analizzato. Observation e analyse sono gli strumenti metodologici mediante i quali si può comprendere l’essere umano, dal punto di vista fisico e morale: lo studio delle funzioni superiori dell’uomo non può prescindere da una preliminare indagine fisiologica dell’organismo; uomo fisico e uomo morale sono infatti intimamente connessi, come l’autore spiega nei Rapports du physique et du moral de l’homme (1802): non si può più concepire l’individuo cartesianamente come res cogitans e res extensa, dato che è l’organizzazione corporea a determinare le facoltà dell’intelletto.

Il tradizionale concetto di «anima», immateriale ed immortale, si dissolve definitivamente, ad opera di un monismo di stampo materialista per il quale l’âme è soppiantata dal centro cerebrale e dal sistema nervoso, e si configura quindi come pensiero, il quale, lungi dall’essere considerato una funzione meta-naturale, è un prodotto del cervello, allo stesso modo in cui il succo gastrico è un prodotto dello stomaco:

Per farsi una giusta idea delle operazioni da cui risulta il pensiero occorre considerare il cervello come un organo particolare destinato specificamente a produrlo: proprio come lo stomaco e gli intestini sono adibiti a operare la digestione, il fegato a filtrare la bile, le parotidi e le ghiandole mascellari e sublinguali a preparare i succhi salivari.16

L’organizzazione corporea determina tutte le funzioni dell’individuo; per prendere in analisi le facoltà dell’intelletto, i sentimenti, le volizioni dell’uomo è perciò necessario studiare i meccanismi fisico-chimici che presiedono alla loro formazione, ed è con questo proposito che il medico Cabanis, servendosi anche di esperimenti di anatomia comparata sui corpi di uomini ed animali, studia quella «macchina vivente» che è l’uomo. Questa definizione, più volte utilizzata da Cabanis, può però trarre in inganno circa il modo di concepire l’uomo da parte dell’idéologue: contrariamente a La Mettrie, per il quale l’essere umano è una vera e propria machine, ed allontanandosi dalle dottrine iatromeccaniche che portano alla concezione della materia come mera res extensa, Cabanis ritiene, seguendo il medico di Montpellier Theophile de Bordeu (1722-1776), che la materia non sia inerte, che in essa agiscano delle forze. Nella materia che costituisce il corpo degli esseri viventi scorrono dei flussi di energia; non si tratta di forze di tipo metafisico, non si intende postulare un’anima immateriale: l’energia che percorre le fibre dell’organismo altro non è che la sensibilità. Questa facoltà è alla base delle funzioni superiori dell’intelletto,17 da essa si originano la volontà ed il desiderio, ed in generale tutti i processi della mente. Non si tratta di un homme-machine di stampo lamettriano, bensì di un être sensible, di un essere identificabile come sensibilità ed organizzazione.

Anche Destutt de Tracy evita accuratamente di ridurre l’uomo ad una macchina, e, come Cabanis, ritiene che nell’organismo circolino dei flussi energetici. Dello stesso parere era stato Xavier Bichat18 (1771-1802), il quale aveva rifiutato ogni spiegazione del corpo umano che si servisse delle sole leggi della fisica e trascurasse la peculiarità dell’essere vivente.19

Da questi presupposti si arriva a tesi deterministe che trovano dei precedenti filosofici nel pensiero dei philosophes. Molti punti in comune esistono in particolare tra le teorie di Cabanis e quelle dell’altro médecin-philosophe, della generazione precedente, La Mettrie. Il filosofo di Saint-Malo si servì delle proprie conoscenze mediche per sviluppare una filosofia della natura che servisse da fondamento per la propria filosofia morale: l’uomo è una «macchina» guidata da leggi fisico-chimiche e determinata da una particolare organizzazione degli organi. Tutte le azioni dell’individuo dipendono da quanto l’organismo impone; per questo non esiste propriamente la colpa morale, dato che nessuno è realmente libero di agire.

Cabanis condivide il determinismo fisiologico del philosophe La Mettrie, ma non la concezione dell’uomo come macchina. Già Descartes aveva spiegato in modo meccanico l’organismo dell’uomo, ma accanto ad un corpo-macchina aveva postulato un ente trascendente, l’anima; al contrario, La Mettrie aveva eliminato qualsiasi residuo metafisico riducendo in toto l’essere umano ad una machine.

Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon (1707-1780), condivise il dualismo di Cartesio di res cogitans e res extensa; come lui paragonò gli animali a delle macchine, i cui corpi «funzionano» allo stesso modo di quelli umani, ma i due regni restano su due differenti piani ontologici: l’uomo non è mera machine, ma si contraddistingue per un’anima trascendente, immateriale ed indivisibile. Cabanis, pur riconoscendo i meriti di Buffon nel campo dell’antropologia filosofica, se ne allontana, accostandosi alle tesi moniste e materialiste di La Mettrie, D’Holbach20 e Helvétius. I tre philosophes ritengono che l’uomo si identifichi in tutto e per tutto con il proprio corpo e che non ci sia posto per un’âme intesa metafisicamente. Si può al massimo parlare di anima riferendosi all’insieme delle facoltà dell’intelletto, e si potrebbe dunque sostituire il termine «anima» (âme) con quello di «mente» (esprit). Non è possibile astrarre una sostanza immateriale dal corpo; le funzioni che tradizionalmente venivano attribuite all’anima sono ora ricondotte nell’ambito della materia, del cervello in particolare, e diventano oggetto di uno studio empirico. La sensibilità, a cui vanno ricondotte tutte le facoltà superiori dell’essere umano e la vita stessa dell’organismo, è una forza materiale, e per questo mediante l’osservazione e l’analisi si può conoscere l’uomo nel suo complesso: dall’uomo fisico all’uomo morale, che ne è il corrispettivo. Proprio questo è l’intento di Cabanis e degli intellettuali che fanno parte della Société des Observateurs de l’homme, i quali, assumendo in proprio il motto delfico «conosci te stesso», puntano a conoscere «tutto» l’uomo; dato che tutto nell’uomo — intelletto, giudizio, sentimenti, passioni — è riconducibile all’organisation fisica, il punto da cui iniziare questa indagine è uno studio anatomico-fisiologico dell’organismo. Cabanis intende, seguendo questo procedimento, comprendere i meccanismi mediante i quali si formano le idee; questo è anche il compito che si prefiggerà Destutt de Tracy, il quale inizia le proprie ricerche sulla base delle indagini fisiologiche compiute dall’amico ideologo.

3. Destutt de Tracy. Analisi dell’intelletto umano, studio dei mezzi del conoscere

De Tracy coniò il termine «idéologie», conferendogli il significato di «scienza delle idee»: questa scienza intende risalire alla genesi delle idee partendo dallo studio dell’uomo fisico. Analogamente a quanto sostenuto da Cabanis, Destutt de Tracy pone la facoltà di sentire alla base del processo conoscitivo; la vita stessa dell’uomo dipende dalla sensibilità.21 Pensare e sentire sono sinonimi. La facoltà di pensare deriva dalla facoltà di sentire e la facoltà di giudicare è un modo di sentire: le idee che si generano nel cervello non sono altro che percezioni, e per questo l’ideologo definisce il pensiero come percettività. Anche la facoltà di volere dipende dalla facoltà di sentire: sensibilità, memoria e giudizio servono a generare la volontà, la quale si identifica con il desiderio, il quale è preceduto da percezione e giudizio. Non è possibile volere senza prima aver sentito, «siccome non è possibile volere senza cagione; così non si può volere senza avere sentito»22: solo dopo aver percepito qualcosa si può valutare se si tratta di un che di piacevole o no, e dunque se sia da ricercare od evitare; la facoltà di volere consiste nella facoltà di desiderare le sensazioni gradevoli e rifuggire quelle spiacevoli o dolorose. Il desiderio è sintomo di un bisogno, per questo tutti i bisogni ed i mezzi per soddisfarli trovano origine nella facoltà di volere, compresi quelli che concernono il vivere associato di cittadini. Questo tema è l’oggetto del Traité d’économie politique, il quale non si configura in realtà come un vero e proprio trattato di economia politica, quanto come un’esposizione delle forme per le quali anche la società dipende, in ultima analisi, dalla facoltà di volere23: da essa infatti deriva l’idea che ognuno si fa della propria personalità; poi, collegato a questa, il concetto di proprietà, in quanto la consapevolezza di sé è necessariamente accompagnata da quella delle facoltà in nostro possesso.

L’uomo si conosce come individuo nel momento in cui esce dalla propria soggettività ed incontra degli «ostacoli esterni», quali sono altri io e le cose del mondo.24 Mediante la cinestesi l’io, trovando una resistenza negli altri io, conosce sé stesso: ognuno diviene cosciente di sé mediante il rapporto con l’altro. Questo ragionamento non può non ricordare quello circa l’intersoggettività trascendentale di Edmund Husserl, per la quale l’io si conosce come riflesso in un altro io: l’altro si scopre innanzi tutto come Körper — corpo oggettuale — e questo avviene proprio mediante la cinestesi, poi si innesta l’apprensione del Körper come Leib — corpo organico — la quale non è un che di ragionato, ma si innesca contemporaneamente alla percezione di un altro Körper.25 L’uomo di Destutt de Tracy diviene auto-cosciente mediante il rapporto con altri individui, in tal modo tesse una serie di relazioni con i suoi simili e con il mondo circostante. Nuova è anche l’attenzione riguardo al rapporto tra uomo e Umwelt; Sergio Moravia ne spiega il motivo:

Il Seicento non aveva ovviamente ignorato l’esistenza di un mondo […] la cui azione produce determinate conseguenze di rilevanza antropologica. Ma finché la parte per così dire più umana dell’uomo restava di natura o provenienza metafisica era ben arduo concludere senza riserve mentali, al di là di limiti precisi, adeguate analisi dell’interazione tra soggetto e ambiente. Nel Settecento […] le cose cambiano. L’uomo […] è ricondotto a poco a poco dal cielo alla terra. […] La mente umana è considerata un polo sostanzialmente empirico: suscettibile quindi di intrattenere rapporti organici coll’ambiente (empirico) circostante.26

Nel XVIII secolo l’uomo è riportato su un terreno immanente. I costumi dei popoli, e perciò quello che rientra sotto il campo della morale, sono influenzati da climat e territoire, come sostenne Montesquieu nell’Esprit des Lois (1748), ed anche da fattori economici, sociali e culturali, stando a quanto scrive Ferguson nell’Essay on the History of the Civil Society (1767).

Mediante la riabilitazione della corporeità Destutt de Tracy pone l’accento sull’inscindibile legame tra uomini e ambiente naturale. L’uomo è un essere sociale, e deve il proprio carattere e le proprie disposizioni alla sua organizzazione corporea, e, essendo materia, è totalmente inserito nel mondo empirico. Viene meno l’eccezionalità di cui l’uomo godeva nei confronti della natura: l’essere umano può finalmente essere, nel suo complesso, oggetto di un’indagine empirica.

De Tracy pone le proprie speculazioni su solide basi: la fisiologia rappresenta il fondamento della filosofia, poiché le idee derivano dall’organisation, dunque il physique determina il moral. Le azioni dell’uomo sono, in un certo qual modo, necessitate; le facoltà superiori dipendono dalla disposizione e dalla condizione dell’organismo. Anche l’amore rientra nel campo di quelle facoltà prodotte dalla corporeità. Già La Mettrie, nell’Homme machine (1747), aveva sostenuto che l’uomo è condizionato anche per quanto riguarda l’amore, il quale, dal suo punto di vista, risulta essere una necessità naturale. Anche De Tracy considera naturalisticamente la passione d’amore, la quale trae origine dal bisogno della riproduzione; ciononostante non può essere ridotta a questo bisogno, ma diventa vero sentimento qualora venga accompagnata dalla simpatia tra gli amanti. L’amore rende un matrimonio felice, se ne è alla base; per denunciare le usanze in merito alle unioni coniugali, la maggior parte delle volte contratte per interesse, Destutt de Tracy elabora una critica al tradizionale ruolo della donna e propone, come soluzione al problema, una sorta di liberalizzazione dei costumi, senza per questo cadere nell’immoralismo. Sarebbe auspicabile che i giovani di entrambi i sessi potessero conoscersi e frequentarsi prima di sposarsi e che, qualora il matrimonio risultasse insopportabile, fosse possibile il divorzio. Ognuno deve potersi considerare padrone di sé stesso, non una marionetta in balìa dell’arrivismo dei propri genitori. Il trattato De l’amour, in cui De Tracy espone le proprie considerazioni sull’amore, il matrimonio, il divorzio e denuncia la condizione della donna nella Francia moderna, era stato inviato dall’autore a Th. Jefferson (1743-1826), terzo Presidente dei neonati Stati Uniti d’America, con la convinzione che, per i temi trattati, avrebbe potuto rivelarsi utile a migliorare la società civile americana.27 Nel progetto dell’idéologue, a partire da queste modifiche nell’ambito del privato, è possibile giungere ad una vera e propria rigenerazione pubblica. Costumi retti, abolizione del lusso, giovani più virtuosi, eguaglianza tra i sessi, rappresentano i presupposti per una morale nuova e per una régénération della società.

Indubbio è l’impegno sociale di Destutt de Tracy e degli altri intellettuali del salotto di Madame Helvétius ad Auteuil: parteciparono alla Rivoluzione Francese, appoggiarono prima la monarchia costituzionale, poi il partito girondino e molti di loro entrarono a far parte del Direttorio.28 Questo gruppo non era formato solo da filosofi: antropologi, medici, geografi, naturalisti contribuirono, ognuno con le proprie conoscenze, all’elaborazione della nuova Science de l’Homme. Cabanis definisce antropologie quella disciplina che indaga in modo scientifico e rigoroso l’essere umano come unità di corpo e anima.29 L’homme che risulta dalle ricerche di questi observateurs è un uomo naturale, dunque suscettibile di uno studio sperimentale. Cabanis e Destutt de Tracy, membri della Société, fanno dipendere le facoltà superiori dell’uomo dalla sua organisation fisica, sulla base dell’assunzione del metodo empirico-sperimentale in antropologia. L’anima lascia il posto al pensiero, il quale dipende dalla materia, dal cervello in particolare: centro cerebrale e sistema nervoso presiedono alla formazione del pensiero.

Il rapporto fra lo stato del cervello e il maggiore o minore grado di intelligenza nell’essere umano era già stato osservato dal philosophe La Mettrie, secondo il quale la salute del cervello determina l’acutezza d’ingegno, così come le sue alterazioni ne provocano un offuscamento; il medico aggiunge che non è sufficiente valutare il volume del cervello per stabilire il grado di intelligenza, bisogna anche prendere in considerazione il rapporto di solidi e liquidi, che devono essere in perfetto equilibrio per far sì che l’organo non sia «eccessivamente molle» e dunque non adatto a produrre il pensiero.30 Diderot, al finire degli anni settanta del secolo, oltre a considerare il cervello, puntò l’attenzione anche sull’equilibrata distribuzione dei sensi, necessaria per distinguere l’uomo dagli animali. In Italia Vincenzo Malacarne aveva stabilito che esistesse un rapporto diretto tra l’organo cerebrale — il numero delle lamine nel cervelletto e le circonvoluzioni del cervello — ed il grado di intelligenza, scoperta questa rivendicata però da Antoine Desmoulins.

L’organismo influenza, anzi determina il pensiero; mente e corpo si compenetrano. Questo presupposto è alla base dell’attuale dibattito sul Mind-Body Problem. Purtroppo, come nota Girolamo De Liguori, spesso gli scienziati ed i filosofi contemporanei ignorano chi siano i precursori di questa querelle.31 Il determinismo fisiologico degli idéologues, e dei philosophes prima, ha contribuito a formare una nuova e concreta immagine dell’uomo su basi moniste e materialiste, senza per questo negarne la dignità: l’uomo, nonostante non sia realmente libero di agire, dato che ogni sua azione è in qualche modo necessitata, non è ridotto a mero automate: l’essere umano è passibile di perfettibilità, può migliorare sé stesso mediante l’educazione e direzionare le proprie capacità naturali. L’unica facoltà ad essere perfettibile nell’uomo è, sostiene Diderot, la ragione: essa è considerata come una funzione corporea ed il suo è perciò un perfezionamento materiale, che avviene mediante l’esercizio.32

L’intelletto dipende dal cervello, è vero, ma è una facoltà che permette all’uomo di superare la propria fisicità, ad esempio mediante le produzioni culturali. Per questo, andando oltre una prima lettura, si può notare come l’essere umano sia in questo senso un essere libero. L’uomo dipende dal proprio corpo, tuttavia, essendo perfettibile, non ne è schiavo.

4. Conclusione. Un’antropologia organico-unitaria

Quello tra Cabanis e Destutt de Tracy è stato un rapporto intellettuale fecondo; ciononostante, la storiografia ha minimizzato l’importanza del pensiero dei due idéologues. Il rapporto tra loro ricalca quello che intercorre tra fisiologia e filosofia.33 Cabanis e Destutt de Tracy riprendono e superano la visione dell’uomo di Condillac. Quest’ultimo, convinto che tutte le conoscenze derivino dalle sensazioni, aveva elaborato un’interpretazione psico-antropologica dell’essere umano che si basava sulla famosa metafora dell’uomo-statua. Dietro al paragone dell’uomo ad una statua sono impliciti tre presupposti: per prima cosa l’uomo è, in questa prospettiva, un essere «context- (o milieu) dependent» e non elabora nulla di autonomo; il suo corpo è poi un mero intermediario meccanico tra le informazioni provenienti dal mondo esterno e un centro di altra natura, una coscienza, o addirittura un’anima; questo centro, infine, gestisce tutte le funzioni psico-fisiche dell’organismo, ed il suo essere risulta in tal modo organizzato in maniera monarchica.34 Proprio la definizione dell’uomo come statua animata rivela il difetto di fondo dell’antropologia filosofica di Condillac: dietro questa metafora è implicita infatti la presenza di un ente immateriale ed ontologicamente differente dalla materia corporea.35

Cabanis e Destutt de Tracy eliminano dal discorso sull’uomo qualsiasi trascendenza; concentrano la propria attenzione sulla facoltà di sentire, ma evitano accuratamente di ridurre l’uomo ad una statua, e specialmente ad una macchina — allontanandosi così da La Mettrie — e specificano che l’uomo deve essere considerato come organismo. L’uomo di Destutt de Tracy, così come quello di Cabanis, è un organismo vivente dinamico, che dipende dalla propria sensibilità e dalla propria organizzazione corporea.

La nuova concezione dell’uomo che è emersa dagli studi degli idéologues ha contribuito allo sviluppo di un’antropologia unitaria che ha permesso, dal Positivismo all’età contemporanea, di oggettivare l’uomo nella sua totalità ed analizzarlo empiricamente. Ciononostante la filosofia idéologique non ha avuto fortuna dal punto di vista storiografico, per due fondamentali motivi: da una parte per l’attenzione puntata sulle «scienze concrete», a discapito della filosofia, e, dall’altra, a causa della tendenza a ridurre l’Illuminismo alla generazione dei philosophes.36

La collaborazione di physiologie e philosophie ha permesso la fondazione di una vera filosofia razionale,37 in cui non si fa astrazione dalla materia laddove non è possibile trovare la causa prima di determinati fatti, ma si preferisce ricorrere ad un sano fenomenismo, rimanendo sul campo dell’empiria, il che non significa limitarsi ad uno studio superficiale, bensì impegnarsi in un’analisi concreta ed attendibile dell’uomo considerato in modo olistico, come unità di mente e corpo.

Analizzando la storia degli effetti della filosofia di Cabanis e Destutt de Tracy, è possibile stabilire nel periodo a cavallo del XVIII e XIX secolo, nel pensiero degli idéologues, gli albori del discorso sul Mind-Body Problem. Le neuroscienze, mediante la biologia, la chimica, la fisica e la medicina, si impegnano oggigiorno a comprendere il modo in cui l’uomo conosce, entrando nel campo che un tempo era esclusivamente della filosofia. L’importanza del cervello e del sistema nervoso, sottolineata da Cabanis e Destutt de Tracy, è ribadita dalla scienza contemporanea, che ha ovviamente a disposizione mezzi di analisi molto più sofisticati delle dissezioni anatomiche su cadavere.

Il rifiuto di ogni spiegazione metafisica, il ricorso all’esperienza sensibile e la conseguente teoria dell’interdipendenza di morale e fisico, di mente e corpo, sono i presupposti, oramai acquisiti, che, dalla seconda metà del Settecento, rappresentano il fondamento di uno studio dell’uomo scientificamente fondato.

Attraverso gli strumenti conoscitivi di osservazione ed analisi, ponendo come base dell’indagine sull’uomo lo studio fisiologico dell’organismo e delle connessioni tra questo e le facoltà della ragione, Cabanis e Destutt de Tracy hanno sviluppato — il primo ponendone le basi «materiali», il secondo indagando lo sviluppo delle idee — un’antropologia organico-unitaria, fondata sui presupposti deterministici dei philosophes, su una nuova concezione vitalistica della materia e sulla riabilitazione della sensibilità. Allontanandosi da un tradizionale ed antiquato modo di concepire l’uomo, che si considerava come un composto di spirito e materia, i due idéologues hanno «ricondotto» l’homme al proprio organismo, analizzando su basi fisiologiche anche le funzioni dell’intelletto, non più considerate meta-naturali. Le tesi empirico-sensiste e l’abbandono di una spiegazione metafisica delle facoltà superiori hanno contribuito all’elaborazione di una nuova immagine dell’uomo, in cui physique e moral sono strettamente collegati, sviluppando quella Science dell’Homme che ha posto le basi del contemporaneo discorso sull’uomo, e di cui il Mind-Body Problem è uno dei risvolti più interessanti.


  1. S. Moravia, Filosofia e scienze umane nell’età dei lumi, Sansoni Editore, Firenze, 1982, p. 233. ↩︎

  2. Ivi, p. 234. ↩︎

  3. Cfr. P. Quintili, Illuminismo ed Enciclopedia, Carocci, Roma, 2005, p. 11. ↩︎

  4. Ciò è avvenuto soprattutto grazie all’Enciclopedia, vero manifesto dell’Illuminismo francese. Enciclopedia o dizionario ragionato delle scienze delle arti e dei mestieri ordinato da Diderot e D’Alembert, a cura di Casini P., Laterza, Roma-Bari, 2003. Prima di quest’apertura al popolo da parte dei Philosophes, vigeva la convinzione che la filosofia non fosse per tutti, ma, appunto, per i pochi spiriti forti, i quali dichiaravano nascostamente i propri principi e, adottando la tecnica della doppia verità, in privato rimanevano libertini. In pubblico si mostravano d’accordo con le convinzioni dell’opinione pubblica così da poter vivere in armonia con la società. Guy Patin, rettore della facoltà di Medicina di Parigi, in una lettera, consiglia al figlio di essere libertino, indossando in pubblico la maschera delle convenzioni e rimanendo autentico nel privato, e, con Seneca, dice: intus ut libet, foris ut moris est↩︎

  5. S. Moravia, Il tramonto dell’Illuminismo, Laterza, Roma-Bari, 1986. ↩︎

  6. S. Moravia, Filosofia e scienze umane nell’età dei lumi, cit. ↩︎

  7. Cfr. Diderot, articolo «Sperimentale», in Enciclopedia o dizionario ragionato delle scienze delle arti e dei mestieri ordinato da Diderot e D’Alembert, a cura di Casini P., Laterza, Roma-Bari, 2003, pp. 582-592. ↩︎

  8. J.O. La Mettrie, L’uomo-macchina, in Opere filosofiche, a cura di S. Moravia, Laterza, Roma-Bari, 1992. ↩︎

  9. Cabanis parla della materia scrivendo a proposito della vita e della morte: «Gli antichi dicevano che se la vita è la madre della morte, la morte a sua volta genera ed eternizza la vita: cioè, fuor di metafora, che la materia è sempre in movimento e che subisce cambiamenti continui. Non esiste la morte per la natura: eterna è la sua giovinezza, come pure la sua attività e la sua fecondità». (Cabanis, Rapporti tra il fisico e il morale dell’uomo, Piccola Biblioteca Filosofica Laterza, Bari, 1973, p. 118). Diderot, condividendo questa concezione dinamica eraclitea della materia, nell’articolo «Nascere» dell’Enciclopedia, scrive: «In senso proprio, non si nasce né si muore; si esiste fin dall’inizio del mondo, si esisterà fino alla sua consumazione. Un punto vivente s’è accresciuto, sviluppato, fino ad un certo limite, per giustapposizione successiva d’una infinità di molecole. Passando quel limite, decresce e si risolve in molecole separate che rientrano nella massa generale e comune.» (Diderot, articolo «Nascere», in Enciclopedia o dizionario ragionato delle scienze delle arti e dei mestieri ordinato da Diderot e D’Alembert, cit. pp. 523-524). ↩︎

  10. Cfr. S. Moravia, La scienza dell’uomo nel Settecento, Laterza, Roma-Bari, 1978, p. 71. ↩︎

  11. Scrive l’Idéologue nell’introduzione al Trattato della volontà e dei sui effetti: «Le parole percezione e idee si possono considerare come sinonime nel loro senso più esteso, e per le stesse ragioni le parole pensare e sentire si possono considerare anch’esse come equivalenti quando sono prese in tutta la loro generalità; perciocché tutti i pensieri nostri sono cose sentite; che se non fossero sentite, non sarebbero niente; e la sensibilità è il fenomeno generale che costituisce e comprende tutta l’esistenza dell’essere animato, almeno per ciò che lo concerne in quanto a essere animato; che è la sola condizione, la quale possa renderlo essere pensante.» (Destutt de Tracy, Trattato della volontà e dei sui effetti, vol. I, p. 11, in Elementi di ideologia, a cura del Cav. Compagnoni, Milano, A. F. Stella e Comp., 1817). ↩︎

  12. Cfr. S. Moravia, «Filosofia e fisiologia in Destutt de Tracy e in Cabanis», in Aspetti della «science de l’homme» nella filosofia degli «idéologues», in Rivista critica di storia della filosofia, anno XXII, gennaio-marzo 1967, fasc. I, La Nuova Italia, Firenze, p. 406. ↩︎

  13. Cfr. Cabanis, La certezza della medicina, a cura di S. Moravia, Piccola Biblioteca Filosofica Laterza, Torino, 1974, pp. 55-56. ↩︎

  14. Lo stesso Cabanis si pronuncia contro la riduzione della medicina ad altre discipline, in quanto non può, in alcun modo, prescindere dall’observation: «Quando si vuole spiegare l’economia animale con le leggi della meccanica, della fisica, della chimica o con qualche ipotesi filosofica non ricavata dall’osservazione del corpo vivente, si è costretti a fermarsi, per così dire, ad ogni passo: le eccezioni alla regola divengono ben presto più numerose dei fatti che la seguono: e non solo si è costretti a riconoscere quanto queste ipotesi siano insufficienti a collegare le varie parti della scienza, ma ci si accorge facilmente che introducono innumerevoli errori nella pratica. Dovremo allora concludere, da tutto questo, che non vi è nulla di chimico, di fisico o di meccanico nelle funzioni vitali? Avremmo certamente torto ad affermarlo, perché, se fosse veramente così, chi mai avrebbe trovato, chi mai avrebbe ricercato simili spiegazioni? Le persone sensate le respingono non già perché non spiegano nulla, ma perché non spiegano tutto.» (Cabanis, La certezza della medicina, cit., pp. 75-76). ↩︎

  15. S. Moravia, Introduzione a Cabanis, La certezza della medicina, cit., p. XXIII. ↩︎

  16. Cabanis, Rapporti tra il fisico e il morale dell’uomo, Piccola Biblioteca Filosofica Laterza, Bari, 1973, p. 61. ↩︎

  17. Anche La Mettrie ritiene che l’intelligenza abbia origine dalla sensibilità e che dunque non sia una facoltà spirituale. Cfr. La Mettrie, L’uomo-macchina, in Opere filosofiche, cit., p. 193. ↩︎

  18. Non è possibile studiare meccanismi fisico-chimici del corpo umano, come di quello animale, prescindendo da ciò che in essi c’è di peculiare. Le leggi della vita organica non possono essere ridotte a quelle fisiche; in Recherches physiologiques sur la vie et sur la mort (1801), nel capitolo intitolato Différence des forces vitales, d’avec les lois physiques, Bichat scrive: «En considérant sous ce rapport les lois vitales, le premier aperçu qu’elles nous offrent c’est la remarquable différence qui les distingue des lois physiques. Les unes, sans cesse variables dans leur intensité, leur énergie, leur développement, passent souvent avec rapidité du dernier degré de prostration, au plus haut point d’exaltation, s’accumulent et s’affoiblissent tour-à-tour dans les organes, et prennent, sous l’influence des moindres causes, mille modifications diverses. Le sommeil, la veille, l’exercice, le repos, la digestion, la faim, les passions, l’action des corps environnant l’animal, etc. tout les expose à chaque instant à de nombreuses révolutions. Les autres, au contraire, fixes, invariables, constamment les mêmes dans tous les temps, sont la source d’une série de phénomènes toujours uniformes. Comparez la faculté vitale de sentir, à la faculté physique d’attirer, vous verrez l’attraction être toujours en raison de la masse du corps brut, où on l’observe; tandis que la sensibilité change sans cesse de proportion dans la même partie organique et dans la même masse de matière.» (Xavier Bichat, Recherches physiologiques sur la vie et sur la mort, Paris, an. VIII, pp. 93-94.) I corpi organici ed inorganici seguono leggi differenti, dunque ognuna richiede il proprio metodo di studio: «la science des corps organisés doit être traitée d’une manière toute différente de celles qui ont les corps inorganiques pour objet» (Ivi, p. 97). ↩︎

  19. «Il riconoscimento del «dominio della materia» si accompagna, […] in Cabanis, a una sostanziale cautela nei confronti di tesi troppo decisamente — diremmo oggi — «riduzionistiche». Tale cautela è d’altronde anche quella di una delle figure più rappresentative della scienza medica francese nei primissimi anni del secolo, Marie-François-Xavier Bichat che, nelle Ricerche fisiologiche sulla vita e la morte (1799-1800), formula alcuni caposaldi della nuova scienza fisiologica. Senza mettere in questione il carattere organico delle stesse operazioni intellettuali «superiori», le teorie di Bichat rafforzano negli idéologues le perplessità nei confronti di una spiegazione fisico-chimica dell’intero complesso delle funzioni del vivente.» P. Rossi, C.A. Viano, Storia della filosofia, vol. V L’Ottocento, Laterza, Roma-Bari, 1997, p. 282. ↩︎

  20. L’uomo di D’Holbach fa parte della natura e ne segue le regole, non può mai staccarsi dalle leggi che vigono nel sensibile. Crede di agire liberamente, di poter andare oltre le leggi della materia, in realtà: «Tutti i suoi modi di agire, le sue sensazioni, le sue idee, le sue passioni, le sue volontà, le sue azioni sono conseguenze necessarie delle sue proprietà e di quelle che si trovano negli esseri che agiscono su di lui. Tutto ciò che egli fa e tutto ciò che avviene in lui sono effetti della forza d’inerzia, della gravitazione su di sé, della virtù attrattiva e repulsiva, della tendenza a conservarsi, in una parola dell’energia che ha in comune con tutti gli esseri che vediamo. […] La sua nascita dipende da cause che sono completamente fuori del suo potere, […] è senza il suo consenso che entra nel sistema in cui occupa un posto, che dal momento in cui nasce fino a quello in cui muore è continuamente modificato da cause che, suo malgrado, influiscono sulla sua macchina, modificano il suo essere e dispongono la sua condotta.» (D’Holbach, Sistema della natura, UTET, Torino, 1978, pp. 145-146). ↩︎

  21. Destutt de Tracy, Elementi di ideologia, cit., Ideologia propriamente detta, vol. II, p.152. ↩︎

  22. Destutt de Tracy, Elementi di ideologia, cit., Trattato della volontà e dei sui effetti, vol. I, p. 8. ↩︎

  23. «Onde non si dee essere sorpresi, se io non sia entrato nei particolari della Economia politica; ma bensì dovrebbesi esserlo, se non fossi salito fino alla origine de’ nostri bisogni e de’ nostri mezzi, e se non mi fossi occupato nel far vedere come questi bisogni e questi mezzi nascano dalla nostra facoltà di volere; e che avessi trascurato d’indicare le relazioni de’ nostri bisogni fisici coi nostri bisogni morali». (Destutt de Tracy, Trattato della volontà e dei sui effetti, vol. II, p.234, in Elementi di ideologia, cit.). ↩︎

  24. Ibidem. ↩︎

  25. Cfr., E. Husserl, Meditazioni Cartesiane, a cura di F. Costa, Bompiani, Bergamo, 2009, Quinta meditazione, pp. 113-166. ↩︎

  26. S. Moravia, Filosofia e scienze umane nell’età dei lumi, Sansoni Editore, Firenze, 1982, pp. 11-12. ↩︎

  27. Destutt de Tracy, Dell’Amore, in Trattato della volontà, cit., vol. III. Cfr. S. Moravia, «Società e morale in Destutt de Tracy», in Aspetti della «Science de l’homme» nella filosofia degli «idéologues», in Rivista critica di storia della filosofia, fasc. I, Firenze, La Nuova Italia, anno XXII, gennaio-marzo 1967. ↩︎

  28. Cfr. A. Role, Georges Cabanis, médecin de Brumaire, Éditions Fernand Lanore, Paris, 1994, pp.141-142: «Dès le début de la Révolution, contrairement à beaucoup de ses amis d’Auteuil, Volney, Siesys, Garat, Destutt de Tracy, J.M. Chénier qui devinrent députes à la Constituante, Cabanis dédaigna de prendre une part active et personelle à la grande politique. Il ne devint conseiller de Mirabeau que par amitié et parce qu’il voyait en lui le truchement qui lui permettrait de mettre en lumières ses idées sur l’Enseignement Public et l’Hygiène. Il se contenta d’accepter les modeste fonctions d’Officier municipal, puis d’Adjoint au Maire du Village d’Auteuil.» Destutt de Tracy si mostrava profondamente convinto della necessità della rivoluzione e, in una lettera a Burke, scrisse: «Mr. Burke […] establishes […] that the Event, commonly colled the Revolution of England, in 1688, is only a Restoration. This may be exact, since it was only intended, I believe, to restore to vigour the existing constitution, that an imprudent Prince was attempting to destroy.- But, if it be true that England needed only a restoration, does it follow from it, that the entire Revolution was not necessary for France?» (Destutt de Tracy, Translation of a letter from Monsieur De Tracy to Mr. Burke in answer to his remarks on the French Revolution, London, printed for J. Johnson, St. Paul’s Church-Yard, M.DCC.XC, p. 8). ↩︎

  29. Cfr., P. Quintili — A. Venditti, Introduzione, in P. Quintili, Anima, mente, cervello. Alle origini del problema mente-corpo, da Descartes all’Ottocento, Unicopli, Milano, 2009, p. 19. ↩︎

  30. La Mettrie, L’uomo macchina, in Opere filosofiche, cit. p. 188. ↩︎

  31. I fondatori del Mind-Body Problem sono studiosi, filosofi, medici, psicologi, antropologi, pionieri e antesignani delle moderne scienze naturali e antropologiche, da Buffon a Blumembach, da La Mettrie a Cabanis. Cfr. G. De Liguori, L’alambicco dell’anima. Note sul Mind-Body Problem in Italia nell’età del Positivismo, in Anima, mente e cervello, Alle origini del problema mente-corpo, da Descartes all’Ottocento, Unicopli, Milano, 2009, p. 284. ↩︎

  32. Cfr. P. Quintili, Il «morale» e il «fisico». L’idea di perfectibilité nell’antropologia di La Mettrie e Diderot, in L. Bianchi (a cura di), Etica e progresso, Atti del convegno all’Università di Napoli «L’Orientale» (2-4/12/2004), Napoli, Liguori, 2007, pp. 115-136. ↩︎

  33. Marin Ferraz sottolinea che non si può parlare propriamente di âme in questo contesto, dato che ogni ente metafisico viene escluso da questo scenario, quanto piuttosto di esprit, o «forza vitale». «Le nom de Destutt de Tracy appelle naturellement celui de Cabanis. Non seulement, en effet, ces deux hommes célèbres furent unis de l’amitié la plus étroite; mais ils professèrent les mêmes opinions en matière de philosophie. Tous deux disciples et héritiers de Condillac, ils cultivèrent, chacun à leur manière et suivant leurs aptitudes propres, le domaine que maître leur avait laissé. L’un étudia la sensation en elle-même et dans ses principaux développements: il fut à la fois idéologiste, philologue et logicien. L’autre l’étudia dans ses origines et la rattacha aux organes, qui en sont soit les causes soit les conditions essentielles: il fut surtout et avant tout physiologiste. On pourrait dire qu’ils furent, le premier l’algébriste, le seconde le naturaliste de l’âme, si l’âme avait une place dans leur système.» (M. Ferraz, Histoire de la philosophie pendant la Révolution (1789-1804), Paris, Perrin, 1889, pp. 65-66.) ↩︎

  34. Cfr., S. Moravia, Filosofia e scienze umane nell’età dei lumi, cit., p. 50. ↩︎

  35. Ivi, p. 219. ↩︎

  36. S. Moravia, Introduzione a Cabanis, Rapporti tra il fisico e il morale dell’uomo, cit. pp. VIII-IX. ↩︎

  37. L’ideologia è lo strumento fondamentale, scrive il Cav. Compagnoni, per la fondazione di un sistema razionale: «Nelle scuole si dee imparare l’analisi delle idee, perché questo è il vero e sicuro modo d’imparare a studiare. E noi qui aggiungeremo di più, che il solo studio dell’analisi ideologica è quello, che sviluppa l’ingegno, che gli dà la prontezza e la forza necessaria a scorrere tutta la sfera delle relazioni, che qualunque cosa possa presentare, e a mettere ne’ ragionamenti tutto l’ordine, tutta la profondità, e tutta insieme la chiarezza, di che un argomento qualunque è suscettibile. Aggiungeremo, che l’abito solo dell’analisi ideologica conduce il ragionatore e lo scrittore a perfezionare il linguaggio, e a render libero e franco lo stile: che in una parola quest’analisi sola è il fondamento di ogni sistema razionale.» (G. Compagnoni, Prefazione a Destutt de Tracy, Trattato della Volontà e dei suoi effetti, cit., pp. XXII-XXIII). ↩︎