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La dottrina trinitaria in Wolfhart Pannenberg

di Wasim Salman (Roma, 26-28 maggio 2011)

Al centro dei primi contributi teologici di Pannenberg -- come le sue conferenze Die Subjektivität Gottes und die Trinitätslehre e Der Gott der Geschichte, che sottolineano il rapporto tra Dio e la storia1- già troviamo gli elementi fondamentali della sua teologia trinitaria. Essa sarà uno dei trattati sistematici più innovativi della teologia trinitaria post-barthiana, meritando una particolare attenzione per i dibattiti che ha suscitato all'interno della teologia cattolica. Questa teologia trinitaria si sviluppa lungo le possibilità offerte dalla teologia della Rivelazione, così che il Dio infinito e assoluto possa essere chiamato Trinità proprio in virtù della sua autorivelazione nella storia.2

Per questo percorso, Pannenberg si basa sulla terminologia e la tradizione latina: da Agostino attraverso Anselmo, Riccardo e Tommaso, e da Tommaso a Hegel, Barth, Rahner, Moltmann e Jüngel,3 raccordandosi alla critica della dottrina tradizionale su Dio, ovvero alla critica della metafisica. La dottrina trinitaria non è ancora esaurita e può offrire alla teologia cristiana un'opportunità per affrontare la critica antimetafisica e ateistica sull'idea di Dio e cogliere meglio il concetto di Dio contenuto nella rivelazione cristiana.4 Ricordiamo l'oblio sofferto dalla dottrina trinitaria nella teologia scolastica, per la quale essa sembrava un'appendice o perlopiù un'aggiunta superflua alla dottrina sul Dio uno, la sua esistenza, la sua essenza e i suoi attributi. Invece la Trinità è l'inizio e la fine della teologia, e il rapporto fra la Trinità economica e quella immanente deve occupare il centro della questione teologica.

Il capitolo sulla Trinità nella Teologia sistematica di Pannenberg segue direttamente la discussione sulla rivelazione e precede i lineamenti sull'unità di Dio e i suoi attributi. Quest'ordine della discussione segna un cambio significativo dell'approccio della teologica classica e di gran parte di quella moderna, quello cioè che parte dall'unità divina per giungere alla dottrina trinitaria. Pannenberg afferma invece che la trinità del Dio cristiano dev'essere sviluppata prima di trattare l'unità di Dio, che si trova nei suoi attributi.5 La prima parte del nostro lavoro delinea un percorso storico relativo al problema dell'unità e della pluralità in Dio, mentre la seconda parte presenta la riflessione teologica di Pannenberg nell'ambito della teologia contemporanea, che va oltre le soluzioni proposte dal teologo cattolico K. Rahner.

1. Unità e pluralità in Dio: percorso biblico e storico

La critica si rivolge alla dottrina trinitaria della Chiesa, in quanto secondo il nostro autore è priva di ogni fondamento biblico. Non ci sono infatti espressioni nella Scrittura che parlino per esempio della stessa sostanza divina, o della comunione delle Persone divine. Inoltre, la formula battesimale non è sufficiente per dimostrare l'uguaglianza delle Persone divine, sebbene si pronunci il nome in cui si deve battezzare. I sostenitori della dottrina trinitaria sottolineano invece che le relazioni trinitarie che si manifestano nel battesimo di Gesù sono la stessa rivelazione storica delle relazioni eterne delle Persone.6

Pannenberg invece tratta della dottrina trinitaria partendo della comprensione cristiana di Dio secondo i dati della rivelazione, cioè il Dio uno della rivelazione, che si manifesta nella storia come Trinità. Il processo storico è il campo in cui la verità emerge e in cui si sviluppa la stessa dottrina trinitaria, richiamandosi a tutta la dottrina trinitaria del passato e non soltanto a quella patristica.7 La Scrittura svolge un ruolo rilevante nell'esposizione pannenbergiana, perché la comprensione cristiana del Dio uno e trino deriva dal concetto biblico su Dio.

Ricordiamo che Pannenberg elabora un programma teologico coniugando storia ed ermeneutica, così come interroga il testo teologico all'interno della storia e pone la questione ermeneutica come rapporto tra il passato del testo e il presente dell'interprete.8 Tuttavia, Pannenberg porta la sua riflessione oltre l'ermeneutica, mettendo l'accento sull'anticipazione della fine della storia in Gesù Cristo, così come intende la storia universale come l'orizzonte in cui avviene la comprensione. Questo approccio ermeneutico esteso alla storia universale anticipata nell'evento di Cristo verrà applicato alla dottrina trinitaria.

Il percorso storico inizia con il messaggio di Gesù sulla vicinanza del Regno, in cui si trova l'origine della comprensione trinitaria. La figura del Dio padre emerge già nell'AT, attraverso le opere di Dio, e cioè l'elezione e il patto d'alleanza con Israele. Gesù ha annunciato invece il regno di un Dio Padre, che ha cura di tutte le sue creature (Mt 6, 26) e fa sorgere il sole e scendere la pioggia tanto sui malvagi quanto sui buoni (Mt 5, 45). E con il Padre Nostro traspare un intimo nesso fra l'annuncio della bontà paterna di Dio e il messaggio escatologico della prossimità della sua signoria. Il Dio di Gesù non è diverso di quello dell'Antico Testamento, sebbene Gesù si rivolga a lui con confidenza filiale chiamandolo Abba, mettendo la cura paterna del Creatore in relazione con l'escatologia.9

Pannenberg mette in risalto l'autodifferenziazione (Selbstunterscheidung) tra Gesù e il Padre nel messaggio del NT, soprattutto nell'orazione che Gesù rivolge al Padre, e sottolinea che Gesù è il Figlio perché dal suo messaggio, dalla sua subordinazione alla volontà del Padre, Dio è riconoscibile come Padre (Mt 11, 27). Gesù appare come il Figlio del Padre nella sua Pasqua, e viene costituito nella dignità di Figlio di Dio mediante la risurrezione (Rm 1, 39). Inoltre, lo Spirito di Dio è indicato nel NT come il mezzo di comunione fra Gesù e il Padre, così come il mediatore della partecipazione dei credenti alla realtà di Cristo. «Lo Spirito della figliolanza, quello che è dato ai cristiani (Rm 8, 15), è lo stesso che ha costituito Gesù nella figliolanza. Per cui ogni figliolanza si fonda sull'opera dello Spirito (Rm 8, 14) ».10

Sappiamo che la formula battesimale trinitaria (Mt 28, 19) ha contribuito in Occidente al formarsi di una concezione trinitaria di Dio, mentre l'Oriente se ne serve invece a partire dal IV sec. per estendere l'enunciato niceno sulla piena divinità del Figlio e dello Spirito.11 Il Kyrios viene identificato col Gesù risorto e che ritornerà, mentre lo Spirito si distingue come un altro Paraclito che viene dopo che il primo (Gesù) se ne sia andato (Gv 14, 16). Ma questa distinzione tra Figlio e Spirito rimane poco chiara nel II e III secolo, dove il Verbo e lo Spirito vengono definiti come le due mani di Dio nella creazione.12

Pannenberg fonda in effetti la distinzione sull'annuncio che Gesù fa di Dio e del suo regno:

La storia di Gesù, il Figlio, nella sua autodistinzione dal Padre, per un verso, e dallo Spirito, per l'altro, rimane il punto di partenza per giustificare le differenze trinitarie, dove naturalmente questa giustificazione non si potrà muovere soltanto sul terreno della testimonianza giovannea, come l'osservazione di Origene, ma dovrà tener conto di tutta la storia della tradizione che riguarda l'annuncio di Gesù, insieme allo sviluppo che il messaggio di Cristo ha conosciuto nel primo cristianesimo.13

Pannenberg sottolinea due problemi relativi alla teologia orientale e a quella occidentale: la tradizione occidentale ha trattato la questione della divinità senza curare bene la questione dell'unità, correndo così il rischio del modalismo, mentre la teologia orientale correva il rischio del subordinazionismo, a favore dell'unità divina, affermando che il Padre è fonte e origine della divinità del Figlio e dello Spirito.14 Di conseguenza, i padri della Chiesa non sono riusciti a esprimere in modo convincente la loro fede monoteistica.

Gli autori dell'alto Medioevo si occuparono per contro di spiegare come la Trinità possa derivare dall'unità, iniziando a illustrare la dottrina di Dio con l'esistenza del Dio uno, proseguendo in secondo luogo con l'essere di Dio e i suoi attributi, e finendo con la dottrina trinitaria. La Trinità deriva pertanto dall'unità dell'Essere divino, ovvero dalla dialettica presente nel concetto dell'Uno, nel senso di un processo di uscita-ritorno all'Uno. E quindi Dio è il fondatore assoluto che si autocostituisce come l'uno e il molteplice in se stesso. Anche Anselmo si riferisce al rapporto fra unità e trinità in Dio prima della creazione, ponendo l'accento sul fatto che la Trinità è derivata dall'Unità, e a sua volta è da essa contenuta.15 In altri termini, i teologi svilupparono la dottrina trinitaria come derivata dalla teologia naturale che tratta del Dio uno e delle sue proprietà.

Per la mancanza di collegamento tra la Trinità e l'unità dell'essere divino e dei suoi attributi questa dottrina fu soggetta alla critica del Cinquecento.16 La teologia della Riforma, infatti, sostenne che la Trinità possa essere conosciuta esclusivamente a partire dalla Rivelazione, motivando la dottrina trinitaria in base alla Scrittura. Si esclude un discorso sulla Trinità eterna e si comincia a parlare soltanto di una Trinità rivelata, fino respingere nei secoli successivi (XVII e XVIII) le deduzioni scolastiche della Trinità che partisse dall'unità. Tuttavia, il concentrarsi quasi esclusivamente sull'esegesi biblica e la critica storica portava al dissolvimento della dottrina trinitaria, visto che il NT motiva solo la piena divinità del Figlio e dello Spirito, ma non una dottrina trinitaria che possa essere riconciliata con l'unità di Dio.17 E con la critica della metafisica verso la fine del XIX la dottrina della Trinità immanente venne sempre più relegata nell'ombra.

La filosofia di Hegel costituisce invece il punto focale di una dottrina trinitaria, che deduce la Trinità dall'unità o dal concetto di Spirito.18 Pannenberg rivolge la sua critica al modalismo che deriva dal soggetto trinitario assoluto secondo Hegel e la teologia moderna posthegeliana. Nella sua conferenza Die Subjektivität Gottes und die Trinitätslehre, egli riconosce che la deduzione della Trinità a partire dal concetto di Spirito risale a Agostino, ripreso dallo stesso Hegel, perché espone la struttura trinitaria della vita divina a partire dal concetto di Dio come spirito e soggetto. Nella filosofia dello spirito assoluto, Hegel ripresenta certamente la dottrina trinitaria nell'idea di uno Spirito cosciente di sé, che procede speculativamente verso un'autodifferenziazione di Dio nella sua autocoscienza.19

K. Barth è il rappresentante di questa scuola posthegeliana, che tratta la dottrina trinitaria come espressione della soggettività di Dio nella sua rivelazione, ovvero la soggettività di Dio diventa la radice della dottrina trinitaria, non il suo risultato.20 Barth si avvicina a Hegel nel passaggio dal soggetto finito a Dio come soggetto assoluto, pensando l'unità di Dio come personalità assoluta, e non accorda alle tre persone trinitarie lo statuto di persona, ma parla di tre maniere di essere di Dio, correndo di nuovo il rischio del modalismo.21 Il Dio unico è da comprendere come Signore, cioè come persona, un «Io» che esiste in sé e di per sé, dotato di pensiero e di volontà, egli ci incontra nella sua rivelazione in quanto Signore che si rivela, e si distingue in tre maniere di essere: rivelatore, rivelato e rivelazione22:

Ciò che chiamiamo oggi la personalità di Dio appartiene allo stesso tempo alla sua essenza unica, che non è moltiplicata per tre, ma per la dottrina trinitaria deve essere al contrario riconosciuta nella sua unicità. La Persona nella dottrina trinitaria della Chiesa, non ha niente a che vedere direttamente con la personalità. La dottrina trinitaria non consiste nell'affermare che ci sono in Dio tre personalità. [...] La consustanzialità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo deve essere intesa anche e prima di tutto come identità, e dall'identità dell'essenza procede infatti la consustanzialità delle persone.23

Barth ha inteso pertanto l'unità del Dio trinitario come l'unità di un «Io» che pensa e vuole, e le tre maniere di essere sono da intendere come momenti nell'auto-dispiegamento di questo «Io»; con questo il Padre viene concepito, sottolinea Pannenberg, come la forma primordiale dell'unico «Io» divino, e così vengono devalorizzate le altre due maniere di essere. Di conseguenza, Barth torna di nuovo all'argomentazione occidentale tradizionale, che aveva le sue origini nelle analogie psicologiche agostinane, e comprende la Trinità a partire dalla soggettività di Dio. Questo sviluppo presuppone un soggetto primario, i cui effetti sono le tre persone, e questa derivazione della pluralità delle persone da un concetto di sostanza divina porta al modalismo o al subordinazionismo.24

La dottrina trinitaria deve, secondo Pannenberg, trovare il suo punto di partenza nel modo in cui le persone divine si manifestano e si rapportano fra loro nell'avvenimento rivelativo, ovvero occorre parlare dell'essere di Dio solo in riferimento alla rivelazione trinitaria:

Una motivazione della dottrina trinitaria fondata sul contenuto della rivelazione di Dio in Gesù Cristo deve prendere come punto di partenza il rapporto di Gesù con il Padre, così come lo troviamo espresso nel contesto dell'annuncio del regno di Dio. Gli enunciati neotestamentari sulla divintà di Gesù presuppongono cioè la sua figliolanza da Dio, e quindi sono, alla fin fine, fondati sul suo rapporto di figliolanza con il Padre.25

La storia allora è il luogo della realizzazione di Dio e la mediazione della sua autorivelazione. Pannenberg parla di Offenbarungstrinität,26 per ricordarci dell'assioma fondamentale di Rahner che identifica la Trinità economica con la Trinità immanente,27 così come insiste sulla coappartenenza della Trinità immanente e della Trinità economica, per raggiungere un certo equilibrio tra la libera ricerca filosofica e lo spirito cristiano. Pannenberg vede la motivazione della dottrina trinitaria a partire dalla rivelazione nel progetto teologico di K. Rahner, che mira a collegare l'esposizione della dottrina trinitaria con la rivelazione storica, che è intrinseca alla divinità. Il Padre entra nella storia dell'economia di salvezza mediante il Figlio e lo Spirito fin dalla creazione. La creazione, l'incarnazione del Figlio e la missione dello Spirito rendono il Padre dipendente dal corso della storia.

Con l'identità fra Trinità immanente e Trinità economica, Rahner non volle negare la comunione trinitaria precedente la rivelazione storica, bensì sostenere che la Trinità economica è nell'atto della rivelazione: è insomma la stessa Trinità immanente. Se v'è una distinzione, v'è anche un'unità inseparabile tra la Trinità eterna di Dio e la sua rivelazione nella storia, in quanto si tratta sempre della stessa Trinità.28 L'interesse di Rahner poggia sul fatto che l'incarnazione del Logos in Gesù Cristo e la missione dello Spirito non sono un accidente rispetto all'autoidentità eterna della Trinità. Tuttavia, Rahner non applica, come Pannenberg, la sua tesi dell'identità sulle relazioni che costituiscono le persone trinitarie, ma questo sarà l'argomento della seconda parte della nostra esposizione.

Di conseguenza, la distinzione delle persone trinitarie e la reciprocità delle loro relazioni è fondamentale per l'unità tra Trinità immanente e Trinità economica e sarà per Pannenberg un motivo per criticare l'abolizione barthiana delle distinzioni trinitarie a favore di un soggetto divino unico nella sua rivelazione. Pannenberg esprime la sua critica al modalismo occidentale, affermando che la Trinità economica retroagisce sulla Trinità immanente, e solo nell'escatologia la Trinità economica si attua in Trinità immanente.29 Pannenberg avanza la sua critica contro l'idea di un soggetto divino unico perché essa è incompatibile con l'interesse per una costituzione reciproca delle Persone trinitarie e per l'unità dell'essenza divina.

2. Unità e trinità: costituzione reciproca delle Persone divine

La reciproca autodistinzione è la forma concreta delle relazioni trinitarie. Il concetto di autodistinzione era infatti conosciuto nella teologia del Ottocento, ma solo con Pannenberg essa viene intesa come il rapporto reciproco tra le persone e diventa la base della sua dottrina trinitaria, per rendere possibile il rapporto tra Dio e il mondo. Le domande che emergono sono da un lato l'unità di Dio, dall'altro l'uguaglianza delle persone nella Trinità. Alla luce del percorso storico, sembra che il primato del Padre come principio e origine della divinità non sia totalmente compatibile con la perfetta uguaglianza in dignità delle tre Persone; d'altra parte il NT avrebbe lasciato senza soluzione il problema della relazione della divinità del Figlio e dello Spirito con quella del Padre. Ciononostante la dottrina della Trinità, sottolinea l'autore tedesco, deve essere fondata sulla rivelazione di Dio in Gesù Cristo, come si manifesta nel NT, e specialmente nel rapporto di Gesù con il Padre, che manifesta non soltanto le relazioni trinitarie storiche, ma anche quelle eterne dell'essere stesso di Dio.30

Pannenberg sottolinea tre aspetti dell'autodistinzione: in primo luogo la reciprocità dell'autodistinzione delle Persone divine, in secondo luogo le Persone divine sono costituite dalla loro autodistinzione l'una dalle altre, in terzo luogo l'autocostituzione delle Persone nelle loro relazioni attive è vista attraverso l'identificazione volontaria della Persona a un scopo preciso, il quale assicura il legame tra la Trinità immanente e la Trinità economica.31

Pannenberg evita di identificare la dottrina dell'unità di Dio con quella del Padre come origine e fonte della divinità. Anche la teologia posthegeliana che ha rimesso in risalto la dottrina trinitaria, come abbiamo visto, non poteva evitare la derivazione delle Persone trinitarie dal Padre, parlando sotto l'influsso del pensiero moderno di una autodistinzione unilaterale del soggetto divino che viene identificato infine con il Padre. Questa teologia assunse il modello della soggettività moderna per applicarlo alla dottrina trinitaria, mettendo di nuovo in crisi la questione del rapporto tra Dio e il mondo.

Pannenberg prova con il concetto dell'autodistinzione reciproca (wechselseitige Selbstunterscheidung) a raggiungere una migliore comprensione del monoteismo trinitario, e di correggere l'unilateralità della dottrina tradizionale sulla causalità originaria e la sua relazione con la processione in Dio. Per questo, Pannenberg propone di superare la concezione esclusiva delle relazioni trintarie come relazioni originarie (Ursprungsbeziehungen). L'autodistinzione in Dio significa l'uguaglianza nella relazione di Gesù al Padre e la dipendenza delle Persone divine l'una dalle altre nella loro eternità. Pannenberg cerca di completare la lacuna della teologia tradizionale che rende il Figlio dipendente dal Padre senza consentire una vera reciprocità tra le persone divine, sottolineando la dipendenza del Padre dall'opera del Figlio e dello Spirito, per riconciliare l'unità e la pluralità in Dio.32

La descrizione delle relazioni trinitarie nel NT dà l'impressione che ci sia una subordinazione ontologica del Figlio e dello Spirito nel loro rapporto al Padre. Pannenberg parla di auto-subordinazione (Selbstunterordnung), in cui il Figlio obbedisce al Padre per rendergli gloria, così anche lo Spirito non glorifica se stesso ma il Padre e il Figlio.33 Questo non implica infatti alcuna inferiorità ontologica del Figlio e dello Spirito rispetto al Padre, perché non solo il Figlio e lo Spirito dipendono nella loro divinità dal Padre, ma anche il Padre ne dipende, in maniera differente da quelle della generazione e della processione. Inoltre il Padre non rende solo testimonianza al Figlio ma anche gli affida il suo Regno, si rende dipendente dalla missione del Figlio e non resta immutabile di fronte alla sua passione. Pannenberg ricorda che la Scrittura non trae la monarchia del Padre in primo piano dalla generazione del Figlio e dalla processione dello Spirito, ma piuttosto dal compimento del Regno, per affermare che la monarchia del Padre non può essere isolata dal Figlio e dallo Spirito e dalla loro opera nella storia della salvezza.

L'uguaglianza tra Padre e Figlio si dimostra nella reciproca autodistinzione, particolarmente nell'obbedienza di Gesù al Padre fino alla morte. In altri termini, non v'è uguaglianza senza subordinazione obbediente alla volontà del Padre, e cioè senza autodistinzione, la quale non permette che il Figlio prenda il posto del Padre, ma implica che egli vi si autosubordini.34 Pannenberg afferma che l'autodistinzione di Gesù da Dio è in contrapposizione al primo uomo Adamo, che voleva essere al pari di Dio. «L'autodistinzione dal Padre è costitutiva anche per il Figlio eterno nella sua relazione con lui».35 Dio si è manifestato come Padre nel rapporto con Gesù, per cui fin dall'eternità il Padre è tale solo come lo è in rapporto a Gesù suo Figlio.

Lo Spirito viene distinto dal Cristo giovanneo come un altro Avvocato (paraclito) che il Padre manderà (Gv 14, 16), cosicché questa distinzione diventa la base degli enunciati patristici sulla sussistenza ipostatica dello Spirito. Lo Spirito diventa il soggetto della risurrezione di Gesù, senza escludere che il Padre abbia operato mediante lo Spirito. L'autodistinzione dello Spirito si verifica nei passi giovannei sulla glorificazione del Figlio attraverso lo Spirito (Gv 16, 14), e lo Spirito viene costituito come Persona specifica accanto al Padre e al Figlio.

Agostino caratterizzò lo Spirito come la comunione tra Padre e Figlio: è l'amore che congiunge Padre e Figlio.36 La teologia ortodossa si distanzia invece da questa visione agostiniana, in quanto sacrifica l'autodisitinzione dello Spirito come persona divina mediante la quale il Padre e il Figlio sono glorificati. L'altro punto della terminologia agostiniana che evoca Pannenberg è la processione dello Spirito dal Padre e dal Figlio, che non è conforme alla Scrittura (Gv 15, 26). La professione di fede di Costantinopoli (381) evidenzia che la dottrina agostiniana del filioque non è adeguata ad esprimere la comunione tra Padre e Figlio mediante lo Spirito,37 poiché essa esprime le relazioni esclusivamente come relazioni originarie, che rendono il Figlio e lo Spirito subordinati dal Padre.38

Se le relazioni trinitarie fra Padre, Figlio e Spirito hanno la forma di un'autodistinzioine reciproca, non possono essere intese soltanto quali diversi modi d'essere di un unico soggetto divino, come afferma Barth, ma vanno comprese anche come attuazioni vitali di centri autonomi d'attività. I tre centri d'attività corrispondono a tre centri di coscienza, senza perdere di vista l'unità della vita divina che si lega a un'unità della coscienza; in altre parole: l'unica coscienza divina sussiste in triplice modo, e ogni persona si riferisce alle altre come altra e si distingue da esse.39

La teologia trinitaria sin dal IV sec. vedeva infatti nelle relazioni reciproche delle persone le loro peculiarità e la loro distinzione. Si tratta dunque di dipendenza e di reciprocità delle persone della Trinità che salvaguarda anche la monarchia del Padre in quanto il Figlio e lo Spirito gli rendono gloria. Il Figlio non è subordinato al Padre, ma egli si sottomette a lui fin dall'eternità e costituisce con il Padre una sola cosa, mediante lo Spirito. Per questo la monarchia del Padre è il risultato della cooperazione fra le tre persone e il suggello della loro unità. Pannenberg conclude che il risultato della cooperazione tra le persone divine nella creazione, riconciliazione e redenzione consiste nel fatto che il Dio trinitario è lo stesso Dio che Gesù ha annunciato.

L'assioma fondamentale di Rahner viene sviluppato da Pannenberg, che sottolinea con esso la dipendenza di Dio dalla storia, anche se egli crea il mondo liberamente. L'unità di Dio nella trinità delle Persone deve essere la base della differenza e dell'unità della Trinità immanente e economica. Tuttavia, la tesi di Rahner non arriva ancora a trarre la conseguenza che l'eterna autoidentità di Dio non può essere pensata indipendentemente dall'operare storico salvifico del Figlio e dello Spirito. Secondo Pannenberg, Rahner ha mantenuto l'autoidentità eterna di Dio prima e indipendentemente da ogni tempo e storia.40 Con l'identificazione tra Trinità economica e Trinità immanente si pongono le domande sul significato dell'incarnazione per la divinità eterna di Dio, e del significato della morte in croce per il concetto di Dio.41 La croce di Gesù ha infatti una dimensione trinitaria, in cui entra in gioco anche la divinità del Padre, che non poteva stare immune dalla sofferenza del Figlio, in quanto è Amore. In questo senso Pannenberg parla di con-patire del Padre con il Figlio sofferente.

La divinità di Dio Padre sta nelle mani di Gesù crocifisso, che decide della divinità di Dio e della sua onnipotenza.42 L'aspetto più difficile dell'idea di autodistinzione trinitaria è il suo fondamento nella vita di Gesù, nella sua umiliazione, nella sua morte. La croce colpisce la divinità del Padre e la mette in questione di fronte alla morte del Figlio, mettendo in risalto l'interazione delle persone divine; la divinità del Dio di Gesù viene infine affermata nella Resurrezione.43 Questo approccio manifesta la dipendenza reciproca della divinità del Padre dal Figlio e viceversa, sicché la croce e la resurrezione sono il fondamento della professione di fede nella filiazione divina di Gesù. Di conseguenza, la divinità di Dio dipende dal suo agire nel mondo per la realizzazione e il compimento del Regno.

La storia di Gesù concentra tutta l'economia della salvezza; ne consegue che Dio dev'essere concepito nella sua sostanza eterna identico a quello che è nella sua rivelazione, ovvero distinto e coincidente con l'avvenimento del suo rivelarsi. Pannenberg distingue e identifica la Trinità immanente con la Trinità economica; per questo l'economia delle relazioni divine con il mondo deve essere inclusa nel problema dell'unità dell'essere di Dio, perché la mediazione della monarchia del Padre attraverso il Figlio e lo Spirito non può essere estrinseca ad essa.44

Di conseguenza, Pannenberg va oltre l'assioma fondamentale rahneriano che limita il nesso fra Trinità immanente e Trinità economica alla storia di Gesù, per raggiungere tutto l'esercizio di Dio sul mondo, fino alla riconsegna del regno al Padre negli ultimi tempi. Pannenberg estende il suo pensiero alla storia universale, in cui la storia e l'eternità si identificano, e in cui Dio si rivela come egli è nella sua eterna divinità.45 Solo nel compimento escatologico la divinità del Dio proclamato da Gesù si manifesta definitivamente.46 Inoltre nell'escatologia si realizza l'unità della vita trinitaria di Dio, perché se tutto è in Dio e Dio è in ogni cosa, allora la Trinità economica è superata nella Trinità immanente;47 vale a dire che la Trinità immanente è la figura escatologico-definitiva della Trinità economica.

Pannenberg riconosce dunque il rischio dell'equiparazione tra Trinità immanente e Trinità economica fino a privare la Trinità storica del suo vero significato, e aggiunge che bisogna trovare nella Trinità economica la stessa Trinità eterna che si rivela in modo storico.48 Si rifiuta un divenire di Dio nella storia, mentre la fine della storia mostrerà la divinità del Dio di Gesù, e dimostrerà che il Dio trinitario lo è fin dall'eternità e sarà sempre il vero Dio. Pannenberg vede pertanto nell'anticipazione del compimento escatologico del mondo, attraverso l'annuncio del regno di Dio iniziato nella sua attività storica, e nell'anticipazione della risurrezione dei morti nel risuscitamento del Crocifisso, la base per ogni affermazione cristiana sulla Trinità:

Così il modo storico in cui è venuta a svilupparsi la dottrina trinitaria nella patristica, a partire dalla conoscenza della rivelazione del Padre nel Figlio attraverso la testimonianza dello Spirito, per arrivare fino alla dottrina della homousia eterna di Padre, Figlio e Spirito nell'unità della sostanza eterna di Dio, può essere considerata in linea di principio corretta.49

Quello che vogliamo dire sulla Trinità eterna, lo si può scoprire nella rivelazione storica di Dio, ma nel modo dell'anticipazione della verità definitiva. Infine la dottrina trinitaria ha il suo fondamento nelle relazioni reciproche tra Padre, Figlio e Spirito come le testimonia la Scrittura, e come la Chiesa le ha sviluppate lungo i secoli.50 La cooperazione tra le persone dev'essere intesa come espressione dell'unità dell'essere divino, e le relazioni personali nella Trinità dovrebbero sostituire il concetto ontologico di essenza, allo scopo di cogliere l'unità di vita e di essere in Dio, che si manifesta nelle reciproche relazioni trinitarie. Per questo Pannenberg propone un concetto di essere fondato sulla relazione come base di un concetto di unità di sostanza divina, in se stesso differenziato, per precisare la rappresentazione della Trinità. La scelta che fa Pannenberg è quella della costituzione dell'unità dell'essenza divina con la mediazione delle relazioni reciproche tra le Persone. Il concetto di essenza stesso risulta infatti strutturato in modo relazionale, ovvero il concetto di relazione è costitutivo per il concetto di essenza e per la comprensione stessa delle Persone trinitarie. Il pensiero moderno ha infatti disancorato la relazione dal concetto di sostanza, subordinando quest'ultimo alla relazione.51

Il rapporto di Dio col mondo è legato, nella teologia occidentale, ai suoi attributi divini, per evitare di mettere in pericolo la semplicità dell'essenza divina, riservando il concetto di relazione solo alla dottrina trinitaria. Nella situazione moderna il concetto di relazione è indipendente in quanto elemento che congiunge i poli relazionali, fino a non distinguere più fra persona e relazione. Si tratta dunque di una relazione reale che appartiene alla stessa sostanza divina. L'esserci di Dio nel mondo è confermato tramite la sua creazione, la riconciliazione e l'opera dello Spirito; per questo la divinità di Dio non è pensabile senza il suo Regno nel mondo, e infine senza il compimento escatologico del mondo che deciderà sull'esistenza di Dio:

L'esistenza di Dio dipende dal futuro del suo Regno, e l'avvento del Regno nella forma dell'anticipazione del suo futuro nella persona di Gesù e nell'amore di Dio manifesto in tale persona rappresenta l'occasione e l'oggetto della dottrina trinitaria.52

Pannenberg pensa la relazione tra l'essenza e l'esistenza, e tra l'essenza e gli attributi divini, alla luce delle relazioni trinitarie. La relazione delle persone divine con le opere salvifiche si presenta ogni volta in maniera differente rispetto all'opera divina. L'unità dell'essenza divina non va separata dall'identità dei suoi attributi, mediante i quali essa si mostra come identica nei modi del suo esistere nel mondo. Tutti gli attributi riferiti al Dio della rivelazione si riconducono all'affermazione che Dio è amore, senza dimenticare che l'amore si identifica con l'essenza divina. «Dio è amore» si comprende come l'espressione sintetica della comunione trinitaria. «Ma come l'amore di Dio ha una struttura trinitaria, così anche tutti gli attributi di Dio vanno descritti e spiegati secondo la struttura trinitaria».53 D'altra parte, Pannenberg insiste sul fatto che il Dio trinitario è sempre l'unico Dio e che la dottrina trinitaria può essere pensata in maniera monoteistica. Il Dio trinitario elimina infatti l'opposizione con la creatura e si manifesta nella sua infinità come trascendente e immanente al mondo.

3. Conclusione

La revisione di Pannenberg della dottrina trinitaria è un tentativo per rispondere al problema del subordinazionismo trinitario delle relazioni originarie, alla base dell'esserci di Dio nel mondo, che include la storia di Israele e di Gesù. Pannenberg consente al Figlio e allo Spirito, tramite le relazioni costitutive, di dare qualche contributo alla personalità e alla divinità del Padre. L'evento della croce ha un significato per Dio, che non resta immutabile davanti alla morte di Gesù, e nella croce le relazioni interne alla Trinità sono rese accessibili: esse sono basate sulla generazione del Figlio e sulla processione dello Spirito dal Padre, e si muovono dalla generazione alla subordinazione, alla sottomissione fino alla morte. La lettura della Trinità immanente non può prescindere dalla croce, sebbene il Figlio sia generato e lo Spirito proceda dal Padre eternamente. L'innovazione più interessante di Pannenberg è la gerarchia non-competitiva della Trinità, fondata sulle relazioni reciproche costitutive, che dà forma all'esistenza concreta delle Persone divine nel loro rapporto col mondo dalla creazione fino alla fine dei tempi.

L'autodistinzione di Gesù come Figlio dal Padre e dallo Spirito presuppone di riconoscere la distinzione all'interno della Trinità immanente.54 L'autodistinzione economica e la dipendenza economica del Figlio dal Padre e la dipendenza della divinità del Padre dal Figlio, che si manifesta nella croce di Gesù, devono avere conseguenze sulla stessa costituzione ontologica reciproca delle Persone trinitarie.55 Pannenberg insiste sulla dipendenza reciproca delle Persone, così come il primato del Padre non è più il presupposto dell'azione delle tre Persone, ma ne è il risultato.

Alcuni teologi cattolici riconoscono l'ostacolo che costituisce la dottrina trinitaria tradizionale delle relazioni originarie per una considerazione della Trinità come comunione;56 tuttavia essi pongono la domanda sulla sufficienza del modello della dipendenza reciproca tra le Persone divine sostenuta da Pannenberg, e preferiscono il modello della donazione e delle consegne reciproche delle Persone come caratterizzazione delle loro relazioni. Se Dio è amore, come afferma Giovanni, le relazioni trinitarie non possono essere relazioni di dipendenza ma piuttosto d'amore reciproco delle Persone divine; e con questo Pannenberg conclude il primo volume della sua Teologia sistematica.

Copyright © 2011 Wasim Salman

Wasim Salman. «La dottrina trinitaria in Wolfhart Pannenberg». Elaborare l'esperienza di Dio [in linea], Atti del Convegno «La Trinità», Roma 26-28 maggio 2009, disponibile su World Wide Web: <http://mondodomani.org/teologia/>, [**53 B].

Note

  1. Le due conferenze sono state pubblicate nel libro di W. Pannenberg, Grungfragen systematischer Theologie, II, Vandenhoek, Göttingen 1967, pp. 96-128. Testo

  2. A proposito della rivelazione come storia, vedi W. Pannenberg, Offenbarung als Geschichte, Vandenhoeck, Göttingen 1970. Testo

  3. M. Schulz, Sein und Trinität, EOS, St. Ottilien 1997, pp. 475. Testo

  4. W. Pannenberg, «Problemi per una dottrina trinitaria su Dio», in S. Sorrentino, ed., La teologia in discussione, Napoli 1991, p. 7. Testo

  5. Vedi S.J. Grenz, Reason for Hope. The Systematic Theology of Wolfhart Pannenberg, Oxford, New York 1990, p. 45. Testo

  6. W. Pannenberg, «Geschichtliche Offenbarung Gottes und ewige Trinität», in Kerygma und dogma 49 (2003), p. 237. Testo

  7. S. J. Grenz, Reason for Hope, p. 46. Testo

  8. Pannenberg va oltre l'ermeneutica e raggiunge la storia universale per parlare della realtà di Dio, su tutto questo vedi W. Pannenberg, «Hermeneutik und Universalgeschichte», in Grundfragen systematischer Theologie, pp. 91-122. Testo

  9. W. Pannenberg, Systematische Theologie, I, Vandenhoeck, Göttingen 1988, p. 284. Pannenberg afferma che il concetto di Dio Padre non è condizionato da una certa epoca tanto da poterlo demitizzare e presentare adeguandolo alla nostra cultura. L'autore intende qui il programma di demitizzazione bultmanniana che non può essere applicato in modo assoluto a tutte le immagini neotestamentarie, vedi R. Bultmann, «Zum Problem der Entmythologisierung», in Neues Testament und christliche Existenz, Mohr Siebeck, Tübingen 2002, pp. 284-293. Testo

  10. W. Pannenberg, Systematische Theologie, I, p. 290. Testo

  11. W. Pannenberg, Systematische Theologie, I, p. 293. Testo

  12. Pannenberg si riferisce qui sicuramente al famoso testo di Ireneo, Contro le eresie, Città Nuova, Roma 2009, p. 212: «Da sempre infatti c'è presso di lui il Verbo e la Sapienza, il Figlio e lo Spirito, per mezzo dei quali e nei quali egli ha creato tutte le cose, liberamente e spontaneamente». Testo

  13. W. Pannenberg, Systematische Theologie, p. 297. tr. it. Teologia sistematica, I, Queriniana, Brescia 1990, p. 308. Testo

  14. La tradizione occidentale ha interpretato il Figlio e lo Spirito come espressione dell'autocoscienza del Padre, e con questo li ha ridotti alla Persona del Padre, soggetto unico della divinità, subordinando la loro divinità a Lui. Testo

  15. W. Pannenberg, Systematische Theologie, I, p. 312. Testo

  16. S. J. Grenz, Reason for Hope, p. 48. Testo

  17. W. Pannenberg, Systematische Theologie, I, pp. 318-319. Testo

  18. Vedi l'analisi che fa M. Schulz della recezione pannenbergiana della dottrina trinitaria di Hegel, nel suo libro Sein und Trinität, pp. 487-490. Sul rapporto tra filosofia e teologia rimandiamo a W. Pannenberg, Theologie und Philosophie: Ihre Verhältnis im Licht ihrer gemeinsamen Geschichte, Vandenhoek, Göttingen 1996. Testo

  19. W. Pannenberg, «Geschichtliche Offenbarung Gottes und ewige Trinität». P. 238. Pannenberg si riferisce in questo alla filosofia della religione di Hegel; vedi G.W.F. Hegel, Vorlesungen über die Philosophie der religion, III, Felix Meiner, Hamburg 1995. Ricordiamo che Hegel nel primo volume della filosofia della religione parla del concetto di religione come autocoscienza dello spirito assoluto; nel secondo egli evoca il concetto di religione dalla magia fino alla religione di Israel; nel terzo volume che cita Pannenberg, Hegel sviluppa il concetto della religione cristiana come compimento della religione (Vollendete Religion). Sul rapporto tra Pannenberg e Hegel, vedi l'articolo di A.K. Min, «The Dialectic of divine Love: Pannenberg's hegelian Trinitarianism», International Journal of Systematic Theology 6 ( 2004), pp. 252-269. Testo

  20. W. Pannenberg, «Die Subjektivität Gottes und die Trinitätslehre», p. 100. Testo

  21. W. Pannenberg, «Die Subjektivität Gottes und die Trinitätslehre», pp. 97-98. Testo

  22. Barth inzia infatti il suo trattato sulla dottrina trinitaria parlando di Dio nella sua unità e diversità come «Der Offenbarer, die Offenbarung und das Offenbarsein»; vedi K. Barth, Kirchliche Dogmatik, I/1, EVC, Zürich 1964, p. 311. Testo

  23. K. Barth, Kirchliche Dogmatik, I/1, p. 370. tr. it. nostra. Testo

  24. Sicuramente la teologia trinitaria di Barth lascia questa impressione quando afferma: «è Dio stesso che si rivela come il Padre, nella sua santità e nel suo mistero, come il Figlio nella sua misericordia e suo svelamento, e come lo Spirito Santo nel suo amore e nella sua auto-comunicazione». Ibid, pp. 401-402. Testo

  25. W. Pannenberg, Systematische Theologie , I, p. 331. tr. it. Teologia sistematica, I, p. 343. Testo

  26. W. Pannenberg, Systematische Theologie, I, p. 322. Testo

  27. Vedi K. Rahner, «Bemerkungen zum dogmatischen Traktat De Trinitate», in, Schriften zur Theologie, IV, Benzinger, Einsiedeln 1960, p. 125. Testo

  28. W. Pannenberg, «Geschichtliche Offenbarung Gottes und ewige Trinität», p. 238. Vedi anche K. Rahner, «Der dreifaltige Gott als transzendenter Urgrund der Heilsgeschichte«, in J. Feiner -- M. Löhrer, ed., Mysterium Salutis, II: Die Heilsgeschichte vor Christus, Einsiedeln 1967, pp. 317-401, particolarmente p. 328. Testo

  29. A questo proposito Pannenberg raggiunge il pensiero di J. Moltmann espresso nella sua opera: Trinità e regno di Dio, Queriniana, Brescia 1983, p. 175. «La Trinità immanente appartiene all'escatologia. La Trinità economica si compie nella Trinità immanente quando la storia e l'esperienza della salvezza saranno compiute. Quando tutto sarà in Dio e Dio tutto in tutti, la Trinità economica verrà superata nella Trinità immanente, e ciò che rimarrà sarà soltanto il cantico eterno del Dio Uno e Trinio nella sua gloria». Testo

  30. Rimandiamo all'articolo di L. F. Ladaria, «Tam Pater nemo. Quelques réflexions sur la paternité de Dieu», Transversalité 107 (2008), pp. 95-123. Testo

  31. L. Tonstad, «The ultimate consequence of his self-distinction from the Father...: Difference and Hierarchy in Pannenberg's Trinity», NZSTh, 51 (2009), p. 385. Testo

  32. J. A. M. Camino, «Wechselseitige Selbstunterscheidung? Zur Trinitätslehre W. Pannenberg», p. 145. Testo

  33. W. Pannenberg, «Geschichtliche Offenbarung Gottes und ewige Trinität», p. 239. L. Tonstad afferma che l'obbedienza libera del Figlio al Padre è la migliore caratteristica della relazione tra il Figlio e il Padre. Vedi L. Tonstad, «The ultimate consequence of his self-distinction from the Father...», p. 392. Testo

  34. W. Pannenberg, «Geschichtliche Offenbarung Gottes und ewige Trinität», p. 242. Testo

  35. W. Pannenberg, Systematische Theologie, I, p. 338. Testo

  36. Agostino, De Trinitate, VI,5,7. In questo libro Agostino argomenta contro gli ariani, indicando in questo numero che lo Spirito Santo è la carità del Padre e del Figlio, ad essi consustanziale: «Lo Spirito Santo sussiste insieme in questa medesima unità e uguaglianza di sostanza. Sia egli infatti l'unità delle due altre Persone, o la loro santità, o il loro amore, sia la loro unità perché è il loro amore». Testo

  37. In tutto questo, Pannenberg si riferisce ad autori come Y. Congar e W. Kasper che hanno analizzato il problema del filioque in modo molto acuto rilevando l'origine del problema e lo sviluppo della teologia occidentale che accentuava la divisione tra Oriente e Occidente. Vedi Y. Congar, Je crois en l'Esprit Saint, I, Cerf, Paris 1979, pp. 107-130. Testo

  38. L. Tonstad, «The ultimate consequence of his self-distinction from the Father...», p. 384. Testo

  39. W. Pannenberg, Systematische Theologie, I, p. 349. Testo

  40. Pannenberg rimanda esplicitamente a K. Rahner, «Bemerkungen zum dogmatischen Traktat De Trinitate», pp. 103-133; e a K. Rahner, Grundkuns des Glaubens, Benziger, Düsseldorf 1999. pp. 221-226. Testo

  41. W. Pannenberg, «Problemi per una dottrina trinitaria su Dio», p. 11. Testo

  42. Vedi l'articolo di J. A. M. Camino, «Wechselsitige Selbstunterscheidung? Zur Trinitätslehre W. Pannenberg«, in H-L. Ollig-O. J. Wiertz, ed., Reflektierter Glaube, Hänsel-Hohenhasen Verlag, Frankfurt anno, p. 135. In questo articolo dedicato alla dottrina trinitraria l'autore cerca di analizzare il concetto di autodistinzione nella teologia di Pannenberg. Testo

  43. A queste domande risponde Moltmann pensando alla messa in questione della divinità di Dio, attraverso la croce di Gesù. Rimandiamo al significato della croce nella teologia di Moltmann nel suo libro, Il Dio crocifisso, Queriniana, Brescia1973, pp. 206-217. Testo

  44. W. Pannenberg, Systematische Theologie, I, p. 368. Testo

  45. Sul rapporto tra Trinità e escatologia nel pensiero di Pannenberg vedi l'articolo di C. Mostert, «From Eschatology to Trinity: Pannenberg's Doctrine of God», Pacifica 10 (1997), pp. 70-83. Testo

  46. Sulla pensiero di Pannenberg e sulla sua dottrina trinitaria rimandiamo a O. Riaudel, Le monde comme histoire de Dieu, Cerf, Paris 2007, pp. 287-412. Testo

  47. Pannenberg rivolge la sua critica ai sostenitori della kenosi in Dio, che affermano lo scioglimento totale della Trinità immanente nella storia della salvezza o nella Trinità economica. Di conseguenza, alla luce del futuro escatologico non si presenta il processo dell'economia divina nella storia della salvezza come un processo kenotico o come uno scioglimento dell'assolutezza divina, bensì come il processo della libera e gratuita apertura di Dio verso la creazione, in modo che essa possa partecipare alla sua vita eterna. Vedi W. Pannenberg, «Geschichtliche Offenbarung Gottes und ewige Trinität», p. 243. Testo

  48. Sul rapporto tra Trinità immanente e Trinità economica, vedi W. Kasper, Il Dio di Gesù Cristo, Queriniana, Brescia 1984, pp. 364-368, particolarmente p. 367 dove Kasper sottolinea il pericolo dell'equiparazione fra Trinità immanente e Trinità economica, quando questa viene privata della sua realtà storica e concepita esclusivamente come una manifestazione temporale della Trinità immanente eterna, quando cioè non si assume seriamente la verità che la seconda persona divina, con l'incarnazione, esiste in modo nuovo nella storia. Testo

  49. W. Pannenberg, Systematische Theologie, I, p. 360. tr. it. Teologia sistematica, I, p. 373. Testo

  50. W. Pannenberg, «Geschichtliche Offenbarung Gottes und ewige Trinität», p. 246. Testo

  51. Pannenberg riamanda infatti alla critica della ragione pura di Kant, dove il rapporto sostanza-accidente appare come una sottospecie della categoria di relazione. I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, p. 106. citato da W. Pannenberg, «Problemi per una dottrina trinitaria su Dio», p. 16. Testo

  52. W. Pannenberg, «Problemi per una dottrina trinitaria su Dio», p. 13. Testo

  53. W. Pannenberg, «Problemi per una dottrina trinitaria su Dio», p. 25. Sull'espressione Dio è amore, rimandiamo all'articolo del traduttore francese di Pannenberg O. Riaudel, «Le rôle d'une précompréhension d'ordre philosophique, en théologie. L'exemple de la théologie trinitaire de Wolfhart Pannenberg», RSR 83 (2009), pp. 429-447. Testo

  54. M. Schulz, Sein und Trinität, p. 486. Testo

  55. M. Schulz, Sein und Trinität, pp. 486-487. Testo

  56. Vedi a questo proposito L.F. Ladaria, «Tam Pater nemo. Quelques réflexions sur la paternité de Dieu», p. 118. Ladaria cita il teologo G. Greshake che afferma che l'essere è l'«evento della comunicazione», e quindi l'essenza divina deve essere completata come l'unità pericoretica delle tre persone divine. Vedi l'opera di G. Greschake, Der dreieine Gott. Eine trinitarische Theologie, Herder, Freiburg, 1997. Testo

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