Il diritto del bambino alla libera espressione. L’esempio di Célestin Freinet e Janusz Korczak

La libera espressione è l’ascesa della vita.

— Elise Freinet

Incoraggiate i bambini a scrivere su ciò che li interessa, con l’unica preoccupazione di fornirgli l’occasione di esprimere qualcosa che vivono, che sentono, che pensano, otterrete non soltanto dei documenti straordinariamente preziosi per l’anima infantile, ma anche delle opere d’arte, a cui le composizioni preparate seguendo le antiche ricette non possono che fare da contraltare.

— Lombardo Radice

1. Introduzione

L’importanza della libertà di esprimersi attraverso la parola e la scrittura deriva dal suo essere strettamente connessa alla libertà di pensiero che è «indispensabile per permettere agli uomini normali di raggiungere il grado di sviluppo intellettuale di cui sono capaci».1

Naturalmente, il mio intento non è affrontare un tema «così frequentemente oggetto di dibattito» quale è la libertà di pensiero, bensì mostrare, attraverso l’esempio di Janusz Korczak e di Célestin Freinet, come preservare uno dei diritti più inalienabili dell’infanzia: il diritto alla libera espressione.

Korczak e Freinet fanno parte di quella generazione di pedagogisti, nata alla fine del XIX secolo, che tende a considerare il bambino nella sua realtà quotidiana, a metterlo al centro del processo educativo e ad ascoltarlo pazientemente e attentamente, offrendogli metodi di espressione originali. La genialità di questi due eminenti educatori consiste nell’aver creato una pedagogia dell’ascolto e nell’aver offerto un insieme di dispositivi di formazione che non si confondono con delle mere tecniche didattiche, ma che le inglobano nella prospettiva di una considerazione della vita quotidiana del bambino nei suoi rapporti con l’adulto.

Korczak privilegia un’analisi globale delle capacità e delle debolezze dell’infanzia. Pur nella consapevolezza della potenza del pensiero umano, egli come educatore ha sempre saputo perfettamente di trovarsi di fronte a una incognita: il bambino. Il bambino come soggetto di indagine da avvicinare con l’umiltà di chi sa di ignorare e con la cura di chi teme di poter nuocere al suo processo di sviluppo. Studiare il bambino significa porsi di fronte a lui in un atteggiamento fatto anzitutto di accettazione e di rispetto, rispetto per ciò che egli è nella sua vita presente.

Lo scrittore polacco non accetta l’immagine dell’infanzia come preparazione a una vita futura poiché ogni suo momento è importante in assoluto e non per ciò a cui porterà in seguito. Bisogna apprezzare il bambino per ciò che è e non per l’uomo che diventerà.

Secondo Korczak, ciascuno bambino reagisce in maniera diversa e particolare a tutto ciò che lo circonda. Questa coscienza della diversità costituisce il criterio o la norma di ogni buon educatore. Poiché nessun bambino è uguale a un altro, un sistema di educazione che si strutturi sull’osservanza di norme generali valide indistintamente per tutti rischia di fallire il suo assunto. L’esistenza di doti naturali che possono essere sviluppate costituisce la garanzia dell’indipendenza e della libertà di ognuno, vere e proprie prerogative della personalità sana.

L’azione educativa appropriata, in accordo con Korczak e Freinet, si colloca lungo la linea del riconoscimento del bambino, dello sviluppo delle sue potenzialità e dell’espressione del suo “io”. Lungo tale linea bisogna, però, fare attenzione a non cercare di conformare il bambino a un modello stabilito a priori dall’educatore. Non rispettare le tendenze, gli interessi vivi e reali dei bambini, infatti, può condurre alla distruzione delle loro potenzialità creative.

Freinet considera il fanciullo né come un essere passivo, né come una cera molle tra le mani dei genitori: sin dalla nascita, infatti, l’uomo è un essere ricco di un potenziale di vita e deve, per crescere, soddisfare un imperioso bisogno di potenza. La radice dello sviluppo umano risiede proprio in questo potenziale di vita. Freinet simboleggia la dinamicità del sentimento di potenza, che spinge l’individuo ad agire incessantemente, in un torrente che inizia il suo viaggio impetuoso scendendo a precipizio verso il terreno pianeggiante.

Dobbiamo convincerci del fatto che il bambino non è affatto una terra vergine che attende le sue maestranze, ma un complesso di una vita ricca e tumultuosa, un torrente che non è che alla sua origine, ma che reca in sé tutte le promesse del suo avvenire.2

Uno dei fondamenti della pedagogia freinetiana è che alcune conoscenze scolastiche possono essere acquisite seguendo lo stesso processo naturale che permette al bambino di imparare a camminare, a parlare, etc. Tale processo naturale si regge su quello che Freinet chiama “torrente di vita”, quello slancio vitale che rende il bambino curioso, ricercatore e sperimentatore. Ogni essere vivente è animato da un bisogno di crescere, di andare avanti, che è caratteristico dell’infanzia e dell’adolescenza.

La pedagogia tradizionale prepara a parlare, spiegare, dimostrare; la pedagogia freinetiana spinge a lavorare, a osservare, a sperimentare, a realizzare. Il problema è come utilizzare questo bisogno innato del bambino di crescere, di conoscere, di avanzare, di acquisire potenza, di trionfare, di agire, di creare.

Una caratteristica spiccata della personalità di Freinet è la perenne dinamicità che non si acquieta di fronte a nessuna conquista. Questo concetto di dinamismo creativo, di negazione di ogni rigida metodica, di antidogmatismo è stato ripetutamente sottolineato dal pedagogista francese, il quale ribadisce che tutte le sue realizzazioni sono il frutto di esperienza tâtonnée. E sull’esperienza per tentativi è basata tutta la sua attività pedagogica.

2. Come e perché salvaguardare il diritto del bambino alla libera espressione

Al fine di non ostacolare l’espansione della personalità del bambino, bisogna consentirgli di esprimersi in libertà e manifestarsi senza riserve all’educatore così com’è, affinché questi possa, conoscendolo meglio, guidarlo lungo il sentiero che conduce alla conquista della vita. Del resto, «vivere intensamente è, in definitiva, lo scopo di tutti i nostri sforzi» (Elise Freinet).

Il bambino arriva a scuola con un suo bagaglio di esperienze, con un suo patrimonio di conoscenze e con una sua personalità. Il maestro non deve distribuire un nutrimento per il quale l’alunno non ha appetito e che digerirà molto difficilmente, ma deve far leva su quelle conoscenze già in atto e deve studiare la personalità del suo alunno. Questo, però, implica un contatto diretto e un esame attento di ogni singolo bambino, cosa possibile solo se lo si pone nelle migliori condizioni per manifestare il suo “io”. Poiché il mondo del bambino è prevalentemente dominato da motivi affettivi, i suoi interessi sono sempre di natura emotiva, è necessario, affinché egli si manifesti, creare intorno a lui un’atmosfera di fiducia e di familiarità.

Il primo passo essenziale è quello di creare le condizioni psicologico-ambientali per un inserimento armonico del fanciullo in un mondo più vasto, di cui egli deve sentirsi non solo partecipe, ma artefice. Bisogna lasciar parlare i bambini liberamente, ascoltando attentamente quel che hanno da dire, e cercare di cogliere il motivo intorno al quale si polarizza l’interesse della maggior parte di essi.

La valorizzazione degli interessi reali del bambino, la soddisfazione dei suoi bisogni di creazione, di espressione e di attività costituiscono l’ossatura della pedagogia freinetiana e korczakiana.

Korczak ha dedicato la propria vita alla difesa dei diritti dell’infanzia, praticando «insieme ai suoi discepoli la difficile arte dell’educare senza calpestare e senza umiliare, senza fare del bambino uno schiavo del domani».3 Il riconoscimento dei diritti dei bambini è, a suo avviso, la condizione per poter parlare loro da pari a pari e per difendere la loro dignità personale senza artificiali limitazioni. Il più indiscutibile dei diritti dei bambini, secondo l’educatore polacco, è quello di poter esprimere liberamente le proprie idee.

Se gli adulti ci domandassero più spesso il nostro avviso, potremmo dar loro più di un buon consiglio. Non sappiamo forse meglio di loro quello che non va in noi? Non abbiamo forse più tempo per osservarci gli uni con gli altri? Non potranno mai conoscerci tanto bene quanto ci conosciamo noi. Siamo i migliori esperti della nostra vita e delle nostre faccende. E se stiamo così spesso zitti, è perché non sappiamo cosa sia permesso dire e cosa no.4

Fin dagli inizi della sua attività pedagogica, l’educatore polacco tenta di infondere nei suoi ragazzi il coraggio delle proprie opinioni, riconoscendo non solo l’esigenza vitale della libera espressione, ma il diritto ad essa e il rispetto per tale diritto. Egli valorizzerà l’immaginazione e il linguaggio dei bambini, sostenendo l’importanza della scrittura e dell’incitamento a essa da parte degli insegnanti. Se questi ultimi, afferma Korczak, non spingono i propri alunni a scrivere è soltanto perché non è sempre facile comprendere la scrittura dei bambini, così come non è facile frequentare i bambini.

Dite: è faticoso frequentare i bambini. Avete ragione. Poi aggiungete: perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli. Ora avete torto. Non è questo che più stanca. È piuttosto il fatto di essere obbligati a innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta de piedi. Per non ferirli.5

Il principale strumento di libera espressione adottato da Korczak è il settimanale La Piccola Rivista, interamente scritto, redatto e realizzato da bambini e adolescenti. La Piccola Rivista racconta tutto quel che accade nelle scuole, nelle famiglie, tutte le gioie, tutte le ingiustizie, le amicizie e i litigi, tutto quel che, insomma, rappresenta la trama della vita dei ragazzi e che spesso viene sottovalutato o dimenticato dagli adulti.

So cosa mancherebbe al mio sapere se i bambini non mi avessero raccontato cosa hanno visto, sentito e pensato, e cosa ricordano.6

La Piccola Rivista, formidabile strumento di comunicazione, grazie alla decisione di Korczak di retribuire gli articoli migliori, diventa anche una forma di aiuto sociale. Questa decisione scaturisce dalla convinzione che ogni bambino ha diritto ad avere un proprio budget, ha diritto, cioè, a dipendere meno dagli adulti.

Quando arriveremo a rispettare il bambino e ad avere fiducia in lui, quando lui stesso si fiderà e parlerà, cosa di cui ha diritto, allora ci saranno meno problemi e meno errori.7

Altre invenzioni pedagogiche korczakiane, volte a rendere più facile la comunicazione con gli ospiti della “Casa degli orfani”e a preservare il loro diritto di esigere e di reclamare, sono la “Bacheca”, su cui i bambini potevano affiggere i propri pensieri, le proprie richieste o le proprie lamentele e la “Cassetta delle lettere”, il cui principale obiettivo era quello di insegnare a riflettere e a motivare ogni decisione o richiesta.

Guai a quell’educatore che soffoca qualsiasi desiderio o richiesta. Poiché è grazie a queste che si arriva a conoscere la maggior parte dei segreti dell’animo infantile.8

Secondo Korczak è insito nel bambino il desiderio dell’espressione di sé, espressione che si manifesta attraverso l’arte, la musica, la pittura, la poesia e il gioco in cui il bambino ritrova un mondo tutto suo.

«Nel gioco, che è vita e arte insieme, avviene il legame con la creazione infinita, con il divino. Quando il bambino gioca non bisogna disturbarlo, sarebbe blasfemo, è in contatto con Dio. Il gioco è preghiera, superamento della timidezza, occasione di ricreare, con l’attività teatrale, un patrimonio interiore capace di risvegliare i talenti, emancipandosi autonomamente, conquistando, comprendendolo, il proprio posto nel mondo».9 Il difensore dei diritti dell’infanzia ritiene che nessuna forma di espressione del bambino debba essere considerata come una banale perdita di tempo.

Che cosa sono i tranquilli giochi dei bambini, se non una conversazione, uno scambio di pensieri, un ordito di sogni su un tema eletto, un sogno di potenza drammatizzato. Giocando esprimono punti di vista di essenziale importanza, sviluppano il pensiero fondamentale, come fa l’autore nella trama di un romanzo.10

Dal gioco, l’unico campo in cui gli adulti permettono al bambino di prendere iniziativa, si apprende com’è un bambino nella vita, quale è il suo modo di agire, che cosa assorbe, che cosa è capace di dare di sé, come è giudicato dal gruppo, quale è il suo grado di indipendenza.

La libera espressione, manifestazione della vita, costituisce il fondamento della pedagogia freinetiana, la cui principale dominante è il diritto alla parola personale. L’espressione, spiega Freinet, presenta due dimensioni: una di necessaria esternazione, l’altra di comprensione del mondo circostante. Nel corso della sua vita e, in particolare, durante l’infanzia, l’individuo riceve una quantità di aggressioni dal mondo esterno e ciò turba il suo mondo interiore. Ciascun bambino, pertanto, tende spontaneamente ad esprimersi poiché ha bisogno di ripercuotere all’esterno di sé quel che si porta dentro, quel che lo angoscia.

La seconda dimensione dell’espressione si esercita molto presto nella vita. La funzione della comprensione si manifesta, a livello dei bambini, in una costante formulazione di ipotesi scientifiche, linguistiche, matematiche, filosofiche, alle quali non viene prestata una sufficiente attenzione da parte degli insegnanti. La rivoluzione apportata dalla pedagogia freinetiana consiste proprio nel fare di queste ipotesi la fonte del sapere dell’individuo nel mettere il bambino al centro della propria cultura.

Un’altra dominante della pedagogia freinetiana è la comunicazione che moltiplica i vantaggi dell’espressione. Comunicare con l’altro obbliga a organizzare il proprio pensiero in modo che l’altro lo possa comprendere. Permette, inoltre, di conoscere l’altro, di accordagli il diritto di esistere nella diversità, aumentando così la possibilità di una comprensione reciproca.

Il desiderio di espressione è talmente imperioso da provocare un’intollerabile sofferenza quando non si può realizzare. Questo forte desiderio di raccontare e di raccontarsi trova libero sfogo nel testo libero, espressione profonda e spontanea del bambino. Tale tecnica libera il pensiero del bambino, facilita la sua creatività, ponendosi all’origine di una letteratura infantile autentica.

Nel testo libero il bambino si esprime; e per esprimersi utilizza la memoria e l’immaginazione. Tale strumento permette la realizzazione dell’apprendimento utilizzando le esperienze passate integrate nel presente e stimolando la capacità di ipotizzarne delle nuove, ovvero la capacità di progettazione per il futuro. Il testo libero, rispecchiante un interesse in atto, sostituisce la tradizionale composizione in cui l’alunno è costretto a svolgere un enunciato scelto dall’insegnante, divenendo così promotore dell’espressione spontanea. Tuttavia, il bambino scrive spontaneamente solo in determinate situazioni: quando ha qualcosa da dire! Il testo libero deve essere, pertanto, veramente libero: il bambino scriverà soltanto quando avvertirà il bisogno di esprimersi.

Freinet avverte di non confondere il testo libero con la composizione a soggetto libero; quest’ultima si ha, infatti, quando l’insegnante impone ai suoi alunni di scrivere in classe qualcosa a piacere, in un determinato momento prefissato. I bambini, quindi, possono scrivere quel che desiderano, ma sono obbligati a scrivere in quel momento anche se non hanno nulla da dire. Il testo libero deve rispecchiare il mondo e la personalità del bambino, non può essere legato a nessuno svolgimento programmatico: deve riflettersi in esso la vita reale del ragazzo con la sua varietà di stimoli e di interessi.

Mentre nella scuola tradizionale la composizione era destinata solo alla correzione del maestro e, rimanendo un lavoro strettamente scolastico, non poteva diventare un mezzo di comunicazione, nelle classi freinetiane la tipografia, stampando i testi liberi dei ragazzi e realizzando così il giornalino scolastico, permette di valorizzare i testi letti e stampati e di farli apprezzare non soltanto dal maestro, ma anche dai compagni e dai genitori. La composizione diviene, così, un mezzo di autentica espressione del pensiero di ciascun allievo; del resto chi scrive lo fa per essere letto, così come chi parla lo fa per essere ascoltato.

Il testo libero rappresenta sicuramente un momento espressivo individuale, ma la sua destinazione è sociale: il bambino parla o scrive per comunicare ad altri il suo pensiero. Il momento individuale dà inizio a un processo di socializzazione e questo porta il bambino ad approfondire gradualmente la coscienza del suo stesso mondo: si apre in lui una nuova dimensione, quella del ripensamento, dell’organizzazione del pensiero nello schema logico del discorso, dell’espressione, ossia la dimensione sociale.

Ciascun bambino scrive per far giungere il proprio pensiero a qualcun altro; si impegna per gli altri (lettori) e assieme agli altri (compagni). È il giornale scolastico, quindi, che motiva la composizione libera e che la rende uno strumento di incitamento alla scrittura.

I bambini hanno bisogno del vostro sguardo, della vostra voce, del vostro pensiero. Essi hanno bisogno di parlare a qualcuno che li ascolti, di scrivere a qualcuno che li legga e li capisca, di produrre qualcosa di utile e di bello che è l’espressione di tutto quello che di generoso e di superiore portano in se stessi.11

Per trovare il proprio equilibrio l’individuo sente il necessario bisogno di “ripercuotere” all’esterno ciò che lo ha colpito interiormente. Lo si può fare con la parola e con la scrittura, ma anche con il disegno, il canto, l’espressione corporea, la musica, il teatro. Svolgendo tali attività il bambino acquisisce fiducia in sé e migliora le proprie capacità intellettuali e morali.

Il disegno, una delle manifestazioni di quello slancio vitale presente in ogni fanciullo, è una delle migliori risorse di cui il bambino dispone per esprimersi. Il disegno, però, deve nascere spontaneamente. Ciascun allievo disegna soltanto quando lo desidera! Non è necessario che il bambino sappia disegnare bene; non è questo che conta. Così come non conta saper scrivere bene, ma saper scrivere di cose vere, profonde, che toccano il cuore! L’obiettivo finale non deve essere l’immagine corretta, ma la concretizzazione chiara e coerente di un’idea infantile.

Molti ritengono che il bambino non può disegnare se non lo ha appreso, che potrà produrre un’opera personale solo nel momento in cui conoscerà le regole della rappresentazione e della prospettiva. E si convince a tal punto del fatto che non è in grado di produrre niente di valido da uccidere il suo gusto naturale per il disegno. Esiste, certo, un metodo di insegnamento tradizionale, basato su alcune regole che ogni disegnatore dovrebbe conoscere. Effettivamente, quando gli studenti conoscono tali regole, sono in grado di rappresentare gli oggetti conformemente alle leggi che gli sono state insegnate. Tuttavia, anche se i disegni sono giusti, sono privi di senso e di personalità; non hanno nulla dell’opera d’arte, che è espressione intima della vita.

Attraverso la creazione libera, invece, il bambino si dirige verso una comprensione personale e profonda della natura, una comprensione profonda a cui non potrebbe giungere se la natura le venisse presentata come un modello da copiare. Creare non significa né copiare né distogliere lo sguardo dalla natura, bensì comprenderla meglio.

Lasciamo disegnare il bambino; lasciamo che commenti i suoi disegni, lasciamo che parli. Del resto, «se non ascoltassimo il bambino, cosa sapremmo di lui? » (Elise Freinet).

3. La funzione del giornale scolastico secondo Korczak e Freinet

Attraverso il giornale, attribuendo valore ai pensieri e alle opinioni dei giovani, Korczak si è proposto di far nascere nei suoi ragazzi lo spirito critico, di diffondere tra loro il sentimento della tolleranza e di iniziarli alla democrazia.

Sono convinto della necessità di un giornale per bambini e adolescenti, ma di un giornale i cui collaboratori siano i ragazzi stessi; di un giornale che si farà portavoce dei problemi che a loro sembrano importanti e che li interessa realmente. I giovani devono poter dire ciò che li interessa e ciò che per loro è importante. La gazzetta scolastica offre loro questa possibilità.12

La gazzetta scolastica, nell’ottica korczakiana, costituisce un formidabile strumento non soltanto per il perfezionamento della scrittura e per l’incitamento alla lettura, ma anche e soprattutto per l’apprendimento della libertà espressiva. Si tratta di uno strumento di liberazione del pensiero infantile e di affermazione dei ragazzi i quali vengono spronati a dire ciò che pensano, a esprimere ciò che sentono, a raccontare le loro storie, le loro paure ed, infine, a condividerle.

Inoltre, il giornale insegna a compiere con coscienza, responsabilità e onestà un dovere non imposto, ma liberamente scelto; a pianificare un lavoro fondato su uno sforzo comune, sulla collaborazione; a difendere delle convinzioni in pubblico; a condurre un dibattito argomentando le proprie opinioni; a incoraggiare i più timidi. In una parola, il giornale regola e dirige l’opinione, esso rappresenta la coscienza del gruppo.

Se qualcuno accetta di essere responsabile di un giornale, deve sapere che si tratta di un lavoro che comporta la sua parte di difficoltà e noie. Se egli preferisce divertirsi, allora che vada a teatro perché il giornale esigerà molto da lui e non gli prometterà niente tranne la soddisfazione di essere stato utile a qualcosa.13

La gazzetta scolastica, afferma Korczak, consente di avvicinarsi ai ragazzi, di conoscerli profondamente. Leggere gli articoli scritti dai propri allievi consente all’educatore di studiare la personalità di ognuno, di comprendere le difficoltà che vivono ogni giorno, di scoprire le loro inclinazioni, le loro potenzialità e i loro più intimi pensieri e segreti. La gazzetta riavvicina, lega la classe.

La partecipazione attiva al lavoro di redazione, che è un lavoro cooperativo svolto all’interno di un gruppo, contribuisce a creare dei rapporti solidi ed autentici di amicizia, basati sul rispetto reciproco. La collaborazione giornalistica pone l’educatore e gli allievi in un rapporto creativo che li fa crescere entrambi in umanità.

Dal canto suo, Freinet considera il giornale scolastico come una permanente indagine che pone all’ascolto del mondo, come una grande finestra aperta sulla vita.

Il bambino, nelle nostre classi, racconta, e in seguito, scrive liberamente quel che prova; egli sente il bisogno di esprimersi, di esternare, di comunicare ai suoi amici o ai suoi corrispondenti. L’espressione libera del bambino da noi si trova automaticamente socializzata grazie alla motivazione che offrono il giornale scolastico e la corrispondenza. Ormai, il bambino non scrive più solamente ciò che interessa a lui; egli scrive ciò che, nei suoi pensieri, nelle sue osservazioni, nei suoi sentimenti e nelle sue azioni è suscettibile di attirare l’attenzione dei suoi compagni prima di tutto, e poi dei suoi corrispondenti.14

La forma e il contenuto dei giornali scolastici sono definiti dai principi stessi del metodo Freinet che è la base della loro elaborazione. Il carattere proprio di questo metodo è partire, non dal desiderio, dal pensiero o dall’ordine degli adulti, ma dagli interessi reali dei bambini, così come sono espressi nei testi liberi.

I nostri testi liberi non sono soltanto delle produzioni spontanee. Essi sono funzione della vita della classe. I nostri giornali scolastici non mirano a operare delle dimostrazioni o a promuovere delle indagini. Essi riportano soltanto degli elementi di vita, tradotti in pagine di vita. Secondo il nostro metodo, i bambini, ancora prima di saper scrivere, si raccontano e raccontano la loro vita.15

Freinet ha spesso ribadito che senza giornale scolastico, la pratica del testo libero è come privata di quegli elementi vitali che ne giustificano e ne impongono l’uso. Del resto, è perché l’alunno è consapevole che il suo testo, una volta scelto, diventerà pagina del giornale scolastico e verrà letto dai genitori e dai corrispondenti, che sente il bisogno di scrivere, che avverte la necessità di manifestare il suo pensiero attraverso una forma e un’espressione che ne rappresentano l’esaltazione.

Nel suo testo Le journal scolaire, l’educatore francese presenta i vantaggi pedagogici, psicologici e sociali del testo libero. La prima utilizzazione pedagogica la si trova nell’ambito dell’insegnamento linguistico. Esistono numerosi esercizi grammaticali che prendono lo spunto dalle varie situazioni linguistiche che si incontrano nella messa a punto e che danno modo di presentare gli elementi grammaticali nel vivo della loro funzione logica.

Secondo Freinet, il giornale scolastico è il miglior esercizio di redazione, di ortografia e di grammatica vivente. Infatti, grazie al testo libero, che dà vita al giornale scolastico, l’apprendimento della scrittura e della lettura diviene una sorta di gioco: le regole grammaticali vengono apprese spontaneamente e gli errori di ortografia tendono gradualmente a scomparire senza dover ricorrere a tediosi esercizi di grammatica.

La tecnica del testo libero consente, pertanto, di superare l’insegnamento metodico della lingua. Naturalmente, il testo libero non può pretendere di risolvere tutto l’insegnamento grammaticale, ma ne costituisce un punto di partenza di rara efficacia. I bambini apprendono a redigere e a leggere esattamente come apprendono a parlare, in quella stessa atmosfera di vita intensa, di gioia profonda della creazione e dell’espressione liberatrice, senza lezioni dogmatiche, senza studio mnemonico e senza punizioni.16 Inoltre, attraverso il giornale scolastico, è possibile alimentare la curiosità dei bambini, soddisfare i loro bisogni e mantenere sempre vivo il loro interesse naturale, da cui dipende la qualità dei progressi scolastici ed extra-scolastici.

Il primo vantaggio psicologico del giornale scolastico, spiega Freinet, è la normalizzazione dell’ambiente in cui il bambino vive. La persona che lavora e vive in un ambiente normalizzato è rilassata, equilibrata, quindi più efficiente. Il solo fatto di armonizzare vita scolastica, vita familiare e vita sociale è senza dubbio di un’enorme portata nell’ambito della formazione psicologica dei bambini. Il maestro francese ritiene che la normalizzazione sia legata al problema della disciplina. Del resto, la quasi totalità di complessi psichici derivano da una cattiva soluzione ai problemi della disciplina.

La normalizzazione mira ad attenuare questi conflitti disciplinari. Noi li attenuiamo impegnando i nostri bambini su strade che li condurranno sicuramente alla meta, e che sono tutte basate sul lavoro.17

Una parte considerevole dei disturbi caratteriali deriva dal fatto che il bambino a scuola non ha la possibilità di esteriorizzare i propri bisogni, i propri sentimenti e le proprie tendenze.

La scuola dimentica che tutti noi abbiamo bisogno di di raccontare, di gridare e di cantare le nostre gioie, le nostre speranze e le nostre pene. Attraverso il testo libero e il giornale scolastico, noi coltiviamo questo bisogno di esteriorizzazione del bambino.18

Il solo fatto, spiega Freinet, di esternare i propri problemi, di versarli nel circuito collettivo e sociale, di sperare quindi in qualche soluzione favorevole, costituisce per l’individuo uno sfogo morale e psichico che gli permette di reagire più saggiamente.

A poco a poco il bambino si abituerà a esprimersi e i suoi testi saranno il riflesso della sua personalità.19

Al fine di conoscere e misurare una cosa così mutevole e fugace quale è l’anima del bambino sono necessarie vaste indagini, basate su documenti certi ed effettuate in diversi ambienti e con bambini di differenti età. La letteratura infantile apporta agli educatori dei documenti di primario valore sulla personalità psichica del bambino. I giornali scolastici, i “libri di vita”, in cui i fanciulli possono esprimersi liberamente, costituiscono, infatti, migliaia di testimonianze certe sulla vita e sullo sviluppo infantili, una finestra aperta sui loro pensieri più intimi, i loro sogni, etc.

Il giornale scolastico è uno strumento che consente di mettere da parte il fallimento che è sempre alla base di gravi problemi. L’insuccesso, in tutti i campi, è distruttore della personalità, in quanto provoca sempre uno choc; il dolore psichico o morale che ne deriva costituisce uno sbarramento che respinge, reprime, ogni nuovo sforzo. La tecnica del giornale scolastico consente di superare tali barriere, permettendo al bambino di riportare un grande successo: egli riesce a far divenire il suo testo una pagina definitiva pronta per essere stampata.

In definitiva, il contributo essenziale del giornale scolastico alla psicologia è la conoscenza diffusa, sensibile e affettiva del bambino. L’insegnante che realizzerà nella sua classe un giornalino scolastico conoscerà sicuramente meglio i suoi alunni, quindi potrà operare sulla base dei loro bisogni e delle loro tendenze che si manifestano appunto nella libera espressione.

Attraverso l’infinità di documenti sicuri che ci mettono a disposizione le nostre collezioni di giornali scolastici, noi offriamo agli psicologici la possibilità di condurre delle indagini, di preparare dei testi nuovi, di riconsiderare certe conclusioni affrettate e di gettare le basi della reale conoscenza del bambino.20

La pratica del giornale scolastico presenta anche dei vantaggi sociali. Scegliere un testo libero fra i vari testi letti, spiega Freinet, e mandarlo in stampa costituisce un grande esercizio di autogoverno, in quanto il bambino deve prendere una decisione autonomamente, assumendosene la piena responsabilità. Del resto, affinché i desideri di espressione e di azione possano realizzarsi nel migliore dei modi, bisogna aiutare i bambini nella conquista dell’autonomia sociale, promuovendo in essi la responsabilità sociale e il riconoscimento di sé.

Il giornale scolastico è un lavoro di equipe che prepara praticamente alla cooperazione sociale dei bambini. La stampa ha i suoi responsabili, la cui sorveglianza è seria poiché essa condiziona un’attività sociale di cui tutta la classe avverte la necessità. Il lavoro di ciascun alunno fa parte di un tutto che necessita diligenza, applicazione e perfezione. A ogni tappa del suo processo, la redazione e la diffusione del giornale scolastico sono la migliore delle preparazioni alle responsabilità sociali.21

4. Conclusioni

Ogni bambino arriva a scuola fiducioso e abituato all’espressione libera della famiglia e della strada. I primi esercizi, i primi libri, i primi compiti imposti, spingono il fanciullo ad abbandonare il suo mondo per entrare prematuramente nel mondo degli adulti, attraverso la lettura e la copia di testi che non hanno molta risonanza nella sua vita. Ne deriva una violenta frattura fra scuola e vita. Bisogna ristabilire l’unità della vita dei bambini, occorre costruire un ponte tra scuola e vita; quest’ultima è la sola in grado di rivelarci i grandi segreti dell’educazione. D’altronde, parafrasando Freinet, possiamo a ragione dire che l’educazione non è una formula scolastica, ma un’opera di vita!

Che fare dunque? Il primo passo è ascoltare i bambini, prestando la dovuta attenzione a ciascuno di loro. Vivere a stretto contatto con i fanciulli, fare in modo che parlino, scrivano, disegnino liberamente, al fine di conoscerli intimamente e di regolare ogni insegnamento sui loro bisogni e sulle loro possibilità: questo deve essere il primo compito dell’educatore.

Tuttavia, questo compito è troppo difficile se si rimane ancorati ai metodi tradizionali di insegnamento. Bisogna, pertanto, adottare degli strumenti innovativi in grado di rivoluzionare il tradizionale fare didattico, occorre utilizzare delle tecniche che consentano di fare a meno di quei programmi prestabiliti che non tengono minimamente conto dei ritmi di ciascun allievo. Il giornale scolastico, per esempio, si rivela come un mezzo di espressione flessibile e pratico che permette alla personalità infantile di manifestarsi. Tale tecnica apporta innumerevoli e importanti vantaggi: spontaneità, creazione, vita, legame intimo e permanente con l’ambiente, espressione profonda del bambino. Il bambino parla, scrive e legge; tali attività non rappresentano dei doveri, bensì delle manifestazioni vitali.

Mentre nella scuola tradizionale era l’insegnante a decidere quali attività svolgere, nella scuola che impiega tecniche educative originali l’iniziativa passa progressivamente nelle mani degli alunni. L’uniformità della classe tradizionale si spezza e la classe si articola nello svolgimento di attività molteplici e contemporanee. Il testo libero, il disegno libero, il giornale scolastico redatto dai ragazzi e soltanto da essi, quindi la stampa, rappresentano i mezzi fondamentali per sbloccare la situazione in tutti i tipi di classi e soprattutto per realizzare quei valori umani che difficilmente si potrebbero conseguire per altre vie.22

Freinet e Korczak ci hanno insegnato a rispettare il bambino, a comprenderlo a partire dai suoi punti di riferimento piuttosto che dai nostri, ad ascoltare e a riconoscere la sua cultura; ci hanno trasmesso l’importanza di preservare e accrescere le potenzialità creative del fanciullo, concedendogli la massima libertà d’espressione. Se tentassimo di seguire l’esempio di queste due straordinarie personalità, se cercassimo di rivivere la nostra infanzia assieme ai bambini, se provassimo a capire che questi bambini sono quello che noi eravamo una generazione fa, forse potremmo trovare la chiave per entrare nel mondo incantato dei bambini e giungere finalmente a vedere il mondo con i loro occhi.


  1. J. S. Mill, Saggio sulla libertà, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1991, p. 39. ↩︎

  2. C. Freinet, Les bases psychologiques des Techniques Freinet, Techniques de vie, ottobre 1959. ↩︎

  3. G. Limiti, I diritti del bambino. La figura di Janusz Korczak, Proedi Editore, Milano 2006, p. 32. ↩︎

  4. J. Korczak, Quando ridiventerò bambino, Luni, Milano 1995, p. 146. ↩︎

  5. Ivi, prologo. ↩︎

  6. J. Korczak, I bambini della Bibbia, traduzione di Piera Di Segni, Carocci, Roma 1987, p. 78. ↩︎

  7. J. Korczak, Come amare il bambino, Luni, Milano 2005, p. 56. ↩︎

  8. Ivi. p. 205. ↩︎

  9. G. Limiti, I diritti del bambino. La figura di Janusz Korczak, cit., pp. 8-9. ↩︎

  10. J. Korczak, Come amare il bambino, cit., p. 106. ↩︎

  11. J. Korczak, I detti di Matteo, La Nuova Italia, Firenze 1962, p.98. ↩︎

  12. J. Korczak, La gazette scolaire, traduzione di Z. Bobowicz, Clemi, Paris 1988, p. 5. ↩︎

  13. Ivi, p. 5. ↩︎

  14. C. Freinet, Le journal scolaire, Rossignol, Montmorillon (Vienne) 1957, p. 17. ↩︎

  15. Ivi, pp. 33-39. ↩︎

  16. Per ulteriori approfondimenti si veda: C. Freinet, Le texte libre, BEM N. 3, 1ère édition 1960 - 2ème édition 1967. ↩︎

  17. Freinet, Le journal scolaire, cit., p. 79. ↩︎

  18. Ivi, p. 80. ↩︎

  19. Ivi, p. 82. ↩︎

  20. Ivi, p. 88. ↩︎

  21. Ivi, pp. 89-91. ↩︎

  22. Per ulteriori approfondimenti si veda: C. Freinet, Les méthodes naturelles dans la Pédagogie Moderne, Ed. Bourrelier, Parigi 1956; E. Freinet, L’itineraire de Célestin Freinet, Payot, Paris, 1977. ↩︎