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Recensione a Giovanni Chimirri, Trattato filosofico sulla libertà. Etica della persona e teoria dell'agire

di Anna Gioeni (31 gennaio 2008)

Giovanni Chimirri, Trattato filosofico sulla libertà. Etica della persona e teoria dell'agire, Mimesis Edizioni, Milano 2007, pp. 414, € 23.

Il volume intende offrire, per la prima volta nel panorama italiano, un saggio sistematico sul concetto etico-antropologico di libertà, riccamente documentato nelle note e nelle aggiornate bibliografie. La prospettiva è teoretica e filosofica, ma non mancano considerazioni di carattere psicologico, teologico e giuridico. La libertà è un termine che "corre sulla bocca di tutti, ma che davvero pochi l'hanno nell'intelletto!" (Dante), soggetta com'è a troppi fraintendimenti, se non a deliberate mistificazioni grazie alle quali, "nel suo nome, sono stati compiuti crimini di ogni genere" (Croce)! Definita come "autocoscienza che si determina autonomamente e creativamente" e come "essenza dello spirito" (Hegel), essa viene anzitutto descritta nei vari ambiti di applicazione: non esiste infatti una libertà ma tante libertà, quali la libertà fisica, la libertà psichica, la libertà politica, economica, morale, religiosa ecc.

Tuttavia le varie forme di libertà sono fatte dipendere da quella più essenziale e costitutiva: la "libertà morale", che implica il riconoscimento inalienabile dell'individualità, del valore e della dignità della persona. In merito però, vengono esposte e criticate tutte quelle posizioni che assolutizzano oltre misura la libertà umana, secondo la quale l'uomo può ad esempio rifiutarla ed uccidersi (come in alcuni esiti estremi dell'esistenzialismo); oppure può interpretarla come "scelta del male" (dottrina molto diffusa!), quando invece essa è solo "volontà del bene" (Tommaso d'Aquino), ed è solo "dovere" (Kant); o persino quando è interpretata come possibile rifiuto dalle "costrizioni della verità" (critica dello scetticismo e del relativismo oggi imperante). La libertà umana è certamente assoluta, ma tuttavia non è irrelata, poiché il suo portatore -- l'uomo -- rimane un essere dipendente da un principio Creatore (svolgimento di una teologia della libertà, e conseguente rifiuto del materialismo e del nichilismo). Suggestive sono in proposito le pagine riportate dal Chimirri di autori come Fichte, Schelling, Hegel, Kierkegaard, Berdjaev e molti altri.

La libertà viene poi difesa da tutti quei determinismi e meccanismi che da sempre cercano di negarla e soffocarla, dove l'uomo risulta alla fine niente più che una pedina insignificante nelle mani del Destino, della Storia, della Società, dell'Inconscio, dell'Universale ecc.

La libertà è infine analizzata negli elementi concreti dell'azione morale: qual è ad esempio il ruolo che nello svolgimento della libertà assumono gli inevitabili "condizionamenti", "circostanze", "limiti" ecc.? Le nostre scelte sono sempre e davvero autonome o invece succubi delle passioni e degli interessi egoistici? Qual è il rapporto tra intelletto (conoscenza del bene) e volontà (la sua pratica attuazione)? Che influenza hanno i disturbi della personalità e i disadattamenti sociali nella qualificazione dei delitti e nella quantificazione delle pene (questione giuridica assai delicata)? Come valutare il "piacere", termine questo sbandierato oggi per giustificare la libertà di molti malsani comportamenti? Come armonizzare le libertà dei singoli contro le esigenze della collettività (problema dei diritti e della tolleranza)? E qual è la meta ultima della libertà umana: quella di morire con l'uomo stesso (e dunque a cosa è servito il suo esaltato potere e tutte le sue faticose conquiste?) o quello di inverarsi nella dimensione dell'immortalità? A tutte queste domande il Chimirri -- plurilaureato e già autore di una dozzina di volumi -- fornisce un'esauriente e circostanziata risposta.

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