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Recensione a Maria Francesca Carnea, Libertà e politica in S. Caterina da Siena

di Barbara Serpi (5 settembre 2011)

Maria Francesca Carnea, Libertà e politica in S. Caterina da Siena, VivereIn, Roma 2011.

La figura della grande Santa, proclamata Patrona d'Italia, con S. Francesco d'Assisi, nel 1939 da Papa Pacelli, ci è presentata in quest'opera da Maria Francesca Carnea. Il libro si struttura in tre parti: la prima dà un inquadramento storico-sociale del medioevo: la seconda contestualizza in modo più specifico l'inquadramento in Italia, e infine viene presentato il raffronto fra il pensiero di S. Tommaso d' Aquino e S. Caterina.

Nella premessa l'autrice (p. 16) espone il suo «proponimento di risalire, attraverso l'esempio di Caterina, ad una cultura della Speranza e, perciò, della Vita: una speranza che dà forza ad ogni ricerca di verità attraverso il superamento del dubbio e dell'incertezza» (ivi). Ci troviamo dunque di fronte ad un lavoro che tenta di portare alla luce i molteplici aspetti della personalità di questa donna, così intraprendente e volitiva, attraverso un'indagine delle fonti che dovrebbe condurre ad una comparazione con l'attualità.

Nel primo capitolo della prima parte (pp. 23-47, Periodo storico cateriniano: il '300), la persona di S. Caterina è perfettamente inquadrata dall'autrice all'interno dell'imponente affresco storico che fa da sfondo al suo agire, un «quadro» dentro al quale la Santa muove sapienti pennellate di forte richiamo morale ed etico a quanti reggono le sorti di un'Europa ancora in nuce, minacciata fin dal suo fondarsi da controversie politiche e religiose. All'interno di questo capitolo compare una sorta di «scheda tecnica» (pp. 39-42) riguardante le opere di Caterina e i tributi ad essa riconosciuti dai Pontefici, che forse avrebbe trovato migliore collocazione o all'inizio o alla fine del testo, trattandosi di un semplice elenco di titoli e riconoscimenti.

Il secondo capitolo della prima parte (pp. 49-70, I Papi) mostra S. Caterina rivolgersi ai Papi con un'autorevolezza del tutto sproporzionata non solo alla sua formazione, ma proprio al suo essere donna in un contesto storico-sociale dove alle donne non era concesso alcuno spazio espressivo. Così la Santa esorta Gregorio XI (Lett. 185) ad «... uccidere il vermine dell'amore proprio di sé medesimo, il quale è uno vermine che guasta e rode la radice dell'arbore nostro» (p. 158), in riferimento alla spiccata propensione di questo pontefice per il nepotismo, e ancora frequenti sono i richiami a che il Papa «virilmente e come uomo virile seguiti Cristo di cui egli è vicario» (p. 167).

Interessante appare la contrapposizione, sottolineata da Carnea, della figura di S. Caterina con quella di un'altra grande Santa, Brigida di Svezia, che è così descritta: «Brigida, nobile, altera e inizialmente molto ricca, [...] allorché si poneva in cammino era seguita da un folto numero di cortigiani e cappellani, che raccoglievano i fedeli convenuti alla sua presenza per ricevere la comunione» (p. 62). Ben diversa la descrizione, non solo dell'atteggiamento di Caterina, più modesto ed umile, ma anche del suo rapporto con i romani, stigmatizzati dalla Santa svedese come fautori della corruzione e dello sfacelo che devastava Roma in quella sfortunata stagione storica, e riconosciuti, invece, da Caterina come essi stessi vittime di una situazione che li vedeva deprivati della presenza papale, che avrebbe garantito ai romani l'unità del popolo di Dio e la realizzazione di quella crociata che la Santa vede come unico rimedio alla minaccia dei turchi, sempre più protesi sul Mediterraneo. Fin dalle note biografiche sulla Santa, che l'autrice fornisce all'inizio del testo, vediamo in effetti emergere il ritratto di una donna forte, ferma nella sua convinzione che il libero arbitrio donato da Dio all'uomo sia l'unico metro di misura per un'azione politica che rimanga all'interno del rispetto per la Giustizia, tema che Caterina pone sempre in risalto, ed esorta con forza a seguire, affinché siano ristabilite le condizioni di pace e serenità di cui la Cristianità, della quale la Santa sente i bisogni, ha assoluta necessità.

Nel primo capitolo della seconda parte (pp. 75-85, Interventismo epistolare di Caterina) Carnea fornisce al lettore un'esauriente sintesi della situazione sociale e politica dell'Italia del 1300, con un'accurata descrizione delle condizioni che portarono alla «cattività avignonese» e all'insorgere di quella che l'autrice indica come «questione romana», intendendo il ritorno della sede papale a Roma, missione verso la quale S. Caterina profuse un grande impegno. Sono riportati nello sviluppo di tutto il capitolo stralci dell'epistolario di S. Caterina, affiancati dalla narrazione di episodi della vita della Santa, di sapore agiografico, non molto utili però a dimostrare l'interventismo epistolare che dà il titolo a questa parte del testo.

Il secondo capitolo della seconda parte (pp. 87-93, Abbandono di Avignone), descrive l'abbandono di Avignone da parte di Gregorio XI, compimento del grande impegno di Caterina, frustrato poi dall'impossibilità di impedire lo scisma d'Occidente. In questo capitolo la trattazione storica appare però meno approfondita di quella che l'ha preceduta: lo scisma d'Occidente è solo citato, così come vengono solo citati i destinatari di diverse lettere (cfr. p. 93) delle quali sarebbe stata utile almeno la descrizione dei contenuti.

La terza parte del libro offre un'introduzione al tema del magistero di libertà e politica, con una descrizione del pensiero politico di S. Caterina, fondato sugli ideali di carità e giustizia, e originato da una mentalità europea in grado di superare i nazionalismi esasperati del suo tempo. Il primo capitolo (pp. 101-106, Verità volitiva in Caterina) pone a tema la verità volitiva in Caterina, che è profondamente convinta circa il libero arbitrio dell'uomo, tanto da diventare rigorosissima sul piano del giudizio morale dell'agire umano. Altrettanto ferma è la convinzione di Caterina che l'uomo, proprio in virtù della sua libertà, possa orientare la propria volontà al personale perfezionamento.

Il secondo capitolo (pp. 107-115, Raffronto del pensiero politico tra Tommaso d' Aquino e Caterina da Siena), mette a raffronto il pensiero politico di Caterina con il pensiero politico di Tommaso d'Aquino, mettendo in luce i punti di contatto. Emerge la tematica della Giustizia, individuata dalla Santa come matrice del bene comune. Dice Carnea: «È la Giustizia che assicura il bene individuale e il bene comune. Anzi, dove v'è ingiustizia non può esservi che disordine sociale ma anche grave danno per lo stesso individuo, perfino di colui che crede di raggiungere la felicità attraverso una disordinata ricerca di un bene particolare esaltato» (p. 115).

Il terzo capitolo (pp. 117-121, Attività pubblica di Caterina) fornisce una valutazione dell'attività pubblica di Caterina, e termina con una proposta di attualizzazione del pensiero della Santa, che riporta un modello di governante ideale costituito da un misto di interventismo e prudenza, animato e sorretto da ideali di verità e giustizia.

Nelle conclusioni Carnea afferma: «Si evidenzia, in questo mio lavoro, una rifondazione dell'etica, che trova base e insegnamento nell'opera stessa di Caterina da Siena, a sua volta ispirata dall'insegnamento dell'illustre teologo e filosofo domenicano S. Tommaso d'Aquino, capace di incidere precipuamente nel sociale» (p. 125). L'intendimento non è da poco, ma forse lo si sarebbe potuto fondare con maggior dettaglio: il pensiero di S. Tommaso è presentato in modo molto sintetico e quindi risulta poco evidente la fonte ispiratrice del pensiero di Caterina.

Se c'è un elemento che in generale risulta di ostacolo alla lettura, è l'uso da parte di Carnea di un linguaggio molto elaborato e per certi versi arcaizzante, che rende meno immediato l'accesso da parte del lettore a quegli aspetti del carattere di Caterina che volevano essere posti in rilievo, quali la volitività e la forza d'animo che ne hanno caratterizzato l'azione. Anche alcuni toni eccessivamente spiritualizzanti che permeano la trattazione diminuiscono in parte l'efficacia del messaggio che l'autrice vuole comunicare.

Resta comunque assodato che S. Caterina costituisce un patrimonio inestimabile per la nostra Nazione, che vive una stagione politica attuale complicata e difficile da superare, nella quale sarebbe bene fare riferimento ad una massima cateriniana, riportata da Carnea: «chi non sa governare se stesso, non può governare gli altri» (p. 118). Risulta quindi una scelta felice proporre oggi una riflessione sull'opera di questa grande donna.

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