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Il rapporto tra filosofia e teologia
nel pensiero di H.-G Gadamer

di Wasim Salman (9 maggio 2010)

Il pensiero filosofico ha avuto un influsso enorme sulla teologia del XX secolo, legato decisivamente all'emergenza del progetto filosofico di Martin Heidegger. Il Novecento conobbe in effetti una svolta ermeneutica, i cui rappresentanti furono R. Bultmann e i suoi discepoli E. Fuchs e G. Ebeling, tutti mossi dall'approccio heideggeriano del linguaggio1 precedente alla pubblicazione di Verità e metodo. La seconda guerra mondiale aveva svelato il fallimento della teologia liberale del XIX sec., perché la distruzione della Germania era stata, secondo diversi pensatori, la conseguenza di un pensiero troppo sicuro di se stesso.2 La filosofia esistenziale di Heidegger fu dunque ben accolta dai teologi come promessa di un mondo nuovo; al fine di risolvere la richiesta esistenziale dei cristiani contemporanei si tentò una sintesi tra il messaggio biblico e l'interpretazione del Dasein umano nel mondo.

I lavori di H. -G. Gadamer ebbero una grande rilevanza per il loro contributo alla teoria ermeneutica filosofico-teologica. Benché però siano innumerevoli gli studi sul contributo ermeneutico di Gadamer, sono pochi studiosi che si applicano ad analizzare il suo contributo religioso e teologico. Ma Bultmann afferma che «Verità e metodo è un libro importante per la teologia»3 e lo cita nei suoi ultimi scritti per designarlo come riferimento fondamentale per l'ermeneutica.4 In questa ricerca vedremo dunque in primo luogo il rapporto tra Gadamer e la teologia dialettica di Barth e di Bultmann; in secondo luogo, l'approccio religioso e teologico che Gadamer traccia nei suoi diversi scritti, soprattutto nelle ultime interviste della sua vita.

1. Gadamer e l'eredità di Barth e Bultmann

Con il teologo svizzero Karl Barth la teologia diventò un'ermeneutica della Parola di Dio diretta all'uomo contemporaneo.5 Bultmann sottolinea che «il movimento teologico più recente, qualificandosi essenzialmente nei nomi di Barth e Gogarten, conduce contro la cosiddetta teologia liberale».6 In effetti, la teologia ermeneutica di K. Barth consiste nel riscoprire i testi della Bibbia, anzitutto nel suo commento alla lettera ai Romani (Der Römerbrief) ,7 e nel servire all'annuncio della Parola di Dio nei volumi del suo capolavoro, la Dogmatica eccelsiale.8

La teologia dialettica ammette solo Dio per oggetto e rimprovera alla teologia liberale di non aver trattato di Dio, bensì dell'uomo. L'interesse storiografico dominò in effetti la teologia liberale, rappresentata da A. von Harnack e E. Troeltsch, i quali avevano la speranza di liberare il cristianesimo dalla dogmatica e di cogliere un'immagine storica di Gesù che potesse fondare la fede.9 Bultmann sostiene al contrario che la scienza storica non può assolutamente fornire un fondamento per la fede, perché i suoi risultati hanno soltanto un valore relativo.10

K. Barth rivolge la sua critica ai sostenitori del metodo storico perché essi si limitano ad offrire una spiegazione iniziale dei testi neotestamentari, traducendo e trascrivendo le parole greche nei corrispettivi tedeschi.11

Il metodo storico-critico della ricerca biblica ha la sua ragione di essere: lo scopo di preparare la comprensione. Ma se dovessi scegliere tra quel metodo e l'antica dottrina dell'ispirazione, sceglierei decisamente quest'ultima [...] perché si riferisce al lavoro stesso della comprensione senza la quale ogni preparativo è privo di valore.12

L'ermeneutica esistenziale di Bultmann solleva obiezioni, prima di Verità e metodo, contro l'oggettivismo e il metodologismo del XIX sec., perché la verità cristiana appartiene alla sfera della testimonianza cioè all'interpretazione dell'avvenimento nella sua fatticità storica.13 Il metodologismo dominava la scuola di Marburgo da diverso tempo, come indicato dalla seguente testimonianza di Gadamer:

La Scuola di Marburgo, che per decenni si era distinta all'interno del neokantismo contemporaneo per il suo rigore metodico, si orientava verso la fondazione filosofica delle scienze. Per essa era scontato, e completamente ovvio, che nelle scienze fosse generalmente contenuto il sapere nella sua vera compiutezza e che l'oggettivazione dell'esperienza attraverso la scienza realizzasse pienamente il senso della conoscenza [...] e non il regno intermedio delle configurazioni linguistiche oscillanti, caratterizzava la posizione filosofica della Scuola di Marburgo.14

Gadamer incontrò Bultmann durante gli studi a Marburgo, e questo incontro rimase una fonte per la sua ermeneutica. A Marburgo per quindici anni Gadamer prese parte, insieme ad altri teologi, filosofi e filologi, alle letture di letteratura greca del circolo privato «Graeca» .15 In effetti, Gadamer è cresciuto in una famiglia non religiosa, assai favorevole nei confronti delle scienze della natura, e dunque la sua educazione non comprendeva una parte religiosa. Egli confessò di essere giunto alla teologia solo a Marburgo, e di essersi interessato solo verso l'anno 1921 al significato della tradizione teologica per il pensiero occidentale, occupandosi della teologia protestante grazie a Bultmann.16

Gadamer riconosce che R. Bultmann arricchì il metodo storico del suo tempo, pubblicando Die Geschichte der synoptischen Tradition,17 e contribuì al tema della storicità cercando di legare il Nuovo Testamento con il sostegno di tutta la letteratura e le lingue antiche. Oltre alla sua qualità di teologo, Bultmann era in effetti un grande filologo, filosofo e umanista; organizzando l'università di Marburgo verso l'anno 1945, egli mise al centro la tradizione umanistica cara allo stesso Gadamer.18 Infine, Bultmann era un teologo, che rese evidente il rapporto tra teologia e filosofia.

La grande similarità dell'ermeneutica di Bultmann e di Gadamer si manifestò infatti nei loro scritti: Il problema dell'ermeneutica di Bultmann (Das Problem der Hermeneutik 1950) e Verità e Metodo di Gadamer (Wahrheit und Methode 1960) .19 L'affinità intellettuale tra i due pensatori è radicata nel loro rapporto con Heidegger e nel loro circolo ermeneutico fondato sulle prestrutture heideggeriane «Vorhabe, Vorsicht und Vorgriff».20 Mentre Bultmann orienta la sua ermeneutica verso l'esistenza umana, Gadamer opera però una svolta dall'ermeneutica all'ontologia del linguaggio che si manifesta nell'ultima parte del suo capolavoro Verità e metodo.21

L'esistenza umana e la precomprensione orientano tutto il compito dell'interpretazione del Nuovo Testamento bultmanniana.22 Per questo la primitiva intenzione di Gadamer di intitolare Verità e metodo «Intendere ed accadere» (Verstehen und Geschehen) ricorda chiaramente la raccolta d'articoli di Bultmann Credere e comprendere (Glauben und Verstehen), in cui la precomprensione mette in evidenza il rapporto tra l'interprete e il testo.

L'affinità con Bultmann è dichiarata da Gadamer in una lettera dell'8 settembre 1961; essa sintetizza, infatti, il pensiero da lui sviluppato in Verità e metodo:

Nel mio libro ho tentato di fondare la compenetrazione della coscienza storica da parte di un appello vincolante nel suo contenuto basandomi del tutto sul mio campo d'esperienza, l'esperienza dei classici filosofici, quella dell'arte e della tradizione umanistica, una cosa questa che mi pare corrisponde ampiamente alla situazione della teologia negli ultimi decenni, ed in particolare a quella del Suo lavoro teologico».23

Bultmann da parte sua conferma questa testimonianza di Gadamer dichiarando che Verità e metodo è un libro altamente significativo per la il teologo.24

Due incontri erano stati decisivi per Bultmann: quello con la teologia dialettica soprattutto col commento all'Epistola ai Romani di Barth; quello con la filosofia esistenziale di M. Heidegger negli anni del loro lavoro comune a Marburgo. Bultmann stabilì il suo principio ermeneutico affermando che la comprensione deve essere una traduzione nella propria lingua.25 Egli era capace di mettere il linguaggio mitico e il messaggio del Nuovo Testamento in una forma accessibile all'uomo di oggi. Questa traduzione è inoltre caratterizzata dall'analisi esistenziale del Dasein tratta da Sein und Zeit di Heidegger.

La teologia dialettica fece una svolta, spostando l'interesse dei teologi dalla vita di Gesù al suo insegnamento e alla sua predicazione.26 Bultmann mostra che la problematica della teologia liberale consiste nel trovare il legame tra il Gesù storico (Leben-Jesu-Forschung) e il Cristo della predicazione primitiva. Infatti, i teologi liberali sostengono che la figura storica di Gesù fu deformata dalla predicazione apostolica: perciò occorre rielaborare l'unità tra il personaggio storico e il kerygma.

Verso l'anno 1920, Bultmann assunse la prospettiva della teologia dialettica, criticando il pensiero storico della teologia liberale.27 Per Bultmann l'oggetto della fede non è il Gesù storico, bensì il Cristo del kerygma (il messaggio cristiano del Nuovo Testamento); la teologia dovrebbe, infatti, occuparsi del kerygma, non più della vita di Gesù.28 Il Gesù storico simboleggia solo il suo contenuto spirituale, cioè l'immagine della divinità.29

Per Bultmann la teologia liberale raggiunge un moralismo religioso piuttosto che la verità della religione, che non è il risultato dello sforzo della nostra ragione, ma il totalmente diverso, «das Ganz andere».30 L'oggetto della teologia è quindi Dio, mentre la teologia liberale è concentrata sull'uomo; la vera teologia è, dunque, quella che mette il Cristo crocifisso come contenuto della sua ricerca, nonostante lo scandalo che la croce può presentare agli uomini.31 Di conseguenza, lo scopo di ogni teologia diventa per Bultmann: credere e comprendere (Glauben und Verstehen).

Gadamer si rende conto della distanza tra Barth e Bultmann, dovuta alla connessione di quest'ultimo all'ermeneutica esistenziale di Heidegger.32 Senz'altro Bultmann continua a restare fedele alle proprie origini nella teologia liberale, perfino all'interno dell'esperienza dialettica. Afferma Bultmann: «io cerco di associare il decisivo contributo della cosiddetta teologia dialettica e l'eredità della cosiddetta teologia liberale, il che implica che la mia posizione nei confronti dell'una e dell'altra è anche critica».33

La teologia dialettica mirava a superare l'esattezza della teologia liberale, spostandosi dalla scientificità teologica all'ermeneutica, per favorire la predicazione del Vangelo. Tuttavia Barth, rifiutando qualsiasi coesistenza tra filosofia e teologia, suppone che Bultmann abbia imposto alla Bibbia una filosofia particolare. Bultmann si difende dichiarando che ogni ermeneutica deve essere legata a una filosofia determinata e che egli preferisce la filosofia heideggeriana a causa della sua ermeneutica, che analizza il Dasein umano nel suo rapporto con Dio.34 Inoltre, l'esegeta dipende sempre da una concettualità che arriva fino a lui, in modo acritico, attraverso la tradizione e ogni concettualità tradizionale dipende in qualche modo da una filosofia.35 La polemica tra Barth e Bultmann sul rapporto tra filosofia e teologia si rispecchia nell'approccio gadameriano alla religione e al rapporto tra fede e ragione.

2. Teologia, filosofia e religione nel pensiero di Gadamer

Gadamer riconosce che la reazione antiliberale della teologia dialettica di Barth e della filosofia dell'esistenza di Heidegger operò una svolta necessaria per ritornare alla teologia luterana tradizionale che respinge Aristotele dall'esercizio della teologia.36 Per Gadamer filosofia e teologia sembrano in conflitto, soprattutto quando la filosofia si intende come atea. Per questo Lutero afferma che non esiste una filosofia cristiana: «es gibt keine christliche Philosophie»,37 escludendo così qualsiasi forma di filosofia dal suo approccio teologico.

La teologia dialettica lascia il suo segno sull'approccio ermeneutico e religioso di Gadamer, che indica l'inizio della teologia dialettica in una conferenza di E. Thurneysen, il quale fu professore negli anni '20 all'università di Marburgo. Il progetto dialettico viene sintetizzato, infatti, con una frase che Gadamer attribuisce a Heidegger sul compito della teologia cristiana: «il vero compito della fede cristiana, al quale essa deve sempre ricondursi, è di cercare la parola che sia in grado di chiamare alla fede e di conservare nella fede».38

Agli occhi di Gadamer, Bultmann appariva come un eccellente filologo della teologia, nonostante il suo scetticismo riguardo la tesi quasi positivista di Bultmann secondo cui «l'interpretazione degli scritti biblici non è sottoposta a condizioni diverse da ogni altro tipo di letteratura».39 Gadamer chiama Bultmann all'ortodossia luterana che esige la fede per l'interpretazione della Sacra Scrittura, «che ha assoluta eminenza rispetto alla dottrina di coloro che la interpretano».40 Gadamer rimprovera in qualche modo a Bultmann l'ambiguità che deriva dalla sua formazione liberale di esegeta marburghese.41 Inoltre, secondo lui la comprensione del testo non è un'oggettività fissata che resiste a ogni concretizzazione contemporanea, anzi per Gadamer -- che si oppone al principio della sola Scriptura -- il discorso religioso del testo deve essere integrato nel discorso dell'interprete, affinché egli possa liberarne la parola.

Ogni atto d'interpretazione è in una certa maniera la ripetizione e la reintegrazione della nostra comprensione contemporanea nella catena d'interpretazioni date attraverso la tradizione [...] c'è un rapporto costitutivo tra il testo della Bibbia o della Scrittura e la comunità dei santi alla quale questa parola è destinata.42

Se è vero che l'ermeneutica biblica richiama alla fede nella promessa di Dio donata nel Vangelo, non è meno vero che il compito di interpretare il Vangelo è in sé un lavoro provocante che suscita una riflessione teologica. Gadamer definisce la teologia come «il dialogo infinito con il dubbio e con l'ateismo, dialogo condotto non soltanto con gli altri, ma all'interno di noi stessi». Con questa definizione Gadamer accentua il carattere razionale della teologia. D'altronde, Gadamer ribadisce la necessità della fede nel fare teologia, perché l'accettazione della fede rimane un dono della grazia divina. Gadamer mette in primo piano la fede del teologo nella Parola, tuttavia egli crede anche alla necessità dell'atteggiamento scientifico per rispondere alle esigenze delle scienze moderne:

La teologia è bipartita. Essa è costituita da una riflessione scientifica e da una riflessione immanente e universale. La teologia come disciplina scientifica partecipa ai metodi scientifici della filologia, della storia, della storiografia, della critica moderna, e non può rinunciare a questo carattere perché siamo tutti membri di una società dominata dalle autorità della critica e della tecnica scientifica.43

Evitando di chiudersi nell'ambito dei professionisti, la teologia sceglierà la strada delle scienze umane, strada che cerca di chiarire il messaggio cristiano in funzione dei credenti. Gadamer mette in rilievo la grazia non per escludere la ragione, bensì per assegnare alla teologia il suo metodo appropriato, diverso da quello oggettivante delle scienze della natura, che impedisce al credente di accettare la Promessa del Vangelo e di aprirsi all'azione della grazia.44

Favorendo il dialogo tra filosofia e teologia, Gadamer ricorre alla teologia in Verità e metodo, al fine di recuperare il problema fondamentale dell'applicazione (Anwendung). Gadamer dà l'esempio dell'ermeneutica teologica e di quella giuridica, per mostrare la rilevanza dell'applicazione alla situazione presente nel processo interpretativo. L'ermeneutica teologica indica che la vera concretizzazione del kerygma avviene nella predicazione della Parola.45 L'esempio della predicazione, intesa come compimento del processo ermeneutico della Sacra Scrittura, permette di integrare alla spiegazione e alla comprensione l'applicazione trascurata nell'ermeneutica romantica.46

La teologia appare di nuovo nella terza parte di Verità e metodo, allorché Gadamer intende trattare la questione del linguaggio. Contro lo strumentalismo del linguaggio in Platone, Gadamer salvaguarda l'unità tra la parola e la cosa tramite la dottrina della creazione della Genesi interpretata nel De Doctrina christiana di Agostino.47 Inoltre, Gadamer evoca la teologia trinitaria per designare l'intima unità tra pensare e dire48: il De Trinitate di Agostino viene citato per riflettere sul mistero trinitario e sulle sue applicazioni al fenomeno del linguaggio. Nell'analisi del verbo interiore effettuata da Agostino e dagli scolastici, Gadamer specifica che la parola interna dello spirito è essenzialmente uguale al pensiero, tanto quanto Dio-Figlio è uguale a Dio-Padre. E come l'incarnazione del Verbo esprime la verità divina del Verbo eterno, così la parola umana esprime il pensiero, e infine il pensiero raggiunge la sua perfezione nel dire.49

Nel suo articolo Kant und die Gottesfrage, Gadamer distingue tra teologia rivelata e teologia naturale. La teologia naturale riesce, infatti, a riconoscere l'esistenza di Dio, ma non è sufficiente per entrare nel mistero cristiano, perché la religione cristiana è una religione rivelata (Offenbarungsreligion) la cui essenza è irraggiungibile in via naturale razionale. Gadamer vede ciononostante una certa armonia tra la filosofia e la fede cristiana, poiché la filosofia occidentale (anche atea) è legata fondamentalmente alla tradizione cristiana, tramite il linguaggio e i concetti.

Nel suo articolo Die Philosophie und die Religion des Judentums, Gadamer ricorda che la cultura occidentale è formata da diverse culture: quella ebraica, quella greca e quella cristiana. Filone d'Alessandria e poi i padri della Chiesa costituiscono per sempre un esempio di dialogo vivo tra la filosofia greca e il pensiero ebraico e cristiano. Gadamer apprezza l'uso che Filone fece dei concetti greci per esprimere la fede ebraica nel Dio personale, nella creazione e nella mediazione tra Dio e gli uomini, tramite l'ordine degli angeli, uso che la Chiesa cattolica ha accolto nella sua dottrina.50

Pur sembrando favorevole al dialogo tra religione e cultura greca, Gadamer mostra una certa ostilità dinanzi al pensiero illuministico, che voleva dissolvere la religione nel suo sistema razionalistico. Il cristianesimo e l'ebraismo condivisero lo stesso destino di essere dissolti nella filosofia illuministica, perché l'Aufklärung non riusciva a definire il rapporto tra religione rivelata (Offenbarungsgläubigkeit) e religione razionale (Vernunftglauben) .51 Questa impasse spiega la reazione antiliberale espressa in modo categorico nei lavori di K. Barth e di M. Heidegger, reazione nella quale si volle staccare il lavoro teologico dalla filosofia e viceversa.

In effetti, Gadamer evoca la questione della morte di Dio nel pensiero occidentale, nonché l'esclusione delle prove di Dio dal compito della filosofia in seguito alla critica kantiana della metafisica tradizionale.52 La teologia e la filosofia entrarono allora in crisi, perché la teologia non riuscì più a dimostrare razionalmente l'esistenza di Dio e la filosofia rimase bloccata di fronte alle questioni della colpa, della morte e del destino, escludendo dal suo orizzonte l'interrogazione sull'esistenza di Dio.53

Sebbene la religione non sia un'esperienza separata dal regno della ragione, l'applicazione dell'epistemologia scientifica l'ha marginalizzata. Di conseguenza, la scienza si trovava incapace di rispondere alle interrogazioni umane per quanto riguarda il senso dell'esistenza umana.54 Gadamer ritiene che la religione sia una parte importante di ogni tradizione culturale; escludere la religione nel nome del pensiero razionale è perciò ermeneuticamente irresponsabile. Gadamer invita così ad abbandonare lo scientismo e ad abbracciare di nuovo l'esperienza religiosa in filosofia.

Gadamer critica i pensatori sia atei sia cristiani del Novecento per aver negato la trascendenza, la quale è il limite della conoscenza umana, un limite che rimanda a qualcosa di più grande e più misterioso di noi stessi.55 Questa esperienza del limite della nostra conoscenza è la base di un dialogo sia tra le diverse teologie, sia tra teologia e filosofia. Gadamer apprezza invece i lavori di alcuni filosofi di alta formazione teologica come F. Rosenzweig e M. Buber, per il loro sforzo di cercare il fondamento filosofico della rivelazione ebraica screditata nell'Illuminismo e nell'idealismo speculativo. F. Rosenzweig introduce per esempio in filosofia la temporalità (Zeitlichkeit) e la storicità (Geschichtlichkeit) del Dasein umano come la sua realtà irrevocabile,56 mentre M. Buber propone un pensiero dialogico, che denuncia ogni filosofia che separa l'uomo da Dio.57

Per quanto riguarda il rapporto tra credo e intelligo, Gadamer sostiene la conformità tra fede e ragione,58 mostrando che tutta la cultura scientifica (Wissenschaftskultur) occidentale è segnata dal cristianesimo, in cui sono unite la personalità giudaica e la razionalità greca. Questa conformità non esclude che la religione potrebbe essere falsificata o usata per motivi politici e per fondare ideologie contrarie alla dignità umana come il razzismo.59

Gadamer vuole in tal modo superare le tesi dell'Illuminismo, tramite un ritorno alla via antica più realista, che vede nella realtà superiore all'individuo umano la più alta realtà dell'essere che è Dio, cioè Dio come fondamento dell'esistenza umana.60 Il concetto cristiano di Dio non è da disprezzare, perché quando l'esercizio moderno della filosofia riprenderà fiducia nella strada antica del pensiero greco, il pensatore imparerà di nuovo tramite il concetto di Dio (Gottesbegriff) a proteggere l'antico contenuto della filosofia stessa. Di conseguenza Gadamer sostiene una certa complementarità tra filosofia e teologia nella ricerca dell'unica verità.

Nei Dialogues de Capri Gadamer sottolinea la centralità del tema della religione nel mondo di oggi e vede dietro la seconda guerra mondiale un certo dogmatismo religioso.61 La religione e in particolare il puritanismo calvinista sono alla base del capitalismo e dell'industrializzazione; infatti la dottrina della predestinazione legittima la ricerca e l'efficacia degli affari nei paesi industriali. La questione religiosa non è secondaria per Gadamer, bensì una preoccupazione sua fondamentale: «Sotto il titolo della religione e delle religioni, tentiamo di prendere in conto il destino dell'umanità e di prendere la misura del suo futuro».62

Gadamer è consapevole dei cambiamenti irreversibili che la tecnologia ha portato nel mondo; per questo, di fronte ai problemi che hanno causato la stessa tecnica e la potenza di distruzione che essa ha messo nelle mani degli uomini, occorre ripensare la questione religiosa per introdurre un pensiero che corregga ed equilibri il rapporto tra natura e cultura. Gadamer favorisce un dialogo tra le religioni e le culture per trasportare un'esperienza religiosa planetaria non dogmatica.

La coscienza umana d'esistere mantiene un'apertura di un orizzonte futuro in cui, anche quando ci avviciniamo dalla fine della vita, l'attesa e la speranza cercano di vincere ogni mancanza di coraggio. La lotta per la vita ci si oppone in quanto ci disponiamo delle forze sufficienti. Il Dio crocifisso, come il cristianesimo lo oppone a tutte le altre rappresentazioni dell'aldilà e del futuro, rappresenta quindi un'esigenza sopraumana.63

Riguardo alla problematica della morte, Gadamer afferma che la migliore risposta resta quella «della morte sacrificale del Figlio dell'uomo e del Figlio di Dio, che si vuole imporre come una vera Redenzione e continua a superare tutte le altre promesse».64 La risposta alla morte ha dunque bisogno della teologia cristiana del Dio crocifisso e salvatore dell'uomo.

L'ultimo Gadamer rileva che la comprensione umana è impossibile senza considerare la religione come parte integrale della nostra umanità, in modo tale che il sentimento religioso per la trascendenza diventi integrale alla sua ermeneutica. Il discorso filosofico ha quindi raggiunto una svolta religiosa e teologica, dopo quelle linguistica ed etica.65 La svolta teologica è un ritorno alla religione dopo la sua esclusione dalla cultura secolarizzata dei secoli precedenti.

Infine, l'ermeneutica promuove un migliore dialogo tra culture e religioni e il destino dell'umanità dipende dal successo di questa conversazione globale. I problemi del Medio Oriente e gli attacchi dell'11 settembre hanno rafforzato l'idea di Gadamer che la soluzione dei problemi del nostro mondo dipende dal dialogo interreligioso. L'ermeneutica deve dunque riuscire a essere intesa come una comprensione mutua tra le religioni e le culture.66 La filosofia e la religione dovrebbero dunque collaborare, se vogliono dare delle risposte adeguate al senso dell'esistenza umana. Aprendosi alla religione che ricorda che questo mondo non è l'unico e nemmeno il primo, la filosofia può scongiurare che la domanda dell'uomo contemporaneo riguardo al senso della vita sfoci nell'assurdità, mostrando che il mondo ha un senso e che possiamo comprenderne le ragioni.67

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Note

  1. Cfr. M. Heidegger, Unterwegs zur Sprache, Neske, Pfullingen 1959; E. Fuchs, Marburger Hermeneutik, Mohr, Tübingen 1968, G. Ebeling, Wort Gottes und Tradition, Vandenhoeckt, Göttingen 1964; G. Moretto, La dimensione religiosa in Gadamer, Queriniana, Brescia 1997, p. 27-28. Anche W. Jeanrond, Theological Hermeneutics: Development and Significance, SCM, Great Britain 2002, p. 120. Testo

  2. J. M. Robinson, «Revelation as Word and as History», in J. M. Robinson - J. B. Cobb, ed., Theology as History, Harper, New York 1967, 3. Testo

  3. Cfr. R. Bultmann, Glauben und Verstehen, IV , Mohr Siebeck, Tübingen 1967, p.120. «Nun hat H.-G. Gadamer in seinem für den Theologie höchst bedeutsamen Buch Wahrheit und Methode« Testo

  4. Cfr. R. Bultmann, Geschichte und Eschatologie, Mohr Siebieck, Tübingen 1964. Testo

  5. Cfr. K. Barth, «Der Christ in der Gesellschaft», in J. Moltmann, ed., Anfänge der dialektischen Theologie, I, p. 3-36. Testo

  6. R. Bultmann, «Die liberale Theologie und jüngste theologische Bewegung», in Glauben und Verstehen I, Mohr Siebeck, Tübingen 1954, p. 1. Testo

  7. K. Barth, Der Römerbrief (Erste Fassung), 1919, Theologischer Verlag, Zürich 1985. Testo

  8. K. Barth, Kirchliche Dogmatik, EVZ-Verlag, Zürich 1958-1970. Testo

  9. Per le opere più rappresentative della teologia liberale, rimandiamo a A. Von Harnack, Das Wesen des Christentum, J.C. Hinrich, Leipzig 1901; E. Troeltsch, Die Absolutheit des Christentums und die Religionsgeschichte, Mohr, Tübingen 1929. Testo

  10. R. Bultmann, «Die liberale Theologie und jüngste theologische Bewegung», p. 3. Testo

  11. K. Barth, «Der Römerbrief. Vorwort zur zweiten Auflage» (1921), in J. Moltmann, ed., Anfänge der dialektischen Theologie, I, Maiser Verlag, München 1962, p. 110. Testo

  12. K. Barth, «Der Römerbrief. Vorwort zur ersten Auflage (1919)», in J. Moltmann, ed., Anfänge der dialektischen Theologie, I, p. 77. Testo

  13. C. Geffré, «Les enjeux actuels de l'herméneutique chrétienne», 137. «La vérité du message chrétien est de l'ordre du témoignage, et qui dit témoignage dit déjà interprétation de l'événement dans sa facticité historique». Testo

  14. H.-G. Gadamer, «Die Marburger Theologie», in Gesammelte Werke III, p. 197-198. Testo

  15. Cfr. J. Grondin, Gadamer. Una biografia, Milano 2004, p. 29. Gadamer confessa di non essere teologo, cfr. H.-G. Gadamer, «Herméneutique et théologie», in, Id., L'art de comprendre, Écrits II. Herméneutique et champs de l'expérience humaine, Aubier, Paris 1991, p. 259. Testo

  16. J. Grondin, Gadamer. Una biografia, p. 31 e 169. Testo

  17. R. Bultmann, Die Geschichte der synoptischen Tradition, Evangelische Verlagsanstalt, Berlin 1961. Testo

  18. H-G. Gadamer, «Philosophische Begegnungen», in Gesammelte Werke X, p. 389. Testo

  19. Riguardo il paragone tra I due saggi cfr. R. Ringma, Gadamer's Dialogical Hermeneutic. The Hermeneutics of Bultmann, of the New Testament Sociologists and of the Social Theologians in Dialogue with Gadamer's Hermeneutic, Hardcover, Heidelberg 1999, p. 110. Testo

  20. M. Heidegger, Sein und Zeit, par. 63. Cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, Laterza, Roma 2008, p. 32. Testo

  21. Cfr. H-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, p. 386. Testo

  22. R. Marlé, Bultmann et l'interprétation du Nouveau Testament,Montaigne, Aubier 1955, 86. Testo

  23. Lettera di H.-G. Gadamer a Rudolf Bultmann dell'8.9.1961, citato da J. Grondin, Gadamer. Una biografia, p. 423. Testo

  24. R. Bultmann «Der Gottesgedanke und der moderne Mensch», in Glaube und Verstehen, IV, Tübingen, Mohr Siebeck 1967, p. 120. trad. Italiana, Credere e comprendere, Queriniana, Brescia 1986, p. 996. Testo

  25. H-G. Gadamer, «Philosophische Begegnungen», p. 391. «Verstehen übersetzen in die eigene Sprache sein muss». Testo

  26. B. Jaspert, «Von der liberalen zur dialektischen Theologie», p. 26. Testo

  27. Sulla prima critica alla teologia dialettica, rimandiamo alla conferenza di Bultmann del 29 settembre 1920 su «Ethische und mystische Religion im Urchristentum», in J. Moltmann, ed., Anfänge der dialektischen Theologie, II, 1963, p. 29-46. Testo

  28. Cfr. R. Marlé, Bultmann et l'interprétation du Nouveau Testament, p. 181. Testo

  29. R. Bultmann, «Brief, handschriftl an Rade, 19. 12. 1920», in B. Jaspert, R. Bultmanns Werk und Wirkung, p. 30-32. Testo

  30. K. Barth,«Der Christ in der Gesellschaft», in J. Moltmann, ed., Anfänge der dialektischen Theologie, I, p. 13. Si veda anche, B. Jaspert, «Von der liberalen zur dialektischen Theologie», p. 39. Testo

  31. R. Bultmann, «Die liberale Theologie und die jüngste theologische Bewegung», p. 2. Testo

  32. H.-G. Gadamer, Gesammelte Werke, II, p. 391. Testo

  33. R. Bultmann, «In eigener Sache», in Glauben und Verstehen III, Mohr Siebeck, Tübingen 1965, p. 178. Testo

  34. R. Bultmann, Nuovo Testamento e mitologia, p. 207. Testo

  35. R. Bultmann, Nuovo Testamento e mitologia, p. 203-204. Testo

  36. H.-G. Gadamer, «Philosophie und Religion des Judentums», in Gesammelte Werke, IV, p. 75. Testo

  37. H.-G. Gadamer, «Kant und die Gottesfrage», in Gesammelte Werke, IV, p. 349. Testo

  38. H-G. Gadamer, «Die Marburger Theologie», in Gesammelte Werke, III, p. 197. Testo

  39. Cfr. R. Bultmann, Glauben und Verstehen, II, p. 231, citato da H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, p. 336. Testo

  40. H-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, p. 336. Testo

  41. G. Moretto, La dimensione religiosa in Gadamer, p. 97-98. Moretto considera che la tendenza di Gadamer è di escludere la filosofia dal fare teologia. Invece l'argomentazione che facciamo mira a mostrare la complementarità tra filosofia e teologia nel pensiero di Gadamer che non condivide l'allergia di Heidegger alla teologia, come afferma nella sua intervista con R. Dottori, L'ultimo dio, Meltemi, Roma 2002, p. 145. «No, io non ce l'ho con la teologia, che come le ho detto è stata protagonista del grande dibattito in tal modo ad acuire la sensibilità per problemi non solo religiosi, ma anche filosofici ed etici, come pure al nascere della stessa ermeneutica». Rimandiamo anche a P. De Vitiis, «La filosofia ermeneutica di Gadamer e la religione», in E. Gaziaux, Philosohie et théologie. Festschrift Emilio Brito, Leuven, Belgique 2007, p. 445-360. Testo

  42. H.-G. Gadamer,«Herméneutique et théologie», p. 263. Testo

  43. H.-G. Gadamer, «Herméneutique et théologie», p. 268. Testo

  44. H.-G. Gadamer, «Herméneutique et théologie», p. 273. Testo

  45. H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, p. 336. Testo

  46. H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, p. 312. Testo

  47. H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, p. 424. Testo

  48. H.-G. Gadamer, Gesammelte Werke, IV, p. 363. «Das Verbum interius ist entsprechend auch nach der augustinischen Tradition gegen die Verschiedenartigkeit der wirklichen menschlichen Sprachen indifferent». Si veda anche G. Ripanti, Essere e linguaggio, Quattro Venti, Urbino 2001, p. 33. Testo

  49. H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, p. 426. Testo

  50. H-G. Gadamer, «Die Philosophie und die Religion des Judentums», in Gesammelte Werke, IV, p. 69-71. Cf. Dionigi l'Areopagita, La gerarchia celeste, G. Giannini, Firenze 1929. Testo

  51. H-G. Gadamer, «Die Philosophie und die Religion des Judentums», p. 73. Testo

  52. Il problema parte da Kant che esclude le prove ontologica, cosmoligica e fisicologica e mantiene soltanto la prova morale dell'esistenza di Dio che fonda la ragione pratica. Il rifiuto dell'argomento ontologico indica oggi il nichilismo della ragione speculativa che fu portato sin da Nietzsche a un nichilismo totale. Dio, l'uomo e il mondo sono tutti morti con Nietzsche e quello che esiste è soltanto la volontà di potenza (Wille zur Macht). Testo

  53. H.-G. Gadamer, «Kant und die Gottesfrage», in Gesammelte Werke, IV, p. 350. Testo

  54. J. Zimmermann, «Ignoramus: Gadamer's Religious Turn», in Symposium: Journal of the Canadian Society for Hermeneutics and Postmodern Thought, VI/2 (2002), p. 206. Testo

  55. J. Zimmernmann, «Ignoramus», p. 208. Testo

  56. Rimandiamo a F. Rosenzweig, Der Stern der Erlösung, Suhrkamp, Frankfurt 1988; trad. italiana a cura di Gianfranco Bonola, La stella della redenzione, Marietti, Casale Monferrato, 1996. Testo

  57. H-G. Gadamer, «Die philosophie und die Religion des Judentums», p. 75-77. Cf. M. Buber, L'eclissi di Dio: considerazioni sul rapporto tra religione e filosofia, Arnoldo Mondadori, Milano 1990. Testo

  58. Riguardo alla conformità tra fede e ragione, rimandiamo all'Enciclica di Giovanni Paolo II, Fides et Ratio: i rapporti tra fede e ragione, Piemme, Casale Monferrato 1998. l'Enciclica sviluppa un approccio di teologia fondamentale che, riferendosi alla tradizione teologica proveniente da Agostino e Tommaso d'Aquino, disegna una evidente conformità tra la fede cristiana e la ragione umana. Testo

  59. H.-G. Gadamer, «Reflexionen über das Verhältnis von Religion und Wissenschaft», p. 298. Testo

  60. H.-G. Gadamer, «Kant und die Gottesfrage», p. 360. Gadamer sembra un metafisico che va contro l'oltrepassamento della metafisica heideggeriana. Testo

  61. H.-G. Gadamer, «Dialogues de Capri», in G. Vattimo -- J. Derrida, Religion, séminaire de Capri, Seuil, Paris 1996, p. 222. Testo

  62. H.-G. Gadamer, «Dialogues de Capri», p. 225. Testo

  63. H.-G. Gadamer, «Dialogues de Capri», p. 230. Testo

  64. H.-G. Gadamer, «Dialogues de Capri», 230. Testo

  65. J. Zimmermann, «Ignoramus», p. 205. Testo

  66. Cf. R. Dottori, L'ultimo dio, p. 143. Testo

  67. Cfr. J. Grondin, La philosophie de la religion, PUF, Paris 2008, p. 3-7 e 120-125. Testo