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Desiderio e concupiscenza in S. Bernardo di Clairvaux

di Gaetano Tortorella (8 marzo 2007)

La riflessione sul desiderio, inteso come il naturale orientamento dell'uomo verso la realtà, sembra riscoprire una rinnovata attenzione da parte della teologia attuale.1 Il termine "desiderio", che a lungo nella storia è stato connotato in senso negativo, ha in sé una valenza antropologica positiva: si tratta di un vero e proprio amor naturalis, una passione che muove, orienta e spinge l'azione del singolo uomo verso la realizzazione di sé. Questo orientamento al compimento di sé che la libertà possiede può essere definito come un "desiderio ontologico" che apre il soggetto stesso alla bontà e all'attraente bellezza della realtà.2

In stretta relazione alla riflessione sul desiderio si colloca, nella situazione teologico-esistenziale dell'uomo storico segnato dal peccato, la comprensione della concupiscenza. L'esperienza umana sotto il "regime" del peccato ha perduto la sua originaria e creaturale orientamento di apertura a Dio ed al reale, volgendosi primariamente a se stessa. Ed è proprio questa chiusura, questa brama di possedere le cose per sé (concupiscenza), a rappresentare il volto ferito -- ammalato, potremmo dire -- del desiderio. Il Magistero ha ripetutamente rifiutato sia la comprensione della concupiscenza quale "peccato" imputabile come colpa, sia come forza dispotica che travolge completamente l'uomo senza possibilità di scampo, caratterizzandola invece come realtà che "ha origine dal peccato e ad esso inclina".3

Dal punto di vista teologico il concetto di concupiscenza si delinea infatti come quell'insieme di tendenze, orientamenti, impulsi, causati dal peccato originale, che condizionano in senso negativo la libertà dell'uomo impedendogli di realizzare immediatamente il suo naturale orientamento a Dio.4

La visitazione dell'esperienza mistico-teologica dei padri medievali può senza dubbio aiutare la riflessione attuale verso una comprensione del fenomeno umano letto in prospettiva di fede che coinvolga la speculazione teologica e filosofica, l'esperienza spirituale e morale del credente. A questo proposito la figura e l'opera di Bernardo di Clairvaux appare, ancora oggi, una sintesi armonica ed unitaria capace di illuminare la riflessione teologica. L'intento di questo articolo vuole essere quello di individuare fisicamente i testi in cui Bernardo di Clairvaux (1090-1153) parla direttamente di "desiderio" e "concupiscenza",5 cogliere il contenuto puntuale dei testi, cercando di darne una lettura unitaria alla luce del suo pensiero e sottolinearne il valore teologico-antropologico per la comprensione attuale dell'uomo di fronte al reale.

L'obiettivo di questo articolo porta dentro di sé una difficoltà per alcuni versi insormontabile, vale a dire cogliere una questione particolare senza potersi soffermare sullo sfondo generale che motiva e sostiene il tutto. Sarebbe necessario infatti progredire nello studio dell'intero pensiero di Bernardo, che è estremamente ricco e risulta essere strutturato attorno alcuni nuclei portanti fondamentali.6 È evidente come la difficoltà di cogliere il tutto ci possa limitare anche nella comprensione del frammento. È tuttavia vero che l'approfondimento specifico della relazione tra desiderio e concupiscenza si offre quale particolare pista di accesso alla teologia mistica di Bernardo che ancora oggi riesce a parlare all'uomo e comunicare l'esperienza riflessa di Dio.

1. Scelta dei testi

L'opera di Bernardo7 è estremamente vasta e copre diversi generi (trattati, sermoni, epistole, sentenze) ed è necessario per questo delimitare il campo di indagine sia per motivi di ordine quantitativo, vista la mole dei testi, sia dal punto di vista qualitativo, vista la diversità di generi. Pertanto la nostra scelta di indagine si orienta sui trattati veri e propri (liber) perché costituiscono quanto meno un corpo abbastanza unitario in cui gli argomenti vengono affrontati in modo per lo più sistematico ed il linguaggio risulta essere perlopiù omogeneo. Abbiamo scelto in modo particolare tre trattati che ci sembravano toccare, quanto meno indirettamente, il tema del desiderio e della concupiscenza: Liber de diligendo Deo; Liber de gradibus humilitatis et superbiae; Liber de gratia et libero arbitrio. Li presentiamo brevemente.8

1.1. Liber de diligendo Deo capp. XII-XV (1125); capp. I-XI (1127-1135)

Gli ultimi capitoli del Liber de diligendo Deo (XII-XV) sono costituiti dall'Epistola de caritate ad Cartusianos che cronologicamente precede il trattato ed è stata inserita dallo stesso Bernardo a conclusione del trattato.

Si tratta della una risposta ad una precisa domanda del card. Aimerico sul perché e in che modo si deve amare Dio. Il testo in questione "non è soltanto una soluzione ad una 'quaestio', e nemmeno un 'responsum', ma una vera 'tractactio', nella quale partendo dal "quare et quo modo de diligendo Deo", il discorso si allarga fino alla dottrina dell'amore come legge universale, che abbraccia tutta la realtà umana".9

1.2. Liber de gradibus humilitatis et superbiae (1125-1126)

Rappresenta il cammino tipico dell'uomo (del monaco, in modo particolare) che vuole accostarsi o allontanarsi dall'amore di Dio. L'idea di fondo di questo trattato è che la realizzazione dell'uomo è nel fare la volontà di Dio e questo si realizza conquistando l'umiltà. La via opposta, quella della superbia, conduce al peccato. Bernardo, nel trattato, presenta questo aspetto prima attraverso una comprensione teologica sull'umiltà poi trattando i gradi della superbia, secondo la scala benedettina in dodici gradi.10

1.3. Liber de gratia et libero arbitrio (1128)

Si tratta di un vero e proprio trattato sistematico sul tema della grazia e del libero arbitrio, della libertà e dell'uomo immagine di Dio, del peccato e della salvezza, dove la materia è trattata in modo organica e con estrema precisione.11

2. Il pensiero di Bernardo su desiderio e concupiscenza

Anche se non presentiamo il pensiero di Bernardo è necessario porre una base che aiuti ad inquadrare l'analisi dei testi. Alcune affermazioni sintetiche tracciano l'orizzonte in cui si delinea la comprensione dei concetti di desiderio e concupiscenza.

Ora però il peccato ha alterato lo stato normale dell'amore e per questo l'uomo, che per sua natura tenderebbe volontariamente a Dio, si trova ad essere deviato da questo percorso.12 La relazione tra desiderio e concupiscenza si colloca in questo orizzonte: l'uomo che è creato per Dio e in Dio trova la sua realizzazione si ritrova, suo malgrado, a dover partire da una forma imperfetta di desiderio di Dio, di amore. La domanda di fondo che pertanto muove Bernardo nei suoi scritti è come l'uomo possa recuperare la sua originaria tensione verso Dio. L'analisi dei testi chiarirà meglio questa dinamica.

3. Il desiderio

Alla base del concetto di desiderio in Bernardo si colloca l'idea di divinizzazione nell'estasi.13 Questo concetto Bernardo lo mutua da Massimo il Confessore, nella traduzione di Scoto Eriugena. La questione di fondo che muove il pensiero di Bernardo è come l'amore può far sì che Dio dimori in noi e noi in Dio. La risposta viene trovata appunto nella dottrina dell'estasi (excessus) che rappresenta il movimento dell'uomo verso Dio: "tutte le cose si muovono verso Dio, come verso il supremo, Bene immobile. Il fine del loro movimento, che è anche il loro bene, è il raggiungimento di questo Bene immobile. Gli esseri naturali tendono verso di lui per la loro stessa natura; gli esseri intelligenti tendono verso di lui per la conoscenza e l'amore".14

Proviamo a schematizzare l'idea di estasi come excessus:

Questa tensione verso Dio è la base per fondare il concetto antropologico e teologico di desiderio. Proviamo ora a guardare i testi.

L'opera più ricca e significativa è il Liber de diligendo Deo. L'idea di fondo è che il desiderio è insito nella natura e che l'oggetto del desiderio è qualcosa di superiore a sé.17 Ora però la ricerca affannata di appagamento in cose materiali non estingue affatto la sete, anzi aumenta il senso di insoddisfazione. La finitezza dell'esperienza umana non permette infatti di realizzare la pienezza del desiderio, di realizzare tutto ciò che si vuole.18 Solo la ricerca di Dio come fonte e oggetto del desiderio, può soddisfare questa sete. È questo il classico tema del "cuore inquieto" che trova pace solo in Dio riproposto da Bernardo. "Finché l'anima -- osserva E. Bertola -- non cercherà e troverà Dio con il suo amore, non avrà mai pace, sarà sempre un'anima inquieta, sarà amante di un amore inappagato, poiché l'appagamento lo avrà soltanto un Essere infinito ed assoluto quale è Dio. Questo è il vantaggio che da l'amore a Dio: l'appagamento totale del desiderio di amare che è proprio di ogni anima umana".19

Ecco un testo chiave:

"Benedici il Signore, anima mia, perché egli soddisfa il tuo desiderio" (Sl 102, 1.5). Soddisfa nel bene, stimola nel bene conserva nel bene; Ti previene e ti sostiene, ti colma. Egli ispira il desiderio, ed è proprio l'oggetto del tuo desiderio. Ho detto poco fa: la ragione per cui bisogna amare Dio è Dio stesso. E ho detto la verità, perché egli è la causa efficiente e quella finale. Egli offre l'occasione, egli crea il sentimento, egli appaga il desiderio.20

In questa prospettiva occorre dire che per Bernardo l'amore "è un affetto naturale, ed in quanto tale è qualcosa di insopprimibile nell'uomo. L'uomo [...] non può non amare, ma può scegliere l'oggetto del suo amore ed anche il grado ed il modo di questo amore".21

Vi è nell'uomo una tensione innata verso Dio22 e questo vale anche per chi non crede in Dio, ma questo amore verso Dio è maggiormente sentito, e quindi maggiormente doveroso, per il fedele. Bernardo, facendo una esegesi mistico-allegorica del Cantico dei Cantici, introduce il l'immagine della sposa (Chiesa-anima)23 che è attratta dall'amore per lo sposo (Cristo).24 La tensione della sposa verso lo sposo viene poi ad essere alimentata nel desiderio dalle delizie promesse.25

Questa tensione, questo itinerario della sposa verso lo sposo, non sempre viene realizzato,26 ma questo sarà argomento del paragrafo sulla concupiscenza.

Il cammino verso l'appagamento del desiderio dell'uomo di trovare Dio e di fondersi in lui, di deificarsi (deificari27), di inebriarsi (inebrientur),28 si realizza in gradi. Entriamo qui nel vivo della dottrina dei gradi dell'amore di Bernardo. L'Autore propone un cammino per tappe che parte dall'amore di sé in senso carnale e giunge all'amore di sé in senso spirituale.

Sarebbe interessante approfondire il contenuto di questi gradi, ma qui ci preme solo notare come il primo e l'ultimo grado (che ha una realizzazione storica solo parziale e si attuerà completamente nella vita, futura) abbiano come oggetto l'amore di sé. La differenza si trova nella finalizzazione: amore di sé per sé nel primo grado (che si apre poi in forma sociale), amore di sé per Dio nell'ultimo. La piena realizzazione dell'uomo è così amore di se stessi a causa di Dio, per mezzo di Dio, verso Dio. È evidente come in Bernardo quest'ultimo grado, che non si realizza mai pienamente in questa vita, non esclude l'amore di sé, anzi esalta questo amore in quello di Dio. Il contenuto dell'amore di sé per Dio equivale al concetto di deificazione dell'uomo di cui abbiamo accennato sopra. Lo sforzo teologico, spirituale e pastorale della teologia mistica di Bernardo è precisamente quello di segnare una via secondo cui sia possibile realizzare nella propria esistenza, già qui ed ora anche se in modo imperfetto, questo amore divino. E questo Bernardo lo compie partendo dalla carne, vale a dire dall'uomo concreto, storico.

Questa dottrina dei gradi dell'amore che procede dalla carne allo spirito è tipica della mistica monastica e viene bene rappresentata dall'immagine della scala alla cui base vi è la carne e alla sommità troviamo lo spirito. Questa scalata verso la dimensione spirituale è rappresentata nel Liber de gradibus humilitatis et superbiae come un vero e proprio processo di purificazione. Occorre però dire che in questa prospettiva è necessario che l'uomo cominci ad amare Dio a partire dall'amore di sé. "L'uomo storicamente esistente è spinto, anzi obbligato, a provvedere ai bisogni del proprio corpo, e risulta orientato di conseguenza ad amare anzitutto sé per se stesso. In questa linea Bernardo interpreta il testo paolino di 1Cor 15, 46 ("prima ciò che è animale, poi ciò che è spirituale"): l'amore-carità che è primo in linea di principio secondo il piano originario divino, si trova scavalcato, sul piano concreto e storico, dall'amore carnale".36 Non si deve qui confondere l'amore carnale (amor carnis) con la concupiscenza. In seguito vedremo più approfonditamente la differenza.

In De gratia et de libero arbitrio Bernardo inoltre definisce il desiderio naturale come "una forza che si trova nell'essere animato e ch'è stata assegnata al fine di muovere ardentemente i sensi".37 Questa forza è presieduta dalla volontà. Pertanto il desiderio non rende colpevole o innocente l'uomo, così come le altre facoltà dell'uomo come il senso, la memoria, l'ingegno, la vita,38 in quanto è dato dalla necessità.39

In definitiva il desiderio si configura come una forza che ha lo scopo di muovere l'uomo verso un fine e questo fine, come abbiamo visto, è Dio.

3.1. Concupiscenza

Bernardo non tratta in modo sistematico il tema della concupiscenza (concupiscentia40) ma lo tocca solo tangenzialmente in riferimento ad altre tematiche connesse ed è pertanto difficile trovare una definizione precisa. Proviamo qui a fare una sintesi a partire dai testi.

Siccome siamo fatti di carne e nasciamo dalla concupiscenza della carne, è inevitabile che la nostra cupidigia, il nostro amore prenda le mosse dalla carne, che però, se è indirizzata a buon fine e se, con la guida della grazia, traversa con profitto i gradi che le si addicono, sarà all'ultimo dissolta nello spirito, perché "da principio non c'è lo spirituale, ma l'animale, e lo spirituale viene dopo (1Cor, 15, 46).41

Si nota qui come la concupiscenza sia una condizione nativa dell'uomo (nasciamo dalla concupiscenza della carne) e come sia inevitabile la soggezione ad essa. Si nota però anche la differenziazione che Bernardo fa tra concupiscenza e amore carnale, inteso come la necessità che l'uomo cominci ad amare a partire da se stesso.

Quella della concupiscenza è una condizione umana temporale e storica, legata alla natura ferita e segnata dal peccato. L'espressione che Bernardo usa per indicare ciò che caratterizza la condizione umana è significativa: si tratta della possibilità dell'uomo di "non obbedire al peccato nella concupiscenza".42 Qui, oltre a dire la possibilità dell'uomo di non peccare, definisce la concupiscenza quasi come il terreno su cui attecchisce il peccato, la porta attraverso cui passa la decisione verso il male.

Un altro testo significativo affronta il tema della concupiscenza si trova lì dove Bernardo definisce la volontà cattiva solo quando acconsente al male e non nella tentazione. Qui si riconosce alla concupiscenza la caratteristica di spingere verso il male, di inclinare al peccato, di tentare, ma questo non è imputabile all'uomo.43 Il passo biblico cui Bernardo si appoggia è il testo "ognuno è tentato dalla propria concupiscenza, attratto e irretito" (Gc 1, 4). È chiara in Bernardo la dottrina della concupiscenza -- in continuità con la tradizione -- come effetto della colpa (peccato originale) ma non colpa in sé, quanto piuttosto orientamento, tendenza, spinta verso il peccato.

È tuttavia, quella della concupiscenza, una vera e propria guerra all'anima. Richiamando la 1Pt 2, 11 Bernardo ricorda come valga la pena "distrarre la coscienza dai desideri carnali che fanno guerra all'anima tua".44 Qui è interessante notare come venga usato il termine "desiderio carnale" con il contenuto di concupiscenza.

L'amore di sé, di cui abbiamo detto qualcosa sopra, che è naturale, col peccato si è incurvato su se stesso nella ricerca di beni non necessari. "Il nostro amore, in seguito al peccato, si trova di fatto a dover cominciare dalla carne e non più soltanto a motivo della debolezza congenita della natura, ma altresì per la concupiscenza derivante dal peccato e che segna la nostra stessa nascita (de carnis concupiscentia nascimur) ".45

Ora la concupiscenza va a spingere, ad orientare l'uomo in direzione di un oggetto che non è il vero oggetto del desiderio naturale dell'uomo (Dio): in questo senso la concupiscenza spinge la volontà ad amare le cose materiali e a possederle per se stesse.

Occorre ancora chiarificare la differenza tra amore carnale e concupiscenza. Bernardo parla della necessità di partire da ciò che è animale per giungere a ciò che è spirituale (in riferimento a 1Cor, 15, 46).46 Vi è qui una necessità dell'uomo di partire dal carnale per andare verso lo spirituale. Ma ciò è da intendersi "in un duplice senso: quello di una necessità naturale, però pesantemente aggravata dal peccato, e quello di una inclinazione morbosa, per nulla naturale, che di conseguenza si aggiunge a questa necessità naturale".47 Vi è una necessità naturale, quasi un istinto di conservazione che genera dei bisogni di ordine materiale, e vi è una cupidigia, una inclinazione morbosa che si somma alla prima, frutto della concupiscenza, che spinge a forza l'uomo in direzione del piacere fine a se stesso.48 Una vera e propria caccia al piacere che conduce l'uomo nella regione della non-somiglianza (regio dissimilitudinis),49 vale a dire lontano dall'immagine originaria dell'uomo.50

È possibile pertanto rappresentare in uno schema la differenza tra amore carnale derivante dalla natura e amore carnale derivante dalla concupiscenza:

Carattere distintivo Finalità Come agisce sulla volontà Come si caratterizza
Amore carnale che deriva dalla natura Necessitas Per il sostentamento Urget Bisogno
Amore carnale che deriva dalla concupiscenza Cupiditas Per il piacere Trahit Forza

Come rileva Gilson si nota una certa imprecisione nel linguaggio di Bernardo quando usa lo stesso carattere di necessità sia dell'amore carnale che deriva dalla natura, sia per l'amore carnale che deriva dalla concupiscenza. La chiarificazione viene intendendo il senso con cui Bernardo usa il termine necesse: nel primo caso si tratta di una necessità naturale, nel secondo di una necessità morale.51

Questa distinzione ci fa cogliere meglio come il cedere alla concupiscenza determini una inversione del progetto di Dio per l'uomo, una inversione dell'ordine dei valori. In questo senso la concupiscenza è senza dubbio da non seguire e ci si sbaglia nel cedergli, "perché non si regola né sulla natura delle cose né su quella dell'uomo".52 A questo proposito sempre Gilson fa notare come "amor è un sentimento naturale che ordinato verso il proprio fine, è caritas e, deviato dal proprio fine, è cupiditas. La carità include in sé ogni amore ordinato, ma esclude la cupidigia, che cessa di essere se stessa se si ordina; infatti essa non è che la distorsione dell'amore".53 Così la caritas si realizza nell'ordinare il proprio sentimento naturale verso il fine ultimo (Dio). La distinzione viene resa più chiara se espressa schematicamente:

Amorsentimento naturale che ordinato al suo vero fine ècaritas
sentimento naturale che deviato dal suo vero fine ècupiditas

Bernardo considera amor uno dei quattro sentimenti fondamentali (affectus) che rappresentano la base per costituire tutti gli altri sentimenti. Per l'Autore i quattro sentimenti fondamentali sono: amor, timor, gaudium, tristitia. Occorre però distinguere i quattro affectus dalle affectiones: queste rappresentano i diversi sentimenti che l'anima dell'uomo può provare nei confronti di Dio. Ad ogni affectiones poi corrisponde una specifica relazione dell'uomo con Dio.54 Nello schema sotto riprodotto emerge chiaramente questa correlazione.

Sentimento dell'anima verso Dio Corrispondente relazione dell'uomo con Dio Conseguente immagine di Dio Gradi dell'amore
Amore di sé (cupiditas)
Timor Stato di servus Padrone Amore di Dio per sé (cupiditas che si apre alla caritas)
Spes Stato di mercenarius Re
Obbedientia Stato di discipuli Maestro Amore di Dio per Dio (caritas che a volte torna alla cupiditas)
Honor Stato di filius Padre
Amor Stato di sponsa Sposo Amore di Dio per sé (caritas)

È qui evidente come lo stato dell'uomo che maggiormente realizza una piena relazione di amore con Dio e che corrisponde con l'ultimo grado dell'amore di Dio, è lo stato sponsale dove tra Dio e l'uomo si instaura una piena comunione. Questa relazione sponsale con Dio verrà espressa da Bernardo, con un linguaggio riccamente simbolico, nei Sermones in Cantica Canticorum. Emerge anche dallo schema come vi sia una correlazione nella vita dell'uomo tra i diversi atteggiamenti verso Dio e i quattro gradi dell'amore. Solo gli ultimi tre includono la relazione con Dio, infatti la cupiditas è nient'altro l'amore di Dio che si ignora e pertanto esclude la relazione con Dio. I gradi successivi al primo entrano gradualmente verso lo stato della caritas che però, ricordiamo, non sarà mai perfetta in questa vita, ma sempre segnata dalla concupiscenza.

3.2. Rapporto tra desiderio e concupiscenza

Dall'elenco di testi riportato sotto si vede come Bernardo di frequente metta in correlazione desiderio e concupiscenza e come questi due concetti siano vicini l'uno all'altro nella condizione umana.

In Dil, VII, 19-20 Bernardo sottolinea "l'inevitabile disperazione alla quale l'uomo si condanna da solo se segue le vie della cupidigia. [...] Perché è un circolo vizioso quello in cui essi si rinchiudono. Animati dal desiderio, cercano naturalmente tutto quanto possa appagare il loro desideri, ma lo cercano sempre nel medesimo ambito, invece di uscirne una volta per tutte per entrare nella via diritta che li avvicinerebbe al loro fine".55

In Dil, VIII, 23 Bernardo usa l'espressione "desideri carnali" (carnalibus desideriis) per indicare questa doppia possibilità del desiderio umano di orientarsi al fine della sua esistenza, o deviarsi verso la carne.

Per Bernardo lo stato normale del cuore è la purezza, ma spesso il desiderio dell'uomo non si mantiene nei limiti di questa condizione. "Invece di incanalarsi nel letto della necessità naturale, la volontà s'impegna a perseguire voluttà inutili, le quali cioè non sono desiderabili come requisiti per l'esercizio di funzioni necessarie alla conservazione della vita, ma sono desiderate semplicemente per se stesse, in quanto voluttà".56

Giungiamo qui al nucleo del rapporto tra desiderio e concupiscenza nella condizione storica dell'uomo in Bernardo. La domanda è se e come dalla condizione di peccato in cui ci si trova sia possibile risalire allo stato di caritas che rappresenta il pieno compimento dell'uomo. La domanda è duplice: verte cioè sulla possibilità di questo cammino e sulla modalità del cammino stesso. Occorre chiarire che l'itinerario proposto da Bernardo non vuole essere una risalita dall'amore di sé inteso come puro egoismo verso l'amore puro e disinteressato di Dio. Come afferma Gilson si deve dire che "punto di partenza della sua analisi dei gradi dell'amore è sempre l'amore di sé, ma è opportuno ricordare che questa cupidigia, questa concupiscenza, questo amore carnale dai quali di fatto si comincia, non sono il vero inizio della storia dell'amore. Se si trattasse di trasformare una "cupidigia essenziale" in carità, il compito sarebbe evidentemente contraddittorio, ma si tratta semplicemente di ricondurre un amore per Dio degenerato in amor proprio, al suo stato primitivo di amore per Dio".57 In definitiva non si tratta di capovolgere una natura ormai corrotta verso una radicale novità quanto, piuttosto, curare una natura ferita, malata verso il suo originario stato di salute. Prima della malattia vi è infatti lo stato di salute ed è da questo livello che Bernardo parte per incamminare l'uomo verso Dio.

Si tratta allora di ricomprendere la prospettiva del cammino dell'uomo: al punto di partenza (l'amore egoistico) che si indirizza verso il punto di arrivo (l'amore puro) va premessa la vera natura dell'uomo, l'immagine che egli ha conservato pur perdendone la somiglianza con Dio. Non si tratta cioè di un cambio di natura dell'uomo, ma di recuperare, con l'aiuto della grazia, una somiglianza con Dio che era incrinata ma che appartiene naturalmente alla condizione umana. "Lungi dall'essere un carattere essenziale dell'uomo, questo "amor proprio vizioso" ne è una corruzione contingente e, conseguentemente, eliminabile e che può essere guarita dalla grazia".58 L'egoismo (cupiditas) in Bernardo non è quindi la figura di fondo del desiderio naturale che l'amore dovrà guidare: "la corrente che bisogna incanalare non è la cupiditas: è l'amore divino che, accidentalmente sviato in noi sotto forma di cupidigia, non chiede altro che di riprendere il proprio corso normale e originario".59 In questo senso appare chiaro come "il punto di partenza dell'analisi è per san Bernardo, e deve restare anche per noi, la situazione del fatto, senza la quale non si porrebbe la questione e non ci sarebbero problemi da risolvere, ma per lui questo problema consiste nel ritrovare la salute durante una malattia, non nel canalizzare così bene la malattia da farla diventare la salute.60

È sempre in questo senso che va compresa un'altra immagine che Bernardo usa per illustrare la condizione umana: quella dell'esilio (regio dissimilitudinis). È questa la condizione per cui l'uomo che nel peccato si è allontanato dalla somiglianzà originaria dell'immagine di Dio è un esiliato, lontano dalla propria patria. Bernardo, come si vede bene nel Liber de gradibus humilitatis et superbiae, coglie l'imago Dei nell'anima dell'uomo, e soprattutto nella volontà e nella libertà. Sono questi i luoghi dove lo Spirito Santo agisce rendendo l'uomo capace di amare,61 ma non senza la partecipazione personale.

La portata antropologica di questa prospettiva ci coglie quasi di sorpresa. È sorprendente infatti notare come la teologia mistica di Bernardo, usando delle categorie senza dubbio pre-scientifiche, sappia tuttavia armonizzare il dato fenomenologico con quello teologico, quasi a preludere, in un certo senso, quella circolarità ermeneutica che sembra oggi essere una delle vie più feconde per la comprensione dell'umano in prospettiva teologica. Rileviamo ancora che, dal punto di vista del contenuto, il pensiero di Bernardo ci sorprende per il suo realismo antropologico, per il radicale ottimismo di fondo con cui l'uomo viene guardato e per la forte partecipazione richiesta all'uomo stesso nel processo di salvezza.

4. Desiderio e concupiscenza nei Liber di Bernardo

A conclusione presentiamo un elenco di testi particolarmente rilevanti che nei tre trattati considerati (Liber de diligendo Deo, Liber de gratia et de libero arbitrio, Liber de gradibus humilitatis et superbiae) fanno diretto riferimento diretto ai concetti di desiderio e concupiscenza. Alcuni sono già stati indicati nella parte espositiva. Altri, meno diretti ed espliciti, vengono qui indicati per completezza. Accanto alla collocazione poniamo [D] se si tratta di testi sul desiderio, [C] se si tratta di testi sulla concupiscenza e [DC] se sono testi dove sono presenti entrambe i riferimenti.62

Liber de diligendo Deo

Liber de gratia et libero arbitrio

Liber de gradibus humilitatis et superbiae

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Note

  1. Cfr. A. SCOLA, Questioni di Antropologia teologica, Mursia, Roma 19972, spec. pp. 85-102. Testo

  2. Cfr. Ibid., pp. 89-94. Testo

  3. DS 1515; cfr. DS 378; 1515; 1951; 1974. Testo

  4. I manuali di antropologia teologica si muovono pienamente in questa dir2zione: cfr. ad esempio L. F. LADARIA, Antropologia teologica, Piemme, Casale M. 1995, pp. 219-223; G. COLZANI, Antropologia teologica. L'uomo: paradosso e mistero, EDB, Bologna 1988, pp. 369-371. Sul concetto di concupiscenza cfr. ad esempio K. RAHNER, Concetto teologico di concupiscenza, in Saggi di antropologia teologica soprannaturale, Paoline, Roma 19692, pp. 281-338. Testo

  5. Sul tema desiderio e concupiscenza in Bernardo di Clairvaux cfr.: A. DIMER, Pour la fiche "spiritus libertatis", "Revue du moyen âge latin", 3 (1947), pp. 56-60; U. FAUST, Bernhards "Liber de grafia et libero arbitrio". Bedeutung, Quellen und Einfluß, in Analecta Monastica, VI (Studia anselmiana, 50), Roma 1962, pp. 35-51; I DEUG-SU, L'"imago Dei" in San Bernardo di Clairvaux, "Doctor Seraphicus" 37 (1990), pp. 73-84; A. ORAZZO, Nel IX centenario della nascita di san Bernardo: un'antropologia nel linguaggio dell'amore, "La Civiltà Cattolica", I (1991), pp. 121-135; L. SARTORI, Natura e Grazia nella dottrina di san Bernardo, "Studia Patavina", 1 (1954), pp. 41-64; B. STOECKLE, Amor carnis - abusus amoris. Das Verständnis von der Konkupiszenz bei Bernhard von Clairvaux und Aelred von Rieval, in Analecta Monastica, VII (Studia anselmiana, 54), Roma 1965, pp. 147-174; ID., Die Konkupiszenz bei Bernhard von Clairvaux, "Geist und Leben", 35 (1962), pp. 444-453; G. VENUTA, Libero arbitrio e libertà detta grazia nel pensiero di san Bernardo, Roma 1953. Testo

  6. Le pubblicazioni su l'opera e il pensiero di Bernardo di Clairvaux sono sterminate. Riportiamo qui alcune opere di interesse generale che ci sembrano poter fare da sfondo alla nostra ricerca: E. BACCETTI, Bernardo di Chiaravalle (santo), in E. ANCILLI (a cura di), Dizionario Enciclopedico di Spiritualità, Voi. 1, Città Nuova, Roma 1992, pp. 356-364; E. BERTOLA, Introduzione (Liber de diligendo Deo), in Opere di San Bernardo (a cura di F. Gastaldelli), Vol. I Trattati, Scriptorium Claravallense - Fondazione di Studi Cistercensi, Milano 1984, pp. 221-269; M.-M. DAVY, Iniziazione al Medioevo. La filosofia del secolo XII, Jaca Book, Milano 1981; P. GILBERT, Bernardo di Chiaravalle e la sua eredità, in E. DAL COVOLO (a cura di), Storia della Teologia. Vol. 1. Dalle origini a Bernardo di Chiaravalle, ED-EDB, Bologna 1995, pp. 495-513; ID., Introduzione alla teologia medievale, Piemme, Casale M. 1992; É. GILSON, La teologia mistica di san Bernardo, Jaka Book, Milano 1987; ID., Lo spirito della teologia medievale, Morcelliana, Brescia 1964; I DEUG-SU, Introduzione (Liber de gradibus humilitatis et superbiae), in Opere di San Bernardo (a cura di F. Gastaldelli), Vol. I Trattati, Milano 1984, pp. 3-35; J. LECLERCQ, Amore e conoscenza in san Bernardo di Chiaravalle, "La Scuola Cattolica", 120 (1992), pp. 6-14; ID., Bernardo di Chiaravalle, Milano 1992; ID., I monaci e il matrimonio. Un'indagine sul XII secolo, SEI, Torino 1984; ID., La donna e le donne in San Bernardo, Jaca Book, Milano 1985; ID., La spiritualità del Medioevo (VL-XII secolo). Da san Gregario a san Bernardo, Bologna 1986; ID., San Bernardo, La vita, Milano 1989; A. M. PIAZZONI, Bernardo di Clairvaux: "schola Christi" ed esito mistico dell'ascesi, in G. D'ONOFRIO (a cura di), Storia della Teologia nel Medioevo. Vol. II La grande fioritura, Piemme, Casale M. 1996, pp. 141-150; bibliog. pp. 169-171; M. SIMONETTI, Introduzione (Liber de gratia et libero arbitrio), in Opere di San Bernardo (a cura di F. Gastaldelli), Vol. I Trattati, Scriptorium Claravallense - Fondazione di Studi Cistercensi, Milano 1984, pp. 335-357. Testo

  7. L'opera completa di Bernardo (PL 182-185) è stata pubblicata in edizione critica in otto volumi a cura di J. LECLERCQ - H. M. ROCHAIS (i primi due volumi anche a cura di C. H. TALBOT), Sancti Bernardi Opera, Romae 1957-1977. È in corso la traduzione italiana con testo a fronte dell'edizione critica: Opere di San Bernardo, Scriptorium Claravallense - Fondazione di Studi Cistercensi, Milano 1984ss, a cura di F. Gastaldelli, di cui sono già pubblicati i volumi 1 (1984), 2 (1990), 6/1 (1986), 6/2 (1987). In questo articolo usiamo questa edizione con le seguenti abbreviazioni: Liber de diligendo Deo (Dil); Liber de gradibus humilitatis et superbiae (Hum); Liber de grafia et libero arbitrio (Gra). Testo

  8. Tra parentesi l'anno presunto di redazione secondo la datazione proposta da É. GILSON, La teologia mistica di san Bernardo, cit., pp. 7-8. Testo

  9. E. BERTOLA, Introduzione (Liber de diligendo Deo), cit. , p. 221. Testo

  10. Cfr. I DEUG-SU, Introduzione (Liber de gradibus humilitatis et superbiae), cit., pp. 3-4. Testo

  11. Cfr. M. SIMONETTI, Introduzione (Liber de gratta et libero arbitrio), cit., p. 336. Testo

  12. Una mirabile sintesi del pensiero di Bernardo rimane tutt'oggi l'opera La teologia mistica di san Bernardo, di É. GILSON. Nell'introduzione all'edizione italiana J. Leclercq definisce questo testo "il più bel libro che sia mai stato scritto sull'abate di Chiaravalle" J. LECLERCQ, Introduzione. Étienne Gilson, san Bernardo e la storia della spiritualità, in di É. GILSON, La teologia mistica di san Bernardo, cit., p. IX). Testo

  13. A tale proposito cfr. Ib.., pp. 28-30. Testo

  14. Ib., p. 29. Testo

  15. Cfr. Dil, X, 28. Testo

  16. Cfr. É. GILSON, La teologia mistica di san Bernardo, cit., pp. 29-30. Testo

  17. "In chiunque fa uso della ragione è insito per legge naturale di desiderare, in base alla sua stima e alla sua volontà, ciò che gli sembra superiore, e di non rimanere mai contento di una cosa, se s'accorge che le manca un che ch'egli giudica preferibile" (Dil, VII, 18). Testo

  18. Cfr. Dil, VII, 19-20. Testo

  19. E. BERTOLA, Introduzione (Liber de diligendo Deo), cit., p. 253. Testo

  20. Dil, VII, 21-VIII, 22. Testo

  21. E. BERTOLA, Introduzione (Liber de diligendo Deo), cit., p. 253. Testo

  22. Cfr. Dil, II, 6. Testo

  23. C'è qui in Bernardo una interessante analogia tra Chiesa e anima. Testo

  24. Cfr. Dil, III, 7-9. Testo

  25. Cfr. Dil, III 10-VI, 11. Testo

  26. Cfr. Dil, IV, 13. Testo

  27. Dil, X, 28. Testo

  28. Dil, XI, 31. Testo

  29. Cfr. Dil, VIII, 23-25. "Poiché la natura è troppo fragile e debole, è spinta a servire anzitutto a se stessa, sotto l'impulso della necessità. E spunta così l'amore carnale, col quale l'uomo ama soprattutto se stesso per se stesso. [...] E se, seguendo il consiglio del Sapiente, ti distacchi dalle voluttà e, secondo la dottrina dell'Apostolo, contentandoti di un vitto e di un vestito modesti non proverai pena a distrarre per un po' la tua coscienza dai desideri carnali che fanno guerra all'anima tua, penso che non proverai pena neppure a spartire con chi ha la natura in comune con te ciò che sottrai al nemico dell'anima tua. Allora il tuo sentimento sarà equilibrato e giusto, se ciò ch'è sottratto ai personali piaceri non sarà negato alle necessità del fratello. Così l'amore carnale, essendo esteso alla comunità, si trasforma in sociale" (Dil, VIII, 23). È interessante notare qui come il contenuto della solidarietà parta direttamente dall'amore carnale. Testo

  30. Cfr. É. GILSON, La teologia mistica di san Bernardo, cit., p. 95. Testo

  31. Cfr. Dil, IX, 26. Testo

  32. É. GILSON, La teologia mistica di san Bernardo, cit., p. 95 Testo

  33. Cfr. Dil, IX, 26. Testo

  34. Cfr. Dil, X, 27-XI, 33. Testo

  35. Cfr. É. GILSON, La teologia mistica di san Bernardo, cit., pp. 95-96. Afferma Bernardo: "Beato chi ha meritato di giungere al quarto grado, al punto cioè di in cui l'uomo non ama più se stesso se non per Dio" (Dil X, 27). Testo

  36. A. ORAZZO, Nel IX centenario detta nascita di san Bernardo: un'antropologia nel linguaggio dell'amore, cit., p. 127. Testo

  37. Gra, II, 3. Testo

  38. Cfr. Gra, II, 5. Testo

  39. Cfr. Gra, II, 5. Testo

  40. In alcuni casi Bernardo usa anche cupiditas. Testo

  41. Dil, XV, 39. Testo

  42. Gra, VIII, 26. Testo

  43. Cfr. Gra, XI, 37. Testo

  44. Dil, VIII, 23. Testo

  45. A. ORAZZO, Nel IX centenario della nascita di san Bernardo: un'antropologia nel linguaggio dell'amore, cit., p. 127. Testo

  46. Cfr. Dil, XV, 39. Testo

  47. É. GILSON, La teologia mistica di san Bernardo, cit., p. 42. Testo

  48. Cfr. Ib., pp. 40-50. Testo

  49. Bernardo mutua questa espressione da AGOSTINO, Confessioni, Lib. VII, cap. X, 16; cfr. É. GILSON, La teologia mistica di san Bernardo, cit, p. 50, nota 19. Testo

  50. Cfr. Dil, VII, 18. Testo

  51. Cfr. É. GILSON, La teologia mistica di san Bernardo, cit., p. 46. E ancora: "È quindi naturale amare Dio sopra ogni cosa, ma psicologicamente necessario iniziare con l'amare se stessi e, per una natura decaduta, senza la grazia, è moralmente necessario che essa si preferisca a Dio" (Ib., p. 47, nota 14). Testo

  52. Ib., p. 48. Testo

  53. Ib., p. 47, nota 15. Testo

  54. Cfr. Ib., p. 108, nota 21. Testo

  55. Ib., p. 48. Afferma Bernardo: "Così dunque, come ho detto, ogni uomo desideroso arriverebbe a ciò che è ottimo, se prima potesse ottenere tutto ciò che brama al di qua. Ma poiché ciò è sbarrato e reso impossibile dal fato che a vita è troppo breve, che la capacità umana è troppo debole e che i concorrenti sono troppo numerosi, quelli che vogliono raggiungere tutto ciò che desiderano dopo aver percorso un lungo cammino sprofondano nel sudore di una vana fatica e non riescono a conseguire il termine di tutte le cose desiderabili" (Dil, VII, 19-20). Testo

  56. É. GILSON, La teologia mistica di san Bernardo, cit., p. 45. Testo

  57. Ib., p. 94. Testo

  58. Ivi. Testo

  59. Ivi. Testo

  60. É. GILSON, La teologia mistica di san Bernardo, cit, pp. 94-95. Testo

  61. Cfr. Hum VII, 21. "L'altra nostra facoltà, poi, che noi chiamiamo volontà, impregnata del veleno della carne, ma già illuminata dalla ragione, viene affabilmente illuminata dallo Spirito Santo, che con dolcezza la purifica, la riempie di ardore, la rende misericordiosa, e come la pelle, quando si unge, si dilata, così anche la volontà, una volta che abbia ricevuto l'unzione celeste, si dilata nell'affetto fin verso i nemici. E così anche da questa seconda unione dello Spirito di Dio e della volontà umana nasce la carità" (Ib.). Testo

  62. Oltre a questi testi citati riportiamo altri passi, inerenti ad altre opere di Bernardo, che ugualmente fanno riferimento a desiderio e concupiscenza: In Festo omnis Sancti, Sermo, PL 183, 458f; In Quadragesima, Sermo V, PL 183, 178f; Sermo VI, PL 183, 824; Sermo XXVIII De Diversiis, PL 183, 616-620, spec. 618; Sermones in Cantica Canticorum (SC), Sermo XXIX, PL 183, 928-933; SC, Sermo II, PL 183, 789-794; SC, Sermo 1, PL 183, 785-789; SC, Sermo XLIV, PL 183, 995-999; SC, Sermo XXIV, PL 183, 894-899; Epistola 190 Ad Innocentium pontificem, de erroribus quibusdam Petri Abaelardi, PL 182, 357. Testo