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In età contemporanea spesso si è argomentato che l'accettazione di una rivelazione impedisce un uso libero della ragione. D'altra parte, senza lo stimolo delle concezioni religiose (prima greche, poi ebraico-cristiane, poi ancora protestanti) la storia della filosofia europea sarebbe impensabile. È possibile, nella presente situazione culturale, riprendere lo stesso spirito «laico» di Tommaso e stabilire una nuova rete di rapporti tra la ragione e una rivelazione oggi accettata in modo di fatto minoritario?
La concezione di Dio come «essere sussistente» è stata sovente accusata di aver concesso troppo: secondo alcuni al pensiero aristotelico (e allora si contrappone la nozione di Dio come Bontà), secondo altri al pensiero neoplatonico (dunque si propone un Dio come Pensiero), secondo altri ancora al pensiero greco in generale (contro al quale bisogna sostenere un Dio come Carità). Secondo la celebre critica di Heidegger, poi, un Dio concepito a partire dell'essere (in modo «onto-teologico») sarebbe in realtà una tappa dell'oblio dell'essere. Tommaso sembra rispondere anticipatamente a tali obiezioni quando sostiene l'assoluta semplicità di Dio, quindi l'identificazione in lui di qualsiasi attributo concepibile. Ma è tale semplicità sufficiente per disegnare un «volto» di Dio?
Il processo di «secolarizzazione» consiste in un progressivo affrancamento della realtà umana e sociale dai punti di riferimento religiosi, affrancamento che in Occidente è ovviamente avvenuto nei confronti del sistema concettuale cristiano. Più volte tuttavia si è sostenuto che è stato paradossalmente proprio il cristianesimo che ha reso possibile e incoraggiato la secolarizzazione, anzitutto con la sua idea di creazione (quindi di separazione tra Dio e mondo). Il pensiero di Tommaso permette di riflettere su questo problema attraverso una circostanza storica di prima importanza: l'epoca in cui le riscoperte opere di Aristotele presentano un nuovo ideale di cultura profana.
La scelta della recta ratio come criterio delle azioni sottrae in Tommaso il comportamento etico dal dominio dell'emozione e dell'intuizione ingiustificabile: il bene può essere sempre argomentato, e la sua comprensione razionale qualifica in modo determinante l'azione umana. Si tratta dell'unica nozione in grado di alimentare un dialogo reale, soprattutto in un'epoca di pluralismo? o al contrario di una prospettiva praticamente inutilizzabile al di fuori del razionalismo europeo?