Fenomenologia dell’impegno sociale in sanità pubblica

1. Introduzione

A chi affidarsi per curare i propri interessi e problemi, se non a se stessi?

— Amartya Sen

Il concetto di sanità pubblica1 ha subito una notevole evoluzione: dapprima identificata con la lotta contro le malattie trasmissibili, comprende attualmente lo stato sanitario delle comunità, la promozione della salute, l’amministrazione e gestione dei servizi socio-sanitari. Le Organizzazioni Internazionali, che fin dagli anni’80 hanno elaborato le linee guida per le attività di promozione della salute, hanno sottoposto quest’area d’interesse economico-politico e scientifico ad un vero e proprio processo di assiomatizzazione: la descrizione dello stato di salute, individuale e collettivo, è ora affidata ad un sistema culturale i cui assiomi sono evidenze attinte dalla regolarità dei fenomeni osservati nell’intero campo dell’esistenza umana. L’Assemblea Mondiale della Sanità ha approvato nel 2001 la Classificazione Internazionale del Funzionamento, Disabilità e Salute2 (nota con l’acronimo ICF-2001), colmando le lacune della precedente classificazione3 (ICDH-1, 1980) ed eliminando le residue condizioni pregiudiziali fra i concetti di salute e disabilità.

La ICF-2001, un linguaggio la cui logica non si è rivelata immediatamente desumibile, propone al singolo individuo, alle famiglie, alla società e al mondo dell’educazione di assumere nuove responsabilità in tema di salute, mediante progetti formativi rivolti alla completa realizzazione del benessere biologico, psicologico e sociale. Il termine salute implica una rappresentazione olistica delle conoscenze riguardanti l’uomo.4 Si tratta di un concetto ontologico e come tale attiene non solo alla sfera dell’essere uomo nel mondo, ma include la più complessa dimensione del divenire uomo nel mondo: in altre parole, l’uomo è una “struttura concettuale” alla cui definizione concorrono tutte le sue esperienze di vita. Tale affermazione risulta significativa se e solo se i determinanti della salute siano presenti in uno spazio logico comune a tutti gli individui. Se siamo disposti a non rappresentare l’unità dell’essere umano come un’entelechia (operatore deterministico che agisce in un mondo già dato), bensì come una monade5 (osservatore dotato di autonomia e di una coscienza fenomenologica), è più agevole giungere all’idea che ogni individuo ha competenza nella ricerca dei determinanti del e del sé nel mondo.6 Poniamo allora un quesito: a quale modello di conoscenza tende questo procedimento sintetico? Le risposte possono scaturire dall’equifinalità dell’impiego filosofico e scientifico della ICF-2001, sostenuto dal metodo fenomenologico di Edmund Husserl, in quanto fornisce i fondamenti di validità degli “stati di coscienza” esperiti dall’essere umano e riuniti nel concetto di salute.

2. L’ottimismo epistemologico di Husserl

L’uomo si realizza come l’evidenza immediata di una verità apodittica. È suggestivo a tal proposito il distico di Pietro Bembo inciso sulla tomba di Raffaello Sanzio: «Qui giace Raffaello dal quale, lui vivente, la Natura temette di essere vinta e, lui morendo, di morire anch’essa». Tutti gli scenari alternativi prodotti dall’artista, intesi come componenti abilitanti e procedurali della propria libertà di espressione, sono classificati in un unico ordinamento completo, ossia nella natura. Se estendiamo le nostre considerazioni a tutte le variabili che attengono al benessere psicofisico e sociale, o più in generale alla qualità della vita, dobbiamo assumere la competenza e la partecipazione degli individui come parti costitutive e strumentali del progresso di una società moderna, la cui analisi necessita del ricorso a nuove dottrine filosofiche e scientifiche.

Abbiamo ormai la consapevolezza che progresso e sviluppo non possono più essere compresi sotto un’unica definizione, sebbene nella lingua latina progressio, onis richiama, senza sostanziali distinzioni concettuali, almeno tre termini: crescita, progresso e sviluppo. Proviamo a ridefinire i due concetti. Progresso e sviluppo sono due diverse modalità di crescita, intesa con il senso positivo del “rinnovamento”: il primo è determinato da una crescita di tipo discontinuo, mentre il secondo è legato ad una continuità del rinnovamento. La vera esperienza del progresso si attua nel modificare in modo irreversibile la configurazione del mondo, mentre lo sviluppo è il rinnovamento dei costituenti del mondo senza modifiche della sua configurazione originaria. Nel contesto culturale entro cui si sviluppa una nuova dottrina — la cui applicabilità non è ab initio ritenuta scevra da condizionamenti — filosofia e scienza si predispongono al medesimo ruolo: agevolare l’acquisizione di enti e concetti, al fine di legittimare la nuova forma di conoscenza nel tutto e in tutte le sue parti. Nel modello epistemologico di Kant, lo stato della conoscenza è determinato dalla distinzione dell’oggetto, delle fonti della conoscenza, del modo di conoscere e dall’unione di queste proprietà. Lo stato della conoscenza è un luogo di mediazione tra due mondi: ciò che è sensibile, nel rappresentare l’intelligibile, è strutturalmente orientato verso la sfera ideale. Si ottiene così, come avviene nella condizione di “armonia prestabilita”, la rappresentazione di un’ampia varietà di fenomeni associata al maggiore ordine possibile in natura.

Nei Prolegomeni ad ogni futura metafisica, Kant presenta due definizioni di idealismo7: a) ogni conoscenza proveniente dal senso e dalla esperienza non è che semplice apparenza, la verità è soltanto nelle idee del puro intelletto; b) ogni conoscenza che provenga dal semplice intelletto è un’apparenza, la verità è fornita soltanto dall’esperienza.8 Il rapporto tra i fondamenti della conoscenza e la validità della conoscenza non può essere traslato dal campo teorico a quello empirico e viceversa: ovvero, il contributo che i risultati teorici e le osservazioni empiriche offrono alle verità del mondo reale non è commutativo. Nel tempo che la scienza ha impiegato a colmare questa lacuna epistemologica, sottoposta all’alto patrocinio della matematica, abbiamo assistito alla sostituzione della verità con la dimostrabilità. L’evoluzione teorica del determinismo si è così fermata sui punti di emergenza del contrasto fra il continuo divenire del mondo reale ed il carattere apparentemente eterno assunto dalle leggi fisiche: 1) indeterminazione (W. Heisenberg, 1927); incompletezza (K. Gödel, 1931); calcolabilità (A. Turing, 1936). Nello stesso periodo, animato da tentativi di superare dapprima i limiti del determinismo sul cogitatum e successivamente gli effetti paradossali della logica quantistica sulla struttura del rapporto cogito/cogitatum, la fenomenologia husserliana si colloca nell’aspetto di idealismo trascendentale.

Nel momento in cui si risponde alla domanda «qual è la struttura dell’essere umano che emerge proprio dall’approfondimento della dimensione trascendentale?»9 — individuato nella coscienza il luogo in cui si esprime la molteplicità delle dimensioni del soggetto — «è possibile descrivere essenzialmente una serie di vissuti della coscienza stessa, che rimandano alle strutture “reali” dell’essere umano».10 Per Edmund Husserl, qualsiasi condizione oggettiva che renda possibile l’esperienza della vita non può prescindere dall’individuare nella realtà e nel pensiero i due poli d’identità della coscienza umana. Nel suo impegno a mostrare come la realtà emerga dall’analisi dei vissuti coscienziali, entro una dimensione umana che è al tempo stesso corporea, psichica e spirituale, Husserl sottrae l’essenza del mondo tanto al senso comune quanto al positivismo: la conoscenza fenomenologica non è ipostatica alle proprietà formali dei processi cognitivi. Nelle due conferenze parigine del 23 e 25 febbraio 1929, Husserl sostiene che la fenomenologia soddisfa «all’idea della filosofia come unità universale delle scienze nell’unità di una fondazione razionale assoluta».11 Alla fenomenologia, come dispiegamento intenzionale della coscienza, si contrappone il neopositivismo logico, il cui atto di nascita coincide con la pubblicazione del testo La concezione scientifica del mondo (H. Hahn, O. Neurath, R. Carnap, 1929). Moritz Schlick, membro di quel contesto storico positivista conosciuto come “Circolo di Vienna”, asserisce che «la conoscenza non richiede una reale intimità fra il conoscente e il conosciuto e la conoscenza più perfetta non consiste in una fusione di entrambi».12 La principale accusa di Schlick alla tesi husserliana riguarda l’essenza stessa della fenomenologia, le cui verità sembrano essere definitive e «non costituiscono la base di alcuna scienza di tipo progressivo».13

Credo — e nel credere mi pongo nella condizione di rendere il metodo fenomenologico quanto più compatibile con i fondamenti della mia professione medica — che tutte le scienze progressive come la biologia, la medicina, la sociologia e la psicologia, che più di ogni altra hanno dato avvio al processo d’integrazione dell’esperienza umana nel concetto di salute, si sono riconosciute nella possibilità di una «conoscenza effettivamente trascendentale»14 e nell’abbandono del positivismo.

Per comprendere la distanza che separa il positivismo dalla fenomenologia — prima ancora di negare qualsiasi possibile regione di confluenza — partiamo dai suggerimenti di Schlick sulle operazioni di verifica della verità: «Se so con esattezza che cosa devo fare per scoprire se lo scellino che ho in tasca è reale o immaginato, allora so anche che cosa intendo quando dichiaro che lo scellino è una parte reale del mondo esterno, e non esiste alcun altro significato delle parole “reale” o “mondo esterno”».15 Il metodo fenomenologico, invece, consiste nella ricerca simultanea dei significati delle due proposizioni “essere reale” e “appartenere al mondo” da parte dell’io osservante il fenomeno e nell’attribuzione al dei risultati di tale determinazione: il mondo è privato della sua esistenza spazio-temporale e delle connessioni con il carattere formale del pensiero; ciò che è reale si costituisce nell’esperienza. Per il positivismo l’unica esperienza avente carattere universale è la logica, per la fenomenologia è la totalità degli atti della coscienza. Mentre il neopositivismo separa la scienza e la filosofia con la stessa destrezza con cui separa il pensiero da ogni singolo atto del pensare, le evidenze filosofiche e scientifiche sono, per la fenomenologia husserliana, stati di coscienza co-determinati e co-determinanti la realtà e il mondo.

Nel Tractatus logico-philosophicus di Ludwig Wittgenstein16 ritroviamo i tratti distintivi dell’equifinalità della scienza e della filosofia: a) «la proposizione rappresenta il sussistere e il non sussistere degli stati di cose»17 e «la totalità delle proposizioni vere è la scienza naturale tutta»;18 b) «la filosofia non è una delle scienze naturali»,19 «la filosofia non è una dottrina, ma un’attività», «risultato della filosofia non sono “proposizioni filosofiche”, ma il chiarirsi di proposizioni».20

Se l’insieme delle proposizioni è un linguaggio e l’uomo possiede la capacità di costruirlo per espandere la propria possibilità d’esistenza, la scienza ha competenza sull’indicazione delle singole proposizioni, la filosofia sullo spazio logico entro cui la proposizione determina un luogo. Questa distinzione implica un diverso modo d’essere dell’uomo, che diviene comprensibile solo alla luce di quella scienza della “concreta soggettività” per la quale Edmund Husserl ha coniato il termine di fenomenologia trascendentale.

Il Rinascimento, pervaso da un ineguagliabile ottimismo epistemologico,21 condusse a quelle società libere fondate sulla capacità dell’uomo di discernere le verità e di acquisire autonomamente la conoscenza. Karl Popper indica Francis Bacon e René Descartes come i principali portavoce di questo insegnamento: nella ricerca della verità, l’uomo non deve assoggettarsi ad alcuna autorità costituita, bensì alla fiducia in sé stesso. Edmund Husserl ha avuto il privilegio di assegnare un carattere universale alla fiducia, trasformandola da semplice evidenza della volontà in un metodo logico per l’attuazione della volontà. È proprio nella volontà che ritroviamo quell’idea direttrice della scienza, nella sua progressione verso l’universalità della conoscenza, che accomuna scienza e filosofia nella ricerca di «un ordine conoscitivo che va dalle conoscenze in sé anteriori alle conoscenze in sé posteriori».22 Per riconoscere negli individui delle persone responsabili bisogna comprendere il loro ruolo di agenti sociali — capaci di prendere le distanze dai prodighi e dagli speculatori — come aspetto centrale dell’esistenza orientata alla libertà abilitante e partecipativa.

3. La salute: un sistema di evidenze verso la comprensione autentica dell’uomo

In questa nuova visione della salute non sono più definibili a priori le caratteristiche della sanità pubblica, ma occorre analizzare le necessità sanitarie della popolazione a partire dalle esperienze biologiche, psicologiche e sociali a cui è esposto ogni singolo individuo, le cui evidenze giungono ad una validità definitiva. Per quanto la convergenza di varie discipline socio-sanitarie, prive di un codice deontologico unificante, abbia reso indispensabile il passaggio da una “etica della sanità pubblica” ad una “etica in sanità pubblica”, emerge il bisogno di un’azione demiurgica che coincida con le capacità cognitive dell’individuo stesso e che spinga la collettività a stabilire un rapporto bidirezionale, o meglio ricorsivo, fra responsabilità sociale e libertà individuale.

Amartya Sen, premio Nobel nel 1998 per l’Economia, afferma: «Il nesso fra libertà e responsabilità opera in entrambe le direzioni. Senza libertà sostanziale e capacitazione a compiere un’azione, la persona non ha responsabilità di farla […] In questo senso la libertà è tanto necessaria quanto sufficiente per la responsabilità».23 Per agevolare il processo di autorealizzazione, l’uomo dovrebbe, attraverso l’intenzionalità della propria coscienza, ricostituire il proprio mondo all’interno del quale l’orizzonte degli eventi possibili scaturisca da una insieme di relazioni fenomenologiche: «l’essere umano non ha cioè a che fare con sensazioni separate, ma con contesti di significatività, che rimandano a un’apertura di senso. Se ogni esperienza richiama la totalità di tutte le altre esperienze, se ogni mio gesto può essere compreso solo all’interno di un contesto, allora il soggetto abita il mondo».24 È nell’essere umano che ha origine ogni processo orientato alla realizzazione di compiti connessi alla sua esistenza nel mondo e alla sua descrizione del mondo.

La 1a Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute25 (Ottawa, 7-21 novembre 1986), basata sui nuovi scenari socio-politici e sostenuta dalla Dichiarazione di Alma-Ata26 sull’Assistenza Sanitaria Primaria (1978), ha stabilito che: «per raggiungere uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, un individuo o un gruppo deve essere capace di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di cambiare l’ambiente circostante o di farvi fronte». Nella Carta di Ottawa, atto finale e divulgativo della Conferenza, sono indicati i prerequisiti per la salute, condizioni e risorse fondamentali a partire dalle quali ha origine qualsiasi intervento politico ed economico sostenibile: la pace, l’abitazione, l’istruzione, il cibo, un reddito, un ecosistema stabile, risorse sostenibili, la giustizia sociale e l’equità. Individui, famiglie e comunità non possono raggiungere il loro pieno potenziale di salute se non sono capaci di controllare quei fattori che determinano la loro salute. Il pieno raggiungimento del benessere richiede l’individuazione e il controllo di tutti i fattori biologici, comportamentali, ambientali, sociali, culturali, politici ed economici, che possono contestualmente favorire od ostacolare il potenziale di salute. La 4a Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute27 (Jakarta, 1997) ribadisce che le cinque strategie descritte nella Carta di Ottawa, essenziali per ottenere il successo in campo socio-sanitario, sono: 1) costruire una politica pubblica per la salute; 2) creare ambienti favorevoli; 3) dare forza all’azione della comunità; 4) sviluppare le abilità personali; 5) riorientare i servizi sanitari. Si legge nel testo:

  • gli approcci globali allo sviluppo della salute sono i più efficaci: gli approcci basati sulla combinazione delle cinque strategie sono più efficaci di quelli che ne utilizzano solo una;
  • gli ambienti organizzativi offrono concrete opportunità per la realizzazione di strategie globali: questi ambienti comprendono le megalopoli, le isole, le città, i paesi e le comunità locali, i loro mercati, le scuole, gli ambienti di lavoro e le strutture sanitarie;
  • la partecipazione é essenziale per sostenere gli sforzi: l’azione della promozione della salute deve essere incentrata sulle persone e i processi decisionali che la sostengono devono essere efficaci;
  • le conoscenze relative alla salute favoriscono la partecipazione: l’accesso all’istruzione e all’informazione è essenziale per ottenere una partecipazione efficace e per attribuire maggiori poteri alle persone e alle comunità

Con la classificazione ICF-2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riunito, in un unico modello, i vari determinanti della salute, ponendosi l’obiettivo di costruire la conoscenza dei fenomeni ad essa correlati: la sua struttura può essere esaminata come un sistema di informazioni aventi il carattere di evidenze apodittiche, relative al singolo individuo di una determinata popolazione, in costante interazione con il proprio ambiente. La natura fenomenologica di tale sistema è insita nel concetto di evidenza apodittica che — in base al principio cartesiano di assoluta indubitabilità come criterio di certezza — mostra «di non essere solo in generale certezza d’essere delle cose o dei contesti oggettivi in essa evidenti, ma di scoprirsi nello stesso tempo, mediante una riflessione critica, come assoluta inconcepibilità del non-essere, in modo da escludere già pregiudizialmente ogni dubbio immaginabile perché privo di contenuto».28 Husserl rimanda alla corrente di vita, al concreto mondo della vita, ogni esperienza corporea, sociale e culturale: l’uomo non è un essere, ma un insieme di fenomeni d’essere. La ICF-2001 consta delle seguenti parti:

  1. Funzionamento e disabilità:
    1. strutture e funzioni corporee;
    2. attività e partecipazione;
  2. Fattori contestuali:
    1. fattori ambientali;
    2. fattori personali.

Ogni componente, valutata indipendentemente dalle altre, può essere espressa in termini positivi (funzionamento, attività e partecipazione) o negativi (menomazione, disabilità, nell’accezione di limitazione delle attività o restrizione alla partecipazione) e consiste di vari domini, comprendenti le unità di classificazione (categorie). Nel lessico introdotto dalla ICF, attività e partecipazione sono termini definiti rispettivamente come “esecuzione di azioni o compiti” e “coinvolgimento nella vita sociale”. I fattori ambientali, per ogni individuo, rappresentano i vincoli imposti alla capacità di agire e partecipare. Per quanto concerne i fattori personali, non classificati nella ICF data l’estrema variabilità, possiamo includere: età, sesso, razza, ambiente di vita, educazione, professione ed ogni altra esperienza caratterizzante l’individuo sul piano bio-psico-sociale. Cosa manca in questo scenario di auto-evidenze sulla qualità della vita? Amartya Sen non esiterebbe a rispondere che per qualsiasi forma di progresso o sviluppo umano occorre sostenere «la libertà degli individui di comportarsi come credono quando decidono di lavorare, che cosa produrre, che cosa consumare e via dicendo».29 Lo scopo primario della libertà si articola in due ruoli, costitutivo e strumentale: il primo attiene all’arricchimento dell’esperienza umana, il secondo si riferisce alla libertà come parte integrante dell’evoluzione socio-culturale. L’economista elenca i seguenti tipi di libertà strumentali: 1) le libertà politiche; 2) le infrastrutture economiche; 3) le occasioni sociali; 4) le garanzie di trasparenza; 5) la sicurezza protettiva. La loro funzione positiva si svolge sia promuovendo in via diretta le «capacitazioni degli individui»,30 sia integrandosi l’una con l’altra.

4. Il valore apodittico della persona

Secondo Husserl l’uomo, esistente con un proprio contenuto individuale, è una monade che si delinea in tutta l’evidenza di «universale struttura apodittica di esperienza dell’io»,31 mentre gli uomini, in ordine alla capacità di formare comunità inter-monadiche, sono «un unico identico mondo».32 L’intersoggettività è la sola esperienza in cui si profila il costituirsi del mondo oggettivo. Ogni formazione sociale origina dall’essere umano, dalla sua individualità bio-psico-sociale e da tutte le fasi di sviluppo della persona umana: «Non v’è ragione di ricorrere alla provvidenza dello Stato perché l’uomo è anteriore allo Stato».33 Tale affermazione pone il singolo individuo ad un livello di complessità superiore rispetto alla società cui appartiene. Il cervello di un uomo contiene un numero approssimativo di 1012 neuroni e 1015 sinapsi. La complessità delle funzioni svolte dal sistema nervoso non è limitata alla sua struttura, ma dipende dalla rete di connessioni che si formano continuamente fra i neuroni. Il United States Census Bureau ci informa che la popolazione mondiale è costituita da circa 6, 74109 individui,34 ordine di grandezza largamente inferiore al numero totale dei componenti strutturali e funzionali del sistema nervoso di un solo individuo. Inoltre, tra tutte le proprietà macroscopiche esibite dal sistema nervoso umano compresi i prodotti tecnologici, quelle che rendono possibile l’interazione, la condivisione e la partecipazione degli individui alla vita sociale della propria nazione sono solo qualche decina, indicate nell’elenco degli items che costituiscono la ICF-2001. Le nostre comunità si sono evolute grazie ad un ricco patrimonio di leggi del pensiero: «Essa [la Sapienza] è più bella del sole e supera ogni costellazione».35 Per questa ragione, il pensiero costituisce uno spazio collettivo all’interno del quale l’individuo eleva se stesso al rango di persona. Non deve sorprendere che siano stati gli atti del Concilio Vaticano II a porre la persona umana al centro della Chiesa e delle società moderne.

Ulteriore conferma ci è data dal concetto di sussidiarietà che è insito nel criterio, avviato dalla Chiesa Cattolica e ripreso dal trattato di Maastricht del 1992, secondo il quale ogni esercizio del potere pubblico deve avvenire a livello più prossimo al cittadino. Si legge nella lettera Enciclica del Sommo Pontefice Pio XI, Quadragesimo anno, 15 maggio 1931: «siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare».36 La Costituzione della Repubblica Italiana,37 modificata con la legge n. 3 del 18 ottobre 2001, pone il principio di sussidiarietà nel Titolo V, artt. 114, 118 e 120.

In Italia il principio di sussidiarietà è stato introdotto con la Legge 15 marzo 1997, n. 59 e si configura nella «attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane […] anche al fine di favorire l’assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati» (art. 4, comma 3, lettera a) .38 Ogni intervento politico viene coordinato su due livelli: a) sussidiarietà orizzontale;39 b) sussidiarietà verticale.40 Se nella prima prospettiva il principio tutela l’autonomia del singolo cittadino e della formazione sociale minore di fronte all’inferenza di quelle maggiori, nell’altra preannuncia l’intervento di quest’ultime quando gli organismi minori si rivelino non adeguati rispetto al compito da svolgere. Nella sua accezione verticale esso è riferito al decentramento dei poteri statali ed alla pluralità di autonomie locali; invece, nell’accezione orizzontale è riferito ai complessi fenomeni di auto-organizzazione funzionale ed alle relazioni fra potere pubblico e cittadini. All’interno di un quadro legislativo che si evolve verso l’applicazione integrale del principio di sussidiarietà,41 nell’ottica di una piena collaborazione fra sistemi pubblici e privati, potrebbe ipotizzarsi la congiunzione tra sussidiarietà verticale e orizzontale.

Tuttavia, conservando l’attuale distinzione, occorre rilevare nella sussidiarietà orizzontale due fattori necessari: uno riguardante la natura del soggetto che deve assumere il ruolo di “entità della società civile”; l’altro riguardante l’attività che deve considerarsi di “utilità sociale”. Secondo gli orientamenti costituzionali della Repubblica Italiana, il cittadino, il medico ed ogni altra figura professionale dell’area socio-sanitaria sarebbero contestualmente assoggettati al principio di sussidiarietà orizzontale, con gli stessi obiettivi individuati dalla Conferenza Internazionale sull’Assistenza Sanitaria Primaria, riunita ad Alma Ata (Kazakistan, URSS) il 12 settembre 1978.

Nell’articolo VII, comma 5, del testo della Dichiarazione, rivolta all’intera comunità mondiale, si legge che l’Assistenza Sanitaria Primaria: «richiede e promuove la massima auto-fiducia della comunità e degli individui nella partecipazione alla pianificazione, organizzazione, conduzione e controllo dell’assistenza sanitaria primaria […]; a questo scopo sviluppa attraverso un’appropriata educazione la abilità delle comunità a partecipare». Nel giugno 2006 il Consiglio europeo ha adottato una dichiarazione sui valori e principi comuni dei sistemi di assistenza sanitaria dell’UE, in cui vengono enunciati i valori generali di universalità, accesso a un’assistenza di buona qualità, equità e solidarietà,42 lasciando le autorità nazionali, regionali e locali di ciascuno Stato membro liberi di definire sia ciò che considerano essere un servizio di interesse generale, sia di costituire un sistema sanitario pubblico. L’espressione che ricorre nel Libro verde della CEE è “obblighi di servizio pubblico”, che si riferisce a requisiti specifici imposti dalle autorità pubbliche al fornitore del servizio per garantire il conseguimento di alcuni obiettivi di interesse pubblico. L’approccio strategico dell’UE per il periodo 2008-2013, nel suggerire le modalità di partecipazione attiva degli Stati Membri al miglioramento della salute, afferma che ciò deve avvenire come conseguenza delle “loro responsabilità in materia di salute a livello nazionale, regionale e locale e della necessità di rispettare il principio di sussidiarietà”.43 Se noi lo analizziamo tanto nell’estensione giuridica quanto nelle possibilità applicative, il principio di sussidiarietà esplicita tre istanze ontologiche, alle quali è affidata l’interazione dei singoli cittadini con le organizzazioni sociali di ogni ordine e grado di complessità: 1) autonomia nell’esercizio di attività che abbiano rilevanza sociale; 2) competenza acquisita mediante programmi educativi, individuali e/o collettivi; 3) partecipazione, ovvero lo sviluppo di un ruolo attivo nella promozione e organizzazione dei servizi di interesse generale.

Per ogni individuo, condurre l’esperienza della salute sulla base di queste tre azioni sociali significa esercitare l’intenzionalità come atto unitario della propria coscienza, rivolto alla comprensione dell’attualità e della potenzialità dell’esistere. Nel momento in cui le organizzazioni scientifiche internazionali hanno individuato ed analizzato separatamente i prerequisiti e i determinanti della salute, si è dischiusa la vita di coscienza dell’individuo che quei prerequisiti e quei determinanti percepisce e, nell’esperienza intenzionale, tende ad unificare: «La sintesi non sta dunque solo in tutti i momenti singoli della vita di coscienza, e non si limita solo a unire il singolo; piuttosto tutto l’intero vivere della coscienza […] è unificato sinteticamente».44 Questa linea di pensiero ci mostra la salute non come conseguenza del mondo, bensì come consapevolezza del mondo. Tutto ciò rafforza le affermazioni di Edmund Husserl: «l’essere naturale del mondo — di quello di cui parlo e posso parlare — è preceduto dall’essere, in sé anteriore, dell’ego puro e delle sue cogitationes».45

5. Promozione della salute e soggettività

Se il fine del comprendere non fosse l’agire il fenomeno dell’apprendimento — qualunque sia il modo, il luogo e il tempo in cui esso si compia — produrrebbe solo un Demiurgo, un autore intelligibile, immutabile e capace di giungere in soccorso all’essere umano, ma non destinato ad esperienze umane condivisibili: infatti, «alla costituzione del mondo oggettivo appartiene per essenza un’armonia di monadi».46 Il limite maieutico della teoria delle idee contiene eo ipso gli effetti negativi del positivismo. Così, nella ricerca di un’apposizione razionale alla materia, Platone afferma: «noi potremmo essere certi di aver detto la verità solo con la conferma di un dio».47

Le verità concesse all’uomo avrebbero un esclusivo carattere tautologico. Tuttavia, il punto in cui l’opera di un Demiurgo e della sua progenie si arresta è rappresentato da quelle stesse proposizioni e contraddizioni che — una volta formulate nelle due circostanze in cui Hume vede agire le determinazioni della volontà, ossia in libertà e secondo necessità48 — vincolano l’essere umano alla propria intelligenza. Attento osservatore dell’universo, principio d’ordine e custode del divenire sociale, l’uomo contemporaneo non soltanto entra a far parte dell’ordine cosmologico, ma esprime l’esercizio razionale dell’essere nella continua ricerca dei propri valori ontologici. Eppure Platone ha voluto mostrarci la differenza fra il Demiurgo e l’uomo, che si manifesterebbe nell’incapacità umana di risolvere l’opposizione pitagorica fra uno e molteplice e al tempo stesso disimpegnare l’universo da ogni implicazione: «la divinità sa e può mescolare il molteplice nell’unità e di nuovo dall’unità ricreare il molteplice in modo eccellente, ma nessun uomo è ora né sarà mai capace di compiere nessuna di queste due operazioni».49

Secondo Plotino, partendo dalla premessa che l’uno rappresenta il dono dell’Essere all’intelletto, il molteplice può ricercare se stesso entro l’unità ed avere coscienza di sé: il pensiero coglie l’unità dell’essere, ma non lo precede. Il pensare si attua «nella convergenza di molti nell’identico, una coscienza dell’intero […] Poiché anche la coscienza è percezione di una molteplicità».50 A questo punto, abbiamo di fronte a noi tre prospettive ontologiche, da cui deriva la necessità di introdurre l’analisi fenomenologica dell’esperienza di matrice umana:

  1. l’uomo contempla l’unità dell’essere, ma non può porre con successo alcuna obiezione alle forme di conoscenza che da essa scaturiscono, compresi tutti i mondi possibili;
  2. l’uomo ha in sé il contenuto di tale unità e può rendere autoreferenziale ogni attualità e potenzialità delle molteplici forme dell’essere ivi contenute, considerando il mondo stesso una forma d’essere;
  3. dal momento che gli uomini hanno la necessità di comunicare l’uno all’altro forme e modelli di pensiero, la conoscenza del mondo diviene espressione univoca di quell’unico mondo in cui tutti vivono.

Nell’opera di René Descartes, per quanto Husserl riconosca in lui l’indiscusso patriarca della fenomenologia, ritroviamo queste tre prospettive ontologiche come intuizioni, non evidenze di idee dimoranti nel cogito: «quando considero che io dubito, e quindi sono una cosa incompleta e dipendente da altro, mi si presenta, ancor più chiara e distinta, l’idea di un ente indipendente da altro e completo, e cioè di Dio»;51 «non posso negare che, oltre a me, egli [Dio] abbia fatto, o quantomeno possa fare, molte altre cose, in modo che io abbia appunto la funzione di parte nel complesso delle cose create».52 Nella prospettiva A trova accoglimento l’esperienza della vita pratica, la prospettiva C abbraccia l’intera tradizione scientifica sviluppatasi con il neopositivismo.

Qual è la posizione di Husserl rispetto ad entrambe? Il suo idealismo trascendentale, entro cui si sviluppa il senso del «mondo prima di ogni filosofare»,53 s’identifica nell’autoriflessione dell’uomo sulla comprensione autonoma dei concetti originari e sull’originarietà della stessa operazione di comprensione in essi contenuta. La meta cartesiana di una fondazione universale della filosofia è raggiungibile, purchè siano eliminati i paradossi derivanti tanto dal senso comune quanto dalle scienze esatte: «La vita pratica è ingenua, consistendo nell’esperire, pensare, valutare, agire in un mondo già dato […] Nulla di diverso nelle scienze positive. Esse sono ingenuità d’ordine superiore, formazioni prodotte da un’acuta tecnica teorica, senza che siano state esposte le operazioni intenzionali da cui tutto ciò infine deriva».54 La prospettiva B, la sola che riconduca l’individuo alla soggettività trascendentale, conferisce alla persona umana il senso fenomenologico della ricerca di una «conformità a regole universali della struttura del vivere coscienziale in generale».55 Nulla più di questa asserzione si approssima alla definizione e agli obiettivi sociali di quel processo dinamico che è la promozione, individuale e collettiva, della salute.

6. Conclusioni

Definisco la promozione della salute come attività orientata allo sviluppo di una soggettività conforme alle regole universali del vivere cosciente. Quando Edmund Husserl afferma che l’io si costituisce nell’unità di una storia rinuncia di fatto ad asserzioni sul carattere statico dell’ontologia tradizionale dell’essere. I valori dell’uomo abbattono il muro che demarca il mondo fisico-chimico e biologico da ogni forma di trascendenza per confluire nel fenomeno della storia. Che i valori umani non abbiano nulla di misterioso nei propri contenuti è evidente dal numero di teorie scientifiche (ad esempio t. dell’informazione, t. dei giochi, t. delle decisioni) che vertono su di essi e trattano modelli descrittivi di fenomeni estranei alle scienze naturali. Anche la teoria dei sistemi, un approccio teoretico condotto su sistemi intesi come unità di ricerca, si è inevitabilmente orientata verso le dinamiche sociali. La storia ha ormai cessato di avere un carattere teoretico in quanto, a differenza degli eventi naturali, gli eventi a cui sono esposte le civiltà attuali non sono ripetibili.

Non esistono leggi che possono apporsi al processo storico. Le regole universali a cui fa riferimento la fenomenologia husserliana sono delle concrete possibilità di esperienze, messe in atto liberamente dal singolo individuo. Persino le strutture sociali d’interesse generale, quali sono i sistemi sanitari nazionali, dovrebbero costituirsi come un’entità o un insieme di entità prossime alla soggettività trascendentale del cittadino, rendendo la sua competenza sociale indistinguibile dalla consapevolezza dei propri valori. Nella concezione fenomenologica dell’esistenza, l’unità sistematica delle esperienze possibili è garantita dall’effetto coesivo dei tre principi, dialogico, ricorsivo e ologrammatico, che secondo il sociologo Edgar Morin aiutano l’uomo a superare la tragedia della complessità. Quest’articolo è una riflessione notturna: fra le parentesi dell’epochè husserliana ho messo l’intera esperienza di medico, affinchè si renda intelligibile alla mia mente non il mondo positivistico dell’oggettualità scientifica, ma la struttura di regole professionali che dirige il mio io trascendentale verso la coscienza dell’altro nell’esercizio della mia attività.

Ogni operatore della sanità pubblica — spinto da quella entità dinamica e autofondantesi che è la cultura — può ritenere di aver dato un contributo fenomenologico alla promozione della salute se e solo se ha sviluppato, nel corso della propria vita professionale, una dimensione intersoggettiva come prerequisito di qualsiasi forma di organizzazione sociale attuale e futura.


  1. D. Greco e C. Petrini, Alcuni aspetti di etica in sanità pubblica. Ann. Ist. Super. Sanità; 40(3): pp. 363-371 (2004). ↩︎

  2. World Health Organization. International Classification of Functioning, Disability and Health. WHO, Geneva, Switzerland (2001). ↩︎

  3. World Health Organitation. The International Classification of Impairments, Disability and Handicap: a manual of classification relating to consequences of diseases. WHO, Geneva, Switzerland (1980). ↩︎

  4. E. De Fazi, C. De Stasio e L. Malfitano, Il pensiero complesso a sostegno della salute. Pubblicato on line sul sito www.filosofia-ambientale.it. ENEA, Bologna (2005). ↩︎

  5. E. De Fazi, Il dialogo fra l’uno e il molteplice. Systema Naturae, Vol. 6 (2004), pp. 280-301. Disponibile on line sul sito http://www.biologiateorica.it↩︎

  6. R. Boeri, Modular brain and creativity. 1º Congresso della SINT, Società Internazionale di Neurobiologia teoretica, Milano 1993. Longanesi & C., Milano (1995). ↩︎

  7. I. Kant, Prolegomeni ad ogni futura metafisica. tr. It. di Pantaleo Carabellese. Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari (1996). Saggio di un giudizio sulla critica il quale precede l’esame, pp. 279-281. ↩︎

  8. Ibidem, Immanuel Kant dichiara di aderire al secondo principio, mentre assegna il primo agli idealisti della scuola eleatica fino a Berkeley. ↩︎

  9. A. Ales Bello, Husserl interprete di Kant. Dialeghestai. Rivista telematica di filosofia, anno 7 (2005). Disponibile on line sul sito http://www.mondodomani.org/dialeghestai/, §8. ↩︎

  10. Ibidem. ↩︎

  11. E. Husserl, Meditazioni Cartesiane con l’aggiunta dei Discorsi parigini. tr. it. di Filippo Costa. RCS Libri Spa, Milano (2004). Discorsi parigini, p. 3. ↩︎

  12. M. Schlick, Forma e contenuto. tr. it. di Paolo Parrini e Simonetta Ciolli Parrini. Bollati Boringhieri editore srl, Torino (2008). Seconda lezione: la natura della conoscenza, p. 92. ↩︎

  13. Ivi, Terza lezione: la validità della conoscenza, p. 128. ↩︎

  14. E. Husserl, Meditazioni Cartesiane con l’aggiunta dei Discorsi parigini, cit., Quinta Meditazione, p. 114. ↩︎

  15. Ibid., p. 144. ↩︎

  16. L. Wittgensitein, Tractatus logico-philosophicus. tr. it di Amedeo G. Conte. Giulio Einaudi Editore Spa, Torino (1980). ↩︎

  17. Ivi, proposizione 4.1. ↩︎

  18. Ivi, prop. 4.11. ↩︎

  19. Ivi, prop. 4.111. ↩︎

  20. Ivi, prop. 4.12. ↩︎

  21. G. Cotroneo, Popper e la società aperta. SugarCO Edizioni srl, Milano (1981). ↩︎

  22. E. Husserl, Meditazioni Cartesiane con l’aggiunta dei Discorsi parigini, cit., Prima Meditazione, p. 47. ↩︎

  23. A. Sen, Lo sviluppo è libertà. tr. it. di Gianni Rigamonti. Arnoldo Mondadori Editore Spa, Milano (2000). § XII, La libertà individuale come impegno sociale, p. 284. ↩︎

  24. V. Costa. La fenomenologia fra soggettività e mondo. Leitmotiv - 3/2002. Disponibile on line sul sito http://www.ledonline.it/leitmotiv/, § 4, La nozione di mondo e l’analisi trascendentale. ↩︎

  25. Disponibile on line sul sito http://www.trentinosalute.net/UploadDocs/1346_006.pdf↩︎

  26. Disponibile on line sul sito http://www.trentinosalute.net/UploadDocs/1345_005.pdf↩︎

  27. Disponibile on line sul sito http://www.trentinosalute.net/UploadDocs/1486_021.pdf↩︎

  28. E. Husserl, Meditazioni Cartesiane con l’aggiunta dei Discorsi parigini, cit., Prima Meditazione, p. 50. ↩︎

  29. A. Sen, Lo sviluppo è libertà, cit., § I, Il punto di vista della libertà, p. 33. ↩︎

  30. Ivi, § II, Fini e mezzi dello sviluppo, p. 45. ↩︎

  31. E. Husserl, Meditazioni Cartesiane con l’aggiunta dei Discorsi parigini, cit., Seconda Meditazione, p. 60. ↩︎

  32. Ivi, Quinta Meditazione, p. 128. ↩︎

  33. Il Sommo Pontefice Leone XIII, Lettera Enciclica Rerum Novarum (1891). Disponibile on line sul sito http://www.vatican.va/holy_father/leo_xiii/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_15051891_rerum-novarum_it.html, § 6. ↩︎

  34. L’informazione è quotidianamente aggiornata e consultabile sul sito http://www.census.gov↩︎

  35. La Bibbia, Sap. 7, 29. ↩︎

  36. Il Sommo Pontefice Pio XI, Lettera Enciclica Quadragesimo Anno (1931). Disponibile on line sul sito http://www.vatican.va/holy_father/pius_xi/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_19310515_quadragesimo-anno_it.html, § 80. ↩︎

  37. Disponibile on line sul sito http://www.camera.it/files/costituzione/costituzione.pdf↩︎

  38. Disponibile on line sul sito http://www.funzionepubblica.it/docs_pdf/Legge_59.pdf↩︎

  39. S. Staiano. La sussidiarietà orizzontale: profili teorici. Federalismi.it, Rivista di diritto pubblico italiano, comunitario e comparato, n. 5/2006. Disponibile on line sul sito http://www.federalismi.it↩︎

  40. C. Padula. Principio di sussidiarietà verticale ed interesse nazionale: distinzione teorica, sovrapposizione pratica. Federalismi.it, n. 14/2006. Disponibile on line sul sito http://www.federalismi.it↩︎

  41. M. Greco. L’avvento della Sussidiarietà orizzontale comporta la revisione del contratto sociale. Diritto & Diritti - Rivista giuridica on line (2009). Disponibile on line sul sito http://www.diritto.it/art.php?file=/archivio/27165.html↩︎

  42. Libro bianco sui servizi di interesse generale. Commissione delle Comunità europee. 12.5.2004 COM(2004) 374. ↩︎

  43. Libro bianco “Un impegno comune per la salute: Approccio strategico dell’UE per il periodo 2008-2013”. Commissione delle Comunità europee. 23.10.2007 COM(2007) 630. ↩︎

  44. E. Husserl, Meditazioni Cartesiane con l’aggiunta dei Discorsi parigini, cit., Seconda Meditazione, p. 72. ↩︎

  45. Ivi, Prima Meditazione, p. 54. ↩︎

  46. Ivi, Quinta Meditazione, p. 128. ↩︎

  47. Platone, Timeo. A cura di Giuseppe Lozza. Arnoldo Mondadori Editore Spa, Milano (1994). 72a, p. 115. ↩︎

  48. D. Hume, Ricerca sull’intelletto umano. tr. it. di Mario Dal Pra. Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari (1996). Sezione ottava, Libertà e necessità, p. 147-149. ↩︎

  49. Platone, Timeo, cit., 68d, p. 107. ↩︎

  50. Plotino, Il pensiero come diverso dall’uno. Quinta Enneade. Introduzione, traduzione e commento di Marco Ninci. RCS Libri Spa, Milano (2000). § III, p. 363. ↩︎

  51. R. Descartes, Meditazioni metafisiche. Traduzione e introduzione di Sergio Landucci. Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari (1997). Quarta Meditazione, p. 87. ↩︎

  52. Ivi, p. 91. ↩︎

  53. E. Husserl, Meditazioni Cartesiane con l’aggiunta dei Discorsi parigini, cit., p. 31. ↩︎

  54. Ibidem↩︎

  55. Ivi, Terza Meditazione, p. 87. ↩︎