I quattro flagelli di Lanza Del Vasto, un incompiuto capolavoro teologico-sociale. Ricostruzione e completamento del suo progetto

Il libro è un grande sforzo teorico che unisce il sapienziale-teologico con il sociale strutturale-politico internazionale secondo un punto di vista di un Cristianesimo rinnovato dalla nonviolenza gandhiana. Esso ha un ruolo unico nella storia della riflessione spirituale che vuole rispondere alla politica della società moderna. Qui si offre una descrizione della sua origine, uno schema illustrativo dei suoi contenuti principali, l’elenco dettagliato delle sue idee-guida. Si dimostra che due idee-guida basilari sono rimaste implicite nella esposizione, benché con esse si completi la struttura concettuale con la quale la nonviolenza gandhiana è diventata sistema intellettuale. Si pone poi il problema della sua attualità dopo mezzo secolo dalla sua comparsa e gli si dà una risposta interlocutoria. Un’appendice indica tre problemi della esposizione originaria.

1. La grande importanza del libro

Alla vigilia della seconda guerra mondiale, Lanza del Vasto (LdV)1 si interrogò angosciosamente sul perché quel cataclisma stesse per tornare. Ma tutta la sua cultura, anche filosofica, non trovava una risposta soddisfacente alle domande: Perché vengono le guerre? Come uscire da questa guerra mondiale, che sta per venire come una fatalità della storia umana? Allora ha pensato che l’unica persona al mondo che avesse le risposte valide fosse Gandhi, già noto a tutti per aver compiuto novità clamorose. Avuta l’occasione di andare in India, si recò da lui e ne diventò discepolo, ricevendone ben di più di quanto si aspettava: una nuova maniera di concepire sia la vita sociale che la vita spirituale: e per di più, concepirle in maniera unitaria.2

Tornato in Europa, ha formato un gruppo di seguaci gandhiani; con i quali, tra l’altro, ha rivisitato tutto il Vangelo. Ha verificato che le idee cristiane basilari, quelle di conversione e dell’amore per i nemici, portavano direttamente alla nonviolenza di Gandhi.3 Questa convergenza indicava una nuova maniera di vivere il Cristianesimo, quella di agire nonviolentemente nella società tanto da rifondarla su basi nuove. Ciò era analogo a come Gandhi aveva rifondato il suo induismo: egli aveva allargato la portata dell’insegnamento tradizionale indù, in particolare la nonviolenza, alla vita sociale, tanto da impegnarsi sui maggiori problemi della società del suo tempo. Subito dopo, LdV ha trovato i compagni con i quali fondare la prima Comunità dell’Arca (intesa come Arca della nuova alleanza), che (intesa anche come Arca di Noé) si proiettava all’esterno sulla società per scongiurare i «diluvi fatti da mano d’uomo»: dopo quello della seconda guerra mondiale, quello del tutto nuovo della ecatombe nucleare, minacciata dalle due superpotenze, USA e URSS.

Il libro I quattro flagelli, scritto qualche anno dopo,4 ha risposto non solo alla sua iniziale problematica della guerra, ma a quella più ampia che aveva imparato dal suo maestro Gandhi. Questi voleva non solo la soluzione del suo principale problema politico, la liberazione del suo Paese dal colonialismo, ma anche la rinascita culturale e spirituale della sua civiltà. Perciò Gandhi ha affrontato quella modernità che la civiltà occidentale imponeva orgogliosamente alla millenaria, ma decaduta civiltà indiana.5 Ha scritto un libretto6 che sta all’origine della rivoluzione indiana; esso critica, secondo una nuova saggezza, la civiltà occidentale e il suo progresso; e propone una alternativa radicale alle strutture sociali del mondo moderno.

Il libro scritto da LdV appare in continuità ideale con quello di Gandhi. Ma è molto innovativo. Intanto si dà come base alcuni testi sacri. Essi sono brani biblici cristiani, che comunque vengono interpretati in maniera universale rispetto alle grandi tradizioni religiose. Essendo queste interpretazioni di tipo sociale, lo hanno indirizzato a costruire una analisi (più dettagliata di quella di Gandhi) degli aspetti (antropologici, economici e politici) della società occidentale; così profonda da poter suggerire una alternativa spirituale, sociale e politica.

Il risultato è una grande riflessione sapienziale sulla civiltà occidentale e il suo superamento. Per lui cattolico praticante, era la rifondazione della dottrina sociale cattolica, dimostratasi insufficiente a comprendere e, ancor meno, a tenere testa ai massimi avvenimenti del secolo. Per lui discepolo di Gandhi, era la fondazione cristiana della nonviolenza appresa dal maestro induista. Per lui cittadino europeo era la presa di coscienza della moderna società occidentale. Per lui filosofo, era la costruzione di una teoria sociale e politica nonviolenta, che, arrivata ad essere finalmente cosciente della modernità, riacquistava la coscienza della storia, sia quella passata che quella contemporanea.

Con ciò LdV chiamava gli occidentali ad una conversione intesa in un senso universale rispetto a tutte le fedi perché in sintonia con l’induismo rinnovato da Gandhi e in definitiva con tutte le grandi tradizioni di fede; e in più questa conversione era basata su una coscienza ben avvertita del tempo storico moderno. Il libro indicava anche la profezia storica che LdV affidava alla sua Comunità: proporre ad ogni fede nel mondo come comprendere la modernità occidentale e saperle rispondere.

Dopo una diecina d’anni da questo libro, anche la Chiesa cattolica ha avuto un grande cambiamento, uscendo un periodo secolare di chiusura su se stessa. Il Concilio Vaticano II (svoltosi negli anni 1962-65) ha voluto rispondere anche esso alla modernità (vedasi il documento papale che l’ha indetto; più, tra i documenti finali, il tredicesimo: Gaudium et Spes): ha ripensato daccapo la chiamata evangelica, tanto da invitare i fedeli ad agire a anche sulla società mondiale (a sostegno di alcuni punti politici precisi: no alle bombe nucleari, sostegno all’ONU e ai diritti umani, ecc.).

Ma questa proposta di riforma della religiosità, formulata solo dal vertice (i vescovi), non ha cambiato i tradizionali rapporti della Chiesa con le grandi strutture sociali occidentali; perciò è risultata di tipo soprattutto antropologico, e quindi ha suggerito ai fedeli solo indicazioni personali e di massima.

Subito dopo, il corpo dei fedeli si è diviso. Un gruppo ha resistito alla novità; la quale invece è stata considerata insufficiente dall’altro gruppo. Per avanzarla, in America latina è nata la Teologia della Liberazione, che, andando al di là della dottrina sociale cattolica, voleva una trasformazione politica di tipo strutturale; perciò si è fondata su una analisi sociale di tipo socialista (e anche marxista). La sua novità ha avuto largo seguito, tanto da sovrastare la voce del piccolo gruppo dei cattolici nonviolenti, che però aveva anche rappresentanti famosi (La Pira, don Milani, dom Helder Camara, dom Fragoso, ecc.).

Dopo cinquant’anni, oggi vediamo che la «coerenza» del primo gruppo di cattolici non ha saputo costruire una proposta adeguata ai tempi. Ma pure la proposta del secondo gruppo non è risultata sufficiente: avendo ignorato il libro di LdV (e anche altre teologie sociali precedenti, ad es. quella del pastore Moltmann), ha visto un solo flagello sociale e/o peccato strutturale: il capitalismo; poi per combatterlo, non ha posto come primo passo la conversione collettiva da esso; né ha chiarito il metodo del suo combattimento (la guerriglia o metodi senza violenza?); ed è rimasto ambiguo sul tipo di nuova società da realizzare (quella dei Paesi socialisti di allora, o le comunità di tipo apostolico?).

Comunque in questi cinquant’anni sono avvenute novità mondiali sconvolgenti. La proposta del libro di LdV su come affrontare lo strapotere mondiale totalitario del tempo, cioè la quasi incredibile proposta di una politica nonviolenta dal basso, nell’anno 1989 ha avuto la più grande conferma mai immaginabile: molti popoli dell’Est hanno compiuto rivoluzioni secondo i metodi di Gandhi, invece dei tradizionali metodi insurrezionali violenti; in poco tempo essi hanno abbattuto regimi che erano diventati ottusamente dittatoriali. E poiché quelle rivoluzioni hanno sgretolato uno dei due Blocchi antagonisti, hanno allontanato senza tragedie l’incubo dell’umanità di subire una ecatombe nucleare. Inoltre la proposta della Teologia della Liberazione è stata spiazzata sia dall’affermarsi di rivoluzioni che non erano quelle previste: le rivoluzioni nonviolente (avvenute in gran numero anche nella America Latina!); sia, nel 1989, dal crollo delle società (del socialismo realizzato) che erano state di riferimento per progettare l’alternativa al capitalismo mondiale.

Quindi il libro di questo cattolico, discepolo di un grande maestro indù, rappresenta molte cose assieme. È stato il punto più alto della sua rinascita spirituale e politica. Inoltre ha anticipato molti avvenimenti decisivi della storia successiva: il dialogo interreligioso (poi divenuto basilare per le religioni del mondo); la riforma di religiosità compiuta dal Concilio;7 la proposta di una «terza via» rispetto ai due grandi gruppi del cattolicesimo post-conciliare; le proposte di comunità che sono nate nel mondo dagli anni ’60 e le liberazioni nonviolente del 1989. Perciò il libro è di grande importanza storica e culturale e tuttora è un punto di riferimento cruciale per riflettere su quale sia l’impegno sapienziale adatto ad affrontare la società moderna; in modo da arrivare, mettendo i piedi sulle spalle di LdV, a chiarire la complessità spirituale e sociale della vita contemporanea, cioè in modo da arrivare alla coscienza piena del nostro tempo: un compito che oggi, quando nel frattempo sono cadute molte altre proposte «forti», è di estrema importanza.

2. La problematicità del libro

Quando si va a leggere il libro si notano: una chiarezza cristallina nel linguaggio e una grande lucidità nel proporre le svariate tematiche del libro; in più, un preciso disegno complessivo, quello della sequenza dei cinque capitoli: la presa di coscienza del male, sia nella persona che nel mondo, per poi rispondergli con la conversione, sia personale che sociale; e infine, la costruzione del bene, in se stessi e in comunità.

Ma non si può leggere questo libro come un romanzo. Spesso occorre fermarsi per meditarlo. Piuttosto lo si può ben leggere a pezzi e pezzetti, per ricavarne lezioni su una moltitudine di argomenti: dalla teologia al gioco, alla economia, alla politica, alla vita spirituale, alla vita comunitaria… In questo senso, il libro è una antologia, quasi una enciclopedia della sapienza nonviolenta sul mondo sociale e spirituale.

In effetti così è stato utilizzato da quasi tutti coloro che lo hanno meditato; esso ha suggerito una profonda conversione, interiore e sociale, da questa civiltà. Infatti questo libro è stato importantissimo per la Comunità dell’Arca perché ha favorito moltissime adesioni.

Ma penso che allo stesso tempo questo libro abbia creato una grande difficoltà (così come l’ha data a me, che per molti anni ho cercato di approfondirlo), perché il suo contenuto preciso non è del tutto chiaro.8 Da artista (poeta, musico, pittore) LdV ha voluto non tanto presentare un discorso regolare, quanto piuttosto dialogare emotivamente con il lettore.9 Da filosofo che «nella gioventù aveva preferito [alle biblioteche di filosofia] la strada, per interrogare il mondo negli occhi»,10 egli non si è dato l’ideale di scrivere una opera sistematica.

Una lettura attenta e dettagliata incontra difficoltà di vario tipo. Spesso il discorso di LdV non progredisce linearmente: molti paragrafi sembrano isolati (in quanto costituiscono delle aggiunte impressionistiche o di colore su aspetti laterali o solo suggestivi); altri paragrafi sono composti da sottoparagrafi riguardanti variazioni sullo stesso tema. Solo nel capitolo 1º, teologico-sapienziale, e nella prima parte (parr. 1-24) del 5º capitolo, sulla politica internazionale dei due Blocchi, i paragrafi formano una sequenza unitaria. Ma nella seconda parte del capitolo 5º (parr. 25-102), quello che tratta la conversione, i paragrafi sono meno legati tra loro; e lo sono ancor meno nei capitoli 2º-4º, dove li si può suddividere in vari gruppi che occorre rileggere bene per capire quali siano i collegamenti, tra loro e con il tema del capitolo.

In definitiva, ad una prima lettura il libro è impressionante per le nuove interpretazioni di passi cruciali della Bibbia e per la profondità della interpretazione della storia umana; come pure per la mole di cultura messa in gioco; ma alla seconda lettura i temi trattati appaiono poco collegati sequenzialmente e i molti aspetti del discorso appaiono poco fusi assieme.

3. La urgenza di riformulare il libro

Le difficoltà su indicate spiegano perché all’interno delle Comunità dell’Arca il riferimento a LdV è rimasto controverso.11 Il dichiararsi «Lanziano«, come faceva qualche «Compagnon» (l’appellativo di un partecipante alla Comunità), significava aderire ad un insegnamento che pretendeva di coprire tutto («dal peccato originale alla coltivazione dei cavoli»), ma non appariva sistematico; quindi risultava poco proponibile come precisa direzione su cui tutti i Compagni potessero convergere. Temo che la problematicità del libro abbia nuociuto allo sviluppo della Comunità.

È da notare che mentre fino a poco tempo fa il compito di capire appieno il libro era soprattutto dei seguaci dell’Arca e dei nonviolenti in genere, oggi, quando sono venute a mancare altre proposte di analoga portata, quel compito è diventato urgente anche per i cattolici, e, a cascata, per i fedeli di ogni altra grande religione, come pure per tutti coloro che vogliano cambiare l’attuale società.

È nella speranza di chiarire il libro uscito dalla penna di LdV che nel seguito proverò a suggerire rimedi alle difficoltà suddette. Innanzitutto darò tre chiarificazioni della esposizione attuale. La prima è quella di ricordare con le parole di LdV stesso l’origine dell’idea del libro e il contesto del progetto e (par. 4). La seconda è una figura che sintetizzati i contenuti del libro con una visione d’insieme (par. 5). La terza chiarificazione entra nella esposizione del libro per indicarne la struttura; elencherò le idee-guida con cui LdV ha compiuto le sue analisi multidisciplinari; tutte assieme faranno capire da una parte la portata dell’attuale libro e dall’altra i suoi limiti (par. 6-9). Per superare i quali mostrerò che la esposizione ha lasciato implicite altre due idee-guida; che sono importanti perché completano il suo progetto in un vero sistema teologico-sociale (par. 10-11); il quale perciò può essere applicato anche alla società del tempo contemporaneo che è molto differente da quello di LdV (par. 12). A questo punto apparirà chiaro come sia possibile riordinare il libro, migliorare la sua esposizione. Rispetto a queste potenzialità, nel par. 13 mi limiterò a indicare, sulla base di tutto quanto detto in precedenza, quali parti del libro siano essenziali per esprimere il progetto iniziale e quali integrazioni siano opportune per completarlo. Una appendice pone un problema riguardante la completezza del suo progetto (mancanza dei Comandamenti) e un mio tentativo di risposta (neutralità del progetto rispetto alle etiche tradizionali, tutte solo personali).

Il lettore che non sia interessato al lavoro di scavo all’interno del libro, ma solo al risultato finale, può saltare i parr. 6-10 per andare subito ai parr. 11-13.

4. L’origine del grande progetto

Come prima chiarificazione indico l’origine dell’idea del libro. LdV ha ricordato di aver avuto l’idea dopo essere stato in India,12 là dove aveva sicuramente letto lo scritto politico più importante di Gandhi, Hind Swaraj,13 il quale criticava drasticamente i mali della civiltà occidentale.

La guerra è un flagello [sociale], ma non è il solo. Ne vedo altri tre di uguale grandezza, ugualmente fatti dall’uomo contro l’uomo: la schiavitù, la miseria, la rivoluzione. Tutti e quattro sono legati tra loro e operano l’uno nell’altro. Bisognerebbe trovare la comune radice e conoscere il loro gioco [sociale], cosa che nessun sociologo ha fatto, né cercato di fare, neanche i più grandi, Aristotele, Montesquieu, né Vico.

In sostanza, si trattava di illustrare sia la struttura di tutta la società che la sua dinamica. Era un compito enorme. Come tale rimase giustamente tra i sogni intellettuali.

Piuttosto, il discepolo di Gandhi, tornato in Europa, stava riscoprendo il Cristianesimo. Non era la sociologia che lo attirava di più, ma come indicare agli occidentali quella rinascita spirituale e sociale che lui aveva visto nella vita della comunità di Gandhi. Secondo l’insegnamento di Gandhi, essi dovevano riscoprire la loro rinascita nel loro testo sacro tradizionale, la Bibbia. Questo libro presenta la eterna lotta tra il Bene e il Male, la quale incomincia col Peccato originale; e indica la rinascita spirituale nel far prevalere il Bene. Avendo già compiuto la rivisitazione del Vangelo, che l’aveva portato ad un ripensamento totale del Cristianesimo, la sua rivisitazione della Bibbia lo ha portato ad un ripensamento della tradizione sapienziali antiche, da quella ebraica a quella orientale (che lui aveva già approfondito nel suo soggiorno in India).

Penso che la scintilla che lo ha spinto ad attuare il progetto del libro sia stata la sua nuova interpretazione della Bibbia.14 Innanzitutto egli ha saputo trovare, tra le migliaia di pagine di questo libro, i principali brani che descrivono la lotta tra Bene e Male: peccato originale, Flagelli e Apocalisse 13. Poi il possibile ribaltamento del Male, che gli era diventato chiaro dalla sua rilettura del Vangelo alla luce della nonviolenza di Gandhi: le Beatitudini. Con solo questi brani egli ha in sintesi tutta la storia dell’umanità come è descritta dalla Bibbia.

Inoltre, di ogni brano biblico ha saputo dare una nuova interpretazione. Per di più, ha saputo collegare l’uno dopo l’altro quelli sulla lotta tra Bene e Male; cosicché per primo ha delineato il processo di crescita del Male nella società: da quello nella singola persona fino a quello che domina tutta l’umanità. A posteriori, egli stesso ha dichiarato questa sua novità, aggiungendo una considerazione su quanto sia stato importante il suo progetto:

Crediamo di aver colmato la [lacuna] principale [delle precedenti interpretazioni del testo biblico sul peccato originale] legando al peccato originale le quattro calamità fatte da mano d’uomo e che la mano d’uomo non può impedirsi di fare: Guerra, Ribellione, Miseria, Servitù. Palesare le loro cause, seguire le loro concatenazioni [nella vita sociale], scoprire il rimedio [la nonviolenza come proposta di nuova vita personale e sociale] è [mettere in gioco] tutta la storia umana, tutte le scienze sociali, tutte le dottrine politiche, [le quali tutte sono] da ripensare alla luce della Rivelazione del Peccato; è quello che abbiamo fatto ne I Quattro Flagelli.15

Così la vecchia idea di ricostruire la dinamica dei flagelli nella vita sociale aveva trovato una motivazione superiore; la quale l’ha indirizzata spiritualmente e l’ha finalizzata ad un progetto di salvezza, anche sociale. Ma così il contenuto del progetto era diventato ancora più grandioso. Mettendo assieme il progetto originario, di tipo sociale, con la nuova lettura della Bibbia; gli era sorto il progetto di comprendere sapienzialmente tutto il mondo moderno e la sua storia; di fatto, egli doveva costruire un sistema intellettuale onnicomprensivo, un sistema filosofico totale. Si trattava forse di un progetto intellettuale troppo ambizioso, un sogno culturale? Anche in Occidente progetti del genere erano diventati del tutto inusuali. Era mai possibile il suo?

In effetti questo progetto di LdV era la conseguenza logica di quanto la nonviolenza di Gandhi aveva realizzato nel mondo moderno. Nell’antichità i popoli hanno avuto delle etiche che proponevano la solidarietà interna ad ogni popolo, che però nei periodi di guerra era chiamato ad unirsi per compiere grandi uccisioni collettive che lo separavano dagli altri popoli. Nel mondo moderno questa duplice etica si è radicata anche all’interno di ogni popolo attraverso i conflitti politici, diventati generali: per arrivare a risolverli in qualche modo, anche la uccisione degli avversari politici è stata ritenuta utile e magari necessaria (Machiavelli lo ha teorizzato in un famoso libro). Perciò l’etica personale benevola è stata separata non solo dal comportamento in guerra, ma anche dal come interagire con altri attori politici. Per secoli questa pratica politica ha dominato la società occidentale, la quale l’ha esportata in tutto il mondo. La grande novità di Gandhi è che egli ha risolto sia i conflitti politici interni ad un popolo, sia le guerre tra i popoli senza mai sopprimere l’avversario, perché ha coerentemente seguito l’insegnamento della nonviolenza anche nella vita sociale. Quindi ha ristabilito, come valida nei conflitti politici e pure nel tempo di guerre una etica che rispetta la vita dell’altro, cioè un’etica accettabile da tutti, universale. Allora il suo insegnamento della nonviolenza e la sua prassi testimoniale hanno dimostrato che anche nelle circostanze più difficili si può ricongiunge l’etica personale con la politica, l’interiore con il sociale, lo spirituale con il mondiale; cioè si può ritrovare la unità della vita umana; e ciò è valido universalmente perché ognuno può agire efficacemente con i metodi nonviolenti basati sulla sola forza dello spirito. Perciò un sistema di pensiero, se vuole essere di tipo nonviolento, deve saper ricongiungere tutte le dimensioni della vita umana.

Allora il progetto del libro di LdV non era troppo ambizioso. Piuttosto egli stava accettando la sfida decisiva che il mondo occidentale gli per verificare la capacità poneva della sua nonviolenza: sapeva egli dimostrare che la ricongiunzione compiuta da Gandhi nella prassi sociale (di un Paese lontano e arretrato) poteva avvenire anche al livello intellettuale moderno? Per questo motivo LdV si è dato l’enorme compito intellettuale di congiungere in una trattazione unica la interpretazione della Bibbia con l’analisi dello scontro mondiale dei Due Blocchi (USA e URSS) passando necessariamente per la teologia, l’antropologia, l’economia, la politica, la scienza e la tecnica; praticamente per tutto lo scibile umano più importante.16 Questo compito non esprimeva la sua ambizione intellettuale; era il suo dovere da unico discepolo occidentale di Gandhi.

Di certo, tra i nonviolenti nessun altro ha tentato, andando oltre il libro Hind Swaraj di Gandhi, un’impresa simile, né ha saputo offrire una visione unitaria della vita spirituale con la politica.17

5. Una sintesi grafica dei contenuti del libro

Come seconda chiarificazione presento il risultato del suo progetto, attraverso lo sviluppo logico più appariscente, quello che si ricava dai titoli (opportunamente intesi) dei cinque capitoli. La fig. 1 dà una idea sintetica di questo sviluppo (ai titoli originari dei capitoli ho aggiunto altri titoli più sistematici). A causa della vastità delle tematiche esposte da LdV e anche delle difficoltà indicate, è bene che nel seguito il lettore tenga presente questa figura. La figura indica la novità cruciale rispetto a quanto nel passato tutte le fedi hanno sempre predicato. Esse hanno invitato ogni persona a passare dal Male al Bene mediante una conversione, la quale però non ha idea del male strutturato socialmente e non sa concepire come costruire il Bene nella struttura sociale. Questo passaggio è rappresentato dai primi paragrafi del capitolo 1º e da alcuni paragrafi della seconda parte del cap. 5º)

In più nel libro c’è: 1) prima di tutto una precisa crescita del Male da quello del peccato originale nella singola persona, a quello cumulativo che va a realizzare i flagelli nella società; e infine, a quello globale che giunge a dominare totalitariamente la umanità intera. 2) Coerentemente, la conversione è un ribaltamento di tutto questo, seppure originata (come al solito) a livello personale, essa è molto più ampia di quella intesa tradizionalmente (la conversione al proprio bene personale); è un nuovo tipo di conversione, perché unisce il personale con il sociale, tanto da diventare azione collettiva, anche permanente. Questo tipo di conversione è indicata dalle Beatitudini; anche l’indù Gandhi concordava su questo insegnamento; e LdV considerava l’espressione generalizzata del sacrificio d’amore di Cristo nella lotta contro i mali del mondo; e quindi, il massimo esempio di nonviolenza. Infatti questo tipo di conversione globale non è altro che la scelta della nonviolenza nella sua interezza, cioè sia nei rapporti personali che nelle lotte contro le istituzioni. Beatitudini e nonviolenza sono alla base di quella aggregazione sociale che viene proposta come alternativa: la Comunità dell’Arca. Allora questo nuovo tipo di conversione investe anche il rapporto con tutta la società, per rifiutarne il negativo istituzionalizzato e costruire il bene organizzato in forma sociale. Questo è l’insegnamento del tutto innovativo di LdV.

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Ma questa nuova maniera di fondare la nonviolenza incontrava delle obiezioni paralizzanti. Essendo la nonviolenza un valore essenzialmente interreligioso, come poteva la sua fondazione basarsi sulla Apocalisse, un testo sacro solo cristiano, senza testi corrispondenti nelle altre fedi? Inoltre era forse l’«arretrato» Oriente di Gandhi a suggerire di far sconfinare lo spirituale nel sociale e viceversa? Infine era forse la suggestione ricevuta dalle visioni fantasiose ed esaltate dell’Apocalisse che gli suggeriva di tentare un sistema intellettuale globale? Ma LdV aveva ben conosciuto le dittature ideologizzate (Fascismo, Stalinismo e Nazismo), le cui aberranti propagande scientifiche per la prima volta nella storia avevano saputo sedurre interi popoli e soggiogarli fino a farli scontrare con una guerra mondiale da 80 milioni di morti. Lui sapeva di certo che l’Apocalisse non esagerava: la realtà storica di quelle tragiche dittature era stata ben all’altezza del Male descritto da quel testo. Questa esperienza storica aveva insegnato al mondo che Apocalisse 13 non parlava di fantasie; quel testo biblico indicava ben note dittature totalitarie, sempre pronte a riprodursi. Per di più anche la realtà storica del suo tempo era ben all’altezza del Male dell’Apocalisse: le due superpotenze, USA e URSS, minacciavano una ecatombe nucleare che avrebbe distrutto molti popoli, forse anche l’intera umanità. Perciò, anche se le altre fedi mancano di testi sacri con contenuti analoghi a quello del Male in Apocalisse 13, comunque la esperienza storica mondiale di quelle aberrazioni sociali era più che sufficiente per fare da testo inoppugnabile per tutte le fedi e per tutti gli uomini.18

Inoltre quelle dittature della prima metà del secolo avevano insegnato che nella storia dell’Occidente l’aver creato (con la pace di Westfalia del 1648: «Cuius regis eius religio») in ogni cittadino una separazione artificiosa tra vita religiosa e vita politica alla lunga non era stato un progresso, ma il contrario. È vero che il patto di quella pace ha bloccato per secoli le blasfeme e devastanti guerre di religione (tra cristiani!); ma alla lunga ha generato: nel ’700 la religione della dea Ragione e, all’esterno dell’Europa, un atroce colonialismo che è stato benedetto dalle religioni cristiane; nell’800 la sacrale ideologia nazionalista, che per obbligo religioso collettivo portava alle guerre interstatali; e nel ’900 le religiosità sia dell’ateismo di massa che delle due ideologie contrapposte, liberismo e socialismo, proprio quelle che erano sboccate nelle dittature aberranti prima ricordate. Questa sequenza storica indica che dopo quella pace del 1648 la religiosità, invece che restare confinata nelle chiese (così come era stato progettato), è rinata nella vita pubblica come religione primitiva pagana; e, diventata dominante su quelle tradizionali, ha imperversato prima sui popoli e poi sull’umanità. Quindi era sbagliato giudicare arretrato l’Oriente che non aveva avuto la separazione di Westfalia; esso era stato capace di mantenere un proprio equilibrio (seppure riduttivo dei problemi storici).

Ma, per rispondere in maniera intellettuale convincente all’accusa di regredire alle culture orientali che mischiano religione e politica, LdV doveva, in linea di principio, mantenere distinti i due piani, quello religioso e quello laico. Perciò le sue nuove interpretazioni dei passi biblici (sulle tendenze personali negative e sulle istituzioni sociali negative) non sono state poi utilizzate per analizzare la società, così come suggerirebbe l’atteggiamento integrista, quello che fa discendere i comportamenti sociali dalle direttive di fede. Invece, egli ha analizzato le strutture sociali moderne anche in maniera laica ed empirica, salvo verificare che le due analisi corrispondessero tra loro. Cioè il libro è composto da due fili di discorso, paralleli e complementari, uno biblico-sapienziale (nella figura: quello a sinistra, indicato con la freccia a puntini) e uno sociale-strutturale (quello raffigurato con la linea piena che unisce i blocchi a destra). Ambedue illustrano la crescita del Male; il primo lo fa in termini biblici (il 1º capitolo descrive il peccato originale, i flagelli e le Bestie di Apocalisse 13); il secondo lo fa in termini storici (i capitoli 2º-4º descrivono l’origine e lo svilupparsi dei sistemi economici e politici) fino ad illustrare il Male che grava sull’umanità intera (prima parte del capitolo 5º). Nella seconda parte del capitolo 5º i due fili confluiscono sulla soluzione che è di tipo sapienziale-strutturale- politico: la rifondazione sia della vita personale che della vita associativa, per andare a ricostruire anche una nuova società. Perciò il libro non è unilineare, ma rappresenta la complessità della attuale vita di qualsiasi persona dei tempi moderni.

Ambedue i fili sono argomentati in maniera molto innovativa. Con le nuove interpretazioni dei suddetti testi sacri il primo filo propone un legame inedito tra i Mali di tutti i livelli sociali. Questa novità è inaudita per le fedi nel mondo, che ancora oggi, quando si sforzano di vedere oltre la vita soggettiva, sono arrivate sono incerte su come valutare il Male nella vita sociale19 e non sanno indicare con precisione che cosa fare con le istituzioni sociali del mondo moderno. Anche il secondo filo presenta in maniera nuova come cresca il male nelle aggregazioni sociali via via più grandi, dai livelli personali e di piccola comunità alle strutture economiche e politiche, alla società nazionale, alla politica mondiale. Gli studi sociali avevano già offerto analisi in ognuno di questi livelli; ma LdV critica le altre analisi (quella di Marx in particolare) e non è affatto ripetitivo di quanto già suggerito, perché il suo punto di vista nonviolento è radicalmente nuovo:20 è quello di una persona che non solo sa uscire dalle tante separazioni e specializzazioni spiritualmente negative della civiltà moderna, ma che sa anche ritrovare l’unità interiore e sviluppare una vita sociale piena, benché vissuta in un ambito apparentemente ristretto, la comunità. Perciò non era la visione apocalittica che lo spingeva a ricongiungere lo spirituale e il politico, ma era il punto di vista radicale di una persona che vuole uscire dalle tante istituzioni votate ad un progresso sociale che porta a costruire anche istituzioni apocalittiche; e in alternativa riesce a realizzare dal basso una nuova società.

Questa lettura sociale della Bibbia è comparabile solo con quelle più celebri suggerite dai teologi della Liberazione.21 Tutte queste letture fanno crescere la vita spirituale fino a prendere coscienza della modernità; il che comporta una riforma della religiosità che porta il fedele ad agire in modo da promuovere un cambiamento sociale positivo (cioè l’ortoprassi più che l’ortodossia; proprio questo era stato l’insegnamento di Gandhi ai seguaci di qualsiasi religione). Ma rispetto a quelle più note, la lettura sociale di LdV è stata scritta dieci anni prima; inoltre è più completa di esse, perché non riguarda solo il (flagello del) capitalismo, ma tutti i possibili flagelli; e per di più non è limitata alla fede cattolica, perché è ripetibile in ogni altra grande religione che si richiami a idee simili a quella del peccato originale. Ma, d’altra parte, la proposta di LdV si è realizzata in piccole comunità agricole ed è rimasta non ben definita anche per i suoi seguaci; né poi dopo è stata ripresa dalla riforma della religiosità cattolica compiuta dal Concilio (il quale, dietro suggerimento di LdV, ha solo valutato positivamente i nonviolenti; GS, n. 78). Invece la Teologia della Liberazione, diffusasi in innumerevoli parrocchie di ambienti anche densamente popolati, è apparsa subito come avanzamento concreto della svolta storica del Concilio e per di più era in consonanza con una delle due maggiori ideologie politiche del tempo. Con ciò la sua lettura sociale, benché parziale, ha avuto grande risonanza teologica e politica. Ma, come già si diceva, è stata ridimensionata drasticamente dagli avvenimenti del 1989. Però essa ha il merito di aver coinvolto tutte le persone spirituali nel problema del Male strutturale; dopo di essa il problema spirituale di giungere ad una concezione strutturale della vita sociale non è stato più ignorabile, non solo nel cattolicesimo, ma anche in ogni altra fede che voglia essere cosciente della modernità.

6. Le idee-guida della analisi biblica sapienziale: la origine e la crescita del Male nella vita spirituale

Come terza chiarificazione preciso le idee-guida della esposizione del libro, così come si vedono ad una prima lettura. Le presenterò qui di seguito (ma, per maggiore chiarezza, in un ordine un po’diverso da quello di entrata nella esposizione del libro). Indicherò la loro funzione all’interno della esposizione e ricorderò schematicamente vari contenuti del libro, che così articoleranno un po’di più lo schema precedente. Aggiungerò alcune rapide considerazioni sul valore attuale o profetico di varie parti del testo, in modo da evidenziarne la grande importanza.

Il Peccato Originale è l’idea basilare, senza la quale tutto il libro non avrebbe senso. Si noti che molti teologi contemporanei la svalutano come idea «mitica»; quindi a molte persone di fede essa appare facoltativa e magari contraria alla odierna liberalizzazione della religiosità. Ma LdV si sentiva forte dell’avere dalla sua l’indù Gandhi, il quale credeva nel peccato originale e lo esponeva quasi con la sua stessa idea basilare.22 Pertanto per LdV quel peccato non era specifico di una particolare fede, quella a cui appartengono i testi sacri da lui esaminati, ma era in comune alle maggiori tradizioni religiose (in quella indù lo riconosceva nella avidya, l’ignoranza del Sè); quindi per lui quel racconto biblico rappresentava un’idea sapienziale universale. Tra tutte le interpretazioni del peccato originale,23 quella di LdV è stata sicuramente nuova (e sorprendentemente, è stata la prima interpretazione letterale):24 il peccato25 di «mangiare il frutto dell’albero della Conoscenza-del-Bene-del-Male» consiste nel far fruttare la originaria conoscenza-contemplazione seguenedo una conoscenza-calcolo, sia dell’altro che della natura, finalizzata al proprio bene anche col male dell’altro. Così LdV pone quel peccato non all’origine dei tempi, ma all’origine delle relazioni, sia tra gli uomini sia tra essi e la natura. È per questo peccato che la vita associativa viene organizzata secondo norme e concezioni (economiche, giuridiche, scientifiche) che spesso risultano a vantaggio di pochi.

I quattro Flagelli è un’altra idea-guida fondamentale, perché introduce con precisione l’aspetto sociale del libro. Collocando questi flagelli dopo il Peccato Originale, essi indicano uno sviluppo crescente del Male nel mondo: da quello nella singola persona, al male concretizzato nelle organizzazioni della vita sociale. È da notare che tra i tanti flagelli indicati dal testo biblico (Apocalisse 6 e 8), LdV ha scelto quelli fatti «da mano d’uomo». Questi nascono da comportamenti, magari incoscienti, dei singoli; ma poi questi comportamenti si integrano e si coalizzano in azioni collettive negative che di fatto vengono inflitte da (piccoli) gruppi sociali ad altri gruppi sociali (grandi). Il male allora non è solo la somma di peccati singoli, ma è anche il male oggettivato e autonomo, che si è radicato nelle istituzioni sociali, magari diventate indipendente dai singoli che le hanno fondato. I flagelli della guerra, della miseria, ecc. non sono causati tanto da singoli, ma da alcune istituzioni sociali di quel tempo storico; sono peccati strutturali.26 In questo senso la interpretazione di LdV è di tipo strutturale. Questa sua lettura dei testi sacri lo porta a interpretare il male costituzionale della società moderna, cioè il negativo di tutte le principali istituzioni che l’Occidente ha costruito negli ultimi secoli, cioè i loro peccati strutturali.

Le due Bestie di Apocalisse 13 sono le istituzioni sociali Scienza e Tecnica: con Apocalisse 13 LdV vede la crescita del Male strutturale che sale fino a quello delle istituzioni politiche internazionali (i due Blocchi) e anche a quello delle istituzioni ideologiche, cioè quelle istituzioni che esprimono l’essenza del Peccato originale. La civiltà Occidentale è stata la prima che ha costituito la conoscenza collettiva come istituzione sociale (Università); in particolare, ha costituito le istituzioni per la conoscenza della natura e la sua applicazione: la Scienza e la Tecnica; le quali sono ambigue (ma facendo la tara per gli studi umanistici e sanitari; pp. 99-100) perché istituiscono anche la conoscenza interessata, che con esse ha realizzato il Male fino a delle aberrazioni: soprattutto quella della «Bomba» nucleare ne rappresenta il loro «frutto» più negativo.27 Per la loro natura di esprimere direttamente il Peccato originale, le istituzioni sociali Scienza e Tecnica sono anche le più funzionali alla espansione universale e pervasiva del Male strutturale. Infatti negli ultimi secoli esse hanno radicato il peccato originale nel modo più completo; cioè fino all’ultima popolazione primitiva, in tutta l’umanità; e poiché «La mancanza irreparabile della Scienza Moderna è la mancanza di uno che la sappia tutta.» (p. 225) Scienza e Tecnica hanno acquisito un potere così grande da creare un totalitarismo mondiale.

Non so se qualcuno abbia contestato a LdV le precedenti interpretazioni del Peccato originale e dei Flagelli; ma di sicuro so che tra i suoi contemporanei molti (compresi i teologi della Liberazione) hanno considerato una bestemmia sociale la sua valutazione negativa delle attuali istituzioni Scienza e Tecnica, perché egli così ha attaccato quello che è un cardine dell’Occidente (ed è tuttora un presupposto della fede laicista):28 l’aver affidato alla Scienza l’organizzazione della società e il suo sviluppo. Però oggi questi sono sicuramente diminuiti, perché, dopo tanti disastri ecologici (ad es. le fusioni avvenute in più centrali nucleari) e i molti allarmi per le malcerte sorti del pianeta Terra, ormai sottoposto a stress formidabili, si è incominciato a mettere da parte l’ottocentesco ottimismo per il progresso scientifico; gli stessi teologi della liberazione sono diventati sostenitori della ecologia (che prima del 1989 era accusata di essere un desiderio dei borghesi);29 e ci si è ricordati che da un secolo i maestri nonviolenti Tolstoj e Gandhi hanno criticato senza timori reverenziali quel progresso scientifico-tecnologico che per gli occidentali era fuori discussione oggi è chiaro che questi maestri hanno anticipato tutti quelli che propongono alternative razionali (e scientifiche) alla Scienza e Tecnica (dominante): i teorici di quella difesa collettiva che sa rifiutare il progresso delle armi, i teorici della programmazione energetica alternativa (basata sulla termodinamica) che è scientificamente alternativa a quella «avanzatissima» dell’energia nucleara; i teorici della agricoltura biologica che sanno come rifiutare quella industriale che usa semi modificati geneticamente; i teorici dello sviluppo sostenibile e della decrescita.

Il 666 delle due Bestie di Apocalisse 13: a mio parere, qui la sua interpretazione di Apocalisse 13 raggiunge il suo punto più alto. Egli ha interpretato questo numero come una serie infinita di cifre: «666…». Nella sua interpretazione il «6» è il numero dell’uomo, e la serie «666…» rappresenta una espansione all’infinito sul piano solo umano. Sotto questa luce LdV riesce a comprendere come mai la Scienza e la Tecnica attirino e asserviscano tutta l’umanità: esse adescano ogni uomo con l’offerta di una crescita (pagana) all’infinito.

Per apprezzare bene la novità, occorre conoscere la storia della Scienza: i Greci si erano proibiti l’uso di una serie infinita di cifre,30 la quale invece è alla base della scienza (matematica) moderna. Allora anche qui la sua interpretazione è di tipo strutturale, riguarda un essenziale elemento costitutivo della Matematica moderna, la quale è alla base della attuale scienza, che a sua volta è una struttura intellettuale basilare di tutto il mondo occidentale moderno. Infatti la più celebre interpretazione della nascita della scienza moderna nel mondo occidentale è quella di Koyré. Questo storico ha mostrato che la scienza moderna è avvenuta quando nel pensiero umano è stata introdotta l’idea dell’infinito (così come dice lo stesso titolo della sua opera).31 Perciò LdV ha colto l’essenza ideologica della modernità. Per di più la interpretazione di LdV di fatto dimostra che l’Apostolo, suggerendo il «666…», ha piegato la Scienza del mondo moderno a manifestare il suo significato spirituale negativo (crescita ingannevole). Questa novità dà la prova al fedele che la millenaria sapienza della Bibbia ha già vinto quella istituzione sociale, la Scienza moderna, che pure gli si presenta come troppo grande per essere compresa e troppo profonda per essere superata dalla mente umana.

Con Apocalisse 13 LdV ha completato il suo lavoro di profeta che indica il Male in tutto il mondo a lui contemporaneo. Il problema che vede è se sarà ascoltato dalla gente. Perciò LdV ha messo come epitaffio al suo libro la frase (leggermente modificata) di Isaia (30, 10): «Voi [mi] dite: Profeta, non profetizzare! Veggente non vedere! Raccontaci piuttosto delle cose piacevoli».

7. Le idee-guida delle sue analisi sociali; la crescita del Male nella vita sociale

Dopo il 1º capitolo, LdV vuole ritrovare da un punto di vista indipendente, solo umano, quella crescita del Male che ha già descritto mediante la Bibbia; cioè vuole descrivere sociologicamente come il Male si incardini nelle interazioni umane, fino a fare nascere e sviluppare istituzioni anche negative.

Perciò quanto di più strutturale e importante egli ha stabilito nel 1º capitolo (il peccato originale, i flagelli e le due Bestie intese come Scienza e Tecnica) non fa più da filo conduttore ai capitoli seguenti del libro, ma viene richiamato saltuariamente e rapidamente (ad es., la Scienza viene richiamata più volte, ma isolatamente; il paragrafo più ampio è il n. 17 del 5º capitolo). Egli inizia così un secondo filo del discorso, di tipo empirico-storico, che è indipendente da quello precedente, sapienziale-teologico; ma che gli è parallelo e gli dà sostanza storica e sociale.

I quattro tipi di gioco: per descrivere gli aspetti costitutivi della civiltà Occidentale LdV nei capp. 2º, 3º e 4º utilizza una nuova concezione di base, che è riconosciuta come scientifica e accademica, quella dell’antropologia. La quale è sì una scienza, però è la più lontana dalle teorie scientifiche dominanti, perché descrive l’uomo dentro una piccola comunità, che non ha strutture sociali e storiche oltre quella della cultura del suo gruppo, così come è nelle società primitive e nelle società allo stato nascente.

Rispetto ai teorici di quel tempo questa base del suo discorso sociale e storico era molto nuova, e ancor più lo era la attività umana posta la centro dell’attenzione: il gioco. Sul questo tema LdV è stato originale anche scientificamente: egli ha definito con precisione la pluralità di quattro tipi di gioco.32 Dal punto di vista etico egli afferma che il gioco, di per sé, non è negativo; ma, a causa della sua futilità, fa perdere coscienza di quelle tendenze etiche, sia negative che positive, che ogni gioco fa nascere e sviluppare. E siccome è ben noto che ad ogni gioco corrisponde una istituzione sociale e viceversa, queste tendenze, assecondate nella vita individuale, sono decisive su come poi la società si struttura in istituzioni. Infatti il discorso di LdV va a sottolineare come i vari giochi corrispondano alle istituzioni positive o negative della società: e, viceversa, come tutta la ambiguità etica della vita sociale nasca dai giochi e persista con i giochi-lavoro, posti alla base di ogni istituzione sociale. Quindi l’idea (soggettiva-oggettiva) del gioco può ben fare da base alle analisi strutturali (di tipo economico e politico) dei capitoli successivi.

Possesso: l’idea-guida (soggettiva-oggettiva) del possesso, viene sviluppata nei primi paragrafi del cap. 3º. Poi egli passa alla corrispondente istituzione sociale, l’economia, e fa vedere (ogni tanto e senza un ordine preciso) come il Male economico si concretizzi in ciascuno dei quattro flagelli.

Per rispondere alle ideologie dominanti nel suo tempo e anche per sottolineare la indipendenza del progetto politico gandhiano, egli si slancia in una lunga critica alla ideologia di Marx (giunge a ribattergli anche la «Onestà della economia liberale e borghese»). Il suo punto di vista è radicale: invita a produrre direttamente con le proprie mani quello che la bocca richiede (questa economia alternativa era stata accennata nelle ultime pagine del par. 25 del cap. 2º), rifuggendo dai mestieri non produttivi, anche da quello del commerciante.

Potere e Giustizia: sono le idee-guida (soggettive-oggettive) che indirizzano l’esposizione del 4º Capitolo. La seconda idea-guida però è poco sviluppata; con essa LdV anticipa un po’quello che nel cap. 5º dirà sul Bene. Invece il tema del potere è trattato estesamente. All’inizio del capitolo lo vede negli individui; poi passa alle sue formazioni oggettive-strutturali: Tribù, Monarchia, Città, Nazione, Democrazia. Ma, data la vastità del tema, il passaggio è più impressionistico che argomentato. Anche qui viene presentato il potere sociale negativo che cresce fino a ciascuno dei quattro flagelli.

I Due Blocchi rappresentano le due Bestie di Apocalisse 13. Nella parte iniziale (parr. 1-24) del 5º capitolo, LdV giunge a trattare il Male al livello sociale massimo:33 la politica internazionale del suo tempo è molto drammatico per l’umanità: i «Due Blocchi», egemonizzati rispettivamente da USA e URSS, manifestano la loro natura diabolica coll’essere pronti a lanciare l’uno contro l’altro l’apocalittica Bomba, col motivo di dover introdurre così l’umanità in una nuova era storica, quella liberata dalla ideologia maligna dell’altro Blocco. All’inizio del capitolo (nei parr. 1-2) LdV li chiama «mostri», perché con essi la società è pervenuta al parossismo del Male a livello mondiale. E, così come, secondo Apocalisse 13, la seconda Bestia opera sotto l’autorità della prima, il secondo Blocco è indicato come «figlio» del primo (par. 6). Essi quindi rappresentano nella politica internazionale quelle due Bestie che nella vita spirituale (cap. 1º) sono rappresentate dalla Scienza e dalla Tecnica.

8. Le idee-guida per la rifondazione del Bene nella persona e nella vita sociale

La conversione personale e strutturale come scelta della nonviolenza. Ma LdV sottolinea (n. 60 del capitolo 4º) che la nostra vita non è costretta dentro un ruolo sociale fissato; possiamo scegliere! Non c’è per l’uomo, come [invece c’è] per l’ape e per la formica, un raggruppamento di forma fissato dalla natura…

Grazie a Dio i cerchi nei quali l’uomo si trova preso e che chiudono il suo orizzonte hanno un certo gioco, non sono tutti concentrici. Allora [nella persona] nascono conflitti di doveri e di interessi e talvolta drammi di coscienza. Questa fluttuazione [che] consente la scelta e la liberazione [nasce perché] nella coscienza c’è sempre conflitto tra lo spirito di corpo sociale (uno spirito che è amore-contro, contro-amore e fautore di conflitti; e che, con il Principe di questo mondo, è «già condannato») e lo spirito di Vita (che è Carità, cioè grazia).34 Allora sia l’organizzazione sociale che il suo progresso non sono fatalità; l’uomo può farsi un problema radicale della situazione che sta vivendo, fino a decidere di separarsi da tutte le strutture sociali negative. Questo tema viene lasciato in sospeso per riprenderlo nel 5º capitolo, par. n. 15: «La scelta». Egli magistralmente dimostra che anche davanti al massimo Male, lo strapotere totalitario dei due Blocchi; essa è possibile. Ci ritorna nel par. 25 e lo sviluppa nei successivi. Ricorda S. Giovanni che predica la conversione stando fuori dalla città, cioè fuori da ogni organizzazione sociale. Nota poi che la parola «conversione» include, tra i suoi vari significati, quello del ritorno all’indietro (rispetto alla crescita «666…»). Poi ricorda le Beatitudini, che lui intende come le risposte nonviolente alle negatività sociali a tutti i livelli sociali; a queste risposte egli aggiunge la frase del «Magnificat» che una lancia contro le strutture dei potenti e presenta l’esempio di Cristo, che, per amore degli altri, si contrappone a ogni progetto di crescita infinita e di onnipotenza.

Egli si rende conto della vastità della scelta che sta proponendo al lettore: il che vuol dire che sia nell’ambito interiore che nell’ambito esteriore, tutto deve essere messo sottosopra.35 Ma è possibile ciò? La nostra speranza viene dalla relazione provvidenziale tra le due grandi scoperte del nostro secolo: Dio dice: Vedi, metto davanti a te la tua vita e la tua morte. Le due più grandi scoperte del secolo sono: la Nonviolenza e la Bomba.36 Quindi la scelta per la nonviolenza dà il significato storico più profondo alla conversione completa. Dopo di che, dal par. 36 in poi viene descritto il Bene: la nonviolenza, la storia di Gandhi e della nonviolenza nel mondo, la presentazione della Comunità dell’Arca.

I quattro tipi di sovranità possibili: un’altra grande novità teorica di LdV è l’idea delle quattro sovranità. Però, per conoscere questa idea-guida, il lettore deve aspettare il par. 60 del capitolo 4º; per di più essa è poi ripresa da un paragrafo solo e in termini un po’diversi («i quattro regimi» del n. 76). Eppure poi essa è decisiva per capire come si strutturi socialmente la lotta tra il Male e il Bene nel mondo del suo tempo. Il Male è strutturato con un conflitto antagonista tra i Paesi rappresentativi delle due sovranità, la Nazione e il Partito. Nella società il Bene si costruisce, assieme ad altri convertiti, secondo la proposta positiva che LdV presenta molto più in là, nel capitolo 5º: di fronte alle due sovranità dei Due Blocchi che dominano il mondo, la precisa alternativa spirituale e politica è una delle possibili quattro sovranità, quella gandhiana della tribù-Comunità dell’Arca (parr. 94-102). Quindici anni dopo, questa sua idea delle quattro sovranità è stata indipendentemente concepita da Galtung, che l’ha collocata a livello mondiale; il quale suggerisce la espressione più ampia: i «quattro modelli di sviluppo»; con questo nome è stata assunta da tutti i movimenti alternativi alla civiltà occidentale.

Si noti che questa sua idea ha innovato radicalmente la teoria politica, che nel passato era concepita in maniera o monista (cioè, rivolta ad affermare una sola verità politica), o dualista (cioè, come scontro di due verità politiche, con la vittoria finale dell’una sull’altra). La sua idea invece introduce la pluralità di indirizzi politici; la quale può essere mantenuta solo quando almeno uno degli attori politici non vuole la soppressione dei suoi avversari; e quindi di fatto segue una politica nonviolenta. Prima di Gandhi questa pluralità politica era pura utopia; ma Gandhi ha dimostrato che la politica nonviolenta è concretamente possibile; e ciò ha aperto la strada per realizzare la politica come coesistenza di una pluralità nelle differenze.37 Quindi l’avanzamento di LdV ha dato la risposta decisiva alla ricerca collettiva di un nuovo pensiero politico, quello nonviolento.

Ricapitolando, nel libro i due fili del discorso hanno descritto parallelamente la crescita del Male, andnado dal personale alle strutture sociali; il primo filo giunge alle istituzioni ideologiche, Scienza e Tecnica; col secondo filo alle istituzioni politiche mondiali, i Due Blocchi. Con la conversione si esce da queste istituzioni negative, per porre l’alternativa del Bene, che quindi è vista come spirituale-sapienziale e politico-strutturale. Questa conversione sia personale che sociale è fondata sull’insegnamento delle Beatitudini (par. 25 del cap. 5º) che, davanti ai mali del mondo, esprimono la scelta della nonviolenza . La quale nella società si concretizza collettivamente con una delle quattro sovranità (indicate nel par. 60 del cap. 4º): la Tribù (illustrata nei parr. 5-8 del cap. 4º) che LdV ha realizzato come Comunità dell’Arca (presentata nei parr. 94-102 del cap. 5º).

La sua analisi sociale è così centrata e profonda da fornire una coscienza storica di secoli (XIX e XX) rimasti a lungo bui (e che dopo il 1989, sono tornati ad essere oscuri anche a quella concezione marxista che dall’800 aveva preteso di possedere la conoscenza «scientifica» della storia). Essa è nuova anche perché giunge a proporre una concezione pluralista della vita politica che nel passato non era mai stata suggerita.

Il capitolo 1º può fare pensare che tutto il libro è «apocalittico» (nel senso corrente del termine). In effetti il libro rappresenta sì l’ingresso con forza di alcuni brani, anche tenebrosi, della Apocalisse nella vita spirituale; ma lo fa senza visioni globali generiche o accuse a persone della storia del passato (giustamente il magistero ecclesiale si è tenuto distaccato da tutto ciò);38 invece, di quei testi egli dà una interpretazione puntuale e dettagliata che si riferisce ai più grandi eventi storici dei cinque secoli della civiltà occidentale; in particolare, egli chiarisce il senso storico del molto controverso secolo XX (pur avendone visto solo la metà!): esso è caratterizzato dalle due grandi scoperte: la Nonviolenza e la Bomba. Non si poteva fare di più per dimostrare che quei brani di Apocalisse si adattano proprio alla storia contemporanea. D’altronde, il capitolo 5º, sulla conversione e la nonviolenza nella storia, è tanto essenziale al discorso del libro, quanto lo è il 1º; e gli fa da pendant completo. Perciò il libro è apocalittico tanto quanto il Cristianesimo è macabro nell’esporre dovunque una croce, strumento di atroce supplizio mortifero; la quale però è stato vinto dalla resurrezione, senza la quale la fede cristiana sarebbe vana. È il complesso dei due che conta, non l’aspetto negativo del Male, per quanto esso sia impressionate. Inoltre LdV rifiuta con decisione ogni fatalismo, anche spiritualizzato: è molto chiaro che per lui è l’uomo che fa la storia e la società.

9. La incompiutezza del libro

Ripensando il libro complessivamente, si nota che il 1º capitolo (che illustra il Male personale e sociale) e la seconda parte del 5º capitolo (che illustra la conversione) costituiscono le parti più chiare della sua esposizione. In effetti, queste erano le parti essenziali per invitare il lettore a convertirsi dal negativo di questa civiltà, cioè a scegliere la nonviolenza.

Gli altri capitoli presentano vari difetti. Il primo è che l’inizio del cap. 2º è del tutto diverso dai contenuti finali del cap. 1º. All’inizio del cap. 2º LdV, facendo troppo conto sull’intelligenza del lettore, non indica che il precedente discorso spirituale sul Male viene ripreso daccapo da un altro punto di vista, che è basato non più sui testi sacri, ma sulle conoscenze umane di tipo fattuale e oggettivo; e che il Male verrà visto di nuovo crescere dal livello del singolo fino al livello sociale massimo. Quindi LdV non avverte il lettore che i fili del discorso del libro sono due. Cosicché qui la sua esposizione ha un salto. D’altronde anche il punto di convergenza dei due fili del discorso (trattato nella prima parte del 5º capitolo) non è ben definito; i Due Blocchi, che rappresentano le due Bestie, non sono rapportati alle due istituzioni sociali che nel cap. 1º rappresentavano le due Bestie, la Scienza e la Tecnica, ma solo al «frutto» negativo della Scienza e della Tecnica: «la Bomba», posseduta da ambedue i Blocchi. Di solito il lettore non arriva a riflettere sul salto suddetto perché qui egli cerca soprattutto di spiegarsi la improvvisa comparsa di un tema nuovo e apparentemente leggero (rispetto ai temi enormi del precedente capitolo): il gioco. Per di più il capitolo 2º ha più parti. Inizia col gioco considerato antropologicamente (parr. 2-6), poi passa a vederlo oggettivamente come gioco diventato regolare e interattivo: il lavoro (par. 7); che nella vita sociale realizza le attività delle istituzioni (viste da LdV più o meno sociologicamente), quelle di: guerra, politica, finanza, progresso, colonialismo, scienza, industria, rivoluzione dei lavoratori (parr. 8-22). I parr. 23-24 ricollegano il tutto al precedente filo del discorso sapienziale sul Male. Ma nel mezzo ci sono svariati paragrafi che seguono la idea-guida di «svilimento» (presa da un libro di Gabriel Marcel); che non si sa se sia da uguagliare ad un particolare flagello, o se sia un male minore. Questi paragrafi vogliono essere una seconda maniera di descrivere antropologicamente il male sociale. Alla fine del capitolo LdV aggiunge il lungo par. 25, centrato sul lavoro. Esso già appare un po’strano perché sei volte più lungo della media; poi lo è anche perché il contenuto non chiarisce il titolo, «Nota complementare sul lavoro»: esso è complementare a tutto il capitolo, o ai soli argomenti degli ultimi paragrafi? Di fatto questo paragrafo vede il lavoro sotto vari aspetti: sia quello personale che quello sociale, sia come attività negativa che come rinascita sociale per costruire una economia alternativa. È una terza maniera (sostanzialmente) antropologica di descrivere il male sociale. In più, il capitolo tratta temi che appartengono a livelli diversi da quello antropologico:: quelli strutturali della storia e della Scienza, che propriamente apparterrebbero ai capitoli successivi. Infine egli introduce l’alternativa del Bene; ma solo nell’ultima pagina e con una tale radicalità di proposta e di linguaggio che risulta scioccante: solo pane, vestito, tetto e strumento di lavoro.

È quindi uno sviluppo strano quello del 2º capitolo. Che per di più non termina le sue tante note e considerazioni con una sintesi didatticamente chiara; cosicché la lettura di questo capitolo non fa capire al lettore quali idee-guida egli abbia guadagnato. Perciò il 2º capitolo, benché inizi il secondo filo del discorso, quello sociale-politico, e benché sviluppi uno dei temi più originali e preparatorio ai capitoli successivi, il gioco, alla fine risulta il meno riuscito di tutti.

Nei successivi capitoli LdV potrebbe costruire le sue analisi strutturali su questa base antropologica (del gioco e del lavoro). Invece il capitolo 3º inizia ricollegandosi al Peccato originale del 1º capitolo, quasi che il capitolo 2º non abbia importanza; in effetti nel seguito il tema del gioco resta solo nel sottofondo della illustrazione degli sviluppi del male nella vita sociale. Indubbiamente qui la ampiezza dei temi ha fatto perdere a LdV l’unità della trattazione, che non risulta sistematica. Una conseguenza di queste discontinuità è che nei capitoli successivi, per svolgere le sue analisi di tipo economico, storico e di politica anche mondiale, deve trovare volta a volta altre idee-guida; che egli estrae dalla sua riflessione estemporanea sullo specifico argomento del capitolo in questione. Il che, se non altro, rende più faticosa la lettura di questi capitoli.

Atro segno di incompiutezza è che ognuna delle idee-guida che costituiscono il primo filo del discorso sapienziale-teologale (il peccato originale, i quattro flagelli e la conversione), spazia su tutti i capitoli del libro; salvo l’altra idea guida di questo filo, la negatività delle istituzioni Scienza e Tecnica, che compare soprattutto nel capitolo 1º e poi negli altri capitoli viene solo richiamata. Addirittura ognuna delle idee-guida del secondo filo del discorso è confinata nel suo capitolo specifico (la seconda, il possesso, in pochi paragrafi), salvo richiamarla raramente. Inoltre ci sono difetti minori. Ad es., nel cap. 1º il par. 1 sui flagelli dovrebbe essere collocato dopo il Peccato originale, in modo da fare da gradino intermedio al male successivo, quello delle due Bestie di Apocalisse 13. La seconda parte del cap. 5º, dedicata alla alternativa globale è sviluppata in maniera un po’discontinua.

Tutto questo indica che LdV, quando ha finito di scrivere il libro, non lo aveva né strutturato completamente, né aveva completato la illustrazione precisa delle sue idee. Ma credo che LdV abbia giudicato i due capitoli 1º e 5º sufficientemente ben illustrati per il suo scopo pedagogico: essi introducevano bene il lettore alla scelta della nonviolenza e della comunità. Per questo motivo (e a causa del poco tempo a sua disposizione: circa tre mesi), egli ha licenziato anzitempo il libro alle stampe ben sapendo di non averlo completato. Poi dopo, essendo rimasto assorbito dalla intensa vita in comunità, quella che egli stesso, come filosofo, aveva progettato (esperienza unica nella storia, come lui si vantava di riuscire a fare), non ha avuto modo di precisare questa opera, salvo scrivere (la metà di) un altro libro39 (che approfondisce la sua interpretazione del Peccato originale, detta da lui il «pivot dell’insegnamento dell’Arca»). Infatti non ha più ripreso dettagliatamente gli altri temi del cap. 1º, né tanto meno quelli dei capitoli 2º-4º, che, da una parte, per lui erano sicuramente meno importanti e, dall’altra, erano troppo impegnativi per le sue disponibilità di tempo e di energie intellettuali.40 Cosicché in parte l’opera è rimasta tentativa; è stata ben convincente nell’indirizzare il lettore a prendere scelte di vita, ma è risultata insufficiente per la cultura occidentale; che difatti non l’ha notata.41

10. L’emersione di altre idee guida: le due dicotomie basilari

Per rimediare alla incompiutezza del libro, è importante allora indagare se egli abbia dichiarato tutte le idee-guida alle quali si è rifatto.

Ad es., la sua interpretazione del «666» come crescita all’infinito appare appropriata ad una sola delle due Bestie, quella che salendo dal mare si erge fino a bestemmiare Dio (la Scienza). È vero che il testo biblico dice che il «666» è «il nome della Bestia»; ma ciò non esclude che il «666» abbia un significato specifico per ciascuna Bestia. Riflettendo, mi sono accorto che il 666 ha anche un’altra interpretazione: se i tre 6 sono messi ai vertici di un triangolo equilatero, che è quella figura scientifica con cui di solito si rappresenta Dio, allora essi rappresentano un gruppo di (tre) uomini che vuole realizzare una vita divina (triangolo) con una organizzazione solo umana; difatti proprio così la Tecnica organizza la vita sociale: come felicità solo terrena, quasi al posto della salvezza eterna.

Due racconti biblici danno la verifica che il «666» ha proprio questi due significati. Il primo racconto biblico è quello del Peccato originale. Qui il primo significato del 666…, la crescita infinita, è confermato sia dalle parole tentatrici del serpente: «Sarete come dei» (Gn 3, 5), sia da ciò che la donna spera di ottenere dall’albero, che è «attraente per avere successo» (Gn, 3, 6). Ma anche il significato del 666 come organizzazione solo umana è confermato. Il nome del luogo biblico di quel Peccato viene comunemente detto «Paradiso terrestre»; ma sicuramente non fu terrestre; piuttosto furono Adamo ed Eva che cercarono di renderlo del tutto umano e terrestre proprio mediante il loro peccato, cioè impossessandosi anche dell’albero che essi non avevano a disposizione; con ciò essi potevano, come ha paventato Dio, impossessarsi dell’albero della Vita (Gn 3, 22) e quindi anche «della parte interna del giardino» (Gn 3, 2). Inoltre il significato del «666» come organizzazione solo umana è confermato anche dal carattere del loro atto, che fu una disobbedienza (Gn 2, 16), cioè il disconoscimento di quella organizzazione divina che era stata data a tutto il creato.42 I due significati del 666 si mantengono anche nelle conseguenze del peccato originale, le quali vanno a colpire la base necessaria per realizzare i progetti umani. Per l’uomo è: venire escluso dalla autosufficiente organizzazione del Paradiso; quindi egli sulla Terra deve compiere un lavoro all’infinito, cioè «per tutti i giorni della tua vita» (Gn 3, 17) «finché tornerai alla terra.» (Gn 3, 19), come tentativo perpetuo di riconquistare una organizzazione confortevole. Per la donna è la perdita della organizzazione del proprio corpo, che la porta a non essere più padrona di se stessa, sia per il suo tendere a farsi dominare dall’uomo, sia nell’atto supremo per continuare all’infinito la vita degli uomini: dare al mondo una ben organizzata creatura. In più la Bibbia ha rappresentato in grande questi due significati del «666» con il racconto della torre di Babele.43 È stata una novità tecnologica (l’invenzione tecnica del mattone invece della pietra naturale) quella che ha portato a progettare di costruire la torre (di altezza infinita). Inoltre lo scopo della torre era di costruire una organizzazione sociale forte: «… una città… per non essere dispersi…» (Gn 11, 4). Anche qui la conseguenza del peccato è stata di natura organizzativa; quegli uomini hanno perso ciò che è basilare per ogni organizzazione umana: un comune linguaggio (il quale è di per sé una organizzazione coerente di suoni vocali).

La seconda interpretazione del «666» non ci fa sconfinare dal pensiero di LdV; lo dimostra il par. 15 del cap. 5º, dove egli descrive i Due Blocchi, che rappresentano le due Bestie nel suo tempo storico. Mentre il primo Blocco è definito «un casinò», laddove ognuno può sperare di vincere all’infinito; il secondo Blocco è una organizzazione solo umana della nuova società socialista, che voleva realizzare il paradiso della giustizia in Terra; e che invece LdV giudica sì una organizzazione, ma di una «perfetta prigione».44

In definitiva, con la nuova interpretazione del «666» abbiamo ottenuto i due nomi specifici delle Bestie. Cosicché ora anche il loro Male sovrumano ci è noto a priori. Essendo noi diventati pienamente coscienti, essi hanno perso il loro potere di affascinare e suggestionare. Come dice l’Apostolo, questo «conoscere il nome» delle due Bestie ci dà la sapienza di sfuggire al loro dominio. Perciò, il libro della Apocalisse (che, ricordiamo, significa «rivelazione») ha rivelato come pensare spiritualmente e intellettualmente le due motivazioni profonde che spingono al Male, anche e soprattutto quando esso, originato nelle singole persone, giunge a strutturarsi al massimo livello, quello del Male mondiale. Allora la scoperta dei due significati del «666» sintetizza gran parte del’insegnamento della Bibbia; dopo di essi più nulla è necessario sapere per conoscere spiritualmente il Male del mondo umano.

Una ulteriore riflessione fa notare che le interpretazioni suddette riguardano le nostre motivazioni negative, quelle al Male. Ma, in corrispondenza ed in opposizione ad esse, la vita umana suggerisce due motivazioni opposte, quelle positive al Bene. Un attimo di riflessione ci suggerisce che esse possono essere indicate con una infinità e una organizzazione; le quali possono essere esemplificate con rispettivamente l’infinito dell’amore materno e l’organizzazione familiare, ambedue basati sull’amore convertito.45 Ma allora l’«infinito» rappresenta due alternative distinte ed opposte: o quella negativa, o quella positiva. Esso dà una vera e propria dicotomie tra Bene e Male. Pure l’«organizzazione» rappresenta queste due direzioni etiche. Si noti che queste due dicotomie costituiscono il fondamento di quel brano biblico che LdV propone come il ribaltamento delle leggi del mondo per entrare nel Bene: le Beatitudini. La loro sequenza appare composta da quattro coppie di Beatitudini; in ogni coppia la prima suggerisce una tensione positiva all’infinito (intesa come ascesi, come ricerca, come progetto sociale sul futuro); la seconda indica il subire una organizzazione negativa (che emargina, che opprime, che produce gli ultimi verso i quali avere misericordia, che produce conflitti nei quali occorre proporre soluzioni positive). La sesta colonna della tabella seguente elenca queste coppie e chiarisce le loro corrispondenze con tutte le precedenti forme delle due dicotomie.

Queste due dicotomie sono fatte apposta affinché noi scegliamo nettamente con un sì o un no per tutta la vita. Notiamo che neppure adesso abbiamo sconfinato dal pensiero di LdV. In uno scritto che precede di tre anni il libro, egli ha indicato una idea molto generale: la conoscenza decaduta mantiene il doppio segno [«marque»] della dignità divina. La «Corda della Verità» (per parlarvi come la Gîta) è tesa tra due poli. E l’uno è l’Unità. L’altro è l’Infinito. Da nessuna operazione, da nessuna affermazione della Conoscenza questi due segni sono assenti. È da loro che la Conoscenza prende valore.»46

Scelte su: Peccato Originale Simboli delle motivazioni Istituzioni sociali negative Blocchi dominanti il mondo Conversione delle Beatitudini Rifondazione della vita
Infinito «Sarete come dei» Serie: 666… Scienza USA Miti, assetati di giustizia, attivisti sociali puri di cuore,47 combattenti per la giustizia Ricerca del Sé personale
Organizzazione Disobbedienza Triangolo con tre 6 Tecnica URSS Poveri. Piangenti, misericordiosi verso gli ultimi, pacificatori Ricerca del noi sociale: la Comunità

Qui «Unità» è quella organizzazione di se stessi che è stata portata a buon fine; mentre «Infinito» è proprio lo stesso concetto di prima, però inteso come infinito solo positivo. La prima e l’ultima frase della citazione indicano che secondo LdV qui abbiamo il fondamento stesso della Conoscenza, sia prima che dopo il Peccato originale. Allora la morale proposta da tutto il libro è molto chiara: la vita è scelta; la vera vita è la scelta della conversione totale, personale e sociale; perché la conversione non è solo la scelta di un infinito positivo (ridotto as ascesi solo intimistica); ma deve essere completa; cioè è quella che dall’infinito e dall’organizzazione negativi fa passare ai corrispondenti positivi, anche sociali.

11. L’emersione di un’altra idea-guida: la struttura dei quattro flagelli e delle quattro sovranità

La scoperta delle due dicotomie non ci ha fatto fuoriuscire dalle idee-guida di LdV. Lo dimostra un altro fatto: facendo attenzione alle singole frasi del libro, si nota che LdV, quando presenta le quattro sovranità (cap. 5º, par. 60), le suddivide a coppie: Famiglia e Nazione si assomigliano, la loro unità si fonda sulla comunità di razza e di terra; la Setta e il Partito si assomigliano, essendo stabilite sulla comunità di credo e di intenzione.

È facile vedere che la «somiglianza» «di razza e di terra» (le prime due) riguarda la organizzazione materiale; e la somiglianza delle seconde due riguarda l’infinito «di credo e di intenzione» a cui tendono i seguaci della Setta e del Partito. Quindi, le quattro sovranità possibili sono suddivise a coppie proprio dalle due suddette dicotomie. Esse possono essere rappresentate graficamente indicando le scelte dei due infiniti e delle due organizzazioni come quattro punti cardinali, congiunti da due segmenti in croce; si hanno così quattro quadranti, proprio come in una bussola. Questo collegamento suggerisce che, come in mare aperto la bussola indirizza la nostra navigazione, così nell’oceano della complessa ed agitata società moderna il darci come punti cardinali le quattro scelte possibili tra Bene e Male indirizza il nostro navigare spirituale e intellettuale.

La seguente figura a bussola rappresenta al meglio quanto LdV scrive sulle quattro sovranità e le loro caratteristiche (i colori sono quelli indicati da Galtung per i corrispondenti quattro modelli di sviluppo).

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Se a questo punto si torna a fare attenzione ai quattro flagelli (par. 1 del cap. 1º), allora ci si accorge che LdV presenta anche essi suddividendoli a coppie, secondo le stesse due dicotomie: Passivi i primi due [Miseria e Servitù] perché li si subisce senza farli. Si tratta di stati di cose [cioè, organizzazioni sociali già stabilizzate], non di avvenimenti [processi dinamici]. Attivi gli altri due [Guerra e Sedizione] perché li si prepara, premedita e persegue [su tempi illimitati], comunque [sono] differenti dagli atti volontari [personali] per il loro carattere [collettivo, che per il singolo è] ineluttabile e come fatale [nel suo voler raggiungere un obiettivo superumano, infinito].

Ma allora ci si accorge che anche i quattro tipi di gioco, indicati all’inizio del cap. 2º (parr. 3-6: ébrouillement o gioco libero, gioco figurativo di imitazione, gioco regolato, gioco d’azzardo) sono divisibili secondo queste due dicotomie, ottenendo coppie di giochi simili. Infatti, quelli a libero sfogo e quelli regolati formano coppia secondo la organizzazione (o perché mancante, o perché imposta); i giochi di imitazione e quelli di azzardo formano coppia, in quanto sono rivolti all’infinito di una alterità (o una alterità che è ben nota a chi gioca, o una sconosciuta: il Caso, la Fortuna, ecc.).48 E, ancor prima della trattazione del gioco, nel cap. 1º la medesima struttura quadruplice è rinvenibile nella descrizione di come l’uomo vive quotidianamente quella dialettica tra Bene e Male che è generata dal Peccato originale. Questa dialettica quotidiana avviene tra le loro concretizzazioni immediate: Piacere e Dolore (par. 5; su di essa in definitiva si costruiscono tutte le civiltà: par. 6). Questa dialettica si realizza con i soliti quattro tipi di gioco. La ricerca del cibo, della bevanda, del buon dormire, della comodità, del piacere d’amore (parr. 7-11) sono tutti giochi agonistici con il proprio corpo o, l’ultimo, con il corpo della donna. Il dedicarsi al vestito (par. 12) è un gran gioco di imitazione. Poi il lavoro (par. 13) è un gioco assoggettato a regole. E infine tutte le forme della conoscenza (parr. 14-18) sono forme del gioco «ébrouillement». Mediante il confronto con i quattro tipi di gioco abbiamo così ritrovato la suddetta struttura quadruplice nella dialettica tra Piacere e Dolore, generata vissuta quotidianamente dal Peccato Originale.

Si può concludere che i quattro tipi di gioco (del cap. 2º), giocati quotidianamente come dialettica tra Piacere e Dolore, vanno a costruire collettivamente le quattro sovranità sociali (descritte nel cap. 4º), le cui degenerazioni portano ai quattro flagelli (presentati nei capp. 1-4) e finanche a costruire collettivamente due sistemi che dominano il mondo secondo le due scelte negative basilari: i due Blocchi (del Cap. 5º).

Passando al Bene, abbiamo già visto che ogni quaterna di Beatitudini è divisibile a coppie. Lo sono anche «i tre miracoli storici» compiuti da Gandhi (par. 46, cap. 5º), pur di tener conto che quello della «Liberazione nazionale senza effusione di sangue» in effetti riassume due miracoli storici (del tutto inaspettati dai colonizzatori): all’interno del Paese, il risollevare gli indiani dalla Miseria; e, verso l’esterno, liberarli dalla Servitù. Questo doppio miracolo ha rinnovato radicalmente l’organizzazione sociale indiana; mentre il miracolo di «Una rivoluzione senza rivolta» e quello del «Vincere una guerra fermandola» hanno bloccato la perpetuazione all’infinito di credute fatalità storiche. Allora questi quattro miracoli risultano essere le risposte di Gandhi ai quattro flagelli sociali che soffriva il suo Paese, come pure in generale a quelli sofferti da ogni altra popolazione di qualsiasi tempo. Ma allora tutto il libro è strutturato su una struttura intellettuale: quattro scelte divise in due coppie di scelte opposte. Essa c’è nel peccato originale (atto e conseguenze), nei giochi, nei flagelli, nelle Bestie/Blocchi, nelle Beatitudini, nelle sovranità e nei miracoli storici di Gandhi:49

Notiamo che l’elenco comprende sia le idee-guida del primo filo del discorso, sia le idee-guida del secondo. Ma allora questa struttura è costitutiva delle categorie basilari di ciascuno dei due fili del discorso;sia quello che presenta il Male e il Bene nella vita spirituale, sia quello che lo presenta nella storia sociale.

In definitiva, quando LdV ha scritto il libro, ha avuto nel sottofondo questa struttura; che rappresenta il risultato più profondo della sua riflessione su così tanti argomenti. Quindi ora lo sviluppo del libro appare profondamente unitario, nonostante le mancanze rimarcate in precedenza. Ancora un altro fatto ci dà la verifica che l’aver fatto emergere questa struttura non fa fuoriuscire dal pensiero di LdV: il libro che ha pubblicato la (revisione della) sua tesi di laurea,50 contiene due grafici a bussola del tipo precedente.51 In più, il secondo di questi grafici era stato già disegnato nel 1933, in uno scritto inedito.52

Quindi questa struttura intellettuale (composta dalle due scelte dicotomiche su infinito e su organizzazione e la conseguente quadruplicità), lo ha accompagnato lungo quasi tutta la vita.

12. La attualità del libro completato: l’alternativa della razionalità gandhiana oggi

Scrivendo il libro, LdV ha solo accennato a questa struttura quadruplice. Si può ben pensare che egli volesse rivolgersi all’uomo semplice per indurlo a delle decisive scelte personali, piuttosto che non cercare dei discepoli di un nuovo sistema di pensiero, presentato mediante un trattato filosofico. Però oggi, quando le prime esperienze di Comunità dell’Arca e di alternative in genere sono già nate e si sono sviluppate, noi dobbiamo completare questo suo sistema intellettuale, per giungere non solo a ricostruire completamente il progetto del libro, ma soprattutto per arrivare alla piena coscienza dei nostri tempi. Infatti nel nostro tempo i problemi visti da LdV si sono riproposti in forme nuove e apparentemente più drammatiche. Dal suo tempo quasi tutto sembra essere cambiato: sia la politica internazionale (non più i «Due Blocchi», né l’incubo nucleare immediato che essi minacciavano; ma un’unica superpotenza, la disoccupazione universale, la economia finanziaria soffocante tutti i popoli), sia la vita quotidiana (l’esplosione tecnologica delle comunicazioni interpersonali), sia la stessa costituzione dell’uomo (la capacità di trasformare il corpo con gli interventi di biotecnologia). Prima il progresso era negli oggetti esterni all’uomo; ora gli è entrato dentro e gli fa da molla costitutiva.

Di fatto, l’umanità ha accettato questa grande trasformazione antropologica che è avvenuta nel giro di neanche una generazione. E oggi la tecnologia scientifica promette di galoppare a nuove imprese di «disrupt» sociale, senza preoccupazione per l’uomo, che ormai è in sua balia. Con «il costo umano del progresso» sociale verso un futuro radioso vengono giustificate tutte le aberrazioni del momento presente. Quali aberrazioni? Quelle dei quattro flagelli che oggi hanno assunto una forma nuova: non più nati dal basso, per azione cooperativa dei singoli in specifiche istituzioni temporanee, ma imposti dall’alto del MDS dominante che deborda su ciascuno degli altri MDS: il flagello della guerra imposta dal MDS blu (così come la dittatura del proletariato imposta dal MDS rosso, la sedizione della guerra di religione imposta dal MDS giallo). Allora qui vale un parallelo con il passato dell’Italia medievale. Così come gli attori politici che insistevano sullo stesso territorio hanno dovuto superare le loro lotte locali (ad es. tra le diverse città), concordando una Costituzione nazionale che assicurava una convivenza tollerante le diversità, oggi, in un mondo ormai globalizzato e ridotto ad un villaggio, occorre eliminare i debordamenti dei MDS, soprattutto quelli del MDS dominante, in modo tale che tutti i MDS abbiano il diritto di sopravvivere.

In altri termini, oggi non è più il tempo della obiezione di coscienza, con la quale le persone con idee radicalmente diverse dalla stragrande maggioranza chiedevano di essere ammesse alla pari nella società nazionale. Né è più cruciale il problema politico di compiere una rivoluzione che faccia conoscere la possibilità di un MDS diverso, perché il tempo della nascita degli altri MDS è passato (1919, 1989, 2011). Ora il problema politico cruciale è quello della sopravvivenza dei diversi MDS; essa deve essere guadagnata con lotte su temi specifici, contro gli obiettivi mitici di qualche MDS che toglie agli altri gli spazi vitali necessari per un sano pluralismo.

Allora, non più Bombe nucleari e altre armi di distruzione di massa; no alla guerra contro i popoli, casomai da risolvere con l’ONU (non con la NATO); no alle guerre contro la natura (tecnologia invasiva, inquinamenti irreversibili, ecc.); no alle dittature (fosser’anche del proletariato o di una autorità religiosa); no alla guerra di religione; no alla miseria e alla fame nel mondo. Tra tutte queste lotte oggi sono decisive quelle contro i deborda menti del MDS dominante, quindi contro le armi nucleari, le centrali nucleari e gli OGM, cioè le imposizioni a tutti di un particolare tipo di sviluppo sociale, dichiarato dall’alto unica via «scientifica». Per cui esse si scontrano con un muro, la Scienza e la Tecnica presentate come uniche per tutti, universali; e quindi annullanti ogni alternativa.

Allora contro questo muro è decisiva la lotta diretta, quella ideologica, contro la Scienza mitizzata come unica. Dal 1968 questa lotta è stata vinta nelle scienze più abbordabili (agricoltura alternativa, medicina alternativa; antropologia invece della sociologia). Ma non ancora in Economia, Biologia, Chimica e Fisica, le scienze che danno la ossatura all’attuale società tecnocratica. E che invece debbono essere assoggettate ad una visione etica dell’umanità. E quindi debbono essere divise nelle parti da scegliere o scartare, da preferire o da lasciare indietro. Perché anche la scienza «dura» non è una. Basti notare che, dopo ben tre secoli di meraviglioso sviluppo della Fisica, nel secolo XX la Biologia è nata come scienza del tutto diversa — sia nei metodi sperimentali (a parte alcune tecniche di indagine) sia nelle tecniche matematiche -, come se l’esperienza scientifica precedente non avesse avuto nessuna importanza (in effetti anche prima, alla fine del 1700, Lavoisier e Dalton avevano iniziato la Chimica come teoria del tutto diversa dalla portentosa Meccanica). Anzi, all’inizio del 900 la trionfante teoria fisica ebbe una crisi fondamentale che l’ha costretta a passare dalla concezione del mondo che aveva assolutamente certificato lungo i due secoli precedenti ad una concezione completamente diversa (ad es. dappertutto quanti, anche senza massa!).

Ma allora è chiaro che questa Scienza nei tempi brevi si impone come un assoluto indiscutibile; però nei tempi lunghi risulta un mito. Ma sui tempi lunghi nessuna democrazia, determinata dal ritmo delle elezioni ogni 4-5 anni, ha capacità di intervento; neanche, a livello mondiale l’attuale ONU (già è politicamente debole; inoltre è costituzionalmente vincolato alla giurisprudenza e quindi è estraneo alle scelte etiche; e infine si deve basare sui fatti compiuti e quindi non può prevenire i rischi della Scienza). Certamente la Scienza è un prodotto degli uomini; ma oggi l’umanità non sa né scegliere, né agire su di essa. Proprio per coprire questa inefficienza (etica-politica) si mitizza la scienza come unica propagandando la ingenua visione infantile della scienza basata sulla curiosità, del lavoro degli scienziati come gioco e delle scoperte come inevitabilmente benefiche.

La grande lezione di LdV, ottenuta attraverso Apocalisse 13, è di aver fatto conoscere il nome negativo della Scienza (il «666…») e anche quello negativo della Tecnica (i tre 6 a triangolo). La lezione di quei nomi è semplicemente che Scienza e Tecnica non debbono essere poste come autorità astratte e sovrastanti l’umanità, ma sono soggette all’etica.; e quindi debbono essere messe sotto controllo e addomesticate, così come l’umanità ha fatto migliaia di anni fa con gli animali, scegliendo quelli domestici ed educandoli alla vita degli umini. Ma questa etica non è quella delle scelte individuali (che sempre vale per quei singoli che decidono se dedicare la vita a questa scienza o no) poiché la Scienza può svilupparsi in un qualsiasi laboratorio o biblioteca, è l’etica delle scelte collettive a livello mondiale. È possibile oggi una politica mondiale che compia scelte etiche sulla Scienza? E, se sì, quali sono gli attori di queste scelte etiche? L’ostacolo politico principale è Ma dopo la nascita nel 1919 del MDS rosso, nel 1989 del MDS verde e nel 2011 del MDS giallo attraverso specifiche rivoluzioni di interi popoli, nessuno di questi MDS si è concretizzato in Stati o formazioni sociali stabili. Tuttora le istituzioni che andranno a costituire, secondo lo schema già indicato, i quattro modelli di sviluppo (MDS) cercano di emergere dal basso.

Benché oggi tutti noi ne siamo coinvolti, la politica internazionale è decisa solo dagli Stati, che per di più agiscono singolarmente. Gli Stati non si lasciano guidare dall’unica istituzione politica mondiale, l’ONU, che ancora è molto debole, ma si lasciano guidare dalle istituzioni internazionali di parte (quelle militari, economiche, finanziarie); cosicché la politica degli Stati non solo va contro il potenziamento dell’ONU, ma va anche contro i loro stessi popoli (vedi ad es. la loro imposizione della politica dell’austerità con la quale gli Stati sottostanno alle rapine delle Banche). In questo contesto anarchico e profondamente ingiusto, almeno le istituzioni religiose non potrebbero essere protagoniste di questa battaglia decisiva per la storia dell’umanità? In generale, esse non sembrano superare il rinnovamento della Chiesa cattolica, avvenuto negli anni ’60 con il Concilio. Esso si sta completando con il papa Bergoglio, che ha riproposto con forza il problema di quegli anni: quale risposta dare alla attuale modernità, fuori e dentro la Chiesa? Egli ripropone l’atteggiamento eminentemente antropologico del Concilio; si slancia anche a cogliere aspetti strutturali della vita moderna, a rischio di essere tacciato di «comunista». Con ciò dà cittadinanza nella Chiesa a qualsiasi fedele che si ponga come «francescano». Ma finora questo papa non ha saputo giungere ad una analisi strutturale della società.53

D’altronde sul tema Scienza e Tecnica anche il Concilio non fu chiaro. Virò bruscamente dal (cieco) rifiuto del progresso scientifico alla sua accettazione acritica. Certo, quello era l’ultimo tempo per accettare Galilei e tutto quello che c’era di buono nel progresso occidentale e così non farsi sorpassare dalla fase successiva della globalizzazione (come invece è avvenuto per l’ebraismo ortodosso e per l’Islam). Ma di fatto ha rinunciato ad una critica etica della Scienza. Quando ci si è provato a proposito della «pillola» anticoncezionale, la questione è stata risolta male (atto di autorità del papa e scisma pratico dei fedeli), tanto che quel tema è diventato una pietra d’inciampo per la risoluzione di ogni altro problema scientifico-spirituale. Da allora ci si è limitati a tagliare le unghie alla tigre, senza capirne la natura e quindi senza prendere scelte. Proprio per non sapere fare delle scelte etiche sulla Scienza, la Chiesa procede secondo una ambigua unità sulla struttura della Chiesa, rimasta monarchica, senza dare autonomia al modello di chiesa della tribù, o delle comunità apostoliche di base. Né nel frattempo qualcuno ha prodotto una analisi sapienziale della Scienza che sia comparabile con quella del libro I Quattro Flagelli; che resta insuperata e unica per indirizzare spiritualmente i credenti e più in generale, quelli che coltivano una vita interiore. Pertanto è stato posto piuttosto il problema politico, però non dal Cristianesimo, ma dall’Islam: una etica autonoma (cioè, per l’Islam la sharia) è compatibile con lo Stato occidentale e con il suo progresso? Già alcuni Stati hanno tentato di rispondere: Tunisia per l’Islam, Bolivia, Costa Rica, e altri per il MDS verde. Quindi la partita è aperta e può essere risolta; ma richiede un grande sforzo politico collettivo, perché si tratta di compiere una maturazione storica.

Se si fosse nati prima di Gandhi, il problema della liberazione dell’India non avrebbe avuto una soluzione immediata; la si poteva solo preparare in maniera limitata. Analogamente, oggi non c’è una soluzione immediata ai grandi problemi indicati; ma ci potrà essere tra poco, quando si formeranno gli attori politici mondiali (MDS) che potranno prendere le decisioni fondamentali per una nuova vita dell’umanità, senza delegarle ad un oscuro progresso scientifico e tecnologico, lasciato incontrollato. La nascita di questi attori è oggi impedita dalla sopravvivenza dell’unica superpotenza sopravvissuta alla guerra tra i due Blocchi. Ma LdV ha previsto (cap. 5º, parr. 18-24, 42-45) la «caduta dell’eroe occidentale», che, per essere onnipotente, persegue un suo fatalismo attivo, tanto che si crea la decadenza con le sue stesse mani. E, sulla base di precisi parametri sociali, Galtung ha aggiunto la data ultimativa di questo crollo: 2020.54

E nel frattempo? Rispondo con un’altra domanda: che si fa, da nonviolenti, durante una guerra? Primo, si cerca di sopravvivere, come tutti gli altri. Secondo, si cerca di fare quello che i vincoli di una guerra permettono. A giudicare da come, in Italia durante l’occupazione nazista, si è sviluppata un resistenza anche non armata e nonviolenta,55 c’è da concludere che non è poco quello che si può fare. E oggi ce lo testimoniano tutte le associazioni che sviluppano una attività alternativa al MDS occidentale (Greenpeace, Amnesty International, Agricoltori biologici, ecc.).

13. La selezione dei brani del libro

Abbiamo visto che la esposizione di LdV ha dei difetti notevoli. Oggi, per formulare compiutamente questo suo progetto, occorrerebbe innanzitutto riformulare soprattutto i capp. 2º-4º secondo le due dicotomie, quella dell’infinito e quella dell’organizzazione. Inoltre occorrerebbe riordinare le sequenze dei paragrafi di più capitoli; poi, per completare le mancanze, occorrerebbe aggiungere nuovi paragrafi su punti cruciali dei capitoli di antropologia e economia. Il che è un grosso lavoro, più da collettivo di esperti su tutte le varie discipline coinvolte, che da singola persona. Ma intanto si può compiere una operazione più modesta e immediata, anche se dolorosa: ridurre il libro a quelle parti che sono più significative, quelle che mettono in luce la sua struttura di base, così da indicare al meglio tutti i contenuti strutturali della sua esposizione. Il costo è di tralasciare alcune parti che indicano la vastità della visione di LdV, ma che sono meno legate all’ossatura del libro.

Per indicare come compiere questa operazione premetto una descrizione dettagliata delle parti più rilevanti. Il capitolo 1º resta tutto; ma deve essere ordinato meglio nei paragrafi, in modo che i quattro flagelli vengano presentati dopo il peccato originale, cioè in fondo al capitolo, prima di Apocalisse 13. In più c’è da inserire la seconda interpretazione del 666, in modo da guadagnare subito le due dicotomie, che, ritornando un attimo sui quattro flagelli, potrebbero indicare subito la struttura quaternaria; e così ottenere, a conclusione del 1º capitolo, tutto lo schema di base. Il paragrafo sul tradimento dell’Occidente prende tutto il suo significato dopo Apocalisse 13, a conclusione del capitolo.

Il capitolo 2º può conservare le presentazioni dei tipi di gioco, che fa partire il filo del discorso oggettivo e che, con i quattro giochi, conferma la struttura quaternaria basilare. Poi alcuni suoi paragrafi, quelli (7-10) che proseguono la crescita del male dall’individuo all’interpersonale del lavoro nella società, sono utili. Ma il resto del discorso è troppo ampio, troppo datato e troppo da ripensare anche in termini di scelte basilari. Del capitolo 3º i paragrafi della crescita dal possesso ai flagelli sono 1-6, 44, 50, 54, 66, 68-69. Sono di straordinaria attualità i pochi paragrafi sulla finanza, quasi una profezia della crisi attuale. Del capitolo 4º restano i parr. 2-3, 5-9, 21, 27, 29, 47, 57-58, 60, 68, 70-71, 76, 79-81 sono da mantenere (assieme a qualcun altro). La parte della presentazione delle tribù è essenziale per incominciare a presentare quella che poi verrà privilegiata tra le quattro sovranità, illustrate nel par. 60. Il quinto capitolo è tutto da conservare. È vero che l’analisi dei Due Blocchi è datata; però è la prima applicazione storica di Apocalisse 13 e come tale ha sempre da insegnare. Una applicazione alla situazione attuale (la finanza come Scienza e computer e internet come Tecnologia) sarebbe da fare, ma richiede anche una certa creatività. Comunque i parr. 1-24 possono essere ben staccati dagli altri, mettendoli come capitolo a sé stante perché i restanti 78 paragrafi sono già tanti per il capitolo finale (potrebbero essere eliminati solo i paragrafi 41-45).

Di fronte questo quadro complesso semplificato, ma ancora complesso, c’è una soluzione ancor semplice e che non è semplicistica: scegliere i soli capitoli 1º e 5º, riordinandoli al meglio. Il sacrificio è tutto sul secondo filo del discorso; ma di esso resta la esemplificazione strutturale data dai due Blocchi, in continuità con le due Bestie di Apocalisse 13.

14. Appendice: Le mancanza del libro a livello dell’etica oggettiva

Dal punto di vista della nonviolenza, il libro è manchevole su due punti. Il primo è la definizione di nonviolenza. Quella data nel par. 70 del cap. 5º (che già è dichiarata il rimedio ad una ritrattazione), è stata poi ritrattata dall’autore. Tra la sessantina di definizioni che si incontrano nei suoi libri, quella di «Non uccidere» è quella che mi risulta la più appropriata, anche se lui la usa poche volte.56

Il secondo è una teoria della soluzione nonviolenta dei conflitti. In termini emotivi ne dà descrizioni eccellenti (anche quella dei parr. 66-78 del %° capitolo), ma non le teorizza, se non lentamente per giungere ad un paragone con una bilancia a due bracci, il cui punto di equilibro è tanto più elevato quanto più sono distanti i pesi. Certamente l’idea è ottima, ma è poco. Anche in Comunità si ricorreva alla «palabra africana» (un giudice esterno a cui ognuno separatamente raccontava tutto e che poi decideva in maniera inappellabile). Dopo la sua morte la Comunità non ha saputo risolvere veramente i suoi conflitti: o un abbracciamoci tutti, o giochi di ruolo appresi da altre esperienze. Ma nel 1959 non si poteva chiedere troppo a LdV (come a Capitini, don Milani, Galtung e Sharp). Perciò il compito di chiarire ambedue i punti era casomai dei suoi discepoli o dei seguaci della nonviolenza (J. M. Muller ad esempio ci ha provato).

Piuttosto tutta l’esposizione del libro incontra una obiezione basilare. LdV tratta il Male nel mondo e in tutti i tempi, sulla base dei testi sacri dell’Ebraismo e del Cristianesimo; ma non ha forse dimenticato il sistema di pensiero specifico per questo tema, l’etica? E in particolare non ha forse dimenticato i dieci Comandamenti degli abramici (ebrei, cristiani e islamici)? In effetti, egli ricorda il 5º comandamento, «Non uccidere» nel par. 44 del cap. 5º (e in pochi altri scritti), ma lo fa solo brevemente e a cose fatte. Eppure i comandamenti sociali gli avrebbero dato dei grandi vantaggi.

1) Il «Non uccidere» gli avrebbe dato modo di ricordare quanto ha affermato nel commento al Vangelo: che l’insegnamento centrale («Non resistete [col male] al nemico»; tradotto in positivo: «Amate i vostri nemici»), che fin allora era stato inteso come insegnamento in senso personale o al più comunitario, diventa un insegnamento sociale (ad es. combattere la guerra); il che va a completare tutto il Decalogo; il che, se elevato ad atteggiamento generale, va a coincidere proprio con quello della nonviolenza, dalla quale tutto il libro è ispirato; e alla scelta della quale esso è finalizzato.

Era quindi era tutto un nuovo Cristianesimo che si andava a scoprire: quello di una sequela di Cristo che consiste nel ripetere la sua lotta contro il peccato strutturale (delle guerre) e più in generale contro tutte le istituzioni negative in genere. Infatti la missione di Cristo non è stata quella di abolire la legge, ma di perfezionarla: ha allargato la portata della legge valida fin allora nell’ambito solo individuale a quella che invita a sfidare il male che nella società si è strutturato nelle istituzioni (innanzitutto quella delle guerre). Se avesse fatto ciò, LdV avrebbe dichiarato lo stesso passaggio allo strutturale che Gandhi aveva compiuto con l’insegnamento della nonviolenza, che prima di lui era stata intesa solo a livello personale e con al natura. E l’insegnamento cristiano sarebbe apparso del tutto consono con la nonviolenza, fino a coincidere con essa. Ma questo insegnamento, essendo l’essenza del Cristianesimo è rimasto implicito, perché lo aveva già espresso nel libro sul Vangelo;57 e comunque era troppo specifico di una sola religione; inoltre era troppo ampio per essere inserito in un contesto di ampiezza già enorme; Ma oggi esso deve essere sottolineato, perché ne va della direzione della stessa tensione a comprendere la realtà strutturale: al peccato strutturale radicato nella società non si risponde con una logica solo umana, ma con una logica anche spirituale, che è in piena continuità con quella che libera dal peccato originale.

2) I comandamenti sociali (dal 5º in poi) riguardano dei mali oggettivi, che appartengono al livello interpersonale; il quale è intermedio tra il livello del male soggettivo-personale (peccato originale) e il livello del male sociale-strutturale (i quattro flagelli, le due Bestie).58 Se LdV avesse incluso questi mali intermedi, il suo libro avrebbe presentato la crescita del Male in maniera più graduata e favorendo una esposizione più chiara.59

Ma è anche vero che, se egli si fosse richiamato ai Comandamenti avrebbe avuto degli svantaggi:

  1. Si sarebbe legato alle sole religioni abramiche, per di più secondo un’etica che agli occidentali di quel tempo appariva molto impositiva e precettistica. La preoccupazione di LdV di porsi a livello interreligioso universale (induismo per primo), lo ha portato forse a sacrificare la linearità della sua analisi?
  2. Se avesse legato i peccati sociali, istituzionali, strutturali alle singole azioni negative, avrebbe sostenuto che il male strutturale dipende solo dai malfattori; mentre invece una sua tesi fondamentale è che il male strutturale è tale che in esso tutti sono immersi, buoni e cattivi, onesti e disonesti; anzi, le guerre avvengono proprio perché ciascuno continua a fare il proprio lavoro coscienziosamente (dentro una struttura che è negativa).
  3. Evitando il livello del Male oggettivo, LdV ha trattato due soli livelli: quello soggettivo — sia del peccato originale; sia quello della conversione — e il livello strutturale — dei flagelli e poi di Apocalisse 13.

Così il messaggio del libro si gioca tutto sulle due polarità: personale e strutturale. Lasciando vuoto il livello oggettivo, LdV ha drammatizzato il problema della scelta tra il subire un fatalismo collettivo del male e la propria liberazione (così come dice il titolo del 5º Capitolo). In altri termini, l’invito di LdV al lettore di scegliere radicalmente non si lega a norme oggettive che non siano state maturate dalla sua personalità, o che non trovino l’accordo di tutti. LdV non lascia che la sua decisione possa tergiversare su una etica tradizionale di singole azioni temporanee. In effetti questo è l’atteggiamento da un profeta che chiede decisioni drammatiche, non di un predicatore che vuole preservare gli altri da singoli atti.

3) Ma c’è un’altra considerazione importante. Gli altri suoi scritti, a incominciare dalla tesi che ha scritto al posto dell’amico,60 dicono chiaramente che egli concepiva l’etica in maniera molto diversa da quella tradizionale. Egli rifiutava la giustizia calcolistica (del numero dei mesi di prigione in proporzione agli atti negativi compiuti). Piuttosto la sua giustizia discendeva dal Vangelo, cioè da una conversione; e quindi da una scelta di vita che aveva con sé tutto un programma, non solo personale, ma anche rifondativo della società. Una volta dato questo programma di alternativa sociale, da esso discende con naturalezza la giustizia degli atti oggettivi. In definitiva, LdV riteneva che un uomo adulto e pienamente cosciente della partita etica in cui la sua vita si andava ad impegnare, viene trascinato dal futuro ancora incognito a compiere una serie di azioni che sono positive rispetto ad esso; e quindi l’uomo sviluppa la sua vita più con la libertà che con vincoli o con imposizioni autorevoli (d’altronde, la Bibbia parla di Decalogo, dieci Parole sapienti, non comandamenti). Perciò l’etica non è più solo quella obiettiva sulle singole azioni, uguale per tutti; ma dipende soprattutto dal programma che ciascuno si è scelto. Infatti, una volta che lo strutturale è stato definito nella sua completezza panoramica delle quattro sovranità e delle due dicotomie, la etica diventa specifica del progetto di sovranità (o MDS) che si sceglie.61 Nel suo caso, l’etica è quella della sovranità della tribù e quindi è esemplificata in quella dei Comandamenti della tradizione ebraica e cristiana; i quali così ritornano ad essere proposti, ma in una posizione relativa, non universale rispetto a tutte le fedi. Casomai la sua etica è espressa al massimo grado dalla Regola per gli appartenenti alla Comunità dell’Arca. Questa regola è ancor più stringente dei Comandamenti, perché, tanto per cominciare, si esprime con sette voti sul futuro (di un anno, di sette anni, perpetui). Perciò l’atteggiamento di LdV, lungi dall’essere permissivo, è volontaristico. Di ciò è una chiara espressione il primo voto: lavorare su se stessi per «la conoscenza, il possesso e il dono di se stessi».62


  1. Giovanni Giuseppe Lanza di Trabia (1901-1981) scelse come nome d’arte Lanza del Vasto. Diventato negli anni 1937-38 discepolo di Gandhi (ne fu l’unico occidentale e l’unico cattolico), fu chiamato da lui Shantidas (servitore di pace). Tornato in Europa ha fondato, prima in Francia e poi in altri Paesi, comunità gandhiane, che vogliono applicare il suo insegnamento di nonviolenza a tutti i livelli. ↩︎

  2. Il suo soggiorno in India è raccontato in maniera molto suggestiva dal libro Lanza del Vasto, Pellegrinaggio alle Sorgenti (orig. 1943), Il Saggiatore, Milano 2005. ↩︎

  3. Lanza del Vasto, Commentaire à l’Evangile, Denoël, Paris 1951 (tr. it. della sola parte della Natività: In Fuoco e Spirito, La Meridiana, Molfetta 1991). ↩︎

  4. Lanza del Vasto, I quattro flagelli (orig. 1959), SEI, Torino 1996. Si noti che la indicazione della pagina di una citazione da questo libro è quella della traduzione italiana, ma in generale la traduzione indicata è la mia. ↩︎

  5. Il libro di V. Lanternari, Occidente e Terzo Mondo, Dedalo, Bari 1972, illustra bene l’impatto della civiltà occidentale su molti popoli e culture, ponendo in risalto la originalità della risposta di Gandhi. ↩︎

  6. M.K. Gandhi, Hind Swaraj, Amhedabad 1909 (messo al bando dal regime inglese. Tr. it.: Civiltà occidentale e rinascita dell’India, Movimento Nonviolento, Perugia 1980; Vi spiego i mali della civiltà moderna, Gandhi, Pisa 2009). ↩︎

  7. A. Drago: «Il Concilio Vaticano II e le riforme delle religiosità compiute dai maestri della nonviolenza», Gregorianum, 95/2 (2014) 295-325. ↩︎

  8. Esistono solo due rapide descrizioni dei suoi contenuti: P. Ricci Sindoni, «Introduzione» alla edizione italiana del libro (pp. xiii-xxii) e P. Trianni, «Nonviolenza come profezia e come lettura della storia in Lanza del Vasto», in D. Abignente e S. Tanzarella (edd.), Tra Cristo e Gandhi. L’insegnamento di Lanza del Vasto alle radici della nonviolenza, San Paolo, Cinisello Balsamo MI 2003, pp. 235-294. ↩︎

  9. Lo indica anche l’originale titolo del libro con cui egli ha presentato la sua Comunità: L’Arca aveva per vela una vigna, (orig. 1978), Jaca book, Milano 1980. ↩︎

  10. Lanza del Vasto, La Trinità Spirituale (orig. 1971), Gandhi, Pisa 2014, p. 138. ↩︎

  11. Oltre che per la divergenza di Jo Pyronnet da lui. Su di essa vedasi A. de Mareuil, Lanza del Vasto. Sa vie, son œuvre, son message, Dangles, St.-Jean-de-Braye 1998, pp. 296-297. Questo libro è una ottima biografia di LdV; l’autore, avendo vissuto con lui nella Comunità madre dell’Arca per decenni, ha potuto cumulare una gran quantità di particolari della sua vita. ↩︎

  12. Lanza del Vasto, L’Arca aveva una vigna per vela, op. cit., p. 24. Un ricordo analogo è espresso in Lanza del Vasto, «Scienza e nonviolenza», in A. Drago (ed.), Il pensiero di Lanza del Vasto. Una risposta al XX secolo, Pozzo di Giacobbe, Trapani 2010, pp. 210-211, però anticipando l’idea a prima del viaggio in India. In effetti anche la tesi, che egli, ancora studente universitario, ha scritto al posto del suo amico Giovanni Acquaviva (Una concezione dell’etica e del diritto, Università di Pisa 1925, n. 3015), conteneva molti temi trattati poi dal libro: il male, la civiltà, la tribù, la piramide sociale, lo Stato, la Giustizia e la Legge, l’economia, il gioco e gli affari, Diritto, Etica, giustizia punitiva, Vangelo, riforma radicale del sistema giuridico. Anche lo stile letterario, frammentario e drastico, è lo stesso di molte parti del libro. Quindi il libro del 1959 ha realizzato un progetto ben radicato nella sua vita intellettuale. ↩︎

  13. Di fatto, due anni prima dell’uscita del libro, egli aveva editato quel libro di Gandhi in francese (Leur Civilization et Notre Délivrance, Denoël, Paris 1959). Ne ha scritto una introduzione che probabilmente non ha d’uguali per profondità ed equilibrio; la si trova in italiano nella edizione del Mov. Nonviolento, op. cit., pp. 8-22; è tradotta in inglese in Gandhi Marg, 31, n. 2, 2009; e in M.P. Mathai e J. Moolakkattu (edd.): Exploring Hind Swaraj, Gandhi Peace Foundation, New Delhi 2009. ↩︎

  14. Il biografo (A. de Mareuil, op. cit.,. p. 198) dice che fino al 1947 LdV voleva scrivere Les sept causes de la Guerre. Poi probabilmente ha avuto un aiuto da un testo di J.M. de St. Illeuc, che espone una critica del mondo moderno su una base biblica molto simile a quella di LdV (quell’autore giudica una idolatria il rapporto della nostra civiltà con la macchina e, citando un libro di Garet Garrett (Le soleil entre les main, Domat, Paris 1946), chiama la Bomba atomica «Ultimo idolo»). LdV lo ha riportato nella piccola rivista per i suoi seguaci, Nouvelles de l’Arche, 6 (1957) n. 3, pp. 33-37; ma ha aggiunto che non sapeva nulla dell’autore di questo testo e che aveva solo preso l’articolo da una rivista di una dozzina di anni prima. Sull’autore statunitense, che fu un ben noto giornalista, conservatore libertario, vedasi http://en.wikipedia.org/wiki/Garet_Garrett. Per altri particolari e anche per altre considerazioni sul libro di LdV vedasi il mio scritto: «I Quattro Flagelli di Lanza del Vasto: le sue categorie politiche e intellettuali», in A. Drago, Il pensiero di Lanza del Vasto, op. cit., pp. 127-150. ↩︎

  15. Lanza del Vasto, La Montée des Âmes Vivantes, Paris 1968, p. 260. Il brano prosegue con le parole: «Quanto alla rottura dell’unità, dell’ignoranza e della perdita del Me, ne abbiamo trattato in un altro libro»; che è Lanza del Vasto: Introduzione alla vita interiore (orig. 1962), Jaca book, Milano 1979, il quale tratta il lavoro interiore per superare la inclinazione al male e sviluppare l’alternativa a livello personale. ↩︎

  16. Sappiamo dal suo biografo (A. de Mareuil, op. cit., pp. 255-257) che quando decise di realizzare il progetto del suo libro, egli dovette sacrificare la Comunità, andando a studiare in una biblioteca di Marsiglia per alcuni mesi. ↩︎

  17. J.M. Muller, Il principio nonviolenza (orig. 1995), Plus, Pisa 2004, ha tentato una ampia sintesi; ma ha eliminato la spiritualità, sostituendola con la ricerca filosofica; la quale per di più ha ignorato sia LdV che Capitini. Questi già nel dopoguerra aveva fondato la nonviolenza proprio sulla filosofia: «L’avvenire della dialettica», in G. Cacioppo (ed.), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977, pp. 187-194. Egli ha anche tentato di costruire una religione politica e una politica religiosa; ma la sua apposita riforma di religione oggi appare incompiuta (A. Drago, «Aldo Capitini, riformatore religioso-politico», in M. Soccio (ed.), Convertirsi alla nonviolenza?, Il segno dei Gabrielli, Verona 2003, pp. 125-139. Solo Galtung potrebbe arrivare a una visione globale della nonviolenza, se mettesse ordine tra i suoi 180 libri, ognuno dei quali presenta, anche con importantissime innovazioni, un aspetto diverso della nonviolenza. La sua bibliografia è sul sito «Johan Galtung Transcend»: https://www.transcend.org/galtung/#publications↩︎

  18. Anche Papa Ratzinger nella Spe Salvi (2007) n. 21 compie una analisi del periodo Leninista come indicativa della fallimento della fascinosa ma errata ideologia marxista. ↩︎

  19. Se ne può vedere un esempio nel dialogo tra un nonviolento ed un buddista (pur rinnovato): J. Galtung — D. Ikeda, Scegliere la Pace, Esperia, Milano 1996. ↩︎

  20. Precedenti si possono trovare in S. Francesco, Etienne de la Boétie, Thoreau, Tolstoj. ↩︎

  21. Un confronto con quella del teologo Jürgen Moltmann è nel mio scritto: «Dalla teologia all’etica della speranza cosmica: una rifondazione della religiosità cristiana», in E. Garlaschelli, G. Salmeri e P. Trianni (edd.), Ma di’ soltanto una parola… Economia, ecologia, speranza per i nostri giorni, Educatt, Piacenza 2013, pp. 291-308. ↩︎

  22. M.K. Gandhi, op. cit., inizio del cap. X. ↩︎

  23. Vedasi ad es. G. Riconda et al. (edd.), Il peccato originale nel pensiero moderno, Morcelliana, Brescia 2009. La interpretazione di LdV si avvicina molto a quella di Nicolò Cusano. Invece è opposta a quella che è dominante nel mondo anglosassone: la disobbedienza dell’uomo era necessaria affinché egli arrivasse ad avere la conoscenza; vedasi ad es. E. Fromm: La disobbedienza e altri saggi, Mondadori, Milano 1982. Per LdV la conoscenza era già innata nell’uomo, anzi egli aveva il linguaggio adamitico, tale da dare il nome di ogni animale cogliendone l’essenza (Gn 2, 19-20). ↩︎

  24. A. de Mareuil (op. cit., pp. 301-302) indica che è stata ottenuta ponendo in contrasto i nomi dei due alberi del Paradiso terrestre: Conoscenza-del-Bene-e-del-Male e Vita; c’è una conoscenza in armonia con la Vita e una che approfitta della Vita. Il senso del Peccato originale come un approfittarsi («tirer à soi») è stato poi ritrovato da LdV (La Montée des Âmes Vivantes, Denoël, Paris 1968, p. 244) nella concezione di Toynbee (A. J. Toynbee: La civiltà nella Storia, Einaudi, Torino 1950; Idem: Civiltà al paragone, Bompiani, Milano 20033). ↩︎

  25. LdV evita di parlare di peccati, che in molte fedi (ad esempio quella indù) sono in sottordine. Per semplicità, utilizzerò quel termine perché è corrente nel mondo cristiano. ↩︎

  26. Solo dopo trenta anni un papa ha riconosciuto il peccato strutturale (quello nel mondo diviso in Nord e Sud. Sollicitudo rei socialis 1987, nn. 36-37; poi il n. 38 definisce non molto bene la conversione). Pur tuttavia l’idea non è stata acquisita dalla pastorale ecclesiale, né è seguito un dibattito tra teologi (vedasi González-Carvajal Santabárbara: «Le strutture di peccato e la carità politica», Rivista di Teol. Morale, n. 174 (2012) pp. 261-280). ↩︎

  27. Lo indica anche Papa Benedetto XVI, citando in proposito Adorno: Spe Salvi n. 22 (2007). ↩︎

  28. Di solito il giudizio negativo di LdV sulla istituzione sociale Scienza fa nascere reazioni di tipo intransigente. L’intransigenza è indicativa di una visione del progresso che appartiene più ad una fede che ad argomentazioni razionali. Di fatto, si può stilare un bilancio a consuntivo della scienza moderna e notare che, assieme a tanti benefici (soprattutto individuali), essa ha compiuto una serie di errori consolidati (specie collettivi). Vedansi i miei scritti «Affidarci alla scienza? La lezione del nucleare e quella di Jonas», Biologi Italiani, 32, lu. 2002, pp. 13-21 e «An ethical dilemma in science: May people trust on a scientific truth as a leading idea?», in S. Dumontet e L.H. Grimme (edd.), Biology, Biologists and Bioethics. Concerns for Scientists, Politicians and Consumers. Foxwell and Davies Italia, Milano 2004. ↩︎

  29. Anche il papa Francesco ha sottolineato i mali del progresso occidentale nella Laudato sii (2015). ↩︎

  30. Quante ne ha ad es. ogni numero irrazionale, come quello che esprime il rapporto tra la diagonale e il lato di un quadrato: √2. ↩︎

  31. A. Koyré, Dal Cosmo chiuso all’Universo infinito (orig. 1959), Feltrinelli, Milano 1970. ↩︎

  32. Era appena uscito il libro, poi famoso, di R. Caillois, I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine (orig. 1958), Milano: Bompiani 1981. Rispetto ad esso, la principale novità è di chiamare con un nome significativo, «èbrouillement» quel tipo di gioco che Caillois chiama con un nome esoterico e restrittivo, «ilinx». La suddivisione dei giochi di LdV permette un avanzamento decisivo della Teoria del gioco, che sarà indicato nel par. 11. ↩︎

  33. Egli poteva verificare la sua identificazione ritrovando le sette teste della Bestia che sale dal mare nelle diverse branche della Scienza (Matematica, Fisica, ecc.) ; ma il costo era una trattazione inedita e complessa del passaggio del Male al simbolico, all’intellettuale e poi allo scientifico e al tecnico (Lo ha tentato J. Galtung, «Social structure and science structure», Int. J. Critical Sociology, 1 (1974), 93-125; anche in Ideology and Methodology, Eijlers, Copenhaven 1976, pp. 13-40, 247-251). Piuttosto egli, dopo il 1º capitolo, si è basato sulle conoscenze «scientifiche» più comuni, quelle di antropologia, economia e politica; sul Male realizzato dalla intellettualità più sofisticata, la Scienza, che si realizza socialmente con la Tecnica, ha dato solo rapidi paragrafi. Ma nel cap. 5º egli è ritornato su Scienza e Tecnica, vedendole attraverso il loro frutto finale, la Bomba; su questo punto egli sa che ogni lettore ha le conoscenze tecniche necessarie per comprendere la sua critica. ↩︎

  34. Lanza del Vasto: I quattro flagelli, op. cit., pp. 395-396. In più nel par. 33 egli scrive: «Noi non crediamo alla Fatalità Cieca./ Noi crediamo alla giustizia di Dio e alla fatalità che discende dall’accecamento colpevole. / Da che si riconosce la Giustizia di Dio? Da questo: che ciascuno l’applica con passione e la aggiusta al suo caso specifico. / Ciascuno raccoglie quello che ha seminato…» Ricordo che tutto il suo precedente libro sul Vangelo (Commentaire à l’Évangile, op. cit.) era basato sul concetto di conversione. ↩︎

  35. Lanza del Vasto, I quattro…, p. 471. ↩︎

  36. Lanza del Vasto, I quattro…, p. 488. ↩︎

  37. A. Drago, «The birth of Non-violence as a political theory», Gandhi Marg, 29, n. 3 oct.-nov. 2007, 275-295. ↩︎

  38. Il magistero ecclesiale fa riferimento all’Apocalisse solo indirettamente. Si veda ad es. W.M. Wright IV: «Echoes of Biblical Apocalyptic in the Encyclical Teaching of Benedict XVI», Gregorianum, 95, 3 (2014) 535- 557. ↩︎

  39. Lanza del Vasto, La Montée, op. cit.. ↩︎

  40. Inoltre nel seguito del libro (e anche nelle altre opere) egli non ricorda più la sua interpretazione del «666», per il motivo detto in precedenza, la difficoltà di trattare il tema Scienza con parole semplici. Ma la lezione di quel simbolo gli è ben presente, perché tutto il suo insegnamento è una condanna etica della crescita infinita del progresso scientifico e tecnologico. ↩︎

  41. Comunque, lui vivente, il libro ha avuto tre edizioni, evidentemente diffuse tra i suoi numerosi ammiratori e seguaci. Invece sono stati famosi le denunce di tipo discorsivo-intellettuale di J. Ellul: La tecnica rischio del secolo, Giuffré, Milano 1969; Il tradimento dell’Occidente, Giuffré, Milano 1987; La Megamacchina: ragione tecnoscientifica, ragione economica e mito del progresso, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Il sistema tecnico: la gabbia delle società contemporanee, Jaca Book, Milano 2009. ↩︎

  42. In Lanza del Vasto, La Montée des Âmes Vivantes, Denoel, Paris 1968, pp. 253-259, si elencano dieci conseguenze del Peccato Originale; le conseguenze 1º, 3º, 5º e 8º sono intestate alla Scienza-del-Bene-e-del-Male, e infatti riguardano tensioni all’infinito; le altre sono di tipo organizzativo. ↩︎

  43. LdV ha commentato questo brano in L’Homme Libre et les Anes Sauvages, op. cit., pp. 174-176. ↩︎

  44. LdV non usa mai la parola organizzazione; forse è una idea che gli mancava. Ad es. quando in L’Homme Libre et les Anes Sauvages, op. cit., p. 176, vuole sintetizzare le motivazioni del Male, scrive: «San Giovanni dice bene di che cosa è fatta [la Massima Babilonia]: avidità [«convoitise»] e orgoglio.» E’ immediato vedere l’orgoglio come metafora dell’infinito; mentre l’avidità è una metafora meno appropriata dell’organizzazione negativa, benché certamente sia collegabile ad essa. ↩︎

  45. G.W. Leibniz (Saggi di Teodicea, 1710) ha colto queste due dicotomie come i «due labirinti della ragione umana»: quello dell’«infinito» (o potenziale, cioè come progressione costruibile passo dopo passo, o attuale, cioè come il porsi al punto all’infinito) e il labirinto di o subire una «legge» che organizza autoritariamente tutto, o di avere la «libertà» di seguire una autonoma ricerca. ↩︎

  46. Lanza del Vasto, «Conversion de l’Intellect, du Cœur et du Corps» (orig. 1954), in Le Grand Retour, du Rocher, Monaco 1999, pp. 14-41, p. 18. ↩︎

  47. La dizione viene naturale se si accosta questa beatitudine con il famoso insegnamento della Bagavad Gîta ad Arjuna: «Agisci con cuore puro e distaccato, qualsiasi sia il compito da compiere». Con questa modifica le Beatitudini indicano una chiara progressione di risposte dell’uomo: dall’essere scelti dallo Spirito ( ipoveri), ad un impegno personale viepiù crescente, fino al massimo di sacrificarsi per promuovere la giustizia sociale. ↩︎

  48. Tuttora questa è una novità per la Teoria del gioco. ↩︎

  49. In «Un, deux, trois» (1978-79), in Les quatre piliers de la Paix, Rocher, Monaco 1992, pp. 85-97, LdV sostiene che il quattro è il numero della concretezza del reale. L’aver scoperto che questa struttura sottostà al libro solo due decenni dopo che avevo scoperto la analoga struttura nella scienza fisica (Le due opzioni. Per una storia popolare della scienza, La Meridiana, Molfetta 1991) può essere preso come indice della mia scarsa intelligenza. ↩︎

  50. Lanza del Vasto: Trinità Spirituale (orig. 1971), Gandhi, Pisa 2014, p. 148. ↩︎

  51. Il primo rappresenta i quattro tipi di relazione esistenti tra due valori opposti (che rappresentano i due tipi di infinito nelle motivazioni personali) e due tipi opposti di «realtà» (che rappresentano i due tipi di organizzazione del mondo); il secondo rappresenta i quattro tipi di relazione esistenti tra le due opposte tensioni all’infinito (Dio o Male) e i due modi di vedere il Mondo (come «organizzazione» o soggettiva, o oggettiva della realtà). ↩︎

  52. D. Vigne, La Philosophie de Lanza del Vasto. La Rélation Infinie, Cerf, Paris 2006, p. 659. ↩︎

  53. Anche la ultima enciclica, Laudato sii, prende i problemi mondiali dal lato di una scienza nuova, che non influisce sulle altre; come pure rispetto al rapporto degli Stati con la natura, rapporto che può modificare poco le istituzioni attuali. ↩︎

  54. J. Galtung: http://serenoregis.org/2013/11/08/nsa-e-caduta-dellimpero-usa-johan-galtung/. Lo esponevo nell’articolo: «I maestri della nonviolenza e il crollo delle due superpotenze», Satyagraha, 2, 2002, pp. 21-29. ↩︎

  55. Vedansi ad esempio G. Giannini (ed.): La lotta non armata nella Resistenza, Quad. n. 1, Centro Studi Dif. Civile, Roma 1994, 29-39; A. Bravo, A. M. Bruzzone, In guerra senz’armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Bari-Roma 1995. ↩︎

  56. Vedasi il mio «Che cosa è la nonviolenza. Lanza del Vasto presenta la concezione gandhiana all’Occidente», in E. Baccarini e P. Trianni (edd.): Atti Convegno su Lanza del Vasto, Roma 2010 (in stampa). ↩︎

  57. Lanza del Vasto, Commentaire…, capp. 18-19. ↩︎

  58. Proprio perché LdV non ha presentato il Male a questo livello intermedio (l’oggettivo-interpersonale) la esposizione del 2º capitolo del libro è carente. ↩︎

  59. Addirittura LdV avrebbe potuto far risultare con naturalezza i rispettivi quattro flagelli nella società.dalle inosservanze collettive dei quattro comandamenti sociali Infatti il numero dei Comandamenti sociali può essere quattro; oltre i 5º, 6º e 7º comandamenti, l’8º, il 9º e il 10º possono essere accorpati in uno, inteso contro tre diversi modi di agire per inquinare i rapporti interpersonali. Pure questi quattro comandamenti possono essere suddivisi in coppie secondo le due dicotomie: gli ultimi e il 7º si riferiscono all’organizzazione, il 5º e il 6º all’obiettivo negativo che travalicando i rapporti personali, va all’infinito. Quindi dalla inosservanza collettive di ciascuno dei quattro comandamenti sociali LdV avrebbe potuto far risultare con naturalezza il rispettivo flagello nella società. ↩︎

  60. Oppure bisogna pensare che il secondo filo del discorso è poco chiaro, tanto da non giungere dalla struttura alla oggettività dell’etica sociale e della legge? Il che si ripercuote sul (o è conseguenza del?) primo filo del discorso che non tratta l’aspetto oggettivo? ↩︎

  61. E. Sgreccia: Manuale di Bioetica, Vita e Pensiero, Milano 1996, pp. 74-90 (ne trattava già nell’edizione del 1988, pp. 25-55). A. Drago, «Etica e scienza: loro fondazione comune secondo una visione pluralista», in L. Chieffi (ed.): Bioetica, Paravia, Scriptorium, Torino 2000, 303-331. ↩︎

  62. Lanza del Vasto, L’Arca aveva per vigna una vela, Jaca book, Milano 1980, p. 107. ↩︎