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Il mistero del dogma trinitario alla luce del paradigma della sinergia. In dialogo con Alexandre Ganoczy

di Jean Paul Lieggi (Roma, 26-28 maggio 2011)

Il sottotitolo di questa comunicazione ben esprime l'intento che mi prefiggo: entrare in dialogo con il teologo ungherese Alexandre Ganoczy, prima docente a Parigi e a Münster e quindi ordinario di teologia dogmatica dal 1967 al 1996 a Würzburg. Dopo diversi studi sulla teologia della creazione, sulla teologia della natura e sulla grazia, il teologo ha dedicato un suo lavoro al Creatore trinitario. Il volume, apparso in Germania nel 2001, è stato tradotto in italiano da Carlo Danna e pubblicato nella collana "Biblioteca di teologia contemporanea" nel 2003.1

Prima di entrare in medias res, ritengo importante far presente che uno dei temi centrali per la teologia trinitaria è quello riguardante la comprensione del rapporto tra unità e pluralità trinitaria in Dio.

Diversi sono i modelli interpretativi con i quali nel corso della storia della riflessione teologica si è cercato di approcciare tale tema. I principali modelli interpretativi che si sono sviluppati sono il modello di unità personale, il modello di unità assoluta o intra-personale, il modello inter-personale e il modello comunionale. Ed è proprio quest'ultimo che sta trovando particolare spazio nella riflessione teologica contemporanea, non senza attirarsi alcuni "rimproveri" e rilievi critici.

Alla luce di queste considerazioni preliminari, risulta significativo confrontarsi con il contributo elaborato da Alexandre Ganoczy che propone il paradigma della "sinergia" come chiave di lettura del mistero trinitario, cercando in tal modo di armonizzare tra loro unità e molteplicità e di porre in luce la rilevanza del mistero trinitario non solo per una nuova comprensione dell'essere stesso, nell'ottica di «una ontologia radicalmente "relazionale"» (p. 10), e della realtà creata, ma anche per la pratica della vita cristiana illuminata e plasmata dall'azione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Per stabilire tale confronto, inizierò questo mio contributo con l'abbozzare le grandi linee della teologia trinitaria di Ganoczy (parr. 1-3); esaminerò quindi uno dei punti di dibattito che la sua prospettiva solleva (par. 4), per suggerire, infine, una prospettiva teologica che tracci un compito nuovo per la riflessione sul mistero trinitario (par. 5) .2

1. Il paradigma della sinergia

La riflessione del teologo ungherese parte dal cogliere come il paradigma della sinergia abbia assunto particolare importanza in diversi settori della realtà (fisica, biologia, antropologia, sociologia) per giungere a ritenere che gli si debba riconoscere uguale importanza anche nella dottrina specificamente cristiana su Dio.

La sua riflessione prende le mosse, innanzitutto, dalle dimensioni antropologiche e sociologiche della sinergia:

Se partiamo dall'autocomprensione attuale di molti uomini della nostra area culturale, constatiamo che veramente tanti sono coloro che ripongono grandi speranze nelle strutture della convivenza e della collaborazione. Presagiamo, sperimentiamo e sappiamo quanto la nostra esistenza personale sia ampiamente determinata da processi simbiotici e sinergetici. La convivenza attiva con altri, la partecipazione a istituzioni sociali, la reazione sensibile a esistenti condizioni ambientali sono diventate per noi vitalmente necessarie. [...] Nel nostro tempo trova per molti versi conferma l'esperienza che era già stata formulata da Hegel e da Fichte: l'io arriva ad essere veramente se stesso grazie al suo ambiente umano, e l'individuo diventa persona nel grembo di comunità di persone. [...] Al di là della modernità e postmodernità si rafforza anche la coscienza di appartenere a un destino planetario comune, il cui futuro dipende in larga misura dall'accettazione o dal rifiuto di strutture coordinate e cooperative. [...] Dall'altro lato il dramma dell'oscillazione tra la volontà di autoaffermazione e le correnti di un ambiente dominante tese a dissolvere l'identità assume dimensioni sempre maggiori. Culture rivaleggiano con culture [...] . La loro lotta sembra per molti versi obbedire a regole di un particolare darwinismo sociale. La cultura economica più forte, "più capace", anche se di gran lunga non la più valida, aspira al dominio esclusivo, di conseguenza anche alla eliminazione delle culture che non possono e non vogliono adattarsi. In questo contesto di una "lotta culturale" su scala mondiale nasce nello stesso tempo la speranza di una via d'uscita, che viene attesa dallo spirito di una sinergia che cerca in tutta libertà la complementarietà (pp. 5-6).

Questa lunga citazione mostra come da un'analisi fenomenologica della realtà antropologica e sociale emergano questioni che aprono il campo a questioni eminentemente teologiche; Ganoczy le raccoglie attorno a queste domande:

L'idea genuinamente cristiana di Dio ha di per sé qualcosa a che fare con la coesistenza e con la cooperazione? Per esempio, l'espressione del Credo che parla del "Padre onnipotente" non tradisce un monoteismo talmente monarchico che, nella sua cornice, al Figlio e soprattutto allo Spirito Santo spetta solo un ruolo subordinato e per così dire strumentale nella vita e nell'azione divina? In questa concezione le tre persone si presentano davvero come consustanziali? Creano con la stessa potenza creatrice e comunionalmente il processo del mondo? Oppure la loro attività creatrice segue un ordine per così dire gerarchicamente stabilito? L'identificazione tradizionale dell'autentico creatore del mondo con il Padre onnipotente può ammettere l'analogia di una comunione operativa di tre soggetti liberi e complementari? (p. 6).

Da tali questioni teologiche emerge chiaramente che la dottrina trinitaria, oltre che con la questione del rapporto tra unità e pluralità, deve necessariamente confrontarsi con quella del rapporto tra la consustanzialità delle tre persone e la monarchia del Padre, tra il paradigma della comunione e le relazioni di origine. Infatti si tratta di mostrare come l'apertura alle relazioni d'origine e alla conseguente monarchia del Padre non voglia dire cedere al subordinazionismo ma tener fede all'ordine delle persone divine. Questo, a mio giudizio, rappresenta un ulteriore elemento che mostra come il paradigma della sinergia possa assumere una particolare rilevanza nella teologia trinitaria anche al di là di quello che gli riconosce lo stesso Ganoczy che, come avrò modo di precisare più avanti, non ne coglie sino in fondo le potenzialità, privilegiando il modello della comunione a discapito di una sana ed adeguata considerazione della taxis trinitaria.

Ganoczy, dopo il riferimento ad antropologia e sociologia, passando a considerare il dato delle moderne scienze naturali:

La teoria della relatività, la meccanica quantistica e la cosiddetta teoria del caos nel campo della fisica, la biologia molecolare, la zoologia e la fisiologia del cervello nel campo organico hanno messo in luce un mondo variopinto di reciproche relazioni, interazioni, reazioni, ramificazioni, meccanismi di reciproco potenziamento e causalità circolari. Quasi tutti i processi energetici vi si presentano come processi sin-ergetici. L'evoluzione della materia e della vita si svolge come una compagine dinamica fatta di processi di autoorganizzazione. [...] E l'utilizzazione tecnica di processi fisici presuppone similmente i loro reciproci potenziamenti, come per esempio nel caso del raggio laser, la cui descrizione scientifica si chiama giustamente "sinergetica" (p. 7).

Anche dall'apporto delle scienze naturali emergono quindi questioni eminentemente teologiche:

Il paradigma della sinergia vale parimenti, anzi in un certo senso vale soprattutto nella concezione genuinamente cristiana di Dio, così come essa è espressa nella Bibbia e nella Tradizione? Non dovremmo rispondere con un sì a questa domanda, se teniamo presente che già la Bibbia ebraica fa agire Jahvé insieme con la sua sapienza e con il suo "spirito" (termine femminile in ebraico)? E come va interpretata la cooperazione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, testimoniata nel Nuovo Testamento, nella realizzazione della storia della creazione e della storia della salvezza? Questa rivelazione non contiene innanzitutto la definizione dell'essenza di Dio come di un amore donante, come agápe, definizione che poi serve da chiave ermeneutica per chiarire come in Dio l'unità e la molteplicità armonizzino fra di loro? Unità nella molteplicità e molteplicità nell'unità anzitutto sul piano dell'essere, ma poi anche sul piano del comportamento e dell'azione? (p. 8).

Viene ricollocata così al centro la questione del rapporto tra unità e molteplicità trinitaria. Ma a queste domande Ganoczy ne aggiunge un'ultima:

Il discorso su Dio, la cui essenza è l'amore, può mai essere ragionevole, se non si lascia che questo amore essenziale si concretizzi in una eterna relazione reciproca di tre amanti paritetici? (p. 8).

L'ultimo aggettivo adoperato ("paritetici") fa emergere nuovamente l'altra questione cruciale per la teologia trinitaria, accanto e strettamente connessa a quella del rapporto tra unità e pluralità, come già emerso nelle riflessioni precedenti: come si deve intendere il rapporto tra consustanzialità, pariteticità, e ordine gerarchico delle tre persone?

2. In continuità con la riflessione teologica di Greshake

A tali questioni teologiche intende rispondere Ganoczy, ponendosi in continuità -- come egli stesso riconosce -- con la sintesi teologica di Gisbert Greshake nel suo Il Dio unitrino.3

Si deve ricordare innanzitutto che la riflessione del teologo tedesco si pone in continuità con il tentativo compiuto da diversi teologi. Si pensi in modo particolare a Jürgen Moltmann che, nel primo volume della sua teologia sistematica, consacrato al Dio uni-trino,4 «segna una svolta nella teologia trinitaria».5 Infatti passa «rigorosamente da una dottrina "psicologica" verso una dottrina "sociale" della Trinità, critica di tutti i sistemi gerarchici, politici ed ecclesiastici che siano, quasi tutti fondati su un monoteismo patriarcale».6 Non si deve del resto dimenticare il pensiero di altri autori che lo hanno seguito, come Leonardo Boff,7 o addirittura preceduto, come Klaus Hemmerle.8 Si può, infatti, constatare come in ambito cattolico «la rivalutazione del concetto biblico e patristico di koinonía o di communio da parte del Concilio Vaticano II ha suscitato, in effetti, tutta una riflessione sulla comunione intratrinitaria».9

L'opera di Greshake rappresenta, infatti, una grande sintesi di tale approccio comunionale. Il teologo tedesco ha elaborato la sua ricerca con l'intento di individuare un paradigma che consentisse di porre sullo stesso piano l'unità e la pluralità in Dio, senza dare necessariamente il primato all'una o all'altra.10

Le conclusioni alle quali Greshake giungeva, e che lo stesso Ganoczy riprende, sono le seguenti:

Dio è quella communio nella quale le tre persone divine realizzano, in un gioco trialogico combinato dell'amore, l'unica vita divina quale vicendevole autocomunicazione ... Non occorre ricorrere ad una unità sostanziale "prima" del gioco combinato comunionale delle tre persone, né a una unità realizzata nel Padre e da lui comunicata alle altre due persone: la communio, in quanto mediazione processuale dell'unità e della molteplicità. È piuttosto la realtà originaria e indivisibile dell'unica vita divina.11

Ganoczy non intende ovviamente riprendere semplicemente quanto già affermato da Greshake, ma fare un passo in avanti. Infatti mentre con il paradigma della comunione ci si riferisce prevalentemente al piano dell'essere, con quello della sinergia si prende in considerazione più quello dell'azione. Ganoczy lo afferma esplicitamente quando, richiamando il tema della cooperazione creativa delle tre persone divine, afferma:

Questo intendo esporre nel mio saggio subito all'inizio -- anche per completare il lavoro di Greshake -- , più precisamente quel discorso della patristica orientale a proposito della "Trinitas creatrix", che rappresenta sicuramente una concretizzazione originaria e originale del paradigma della sinergia. I teologi che la pensano così hanno formulato la loro teoria con l'aiuto di un gran numero di termini muniti del prefisso "syn" o "cum (con-) ". Essi hanno parlato espressamente di un "synerghêin" o di una "synérgheia" delle persone divine, così che l'«energia», a cui il mondo deve la propria nascita e il proprio sviluppo, si manifestò come la dimensione dinamica della loro eterna coesistenza. In questo modo alla loro strutturazione ontologica, alla loro «sinontia», corrispondeva la «sinergia», che rende incessantemente e creativamente possibile tutto il creato (p. 10).

Vorrei soffermarmi a mostrare come Ganoczy, presentando la sintesi di Greshake, la ritenga un tentativo ben riuscito di ovviare «ad un patrocentrismo esagerato e a una corrispondente subordinazione del Figlio e dello Spirito» (p. 9), e nel corso del suo studio ritorna più volte a rimarcare questa necessità.12 In tal modo lascia intendere, a mio giudizio, che egli voglia collocare anche la sua proposta teologica nella stessa prospettiva di Greshake, pur servendosi del paradigma della sinergia più che di quello della comunione.

In altre parole, sembra voler risolvere la questione del rapporto tra consustanzialità e ordine a favore della prima.

3. L'articolazione della riflessione teologica di Ganoczy

Nell'articolare la sua sintesi, il teologo ungherese prende le mosse dal riferimento ai Padri della Chiesa che «riuscirono in buona misura a liberarsi dall'ontologia greca della sostanza allora altrimenti predominante. Essi pensarono Dio e il mondo in categorie strutturali dinamiche e prepararono così la via a quella forte corrente della teologia filosofica del Medioevo, che ritroviamo ad esempio in Tommaso, Bonaventura e Nicola Cusano» (p. 10).

La prima parte della ricerca, infatti, è dedicata all'analisi del pensiero di Basilio di Cesarea (nel II capitolo) e di Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa, Didimo di Alessandria e Mario Vittorino (nel III capitolo); di Agostino, Riccardo di San Vittore, Bonaventura (nel IV capitolo), ed infine di Nicola Cusano, al quale dedica l'intero V capitolo. Il teologo ungherese si colloca sulla scia di questa riflessione teologica, ed in particolare di quella tracciata da Nicola Cusano.

Al Cusano si richiama anche il filosofo Heinrich Rombach, collega di Ganoczy all'università di Würzburg, con la sua "ontologia della struttura", al quale Ganoczy dedica il VII capitolo del suo lavoro. Nel pensiero filosofico di Rombach, «dove il concetto-guida di "struttura" appare come il portatore di una ontologia radicalmente "relazionale" di grande respiro, che abbraccia tutti i piani dell'essere, dal piano materiale al piano umano fino al piano divino» (p. 10-11), gioca infatti un ruolo determinante la riflessione cusaniana. Ciò che Ganoczy fa notare è che però «meno risulta negli scritti di Rombach il fatto che il Cusano pensò Dio essenzialmente come Trinità» (p. 11). E pertanto ritiene assolutamente necessario aggiungere che il Cusano «arrivò a questo risultato principalmente grazie alle sue riflessioni sul Dio trinitario, nella sua relazionalità interna e nel suo rapporto creatore con il mondo. Detto in altre parole: se il Cusano ha pensato "strutturalmente", ai suoi occhi questo Dio era la struttura originaria per eccellenza, a cui poi tutte le cose e le persone create dovevano la loro propria strutturazione» (pp. 11-12).

Del resto lo stesso Rombach ha rivelato a Ganoczy che la sua riflessione filosofica, sebbene non sia mai esplicitato nei suoi scritti, ha una matrice "teologica" e tanto deve alla fede trinitaria. Ecco quanto afferma il nostro teologo:

Durante una conversazione telefonica, che alcuni mesi fa mi ha procurato l'assenso e l'incoraggiamento di Rombach per questo saggio, mi sono sentito dichiarare con stupore e soddisfazione che la Trinità è da sempre stata il punto di partenza e la fonte ispiratrice della sua filosofia (p. 209).

Per quanto riguarda il pensiero di Rombach e le considerazioni che ne fa Ganoczy, mi limito a segnalare che la sua ontologia della struttura, «quale fondamento di una corrispondente antropologia e fenomenologia, vuole essere in parte un complemento, in parte una alternativa della platonica e aristotelica "ontologia delle sostanze", nonché della anzitutto hegeliana "ontologia del sistema". Nello stesso tempo essa avanza la pretesa di rianimare l'eredità cusaniana, in quanto riflette sul mondo, sull'umanità e su Dio alla luce della tensione tra unità e molteplicità, nonché in categorie dinamiche processuali e relazionali» (p. 11).

Da ultimo il nostro teologo entra in dialogo con le scienze naturali; caratteristica questa che ha segnato costantemente la sua produzione teologica. In particolare, nel IX capitolo, passa in rassegna la teoria sinergetica del fisico Hermann Haken.

Dal confronto con queste diverse forme del sapere umano, il teologo ungherese traccia nel capitolo finale, il decimo, alcune prospettive teologiche che rappresentano «uno sguardo gettato in avanti e verso il futuro, quindi una tappa sulla via di una ulteriore ricerca» (p. 283), a partire dalla posizione privilegiata che egli riconosce al paradigma della sinergia e permettendo così che «il nostro mondo, creato dalla "cooperazione" divina, possa considerare la cooperazione dei più diversi fattori, persone e comunità come uno dei suoi tratti essenziali» (p. 12).

4. La coesistenza di comunione e gerarchia

Il paradigma della sinergia e la sua rilevanza teologica permette ad Alexandre Ganoczy di apportare un contributo alla riflessione trinitaria, soprattutto -- come si è già detto -- perché consente di passare dal piano dell'essere, richiamato dal paradigma della comunione, a quello dell'agire.

Ritengo, inoltre, che la sua assunzione nella formulazione del dogma trinitario apra dei punti di dibattito che non è possibile trascurare. Uno è costituito, come già emerso nell'analisi della teologia di Ganoczy, dalla coesistenza di comunione e gerarchia e dalla capacità di darne ragione nella formulazione del dogma. A mio giudizio, infatti, il paradigma della sinergia offra un "di più" rispetto a quello della comunione anche in relazione a tale questione. Potrebbe riuscire, cioè, a coniugare più adeguatamente la correlazione e la consustanzialità con le relazioni d'origine, attraverso l'espressione di una concreatività e cooperazione "ordinata".

Da più parti, infatti, si è fatto notare come il paradigma della comunione ponga indubbiamente un interrogativo su «quanto la gerarchia e la comunione possano coesistere nella Trinità».13

Elmar Salmann, ad esempio, ritiene che i diversi sistemi di pensiero elaborati nel corso della riflessione teologica contemporanea per dare ragione del rapporto tra unità e pluralità triniataria di Dio difettano al riguardo della «dialettica s-fondante tra lo spazio primordiale, il principio comune in e di Dio (che ci fa parlare di un unico Dio), e l'inizio personale, il Padre. Come collegare queste due istanze che, certo, si muovono su due diversi piani strutturali, dimensionalmente disparati? Come scanseremo un misticismo negativo della natura, un pensiero puramente aporetico, e un paternalismo o patrocentrismo che oggi, davvero, non ci sembra più proponibile? ».14

La questione del rapporto tra comunione e taxis trinitaria, inoltre, investe anche un altro aspetto della formulazione dogmatica trinitaria, quella relativa all'uso della categoria di "persona". Infatti non si deve dimenticare che, se è necessario richiamare l'analogia «tra la communio in seno alla creazione e la communio trinitaria»,15 non di meno la si deve richiamare anche nella prospettiva «intra-trinitaria in quanto Padre, Figlio e Spirito Santo non sono "persone" nello stesso modo».16

Anche circa tale questione la riflessione di Ganoczy offre delle indicazioni, ma ritengo che l'argomento meriti di essere maggiormente investigato, proprio a partire dalle potenzialità che il paradigma della sinergia porta con sé. È su questo che intendo soffermarmi.

Copyright © 2011 Jean Paul Lieggi

Jean Paul Lieggi. «Il mistero del dogma trinitario alla luce del paradigma della sinergia. In dialogo con Alexandre Ganoczy». Elaborare l'esperienza di Dio [in linea], Atti del Convegno «La Trinità», Roma 26-28 maggio 2009, disponibile su World Wide Web: <http://mondodomani.org/teologia/>, [**31 B].

Note

  1. Alexandre Ganoczy, Il creatore trinitario. Teologia della Trinità e sinergia, "Biblioteca di Teologia Contemporanea" 124, Queriniana, Brescia 2003. Quando nel corpo del testo riporto semplicemente il numero della pagina, senza altre indicazioni, intendo riferirmi a questa pubblicazione. Testo

  2. Uno schema analogo di confronto l'ho ritrovato nel contributo di Christoph Theobald, «Dio in relazione». A proposito di alcuni approcci recenti del mistero della Trinità, in Concilium 37 (2001) pp. 62-78. Il teologo francese dichiara, infatti, di voler confrontarsi con «una delle grandi sintesi di questi ultimissimi anni: la "teologia trinitaria" di Gisbert Greshake, in certo qual modo emblematica della svolta cui s'accennava sopra [per questo si veda più avanti, al par. 2 di questo contributo]. Comincerò, dunque, con l'abbozzare le grandi linee di questa teologia (I); esaminerò poi tre punti di dibattito per precisare dove si situi oggi la difficoltà di pensare Dio come relazione (II); per finire, suggerirò un'altra maniera di affrontare il mistero di Dio a partire dal nostro vivere insieme nelle società scosse dalla mondializzazione e dalle differenze culturali e sociali che si fanno sempre più acute (III)» (ib., p. 65). Testo

  3. Gisbert Greshake, Il Dio unitrino. Teologia trinitaria, "Biblioteca di teologia contemporanea" 111, Queriniana, Brescia 2000 (or. ted. 19972). Testo

  4. Jürgen Moltmann, Trinità e Regno di Dio. La dottrina su Dio, "Biblioteca di teologia contemporanea" 43, Queriniana, Brescia 1983 (or. ted. 1980). Testo

  5. Theobald, p. 64. Testo

  6. Ib. Testo

  7. Leonardo Boff, Trinità e società, Cittadella, Assisi 1987 (or. bras. 1986). Testo

  8. Klaus Hemmerle, Tesi di ontologia trinitaria. Per un rinnovamento della filosofia cristiana, Città Nuova, Roma 1986 (or. ted. 1976). Testo

  9. Theobald, p. 64. Testo

  10. Questa è la domanda alla quale il teologo tedesco intende rispondere: «Come si può allora pensare l'unità e la pluralità in Dio e verbalizzarle, senza che l'una si ritrovi sotto la preponderanza dell'altra? Oppure ha ragione von Balthasar quando sostiene che ogni discorso sulla Trinità immanente non può essere espresso "che in due proposizioni contrapposte che non si lasciano sintetizzare in nessuna unità"?» (Greshake, p. 73). Testo

  11. Citato in Ganoczy, p. 8. Testo

  12. Ganoczy nel corso della sua opera manifesta più volte il suo disappunto per «un patrocentrismo legato all'ontologia della sostanza» (Ganoczy, p. 47) che avrebbe contraddistinto la dottrina trinitaria occidentale sin dai suoi esordi storici. Giuseppe Mazza, presentando la sintesi teologica del nostro autore, afferma che Ganoczy «ritiene che il concetto di sostanza "rimane, soprattutto per la tradizione occidentale, una palla al piede per qualsiasi dottrina comunionale di Dio", e si chiede: "Riusciremo un giorno a superare questa eredità della metafisica greca antica? Oppure la dottrina trinitaria incentrata sulla sostanza è destinata a rimanere per tutta l'eternità? Una moderna ontologia della struttura può forse aiutare a fare dei progressi, su questo punto?" (p. 118). Si tratta di domande che percorrono in filigrana tutta l'opera di Ganoczy (si veda, ad esempio, l'argomentazione incalzante alle pp. 169-170). Il teologo, pur manifestando ricorrentemente insofferenza verso il concetto di sostanza, ne riconosce tuttavia un utilizzo differenziato nella dottrina nicena e costantinopolitana. La con-sostanzialità che è entrata come dato dogmatico nei primi concili non ha infatti nulla a che fare con lo "stare-in-sé di un essere o il 'sottostante' fondamento ultimo di una cosa che non viene toccato dai cambiamenti accidentali e che continua semplicemente ad esistere": l'ousía di Nicea e di Costantinopoli è invece totalmente dominata "dal momento-'con' e dall'idea del reciproco amore dei tre". L'unica sostanza divina esiste soltanto come con-sostanziale (cf. p. 158)» (Giuseppe Mazza, La liminalità come dinamica di passaggio. La rivelazione come struttura osmotico-performativa dell'inter-esse trinitario, "Tesi Gregoriana. Serie Teologia" 125, Editrice PUG, Roma 2005, nota 104 a p. 464). Testo

  13. Nonna Verna Harrison, Un approccio ortodosso al mistero della Trinità. Questioni per il XXI secolo, in Concilium 37 (2001) p. 83. La teologa americana nel suo saggio individua tre temi principali nei dibattiti teologici contemporanei: il concetto di persona, la presenza di Dio nella creazione e la sottolineatura della Trinità come comunione e come l'origine e il modello della comunione tra l'umanità e la creazione. Presentando quest'ultimo tema rileva che «in Occidente i teologi della liberazione e della teologia femminista reputano che l'uguaglianza, l'interrelazione e la reciproca offerta di sé proprie delle persone divine possano fornire il fondamento per ristrutturare la società in forme più giuste ed inclusive. Il Dio-comunione lancia una sfida all'egemonia dell'autoritarismo umano e all'ingiustizia radicata. [...] [D'altra parte] la convinzione ortodossa che il Padre sia l'origine dell'essere e dell'unità di Dio suscita attualmente notevole interesse per il fatto che ciò genera un'ontologia basata su di una persona, piuttosto che su una sostanza "impersonale", ma solleva anche delle questioni poiché comporta un ordine gerarchico, una táxis nella Trinità. Per questa ragione alcuni teologi occidentali l'hanno scartata completamente» (ib., pp. 82-83). Tra questi potremmo annoverare Gisbert Greshake e, perché no, lo stesso Ganoczy. A partire da queste considerazioni la teologa americana traccia un compito: quello di «articolare più chiaramente quanto la gerarchia e la comunione possano coesistere nella divinità e, conseguentemente, nell'umanità e nella creazione senza minacciare i valori della giustizia umana e cosmica, che hanno la loro fonte proprio nella Trinità» (ib., p. 83). Per quanto riguarda il secondo tema, Harrison riconosce che esso «afferma che la stessa relazionalità che unisce le persone divine l'una alle altre si estende da esse fino a coinvolgere anche l'umanità e tutta la creazione. I teologi occidentali hanno recuperato i fondamenti biblici e patristici di una teologia trinitaria e hanno superato le formulazione fossilizzate che apparentemente riducevano la relazionalità fra le tre persone nell'ambito strettamente divino così che gli essere creati non potevano avere accesso alla Trinità in quanto tale. [...] Mentre le chiese orientali hanno sempre mantenuto una coscienza viva della presenza e dell'azione della Trinità nella creazione e nell'esperienza umana, noi ci siamo scontrati con simili problemi, lungo la nostra tradizione, in merito a quanto la theologhía sia legata alla oikonomía» (ib., pp. 81-82). Testo

  14. Elmar Salmann, La natura scordata. Un futile elogio dell'ablativo, in Piero Coda - L'ubomír Zák (edd.), Abitando la Trinità. Per un rinnovamento dell'ontologia, Città Nuova, Roma 1998, p. 312 (il contributo di Salmann è stato ripubblicato in Elmar Salmann, Presenza di spirito. Il cristianesimo come stile di pensiero e di vita, Cittadella, Assisi 2011; il passo citato a p. 137). Giuseppe Mazza, commentando questa affermazione di Salmann aggiunge: «Il problema di rifuggire da entrambe le radicalizzazione di un misticismo naturale aporetico e negativo e di un paternalismo esasperato deve invitare a una revisione del nostro modo di conoscere (e co-nascere) in e con l'Assoluto» (Mazza, p. 460). Si consideri anche il rilievo critico formulato da Jean-Louis Souletie in merito alla teologia trinitaria di Moltmann: «En luttant contre l'exacerbation de la monarchie du Père comme source de modèle politique autoritarie, Moltmann n'arrive pourtant pas à montrer, selon nos critiques, comment la périchorèse permet de maintenir l'ordre trinitaire en écartant toute subordination. La théologie trinitaire est subordonnée chez Moltmann à l'égalitarisme humain que prône l'auteur» (Jean-Louis Souletie, La Trinité comme programme social. La théologie politique et communionnelle de Jürgen Moltmann en débat, in E. Durand -- V. Holzer [edd.], Les réalisations du renouveau trinitaire au XXe siècle, Ed. du Cerf, Paris 2010, p. 254). Testo

  15. Theobald, p. 71. Testo

  16. Ib., p. 72. Testo

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