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Trinitizzazione e dinamiche trinitarie transreligiose

di Luciano Mazzoni Benoni (Roma, 26-28 maggio 2011)

Prendi come simboli del Padre il sole,
del Figlio la luce e del Santo Spirito il calore.
Essendo uno, tuttavia è visto
Una trinità; chi può spiegare
Colui che è incomprensibile?
L'uno è multiplo: l'uno è composto di tre,
e i tre formano uno, un grande mistero,
un manifesto stupore...

-- Efrem il Siro, Inni sulla fede 73, 1-3

Approccio: l'aver adottato questa bella citazione di Efrem il Siro rende fin da subito evidente l'intento di assumere un approccio più connesso al piano della intuizione che non a quello dell'argomentazione filofica e/o teologica. Ma perché la scelta proprio di questo eminente ed originalissimo Padre della Chiesa? Ebbene, in breve: questo poeta antico -a dispetto del tempo- pare ben più prossimo a Raimon Panikkar [d'ora innanzi R. P.] rispetto alla nostra ottica europea contemporanea; tanto più il suo linguaggio (che lo fece definire dai suoi coevi 'l'Arpa dello Spirito') 1 sembra predisporre ad una lettura fresca, fluida e priva di dogmatismi. Insistiamo quindi in tal senso sulla vicinanza di Efrem il Siro, proponendone ancora quattro passi, in qualche modo pertinenti rispetto al tema trattato:

Uno stolto la cui fede è circondata
Da ogni genere di interrogativi, stropiccia la sua piaga
come un occhio: il tocco esplorante del dito
può accecare l'occhio -- così molto più può
accecare la fede la ricerca che indaga.

(Inni sulla Fede, 84, 2)

Rimango sorpreso da queste due cose: coloro che sono smarriti
trovano vita in te,
mentre coloro che vorrebbere provare la tua natura
perdono le tracce.

(Inni sulla Verginità, 31, 1)

è giusto che accettiamo in semplicità queste tre Persone, accogliendole con amore e non con interrogativi.

(Inni sulla fede, n. 40, strofa 12)

Questo Gesù ha fatto così tanti simboli
che io sono caduto nel loro mare!

(Inni di Nisibi, 39, 17)

Tutto ciò per dire, con R. P.: attenzione agli eccessi della ragione (perfino recuperando la differenza sottile tra ragione e intelletto formulata da Tommaso d'Aquino); ma soprattutto attenzione alle involuzioni speculative della teologia occidentale (teologismi). Meglio tenersi distanti da tutto ciò (come ha cercato la tradizione dell'Oriente cristiano con la teologia apofatica). Ma non solo: ricercare sempre una serenità gioiosa e giocosa, anche e soprattutto riflettendo (e non discettando) attorno a Dio.

La scelta di impostare la trattazione su un piano diverso dal consueto discende del resto da inequivocabili e ripetute dichiarazioni di R. P. circa la sua determinazione di non voler porre il proprio discorso secondo i canoni della logica occidentale, a suo avviso e con ogni evidenza non in grado di cogliere l'insieme della realtà, che esigerebbe invece una visione transculturale adeguatamente universalistica, oggi tuttora indisponibile e che, non a caso, egli cerca in ogni modo di affermare proponendone possibili declinazioni.

Di conseguenza -- nonostante che il tema oggetto dello studio sia di carattere squisitamente teologico -- troverà spazio in prevalenza un linguaggio non speculativo e nemmeno strettamente teologico (in senso propriamente 'tecnico'): da interpretare secondo la ben nota insistenza di R. P. attorno alla povertà delle parole2 come anche alla polisemìa del linguaggio, volontà che facciamo nostra nell'adottare l'intento profondo di R. P. per fare in modo che la conoscenza del pensiero di R. P. possa dispiegarsi in ogni sua ampiezza, onde consentirgli di fecondare ogni cultura.

Da ultimo: proprio in forza della originalità della forma-pensiero di questo pensatore [ad un tempo indo-ispanico ed indu-cristiano], nonché del suo itinerario elaborativo [che non ha proceduto 'in senso lineare', bensì ritornando a più riprese lungo i decenni sulle medesime questioni, quasi procedendo 'a spirale'], è parso appropriato proporre diverse chiavi di lettura secondo le quali illustrare e indagare la sua opera, onde comprenderne la portata e le implicazioni. In sequenza, dapprima ne verranno proposte due possibili, secondo i distinti piani dell'approccio antropologico e dell'approccio spirituale [da intendersi secondo il lessico panikkariano]; seguiranno due ottiche comparative rispetto a due pensatori a lui vicini o prossimi [Henri Le Saux e Teilhard de Chardin]; per ultima si verificherà il suggerimento di R. P. di considerare la visione trinitaria quale base propizia per un dialogo tra le Religioni, alla luce degli studi di alcuni teologi, recuperando sullo sfondo la prospettiva convergente intravista da Teilhard de Chardin.

1. L'approccio della natura

Al di là della definizione poco precisa dell'approccio qui seguito, siamo in grado di chiarire immediatamente il suo senso grazie ad una precisazione dello stesso R. P. : «L'esperienza della luce è l'introito all'esperienza suprema: l'esperienza della Vita. La Vita è fuori e dentro, siamo noi ed è al di sopra di noi. Questa è l'esperienza cosmoteandrica fondamentale: l'esperienza della Vita».3

Il senso si riassume nella visione cosmoteandrica e quindi non-dualistica della realtà, sintetizzabile in tre rapidi passaggi all'uopo proposti dallo stesso R. P. : «1) il primo si riferisce alla universalità dell'esperienza e alla realtà delle cosiddette tre persone (nel singolare e nel plurale), in quanto rappresentate dai pronomi personali... È in questa struttura ultima e universale che si riflette la Trinità... appare allora come il paradigma essenziale (e né sostanziale né verbale) della relazione personale; 2) il secondo si riferisce alla radicale interrelazione di tutte le cose... Quieste relazioni abbracciano e costituiscono l'intera trama della realtà. La Trinità come relazione pura compendia la relatività radicale di tutto ciò che esiste; 3) il terzo si riferisce alla unità fondamentale della realtà, che non dovrebbe essere oscurata dalla diversità dell'universo... è la Trinità che ci offre un modello ottimo di questo onnipenetrante costituzione della realtà... Il termine 'persona' implica una relazione costitutiva... Questo modello ci aiuta a comprendere meglio la Trinità e, alloo stesso tempo, il mistero della Triunità ci apre alla possibilità di comprendere meglio la costituzione ultima del reale».4

Potremmo riassumere in questa frase l'intera visione: «L'intuizione cosmoteandrica non si accontenta di rivelare l'impronta trinitaria della creazione e l'immagine dell'uomo, ma considera anche la Realtà nella sua totalità come la Trinità completa, che consta di una sia dimensione divina, di una umana e di una cosmica»;5 per poi rilanciare: «Il nostro stato attuale di conoscenze scopre con sempre maggior chiarezza che l'intuizione trinitaria è una specie di 'universale' culturale e pertanto umano».6 Intuizione umana e naturale dunque, quella «intuizione della triplice struttura della realtà, della unità triadica, esistente a tutti i livelli della coscienza e della realtà, della Trinità. » Ma con una correlata precisazione: «Non stiamo asserendo che l'idea della Trinità possa essere ridotta alla scoperta di una dimensione triplice dell'Essere e neanche che questo aspetto sia una mera scoperta razionale. Affermiamo soltanto che la Trinità è il culmine di una verità che permea tutti gli ambiti dell'essere e della coscienza e che questa visione ci unisce agli uomini».7

2. L'approccio della riflessione spirituale

Collochiamo questo paragrafo entro la categoria piuttosto ampia e forse indeterminata della 'riflessione spirituale' in forza del rifiuto di R. P. a collocarsi ed identificarsi nell'ambito della teologia in quanto disciplina. Tuttavia tale opzione potrà risultare meno equivoca ove venga colta nel suo valore il significato che R. P. attribuisce alla dimensione spirituale, quale via dell'esperienza mistica diffusa.8 Una volta chiarito questo, cerchiamo di ridurre in pochi passi l'ampia elaborazione che R. P. ha dedicato al tema trinitario [affrontandolo a più riprese con saggi dedicati, nell'arco di quasi mezzo secolo], adottando due fonti principali del suo pensiero sull'argomento.

Nel suo saggio «Trinità ed esperienza religiosa dell'uomo»9 l'incipit è fornito da un passo della tradizione indica antica: «Si rivelò a se stesso trinitariamente» (Brhadaranyaka Upanisad, I, 2, 3). Quindi il tema è affrontato evitando l'intera storia teologica cristiana, preferendo un differente approccio:

Né la materia da sola, né lo spirito da solo bastano; l'Uomo non può stare senza Dio né Dio senza l'Uomo... Un Dio non trinitario non può 'mescolarsi' e tanto meno unirsi con l'Uomo senza distruggere se stesso. Dovrebbe rimanere separato, isolato... Un Uomo non trinitario non potrebbe uscire dal suo piccolo 'se-stesso'... Dovrebbe restare distaccato, isolato... Vista da questa angolazione, la Trinità è una delle visioni più profonde e più universali che l'uomo può avere di se stesso e di Dio, della Creazione e del Creatore. Non è solo uno dei problemi (teoricamente) più importanti, ma anche uno degli interrogativi praticamente più urgenti... La dottrina della Trinità, in realtà non ha lo scopo di soddisfare la nostra curiosità in merito alla Trinità 'immanente', come un assunto interno alla Divinità (ad intra). Collega il mistero immanente con il Dio 'economico' (ad extra), nel quale il destino di tutto il mondo è in gioco. Non è una mera speculazione sulle profondità di Dio; è al contempo una analisi sulle altezze dell'Uomo. È una 'rivelazione' di Dio nella misura in cui è una rivelazione dell'Uomo.10

A conclusione di questo paragrafo, pare eloquente questa sottolineatura: «La spiritualità trinitaria non si scinde in una dicotomia azione/contemplazione; non si esaurisce in un attivismo sterile e non si inaridisce in un quietismo inutile... La cosiddetta pratica della presenza di Dio non consiste nella coscienza della Presenza di un Altro che ci accompagna o che inabita nel nostro intimo, non consiste nel sentire la Presenza autosufficiente e, più o meno benvenuta, di un Essere divino in noi, ma nel rendersi conto esistenzialmente, o detto in modo migliore, nell'atto stesso di partecipare coscientemente e liberamente all'esplosione di Vita che rappresenta l'avventura comoteandrice della Realtà».11

Accanto alla prima fonte dell'elaborazione panikkariana sul tema trinitario, ci soffermiamo ora sulla seconda fonte: prendendo in esame l'altra parte dell'elaborazione trinitaria compresa in questa raccolta delle Opere Omnia, sempre inserita nella medesima 'Sezione seconda' inerente la 'Visione Trinitaria': si tratta del saggio L'uomo, un mistero trinitario, già pubblicato in lingua tedesca12 nel 1985. Lo studio, dopo aver considerato alcuni presupposti di carattere storico [la crisi della terra, il fallimento della ragione, l'inattendibilità del monoteismo assoluto, l'insufficienza delle tradizioni isolate, il ruolo insostituibile di tutte le culture e le religioni], perviene ad una prima considerazione di sintesi: occorre uscire dall'isolamento, puntare alla fecondazione reciproca, superando la frammentazione che caratterizza il kairos della nostra epoca; impresa didciile e rischiosa, senza ricorrere a scorciatoie od accontentarsi delle somiglianze e resistendo alla tentazione di prospettive falsamente globali perché monoculturali: «si tratta invece di un sano pluralismo e di una prospettiva interreligiosa per la nostra epoca diacronica».13 A questo punto il discorso riprende dalla riflessione sulla esperienza umana e la sua responsabilità verso il mondo, per concentrarsi poi sulla realtà dell'uomo, non riconducibile né al soggetto né all'oggetto e -dopo aver preso in esame l'uomo come proposto nella immagine ellenica e nell'antropologia indica- passa ad una sua comprensione in chiave cosmica, giungendo così all'inveramento in ciascuna di queste tre concezioni di una 'quaternitas antropologica' [che parrebbe risultare quasi una evoluzione della sua 'valenza triadica']: essa è riassunta nella concezione ellenistica nei concetti soma, psyche, polis, aion; mentre per la cultura indiana è riassunta nelle parole chiave jiva, aham, atman, brahman; ed infine nelle religioni primordiali era configurata nei quattro elementi terra, acqua, fuoco, aria. Di qui il discorso passa alla scoperta dell'uomo come mysterium, che -nella visione trinitaria panikkariana- richiede il superamento sia dell'antropocentrismo, che del teocentrismo che del cosmocentrismo: ma -precisa il Panikkar- «non parlo dunque dell'uomo quale mistero trinitario: ciò potrebbe essere teologia oggettiva o buona antropologia, ma non è appropriato».14 Anzi, egli ripudia le classificazioni della scienza delle religioni, tributarie di un certo esclusivismo occidentale, secondo le quali «la Trinità è un monopolio cristiano... La realtà intera è trinitaria e le tre dimensioni si compenetrano reciprocamente... Cielo, terra e il 'tra' i due; passato, presente e futuro, sarebbero formulazioni cosmologiche. Sat, cit e ananda, il trikaya, la Trinità cristiana ecc., sarebbero formulazioni religiose. Non diciamo che tutte queste concezioni sono uguali. Constatiamo solo le corrispondenze omeomorfiche... L'intuizione principale è la seguente: l'intera realtà è costituita da una specie di Trinità che si tiene assieme attraverso reciproche relazioni».15 Panikkar prosegue dicendo che si potrebbe prebndere le mosse dalla Trinità cristiana [circumincessio o perichoresis], ma ciò che conta è la 'metafora-alla-radice', per vivere ed immergersi in quello che chiama il 'dramma teantropocosmico' [per lui articolato in tre atti: scoprirsi l'io sono -- comprendersi creatura -- approdare al sè] . Ma giunto qui R. P. dà spazio alla legittima domanda su cosa abbia a che fare tutto ciò con la Trinità cristiana, per rispondervi in tre sostanziali punti: 1) la via intrapresa è quella di una «nuova ermeneutica in base al dogma centrale (quello della Trinità) di numerose tradizioni, usando spesso il linguaggio cristiano»; 2) la elaborazione trinitaria, in ambito cristiano, si è affermata dopo lo shock dell'incarnazione, per vincere sia monismo che dualismo, riconoscendo uno spazio tanto al cosmo che all'uomo; 3) «il presente contributo intende mantenere questa linea, senza limitarsi esclusivamente alla teologia tradizionale cristiana». Aggiungendo infine che proprio l'idea cristiana di Trinità ha inteso «qualificare il proprio monoteismo per fare posto al Cristo come vero uomo e vero Dio»: senonchè «questo Cristo, il Figlio dell'Uomo, non è tuttavia solo Gesù, ma anche, secondo Paolo e Pietro, il suo corpo intero e di conseguenza il cosmo trasfigurato»: ecco dunque, grazie a questa 'cristofanìa' [in ogni ente ed in ogni uomo] ,16 che «ne risulta la comprensione trinitaria della visione qui abbozzata».17

3. Prima comparazione: Henri Le Saux

Questo riferimento verrà subito inteso sel suo fondamento da chiunque sia a conoscenza della biografia di R. P., il quale in più di una occasione ha dato conto della sua conoscenza con padre Le Saux (che assunse poi, secondo il costume indiano, la denominazione di swami Abhishiktananda), narrando anche con dovizia di particolare i loro incontri ed i loro confronti.

Il primo richiamo viene espresso fin dal Prologo [alla edizione del 1973] del testo già citato, che venne scritto la prima volta ad Uttarkashi sull'Imalaia, con la presenza salutare di swami Abhishiktananda.18 In altre occasioni R. P. riferisce della via, molto sofferta, intrapresa dal monaco benedettino per l'incontro interiore del Vedanta col Vangelo, specie a commento del suo diario19: mettendo in risalto il suo approccio, più sereno, ed il suo atteggiamento, molto meno problematico [specie in rapporto all'opzione della via advaitica] .20 Vale la pena di citare un'altra questione, che si ricava dalla medesima fonte: R. P. evidenzia come non si possa svincolare la scelta adottata dal Le Saux senza la funzione di «ponte» incarnata da Teilhard de Chardin,21 il quale peraltro conobbe di persona l'abbè Mounchanin, fondatore dell'esperienza dell'eremo indo-cristiano di Saccidananda; la valutazione di R. P. viene inoltre confermata da alcuni testi a firma di H. Le Saux che esplicitamente menzionano le tesi di padre Teilhard.22

Ciò detto ci limitiamo a porre in risalto l'apporto di H. Le Saux sul tema, estrapolandolo dalla sua ricerca. Questa muove dall'inveramento nel vedanta delle (medesime) verità rivelate. Nel testo dedicato al tema trinitario, Le Saux perviene ad una affermazione assai netta -- «Non c'è alternativa, per l'advaita delle Upanisad, fuori dalla rivelazione trinitaria» -- che cerca poi di spiegare così concludendo: «Per il rsi del Veda l'esperienza ultima del sé significò l'inesorabile superamento di tutto ciò che è distinzione, scambio, comunione e, in realtà, di ogni separazione. Ma il jnanin cristiano, vivendo la figliolanza divina, scopre che anche questo superamento è trasceso. Lo scopre nella propria fede e ancora di più l'apprende alla scuola interiore dello Spirito che vivifica la sua fede. Sa infatti che nel mistero di Dio, nel cuore stesso dell'Essere, il Figlio e lo Spirito procedono dal Padre in non dualità (a-dvaita) di natura e nella triplice comunione (Koinonìa) delle Persone».23 Ripetutamente poi prende atto che la Trinità è stata manifestata dalla Rivelazione.24 Di essa inoltre mette in rilievo due aspetti:

In estrema sintesi si può affermare che egli ha preceduto R. P. nel raffronto delle figure cristiane della Trinità con quelle vediche, seguendo vie analoghe (anche se balza evidente la differenza di accenti e sensibilità nel Panikkar in forza della sua radice indica), e pervenendo alle medesime conclusioni, così simbolicamente riassunte: «L'OM che emerge dalla contemplazione cristiana del Saccidananda è un OM rinnovato, ancora più misterioso e santo. È un OM in cui il simbolismo dei tre elementi che compongono un unico suono sembra già anticipare in qualche modo l'espansione in Tre dell'Essere e insieme il suo raccogliersi su di sé nell'unità indissolubile della Trinità».27

La denominazione dell'eremo in Tamil Nadu a Saccidananda sta come emblema di questa convergenza intima e sublime, ove sat è essere, cit è coscienza, ananda è beatitudine: trittico costitutivo della esperienza di vita in seno alla Trinità.28

4. Seconda comparazione: Pierre Teilhard de Chardin

Questa secondo riferimento è poco nota nelle sue basi e trova pochi riscontri, risultando così pressochè ignorato, almeno fino ad ora: pertanto dovremo preliminarmente accennare almeno al suo fondamento [mancando a differenza del caso precedente il rapporto biografico diretto], prima di procedere al discorso di merito vero e proprio. Si coglie l'occasione per far notare il quadruplice intreccio realizzatosi di fatto tra Teilhard -- Monchanin -- Le Saux -- Panikkar: che costituisce un elemento non secondario della trama del nostro ragionamento. Stante comunque le enormi differenze di ogni genere tra i due autori, agli occhi dell'osservatore attento emergono infatti salienti affinità nell'atteggiamento di ricerca: persuasi che quanto indagano e sostengono sia «solo una ipotesi»;29 come anche evidenti analogie nei loro approcci: alla natura, alla persona, alla relatività della forma storica attuale del cristianesimo, alla prospettiva di una convergenza spirituale universale; alla critica per i condizionamenti culturali subìti dal cristianesimo a favore di una fede più universale e cattolica.

Coincidenze singolari: il concetto di 'teandrismo' ripreso (anche da TdC): «preferisco il termine teandrico al termine trinitario per qualificare questa sintesi e la spiritualità cattolica integrale (kath'hòlon) bella quale culmine»;30 esso esprime «una spiritualità che combini in una sintesi autentica le tre dimensioni della nostra vita sulla terra come in cielo... l'Uomo è qualcosa più dell'uomo; è un mistero teandrico»;31 rispetto al quale Panikkar dice «che oggi preferirei chiamare cosmoteandrismo»;32 la figura del Cristo cosmico;33 l'auspicio di un livello superiore di coscienza, che R. P. definisce «nuova auto-coscienza».34

Venendo al tema specifico qui trattato, va rilevato come -così come Panikkar considera la visione trinitaria come una intuizione storica e naturale prima che rivelata- analogamente Teilhard la contempli già nel 1948, estraendola dalla sua più ampia cosmogonia nella quale si situano in connessione diretta i processi universali di «Creazione-Partecipazione-Pleromizzazione-Trinitizzazione», rispetto ai quali si può intravedere e perseguire «l'Unità dello Spirito» prendendo atto che «su questo orientamento generale della vita interiore in cerca di perfezione regna un perfetto accordo tra le mistiche di tutte le religioni e di tutti i tempi».35 Emerge dunque una prospettiva assai affine a quella panikkariana, dotata di un evidente dinamismo aperto e totalizzante.

5. La visione trinitaria: da identità differenziante a principio dialogico

Tornando alla visione del Panikkar, ne valuteremo ora un aspetto direttamente rivolto al dialogo tra le religioni. Se da un lato R. P. è assai determinato nel voler difefrenziare la fede cristiana da una indeterminata 'fede monotetistica', sorprendentemente tale assunto non funge -come in numerosi teologi cristiani- da elemento differenziante (perfino orgogliosamente ostentato quando noninteso come fattore in grado di affermare la superiorità del cristianesimo) e quindi identitario ed escludente, bensì -tramite un inatteso rovesciamento logico- quale base propizia per la fomulazione di un inedito 'principio dialogico'.

Ecco in sintesi lo schema del ragionamento di R. P.:

  1. insufficienza del monoteismo: con riferimento alla storia della teologia cristiana, resa manifesta dal fenomeno dell'incarnazione, con i possibili esiti di monismo e dualismo (ambedue inaccettabili), così come quelli del modalismo o del triteismo;
  2. la radice delle differenze tra le tradizioni religiose: è multipla e sta nel piano semantico anzitutto, poi in quello simbolico, cause di divergenze profonde che tuttavia non riescono ad annullare o vanificare quella intuizione fondamentale [già citata al par. 1] circa la triplice struttura e l'unità triadica della realtà, pur presente con nomi diversi;
  3. i tre tipi religiosi fondamentali [la iconolatrìa -- il personalismo -- la non dualità] sono tre forme, tutte accoglibili e fondate, che originano esperienze religiose significative; tuttavia da non contrapporre, anzi tutte da comprendere bene e poi da riconciliare: «solo una visione trinitaria della Realtà ci permette alla fine di indicare le linee princiali della sintesi di queste tre nozioni dell'Assoluto apparentemente irriducibili»;36
  4. la sintesi possibile può essere dunque favorita dalla concezione trinitaria. Ma non solo: «L'approfondimento della struttura trinitaria dell'esperienza religiosa e delle credenze umane può di nuovo offrire qui una possibilità di fecondazione, di accordo e di collaborazione non solo tra le religioni stesse, ma anche tra esse e l'uomo moderno, così spesso lacerato da sottigliezze religiose che non può comprendere»37: superando così il dilemma contemporaneo tra «un teismo tradizionale poco convincente e un ateismo moderno ancor meno convincente».38

Nell'ultima rielaborazione del citato saggio «Trinità ed esperienza religiosa dell'uomo» si deve osservare alcune modifiche introdotte, a cominciare dal titolo, ora «La Trinità, un'esperienza umana primodriale»;39 le principali delle quali si collocano verso la fine e riguardano:

  1. il titolo del terzo capitolo «Il Teandrismo», ora modificato in «La Trinità radicale»;
  2. nel delineare le deviazioni che possono incunearsi nelle tre principali vie della spiritualità [Nichilismo-Umanesimo-Angelismo] ,40 il terzo tipo muta titolazione in «Materialismo»41: ove la contrapposizione è solo apparente, giacchè si precisa che «lo spiritualismo a oltranza può sfociare facilmente in un materialismo monista»42
  3. le considerazioni conclusive, che insistono nel prendere le distanze dai concetti di Trinità precedentemente valutati [trascendente-immanente-operante nel mondo], preferendo ad esse «un gioco dialogale (dato che siamo uomini) tra queste tre dimensioni costitutive della Realtà che non è né monista né dualista»43 ed ove ora viene inserita questa esplicazione: «Questa spiritualità combina in una sintesi armoniosa le tre dimensioni della nostra vita. Vi è in lei contemplazione, che è più che pensiero; azione che non limita il suo orizzonte alla città eterna. . .; amore che trascende ogni sentimentalismo; orazione che non si limita a chiedere e nemmeno a lodare, ma che è anche silenzio; apofatismo che non sfocia nel nichilismo; grazia che non è contro natura; spazio e tempo che non sono passeggeri ma dinamismo creatore; e soprattutto intelligenza che ci consente di parlare consapevolmente e responsabilmente di tutto questo».44

Quest'ultima integrazione conforta l'approccio qui adottato e proposto ed inoltre rafforza la valenza dialogica del tema trinitario come concepito dal Panikkar, rilevando come la seconda fonte [il saggio L'uomo, un mistero trinitario, citato nel par. 2] sia stata estratta da uno studio a carattere interreligioso.45

Questo insegnamento presente nella 'lezione' di R. P. è stato ripreso -almeno come possibilità- da Gisbert Greshake in due differenti studi che cerchiamo di riassumere.

Nel suo grande trattato Il Dio unitrino. Teologia trinitaria (Freiburg 1997) -nel quale pure l'autore si propone di colmare le lacune e la crisi della comprensione del dogma trinitario- prende le mosse dal cambiamento di clima intervenuto nei confronti della dottrina trinitaria, «preparato dalla ecclesiologia del concilio Vaticano II», oltre che da altri suti teologici e filosofici; ma anche «in maniera più determinante, da una interrogazione critica di quella 'immagine borghese di Dio' «46 ampiamente già entrata in crisi. Al riguardo l'autore compie un vasto giro d'orizzonte attorno al dibattito teologico del secondo novecento, tralasciando però di fare presente l'esplicita e coraggiosa esortazione in tal senso di Teilhard de Chardin, precedente a tutti gli studi citati, ribadita in numerosi testi (sia saggi che epistolario), per l'abbandono e il superamento delle tradizionali immagini di Dio: da lui ritenute un vero e proprio ostacolo rispetto ad un superiore stato di coscienza. Al di là di questo, l'autore chiarisce in sede di Introduzione l'intento dello studio quale «contributo alla teologia», ma annotando come «non si tratta soltanto di dimostrare la Trinità quale centro della fede cristiana, ma anche di rendere feconde quelle intuizioni che nella fede trinitaria si danno per la comprensione della realtà in quanto tale»47 [proprio analogamente alle convinzioni tanto di Panikkar che di Teilhard] .48 Lo studio si sviluppa quindi con una I Parte dedicata al concetto di Trinità, la II Parte alla rilevanza della fede trinitaria per la fede cristiana, nella III Parte lo sguardo va oltre la fede: alla società e alle religioni. È in questa ultima parte, affrontata a partire dal nodo unità-pluralità, che l'autore accosta il rapporto con le altre religioni, prendendo subito la distanza dalla posizione di Panikkar [come di altri teologi 'pluralisti'] a proposito dell'uguaglianza di principio di tutte le religioni,49 ma adottando il suo punto di vista specifico circa il concetto trinitario come possibile 'principio dialogico', inquadrandolo però entro l'approccio che il Greshake contrappone al 'paradigma del pluralismo', quale «barometro della teologia contemporanea come alternativa: per il rapporto delle religioni tra di loro ed il loro dialogo si offrono come teoria basilare la fede cristiana nella Trinità e la teologia cristiana della Trinità».50

Nella sua opera minore, La fede nel Dio trinitario ,51 dedica il cap. III al dialogo tra le religioni e, mentre prende atto che talvolta in tale ambito «quasi sempre troviamo qui la tendenza a 'nascondere' la fede cristiana nella Trinità o perlomeno a relativizzarla», ma così replica: «Noi invece sosteniamo, per il dialogo tra le religioni, questa tesi: la fede cristiana nella Trinità e la teologia trinitara cristiana offrono una teoria basilare per il reciproco rapporto tra le religioni, per il loro dialogo, per la loro reciproca comprensione e per il loro reciproco avvicinamento». A sostegno di detta tesi egli fa riferimento a: 1) la presenza comune se non originaria di una struttura trinitaria nelle religioni: e cita in tal senso, pur con qualche cautela, gli studi F. Heiler e C. G. Jung; 2) la sorprendente corrispondenza delle figure trinitarie con i tipi fondamentali dell'immagine divina nelle grandi religioni [religioni apofatiche, quelle teiste, forme mistiche induiste e cristiane]: e segue in tal senso gli studi di R. Panikkar; 3) la possibilità secondo cui appunto «la fede nella Trinità si presenta come l'invito a una sintesi: nessuna delle tre vie di accesso a Dio e nessuno dei tre rapporti religiosi fondamentali ha bisogno di essere eliminato; ognuno può essere conciliato con gli altri».52 Soprattutto in quest'ultimo passaggio prosegue nel riprendere il punto di vista di R. Panikkar, precisando tuttavia che «una simile sintesi trinitaria non significa necessariamente una addizione sincretistica»,53 ma anche che «dal momento che anche gli stessi cristiani devono ancora imparare quel che già portano con sé nella lettera della loro professione di fede, il dialogo tra le religioni sotto il segno della Trinità non è una via a senso unico»: ed a tal proposito cita E. Cousins secondo il quale starebbe per aprirsi una nuova fase per la dottrina trinitaria.54

Ci permettiamo di annotare come vada apprezzato l'intento di questo teologo, tra i pochi ad osare di assumere le tesi di P. Teilhard de Chardin o di R. Panikkar, considerate spesso eccessivamente ardite quando non 'inservibili' per un corretto lavoro teologico in quanto non rispondente ai canoni abituali della disciplina. Tuttavia appare doverosa una precisazione che lo stesso Greshake espone in nota nella sua opera maggiore: «Anche se di seguito verranno riprese idee, contesti concettuali e formulazioni dal testo di Panikkar sulla Trinità, non posso comunque aderire al contesto generale e a molti aspetti pasrticolari di tale opera. Quanto dunque verrò esponendo non andrà allora preso come un'esposizione autentica della posizione di Panikkar, bensì come affermazioni cui rispondo io e come tesi poste in parte in un altro contesto, che ai miei occhi pare più opportuno, secondo le parole di san Paolo: «Quod bonum est. Tenete».55

6. La prospettiva della convergenza in chiave trinitaria

Proprio dando seguito a questa assunzione parziale che il Greshake opera sia delle tesi di Panikkar che di Teilhard, risulta possibile non solo adottare -in tal caso grazie all'intuizione di Panikkar- il principio trinitario come 'principio dialogico', ma anche inverare nel medesimo principio una prospettiva di convergenza -qui grazie alle ancor precedenti intuizioni di Teilhard- come in breve cercheremo di esporre. Intendiamo a questo punto rilevare criticamente il ricorso a nostro avviso parziale -quantunque in sé ugualmente apprezzabile- che il Grishake riserva all'opera di Teilhard.

Infatti nel suo grande trattato Il Dio unitrino. Teologia trinitaria (Freiburg 1997) -nel quale pure l'autore riprende a diversi propositi l'apporto di Teilhard de Chardin56-, ne assume apertamente la visione della creazione come processo di unificazione [«L'unione è il processo della creazione: creare significa unire»], anche se omette di precisare che la parola 'trinitarizzazione' sia stata coniata ed appartenga ad ogni effetto al lessico teilhardiano.57 Va in compenso rilevato come il Greshake la difenda contro i ben noti attacchi cui l'opera di Teilhard fu sottoposta con veemenza [«Queste non sono affatto tesi 'esoteriche' e fuori dal mondo»58], apportando a suo sostegno tanto tesi teologiche quanto studi scientifici contemporanei. Senonchè, nella sua 'opera minore' (la 'piccola teologia trinitaria' come lui stesso la definisce),59 compare il concetto di 'trinitarizzazione' che ad ogni effetto va ascritto all'ideazione di Teilhard, quale uno dei suoi 'neologismi' tanto discussi quanto intriganti. Ci pare in buona sostanza di dover rilevare come in questo secondo studio ridotto e già citato -- La fede nel Dio trinitario -- il Greshake dimentichi di citare nel cap. II60 Teilhard de Chardin quale autore primo del concetto di 'trinitarizzazione', riportato tra virgolette, senza nulla togliere agli apporti invece citati di Origene e di Jurgen Moltmann [certamente ben assonanti con la visione del Teilhard61 ed ambedue riferiti alla teologia paolina62], che tuttavia non nominano letteralmente detto concetto: dal Greshake comunque sempre correlato alla teologia della creazione' che ha ricevuto proprio dal Teilhard l'apporto decisivo e determinante nell'epoca cointemporanea, come apertamente riconosciuto in varie sedi teologiche ma ultimamente ed autorevolmente da Piero Coda.63 E che dell'ispirazione di Teilhard si stia trattando risulta poi ulteriormente attestato da due riferimenti: il primo è quello della Costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II -Lumen Gentium- che, come è stato da più parti riconosciuto, trova tra i suoi ispiratori proprio Teilhard de Chardin;64 il secondo è l'argomento inerente la 'Incarnazione del Dio trinitario',65 che in un passaggio recita: «Vale a dire: il Figlio eterno entra in un modo del tutto nuovo nella creazione divenendone una 'parte', divenendone veramente un 'frammento'... »;66 così come «nel corso della sua vita ogni uomo nel suo stesso esistere 'in parte compendia [...] in maniera originale ed incomunicabile il mondo intero' [la citazione è di Teilhard] «, nella dimensione unificante della 'communio'.67

Tuttavia poi, ove oltre affronta il tema del dialogo tra le Religioni, dimentica di citare il Teilhard a proposito del crescente e da lui auspicato confronto tra le Religioni. Dall'attenta disamina e comparazione dei due testi citati, dobbiamo prendere atto come il Greshake compia nei confronti della lezione teilhardiana una cesura non certo lieve per quanto concerne la prospettiva delle Religioni. Fu infatti questa una dimensione questa non secondaria nella visione del futuro in Teilhard, rispetto alla quale egli ha espresse per primo, fra i contemporanei cattolici, gli accenti più marcati: ispirando vie nuove per la missione e l'inculturazione [ne furono esempi luminosi il saveriano V. C. Vanzin, il benedettino Julies Mounchanin e lo stesso Henri Le Saux già menzionato; ma lo attestano più di recente quelli dei camaldolesi Bede Griffiths e Thomas Matus] fino a concepire perfino -connessa al triplice processo di amorizzazione-cristificazione-pneumatizzazione che vanno svolgendosi entro la noosfera in cristogenesi- quella della convergenza tra le religioni. Alla questione alla quale Teilhard dedicò varie e ripetute riflessioni in numerosi studi, ma che venne riassunta nel saggio Come io credo (Pechino 1934) ,68 sul quale vorremmo soffermarci brevemente.

Questo importante scritto-confessione, annuncia nell'esergo il suo fondamento di chiara impronta trinitaria: «Credo che l'Universo sia un'Evoluzione. Credo che l'Evoluzione vada verso lo Spirito. Credo che lo Spirito si compia in qualche Personale. Credo che il Dio personale supremo sia il Cristo-Universale». Il testo si articola in due parti [I. Le tappe individuali delle mia fede; II. La confluenza delle Religioni], la seconda delle quali -interamente dedicata al rapporto tra le Religioni- è così scandita: 1. Il fenomeno religioso e la scelta di una religione; 2. La prova delle Religioni; 3. Il Cristo-Universale e la convergenza delle Religioni; al termine della quale egli auspica ed attende quella che chiama «una Religione dell'avvenire».69 Va notato come Teilhard pur in una siffatta prospettiva tanto ardita non relativizzi la presenza cristiana anzi ne valorizzi estremamente l'apporto, valutato da lui essenziale, anche se comportandone una maturazione in 'neo-cristianesimo',70 secondo una evoluzione che appare altrettanto in consonanza con quella di Panikkar in 'cristianìa': analoghe -nonostante una loro differente valenza teologica71- in quanto entrambe concepite in una medesima chiave universalistica, finalmente pienamente cattolica in quanto liberata dai condizionamenti culturali delle forme precedenti del cristianesimo storico.

Questa «tensione unitrinitaria del tempo presente» -- si noti: questione da Teilhard ritenuta addirittura come «il problema metafisico e religioso fondamentale» (Lettera a Léontine Zanta, 1932) -- è stata avvertita e segnalata autorevolmente dal teologo Piero Coda: «Pur con accenti e con nomi diversi, ho trovato il termine in Teilhard de Chardin, Chiara Lubich e Joseph Ratzinger nel senso fondamentale della partecipazione ontologica della forma di vita trinitaria all'umanità e alla creazione».72 Attenzione già in precedenza resa manifesta dal Coda sempre nell' ambito degli studi trinitari, il quale evidenzia le strade nuove dischiuse da pensatori come Teilhard de Chardin [affiancato a P. Florenskij e D. Bonhoeffer] e sottolinea la dizione di 'trinitizzazione' assunta da Chiara Lubich.73

7. Un auspicio conclusivo

A partire da questa ultima considerazione che ci ha messo in grado di inverare nella visione trinitaria un 'principio dialogico' tra le Religioni, perché non avanzare un auspicio beneaugurante?

Di questa nostra epoca dalle tante sfaccettature, siamo in grado di avanzare una lettura di carattere spirituale? Già in passato sono state avvertite delle soglie particolari nella storia della Chiesa: se possiamo sentirci autorizzati a menzionare almeno due autorevoli chiavi, proposte nell'epoca contemporanea dal magistero della Chiesa Cattolica quali cardini di una nuova epoca, opteremmo. . .:

In una situazione come quella odierna, piuttosto priva di grandi slanci e forse un troppo ripiegata rispetto alle speranze di inizio millennio, vorremo dunque avanzare -sommessamente- la suggestione che l'accelerazione dei ritmi impressi alla comunicazione umana ed all'intersezione culturale dall'avanzamento tecnologico e dai processi di globalizzazione possa fungere anche da elemento moltiplicatore di stimoli e da fattore sollecitatore di occasioni: tutti fattori potenzialmente propizi per inedite convergenze spirituali.

Ci conforta in questa nostra speranza, che si fa fiduciosa ed operante attesa, un passo dell'apostolo Paolo, che -al termine di un suo appello fraterno dai chiari accenti trinitari- così conclude, aprendo i nostri occhi ad una visione unificante: quella di «... Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4, 6), letta secondo l'inedita esegesi dell'indimenticabile Ramon Panikkar,78 da meditare.

Copyright © 2011 Luciano Mazzoni Benoni

Luciano Mazzoni Benoni. «Trinitizzazione e dinamiche trinitarie transreligiose». Elaborare l'esperienza di Dio [in linea], Atti del Convegno «La Trinità», Roma 26-28 maggio 2009, disponibile su World Wide Web: <http://mondodomani.org/teologia/>, [**60 B].

Note

  1. Cfr. S.Brock (a c.di), Efrem il Siro, L'arpa dello Spirito: 18 poemi di sant'Efrem, Lipa Roma 1999); per una lettura più estesa: Efrem il Siro, Inni Pasquali, Paoline Milano 2001; Efrem il Siro, Inni sulla Natività e sull'Epifania, Paoline, Milano 2003. Testo

  2. Corrispondente alla «inopia vocabolorum» di cui dice Tommaso d'Aquino, come osserva acutamente R.P., proprio argomentando del mistero trinitario: Summa Theologica I,37,1. Testo

  3. R.P., Aspetti di una spiritualità cosmoteandrica, in R.P., L'uomo, un mistero trinitario, in Visione Trinitaria e Cosmoteandrica: Dio-Uomo-Cosmo, Opera Omnia, vol. VIII, Jaca Book, Milano 2010, pp. 265-319 (a c. dell'autore e di Milena Carrara Pavan): p. 268. Testo

  4. R.P., Trinità ed esperienza religiosa dell'uomo, Cittadella Assisi 1989, pp. 24-25. Testo

  5. R.P., Trinità ed esperienza religiosa dell'uomo, Cittadella Assisi 1989, p. 6. Testo

  6. Ibidem, p. 7. Testo

  7. Ibidem, p. 20. Testo

  8. Cfr. R.P., Mistica pienezza di vita, Mistica e spiritualità, tomo I, Jaca Book, Milano 2008. Testo

  9. Il testo venne scritto prima in lingua inglese The Trinity and the Religious Experience of Man nel 1973, quindi in spagnolo col titolo La Trinidad y la experiencia religiosa, nel 1989. Testo

  10. Ibidem, pp. 21-22. Testo

  11. Ibidem, p. 13. Testo

  12. Cfr. Der Mensch, ein trinitarisches Mysterium die Verantwortung des Menschen fur eine bewohnbare Welt, in R.P. (a c. di W.Strolz), Christentum, Hinduismus und Buddhismus, Herder, Freiburg 1985, pp. 147-190. Testo

  13. R.P., L'uomo, un mistero trinitario, in Visione Trinitaria e Cosmoteandrica: Dio-Uomo-Cosmo, Opera Omnia, vol. VIII, Jaca Book, Milano 2010, pp. 127-166 (a c. dell'autore e di Milena Carrara Pavan): p. 132. Testo

  14. Ibidem, p. 156. Testo

  15. Ibidem, p. 158. Testo

  16. Per questo concetto cfr. R.P., La pienezza dell'uomo: una Cristofanìa, Jaca Book, Milano 1999. Testo

  17. Ibidem, p. 162. Testo

  18. Cfr. R.P., Trinità ed esperienza religiosa dell'uomo, op. cit., p. 15. Testo

  19. Cfr. H. Le Saux, Diario spirituale di un monaco cristiano-samnyasin hindù 1948-1973 (a c. di R. Panikkar), Mondadori, Milano 2001: prefazione, pp. 11-38. Testo

  20. Cfr. Ibidem, 17-31 ; H. Le Saux, Tradizione indù e mistero trinitario, EMI, Bologna 1989, pp. 72-75. Testo

  21. Cfr. H. Le Saux, Diario spirituale di un monaco cristiano-samnyasin hindù 1948-1973, op. cit., p. 18, ove R.P. dichiara: «Egli potrà trovare una sua collocazione nel mondo solo risalendo a una visione simile a quella di Aurobindo o di Teilhard de Chardin». Testo

  22. Fra le tante possibili citazioni, ci limitiamo alle seguenti: H. Le Saux, Tradizione indù e mistero trinitario, EMI, Bologna 1989, pp. 82-87 (ove si pone in relazione la rivelazione comica con l'evoluzione); ibidem, p. 96 (ove si connette la coscientizzazione e l'evoluzione cosmica). Testo

  23. H. Le Saux, Tradizione indù e mistero trinitario, op.cit, pp. 135-136. Testo

  24. Ibidem, pp. 149 e 164. Testo

  25. Ibidem, p. 168. Testo

  26. Ibidem, pp. 173-174. Testo

  27. Ibidem, p. 225. Testo

  28. Ibidem, pp. 209-218. Testo

  29. R.P., Trinità ed esperienza religiosa dell'uomo, op.cit, p. 23. Testo

  30. Ibidem, p. 107. Testo

  31. Ibidem, p. 120. Testo

  32. Ibidem, p. 33. Testo

  33. Cfr. R.P., Trinità ed esperienza religiosa dell'uomo, op. cit., p. 88. Testo

  34. Ibidem, p. 113. Testo

  35. P. Teilhard de Chardin, Come io vedo, in Le direzioni del futuro, op. cit., pp. 201-260. Testo

  36. R.P., Trinità ed esperienza religiosa dell'uomo, op. cit., p. 74. Testo

  37. Ibidem, p. 23. Testo

  38. R.P., Visione Trinitaria e Cosmoteandrica: Dio-Uomo-Cosmo, Opera Omnia, vol. VIII, Jaca Book, Milano 2010, p. 61. Testo

  39. In R.P., Visione Trinitaria e Cosmoteandrica: Dio-Uomo-Cosmo, Opera Omnia, vol. VIII, Jaca Book, Milano 2010, pp. 47-126 (a c. dell'autore e di Milena Carrara Pavan). Il nuovo testo è il risultato della revisione dei due precedenti, citati, e confrontata con l'ultima edizione castigliana del 1998, rivista dall'autore stesso. Testo

  40. Cfr. R.P., Trinità ed esperienza religiosa dell'uomo, op. cit., pp. 113-119. Testo

  41. Cfr. R.P., Visione Trinitaria e Cosmoteandrica: Dio-Uomo-Cosmo, Opera Omnia, vol. VIII, op. cit., p. 124. Testo

  42. Ibidem, p. 124. Testo

  43. Ibidem, p. 125. Testo

  44. Ibidem, p. 126. Testo

  45. Cfr. Der Mensch, ein trinitarisches Mysterium. Die Verantwortung des Menschen für eine bewohnbare Welt, in R.P. (a c. di W.Strolz), Christentum, Hinduismus und Buddhismus, Herder, Freiburg 1985, pp. 147-190. Testo

  46. G. Greshake, Il Dio unitrino. Teologia trinitaria, Queriniana, Brescia 2008, p. 10. Testo

  47. Cfr. G. Greshake, Il Dio unitrino. Teologia trinitaria, op. cit., pp. 19-22. Testo

  48. Analogo del resto l'approccio del teologo P. Coda nell'evidenziare la valenza di partecipazione universale e cosmica della fede trinitaria, ai fini di una 'ontologia trinitaria' intesa «come il contemplare il riflesso del mistero di Dio Trinità nella creazione»: cfr. P. Coda, L. Zak, Abitando la Trinità, per un rinnovamento dell'ontologia, Città Nuova, Roma 1998, pp. 5-16. Testo

  49. Cfr. ibidem, p. 573 n. 200. Testo

  50. Ibidem, p. 579. Testo

  51. Cfr. G. Greshake, La fede nel Dio trinitario: una chiave per comprendere, Queriniana, Brescia 2000. Testo

  52. Cfr. ibidem, pp. 104-112. Testo

  53. Ibidem, p. 113. Testo

  54. Ibidem, p. 117. Testo

  55. G. Greshake, Il Dio unitrino. Teologia trinitaria, op. cit., p. 580 n. 220. Testo

  56. Cfr. G. Greshake, Il Dio unitrino. Teologia trinitaria, op. cit., pp. 292, 300, 307, 312, 495, 596, in tema di creazione, evoluzione, divinità al femminile, dimensione cosmica di Cristo. Testo

  57. Cfr. ibidem, p. 312; cfr. F. Mantovani, Dizionario delle opere di Teilhard de Chardin, Il Segno dei Gabrielli, Verona 2006; G-H. Baudry, Lessico Teilhard de Chardin, Jaca Book, Milano 2010, p. 117. Testo

  58. Ibidem, p. 312. Testo

  59. Cfr. G. Greshake, La fede nel Dio trinitario: una chiave per comprendere, op. cit., p. 10. Testo

  60. Cfr. ibidem, p. 60: titolo del paragrafo «'Trinitarizzazione': il fine della creazione». Testo

  61. Cfr. ibidem, p. 66. Testo

  62. Rispetto alla quale rimandiamo al nostro studio, pubblicato quale estratto: L. Mazzoni Benoni, Paolo e Teilhard teologi della Materia, in Paulus, 14/2009. Testo

  63. Cfr. P. Coda, Il Logos e il Nulla, Città Nuova, Roma 2003, p. 205. Testo

  64. Così il Greshake: «Il concilio Vaticano II adotta questa visuale del fine ultimo della creazione e dell'opera salvifica di Dio... il fine ultimo si chiama quindi 'unità' o, meglio ancora 'trinitarizzazione' di tutta la realtà: quel che Dio è come Dio trinitario, noi lo possiamo e lo dobbiamo diventare»: cfr. G.Greshake, La fede nel Dio trinitario: una chiave per comprendere, op. cit., pp. 64-65. Testo

  65. Cfr. G. Greshake, La fede nel Dio trinitario: una chiave per comprendere, op. cit., p. 68. Testo

  66. Ibidem, p. 69. Testo

  67. G. Greshake, Il Dio unitrino. Teologia trinitaria, op. cit., p. 495. Testo

  68. Cfr. P. Teilhard de Chardin, La mia fede, Queriniana, Brescia 1993. Testo

  69. Va osservato come di 'religione del futuro' e di 'religione dell'avvenire' Teilhard inizi a parlare già nel 1929: cfr. Il senso umano, in P. Teilhard de Chardin, Le direzioni del futuro, op. cit., pp. 11-43. Testo

  70. Altro suo neologismo: un concetto più volte espresso (cfr. L'apporto spirituale dell'Estremo oriente, 1947 in P. Teilhard de Chardin, Le direzioni del futuro, SEI, Torino 1996, pp. 165-181), ma affidato soprattutto alla sua ultima pagina del diario (7 aprile 1955): cfr. P. Teilhard de Chardin, Il Cuore della Materia, Queriniana, Brescia 1993, pp. 87-88. Testo

  71. Nella recente discussione nell'ambito della 'teologia delle religioni', quella di Teilhard viene classificata come una forma 'inclusivista', mentre quella di Panikkar viene collocata nel quadro del paradigma 'pluralista'. Testo

  72. Cfr. P. Coda, Il Logos e il Nulla, Città Nuova, Roma 2003, p. 369. Testo

  73. Cfr. P. Coda, A. Tapken, La Trinità e il pensare, Città Nuova, Roma 1997, pp. 422-423; nello stesso volume vedasi anche: F. Bisio, Cristogenesi, Croce e Trinità in Teilhard de Chardin, pp. 229-257: ove l'autore mette ben in risalto lo sfondo trinitario sempre presente nell'elaborazione teilhardiana. Testo

  74. Per la sua ottica cfr. le due encicliche di Giovanni Paolo II: Tertio millennio adventiente e Novo millennio ineunte. Testo

  75. Cfr. E. Guerriero (a c. di), Le encicliche sulla Trinità e gli scritti del cuore di Giovanni Paolo II, San Paolo, Milano 2006. Testo

  76. Lo spiccato orientamento trinitario di Giovanni Paolo II viene citato anche dal Greshake, per un discorso del 1980: cfr. G. Greshake, Il Dio unitrino. Teologia trinitaria, op. cit., pp. 12-13 n. 19. Testo

  77. Sulla prima: «La sintesi teilhardiana è presente nelle prospettive del Vaticano II, in particolare nella costituzione GeS, così come nella prima enciclica di Giovanni Paolo II, Redemptor hominis» (J. Carles, A.Dupleix, TdC mistico e scienziato, Paoline, Milano 1998, p. 158); sulla seconda cfr. R. Faricy, Teilhard de Chardin: la dottrina spirituale, Ancora, Milano 2000, p. 26. Testo

  78. Cfr. R.P., Trinità ed esperienza religiosa dell'uomo, op. cit., p. 106. Testo

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