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Il tema della Trinità nella teologia ortodossa greca contemporanea

di Dimitrios Keramidas (Roma, 26-28 maggio 2011)

La presente analisi non ha certo l'intento di essere una panoramica dell'evoluzione storico-dottrinale della teologia trinitaria ortodossa né di procedere ad un confronto tra essa e quella sviluppatasi in ambito occidentale. Lo scopo qui è piuttosto quello di evidenziare alcuni punti salienti del pensiero teologico greco-ortodosso riguardanti la Trinità (τριαδολογία) e verificare il loro valore nella prospettiva di un aperto e sincero dialogo ecumenico. La presentazione si baserà su alcuni teologi greci accreditati e sarà articolata secondo due principi-guida: (a) presentare brevemente i presupposti teologici della teologia trinitaria ortodossa; (b) interrogarsi sull'importanza di essa per i diversi aspetti della testimonianza ecclesiale e teologica.

All'inizio di questa sintesi è necessario precisare la nostra domanda-guida: Con quali specifiche finalità la teologia greco-ortodossa contemporanea si occupa della Trinità? La risposta, a parer nostro, si dovrebbe estendere in una duplice direzione: (a) da un lato i teologi ortodossi del dopo guerra, nel loro impegno di ricomporre i manuali di teologia dogmatica al di fuori dei cosiddetti influssi «scolastici» (l'emancipazione dalle influenze occidentali è stato un tema assai tipico nell'Ortodossia greca del sec. XX), rilessero la teologia trinitaria in base alla patristica ed all'ethos liturgico ecclesiale che, a parer loro, esprimono autenticamente il valore ontologico dell'esperienza cristiana.1 D'altro canto, l'uso della teologia trinitaria è corrisposto ad alcune istanze «ecumeniche», vale a dire al compito di dover presentare il «punto di vista ortodosso» di fronte ai vari quesiti teologici, missionari, sociali. Tali premesse condizionarono inevitabilmente i propositi della teologia trinitaria ortodossa. Essa, infatti, fu indicata come una delle caratteristiche più distintive dell'Ortodossia, uno dei criteri di essa, nel quale si ricapitola l'intero ethos e fede ortodossa.2

Passando ora alle premesse della dottrina ortodossa sulla Trinità, c'è da notare che essa si colloca nel lex orandi della Chiesa, ovvero nell'esperienza liturgica.3 Com'è stato evidenziato, il vivere eucaristico rivela la natura della Chiesa, unisce la storia con l'eschaton e assiste l'uomo nella comprensione delle verità fondanti del cristianesimo, del mistero di Cristo, del Dio Trino.4

Tale criterio liturgico ed eucaristico è stato ritenuto dagli autori greci indispensabile per apprendere il significato teo-antropologico dei dogmi cristiani: «La verità ecclesiale su Dio Trino non è un'altra verità 'religiosa'» dirà il teologo e filosofo Christos Yannaras (1935-) «neppure una risposta al problema di Dio, bensì la riposta della Chiesa di fronte alla vita e la morte. È l'intuizione del mistero dell'esistenza, la rivelazione della possibilità di vivere la vera vita, liberamente dal tempo e della corruzione».5 Così, chi vuole approfondire la teologia trinitaria ortodossa deve riconoscerne la sua profonda impronta esperienziale.6 Tale principio significa che per l'Ortodossia la discussione sulla Trinità non è affatto una questione basata su precetti intellettuali neppure sulla ricerca logica e scientifica, bensì sull'esperienza (εμπειρία) storica di Dio da parte del corpo dei credenti. Così le sue fonti si possono trovare nei monumenti vivi dell'esperienza ecclesiale, e cioè: nella Tradizione biblica e patristica, nella liturgia, nei sacri canoni. Esse esprimono esteriormente il continuo vivere dell'azione salvifica di Dio; in altre parole, esse sono la dogmatica ortodossa, un manuale che viene ri-composto continuamente lungo la storia della Chiesa.7

Sono questi i punti di partenza per l'elaborazione della verità trinitaria che permettono a N. Matsoukas (1934-2006) di definire così la triadologia: «La triadologia (τριαδοκεντρικότητα) non è altro che la storia della divina economia».8 Matsoukas traduce l'intero piano divino per la salvezza del mondo in chiave trinitaria: esso è la benevolenza (ευδοκία) del Padre, che unisce l'universo in modo creativo, l'attuazione (αυτουργία) del Figlio, che rivela il mistero di Cristo, e la sinergia (συνεργία) dello Spirito, che soffia in tutta la creazione e diventa un fattore d'unità, di verità e di giustizia.9 Il popolo si trova così di fronte alla «lucida oscurità» della presenza della Trinità. Qui l'«oscurità» (γνόφος) si riferisce al mistero di Dio che rimane inaccessibile all'uomo, mentre la «lucidità» è la rivelazione dossologica di Dio al mondo -- nella creazione e tramite le teofanie -- la luce della sua gloria; in tal modo la comunità dei credenti (Israele, Chiesa) ha intuito l'azione di Dio Trino in tutti gli avvenimenti storici. Egli dona la vita, dà all'uomo la ragione (λόγος) e la prospettiva della théosis, ovvero il vedere la luce di Dio.10 Infine, dice Matsoukas, la storia della salvezza apre all'umanità l'orizzonte di un Dio ecumenico, sociale, vivo e in perpetuo movimento (κινητικός). Egli interviene nella storia e chiama l'uomo a conoscere le ragioni dell'essere, portandolo alla luce divina, alla via salvifica.11 Le indicazioni di Matsoukas sono, come vedremo, importanti non solo dal punto di vista della teologia dogmatica, ma anche per ciò che concerne la prospettiva ecumenica di questa.

Yannaras non si allontana da questa ottica esperienziale. Questi, infatti, osserverà che: «Il Dio della Chiesa è il Dio dell'esperienza storica e non il Dio delle argomentazioni teoriche e dei sillogismi astratti. L'esperienza della Chiesa rivela appunto che il Dio rivelato nella storia non è un Essere solitario [...] bensì una Trinità di Ipostasi, di Tre Persone, [ciascuna] con la propria singolarità esistenziale, che [vivono l'una con l'altra] nella comunità (=unità) di Sostanza, Volontà ed Energia».12 Sempre secondo Yannaras, le «immagini» e le «protiposi» (προτυπώσεις) trinitarie nel Vecchio Testamento diventano nel contesto ecclesiale una concreta e tangibile verità storica. Cristo rivela ai discepoli la verità sul Dio Padre e sullo Spirito e rende così percepibile la sua esistenza triadica.13

Yannaras insiste sul fatto che tutte le espressioni e diciture relative al Dio Trino non hanno l'ambizione di rispondere a pretese filosofiche. Sono invece le testimonianze dell'esperienza e della vita della comunità ecclesiale che ha formulato il proprio credo trinitario alla luce dell'insegnamento di Cristo e del vivere ecclesiale.14 In questa prospettiva, il kerygma cristiano non è altro che la registrazione dell'esperienza di Dio da parte della comunità cristiana. Yannaras vuole indicare che nel cuore della teologia cristiana, biblica e patristica, vi è la verità che la Trinità esiste in un'unità perfetta, dove ciascuna delle Persone divine mantiene la propria identità e unicità esistenziale.15 Ciononostante, le Persone non esistono ciascuna per sé, ossia non richiedono un'autonomia esistenziale, bensì condividono la vita, la volontà e l'energia dell'unico Dio Trino. È Cristo stesso, continua Yannaras, ad affermare che Dio è Padre, ovvero procreatore e, quindi, causa e ragione dell'esistenza del Figlio (il Logos divino) e dello Spirito (il Paracleto), che procede dal Padre. La missione dello Spirito al mondo esprime la volontà e l'energia comune della Trinità: il Padre manda il proprio Figlio al mondo, mentre lo Spirito Santo è attivamente presente all'incarnazione.

Potremmo quindi comprendere che la teologia trinitaria ecclesiale fu formulata sulla base appunto di questi presupposti esperienziali. Quattro sono, quindi, le conseguenze principali: (a) una sola causa dell'essere; (b) unità di sostanza (ουσία); (c) singolarità (ετερότητα) delle tre persone, senza separazione né distinzione dall'unica sostanza; e (d) distinzione tra teologia e economia, ossia tra i rapporti intratrinitari e la rivelazione di Dio al mondo.16 Non a caso, l'appartenenza delle Persone all'unica sostanza si esprime in greco con due termini piuttosto significativi: φύση e ουσία. Yannaras si sofferma sulla parola ουσία, che è il sostantivo del verbo ειμί (essere), per spiegare che, in fondo, non si tratta di una semplice appartenenza delle Persone alla Trinità, bensì dell'identificazione di queste con l'essere divino. Perciò, spiega, le Persone divine sono un'unica sostanza, da cui la derivazione del termine υπερούσιος ουσία.17

La singolarità delle Ipostasi esprime il loro modo di essere, ovvero l'unica ed irripetibile maniera in cui esiste il Padre, il Figlio e lo Spirito. Yannaras sottolinea che il non saper nulla sulla sostanza di Dio non ostacola la conoscenza del suo modo di essere, della sua ipostasi (υπόσταση). Questa, infatti, ci rivela la verità del prosopon (πρόσωπο), ovvero dell'esistere di fronte a qualcuno o a qualcosa (πρός+όψιν) e stabilire un rapporto reciproco. Dio si è rivelato a Israele nel contesto di una relazione viva ed ha sigillato con esso un Testamento. Per il cristianesimo, la costituzione di un rapporto col Dio personale significa l'accedere alla verità ipostatica e esistenziale di Dio che nella persona di Cristo ha vinto la morte.18

L'uomo concepisce le funzioni delle Persone solo tramite le teofanie e il rapporto stabilito con Dio, senza tuttavia poter mai entrare alla scienza della θεολογία. Perciò l'uomo non esiste in sé, ma grazie alla sua compartecipazione (μέθεξη) con l'energia vivificante e santificante di Dio. Difatti, l'uomo è razionale in virtù della partecipazione al Logos divino, il quale è l'archetipo di tutte le cose sensibili e intellegibili. L'effusione dello Spirito rende l'uomo un prosopon e lo inserisce nella comunità dei credenti, ovvero nella Chiesa. A detta del metropolita di Pergamo, I. Zizioulas (1929-): «Christ institutes [the Church] and the Spirit constitutes [it]».19 Ciò significa che l'uomo non esiste come individuo, ma come un essere relazionale, in rapporto alla comunità che Cristo ha instituito e che lo Spirito a costituito.

Detto questo, potremmo ora riassumere i principali aspetti della triadologia nei seguenti punti: a) nella base esperienziale e relazionale della fede cristiana; b) nei fondamenti trinitari della Chiesa e nella ricapitolazione liturgica ed eucaristica del Regno escatologico di Dio; c) nella distinzione fra teologia ed economia, fra unità di sostanza e singolarità delle Ipostasi divine. Ciò vuol dire che vi è una sola opera di salvezza, che conduce alla comunione con un Dio Trino, in cui le «funzioni» del Padre, del Figlio e dello Spirito sono distinte, seppur non separate, tra di loro. Tale ecumenicità della rivelazione di Dio non può che allargare gli orizzonti dell'esperienza della fede cristiana e aiuta a comprendere l'opera salvifica persino al di fuori dei confini canonici confessionali.20

In base a quanto detto prima, ci si potrebbe ora domandare: quale l'apporto specifico che la teologia trinitaria ortodossa può portare ai dibattiti teologici odierni?

Una prima conseguenza si può subito trovare sul piano ecclesiologico. Come, difatti, spiega il metropolita Zizioulas, il rapporto di Dio con i credenti si realizza all'interno del corpo ecclesiale, dove si ricapitola l'economia della salvezza. Zizioulas vede chiaramente i fondamenti trinitari della Chiesa e cioè: la compiacenza del Padre di unire l'increato con il creato; la realizzazione di tale unione per opera del Figlio e la preparazione che dona lo Spirito e che rende possibile l'incorporazione e l'anafora del creato al Padre.21 Più concretamente, Zizioulas, facendo una lettura della liturgia in chiave triadologica, osserva come nell'eucaristia sia partecipe tutta la Trinità. Vi è un'intima unità, dice, tra le Persone, sebbene ciascuna di esse assuma una funzione unica e particolare. Perciò l'anafora eucaristica ha un'interna struttura gerarchica. Chi ricapitola e incorpora la creazione (= i doni) e rende la Chiesa un solo corpo è il Figlio. Ebbene, è il Figlio che riporta la creazione al Padre, poiché tutto il piano della salvezza nasce dalla benevolenza del Padre e, di conseguenza, deve essere riportato a Lui. Inoltre, il Figlio realizza la benevolenza del Padre solo con la sinergia dello Spirito Santo. Vi è dunque uno schema gerarchico in cui il Padre è il soggetto di partenza, l'oggetto dell'anafora e in cui il Figlio acconsente alla compiacenza del Padre.22 In un altro luogo, il teologo rinvierà al 34º canone dei cosiddetti «Canoni dei SS. Apostoli»,23 per spiegare che -- in seno al modo di essere relazionale della Trinità -- il protos, ossia il Padre, coesiste con le altre due persone della Trinità. Partendo da quest'immagine, sosterrà -- tesi che pertanto è assai dibattuta -- che anche la Chiesa, seppur basata sul sistema sinodale, ha bisogno di un primo e, viceversa, il primo non può fare a meno di un sinodo.24

Un'altra affermazione ci aiuta ad individuare una seconda conseguenza della teologia trinitaria. Essa viene da Petros Vassiliadis, teologo impegnato nel dialogo ecumenico, che dice: «Dato che la teologia trinitaria asserisce che la stessa ipostasi della Trinità è una vita in comunione e che l'intervento di Dio nella storia mira a ricondurre l'umanità, nonché l'intera creazione, alla comunione con la stessa esistenza di Dio», la missione della Chiesa non è quella di «trasmettere delle verità intellettuali, dei dogmi e delle norme morali, ma quella di comunicare la vita di comunione che sussiste nella Trinità».25 È questa dinamica interna della Trinità che indica l'esodo della Chiesa al mondo.26

Tale tesi è coerente con il principio della priorità dell'aspetto esperienziale della fede rispetto a quello intellettuale. Inoltre, l'idea risulta realizzabile sul piano missionario. Il passaggio alla triadologia fa sì che, a livello ecumenico, il termine «missione» si completi con la parola «martyria». Quest'ultima significa che l'asse dell'azione missionaria -- senza logicamente tralasciare l'impegno di annunciare la salvezza in Cristo (la cristologia), che rimane sempre il fondamento in assoluto della missione -- diventa non la propagazione di verità confessionali, né la rivalità tra le diverse tradizioni cristiane, neppure l'implantazione della «civiltà cristiana» -- ai modelli della christianitas medievale -- bensì il dialogo che conduce alla comunione con la Trinità e che re-interpreta la soteriologia tramite la triadologia nella prospettiva escatologica della comunione nel Regno di Dio.27

Anche l'arcivescovo greco-ortodosso dell'Albania, Anastasios Yannoulatos (1929-), rilevante studioso della teologia delle religioni e della storia delle missioni, opta per la triadologia per poter articolare una posizione teologica nei confronti delle religioni non cristiane. Come spiega, difatti, l'uso della cristologia come chiave interpretativa aveva posto nel passato dei limiti nella comprensione delle altre religioni da parte dei cristiani.28 Il cristocentrismo pertanto è tangibile soltanto tramite la più ampia realtà della dottrina trinitaria. Modelli teologici unilaterali di tipo cristomonistico, sostiene Yannoulatos, hanno rischiato nel passato di limitare l'immagine di Cristo nella sua rivelazione «storica», sebbene la fede della Chiesa sia quella di Cristo risorto che è ininterrottamente presente nella Chiesa nello Spirito, che compie l'opera missionaria in sinergia con Lui.29 Perciò, Yannoulatos suggerisce che la cristologia, insieme alla pneumatologia, si inquadrino e si inseriscano nell'unico piano universale di Dio per la salvezza dell'ecumene e cioè: del Padre, che è creatore di tutti, del Figlio, che s'incarna e rivela la gloria di Dio e diventa il «nuovo Adamo» e completa tutto quello che l'umanità precristiana aveva seminato (l'idea del λόγος σπερματικός) e dello Spirito, che soffia su tutta la creazione, dona la vita, ispira la verità, porta la pace e rivela il Dio Trino. Ovunque si trovino l'amore, la benevolenza, la pace, là vi sono segni dell'energia di Dio.30

Matsoukas, da parte sua, ricorda che per i Padri della Chiesa la triadologia ha un orizzonte ecumenico, cattolico ed universale, che contrasta qualsiasi approccio «esclusivista» e che si oppone a qualsiasi tentativo di chiudere la rivelazione di Dio nei confini canonici dell'una o dell'altra confessione.31 La storicità, infatti, della fede cristiana vede tutti gli episodi teofanici in un'unità organica, che inizia dalla creazione e termina solo all'eschaton.

È, quindi, evidente che i teologi ortodossi si interessano alquanto alle derivazioni ecclesiologiche ed ecumeniche della teologia trinitaria, che diventa così un valido strumento teologico per il movimento missionario ed il dialogo interreligioso e, al tempo stesso, la chiave che unisce la coscienza ecclesiale con la testimonianza cristiana ad extra.32

Ciò ci permette di concludere questa breve analisi con un'osservazione personale: la cristologia deve rimanere sempre al centro della fede e dell'azione cristiana. Nel mistero di Cristo si possono intuire profeticamente gli elementi di verità e di giustizia presenti nelle altre religioni. Tale ottica non deve tuttavia condurre all'universalità cristocentrica, bensì -- e forse piuttosto -- dovrebbe essere completata con la triadologia, che aiuti i cristiani ad intendere la propria identità come «testimonianza» e approfondire il ruolo delle diverse religioni nell'economia della salvezza.33

Dato anche che, a detta dell'apostolo Paolo, la legge di Dio è iscritta e insita nel cuore di tutti gli uomini, la ricerca di Dio si completa come un pellegrinaggio profetico e spirituale, al termine del quale vi è l'immagine dell'ospitalità di Abramo, ovvero l'autentica immagine del Dio Trino: Dio ospitante, Padre e soccorritore nel cammino che porta alla Sua luce. La teologia trinitaria ci ricorda infine che la rinuncia al dialogo non è altro che la privazione della comunione e della cattolicità della Trinità, dove l'una persona incontra l'altra.

Copyright © 2011 Dimitrios Keramidas

Dimitrios Keramidas. «Il tema della Trinità nella teologia ortodossa greca contemporanea». Elaborare l'esperienza di Dio [in linea], Atti del Convegno «La Trinità», Roma 26-28 maggio 2009, disponibile su World Wide Web: <http://mondodomani.org/teologia/>, [**32 B].

Note

  1. Cf. N. Matsoukas, Teologia dogmatica e simbolica. Vol. II (in greco), Tessalonica 19882, pp. 39-40; Cf. B. Petrà, L'etica ortodossa. Storia, fonti, identità, Assisi 2010, pp. 69-118. È necessario specificare che per «ontologia» si intende la trasfigurazione e la santificazione dell'uomo -- immagine di Dio -- tramite l'identificazione e l'imitazione dell'ethos di Cristo. L'unione con Dio è l'ultima tappa di un cammino spirituale che illumina l'intelletto uomo, libera l'uomo dalle passioni e lo rende partecipe alla luce divina. Non si tratta quindi di un miglioramento morale o dell'osservanza di regole comportamentali, bensì della comunione personale di Dio. Testo

  2. Cf. P. Vassiliadis, L'Ortodossia in bilico (in greco), Tessalonica 1992, pp. 44. Il teologo considera la teologia trinitaria un'estensione della cristologia, nel senso che l'incarnazione di Cristo è parte dell'unica opera salvifica del Dio Trino (Idem., 46). L'intenzione di Vassiliadis non è, certo, quella di sminuire l'importanza della cristologia, ma piuttosto di individuare quelle nozioni teologiche che possano meglio rappresentare l'Ortodossia a livello ecumenico. Testo

  3. G. Florovsky, «Il culto ortodosso», in Id., Temi di teologia ortodossa (in greco), Tessalonica 1973, p. 159: «Il cristianesimo è una religione liturgica. La Chiesa è innanzitutto una comunità adorante. Precede la liturgia e seguono la dottrina e l'ordine ecclesiastico». Anche Vassiliadis ritiene che l'unico depositum fidei vivo della teologia ortodossa è quello liturgico-eucaristico, che diventa anche il criterio in assoluto delle formulazioni dottrinali (Ibidem, p. 44). Testo

  4. Cf. Vassiliadis, L'Ortodossia in bilico, p. 39. Testo

  5. C. Yannaras, Abbecedario della fede (in greco), Atene 1983, p. 62. Testo

  6. N. Matsoukas, Teologia ecumenica (in greco), p. 53. «Non ho l'intenzione di rinviare a quanto già indicato dagli storici, filosofi, sociologi, psicologi, intellettuali sulle cause della fede religiosa [...] mi limiterò qui ai dati esperienziali della dottrina cristiana». Testo

  7. Matsoukas, Teologia dogmatica e simbolica, p. 68: «Chi studia dal punto di vista storica la nascita della dottrina trinitaria deve iniziare dalla rivelazione storica delle teofanie seguendo sempre la ermeneutica patristica, in quanto sia la teologia che la storiografia iniziano dalla coscienza storica della prima comunità cristiana, per vedere nelle teofanie del Vecchio Testamento lo stesso Logos che poi i cristiani conobbero come Logos incarnato nella loro esperienza, come essa si esprime attraverso la tradizione e la liturgia». Testo

  8. Matsoukas, Teologia ecumenica, p. 76. Testo

  9. Cf. Matsoukas, Teologia ecumenica, p. 73. Testo

  10. Cf. Matsoukas, Teologia ecumenica, pp. 62-63.69. Il teologo distingue tra: (θεολογία), che si riferisce ai rapporti intratrinitari (paternità del Padre, nascita del Figlio e processione del Padre) e (οικονομία), che riguarda la rivelazione di Dio al mondo (nell'unica energia divina). Testo

  11. Cf. Matsoukas, Teologia ecumenica, p. 63. Testo

  12. Yannaras, Abbecedario della fede, p. 39. Testo

  13. Cf. Yannaras, Abbecedario della fede, p. 40. Testo

  14. Cf Yannaras, Abbecedario della fede, p. 41. Testo

  15. Gv. 17,21-23: «Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te [...] perché siano come noi una cosa sola». Testo

  16. Cf. Matsoukas, Teologia ecumenica, p. 72. Testo

  17. Cf. Yannaras, Abbecedario della fede, p. 49. Testo

  18. Cf. Yannaras, Abbecedario della fede, pp. 51-55. Testo

  19. J. Zizioulas, Being as communion Studies in personhood and the Church, London 1985, p. 153. Vi è da dire che Zizioulas, prendendo spunto dall'«ecclesiologia eucaristica» di N. Afanassieff, utilizzò la pneumatologia per evidenziare la natura escatologica della Chiesa. La sua idea è che l'identità ecclesiale non deriva da ciò che la Chiesa dice e fa, ma piuttosto da ciò che essa è o meglio da ciò sarà nell'eschaton, che è stato già penetrato nella storia in modo dinamico nella Pentecoste. Testo

  20. Cf. Matsoukas, Teologia dogmatica e simbolica, p. 53, n. 12. L'autore evidenzia qui che secondo i presupposti della teologia patristica, la presenza di Dio al di fuori dei confini canonici della Chiesa non relativizza né assolutizza la rivelazione dentro la Chiesa, la quale simboleggia e ricapitola l'intero creato. Testo

  21. Cf. I. Zizioulas, Temi di dogmatica (dispense universitarie dattiloscritte, in greco); Id., Lectures in Christian Dogmatics, London-New York 2008. Testo

  22. Cf. Zizioulas, Temi di dogmatica. Matsoukas contesta l'idea di un protos dentro la Trinità, nonché quella secondo la quale il Padre genera «liberamente» il Figlio. Egli ricorda che φύσεως το γεννάν, che cioè la nascita non riguarda la volontà, bensì la natura del Padre. Cf. Matsoukas, Teologia ecumenica, 74-75. Testo

  23. «I vescovi di ciascuna nazione devono sapere il loro protos e seguirlo come capo, e non fare nulla senza il suo parere; ciascuno di loro può fare solo ciò che la sua parrocchia e le terre ad essa suddette prescrivono. Ma neanche egli (=protos) può fare niente senza il parere di tutti. Così ci sarà concordia e sarà glorificato Dio tramite il Signore nello Spirito Santo; il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo». Testo

  24. I. Zizioulas, «Recent discussions on Primacy in orthodox theology», in W. Kasper, ed., Il ministero petrino. Cattolici e ortodossi in dialogo, Roma 2004, pp. 260-261: «Primacy, like everything else in the Church, even in God's being (the Trinity) is relational [...] This is precisely what the well-known 34th 'Canon of the Apostles' clearly and explicitly states [...] It requires that the protos is a sine qua non condition for the synodical institution, hence an ecclesiological necessity and that the synod is equally a prerequisite for the exercise of primacy». Testo

  25. P. Vassiliadis, Missione e unità (in greco), Tessalonica 2007, pp. 85-86. Testo

  26. Cf. P. Vassiliadis, Postmodernità e Chiesa (in greco), Tessalonica 2002, pp. 126-127. Il teologo sostiene che, in base a questi concetti, il nuovo paradigma missionario che emerge nel sec. XXI parte dall'idea che Dio ha sigillato un testamento con tutta l'ecumene. In questo contesto, cristiani di diverse confessioni, fedeli di diverse religioni -- essendo creazioni dell'unico Dio che abitano nell'unico «oikos» -- entrano in rapporti tra di loro non strutturali, bensì relazionali (Ibid., p. 41). Per i cristiani questo modello si fonda sulla Trinità e diventa appunto testimonianza della vita che esiste nella Trinità. Testo

  27. Vassiliadis, Missione e unità, p. 86. Vassiliadis ricorda che, per il movimento ecumenico, il riconoscimento della teologia trinitaria come fondamento del dialogo e della missione non fu affatto problematico (Ibidem, p. 442, n. 35). Anche Matsoukas ritiene che l'ampliamento della carta costituzionale, durante la terza assemblea generale del WCC (Nuova Delhi, 1961), verso una direzione più triadocentrica, fu un chiarimento necessario, affinché tutte le Chiese s'accordassero sul lodare il Dio Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo, escludendo, per riduzione, tutte le chiese anti-triadocentriche. Cf. Matsoukas, Teologia ecumenica, p. 77. Testo

  28. Cf. A. Yannoulatos, «Concezione teologica delle altre religioni», in Id., Universalità e Ortodossia (in greco), Atene 2000, p. 188. Testo

  29. A. Yannoulatos, «Sia fatta la tua volontà. La missione sulle tracce di Cristo», in Id., La missione sulle tracce di Cristo (in greco), Atene 2007, pp. 32-33. Testo

  30. Cf. Yannoulatos, «Concezione teologica delle altre religioni», pp. 194-210. Testo

  31. Matsoukas, Teologia dogmatica e simbolica, pp. 77-78. Testo

  32. Cf. Vassiliadis, L'Ortodossia in bilico, p. 34. Testo

  33. Cf. Vassiliadis, Missione e unità, p. 85. Tale rapporto dialettico tra cristocentrismo è triadocentrismo si rispecchia anche nel modo in cui è stata accolta la recente Dichiarazione Dominus Iesus (2000) dagli autori ortodossi. L'enfasi data dalla Dichiarazione all'unicità ed alla centralità della salvezza in Cristo -- pur essendo teologicamente corretta -- ha fatto sì che alcuni teologi ortodossi parlassero dell'assenza di una completa analisi sul ruolo specifico dello Spirito Santo, e di conseguenza della Trinità, nel piano della salvezza. Cf. S. Tsompanidis, La Dichiarazione «Dominus Iesus» è la sua importanza ecumenica. Dall'apertura ecumenica all'esclusività ecclesiologia della Chiesa Cattolica Romana (in greco), Tessalonica 2003, p. 150. Anche Vassiliadis si interroga se la Chiesa Cattolica con la Dichiarazione DI desideri tornare ai paradigmi interreligiosi precedenti il Concilio Vaticano II. Cf. Vassiliadis, Missione e unità, pp. 91-92. Certamente, malgrado il dibattito sulla Dichiarazione sia stato ampio ed i giudizi su di essa varianti, la discussione si estende al di là dei limiti di questa sintesi. Ciononostante evidenzia le diverse preferenze -- non comunque incompatibili -- di inquadrare la teologia della salvezza sul piano cristocentrico e triadocentrico. Testo

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